La nuova legge sull`affidamento condiviso: percorsi per una

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La nuova legge sull`affidamento condiviso: percorsi per una
La nuova legge
sull’affidamento
condiviso:
percorsi per una
genitorialità responsabile
Coordinamento a cura di
Daniela Manfroni - Responsabile Servizi Sociali
Redazione testi a cura di
Dott.ssa Beatrice Boschetti
Dott.ssa Laura Pagliarani
“I genitori di solito si separano perchè litigavano troppo;
poi non vivono più insieme ma continuano a litigare lo stesso, e
lo fanno attraverso di noi. Chi è il bambino in questa situazione?”
Fabio Nestola in:
“Cari bambine e bambini... la carta dei vostri diritti”, 2002
Introduzione
Cambiano gli scenari sociali, mutano i modelli famigliari in questo
inizio di secolo, ma non cambia l’esigenza dei bambini di avere
affetti e punti di riferimento per la loro crescita, di poter contare
su genitori consapevoli che, indipendentemente dal loro essere coniugi, sappiano costruire quel clima positivo necessario all’infanzia
per maturare e dotarsi degli strumenti necessari ad affrontare con
fiducia il proprio percorso di vita.
La nuova legge sull’affidamento condiviso riguarda le coppie che
si separano, ma soprattutto e prima di tutto riguarda i bambini,
riguarda la salvaguardia del loro mondo e la tutela del loro diritto
a crescere.
Non dovrebbe essere necessario affidarsi a una legge dello Stato
per assicurare quello che la legge naturale da sempre suggerisce,
ed è triste dover associare termini come “cura, educazione, istruzione” ai freddi pronunciamenti del diritto e dei tribunali.
Ma la realtà ci insegna che non sempre ciò che è naturale è comune a tutti gli essere umani, ed ancor oggi per molti bambini
la serenità famigliare è una conquista, conquista che vorremmo
rendere quanto più possibile agevole e non troppo difficile da raggiungere.
Questo opuscolo intende proporre alcuni elementi di riflessione su
una legge che - approvata dopo un lungo iter - ancor oggi in fase
di applicazione appare molto dibattuta, a riprova della complessità delle problematiche che affronta, connesse a situazioni che
affondano le proprie radici nell’animo umano.
Ferdinando Fabbri
Presidente della Provincia di Rimini
Legge 8 febbraio 2006, n. 54
“Disposizioni in materia di separazione
dei genitori e affidamento condiviso dei figli”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50
del 1° marzo 2006
Art. 1.
(Modifiche al codice civile)
1. L’articolo 155 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 155.
Provvedimenti riguardo ai figli
Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore
ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo
con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da
entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e
con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che
pronuncia la separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse
morale e materiale di essa.
Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli
sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza
presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui
ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari
all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.
Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.
Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo
tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle
aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al
giudice.
Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà
separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno
dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la
corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con
entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da
ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto
di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori
non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un
accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto
della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi».
2. Dopo l’articolo 155 del codice civile, come sostituito dal comma
1 del presente articolo, sono inseriti i seguenti:
«Art. 155-bis.
Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento
condiviso
Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualoraritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando sussistono le condizioni indicate al primo
comma. Il giudice, se accoglie la domanda, dispone l’affidamento
esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibile, i
diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 155.
Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice può
considerare il comportamento del genitore istante ai fini della
determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei
figli, rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di
procedura civile.
Art. 155-ter.
Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli
I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione
dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni
relative alla misura e alla modalità del contributo.
Art. 155-quater.
Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza
Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà.
Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che
l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa
familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.
Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio,
l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le
modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei
provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici.
Art. 155-quinquies.
Disposizioni in favore dei figli maggiorenni
Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli
maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di
un assegno periodico.
Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato
direttamente all’avente diritto.
Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano
integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.
Art. 155-sexies.
Poteri del giudice e ascolto del minore
Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte
o d’ufficio, mezzi di prova.
Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che abbia
compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di
discernimento.
Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti
di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di
esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con
particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».
Art. 2.
(Modifiche al codice di procedura civile)
1. Dopo il terzo comma dell’articolo 708 del codice di procedura
civile, è aggiunto il seguente:
«Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre
reclamo con ricorso alla corte d’appello che si pronuncia in camera
di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento».
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2. Dopo l’articolo 709-bis del codice di procedura civile, è inserito
il seguente:
«Art. 709-ter.
Soluzione delle controversie e provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni
Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine
all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento è competente il giudice del procedimento in corso.
Per i procedimenti di cui all’articolo 710 è competente il tribunale
del luogo di residenza del minore.
A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che
comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i
provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:
1) ammonire il genitore inadempiente;
2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori,
nei confronti del minore;
3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori,
nei confronti dell’altro;
4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un
massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari».
Art. 3.
(Disposizioni penali)
1. In caso di violazione degli obblighi di natura economica si applica l’articolo 12-sexies della legge 1º dicembre 1970, n. 898.
Art. 4.
(Disposizioni finali)
1. Nei casi in cui il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di
annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio
sia già stata emessa alla data di entrata in vigore della presente
legge, ciascuno dei genitori può richiedere, nei modi previsti dall’articolo 710 del codice di procedura civile o dall’articolo 9 della
legge 1º dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, l’applicazione delle disposizioni della presente legge.
2. Le disposizioni della presente legge si applicano anche in caso
di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonchè ai procedimenti relativi ai figli di genitori non
coniugati.
Art. 5.
(Disposizione finanziaria)
1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi
o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
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Affido condiviso:
tutela dei figli o tutele dei genitori?
La separazione personale rappresenta una possibilità data ai coniugi - siano questi uniti da rito civile, religioso o concordatario - di
sospendere l’adempimento di alcuni doveri (coabitazione, fedeltà,
assistenza morale, collaborazione) mantenendo tuttavia il vincolo
matrimoniale. In forza del vincolo matrimoniale rimangono infatti
inalterati il dovere reciproco di assistenza materiale, del rispetto, il
diritto successorio e gli obblighi di entrambi i genitori verso i figli a
mantenerli, istruirli ed educarli tenendo conto delle loro capacità,
inclinazioni naturali e aspirazioni.
La Legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 stabilisce che in caso di separazione personale operi di regola l’affidamento condiviso dei figli.
Ciò implica che:
> i figli minori hanno diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori;
> i figli minori hanno diritto di conservare rapporti significativi
con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale;
> la potestà genitoriale - diritto/dovere al mantenimento, istruzione ed educazione della prole - deve essere esercitata da entrambi i
genitori e, per le decisioni di maggiore interesse, di comune accordo.
Un connotato innovativo di questa Legge è dato dal fatto che per
regola generale la precedente corrispondenza genitore affidatario - genitore più idoneo viene sostituita dalla presunzione per
cui entrambi i genitori affidatari sono idonei; dunque, solo quando l’affidamento condiviso può rivelarsi contrario all’interesse del
minore, il giudice disporrà l’affidamento esclusivo ad uno dei due
genitori.
Una criticità posta invece da tale normativa riguarda le modalità
di realizzazione dell’affidamento condiviso, poiché se i genitori
non si trovano d’accordo su questi aspetti l’affidamento rimane
condiviso seppure occorra l’intervento del giudice per stabilire tali
modalità.
Questo pone le questioni:
> della valutazione delle genitoralità, ad opera in particolare dei
servizi che possono essere incaricati di svolgere indagini su richiesta del giudice del caso;
> della individuazione e del ricorso a strumenti efficaci che possa-
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no aiutare i genitori a trovare un accordo nelle decisioni più importanti riguardanti i figli, onde assicurarne la tutela e i sovraordinati diritti.
Di seguito si riportano sinteticamente alcuni contributi di giuristi
che hanno riflettuto sulla portata di questa legge, oltre che sullo
spaccato sociale e giuridico sottesi.
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La parola agli esperti
1. Avvocato Gianfranco Dosi
Presidente dell’Osservatorio nazionale sul diritto di famiglia
Articolo pubblicato in Guida al diritto de Il Sole 24 Ore del
11/02/2006
“La legge ha un contenuto promozionale che sembra travalicare
i compiti del legislatore, cogliendo una sfida per la società civile,
data dal principio per cui la famiglia e le relazioni familiari costituiscono il luogo primario in cui l’educazione dei figli deve essere
vissuta in modo condiviso e corresponsabile dai padri e dalle madri
oltre e al di là della disgregazione della coppia.
Dunque, non può verificarsi che il conflitto della coppia produca
l’irresponsabilità genitoriale, poiché certamente una coppia può
sciogliersi, ma genitori lo si è per sempre.
La legge prevede per tutti i figli, legittimi e naturali, l’affidamento
ad entrambi i genitori e la potestà esercitata da entrambi i genitori come modalità con la quale realizzare le corresponsabilità
educative. La prassi giuridica conseguente all’applicazione di tale
legge dovrà indicare le modalità concrete per rendere effettivo
questo principio della corresponsabilità.
Principio cardine della legge sta nel fatto che in via prioritaria l’affidamento dei figli rimane ad entrambi i genitori. Spetterà al giudice - in difetto di un accordo tra le parti - il compito di verificare
se i genitori appaiono capaci di occuparsi dei loro figli senza necessità di un espresso affidamento degli stessi all’uno o all’altro.
Il nucleo giuridico dell’affidamento a entrambi i genitori e della potestà esercitata da entrambi sta nel fatto che ciascuno può
continuare ad esercitare la potestà pienamente. Ciò significa che
ciascun genitore - nel rispetto della riservatezza e degli spazi di
ciascuno dei due dopo la separazione - avrà la possibilità di decidere ed attuare quanto ritiene giusto per il figlio, con la precisazione
che si tratta di un esercizio condiviso. Cioè, l’esercizio della potestà
da parte di entrambi è autonomo sia pure condizionato dalla necessaria condivisione educativa.
Esercitare di comune accordo la potestà significa quindi esercitarla pienamente ma non congiuntamente all’altro, come quando si
vive sotto lo stesso tetto.
Nell’ipotesi in cui i genitori non appaiono capaci di ridurre le loro
conflittualità nell’interesse dei figli minori il legislatore mette a disposizione del giudice l’alternativa dell’affidamento a uno soltanto di essi. Questa alternativa costituisce perciò la principale valvola
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di sicurezza del nuovo sistema.
Un’altra valvola di sicurezza è costituita dalla possibilità per il giudice, ove manchi un accordo dei genitori o ove la situazione concreta lo dovesse richiedere, di prevedere che la potestà relativamente all’ordinaria amministrazione (cioè alla vita quotidiana) sia
esercitata separatamente. In questo caso, all’esercizio pieno della
potestà da parte di entrambi i genitori si sostituisce un esercizio
della potestà definito dal giudice: ampliato per uno dei genitori e
limitato per l’altro o distribuito per incarichi differenziati”.
2. Franco Occhiogrosso
Presidente del Tribunale per i Minorenni di Bari
Nota sull’affidamento condiviso, anno 2006
“Negli ultimi anni il Parlamento ha riformato diversi istituti del
diritto minorile e della famiglia, e ciò attraverso iniziative separate e prive di coordinamento tra loro, ad esempio esiste assoluta
separatezza tra la legislazione in tema di separazione e la riforma
della giustizia minorile”.
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“Occorre tenere presente che tra proposizione della domanda di
separazione ed udienza presidenziale intercorre un tempo spesso
lungo alcuni mesi, pericolosissimo per il futuro della separazione
poiché, in assenza di qualunque disciplina, le tensioni e i conflitti
tra i genitori aumentano a dismisura. Non a caso non raramente
i separandi tentano percorsi alternativi rivolgendosi ai tribunali
minorili, perché intervengano con una disciplina temporanea in
attesa dell’udienza presidenziale. L’impressione generale è che la
legge sia ispirata ad una cultura adultocentrica illuminata, tesa a
riequilibrare i rapporti tra i genitori più che a rivedere il ruolo del
figlio minore nelle dinamiche della disgregazione familiare.
Ciò è confermato dal fatto che i rapporti genitori figlio continuano ad essere considerati nei termini della potestà, cioè di una
condizione di soggezione del figlio al genitore piuttosto che nei
termini della responsabilità genitoriale”.
3. Avvocato Selene Pascasi
Foro di L’Aquila
Articolo del 03/03/2006
“Ad orientare l’affidamento dei figli dopo la separazione dei coniugi prima dell’entrata in vigore della Legge 54/2006 erano l’art.
6 della Legge 898/1970 e l’art. 155 del codice civile. Tali disposizioni prevedono un affidamento di tipo monogenitoriale per cui
il minore rimane affidato al solo genitore considerato più idoneo
a favorirne il pieno sviluppo della personalità, dotandolo di potestà esclusiva circa l’educazione, l’istruzione e la cura. Ciò senza
escludere l’apporto e la presenza del genitore non affidatario, che
mantiene la potestà congiunta in ordine alle scelte più importanti
e alle questioni di straordinaria amministrazione.
Il panorama italiano effettivo in spregio al dettato di cui all’art. 30
della Costituzione che sancisce il dovere di ambo i genitori di mantenere, istruire ed educare la prole sembra remare in senso inverso
rispetto a quanto accade nel resto d’Europa.
Il portato “rivoluzionario” della Legge 54 rispetto alla previdente
normativa è dato dall’aver stabilito come regola e non come eccezione l’affido congiunto, ora chiamato condiviso.
Il provvedimento di affido condiviso consiste nell’accordo stilato
dai genitori o, in caso di conflitto, con l’ausilio di organi di mediazione familiare necessariamente accreditati che intervengono in
via preventiva ai sensi dell’art. 709 bis del c.p.c.. Infatti, posto che
il progetto di affidamento condiviso viene sottoposto al vaglio del
giudice nella prima udienza presidenziale, l’organo giudicante, nel
limitarsi a “prendere atto” di detto accordo, lascia che in primis la
scelta spetti ai genitori, successivamente il provvedimento di affido può essere rivisto al sopraggiungere di fatti nuovi, aderendo
meglio alle mutevoli esigenze del minore.
La riforma introdotta nasce da un intento nobile, quello di rivalutare la presenza di entrambi i genitori, conferire nuovo smalto
alla figura paterna finora relegata ai margini, alleggerendo altresì
gli oneri e le responsabilità troppo spesso incombenti solo sulle
madri. Pur apprezzandone la ratio, se ne discute la validità sotto
un profilo prettamente concreto. In effetti si tratta di un sistema
che può trovare esito positivo solo in costanza di pieno accordo
tra i genitori, che purtroppo nella realtà di rado si verifica. Infatti,
l’esperienza e la statistica insegnano che finora l’affido condiviso
seppur non obbligatorio, ma pur sempre previsto dalla legge quale criterio alternativo, ha trovato scarso margine di applicazione,
proprio per carenza di spirito collaborativo tra i genitori; proprio
per questo ci si domanda se l’affido condiviso potrà ora funzionare
solo perché disposto per legge!
Qualunque sia la visione cui si preferisce aderire, di certo non possono sottovalutarsi né le sviste procedurali di cui si auspica la revisione, né la realtà dei fatti, per cui di rado i genitori separati
troveranno l’accordo su ogni singola questione riguardante i figli.
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É evidente che solo quando le coppie raggiungeranno una maturità tale da subordinare la conflittualità all’interesse del minore,
allora sì che il legislatore potrà raccogliere i frutti del suo lavoro,
con evidente positivo riscontro sul lavoro degli addetti al settore e
sulla quotidianità degli affetti”.
4. Senatrice Dossi
Relatrice della Legge Legge n. 54 dell’8 febbraio 2006 “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso
dei figli” (gruppo L’Ulivo)
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”L’affido condiviso risponde all’esigenza del minore, senza nulla
togliere alla discrezionalità del giudice a seconda del caso, ed è
una fondamentale necessità per fare in modo che i genitori continuino ad occuparsi dei figli nella stessa misura per la crescita e la
tutela psicofisica del minore.
Certo si poteva osare di più: il testo, pur non essendo tecnicamente perfetto è sempre meglio della realtà fino ad oggi consolidata.
Manca ad esempio l’istituto della mediazione familiare, ma intanto questo provvedimento apre una strada che nella prossima
legislatura si percorrerà con maggiore impegno per raggiungere
traguardi migliori e più concreti.
Questa approvazione è una scelta coraggiosa, che dice sì a una
legge destinata a modificare una società senza padri. Infatti, fino
ad oggi il genitore affidatario, in circa l’84% dei casi è stata la madre. Non si tratta di costringere i genitori ad andare d’accordo, ma
di attuare scelte responsabili e di porre in essere comportamenti
civili al solo fine di salvaguardare il figlio”.
L’affidamento condiviso nelle situazioni di violenza familiare
5. Avvocato Teresa Manente
Ufficio legale Associazione Differenza Donna, gestore del Centro
provinciale e del Centro comunale antiviolenza di Roma
Note ai progetti sull’affido condiviso, anno 2006
“Non è vero che l’affidamento dei figli ad un solo genitore disposta dalla precedente legislazione comportava inevitabilmente la
perdita dell’altro: infatti, il padre che intendeva essere più presente nella cura ed educazione dei figli poteva richiedere e ottenere
l’affido congiunto o alternato previsto all’art. 11 della Legge n.
74 del 1987.
Il problema non è di carenza legislativa ma culturale, poiché di
fatto:
> i padri che chiedono l’affidamento dei figli non superano il 18%
delle migliaia di coppie che ogni anno si separano o divorziano
(dato relativo al Tribunale di Roma);
> pochissimi sono i padri che dopo la separazione continuano ad
avere rapporti continuativi con i figli e che rispettano le visite stabilite dal giudice;
> più della metà dei padri non adempie all’obbligo di versamento
dell’assegno di mantenimento verso i figli.
L’affido condiviso può funzionare solo se scelto e voluto da entrambi i genitori, non può essere imposto per legge. Se c’è conflitto tra i genitori, questo non verrà eliminato dalle previsioni di
legge, anzi rischia di acuirsi, poiché l’essere obbligati ad una collaborazione forzata potrà innescare reazioni di maggiore conflittualità, e il tutto a scapito dei minori.”
“Altra questione è come si concilia l’attuale affidamento condiviso
con le situazioni di violenza familiare. Infatti l’esperienza dei centri antiviolenza donne permette di rilevare che i partner violenti
utilizzano le visite ai figli per continuare nel loro comportamento
violento, mettendo in serio pericolo l’incolumità sia della madre
sia dei figli. In tali casi, l’affido condiviso sarebbe come sancire il
diritto di perseguitare o maltrattare l’ex-partner e quindi a far perdurare quella situazione di rischio che con la separazione la donna
aveva cercato di interrompere.
L’uomo violento è incapace di svolgere una funzione genitoriale
sana, proprio perché le sue difficoltà relazionali lo portano a non
poter accettare le differenze e a dover prevaricare in tutte le situazioni. L’Associazione Differenza Donna ha realizzato una ricerca
nel 1999 sugli effetti della violenza assistita.
I risultati della ricerca hanno evidenziato che bambini e bambine,
testimoni della violenza dei padri sulle madri, accusano disagi sia
comportamentali che relazionali gravissimi: hanno paura, sono ansiosi, depressi, oppure iperattivi, rabbiosi, hanno disturbi psicosomatici, mal di pancia, mal di testa, soffrono di insonnia e di disturbi dell’alimentazione. L’affido condiviso in questi casi costituisce
un gravissimo pericolo”.
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Uno sguardo all’Europa
6. Pierangela Dagna
Dottoranda in diritto privato e storia della scienza giuridica
civilistica presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca
Articolo del 03/03/2006
“Nel corso degli ultimi anni diversi Paesi europei hanno orientato
il loro diritto di famiglia nel senso di riconoscere come regola l’affidamento congiunto e come eccezione l’affidamento esclusivo ad
uno dei genitori.
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In Francia ad esempio, la potestà genitoriale rimane affidata ad
entrambi i genitori che si separano, tranne nel caso in cui l’interesse del minore imponga di affidarne l’esercizio ad uno solo. Quanto alle modalità di esercizio della potestà genitoriale, alla scelta
della residenza del figlio (presso il domicilio di ciascun genitore in
alternanza o presso il domicilio di un solo genitore), all’importo e
alla forma del contributo di mantenimento e all’educazione del
figlio, si tratta di aspetti che possono essere oggetto di una convenzione concordata tra i genitori ed in mancanza di questa, di
una decisione del giudice.
Se i genitori non riescano a raggiungere un accordo sulle questioni che riguardano la potestà genitoriale, il giudice compie un
tentativo di conciliazione e, al fine di favorire l’esercizio congiunto della potestà genitoriale può prevedere una mediazione, con o
senza il loro consenso.
Nei casi residuali in cui il giudice affida l’esercizio della potestà genitoriale ad uno solo dei genitori, l’altro gode di un diritto di visita
e di alloggio tranne in casi molto gravi, conserva il diritto dovere
di sorvegliare il mantenimento e l’educazione del figlio e deve essere informato delle scelte importanti della vita di quest’ultimo.
In Germania il mantenimento della potestà congiunta dopo la separazione coniugale o di fatto è sancita da una legge entrata in
vigore nel 1998, che prevede comunque la possibilità che uno dei
genitori chieda l’esercizio esclusivo della potestà. In quest’ultimo
caso a decidere è il giudice, e le statistiche giudiziarie rivelano che
il tribunale opti per lo più per l’affidamento esclusivo alla madre.
La legge tedesca prevede inoltre che i figli minori che abbiano
compiuto il quattordicesimo anno di età possano opporsi alla domanda di affidamento esclusivo.
In Inghilterra e Galles, con l’entrata in vigore nel 1991 del Children
Act, i coniugi dopo il divorzio continuano ad esercitare congiuntamente la potestà genitoriale, a meno che questa non venga specificamente revocata dal giudice.
Il Children Act sostituisce ai concetti di affidamento (custody) e
visita (access) quelli di domiciliazione (residence) e relazione (contact). L’intento è quello del minor intervento possibile da parte
del giudice, previsto solo nel caso in cui non vi sia accordo tra i
coniugi e sia richiesto un provvedimento relativo alla custodia del
minore.
I genitori possono concludere un accordo sulla potestà genitoriale
seguendo un modulo previsto dalla legge, o anche ottenere un
modulo di accordo sulla potestà presso i tribunali locali competenti in materia di diritto di famiglia, presso i tribunali di contea o
il registro principale della Family Division (sezione dell’Alta Corte
che si occupa di tutte le questioni inerenti il matrimonio).
Solo dopo la registrazione dell’accordo nel registro principale della Family Division, l’accordo entrerà in vigore e sarà vincolante per
i genitori.
Esistono poi servizi di mediazione per aiutare i genitori a raggiungere un accordo soddisfacente sulla potestà genitoriale, e anche in
tal caso l’accordo concluso per avere valore deve essere registrato
in tribunale.
Anche in Svezia, come in Inghilterra e Galles la regola è quella
dell’affido congiunto e del minor intervento possibile del giudice
nelle problematiche relative alla potestà genitoriale.
Se uno dei genitori vuole ottenere una modifica dell’affidamento,
la decisione spetta al giudice. Se però i genitori sono d’accordo
sul cambiamento possono risolvere il problema con un accordo fra
loro senza ricorrere al giudice: per essere valido tale accordo deve
essere approvato dal Comitato sociale del Comune in cui è registrato il bambino. I Comuni hanno la responsabilità di garantire
che i genitori che cercano di giungere ad un accordo sulla potestà
genitoriale ricevano aiuto attraverso incontri di conciliazione.
Se un solo genitore ha l’affidamento sarà questi a prendere le decisioni su tutto quanto attiene il bambino, tenuto però conto del
parere del genitore non affidatario”.
a cura di
Laura Pagliarani
Esperto giuridico in tutela dei minori e delle famiglie
Provincia di Rimini
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Orientamenti giurisprudenziali relativi
all’interpretazione delle norme contenute
nella Legge n. 54 dell’8 febbraio 2006
“Con l’approvazione definitiva del disegno di legge n. 3537 recante “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli “ il Parlamento ha adeguato finalmente
le legislazione italiana alla normativa vigente negli altri Paesi europei, nonchè alla Convenzione sui diritti del fanciullo sottoscritta
a New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia con la
legge n. 176 del 1991.
Le nuove norme della legge 8 febbraio 2006 n. 54, si fondano sul
principio della genitorialità condivisa, ovvero prevedono come regola, in caso di separazione della coppia, l’affidamento dei figli ad
entrambi i genitori e lasciano solo come scelta residuale, da parte
del giudice, quella dell’affidamento ad un solo genitore.
Viene quindi capovolto l’attuale sistema monogenitoriale di affidamento dei figli che comprimeva e mortificava i diritti del genitore non affidatario, spesso escluso dalle scelte importanti relative
alla vita e all’educazione dei figli.
Il legislatore nella stesura della nuova disciplina relativa all’affidamento condiviso ha avuto ben presenti i contenuti fondamentali
della citata Convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989) ed in particolare, per quanto qui di interesse:
- il dovere degli Stati di vigilare affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità
competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e
conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa
separazione è necessaria nell’interesse preminente del fanciullo;
- il dovere degli Stati di rispettare il diritto del fanciullo separato da
entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente
rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a
meno che ciò sia contrario all’interesse preminente del fanciullo;
- l’obbligo degli Stati di prodigarsi per garantire e rendere effettivo il principio per cui entrambi i genitori hanno una responsabilità comune per quanto riguarda l’educazione del fanciullo, il suo
mantenimento, il suo sviluppo”.
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Così commenta la nuova legge sull’affidamento condiviso la dott.
ssa Pierangela Dagna - Dottoranda in diritto privato e storia della
scienza giuridica civilistica presso l’Università degli Studi di Milano
Bicocca - Articolo del 03/03/2006.
Preliminarmente occorre rilevare come la nuova legge trova applicazione non solo nel caso di separazione consensuale e giudiziale
dei coniugi, ma “anche in caso di scioglimento, cessazione degli
effetti civile o di nullità del matrimonio, nonchè ai procedimenti
relativi ai figli di genitori non coniugati” (art. 4 , L. 54/2006).
Con tale norma il legislatore ha definitivamente equiparato tutti i
diritti dei figli ed i correlativi doveri dei genitori indipendentemente dall’esistenza o meno di un vincolo coniugale. La nuova legge
però, nonostante le riforme apportate anche al codice di procedura civile, ha lasciato aperto il problema della ripartizione della
competenza tra Tribunale Ordinario e Tribunale dei Minorenni
(vedi in merito Trib. dei Minorenni di Milano decreto 07/07/2006;
Trib. dei Minorenni di Trento decreto 11/04/2006).
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Una delle finalità perseguite dal legislatore della riforma è stata
proprio quella di favorire un cambiamento culturale nei rapporti genitore-figlio senza che rilevi se quest’ultimo sia nato fuori o
in costanza di matrimonio; per realizzare tale obiettivo, è necessario che il Giudice, data l’autorevolezza del ruolo assunto nella
regolamentazione della crisi familiare, faccia rilevare alle parti e
le ammonisca dell’importanza di mantenere le loro responsabilità genitoriali nei confronti dei figli, anche dopo la disgregazione
della loro unione.
L’analisi della giurisprudenza in materia, benché ancora piuttosto
scarna, ha già evidenziato gli orientamenti interpretativi legati
alla nuova legge.
Così i giudici di merito hanno dato ampia applicazione al principio
della genitorialità condivisa, mostrando come la vera novità della riforma sia rappresentata dall’attribuzione dell’esercizio della
potestà ad entrambi i genitori sottolineando che “In tema di affidamento dei figli, il giudice deve valutare “prioritariamente”, e
nell’interesse dei figli, l’affidamento del minore ad entrambi i genitori, disponendo, in assenza di contrarie indicazioni, tale forma
di affidamento” (Trib. di Bologna sent. n. 800 del 10 aprile 2006;
Trib. di Catania ord. del 01/06/06; Trib. dei Minori di Milato decreto
del 20/06/06).
Tale giurisprudenza sottolinea come “Scopo della normativa è an-
zitutto quello di rendere i genitori responsabili in relazione alla
loro genitorialità e, pur in presenza di conflitti, indurli ad assumere le decisioni meglio rispondenti agli interessi e ai bisogni dei
figli”.
Pertanto la presenza del conflitto in sé non impedisce di adottare
la soluzione dell’affidamento condiviso.
“Si tratta viceversa di valutare se sia percorribile o meno la via della corresponsabilizzazione dei genitori e dell’assunzione, da parte
loro, di un compito genitoriale pieno e quindi condiviso, nell’interesse dei figli che hanno diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori” (così Trib. dei Minori
di Milano decreto del 20/06/06; conf. Corte d’appello di Bologna
decreto del 17/05/2006; Trib. di Catania ordinanza del 01/06/06).
Le varie pronunce si differenziano prevalentemente in merito alle
modalità e ai tempi di visita.
Nel corso dei lavori preparatori, l’on. Paniz (relatore al testo unificato alle proposte di legge), nel discorso svolto alla Camera dei
Deputati nel corso della seduta del 10 marzo 2005, ha sottolineato come l’affidamento condiviso “non significa 50 per cento del
tempo del figlio con ciascun genitore nè 50 per cento delle competenze, nè ping pong tra due case, ma conservazione di effettiva
responsabilità genitoriale per entrambi i genitori” (“Atti parlamentari, Camera dei Deputati, resoconto sommario e stenografico” (seduta n. 600, 10 marzo 2005, p.2).
Conformemente a quanto sottolineato dall’On. Paniz la giurisprudenza prevalente sottolinea che:
“L’affidamento del figlio ad entrambi i genitori non determina
una parificazione circa modalità e tempi di svolgimento del rapporto tra il figlio e ciascuno dei genitori, quanto piuttosto l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi e una condivisione delle decisioni di maggiore importanza; ne consegue che i
genitori si dovranno impegnare nella predisposizione e attuazione
di un programma concordato per l’educazione, la formazione, la
cura e la gestione del figlio, nel rispetto delle esigenze e delle
richieste del minore”
(Trib. Bologna sent. n. 1210 del 22 maggio 2006, n. 800 del 10 aprile 2006; Trib. dei Minori di Bologna decreto del 26 aprile 2006,
Trib. per i minorenni di Trento decreto 11 aprile 2006).
Una giurisprudenza minoritaria, invece, disciplina in maniera dettagliata i tempi e le modalità di permanenza dei figli con ciascun
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genitore (Trib. di Chieti ordinanza 28 giugno 2006).
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Se rilevante è il ruolo svolto dal Giudice nel corso del procedimento, non meno rilevante è il rapporto che si instaura tra il cliente
ed il suo legale, così come rilevato dall’avv. Laura Hoesch nel suo
articolo “Scienze psico-sociali e affidamento dei figli in casi di separazione e divorzio” pubblicato su “Psicologia e Giustizia”, periodico del Tribunale di Milano (luglio-dicembre 2005). L’Avvocato
ha rilevato come “la parte nei processi di separazione e divorzio
voglia che il suo difensore si identifichi con lei, con il suo problema. In realtà è essenziale che il difensore rifiuti di entrare in una
dinamica relazionale di quel tipo; altrimenti il rischio è quello di
negare al cliente di superare quella parte di sè che alimenta la
conflittualità”. Così il difensore deve tendere, nel suo rapporto
con il cliente, “a ridare equilibrio ad una situazione fortemente
squilibrata e che vede i coniugi in conflitto, spesso perchè non
hanno ancora elaborato la separazione da un punto di vista psicologico, non riescono a separare il ruolo coniugale da quello genitoriale e ad impostare una nuova relazione basata sul rispetto
reciproco e sulla funzione di genitori. Pertanto, ci si deve avviare
al processo con un rapporto sano con il cliente; rapporto nel quale
ognuno svolge il suo ruolo: il cliente di sofferenza che richiede
grande attenzione ma non connivenza e il difensore che deve essere terzo rispetto a quella sofferenza”.
Il ruolo del mediatore familiare
L’affidamento condiviso presuppone una comune responsabilità
dei genitori anche dopo che il rapporto di coniugio ed anche al di
fuori di esso, sia venuto meno, perché si continua ad essere genitori sempre ed insieme.
A tal fine la mediazione è un percorso per la riorganizzazione
delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al
divorzio o alla fine di una convivenza more uxorio: in un contesto
strutturato, il mediatore, come terzo neutrale e con una formazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto
professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera
affinché i partner elaborino in prima persona un programma di
separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale.
A tal fine il mediatore partecipa dei torti e delle ragioni delle parti, ma cercando di sottrarli al ripetere assordante delle loro ragioni
e li aiutano ad abbandonare il risentimento che li congela nel passato e a pensare al futuro, tornando protagonisti del conflitto e
stabilendo la maniera più giusta per entrambi di comporlo.
In quest’ottica il nuovo art. 155 sexies, secondo comma, c.c. come
introdotto dalla riforma prevede che “Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può
rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione
per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”.
Proprio alla luce dell’impossibilità di obbligare i coniugi a ricorrere ad un mediatore, spesso la giurisprudenza di merito ha rivolto
inviti ai partner, i cui rapporti sono improntati ad elevata conflittualità, ad iniziare ovvero a proseguire gli incontri con un esperto
mediatore al fine di trovare un programma condiviso per la cura,
l’educazione ed il mantenimento dei figli (così Trib. dei minori di
Milano decreto del 20/06/06; Corte d’Appello di Napoli - sez. specializzata per i minorenni- decreto del 22/03/2006).
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Alcuni dati
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Gli eventi legati all’instabilità coniugale coinvolgono una parte
sempre più rilevante di persone adulte e, all’interno delle famiglie, di genitori e figli, al punto che alcuni studiosi non considerano separazioni e divorzi come meri incidenti di percorso di una
coppia, ma come parte di un nuovo modello familiare che si sta
affermando.
A livello nazionale, anche se i livelli di instabilità coniugale sono
inferiori rispetto a quanto avviene nel resto dell’Europa settentrionale, essi sono comunque caratterizzati da una crescita notevole. Al 2001, il tasso di divorzio, in Italia è pari allo 0,7‰, contro
l’1,9‰ della media europea (fonte eurostat).
Questa riguarda in particolare le separazioni che presentano un
aumento costante: negli anni che vanno dal 1995 al 2002 sono
cresciute del 30%.
In Emilia-Romagna il fenomeno è ampiamente diffuso, anche se
è a partire dal decennio scorso che l’andamento delle separazioni
mostra crescite superiori a quelle nazionali mentre per i divorzi è
abbastanza omogeneo con il resto d’Italia.
Nel 2002 le separazioni personali dei coniugi sono state 6.415 e i
divorzi 3.800: la nostra regione si trova, rispetto alla media nazionale al settimo posto per le separazioni (6,2‰), mentre è al quinto
posto per numero di divorzi (3,7‰), a fronte di una media nazionale rispettivamente di 5,5‰ e 2,9‰.
Per quanto riguarda i figli minori affidati al 2002 in Emilia-Romagna ammontano a 4.159 per le separazioni e 1.479 per i divorzi.
La probabilità per un minore di essere coinvolto direttamente in
eventi separativi della coppia genitoriale è diversificata per quanto riguarda separazioni e divorzi ed è andata aumentando negli
anni.
A livello regionale si è passati dallo 0,55% del 1995 allo 0,76% del
2000 che, pur rappresentando una percentuale più alta sia della
media nazionale sia dell’area geografica di riferimento, si ferma
sotto l’1%.
Per quanto riguarda l’azione del Tribunale di Bologna sotto la
vigenza della vecchia disciplina, in percentuale i minori affidati
alla madre al 2002 sono l’80,1% nelle separazioni e il 79,9% nei
divorzi.
Confrontando il dato con il livello nazionale, rileva che nel Tribunale di Bologna sono stati tra i più frequenti gli affidamenti
congiunti o alternati.
A livello locale, dai dati forniti dal Tribunale di Rimini, al 30 giugno
2006, tra separazioni e divorzi risultano complessivamente 1.578
crisi matrimoniali: 264 divorzi giudiziali di cui 95 definiti e 169 pendenti, 325 separazioni giudiziali di cui 130 definiti e 195 pendenti,
463 divorzi congiunti di cui 292 definiti e 171 pendenti, 526 separazioni consensuali di cui 440 definiti e 86 pendenti.
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a cura di
Beatrice Boschetti
Servizi Sociali Provincia di Rimini
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Siti per l’approfondimento
www.minoriefamiglia.it
Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia
www.aiaf-avvocati.it
Associazione italiana degli avvocati per la famiglia e per i minori
www.emiliaromagnasociale.it
Emilia-Romagna Sociale
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Indice
Introduzione ........................................................................... pag. 5
Legge 8 Febbraio 2006, n. 54
“Disposizioni in materia
di separazione dei genitori e
affidamento condiviso dei figli” ........................................... pag. 7
Affido condiviso:
tutela dei figlio o tutele dei genitori?
a cura della dott.ssa Laura Pagliarani ................................. pag. 13
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Orientamenti giurisprudenziali relativi
all’interpretazione delle norme contenute
nella Legge n. 54 dell’8 febbraio 2006
a cura della dott.ssa Beatrice Boschetti .............................. pag. 23
Siti per l’approfondimento................................................... pag. 31
La presente pubblicazione rientra nel progetto Interreg