Untitled - Hypocrite
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Untitled - Hypocrite
AMAMI AL FREDDO Mattia Gennari Edizioni Hypocrite. Copertina di Anna Monguzzi Prefazione dell’Autore Deve essere una raccolta sul tema amoroso. Non per una qualche particolare supremazia quantitativa nell’ambito giornaliero o mensile o economico ma per due semplici ragioni: il credere istintivo e selvaggio che tutto l’universo ne ubbidisca alla legge e in secondo luogo che è per l’Autore (per+accusativo? Secondo l’autore? Per quanto riguarda lui?) il punto di osservazione agevole e privilegiato sull’Universo stesso. L’ Io, come le gradinate di uno stadio butta nella mischia e abbraccia. La costruzione segue difatti la dinamica prima di questo processo e più in generale dell’uomo secondo tre colonne a sostegno del resto-tenda. Nel cuore dunque, come un cuore, il Tu che non appartiene e che spintona, istintivo e selvaggio . Il tutto è anche per questo Tu che sorride. Si ton oeil, ton souris, ton pied, m'ouvrent la porte D'un Infini que j'aime et n'ai jamais connu ? L’ io che diventa d-io cioè "d'io" come "racconto dell'io che diventa io o si pone le giuste domande per farlo" e "Dio" nel senso di "teso a Lui". Ci sono delle catastrofi, delle coreografie, delle frecce e delle mitologie. Si deve quindi partire dal presupposto che qualcosa di questo genere, come una calda colla che amalgama le cose tra loro, immaginiamo così questo pezzetto di cuore ispezionato a misura. Ma una poesia senza movimento non è, e dunque cerchiamo di seguire questi, che sono più degli zoom usando tecnicismi , degli affondi, spaziali e temporali di quando la colla ferma il minuto e agisce tra i lati dei suoi oggetti in azione, che sia questo, come il freddo che si schiude, come un canto della Callas che inizia. Indice 0.0 IO CONTRO E TU NO Seduto su una poltroncina di pelle di un bagno pubblico nera Non riesco a distendere del tutto le braccia, questo mi desta in attenzione Tu in quello delle donne ti sciacqui il viso E In quelle due gocce sullo specchio ti riassumo Dolce e impacciata come un dolce con la crema. Nel tuo campo visivo vedo il Tutto-me sopra a gradini Grato dei tuoi Gloria serali Ringrazio a modo mio Dio, che dici ci hai messo Cinque anni e l’America E io? No Ma ti seguo Ti seguo Perché non ho una fune mia Ma ti guardo Ti guardo Perché non ho sentiero mio Ma Tu viatrice in bellezza Beatrice viatrice in bellezza Mi hai compreso E non parlo di baci- o che mi hai teso trappole- o agrodolci autrici Io parlo che sto in seconda fila E tu ti sei girata e mi tiri avanti! Dalla fila più avanti volgi i tuoi occhi enormi e Mi trascini come un bambino Come se tu fossi qui a condurmi Come se dovessi guidarmi Mentre passerei ore solo a respirarti Con me contro di me. 1.1.1 Per chi si è smarrito A due passi da casa, me. Fratello Sole Neo energico Rosea iride divina Veglia su lei Ora e sempre Che costruisce case E asfalta le strade Per me Amen. 1.1.2 AFFANNO Mi spaventa il mondo dove non si guarda da nessuna parte dove soffoco dall’assenza dell’essenziale. E io che mi sento in debito mi traduco in un “Affanno” del non essere abbastanza. Vedo a volte dei miraggi forse è penombra. Come foglietti di poesie russe a scaldare il fuoco ai pescatori e poi andarcene senza viaggio. 1.2.1 SUL ME-COREOGRAFIA DI UN’OMBRA Perdonami se sono in penombra Se “prudente, cauto, meticoloso” Posso solo ingrossare lo spettacolo Della tua vita Fare numero nel corteo. Se devo esaurirmi in sentenze, così Inutili che neanche le dico. Tu canterai per me? Io così ridicolo? E tu che meriti il sole. Io comparsa di teatro, capace a sbrodolarsi con delle prugne con le camicie sporche di tonno e le mani sudate senza sapere guidare e contare e nemmeno però guardare o sapere che cosa chiedere. Tu canti per me e io? Indegno Inadatto Inerme. 1.2.2 ANNIBALI E FIORI Il valore di una donna sta nella sua pelle Al punto tale da doverla toccare Le nuvole stanno sospese nel cielo E le montagne non dan’ sospetto di crollare Le mie gambe e quelle di tutti non dan segno di cedere Ma io – Fare in modo che i miei occhi dicessero Gioia e non noia Fare in modo che l’erba dicesse fiori -I tulipani lungo i binari Come se solo loro potessero occupare quello spazio Ma io combatto coi nemici interni Che non danno segno di spogliarsi raffinati cannibali Travestiti da paure. 1.3.1 SE FOSSI POETA Sei comparsa in un’alba Come una fossetta nel sorriso dei cieli Io potevo fare al massimo Il prezzemolo tra i denti. Un giorno che piove Che “Mi credevo salvato” vieni a ricordarmi Che ogni giorno devi ritornare Che devo riprenderci. Intanto parlami tantissimo così Tessiamo i nostri segni Onomatopeici Per comunicare quando saremo Nel buio cosmico: Mi hai detto che c’è linea. 1.3.2 IL VERO Veronica io non mi nutrirò di te, no non mi nutrirò di te non ti conosco e magari tu si ti temo. Sarò morto per miracolo quando ti rivedrò, e sarà così tardi che ho già fatto schifo. In un attimo di fede, la voce: è Gloria. 2.1.1 IL NULLA Nella voglia di vuoto Mi perdo Nella rincorsa atea Di una dissolvenza di me Bramo, cattivo, il nulla Che dirò Quando potrò Più brevemente: Nero come gli occhi del mondo. Piove sulle mie ciglia. 2.1.2 STAGINOI Ma se mi metto a pensare a quello che farei Impazzirei Fermerei il traffico probabilmente Farei venire la sera Bloccherei lo scadere dei calendari Accelererei novembre per vedere la neve che si sdraia sulle ciglia E poi rincorrerei la primavera per confonderti nei prati e nei pop corn Con l’autunno forse sceglierei che i tuoi capelli rossi come Alcune vecchie industrie lungo lafferrovia Se pensassi a quali carte giocherei Se fossi qui sdraiata a fianco a mare Un bel bolero Improvviserei Radunerei tutte le paranoie ed i timori E li grattugerei per farti vedere che li distruggiamo insiéme E chiamarei a raccolta tutti i tuoi amici fascisti E li manderei dall’altra parte del mondo così starebbero a testa in giù E per l’estate infine sceglierei Che le tue dita come raggi Migrino sulla mia barba incolta E loro che san tutto vengano a curare Tutti gli angoli di me che stanno Anco-ra male 2.2.1 MILANO-MURALES Conoscete una ragazza di milano La cui faccia celebra il crollo di Berlino Ogni volta che ride È una gioia a murales Pensatevi nudi sotto coperte rosse Con lo smalto rovinato come icone russe Che sguilla via come una biglia E le sussurri all’orecchio che sei felice. 2.2.2 PIERRE Come dicevamo la sera in cui Pierre piangeva In uno di quei pomeriggi dove sul tram due giovani leggono e lei ha la testa sulla sua spalla e lei ha i capelli corti tagliati da se mentre lui ha i capelli lunghi e raccolti e la barba incolta. Uno di quei pomeriggi con la gonna lunga , con un cane dalle fauci piene dibontá dove la nonna ti tiene il braccio per andare a salutare suo marito e stringe sulle strisce pedonali e pensi all'erasmus e a quali felpe si stringerà. Quei pomeriggi dove il mendicante con gli occhi storti decide di smettere di suonare da quando quello che gli diede 10 euro e gli disse "suona" e adesso l'ha rivisto e come se la notte avesse detto al sole "illumina" al suo ritorno poi mai più. In quei pomeriggi da proteggimi dal cielo e dalla folla dai colloqui da lavoro del mercato del lavoro dal liberismo da welfare dalla cassintegrazione dagli stage e dalle vacanze . Proteggimi in questi pomeriggi dove il bene è di più perché mi capisci e sai che cosa intendo. 2.3.1 CANZONE NOTTURNA Conoscere a tratti la notte Come i ladri o i delusi Tu che risollevi i bui E poi ti abbatti per i cazzi miei. Ma l’amore non è un elenco E i nostri sguardi sono per uno stessa taglio A volte, tranne a pranzo Non chiuderò nessuna finestra Baratro o alba Come quando non si dorme Per non morire. Era come se cadendo avessi Solo la luce a cui aggrapparmi Con le mie mani Forse tu avevi avuto la luce e, e io l’acqua o il buio, m-ma no. E nel tuo abbraccio Nel muso avessi Pace, non ozio borgheese, come se l’acqua fosse roccia D’UN TRATTO e la luce forse un Tu-o-no Dolce. 2.3.2 CI-N Quei momenti In cui i nostri occhi luccicanti Sono vicini come bicchieri Che brindano. Sono il desiderio E la sua formulazione. 3.1 MARE-FIDUCIA Se per caso Diventassi d’un tratto Quel muro invisibile Dove il mare sbatte E poi ritorna. Di fiducia: Abbattimi E prendi i miei cotti Nel blu del fondale-tu. 3.2 TU CHE SAI TUTTO DI CALCIOMERCATO Gli schizzi sullo specchio Assorbo come una spugna di quelle che ti struccano Le briciole sotto i piedi ciliegia Ti aspiro via e ti smacchio anche l’amaranto dell’ unghie, scarteggiato Le sigarette umide una via l’altra Te le rompo perché ti voglio per sempre senza incenso Che già sei divina così E a volte sai di vino , e ti salto sopra il pancino Ciap. Mi canti Dante quando bestemmio, Continui a rubarmi gli amici, Sebbene tieni gli orecchini di misure diverse Perché hai un orecchio tagliato Sebbene solo alzi le spalle a livello del mento Mi fai sudare Coi tuoi polpaccetti sul parabrezza E la tua nausea da viaggio Mi drogo Sei tu che sai -divina- tutto di calciomercato per farmi piacere E sei così grande che sto in gravitazione Come un satellite sospeso Che però ti sta attaccato perché di allineamenti non ne vogliamo Già le lenzuola sono la nostra radiazione cosmica di fondo Il letto è cosmonave Il comò invece un mare da anni luce, e i nostri piedi nudi, asciutti sembrano i dischi di Saturno e tu Sembri una metafora, che ridere. 3.3 SAINT-VICTORIE Anche quando piove Forse soprattutto quando piove Che i capelli ricci lisciati si sgretolano lungo la faccia e colano a chiazze sulle tempie. Le guance sono tovaglie e ci rovesci i tuoi caffe. Ti blocchi sempre davanti alle metro e guardi in alto per cercare nella borsa Ma “l’amore non lo canto, è un canto di per sé” Non mi piaci mai di meno, sei tipo il cioccolato E se piove sei sciolta e ti voglio al tavolo “Bla bla bla” “bla bla” Poi quiete dopo la tempesta i capelli ritornano e insorgono Il trucco rincorre i nei Mia piccola Saint-Victoire, non smetterò mai di dirti. 3.0 Affidassi questo punto Alla foglia caduta, che bisbigliando lo faccia passare Di foglia in foglia fino a giungere a apici O a brezze estive che bacino le gote dei vicini degli estranei O ai raggi invernali che penetrano nella neve O ai treni O lo depositassi in uno spazio virtuale Ma nell’ordine speciale delle cose Al punto più alto il punto più alto E quella cima sei tu, con tutta la rabbia dello sbagliare con tutto il dolore di un Altro mancare. 3.4 MARSIGLIA-LEGGINS Quando indossi Mon Matre Come una collana Mi fai gioire come chi Si commissiona un bacio O un fischio, un sì. Le foto di famiglia saranno già bruciate Da tempo Gli amici hanno i loro confini. Odio tanto. Ma signorina Marsiglia-leggins Fammi ballare sui tuoi pianti. 3.5 PRIMAVERA Sono passato davanti ai ciliegi A marzo ricordano le tue braccia Mi hanno sdraiato: Somigliano i capelli Ho pianto, che importa, importa cadere, per una volta non prima-di-tutti sguillare fra le risa, come un dente rotto l’in-perfezione. 3.6 DISSE “Non io” Tu che sai porti dal punto di vista Che vorrei io Tu che sai porti nello stesso straordinario Sguardo di Dio. Resta con me. Tu che sai vedermi bene: creatura non agonista cattivo per la strada che del “me”, sola, non chiedi l’abiura: il capitalismo mi degrada. Resta con me. Sdraiata per terra mi sembri un sorriso E non è il mio Non solo il mio. 4.1.1 DONNA Ascolto I polpastrelli del sempre Premere alle mie porte. 4.1.2 LEGGè|éRE Leggere le frasi i sintagmi dei tuoi sorrisi Con la costanza Dei ritardi: Sgretolerei paure Che neanche so 4.2.1 DISCREZIONE DEL SOTTOVOCE La tempesta cercata E calmata con il tocco del palmo Sulla spalla di sasso, e la luna contro Leggevo le lettere di pavese Diceva che aveva bisogno Capisco il sospiro rincorso La discrezione del sottovoce A tagliare. 4.2.2 KATE MOSS-O Ritmo Kate-Moss-o Voglio fare con te quello che Lenin fa con ottobre Voglio fare Kate Moss un pomeriggio insieme Cazzo Kate Moss sulla spiaggia Abbracciata a un cappello le tette piccolissime ci sta un supermercato I denti uno schifo da ciminiere Le lentiggini come un popolo di bandiere Le sigarette a banda larga Il corpo una merda Lo Spirito - Santo I sandali allacciati, magari a x le strappo. Caleidoscopio, il mondo tutto - in noi. 4.3.1 COMANDAMENTO Devi promettere A questo corpo debole come flanella Devi promettergli più, animella Degli dei antichi e nuovi, non la bevo Delle leggende del medioevo Dei sacramenti e di religioni Di comandamenti e leggi e copioni Devi dirmi che resterai doveti posì Che continuerai a svegliarti così Con tutti i capelli sul viso sudato Come la sabbia sul pallone bagnato Devi restare vicino al cuscino Chiedermi Cinquantacinque baci, ogni mattino voglio che chiedi ogni volta “ancora”, a ogni gesto Che è sempre sbandato. Voglio che tifi il mio corpo smussato Voglio che scegli me tra la ressa Voglio perché sei mia terra promessa. 4.3.2 PICCOLI PARTY-TI FIORISCONO Non ho ancora capito come ci poniamo di fronte alla retorica delle piccole cose che le mele te le compro tutte e ti faccio gli orecchini e ti tolgo il fiato ma non il sorriso o un sacco di parole in iato: fiatone sguaiato, baciatore biatomico, mediatore bruciato che così cadi e ti raccolgo perché con le mele, faccio (già) i test della gravità (con te) come se la mia schiena fosse una stella cadente (lì) ma faccio il cameriere, in realtà, (sai) Come ci poniamo di fronte alle grandi domande Dimmelo perché ho perso tutti i cd che ereditavo dai tuoi ex Parlo di noi e è già qualcosa (di più) Che se fossi solo “io” a darti (del “tu”) Ma senza i segni d’interpunzioni millenari -Che poi quando porto i piatti Me li fanno dimenticareMa quando mi metti il Voltaren e digrigni i denti La stella è sdraiata e vuole volare E i sorrisi come fossi eterna, quando ti tagli le mele e con una mano accarezzi le perle Dimmi come ci schieriamo nella retorica delle piccole cose, con che accento cantare Gaber. 5.1.1 ASCIUGAMANI Coi ricci bagnati e gl_asciugamani per terra Eravamo sporchissimi Ma nell’orecchio tu Mi dicevi che volevi la pace Adesso Che non volevi le malattie perenni Che avresti voluto tagliarmi i capelli per anni Che avresti voluto farmi la pasta E chiedermi tutte le volte il timer Che avresti voluto guardare la tele Coi cereali e la tazza di latte, che odio. Che poi magari chissà se succede Sebbene mi sfregoli sull’asfalto E non fa male non cadere sul piede Restando col collo bello alto Si deve ascoltare l’odore del caldo Toccare con mano Quello che dice Se vuoi risalire di nuovo alla foce Io ascolto di te la mia unica voce. 5.1.2 UNIVERSO LAGO Cosa racconteremo dei mellow yellow Dei “Cogliti” interrotti Degli sguardi che mi scavalcavano sempre Delle rincorse immobili Delle detrazioni fiscali Degli extracomunitari che ci spiegano prima degli esami le loro preghiere Della televisione che tanto mente sempre Delle ricostruzioni come fossimo davvero capaci Come fossimo i miei amici Delle braccia che non avremo mai Del neanche a pagarci Dei denti con più kilometri che le macchine usate Che la patente non la farò mai Ma ci saliremo sporchi di patatine e birra verso qualche lago del Nord Che ci puliamo e poi facciamo l’amore come sacchetti della spesa nei video degli uragani. Trovami un’antenna dove ripararci e stare calmi Dato che le diramazioni dei nostri sogni stanno trovando Un senso unico. Che le dimostrazioni dei tuoi casini sembrano sempre così reali. Don Gallo canta in un vicolo Ci porta a spasso in due su una moto L’amore sacro su un fiore di loto L’amor profano in un letto piccolo. 5.2.1 CARVER300 Scopro di te i gesti ripetuti Gli sguardi dove si poseranno A quali parole rideranno Scopro con te il valore di un amore Eterosessuale. Cosa vuol dire che Tu impari e segui il mio gesto che assumi a virile Che stiamo parlando di calcio E vuoi sempre scoprire come fossimo noi dentro il campo A contenderci i passi vicini a suon di passaggi e di goal. Scopro che smonti iniziali miei impeti di Atarassia e mi rendi quasi borghese O che so artigiano Con i dovuti distinguo. Ma che io abbia qualcosa da dare E tu, come sempre, Mi taglierai i capelli E ai colloqui di lavoro Potró continuata a dire Un sonoro vaffanculo. 5.2.2 CCCIGLIA Ciglia-colibrì Sputami parolacce violente Panna sulla mia spalla destra Bella Come lo si può essere Su questi gradini Delle chiese “Vendesi” E quando ai piedi hai delle scarpe Sono pesi Dove andrebbe tutta questa ilarità? E l’alito cattivo / E il lavare la macchina Sguaiare le poesie, Califano e Carver. 5.3.1 NOVELLA CON-VENZIONE Buongiorno principessa Egoista e naturale Capelli princisbecco, mio rame sopra il letto Vieni qui Ribelle pace Vietnamita d’un “Ti porterei anche in America”, detto da me Piccola mia Dammi un bacio Ebbrì, di carezze e sorrisi Acie la tua pelle quasi mai abbronzata I miei succhio tti e la musica di vecchia data. Dammi una foto che mi tatuo Gratitudine Su, su! La nostra pace, grattarci gravosa grazia. Grazie. Non ti arrabbiare, dai Infondo i perimetri dei sorrisi sono al limite del Tangente “Come sei bozzo”, animale, volgare Resta vile maschio che mi dai Spero solo tanto, Svalutazione di Svalutazioni e “dei” Se il caso ti ha fatto, io non credo, mi sento creatura Il crebro svegliarsi con te, questo aspetto. Il mondo che ci svampa, da dietro una persiana Creatori di convergenze parallele, questo è il vostro banchetto! Troppe le coincid enze della traduzi one scenica d’Io e Te. Cretino Come è possibile? L’Amami la faccia. Chiagni e mi fotti. Io, se fossi LO. 5.3.2 BELLEZZA SOPRA UN PG32 Bisognerebbe sempre vivere da fermi. Come la mamma che si sveglia prima e con orizzonte una palma aspetta le urla della mattina. Il latte di mandorla in una tazzina, a volte ripensa al caffè, mischia il suo latte con caffè d’orzo. Come gli uccelli davanti a lei, attendono il sorgere dell’alba, d’inverno si vedono ad occhi sbarrati, stan sull’apice come in un traffico a semafori. Bisognerebbe osservare da fermi con quella posa di gratitudine e grazia verso la bellezza di un sacchetto che vola, nel supermercato sotto casa, sacchetto bianco biodegradabile con dignità di anima illesa. O ancora il suono di un verso, Montale “spippola…”, o il movimento intorno a noi, come le mele, si muove tutto dal desiderio, cadute. Bisognerebbe stare così (la ruga dell’occhio nasconde una piccola macchia marrone accostata come tela impressionista a una più chiara che cede al mosaico carne del vecchio) impassibile al giungere sulla scala luminosa, anticipando i tempi su quelle sedie bianche reclinabili, con zaffate di grigio, che di inverno son dentro al “gabbiotto” e sembra tutto un western. L’opaco del bianco ricorda l’occhio, solo la coda potevo vedere quando seduto vicino a te potevo solo guardarti di lato e ti accorgevi e fingevi di no. Come cima di montagna ch’ancora per poco sovrasta in prospettiva la villetta a schiera color marsala, è la vittoria quel triangolino, come bandiera. E andiamo invece in giro. Come sfere agitate rimbalzate e rimbalzanti, le foglie di un turbine di fronte a un mattonato disabitato o una ex fabbrica a griglie ambrate, che spasmodiche danzano puttane festanti, e le risa dei canti e i canti e il ricordo di un era di fanti, incapaci ma tanti, una giostra con carri trainanti, tristi di non veder nulla perché vanno avanti. La ricerca di queste sfere, impassibili come la scienza, bellissima, verso campi di gravitazione, come una donna in ascesa sociale che cerca un borghese per procreare. Natale, Pasqua, comunioni, bellissimo. E che figata i musei con quel fottuto stato di polvere sempre e comunque, specie se militare o d’aviazione, oppure i barattoli di salse piccanti che al quinto cucchiaio stai male e ci cresce la muffa perché non li chiudi a dovere. Ancora i quaderni di quando bambino, ritrovi le scritte, stupido scemo, un sacco di tele e poi dopo i giornali, i sogni o qualcosa non mi decifro. Paura di ritrovare orologi, scandivano tempi del tutto già dati, merende e cartoni animati, nutella e cinesi con occhi rifatti. E soprattutto adorare le grate che ci fanno per metà volare e per metà pensare che si può. Le macchine vecchie decidono di fermarsi e dire ok, ho capito anche io, la benzina costa troppo. Il momento in cui il sole e la luna si sfidano al lati del mondo, annunciano il nuovo giorno o nuova notte e si lancian parole di sfide, chi vincerà questa notte. Chi vincerà a capodanno, ancora una volta dall’altra parte del mondo arriverà prima che a noi ma che importa. Che importa chi vince a cantare che è bello fermarsi dietro le colonne delle metro facendo finta di avere da fare quando invece è per quella corda di violino allentata e non si vuole sembrare scortesi o troppo amanti o benpensanti o prodigali. I ritorni in macchina da qualche lavoraccio sottopagato, con le mani che sanno di grasso e fatica , non si posson toccare ma stanno sdraiate come spose non vergini sulla bianca camicia nuziale. Che poi fare il cameriere è mestier buono e si offre e si serve e è l’uomo. E è cibo che è pregiato e passa in fretta e lo si sa. È ancora artigianato. Guardare i granelli di briciole dei biscotti alle uova ascendere dopo la pausa del cucchiaino sulla superficie del the, come neve al contrario, di mirabile altezza, di dolcissima fauna. E i semi lasciati in giardino, ora battezzati Fiori o Frutti e forse non erano stati gli uccelli ma erano lì da generazioni di tuoni. I segni scalfiti sulle panche delle chiese dalle chiavi di un motorino adolescente, piansi il nuovo parroco che le cambiò. La perpetua rimase la stessa. I volantini dei leninisti, di belle parole. Vogliamo più promesse e meno fatti. T’amo e stammi lontana mi servi a morire. Capiscilo. In cambio ti dono quell’euforia da stare fuori dalle righe nella rincorsa alle tue rughe. Distraimi! sdraiami! striami! strabuzza gli occhi! Fammi saltare i ginocchi ridendo. Rubami le parole uscendo solo mezza vestita, come scendendo le scale e guardando dubbiosa, e sdrai i miei pensieri sul divano per uccidere migliaia di psicologi se ti pilucchi i nodi dei capelli. L’arcobaleno che per maggi interri segue una coppia d’amanti come fossero un romanzo. Pensare ceh questo sia quasi un diritto. La neve. Sporcata dal fango. Se dura. L’iperbole e la sinusoide. La metonimia. Il narvalo. Le macchine da scrivere, le sigarette degli anni 30, le pubblicità della Coca-Cola con gli specchi in cui puoi sentirti uno-importante. Le finali degli Europei di calcio. Il Real Madrid. La letteratura sovietica e quella voglia matta cristologica. E quella volta in cui vincemmo su tutti i controllori del tram con la logica. Quella con i pastelli a cera a far le guerre perse sui cartoncini neri. Gli sprechi di panna e di zucchero e di inchiostro e di benzina per andare a Fanculo o Felicità o in quello strano corridoio del mondo dove sdraiati o seduti,1 le due cose riescono incredibilmente a sovrapporsi. 1 tra le lenzuola rosso-amaranto Dio. Bellezza da fare piangere anche tutti. 6.0 IO E THE Magari è che ripongo tutto in te Mi sembra di capire, nel mio distrarmi E nel tuo guardarmi Che non è così: Te lo dicevo e gli occhietti sembravano i tombini durante le alluvioni Te lo dicevo e le guance non capivo che filtri applicassero, di colore e umidità Te lo dicevo e con il labbro superiore trattenevi Quello di sotto Come le madri coi figli, durante le bombe Anche se tu sai tutto e sei innocente. Che so di altro che te? 2006 Czechtek? Il plusvalore? Quale risposta mi avevi dato al the? Mario De Biasi, Maria Callas , Venezia 1957 ©Archivio Mario De Biasi