La fantascienza è un genere letterario ritenuto per

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La fantascienza è un genere letterario ritenuto per
Resenha: FEDERICI, Eleonora. Quando la fantascienza è donna. Dalle utopie
femminili del secolo XIX all’età contemporanea. Roma: Carocci editore, 2015.
La fantascienza è un genere letterario ritenuto per anni prevalentemente
maschile: diversi studi hanno documentato la difficoltà delle autrici nel ricavarsi uno
spazio all’interno di questo universo. Nonostante gli ostacoli, la tradizione femminile
all’interno di questo genere è molto ricca, e spesso di grande rilievo. Tuttavia, perché
scrivere di una fantascienza coniugata al femminile? Cosa differenzia queste storie dalle
altre scritte da uomini?1
È proprio da questi due interrogativi che prende avvio lo studio di Eleonora
Federici, Quando la fantascienza è donna. Dalle utopie femminili del secolo XIX all’età
contemporanea; per rispondere a queste domande, Federici, professore associato di
Lingua e Traduzione inglese presso l’Università di Napoli l’Orientale, ripercorre la
storia della tradizione femminile all’interno della letteratura utopica/fantascientifica,
dalle sue origini ai giorni nostri. Il suo testo si propone come percorso di lettura per
coloro che si approcciano allo studio di questo genere e sono interessati al cammino
tracciato dalle voci femminili, in parallelo all’evoluzione delle teorie femministe. La
fantascienza, infatti, grazie allo straniamento cognitivo teorizzato da Darko Suvin,
fornisce uno spazio dove operare un confronto critico con il reale: essa permette di
creare mondi separatisti, di esplorare un futuro che sovverte le categorie culturali e
sociali, di mettere in discussione l’identità di genere attraverso il rapporto con la scienza
e la macchina, di riscrivere la storia. Questo genere letterario funge quindi da ponte tra
teoria e pratica femminista, e lo studio di Eleonora Federici ne percorre la storia,
affiancando in modo accurato l’analisi letteraria al contesto storico e teorico del
femminismo. Le autrici prese in considerazione sono principalmente britanniche e
americane, una scelta dovuta alla centralità del mondo anglosassone e della lingua
inglese nella tradizione fantascientifica; il secondo criterio di selezione è la tematica
dell’alterità, ovvero la rappresentazione dell’identità femminile e il suo rapporto con il
corpo e con la scienza.
Il primo capitolo di Quando la fantascienza è donna dà il via al viaggio nella
storia della fantascienza femminile con la capostipite di questo genere letterario, Mary
Godwin Shelley, con Frankestein, or the Modern Prometheus (1818), romanzo indicato
dai principali studiosi come atto di nascita della science fiction. Federici, dopo
un’accurata contestualizzazione, riassume gli studi più importanti rispetto alla tematica
femminile in Frankenstein: la creazione del mostro in analogia con la scrittura del testo
(libro-figlio), così come metafora della stessa figura dell’autrice; l’uso del linguaggio e
della retorica come mezzo per vedere accettata la propria identità; la decostruzione delle
nozioni socio-culturali legate all’alterità attraverso la voce della creatura; il tentativo
dello scienziato di usurpare il potere della maternità della donna, attraverso le
metodologie scientifiche “maschili”, che manipolano la natura nel tentativo di
oltrepassare il confine delle possibilità umane – ovvero la ricerca prometeica racchiusa
nel titolo. Questo romanzo, fondamentale nella tradizione considerata popolare, è quindi
considerato il punto di partenza per la science fiction femminile, come luogo di messa
in discussione delle costruzioni culturali dell’immagine della donna.
Con Shelley, la fantascienza mostra la sua capacità di unire e mettere in
comunicazione diversi generi letterari: una dote che non può essere ignorata all’interno
di un percorso sulla tradizione femminista. Non sorprende, quindi, l’importanza che
viene data nel secondo capitolo a un altro genere letterario, strettamente legato alla
science fiction: l’utopia. Federici ripercorre con precisione e sintesi la storia della
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tradizione utopica femminile, sottolineando in particolare le differenze tra utopie
americane e inglesi (con gli studi di Darby Lewes e di Nan Albinski Bowman). Nella
panoramica dei principali testi americani del XIX secolo, viene sottolineato l’uso di
mezzi narrativi tipici del genere, come il dialogo tra il viaggiatore e la guida, il
dispositivo del sogno e l’idea di una società separatista, così come le tematiche
principali: il matrimonio su basi egualitarie, lo scambio dei ruoli che evidenzia l’iniqua
distribuzione del potere, il lavoro come autoaffermazione. La rassegna dei testi inglesi,
invece, mette in rilievo la predominanza della tematica scientifica: la rivoluzione
industriale e la lotta per il suffragio mettono progresso e tecnologia al centro delle
riflessioni delle autrici utopiche britanniche, le quali mettono queste tematiche a
servizio del femminile, allontanandosi dall’uso del tradizionale binomio donna-natura, e
riappropriandosi della propria voce pubblica2. Federici, poi, analizza il fenomeno delle
utopie separatiste dei primi del novecento, soffermandosi in particolare sul romanzo
Herland (1915) della celebre Charlotte Perkins Gilman, ma anche su autrici meno
conosciute, come Winnifred Harper Cooey e Lillian B. Jones.
L’autrice seguita quindi a descrivere il periodo che collega queste note opere
utopistiche di inizio secolo al femminismo degli anni Settanta, movimento ampiamente
studiato: sono anni di passaggio, che riflettono i grandi cambiamenti della società del
tempo, nonché l’impatto sociale delle due guerre mondiali. Le donne degli early Pulps,
dal fenomeno dei pulp magazines, non sono largamente conosciute, ma i racconti che
hanno pubblicato su queste riviste permettono l’analisi dell’evoluzione della tradizione
femminile nell’ambito fantascientifico. Federici, affidandosi gli studi di Robin Roberts
e Jane Donawerth, mette in rilievo l’eredità di Mary Shelley raccolta da autrici come C.
W. Harris e W. Ellis; se la scienza e la tecnologia, in questi testi, acquistano un ruolo
essenziale per migliorare le condizioni di vita delle donne, la studiosa osserva come
queste autrici rimangano ancorate a certe caratteristiche patriarcali, come il narratore
maschile. Avanzando con la descrizione storica del periodo tra le due guerre, Federici
introduce il ruolo delle donne nei generi della distopia e della speculative fiction,
prendendo in analisi in particolare i testi di Katharine Burdekin; con Catherine L.
Moore, invece, e il suo No Woman Born (1944), viene introdotta la figura del cyborg,
mentre è la narrativa di Leigh Brackett a essere presa a esempio per il periodo della
space opera – gli anni Quaranta e Cinquanta. A rappresentanza della science fiction
femminile del periodo post-bellico troviamo invece Judith Merril, mentre gli anni
Sessanta sono dedicati a Naomi Mitchison e Anne McCaffrey.
Il capito successivo è dedicato alle utopie femministe deli anni Settanta e
Ottanta: con grande precisione e approfondimento critico, Federici prende in analisi le
principali esponenti del periodo, da Sally Miller Gearhart e Marge Piercy a Joanna Russ
e Suzy McKee Charnas, presentando con chiarezza anche teoriche del femminismo
come Shulamith Firestone, Gena Corea e Judy Wajcman, integrando a una acuta analisi
letteraria un quadro scrupoloso del contesto storico e filosofico. Ampio spazio viene
dedicato a Ursula Le Guin, autrice che riporta le fila del discorso dal genere utopico,
che aveva visto il suo fiorire più vasto proprio in questo periodo, alla fantascienza;
particolarmente interessante è l’analisi della tematica del linguaggio, del potere che esso
detiene nella visione della realtà, e della ricerca, nella tradizione utopica, della lingua
universale, un mezzo di comunicazione non influenzabile da potere e stereotipi culturali
(tematica per la quale vengono portati a esempio i romanzi i Suzette Haden Elgin).
Il percorso di Federici prosegue quindi con la presentazione di James Tiptree Jr.
e Tanith Lee, due autrici che introducono con i loro romanzi la tematica del rapporto tra
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Ibid., p. 44.
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donna e macchina e la figura del cyborg, simbolo ultimo della connessione tra natura e
tecnologia. Descrivendo con chiarezza la teoria del Manifesto Cyborg (1985) di Donna
Haraway, come strumento che sorpassa le differenze di genere a favore di un utopico
egualitarismo, basato sul superamento delle dicotomie culturali e delle gerarchie,
Federici prende in analisi He, She and It (1991) di Marge Piercy come esempio della
differenza nella rappresentazione del cyborg tra i romanzi di fantascienza maschile e
quelli femminili. Se il cyborg maschile è caratterizzato da freddezza emotiva e
impotenza sessuale, quello femminile è un modo per riscrivere la propria femminilità e
sessualità; allo stesso modo, anche il cyberspazio (spazio cibernetico che fa da sfondo ai
romanzi della corrente del cyberpunk) diventa una nuova dimensione è possibile
decostruire l’identità di genere e le sue rappresentazioni culturali3, uno spazio libero
dalla logica dualistica. Le autrici del cyberpunk prese in analisi sono Pat Cadigan e
Amy Thompson.
L’ultima tematica analizzata da Federici è la revisione della storia, elemento già
cardine nelle distopie di epoche precedenti, che torna a dominare il palcoscenico della
fantascienza al femminile con due autrici di grande impatto: Connie Willis e Octavia E.
Butler. L’espediente narrativo del viaggio nel tempo permette a queste scrittrici di
rileggere il passato da una nuova prospettiva e riempire i vuoti delle voci femminili che
sono state omesse; viene sottolineato, in particolare, quanto queste due autrici siano in
grado di decostruire, attraverso i propri romanzi, non solo le concezioni culturali sul
genere, ma anche quelle sulla razza e sulla classe sociale4.
I due interrogativi che aprono il volume, in conclusione, trovano una risposta
nella vastità di nozioni, spunti e osservazioni che vengono ad accumularsi nel corso
della lettura: perché scrivere di una fantascienza coniugata al femminile? Perché,
nonostante il recente incremento di antologie e studi sull’argomento, questo genere
letterario continua a evolversi, a proporre nuovi mezzi con cui rileggere il passato o
immaginare il futuro. Quando la fantascienza è donna propone un percorso storico
all’interno del genere, una guida nel labirinto della critica e un ottimo strumento di
revisione di testi e autori già noti, nonché spunti per l’approfondimento di altri meno
conosciuti. Eleonora Federici ha saputo tracciare una mappa precisa, coincisa e
dettagliata dell’evoluzione di questo genere letterario, dagli inizi ai giorni nostri: questo
volume è sicuramente uno strumento molto utile per il lettore che vuole approcciarsi
alla storia della fantascienza e l’utopia femminile, ma anche per lo studioso alla ricerca
di spunti e informazioni essenziali; la vasta bibliografia fornisce inoltre, a coloro che
sono interessati a ricercare questo genere, una abbondante selezione di testi critici di
approfondimento.
Elena Colombo
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Ibid., p. 135.
Ibid., p. 153.
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