LA LUCE E IL MISTERO: LA MADONNA DI
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LA LUCE E IL MISTERO: LA MADONNA DI
LA LUCE E IL MISTERO: LA MADONNA DI SENIGALLIA NELLA SUA CITTA’ Il Capolavoro di Piero della Francesca dopo il restauro L'OPERA E IL PERCORSO ESPOSITIVO CHE SI SNODA IN SETTE AMBIENTI Dipinto su legno di noce, piccolo per dimensioni ma monumentale per impatto artistico e emotivo, “La Madonna di Senigallia” raffigura una Madonna stante con il divinus puer in braccio, affiancata da due angeli. La scena, estremamente composta, è ambientata in un discreto interno domestico quattrocentesco, caratterizzato in particolare da un fascio di luce che lo illumina alle spalle dei personaggi. L’atmosfera è di estremo raccoglimento. Dietro, sugli scaffali, un contenitore e una cesta: il primo dovrebbe contenere delle ostie e quindi alludere al sacrificio eucaristico; la seconda dovrebbe alludere alla purezza ed al ruolo salvifico della Madonna che accoglie nel suo grembo Gesù come la cesta accolse Mosè. L’architettura tagliata dalla luce che entra da sinistra permette a Piero della Francesca di indugiare su effetti luministici di chiaro riferimento al mondo fiammingo. Il percorso espositivo si snoda in sette ambienti, a partire dall'ingresso dedicato al lavoro di restauro, passando poi alla sala “del mistero” e a quella “della luce”, dedicate all'interpretazione e all'autore. Il pubblico potrà poi scoprire la committenza e le vicende che hanno caratterizzato l'opera, in particolare i “viaggi indesiderati” come quello del 1975. Nella sesta sala, il pubblico incontrerà finalmente “La Madonna di Senigallia”. Il percorso espositivo prevede inoltre un video realizzato da Lorenzo Cicconi Massi che raccoglie testimonianze di personaggi autorevoli, compreso l'attuale direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci. In occasione di un'anteprima romana a gennaio, Paolucci aveva sottolineato l'importanza di questo dipinto, perché “in esso si sono incontrati e in qualche modo bilanciati il Rinascimento italiano e quello fiammingo. [...] Abitualmente datata intorno al 1470, (la “Madonna di Senigallia” si colloca, ndr) in una stagione zenitale nella storia delle arti. Perché in quegli anni, con Piero della Francesca e poi con Antonello da Messina, si realizza, almeno nelle arti figurative, la vera unità culturale d’Europa. L’incontro cioè fra l’occhio fiammingo e la misura italiana, fra la poesia dei “minima” di Verità e di Natura e l’ordine razionale che governa il mondo visibile”. LA LUCE L’opera “La Madonna di Senigallia” è un tassello di fondamentale importanza per ricostruire le vicende artistiche del suo autore, poiché attesta un momento di sperimentazione che ha determinato il passaggio dalla pittura a tempera a quella ad olio, su ispirazione dei pittori fiamminghi come Jan Van Eyck, all’epoca noti nelle corti di Ferrara, poi ad Urbino. Fu infatti la pittura fiamminga a portare in Italia l’uso della pittura ad olio, offrendo la possibilità di un controllo più raffinato della luce. Piero della Francesca costruisce dunque le immagini con il colore e costruisce il colore con la luce. L’ora delle sue meditazioni pittoriche è il mezzogiorno, quando la luce zenitale cancella le ombre della terra. “Sembrano, in Piero, i colori nascere per la prima volta come elementi di un’invenzione del mondo”. Così il grande critico d’arte Roberto Longhi provava a spiegare quel senso della luce che resta uno degli aspetti più affascinanti dell’esperienza artistica di Piero della Francesca. La prima lezione in questo senso, il Maestro di San sepolcro la apprese durante il suo soggiorno a Firenze, assimilando la grande lezione di Domenico Veneziano: una pittura luminosa, chiara, tersa che costruisce le figure nella luce. Una luce diffusa che nasce dall’impasto cromatico del colore. Non sovrapposta, ma armoniosamente integrata al disegno. Quella della “Madonna di Senigallia” è tanto più affascinante perché unica e quotidiana, come fa notare il direttore del Musei Vaticani, Antonio Paolucci: “Non la luce primaverile che scalda i cavalli di Costantino caracollanti sul greto del Tevere o che riempie di quieto splendore il “Battesimo di Cristo” della National Gallery di Londra, non la luce artificiale dei notturni miracolosi, né quella grigia e rosata dell’alba della Resurrezione nell’affresco di Borgo San Sepolcro. Quella della Madonna di Senigallia è la luce sommessa obliqua di un giorno qualsiasi; quella luce che, filtrando attraverso i vetri della finestra sulla sinistra, svela un interno di casa signorile ma non sfarzosa, dove una giovanissima Madonna assistita da due angeli adolescenti presenta, con gravità dolcemente triste e come offuscata da presagi, il suo malinconico bambino”. IL MISTERO La Madonna di Senigallia è un dipinto in apparenza tradizionale: il soggetto è molto comune e la destinazione privata e famigliare. Eppure questo capolavoro si presta a molte letture diverse e non sono ancora chiare le vicende storiche alle quali si lega. Fioccano le interpretazioni e le ipotesi. C’è chi ritiene che l’opera sia stata commissionata da Giovanna Feltria e Giovanni Della Rovere in occasione del loro matrimonio celebrato nel 1478. Per altri è stato invece un dono del padre Federico da Montefeltro alla figlia Giovanna. Non un regalo di nozze, quanto piuttosto un lascito in punto di morte. Per altri ancora invece, il dipinto fu voluto da Federico per rievocare la figura dell’amatissima moglie Battista Sforza dopo la sua scomparsa. Secondo questa tesi, autorevolmente sostenuta da Maria Grazia Ciardi Duprè dal Poggetto, il luogo dove Piero della Francesca ha collocato la Madonna di Senigallia nel dipinto è il Palazzo di Gubbio, dimora prediletta di Battista Sforza, come dimostrato dalle travature lignee della stanza retrostante. Alcuni elementi iconografici confermerebbero quest’idea di lutto del dipinto, come un presagio della Passione e morte di Cristo (il lenzuolo funebre che riveste il Bambino, le bende funebri piegate nella cesta, il candelabro nella parasta). IL RESTAURO Il restauro eseguito a tempo di record dall'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR), ha fatto riemergere, attraverso un accurato lavoro di ripulitura, preceduto da un altrettanto accurato esame diagnostico, la luminosità originaria, l'intonazione cromatica e diversi dettagli significativi di questo capolavoro del Rinascimento che tornerà dunque in mostra nella sua città. L'opera è giunta all'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR), su richiesta della Soprintendenza delle Marche, il 13 dicembre del 2010 ed è poi ripartita il 25 gennaio 2011 alla volta dell'anteprima romana e dell'esposizione nella mostra forlivese dedicata a Melozzo da Forlì. Si presentava in buone condizioni, nonostante il furto del 1975. Il restauro ha inoltre consentito la migliore leggibilità della costruzione prospettica degli ambienti raffigurati nell'opera e della cromia originale, nonchè di alcuni particolari significativi (dettagli e pennellate). Il gruppo di lavoro ISCR è stato composto da Gisella Capponi, direttore ISCR; Costanza Mora, Albertina Soavi,Francesca Fumelli, intervento di restauro; Marica Mercalli, coordinamento tecnico; Fabio Aramini, Giuseppe Fabretti, Fabio Talarico, Mauro Torre, indagini scientifiche chimico-fisiche; Elisabetta Giani, controllo microclimatico; Angelo Rubino, documentazione fotografica; Mara Bucci, documentazione grafica. TRA FURTI E SPARIZIONI, IL “GIALLO” DELLA MADONNA DI SENIGALLIA Ha i contorni romanzeschi di un giallo che avrebbe forse interessato l'inquieto Simenon, la vita del capolavoro di Piero della Francesca. Prima del furto del 1975 infatti, la “Madonna di Senigallia” era già stata protagonista di rocambolesche vicende di furti e trafugamenti, o anche di semplici trasferimenti “forzosi”. Era il 1873 quando, ancora conservato nella chiesa delle Grazie di Senigallia, l'opera venne trafugata da Antonio Bincio di Jesi e dal senigalliese Antonio Pesaresi e nascosta in un baule con doppio fondo, per essere consegnata a un collezionista inglese. Il baule fu invece poi casualmente ritrovato alla stazione Termini di Roma poco prima di essere spedito. In seguito, pochi giorni prima dell'entrata in guerra dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, l'opera venne prelevata dalla Galleria Nazionale delle Marche ad Urbino dove si trovava, per essere messa al sicuro nella Rocca di Sassocorvaro. L’opera di salvataggio coordinata dal Professor Pasquale Rotondi, all’epoca Soprintendente ai beni culturali di Urbino, coinvolse anche “La Tempesta” di Giorgione e la “Flagellazione” dello stesso Piero della Francesca. L’ultimo clamoroso episodio che appassionò l'opinione pubblica tanto da costruire ipotesi di matrice terroristica, fu la sparizione del 6 febbraio 1975. Il furto riguardò, oltre alla “Madonna di Senigallia”, anche la “Flagellazione” dell'artista di San Sepolcro e “La Muta” di Raffaello. Questi capolavori assoluti vennero poi ritrovati nel marzo del 1976 a Locarno. L’EVENTO COLLATERALE alla Rocca Roveresca “M'Arcord Mario. I Luoghi, i volti e le parole di MARIO GIACOMELLI” “Vita del pittore Bastari” mostra ideata da ACHILLE BONITO OLIVA Visitabile fino al 10 luglio alla ROCCA ROVERESCA In contemporanea alla mostra su “La Madonna di Senigallia”, la Rocca Roveresca ospiterà il primo appuntamento di un ciclo interamente dedicato al grande fotografo di Senigallia Mario Giacomelli: “M'Arcord Mario. I Luoghi, i volti e le parole di Mario Giacomelli”. Una presenza di profonda coerenza con il percorso tra “Luce e Mistero” pensato per Piero della Francesca, essendo Giacomelli particolarmente sensibile al linguaggio intenso della luce attraverso il sapiente gioco tra bianco e nero. Il primo evento previsto è l’allestimento di “Vita del pittore Bastari”. L’esposizione, che resterà visitabile fino al 10 luglio, ripercorre la mostra ideata da Achille Bonito Oliva, già allestita nel 2003 nel Museo di Capodimonte di Napoli. Un evento di estremo interesse che riproposto a Senigallia segna la volontà di rendere omaggio al cittadino Mario Giacomelli oltre che all’artista. Fotografie di particolare intensità emotiva, in cui il pittore Bastari viene immerso nella dimensione onirica dei paesaggi giacomelliani, diventandone quasi parte. Il caratteristico chiaroscuro che quasi annulla ogni passaggio tonale dando un valore grafico alla rappresentazione, accentua ancora di più il valore emozionale dello scatto sospeso tra un senso di solitudine e teatrale drammaticità. Inoltre, la cultura del bello e dell'accoglienza che tanto stanno a cuore alla comunità di Senigallia saranno alimentata anche da diversi altri eventi previsti nell'agenda estiva della città. Nel periodo dal 27 giugno al 2 luglio si svolgerà la sesta edizione consecutiva del “Caterraduno”, allegro raduno della più ascoltata trasmissione radiofonica di Radio 2 condotta da Massimo Cirri e Filippo Solibello, dedicata, nel 150° Anniversario dell’Unità, ai “Fratelli in Italia”. Tantissimi come sempre gli ospiti sulla spiaggia di velluto per questa occasione, da Vinicio Capossela a Caparezza, passando per gli immarcescibili Stefano Bollani, David Riondino, Banda Osiris e molti altri. LA ROCCA ROVERESCA Uno straordinario libro di storia Il risultato della sovrapposizione di strutture difensive succedutesi nei secoli, fin dalle origini della città. La Rocca Roveresca di Senigallia può essere letta a ragione come uno straordinario libro di storia: infatti è il risultato della sovrapposizione di strutture difensive succedutesi nei secoli, fin dalle origini della città, in un sito di determinante importanza strategica. All'interno si individuano i tufi della fondazione Romana, in grande evidenza nella parete del cortile a sinistra di chi entra; di fronte all'ingresso invece i resti di una millenaria torre quadrangolare in blocchi calcarei inglobata poi nel 1350 nella Rocchetta di Egidio di Albornoz, a ridosso della quale sorse poi nel 1450 la Rocca di Sigismondo Pandolfo Malatesta, ed infine l'intervento conclusivo del 1480 affidato da Giovanni Della Rovere a Baccio Pontelli e Luciano Laurana, gli architetti ducali ma, nella sua millenaria storia, la Rocca arresasi nel 1503 a Cesare Borgia che a Senigallia compì la celebre strage descritta da Nicolò Machiavelli, non fu solo una fortezza bensì anche dimora signorile, sede di una scuola di artiglieria fondata da Guidubaldo Della Rovere nel 1533 quindi, estintasi la dinastia ducale, dopo il ritorno della città sotto il dominio della Chiesa nel 1631, fu carcere pontificio ed orfanotrofio. Oggi ospita mostre d'arte e prestigiose manifestazioni culturali. LA CITTÀ DI SENIGALLIA TRA CULTURA E TURISMO È la “spiaggia di velluto” per antonomasia, Senigallia, città marchigiana di quasi 45 mila abitanti che raddoppia la sua popolazione nel periodo estivo. Equidistante da Ancona e Fano, di fondazione gallica e poi parte della pentapoli bizantina, il vero rifondatore della città per gli interventi intrapresi nel XV secolo, è considerato Sigismondo Pandolfo Malatesta. Senigallia passerà in mano ai Della Rovere, ai Borgia e di nuovo ai Della Rovere. Nell'Ottocento vi nacque Giovanni Maria Mastai Ferretti, meglio noto come Pio IX, l'ultimo Papa-re salito al soglio pontificio nel 1846 e detentore del più lungo pontificato della storia. Centro di grande vitalità, di rispetto per le tradizione e di attenzione al contemporaneo, oggi Senigallia è caratterizzata dal curato lungomare di costa bassa e dalla distesa di sabbia morbida che scivola per 13 km. La Bandiera Blu per la qualità delle acque e dei servizi accoglie cittadini e turisti dal 1997. La conformazione pianeggiante di questo elegante luminoso centro roveresco, la cui impostazione urbanistica ricalca quella della città romana, rende piacevole il passeggio a piedi o in bicicletta (diffuso il bike-sharing, servizio di biciclette gratuito per i turisti). Attraversata dal fiume Misa, Piazza del Ducaè il cuore pulsante della vita cittadina, da cui si può intraprendere il dedalo di strade acciottolate e immergersi nei corsi ricchi di negozi e locali di qualità ideali per lo shopping. A pochi passi si trovano la Rocca Roveresca, il Foro Annonario, Palazzetto Baviera, i Portici Ercolani, il Teatro La Fenice. Spicca invece sul lungomare la abbagliante Rotonda a mare, struttura del 1933 unica in Italia, restaurata di recente, punto di riferimento per eventi culturali tutto l'anno. “Per la nostra città, dove il dipinto soggiornò per molti secoli nella chiesa di Santa Maria delle Grazie – dichiara il Sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi - poter ospitare sia pure per un breve lasso di tempo il capolavoro di Piero della Francesca, considerata tra le 10 opere d’arte più famose al mondo, riveste una grande importanza ed assume tutta una serie di significati. Tale iniziativa offrirà infatti ai cittadini e ai tanti turisti che affollano Senigallia in quel periodo, la possibilità di ammirare un’opera di straordinaria bellezza e suggestione, resa ancora più preziosa dallo splendido restauro eseguito dall’I.C.R. Una simile mostra dedicata a questo prestigioso dipinto sarà anche il modo migliore per concludere le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, nella consapevolezza che proprio l’arte e la cultura del bello, rappresentati in modo così mirabile nel capolavoro di Piero, costituiscono valori fondanti della comunità nazionale”.