La legge Fornero e la tutela dei lavoratori sospesi o cessati dal

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La legge Fornero e la tutela dei lavoratori sospesi o cessati dal
La legge Fornero e la tutela dei lavoratori sospesi o cessati dal rapporto di lavoro.
Antonino Sgroi – Andrea Rossi
La legge n. 92 del 2012 è intervenuta nella materia previdenziale laddove la stessa
appresta tutele nei confronti dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro, individualmente o
collettivamente, e nei confronti dei lavoratori sospesi dal rapporto di lavoro.
Le linee di intervento possono sin da ora così sunteggiarsi:
a) istituzione di una nuova forma di tutela nei confronti dei lavoratori che abbiano perso
involontariamente la propria occupazione;
b) modulazione al ribasso dell’indennità di mobilità per il triennio 2013 – 2016 e sua
successiva soppressione;
c) estensione dell’ambito di efficacia delle disposizioni in materia di trattamento
straordinario di integrazione salariale;
d) istituzione dei fondi di solidarietà per la tutela dei lavoratori appartenenti a settori non
coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale;
e) riconoscimento in capo ai datori di lavoro del potere di stipulare incentivi all’esodo dei
lavoratori più anziani;
f) la permanenza degli accordi in deroga e la possibile reiterazione di quelli antecedenti
all’entrata in vigore della legge, anche se con efficacia temporalmente limitata al triennio
2013 – 2016.
Nelle successive pagine, nei limiti dell’odierno intervento e restando intesa la necessità della
lettura del testo legislativo, si procederà a individuare gli aspetti salienti per ciascuno delle linee
di intervento retro delineate.
I)
La tutela dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro – I disoccupati
Il legislatore ha introdotto, in favore dei lavoratori che abbiano perso involontariamente il
lavoro a far data dall’1.1.2013, una nuova forma di tutela denominata Assicurazione sociale per
l’impiego (ASpI).
Beneficiari di tale indennità sono tutti i lavoratori dipendenti, ivi compresi gli apprendisti
e i soci lavoratori di cooperativa; e i lavoratori che abbiano consensualmente risolto il rapporto a
seguito di esito positivo della conciliazione innanzi alla Direzione territoriale; nonché i
collaboratori coordinati e continuativi (ma questi ultimi con modalità peculiari che meglio si
preciseranno infra).
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Per il triennio 2013 – 2016 e in via sperimentale, l’ASpI è altresì riconosciuta ai lavoratori
sospesi per crisi aziendali od occupazionali che siano in possesso dei requisiti previsti in capo a
ciascuno di essi dall’art. 2.4 l. n. 92/12, e subordinatamente ad un intervento integrativo pari ad
almeno alla misura del 20% dell’indennità stessa a carico degli istituendi fondi di solidarietà. Tale
beneficio è però escluso nei confronti di quei lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di
trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo
indeterminato con previsioni di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a
tempo parziale verticale.
La nuova disciplina non si applica agli operai agricoli a tempo determinato o
indeterminato, per i quali resta ferma la disciplina ad hoc per gli stessi dettata
antecedentemente; e si deve altresì ritenere che fuori restino anche i lavoratori rimpatriati e
frontalieri per i quali esiste una specifica disciplina.
Sono esclusi dalla nuova disciplina i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche
amministrazioni individuate nell’art. 1.2 del d. lgs. n. 165/2001.
Per accedere all’ASpI i lavoratori dipendenti:
a) devono avere perduto involontariamente la propria occupazione;
b) devono essere in stato di disoccupazione, ovverosia devono essere nella condizione del
soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla
ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti;
c) devono far valere almeno due anni di assicurazione;
d) devono far valere almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del
periodo di disoccupazione.
Di converso ai collaboratori coordinati e continuativi, esclusi coloro che sono individuati
dall’art. 2.26 l. n. 662/96, l’indennità è riconosciuta:
1) nei limiti delle risorse fissate dallo stesso legislatore per il Fondo per l’occupazione;
2) se il lavoratore è iscritto in via esclusiva alla gestione separata e sempre che siano
congiuntamente presenti cinque requisiti tassativamente individuati dallo stesso
legislatore (art. 2.51); requisiti che, per il triennio 2013 – 2015, trovano una disciplina
peculiare (art. 2.56).
I lavoratori, sia subordinati sia autonomi, per avere diritto alla prestazione o all’indennità
devono presentare apposita domanda, esclusivamente in via telematica, all’Inps entro due
mesi dalla data di spettanza del trattamento. Nella domanda può anche essere resa la
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dichiarazione attestante l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché
l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
L’indennità in favore dei lavoratori subordinati spetta dall’ottavo giorno successivo alla
data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro o dal giorno successivo a quello in cui sia
stata presentata la domanda.
L’indennità, nella sua interezza, è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini
previdenziali degli ultimi due anni, comprensiva degli elementi continuativi e non
continuativi e delle mensilità aggiuntive, divisa per il numero di settimane di contribuzione e
moltiplicata per il numero 4,33.
L’indennità mensile è rapportata alla retribuzione mensile ed è pari al 75% nei casi in cui
la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2013 a 1.180 euro mensili e nei casi in cui la
retribuzione mensile è superiore a 1.180 euro è pari al 75% della predetta somma
incrementata di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il
predetto importo. In ogni caso, l’importo non può superare l’importo mensile massimo
individuato con l’aumento dell’80% derivante dalla variazione ISTAT.
L’importo erogato si riduce del 15% dopo i primi sei mesi e si riduce di un ulteriore 15% dopo il
dodicesimo mese e, in via sperimentale per il triennio 2013 – 2015, su richiesta del lavoratore può
liquidarsi in unica soluzione se lo stesso vuole intraprendere un’attività di lavoro autonomo o
avviare un’attività in forma di auto impresa o di micro impresa o associarsi in cooperativa.
La fruizione della prestazione è connessa alla permanenza dello stato di disoccupazione e per
i periodi di fruizione della medesima sono riconosciuti i contributi figurativi nella misura
settimanale pari alla media delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi due anni.
L’accredito della contribuzione figurativa è utile ai fini del diritto e della misura del trattamento
pensionistico, mentre non è utile ai fini del conseguimento del diritto qualora la legislazione
previdenziale richieda il computo della sola contribuzione effettiva.
La durata dell’indennità ha una disciplina ad applicazione temporalmente limitata
riguardante il triennio 2013 – 2015 (art. 2.45) e una disciplina a regime valevole dall’1.1.2016 (art.
2.11), in entrambe le ipotesi la durata è legata all’età del lavoratore, superiore o inferiore a 50
anni; e nella disciplina a regime si tiene altresì conto dell’eventuale fruizione della miniASpI, e per
gli over 50 l’indennità è erogata in ogni caso nei limiti delle settimane di contribuzione negli
ultimi due anni.
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Se il lavoratore, durante il periodo di fruizione della prestazione, trova una nuova
occupazione con contratto di lavoro subordinato, l’Inps sospende d’ufficio l’erogazione fino a un
massimo di sei mesi, con la conseguenza pertanto che una volta decorso tale termine si decade
dalla prestazione se l’occupazione continua. Di converso, al termine di un periodo di sospensione
di durata inferiore a sei mesi, l’indennità riprende a decorrere. La contribuzione effettiva
accreditata in conseguenza della nuova occupazione può essere fatta valere per il
riconoscimento di un nuovo trattamento di disoccupazione ordinaria (ASpI) o a requisiti ridotti
(mini-ASpI).
Se il lavoratore, nel corso della fruizione della prestazione, svolge un’attività di lavoro
autonomo dalla quale derivi un reddito inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello
stato di disoccupazione, il lavoratore deve informare l’Inps entro un mese dall’inizio dell’attività,
dichiarando il reddito annuo che prevede di trarre. Preso atto della comunicazione l’Inps riduce il
pagamento dell’indennità di un importo pari all’80% dei proventi preventivati, rapportati al
tempo intercorrente tra la data di inizio e di fine dell’attività o, se antecedente, la fine dell’anno.
La riduzione è conguagliata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei
redditi. Infine la contribuzione versata in conseguenza dello svolgimento di tale attività di lavoro
autonomo non dà luogo ad alcun accredito contributivo ed è riversata nella Gestione prestazioni
temporanee dei lavoratori dipendenti.
La prestazione di disoccupazione, al pari dell’assegno sociale, della pensione sociale e della
pensione per gli invalidi civili, è revocata con la sentenza di condanna per i reati specificamente
individuati all’art. 2.58, costituendo sanzione accessoria. Con la stessa sentenza il giudice revoca i
trattamenti previdenziali erogati al condannato, nel caso in cui accerti, o sia stato accertato con
sentenza in altro processo, che i predetti trattamenti sorgano, in tutto o in parte, da un rapporto
di lavoro fittizio a copertura di attività illecite connesse a taluno dei reati specificamente
individuati. La sentenza è comunicata, entro 15 gg. dalla loro adozione, all’ente previdenziale che
eroga le prestazioni, ai fini della loro immediata esecuzione. I condannati, ai quali sia stata
applicata la predetta sanzione accessoria del primo periodo, una volta che la pena sia stata
completamente eseguita, su domanda possono beneficiare delle prestazioni sempre che ne
ricorrano i presupposti.
Il lavoratore decade dalla prestazione di disoccupazione, ma anche dall’indennità di mobilità
o da qualsivoglia indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di
disoccupazione o di inoccupazione qualora:
a) perde lo stato di disoccupazione;
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b) inizi un’attività di lavoro autonomo senza avere effettuato la prescritta comunicazione
all’Inps;
c) raggiunga i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;
d) acquisisca il diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre ché non opti per l’indennità
erogata dall’ASpI.
La decadenza si realizza dal momento in cui si verifica l’evento che la determina, con
obbligo di restituire l’indennità che eventualmente si sia continuato a percepire (art. 2.41), ma
non riguarda i diritti già maturati.
Lo stato di disoccupazione si perde (art. 4.41) allorché il lavoratore:
a)
rifiuti di partecipare senza giustificato motivo ad un’iniziativa di politica attiva o di
attivazione proposta dai centri per l’impiego e dagli altri organismi autorizzati o
accreditati , o non vi partecipi regolarmente;
b) non accetti un’offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo superiore almeno
del 20% rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto.
Le predette regole si applicano quando le attività lavorative o di formazione ovvero di
riqualificazione si svolgono in un luogo che non dista più di 50 Km dalla residenza del
lavoratore, o comunque che è raggiungibile mediamente in 80 minuti con i mezzi di
trasporto pubblici.
I centri per l’impiego e gli altri organismi accreditati o autorizzati hanno l’obbligo di
comunicare tempestivamente all’Inps gli eventi che danno luogo alla decadenza della
prestazione e l’Inps provvede a emettere il provvedimento di decadenza, recuperando le
somme eventualmente erogate per i periodi di non spettanza della prestazione (art.
4.44).
Avverso il provvedimento dell’Inps è ammesso ricorso al comitato provinciale.
L’indennità riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi è pari a un importo del
5% del minimale annuo di reddito individuato dal legislatore per il versamento della
contribuzione dai lavoratori autonomi, moltiplicato per il minor numero tra le mensilità
accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione.
L’indennità è liquidata in unica soluzione se pari o inferiore a 1.000 euro, o in importi mensili
pari o inferiori a tale somma se superiore.
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Il legislatore, al pari di quel che accadeva precedentemente, delinea accanto alla
disoccupazione/ASpI ordinaria una disoccupazione a requisiti ridotti/miniASpI.
Ai lavoratori individuati secondo le regole fissate per la concessione dell’ASpI, sempre a far data
dall’1.1.2013, che possano far valere almeno tredici settimane di contribuzione di attività
lavorativa negli ultimi dodici mesi, attività per la quale siano stati versati o siano dovuti i
contributi, è erogata un’indennità di importo pari a quelle determinata secondo le regole
dell’ASpI.
La predetta indennità è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà
delle settimane di contribuzione nell’ultimo anno, detratti i periodi di indennità eventualmente
fruiti nel lasso temporale. L’erogazione dell’indennità è sospesa nell’ipotesi di nuova occupazione
del beneficiario con contratto di lavoro subordinato. La sospensione è operata d’ufficio, una volta
ricevuta la comunicazione, fino a un massimo di cinque giorni e al termine della sospensione
ricomincia a decorrere dal momento in cui era rimasta sospesa.
Il legislatore, infine, elenca specificamente le disposizioni dettate in tema di ASpI che sono
applicabili per l’erogazione della mini-ASpI (art. 2.22).
II) L’indennità di mobilità.
Il legislatore prevede, nei confronti dei lavoratori collocati in mobilità nel periodo 1.1.2013 –
31.12.2016, una rideterminazione del periodo massimo durante il quale fruire della predetta
indennità (si v. l’art. 2.46) e, a far data dall’1.1.2017 l’abrogazione del beneficio (art. 2.71).
III) Ampliamento dell’ambito di efficacia delle disposizioni in materia di trattamento
straordinario di integrazione salariale.
Dall’1.1.2013 l’integrazione salariale straordinaria è estesa alle:
a) imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti;
b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici con più di 50 dipendenti;
c) imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti;
d) imprese del trasporto aereo e del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di
dipendenti.
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Sempre dalla medesima data, l’integrazione salariale straordinaria è riconosciuta ai
lavoratori addetti a prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo
e di fornitura di lavoro temporaneo per l’esecuzione delle operazioni o dei servi aeroportuali od
occupati nelle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali è riconosciuta
un’indennità di importo pari a un ventiseiesimo del trattamento mensile di integrazione salariale
straordinaria, comprensiva della relativa contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo
familiare, per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro, nonché per le giornate di
mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite
festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile.
La predetta indennità è riconosciuta per un numero di giornate di mancato avviamento al
lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero
delle giornate effettivamente lavorate in ciascun mese, incrementato del numero delle giornate
di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità.
L’Inps eroga il trattamento previa acquisizione degli elenchi recanti il numero, distinto per
ciascuna impresa o agenzia, delle giornate di mancato avviamento al lavoro, predisposti dal
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (art. 3.2).
Anche per i lavoratori che fruiscono della predetta indennità valgono le regole in tema di
decadenza dalla prestazione retro delineate allorché si è parlato di ASpI.
IV) Fondi di solidarietà per la tutela dei lavoratori appartenenti a settori non coperti dalla
normativa in materia di integrazione salariale.
Il legislatore, al dichiarato fine di assicurare, entro l’anno 2013, la definizione di un sistema
inteso ad assicurare adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, prevede che
le OO.SS. sindacali e imprenditoriali, comparativamente più rappresentative a livello nazionale,
stipulano, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, accordi collettivi e contratti collettivi,
anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori
non coperti dalla disciplina in tema di integrazione salariale, con la finalità di assicurare ai
lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione
dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale
ordinaria o straordinaria.
L’istituzione dei fondi di solidarietà è obbligatoria per tutti i settori non coperti dalla
normativa in materia di integrazione salariale in relazione alle imprese che occupano
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mediamente più di quindici dipendenti escluso il personale dirigente, a meno che non sia
espressamente previsto.
I predetti accordi o contratti possono altresì prevedere che nell’istituendo fondo di solidarietà
confluisca anche l’eventuale fondo interprofessionale.
Il fondo di solidarietà non ha personalità giuridica e costituisce gestione dell’Inps.
Una volta stipulato l’accordo, entro tre mesi, si provvede all’istituzione presso l’Inps dei predetti
fondi con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia.
Gli oneri di amministrazione di ciascun fondo sono determinati secondo i criteri fissati dal
regolamento di contabilità dell’Inps.
I fondi di solidarietà, oltre a erogare prestazioni omologhe alle integrazioni salariali, possono
erogare ulteriori e diverse prestazioni individuate specificamente dal legislatore.
È prevista altresì la possibilità di istituire fondi di solidarietà anche per i settori coperti dalla
legislazione in tema di integrazione salariale, per l’erogazione delle prestazioni indicate supra.
Per i settori, tipologie datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai quindici
dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, per i quali non vi sia
stata l’istituzione di un fondo di solidarietà, è istituito, con decreto non regolamentare del
Ministro del lavoro, un fondo di solidarietà residuale, cui contribuiscono i datori di lavoro dei
settori identificati.
Il fondo di solidarietà residuale è finanziato con i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori
dei settori coperti e l’aliquota contributiva ordinaria è determinato con decreto ministeriale e
garantisce la prestazione di un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, per
una durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un
biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste
dalla normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria.
È la decretazione ministeriale a fissare le aliquote di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori
di lavoro e lavoratori nella misura rispettivamente, di due terzi e un terzo, in maniera tale da
garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate.
Alla contribuzione versata ai fondi si applica la normativa in materia di contribuzione
previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi contributivi.
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La contribuzione versata per garantire l’erogazione delle prestazioni è versata alla gestione di
iscrizione del lavoratore interessato.
Il fondo assicura almeno la prestazione di un assegno ordinario di importo pari
all’integrazione salariale, di durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente
lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazioni alle causali previste dalla normativa in
materia di cassa integrazione ordinaria o straordinaria.
Possono altresì essere erogate altre prestazioni specificamente individuate dal legislatore, quali:
a) prestazioni integrative dell’ASpI, b) assegni straordinari per il sostegno al reddito, c) contributi
al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale.
Le prestazioni sono erogate dall’Inps al lavoratore.
L’Inps non può erogare la prestazione se il fondo di solidarietà se non vi è la provvista
contributiva.
V) Incentivi all’esodo.
Nei casi di eccedenza del personale, il legislatore riconosce la possibilità che accordi tra
datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le OO.SS. maggiormente
rappresentative a livello aziendale possono prevedere, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori
più anziani, che il datore di lavoro si impegni a corrispondere da un verso ai lavoratori una
prestazione di importo pari al trattamento di pensione che spetterebbe in base alle regole vigenti
e da altro verso all’Inps la contribuzione in favore dei predetti lavoratori sino al raggiungimento
dei requisiti minimi per il pensionamento.
L’accordo può riguardare solo i lavoratori che raggiungono i requisiti minimi per il
pensionamento, di vecchiaia o anticipato, nei quattro anni successivi alla cessazione del rapporto
di lavoro.
L’accordo, una volta sottoscritto, per essere efficace necessita di una validazione da parte
dell’Inps e a tal fine il datore di lavoro presenta domanda all’ente previdenziale, corredandola
da una fideiussione bancaria a garanzia della propria solvibilità in funzione degli obblighi assunti.
Una volta siglato l’accordo e ancor prima della validazione da parte dell’Inps, il datore di lavoro
assume l’obbligo di versare mensilmente all’Inps le somme necessarie per l’erogazione da parte di
questi della prestazione ai lavoratori e per la contribuzione figurativa.
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L’Inps paga la prestazione con le modalità previste per i trattamenti pensionistici e accredita la
contribuzione figurativa.
L’ente previdenziale non può erogare la prestazione, né accreditare la contribuzione figurativa,
se manca il versamento della provvista da parte del datore di lavoro.
In ipotesi di mancato pagamento della provvista da parte del datore di lavoro l’Inps notifica un
avviso di addebito e decorsi 180 giorni senza il pagamento spontaneo da parte del debitore
inadempiente procede all’escussione della fideiussione.
VI) Accordi in deroga.
Per il triennio 2013 – 2016, al fine di garantire la graduale transizione verso il nuovo regime
degli ammortizzatori sociali e di assicurare la gestione delle situazioni derivanti dal perdurare
dello stato di debolezza dei livelli produttivi del Paese, il Ministro del lavoro può disporre sulla
base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla
normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di
integrazione salariale e di mobilità, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali,
il tutto nei limiti delle risorse del Fondo sociale per l’occupazione e la formazione.
È possibile altresì la proroga dei trattamenti in deroga in essere, sempre nei limiti delle risorse
finanziarie, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi,
sempre con decreto ministeriale (art. 2.66).
In questa ipotesi però il trattamento prorogato è ridotto del 10% in caso di prima proroga, del
30% in caso di seconda proroga e del 40% nel caso di proroghe successive.
Nel caso di proroghe successiva alla seconda, le stesse possono essere «erogate» (così
testualmente) esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche
miranti alla riqualificazione professionale.
Il legislatore, al fine di garantire criteri omogenei di accesso a tutte le forme di integrazione del
reddito, prevede
l’applicazione nei confronti dei lavoratori destinatari di trattamenti di
integrazione salariale e di mobilità in deroga delle seguenti regole (art. 2.67):
a) anzianità lavorativa presso l’impresa di almeno novanta giorni alla data di richiesta del
trattamento;
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b) anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente
prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività e
infortuni, con un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine.
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