Storia della mineralogia
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Storia della mineralogia
Progetto Raphael EUROMIN La storia della mineralogia attraverso i musei di mineralogia europei . 4 giugno 2009 Capitolo 1 Il Progetto Raphael La storia della mineralogia è strettamente legata alla storia dei musei europei di mineralogia. Lo scopo del progetto è di offrire ad vasto pubblico, su un CD-ROM o un sito web, un primo approccio alla mineralogia ed alla storia di questa scienza, con dei richiami ad alcune delle principali collezioni di minerali europee e di rapida lettura dei pezzi più importanti della loro eredità culturale. Figura 1.1: Lydie Touret; Musée de l’Ecole des Mines, Paris, France Figura 1.2: Curzio Cipriani; Università di Firenze, Museo di Storia Naturale sez. Mineralogia, Italia 1 Figura 1.3: Ferdinand Damaschun; Humboldt Universität, Museum für Naturkunde, Berlin, Deutschland Figura 1.4: Michel Deliens; Institut Royal des Sciences Naturelles de Belgique, Bruxelles Figura 1.5: Jacques Fabries; Museum National d’Histoire Naturelle, Paris, France Figura 1.6: Odino Grubessi; Museo di Mineralogia, Università ”La Sapienza”, Roma, Italia 2 Figura 1.7: Michel Guiraud; Museum National d’Histoire Naturelle, Paris, France Figura 1.8: Gero Kurat; Naturhistorisches Museum, Wien, Österreich Figura 1.9: Jean-Pierre Lorand; Museum National d’Histoire Naturelle, Paris, France Figura 1.10: Jean-Michel Le Cléac’h; Museum National d’Histoire Naturelle, Paris, France 3 Figura 1.11: Carlos Curto Mila; Museo de Geologia de Barcelona, Espagna Figura 1.12: Annibale Mottana; Università degli Studi ”Roma Tre”, Italia Figura 1.13: Gerhard Niedermayr; Naturhistorisches Museum, Wien, Österreich Figura 1.14: Gian-Carlo Parodi; Museum National d’Histoire Naturelle, Paris, France 4 Figura 1.15: Robert Mahl; from ENSMP CRI France 5 Parte I La storia della mineralogia 6 Capitolo 2 Le date: Cronologia 2.1 Antichità 6000 anni a.C. L’uomo del calcolitico (o ”Età del Rame”) inizia ad usare i metalli nativi. 4500 anni a.C. A Tell–i–Bakun (Iran) l’industria gemmaria locale tagliava il lapislazzuli in forme poliedriche con angoli arrotondati 2000 anni a.C. Gli egiziani crearono imitazioni artificiali di gemme e pietre dure. 1000 anni a.C. Nascita dei cosidetti lapidari. I lapidari sono testi che descrivono le pietre e loro proprietà intrinseche. Il più vecchio lapidario conosciuto è Assiro. Aristotele di Stagira (384 - 322 a.C.) Fu il primo a proporre una distinzione tra metalli Figura 2.1: Aristotele di Stagira (384 - 322 a.C.) e ”fossili fossils” (rocce e minerali non metallici)(Figura 2.1) Theofrasto di Freso (372 - 288 a.C.) Pubblicò il suo famoso ”Perı̀ Lithon” (De Lapidibus), la prima descrizione sistematica di minerali, terre e rocce (65 nomi) nella quale egli descrive in particolare le pietre usate per la glittica. 7 Plinio il Vecchio (23 - 79) Pubblicò una gigantesca opera scientifica,”Naturalis historia”, in 37 volumi. Il 37◦ volume è dedicato alla mineralogia (metalli, marmi e pietre decorative, minerali and gemme). Plinio morı̀ mentre osservava l’eruzione del Vesuvio (Figura 2.2). Figura 2.2: Storia Naturale Dioscoride (60 - 120) From Anazarba (Asia Minor), published his ”Medical matter” in which he lists some 200 useful stones and gems 2.2 Dal Medioevo al Rinascimento Isidoro (560 - 636) Vescovo di Siviglia (Spagna), pubblicò il suo ”Etymologiarum sive Originum Libri XVI” che è sicuramente una tra le opere più diffuse nel Medioevo. Isidoro cita settanta pietre e menziona come sue fonti Plinio e Dioscoride, ma mostra una totale infondatezza scientifica nei raggruppamenti mineralogici. Avicenna (o Ibn Sina) (980 - 1037) Da Bukhara (ora Iran) riscrisse il lavoro di Aristotele. Nel suo libro ”Principles of medicine” conosciuto come ”Canon”, egli divide i minerali in quattro classi: pietre e gemme, giacimenti, combustibili e sali. Questa classificazione persisterà fino al 19th secolo. Marbodo (1035 - 1123) Vescovo di Rennes (France) - pubblicò il suo ”Liber Lapidum seu de Gemmis”.Questo testo è ripreso in buona parte dal ”De virtutibus lapidum del Damigeron (un autore alessandrino), di cui esisteva una versione latina del V secolo. È senza dubbio l’opera maggiormente riuscita di Marbodo, scritta in versi, copiata e ripresa da tutto il mondo occidentale e praticamente tradotta 8 in ogni lingua europea. Muhammad ibn Mansur Muhamad ibn Mansur, arabo del XII secolo, scrisse un trattato in cui le pietre sono catalogate con rigore scientifico per densita e durezza. Arnoldo Saxo (1200 c.a.) Pubblicò ”De gemmarum virtutibus” ripendendi gli scrittori arabi e Isidoro di Siviglia. Bartolomeo Anglico (1200 c.a.) Pubblicò ”De proprietaribus rerum” nel quale tratta 104 pietre, riportando citazioni da Plinio, Solino, Isidoro e Dioscoride e Beda Thomas di Cantimprè (1200 - 1270) Pubblicò ”De lapidibus” che è una antologia degli scritti di autori precedenti. Alberto il Grande (1193 - 1280) Da Colonia (Germania). Fu filosofo e teologo e mostrò estremo interesse anche per l’Alchimia che insegno per tutta l’Europa. Il suo libro ”De mineralibus” è il libro più importante dopo quello di Theophrasto. I questo libro egli descrisse 96 pietre in ordine alfabetico ma con estrema rigidità scientifica. Ahmed ben Jussuf al-Teifash Commerciante arabo, che nel 1242 ha scritto un lavoro molto interessante intitolato ” Fior di pensieri sulle pietre preziose” nel quale – per primo nella letteratura moderna – ha citato i loro prezzi nei mercati del Medio Oriente. La scala di prezzi a quel tempo era calcolata, in ordine decrescente, come segue: rubino, smeraldo, diamante, topazio, spinello, zircone, zaffiro, corindone giallo, berillo, turchese e granato almandino. Camillo Leonardi Dopo aver viaggiato in paesi arabi, ha portato con sè le conoscenze arabe sulle pietre. Si attribuisce a lui anche un libro intitolato ”Speculum Lapidum” (1502) che è il primo libro moderno sulle gemme e nel quale le dottrine riguardo alla nascita delle pietre sono esposte secondo quanto a quel tempo era considerato vero. Ulrich von Claw Conosciuto sotto il nome di Calb or Calbus Fribergius (Figura 2.3) pubblicò nel 1505 il ” Bergbüchlein ”, un libro piccolo ben ordinato ed utile: ”come cercare e trovare miniere di minerali diversi, con le loro figure, secondo la situazione delle montagne.” Contiene un grande quantità di definizioni minerarie e fu di grande aiuto per i minatori dei tempi antichi. Vannuccio Biringuccio (1480 - 1537) Da Siena. Egli descrisse per primo nel suo libro ”Pyrotechnia” pubblicato nel 1540, le forme perfette dei cubi di pirite. Georgio Agricola da Gluchau (1494 - 1555) Conosciuto anche come ”Plinio il Sassone”, (Figura 2.4) pubblicò due importanti lavori ” De Natura Fossilium” (1546), e ” De Re Metallica” (1550) che sono la base dell’ ingegneria mineraria e della metallurgia. Dalla pubblicazione di questi libri , la mineralogia finirà di essere Alchimia e comincerà ad essere una Scienza moderna. 9 Figura 2.3: ulrich von claw Figura 2.4: Georgio Agricola da Gluchau (1494 - 1555) 10 Dioscoride (60 - 120) Theofrasto Paracelso (1493 - 1541) Paracelso Theophrast Bombast von Hohenheim, fisico, naturalista e filosofo Figura 2.5: Theofrasto Paracelso (1493 - 1541) tedesco (Figura 2.5). Bernard Palissy (1510 - 1585) Nel 1580 circa ha dato alcune descrizioni interessanti della forma esterna dei cristalli (Figura 2.6) Figura 2.6: Bernard Palissy (1510 - 1585) 2.3 Il XVII secolo Anselme Boece de Boot (?- 1634) Pubblica ”Historia gemmarum et lapidum” 1609. Gassendi verso il 1650 Manifesta l’ipotesi che i cristalli derivino dai poliedri. Hooke verso il 1660 Realizza delle osservazioni microscopiche dei cristalli e studia le loro forme. Niccolò Stenone (1638-1687) Nel 1669 mostra la costanza degli angoli tra le facce di taluni cristalli, autore del ” De solidointra solidum naturaliter contento”. Bartholin E. (1625-1698) Studiando la doppia rifrazione dello spato d’Islanda, fonda l’ottica cristallina. 11 Huyghens C.(1629-1695) fornisce una interpretazione della doppia rifrazione dello spato d’Islanda nel quadro della sua teoria ondulatoria della luce. Boyle verso il 1670 dimostra che la sfaldatura è parallela alla struttura lamellare di taluni cristalli. 2.4 2.4.1 Il XVIII secolo Cristallografia geometrica Domenico Guglielmini (1655-1710) Riconosce nel 1701, 4 forme principali nella cristallizzazione dei sali. Cappeler nel 1720 Riconosce 9 forme principali tra i cristalli. Henkel nel 1725 Pubblica la sua ” Pyritologie ou histoire naturelle de la pyrite” ( Piritologia o storia naturale della pirite) dove illustra l’alleanza tra il regno minerale ed il regno vegetale (Figura 2.7). Karl von Linneus o Linneo (1707-1778) Figura 2.7: Pyritologie or natural history of pyrite Realizza nel 1730 dei modelli in cartone dei cristalli e pubblica la sua Opera ” Systema Naturae”. Wallérius nel 1740 Fornisce le sue spiegazioni delle cause delle differenti forme dei cristalli e dei raggruppamenti dei cristalli. bf Gehler Riconosce l’importanza dei caratteri esterni dei cristalli. Westfeld verso il 1760 Esprime l’ipotesi del cristallo di calcite fatto di piccoli romboedri. Linneo verso il 1760 Ammette l’importanza dello studio morfologico dei cristalli e realizza dei disegni di cristalli. Jean–Baptiste Romé de l’Isle (1736-1790) 12 Pubblica il suo ”Essai de cristallographie” (Saggio di cristallografia) nel 1772, a lui si deve la dimostrazione della costanza degli angoli diedri dei cristalli di una stessa specie minerale (Figura 2.8). Bergman verso il 1770 Figura 2.8: Traitise on crystallography Esprime l’ipotesi che le forme cristalline differenti possono derivare da uno stesso nucleo parallelepipedo costituito da lamelle sovrapposte (Figura 2.9). Rene-Just Hauy ( 1743-1822) Figura 2.9: Crystal Pubblica nel 1784 un ”Essai d’une théorie sur la structure des cristaux” (Saggio di una teoria sulla struttura dei cristalli) e nel 1822 il suo importantissimo ”Traité de cristallographie” (Trattato di cristallografia). E’ considerato il padre della cristallografia grazie alla sua legge delle troncature razionali ed alla scrittura rigorosa delle regole di simmetria che permettono la distinzione dei sistemi cristallini e delle forme secondarie che ne derivano (Figura 2.10). Verso il 1830 E’ introdotto l’uso della notazione di Miller, che sarà in seguito generalizzata. Frankenheim verso il 1830 Definisce 15 reticoli primitivi derivati. Rose verso il 1840 Pubblica il suo studio sulla cristallografia del quarzo. 13 Figura 2.10: René-Just HAÜY 2.4.2 Mineralogia regionale e applicata Guettard nel 1746 Pubblica la prima carta mineralogica (Figura 2.11). Giov. Ant. Scopoli Figura 2.11: Carte Minéralogique Pubblica nel 1774 la sua ”Crystallographia Hungarica, exhibens crystallos indolis terraeCum figuris rariorum” dove i cristalli e i raggruppamenti dei cristalli , in particolare quelli del quarzo, sono rappresentati per la prima volta in modo realistico e preciso (Figura 2.12). Sage Pubblica i suoi ”Eléments de minéralogie docimastique”( Elementi di mineralogia docimastica) ( seconda edizione:1777) (Figura 2.13) (Figura 2.14). Palasou nel 1784 Pubblica il suo ” Essai sur la minéralogie des Monts Pyrénées”(Saggio sulla mineralogia dei MontiPinerei). A.G.Werner nel 1787 Stabilisce una classificazione delle formazioni rocciose, questi lavori sono con14 Figura 2.12: Crystallographia Hungarica, exhibens crystallos terrae figuris rariorum Figura 2.13: Sage 15 Figura 2.14: Elements of docimastic mineralogy siderati come la base della petrografia descrittiva. A lui di deve la teoria del nettunismo: le rocce ignee e metamorfiche derivano da un’origine marina (Figura 2.15). Figura 2.15: A. G. Werner 2.4.3 Proprietà fisiche dei minerali Boscovich nel 1750 Esprime l’ipotesi che i cristalli sono formati da punti legati da forze di attrazione e di repulsione. Aepinus verso il 1750 Osserva la piroelettricità della tormalina. 2.4.4 Metodi e tecniche Cronstedt nel 1760 Introduce la tecnica di analisi al cannello ferruminatoio (Figura 2.16). I lavori di chimica fisica di Lomonosov (1763) Lo fecero considerare da taluni come il fondatore della mineralogia Sperimentale e della petrologia sperimentale. Carangeot nel 1780 16 Figura 2.16: Blowpipe Inventa il goniometro d’applicazione (Figura 2.17). Nel 1798 Hall poi Gay Lussac e Berthier Figura 2.17: Hand goniometer Realizzano la riproduzione artificiale del marmo. Herschel verso il 1820 Diffonde l’uso delle pinze a tormalina per l’identificazione dei minerali. Navier verso il 1820 Studia l’elasticità dei minerali isotropi. Nicol verso il 1820 Inventa il prisma di Nicol, polarizzatore tagliato nello spato d’Islanda e realizza nel 1828 da lamine sottili di rocce (Figura 2.18) (Figura 2.19). Figura 2.18: Talbot nel 1838 Utilizza il prisma di Nicol per identificare minerali in luce polarizzata. 17 Figura 2.19: 2.5 2.5.1 Il XIX secolo: 1800-1849 Cristallografia Weiss verso il 1801 Fece l’ipotesi nella sua ” Legge delle zone ” del carattere direzionale della crescita cristallina.Definı̀ gli assi cristallini e ne fece derivare le forme cristalline. Bernhardi verso il 1801 Introduce il concetto del sistema cristallino e definisce 6 sistemi cristallini. Mohs verso il 1820 Fornisce una definizione rigorosa dei 7 sistemi cristallini introducendovi i sistemi monoclino e triclino. Delafosse verso 1840 Introduce il concetto di divisione in cellule del reticolo cristallino. J.F.C. Hessel verso il 1830 e Auguste Bravais ( 1811-1863) Sono gli autori dell’ipotesi della Struttura reticolare dei cristalli (postulato di Bravais),stabilirono l’esistenza di 32 gruppi di simmetrie di reticoli Bravais pubblica nel 1849 i suoi ” Etudes cristallographiques” (Studi cristallografici) (Figura 2.20) (Figura 2.21) (Figura 2.22). 2.5.2 Metodi e tecniche Haussmann verso il 1801 Applica la trigonometria sferica ai cristalli. Wollaston prima del 1810 Inventa il goniometro a riflessione (Figura 2.23). Arago verso il 1810 Studia la polarizzazione rotatoria del quarzo. Biot verso il 1810 Realizza degli studi di ottica cristallina e s’interessa ai cristalli otticamente uniassici e biassici. I lavori di ottica cristallina di Fresnel verso il 1820 Conducono alla definizione dell’ellissoide degli indici. 18 Figura 2.20: Auguste BRAVAIS Figura 2.21: The reticular structure of the crystals 19 Figura 2.22: Crystallographic studies Figura 2.23: The refexion optical goniometer 20 2.5.3 Mineralogia delle rocce In una lettera a von Leonhard datata 1811 René-Just Hauy pose le basi di una classificazione mineralogica delle rocce. Nel 1813 Brongniart Pubblica la sua classificazione mineralogica delle rocce che non fa riferimento a quella di Hauy. Nel 1819 Breislak Fornisce l’ipotesi che le inclusioni acquose all’interno dei minerali delle rocce ignee testimonino la presenza dell’acqua durante la cristallizzazione del magma. Rene-Just Hauy nel 1822 Nel suo Traité de minéralogie definisce l’eclogite. Brongniart nel 1827 E’ il primo a distinguere minerali e rocce, struttura e tessitura. Stabilı̀ una classificazione mineralogica delle rocce secondo la loro origine (Figura 2.24). Fuchs nel 1837 Figura 2.24: Alexandre Brongniart Dimostra che i minerali del granito non sono cristallizzati nell’ordine della loro fusibilità. C.F. Schonbein nel 1838 Introduce il termine di ”geochimica”. Dana nel 1845 Indica che l’esistenza del minerale nella roccia dipende dalla temperatura, la pressione ela velocità del raffreddamento (Figura 2.25). Breithaupt nel 1849 Introduce il concetto di paragenesi minerale. Elie de Beaumont nel 1849 Mostra l’intervento dell’acqua nella formazione del granito di cui egli è pronto ad ammettere il carattere igneo. 21 Figura 2.25: Dana 22 2.5.4 Proprietà chimiche e fisiche dei minerali J.J. Berzélius ( 1779-1848) I suoi lavori sono all’origine della nascita della chimica minerale moderna. Stabilı̀ nel 1814 una classificazione mineralogica basata sulla teoria elettrochimica e la composizione Stechiometrica. Pubblicò nel 1821 ” De l’emploi du chalumeau dans les analyses chimiques et lesDeterminations minéralogiques”( Sull’impiego del cannello ferruminatorio nell’analisi chimica e le determinazioni mineralogiche) (Figura 2.26). Il chimico Cordier nel 1815 Figura 2.26: Mineralogical classification Realizza le prime analisi individuali dei minerali di un basalto. René-Just Hauy nel 1817 Pubblica ” Traité des caractères physiques des pierres précieuses pour servir à leur détermination lorsqu’elles ont été taillées”( Trattato dei caratteri fisici delle pietre preziose per servire alla loro determinazione quando sono tagliate) (Figura 2.27). Mohs verso il 1820 Pubblica la sua scala di durezza dei minerali. Mitscherlich ( 1794-1863) Completa i lavori di Berzélius,è autore di una teoria esplicativa dell’isomorfismo e polimorfismo. Brewster verso il 1820 Introduce la nozione di Piroelettricità e nel 1823, mostra che la rottura di un cristallo di topazio con l’aumento della temperatura è dovuta all’espansione delle inclusioni fluide. Verso il 1830 introduce l’uso di quarzo compensatore nelle osservazioni al microscopio polarizzante. Pearsall verso 1830 Osserva che la scintilla elettrica provoca la luminescenza della fluorite. Haidinger verso il 1840 Pubblica dei lavori sui cristalli pleocroici (Figura 2.28). Babinet verso il 1840 Introduce l’uso del compensatore di Babinet per la misura della birifrangenza dei minerali. 23 Figura 2.27: Treatise on the physical characters of precious stones to be used for their determination when they are cut Figura 2.28: HAIDINGER 24 De Sènarmont verso il 1840 Realizza degli studi sulla conduzione del calore nei cristalli. 2.5.5 Diversi 1807 Nascita della prima società geologica (Geological Society of London). Brard pubblica nel 1821 La sua ” Minéralogie appliquée aux arts: utile puor l’emploi des différentes substances”( Mineralogia applicata alle arti utile per l’impiego di diverse sostanze) (Figura 2.29). F.S. Beudant nel 1824 Figura 2.29: Mineralogy applied to arts Pubblica il suo ” Traité élémentaire de minéralogie”( Trattato elementare di mineralogia) (Figura 2.30). Figura 2.30: F S. BEUDANT 25 2.6 2.6.1 Il XIX secolo: 1850-1899 Osservazioni microscopiche, petrografia Oschatz nel 1852 Presenta 50 sezioni sottili di minerali. Sorby nel 1859 Mostra la presenza di inclusioni fluide nel quarzo (Figura 2.31). Frankenheim verso il 1960 Figura 2.31: Fluid inclusions in quartz Introduce in petrografia l’uso del microscopio polarizzante equipaggiato dei prismi di Nicol (Figura 2.32). E. Mallard, F.Becke, V.S. Fedorov e H.C. Sorby Svilupparono lo studio microscopico delle sezioni sottili e lucide che permisero in seguito lo sviluppo della petrografia. Fedorov nel 1893 introduce l’uso del tavolino universale per gli studi al microscopio petrografico (Figura 2.33). K.H.F. Rosenbuch, A.Michel-Levy e Alfred Lacroix Per i loro studi petrografici basati sul metodo delle sezioni sottili migliorarono la classificazione delle rocce. Henry le Chatelier ( 1850-1936) e P.Ramdhor Generalizzarono lo studio microscopico dei minerali (Figura 2.34). De Serres nel 1863 E’ il primo a esprimere in percentuale in minerali la composizione della crosta terrestre. Tschermak nel 1864 Definisce in maniera rigorosa il concetto delle soluzioni solide. Nel 1870 differenzia, sulla base dell’osservazione al microscopio, la orneblenda, l’augite e la biotite (Figura 2.35). Michel-Levy nel 1874 Descrive le intercrescite vermicolari tra il quarzo ed il plagioclasio e formalizza, verso il 1880 le misurazioni della birifrangenza. 26 Figura 2.32: Polarising microscope equipped with prisms of Nicol 27 Figura 2.33: Universal mounting plate Figura 2.34: Ferro-Tungstène Figura 2.35: TSCHERMAK 28 De Cloizeaux nel 1875 Propone un metodo ottico di determinazione della composizione dei plagioclasi (Figura 2.36). Becke verso il 1890 Figura 2.36: Plagioclases Introduce l’uso della linea di Becke nello studio delle sezioni sottili delle rocce al microscopio. Bonney nel 1899 Scopre il diamante in un nodulo di eclogite proveniente da una kimberlite. Considera per primo le eclogiti come roccia madre del diamante. 2.6.2 Proprietà fisiche dei minerali Hunt nel 1854 Dimostra che i feldspati plagioclasi devono essere considerati come delle soluzioni solide. Fremy nel 1877 Mostra che i minerali, anche quelli che appaiono tra i più puri contengono quasi sempre dei corpi estranei. Thoulet nel 1862 Preparò dei liquidi pesanti che servono alla separazione per densità dei minerali. Thomson J nel 1862 Dimostra che la solubilità di un minerale aumenta quando gli si applica una compressione. 29 Jacques Curie e Piere Curie verso il 1880 Realizzano su minerali degli studi di piezoelettricità (Figura 2.37) (Figura 2.38). Roentgen e Schneider verso il 1880 Realizzano delle misure di compressibilità del N aCl e KCl (Figura 2.39). Drude verso il 1880 Realizza degli studi sulla riflessione della luce con i solfuri. Beckenkamp nel 1881 Misura gli angoli diedri dell’anortite fino a 200◦ C e calcola il suo coefficiente di dilatazione termica. Becquerel verso il 1880 Realizza degli studi di catodoluminescenza e scopre la radioattività nel 1896 (Figura 2.40). C.Klément e A.Renard nel 1886 Pubblicano ” Réactions microchimiques à cristaux et leur application à l’analyse qualitative”:( Reazioni microchimiche con cristalli e loro applicazioni all’analisi qualitativa) (Figura 2.41). DeKroutschoff nel 1885 Introduce l’analisi spettrale dei minerali. Joly Utilizza il forno a foglia di platino per determinare il punto di fusione delle rocce e dei minerali. 2.6.3 Mineralogia sperimentale De Sénarmont nel 1851 Sviluppa le sintesi idrotermali realizzando le sintesi minerali in presenza di acqua in un tubo di vetro racchiuso in una autoclave costituita da un tubo sigillato in acciaio. Ebelmen e Sainte Claire Deville nel 1851 Pubblicano ” Expériences sur la formation des minéraux par voieu umide dans les gites métallifères concrétionnés”.( Esperienze sulla formazione dei minerali per via umida nei depositi metalliferi concrezionali). A. Daubrée (1848-1896) Studiò la sintesi dei minerali e le loro condizioni di equilibrio (Figura 2.42). Fouqué e Michel-Levy nel 1882 Pubblicano ”Synthèse des minéraux et des roches”(Sintesi di minerali e rocce) dove descrivono le loro esperienze di sintesi anidre di rocce e di minerali. I loro lavori dimostrano la trasformazione ”isochimica ”delle associazioni di minerali (Figura 2.43) (Figura 2.44) (Figura 2.45). Rosenbusch nel 1882 Propone delle regole empiriche riguardanti l’ordine di cristallizazione nelle rocce ignee. Morozewicz nel 1889 30 Figura 2.37: Pierre CURIE 31 Figura 2.38: Piezoelectricity 32 Figura 2.39: ROENTGEN 33 Figura 2.40: BECQUEREL 34 Figura 2.41: Microchemical Reactions to crystals and their application to the qualitative analysis Studia sperimentalmente la formazione dei minerali nei magmi. 2.6.4 Cristallografia Gadolin verso il 1860 Dimostra in maniera formale che gli assi di simmetria nei cristalli non possono essere che di ordine 2,3,4,e 6. Miller Introduce l’uso del goniometro due cerchi per le misure degli angoli tra facce cristalline. E.Mallard verso il 1870 Sviluppa la sua teoria della ”meriedria”. A.M. Schonflies e V.S. Fedorov verso il 1890 Stabilirono l’esistenza di 230 gruppi di simmetria di posizioni (gruppi spaziali). 2.7 2.7.1 Il XX secolo: 1900-1949 Classificazioni,atlante Goldschmidt dal 1913 al 1923 Pubblica i 20 volumi del suo ” Atlas der Krystallformen” (Atlante delle forme cristalline). Shand nel 1913 Pubblica una lista di minerali instabili in presenza di silice libera. Machatschky verso il 1920 Stabilisce una classificazione strutturale dei silicati. Introdurrà nel 1945 i prin- 35 Figura 2.42: A. DAUBREE 36 Figura 2.43: Synthesis of minerals and rocks 37 Figura 2.44: Experiments Figura 2.45: Transformation 38 cipi di notazione delle formule chimiche strutturali dei cristalli. 2.7.2 Metodi e tecniche Prima del 1910 I lavori di Wulff permettono la diffusione dell’uso della proiezione stereografica (Figura 2.46) (Figura 2.47). Figura 2.46: Wulff’s net Verneuil nel 1902 Figura 2.47: Stereographic projection Sviluppa il procedimento che porterà il suo nome per realizzare la crescita anidra di cristalli a partire da polveri minerali fuse in una fiamma. Joly nel 1907 Spiega gli aloni visibili intorno alle inclusioni nell’interno dei mica, come dovuti alla radioattività. Boltwood nel 1907 Seguendo una proposizione suggerita dal grande fisico E. Rutherford, realizza 39 la prima stima dell’età di un minerale a partire dall’analisi dei contenuti in uranio e in piombo. Winchell e Winchell nel 1909 Pubblicano il loro ” Elements of optical mineralogy”( Elementi di microscopia ottica) importante trattato di Petrografia microscopica. Fenner e Piggot nel 1929 Fecero la prima determinazione dell’età di un minerale a partire dai contenuti in isotopi di piombo misurati con la spettrometria di massa. Goldschmidt nel 1937 Suggerisce che il passaggio rubinio-stronzio sia utilizzato per la determinazione dell’età di un minerale. 2.7.3 mineralogia delle alte pressioni e alte temperature Adams e Nicholson nel 1901 Studiano la deformazione plastica della calcite e della dolomite ad alta pressione e bassa temperatura in contenitori realizzati in foglia d’acciaio al nichel. Bahkius Roozeboom stabilı̀ La prima stima dei campi di stabilità d el granito e del diamante. Vogt nel 1912 Mostra che alcuni minerali possono essere ottenuti solo ad alta pressione. Bernal nel 1936 Suggerisce che la profondità della discontinuità corrispondente alla trasformazione Olivina-spinello è di circa 400 km. Leipunsky nel 1939 Calcola il campo di stabilità della grafite e del diamante a partire dai dati termodinamici. 2.7.4 Termodinamica e geochimica Kultashev nel 1902 Studia il sistema N a2 SiO3 − CaSiO3 utilizzando un metodo d’analisi termica. Day e al. Proposero in diagrammi di fasi per le soluzioni solide dei plagioclasi. Shand nel 1913 Pubblica una lista di minerali instabili in presenza di silice libera. F.N. Clarke, Victor Moritz Goldschmidt (1888-1947), V.I. Vernadsky e Alexandre Fersman (1883-1945). 1923-1938. Si devono a loro i principali sviluppi della geochimica. Goldschmidt nel 1931 Osserva anche l’equivalente della forsterite nella quale il germanio sostituisce il magnesio era dimorfo con le strutture olivine e spinelle. Goldschmidt tra il 1923 e il 1938 Pubblica il volumi di ” Geochemische Verteilungsgesetze der Elemente” ( Leg40 gi di ripartizione geochimica degli elementi). Bowen nel 1945 Introduce la nozione di ”effetto plagioclasio” : se della calce CaO è presente in un magma il plagioclasio che cristallizza in questo magma conterrà un certo tenore in anortite. Winkler nel 1947 Determina sperimentalmente la velocità della crescita della nefelina in un magma in funzione della temperatura. Torgeson e Sahama nel 1947 Determinano il calore di formazione dei silicati con l’aiuto del calorimetro ad acido fluoridrico. Miyashiro nel 1949 Pubblica il primo tentativo di diagramma di fase dei silicati d’alluminio Al2 SiO5 . Tuttle e Bowen nel 1950 Studiano l’albite di alta temperatura e i feldspati vicini. 2.7.5 Radiocristallografia Vegard verso il 1910 Mostra che i minerali metamittici non forniscono di spettro di diffrazione dei raggi X. Max von Laue (1879-1960) nel 1912 Pioniere della radiocristallografia, realizza la prima esperienza di diffrazione di raggi X con un cristallo di blenda e fornisce cosı̀ una dimostrazione irrefutabile alla teoria della struttura periodica dei cristalli. Pubblica nel 1948 ”Roentgenstrahl – Interferenzen”(Interferenza dei raggi di Roentgen) (Figura 2.48). William Henry Bragg (1862-1942) e suo figlio William Laurence Bragg (1890-1971) I loro lavori sono i fondamenti della cristallochimica e permettono una definizione rigorosa della specie minerale. Ricevono il premio Nobel nel 1915. La loro opera ”X-Rays and Crystal structure” ( Raggi X e struttura cristtallina) è pubblicata nel 1924. Realizzano nel 1924 la prima determinazione della struttura atomica di un minerale (halite). Nel 1937 pubblicano ”Atomic structure of minerals”(Strutture atomiche dei minerali) (Figura 2.49) (Figura 2.50). Petrus Debye (1884-1966). Premio Nobel 1936. sviluppò la radiocristallografia, a lui si deve un metodo diffrattometrico detto metodo Debye – Scherer universalmente utilizzato per l’identificazione dei minerali (Figura 2.51) (Figura 2.52). Ramachandram nel 1944 Realizza le prime analisi di topografia ai raggi X del diamante. Nel 1950 E’ pubblicato il primo volume di ”International Tables for X-Ray Crystallography”. 41 Figura 2.48: The periodic structure of the crystals 2.8 2.8.1 Il XX secolo: 1950-1998 Classificazioni, atlante Zoltai, Liebau e Belov verso il 1960 Effettuano dei lavori sulla classificazione dei silicati. Christ verso il 1960 Studia la classificazione dei borati. Strunz verso il 1960 Studia la classificazione strutturale dei germanati. Lowenstam nel 1963 Stabilisce una prima lista di minerali biogeni formati nel processo di biomineralizzazione. 2.8.2 Metodi e tecniche Castaing nel 1951 Inventa la microsonda elettronica. Coes nel 1953 Inventa una pressa a confinamento in mezzo solido per gli studi dei minerali ad alta pressione e temperatura. Kullerud nel 1953 Introduce l’uso del geotermometro: F eS − ZnS. Richardson e al. nel 1984 Scoprono dei diamanti di oltre 3 miliardi di anni in una kimberlite. 42 Figura 2.49: William Henry BRAGG 43 Figura 2.50: William Laurence BRAGG 44 Figura 2.51: Figura 2.52: The identification of minerals 45 Sharp nel 1990 Sviluppa una tecnica analitica di determinazione specifica del rapporto isotopico 180/160 di granuli di silicati e ossidi nelle rocce, basata sulla polverizzazione dei campioni , da analizzare con riscaldamento Laser. 2.8.3 Minerali del mantello e nucleo Birch nel 1952 Suggerisce cambiamenti di fasi a talune profondità critiche nel mantello superiore. Bundy e al. nel 1955 Realizzano la sintesi ad alta pressione del diamante. Weir e al. nel 1959 Inventano la pressa a incudine di diamante che serve agli studi ad alte pressioni e temperature. Ringwood e Major nel 1966 Realizzano una dimostrazione sperimentale della trasformazione olivina–spinello correlata con la discontinuità sismica osservata nel mantello alla profondità di 400 km. Akimoto e Fujisawa nel 1966 Effettuano la dimostrazione della trasformazione olivina–spinello per composizioni ricche di ferro. Meyer e Boyd nel 1969 Realizzano le prime analisi d’inclusioni nei diamanti. Young nel 1969 Correla la densità di dislocazione nell’olivina alle sollecitazioni del taglio nel mantello superiore. Liu nel 1974 Stabilisce che la struttura pérovskite è predominante nel mantello inferiore. Mao e Bell nel 1976 Hanno ottenuto in laboratorio una pressione di 1 megabar verificata grazie alla scala di pressione statica calibrata dei rubini. Herdnon nel 1979 Formula l’ipotesi che il nucleo interno della terra sia fatto di siliciuro di nichel. Mao e al. nel 1989 Realizzano i primi esperimenti di laboratorio a pressioni tali come quelle che esistono nel mantello. 2.8.4 Minerali del metamorfismo Coes nel 1953 Inventa una pressa a confinamento in mezzo solido per gli studi dei minerali ad alta pressione e temperatura. Jamieson nel 1953 46 Effettua la prima determinazione della curva pressione–temperatura per la transizione tra calcite e aragonite. Thompson nel 1955 Propone una spiegazione termidinamica al concetto di facies mineralogica utilizzata per le rocce metamorfiche. Coleman e Lee nel 1962 Scoprono l’utilizzazione dell’aragonite come indicatore di un sollevamento rapido. Bell poi Khitarov e al. nel 1963 Lavorando indipendentemente effettuarono una determinazione sperimentale del punto triplo dei silicati d’alluminio Al2 Si05 . Boyd nel 1973 Fornisce una stima del grado geotermico alla composizione di pirosseni coesistenti. Chopin nel 1984 Fa la prima scoperta di coesite in una roccia metamorfica. Sobolev e Shatsky nel 1987 Riportano l’identificazione della presenza in–situ del diamante in una roccia metamorfica. 2.8.5 Termodinamica e geochimica Yoder nel 1952 Effettua la dimostrazione sperimentale dell’equazione di Clapeyron per la fusione del diopside con cambiamento di pressione. Krumbein e Garrels nel 1952 Applicano diagrammi Eh in funzione del pH agli equilibri dei minerali in fase acquosa. Rosenqvist nel 1954 Pubblica il suo studio della termodinamica dei sistemi a solfuri. Eugster nel 1954 Effettua la prima determinazione sperimentale del coefficiente di partizione di un elemento in tracce tra un minerale silicato ed il suo vapore. Orville nel 1962 Studia il trasferimento reciproco degli alcalini in fase vapore in funzione della temperatura che rende conto dell’esistenza di porfiroblasti d’albite e di feldspati potassici rispettivamente ad alta e bassa temperatura. Mc Callister nel 1974 Determina sperimentalmente la velocità di essoluzione nei pirosseni. Seifert e Virgo nel 1975 Correlano il grado di ordine disordine nell’antofillite alla velocità di raffreddamento. 47 2.8.6 Diversi Amstrong,Aldrin e Collins Riportano dalla missione lunare Apollo 11 i primi campioni di rocce lunari (58 campioni per un peso totale di 21,6 kg). 48 Capitolo 3 Dall’Antichità al medio Evo Sono state le pietre particolari e le gemme che hanno fatto la storia della mineralogia. Fede, magia, scienza; terapia mistica, terapia magica, terapia fisica; fiducia in potenze extra naturali e fiducia nell’azione della materia, tutto si ritrova mescolato in intimo modo nella vita che le pietre 1 , i minerali , e le gemme 2 , in particolare, ebbero nella mentalità dei nostri predecessori. 3.1 La preistoria Una delle prime gemme utilizzate addirittura dal periodo neolitico fu il lapislazzuli. Questa roccia o ”gemma” di colore blu azzurro, permeata di significati magici e sacrali, fu molto apprezzata e ricercata (Figura 3.1). Da Mehrgarh in Pakistan, nella valle dell’Indo, provengono vaghi di lapislazzuli associati a turchese e steatite, rinvenuti in contesti databili a circa 7000 anni a.C. (Figura 3.2) (Figura 3.3) In Iran, presso Tell-i-Bakun, circa 4500 anni a.C. l’industria gemmaria locale tagliava il lapislazzuli in vaghi poliedrici cubici a spigoli smussati (Figura 3.4). In Mesopotamia (all’incirca l’Iraq di oggi) a Tepe Gawra, centro della cultura Ubaid; il lapislazzuli faceva la sua comparsa, insieme a turchese, ametista e berillo, nel 4500 a.c. sotto forma di vaghi lavorati sul posto. Dal 3000 al 2000 a.C. qui fiorı̀ la civiltà Sumera (Figura 3.5). la cui 1 Nel 1600 venivano raccolti ciottoli in cui le vene di calcite evidenziavano, ad opera degli influssi celesti, lettere dell’alfabeto: Litterae lapidibus inscriptae. Si riteneva che i fiumi e le spiagge ciottolose li fornissero perché dall’uomo venissero composte frasi in lode del Sommo Creatore. 2 DEFINIZIONE DI GEMMA – Si classifica come gemma ogni oggetto, utilizzabile per ornamento personale, formatosi in natura spontaneamente senza l’intervento dell’uomo, che abbia le caratteristiche di bellezza, rarità, durezza, inalterabilità e portabilità. Quasi tutte le gemme sono minerali, molto più raramente rocce, ma sono considerati gemme, benché non siano tutti trasparenti, anche alcuni materiali di origine organica quali il giaietto, l’avorio, l’ambra, il corallo e le perle. Sicuramente vi è stato un profondo rapporto tra l’uomo primitivo e le gemme, specie nei rituali religiosi e nell’uso ornamentale. La storia documenta l’uso mistico ed artistico delle pietre nelle prime grandi civiltà: Assiria, Babilonia, Egitto, Cina, India, Persia, Israele, Grecia, Roma. Notevole la citazione di gemme varie nella Bibbia. 49 Figura 3.1: Lapislazuli Museo di Mineralogia - Università di Roma ”La Sapienza” Inv.N◦ 22961/73 Parco Chigi, Ariccia, Roma, Italia Figura 3.2: Lapislazuli Museo di Mineralogia - Università di Roma ”La Sapienza” Inv.N◦ 23401/82 Cile Figura 3.3: TURQUOISE Museo di Mineralogia - Università di Roma ”La Sapienza” Inv.N◦ 18841/19 Los Cerillos, New Messico, U.S.A 50 Figura 3.4: Most important gold’s ores of the archaic age Figura 3.5: Sumerian civilization From 3000 to 2000 BC 51 tecnologia avanzata e la passione per l’ornamento della persona sono testimoniate dal tesoro di oro (Figura 3.6) e gemme trovato ad Ur tra il 1922 ed Figura 3.6: GOLD Museo di Mineralogia - Università di Roma ”La Sapienza” Inv. N◦ 24017/183 Tullu Kapi, Yubdo, Wollega, Etiopia il 1934 dall’archeologo inglese Sir Leonard Woolley (1880-1960). I minerali trovati nelle tombe erano prevalentemente oggetti di lapislazzuli, corniola ed agata. (Figura 3.7) (Figura 3.9). Figura 3.7: CARNELIAN Museo di Mineralogia - Università di Roma ”La Sapienza” Inv.N◦ 218/282 Oberkirchen, Lorena, Germania 3.2 La culla della mineralogia Se è vero che la razza umana ebbe la culla in oriente è anche vero che l’Oriente fornı̀ pietre preziose all’umanità in misura assai maggiore dell’occidente. E’ naturale quindi che i popoli di quelle regioni (Cina ed India in particolare) siano stati i primi maestri nell’insegnare agli altri il valore di quei corpi preziosi e i primi ideatori delle loro virtù magiche e terapeutiche. 52 Figura 3.8: AGATE Museo di Mineralogia - Università di Roma ”La Sapienza” Inv. N◦ 22278/299 Minas Geraes, Brasile 3.2.1 La Cina In Cina queste nozioni si tramandarono per lo più nella tradizione orale, dato che la religione di Confucio 3 ha sempre cercato di allontanare, almeno ufficialmente, ogni opera di questo genere. Il materiale su cui abbiamo più notizie è la ”giada” 4 .Le ”giade” in Es3 CONFUCIUS: In cinese K’ung fu-tzu (551-471 a.C.). Pensatore e uomo di stato cinese da cui prende il nome il confucianesimo. Secondo questa religione l’uomo deve adoperarsi all’armonia celeste praticando la rettitudine e la benevolenza. Base della società è la famiglia: lo stato viene concepito come una famiglia. 4 GIADA: la pietra di sempre – Poche pietre preziose possiedono la ricchezza di leggenda e tradizione magica, il senso di mistero eterno e di imperscrutabile finezza, l’aura di antichità e opulenza che evoca una parola come giada. Per molti popoli giada e verde sono sinonimi; per altri giada porta immediatamente alla mente il favoloso passato della misteriosa Cina Imperiale. I cinesi, infatti, fin dai tempi preistorici lavoravano un materiale che chiamavano yu ed è quello stesso che noi chiamiamo giada dall’antico spagnolo ”pietra de Hijada”, cioè pietra dei reni, in quanto si era soliti usarla come amuleto e mezzo di cura per le malattie renali. Furono Cortes ed i suoi conquistadores a introdurla in Europa avendo trovato moltissimi pezzi di giada lavorata nei tesori degli indiani del Centro-America. Attraverso l’Europa questa denominazione si sparse in tutto il mondo. Le civiltà di tutti i tempi hanno apprezzato questa pietra e tutte le razze che la incontrarono la tennero in alta considerazione. Nelle civiltà preistoriche, nell’area europea della Valtellina e dei Laghi Svizzeri, in Guatemala e Messico, era apprezzata per la sua durezza e utilizzata per utensili. I precolombiani facevano con essa coltelli sacrificali. Tra i Maori della Nuova Zelanda una mazza da guerriero in giada era il simbolo dell’autorità del capo e nelle Isole della Lealtà (Nuova Caledonia), i padri barattavano le loro figlie con giada. La Cina infine costruı̀ tutta la sua civiltà attorno a questa pietra. Stranamente in Occidente, la natura scientifica della giada non fu completamente compresa fino a quando nel 1863 il francese Damour provò che si dava comunemente il nome di giada a due minerali in realtà ben distinti: la giadeite e la nefrite. La prima delle due è generalmente la più valutata per gioielli e sculture, perché la giadeite di alta qualità è di un colore verde brillante, mentre anche la migliore qualità di nefrite tende ad essere più scura. In Oriente invece la cultura cinese fece questa distinzione già molto 53 tremo oriente ed in Cina in particolare furono sempre i minerali più apprezzati in quanto carichi di significati simbolici e di autentica ”energia” cosmica. La sacralità delle ”giade” fu tale da conferire loro sovranità e potenza magica, poteri medicamentosi e taumaturgici; nutrimento dello spirito e capaci di assicurare l’immortalità. Il materiale usato dai cinesi era la ”giada” nefrite nelle varie gamme cromatiche che si estendono dal bianco candido al giallognolo, al grigio scuro, all’avana, fino al giallo verdastro ed al verde intenso scuro (Figura ??). I maggiori e più importanti giacimenti di nefrite del mondo antico erano Figura 3.9: NEPHRITIC JADE Museo di Mineralogia - Università di Roma ”La Sapienza” Inv.N◦ 6204/5 Sirikia, Cina situati nel Turkestan orientale cinese (Sinkiang), (Figura 3.10) tra le valli di Yarkand e Khotan, lungo i contrafforti settentrionali della catena del KuenLun. Sin dal neolitico, i giacimenti alluvionali del Sinkiang fornivano ciottoli lavorabili per la produzione artistica cinese. Alla ricerca circondata da una particolare atmosfera di sacralità erano adibite soltanto le donne. Ornamenti di giada della cultura Songze (4000-3000 a.C.) sono conservati a Pechino nel museo della storia cinese. Al contrario presso le civiltà siro–mesopotamiche, ed egizia, egeo-cretese, greca, fenicia, etrusca e romana, le giade trovarono solo eccezionalmente impiego nella gioielleria e nella glittica. Se mancano documentazioni attinenti alle epoche primitive, esistono tuttavia testimonianze più recenti. 3.2.2 Babilonia Al tempo di Mitridate esisteva in Babilonia un Zachelias che scrisse per quel Re un libro in cui si attribuiva alle gemme il destino degli uomini. Sia gli Assiri che i Babilonesi usavano piccoli cilindri di pietra o di minerali sui quali erano tempo prima che Damour pubblicasse le sue ricerche scientifiche: infatti quando la giadeite verde brillante cominciò ad entrare in Cina, proveniente dalla Birmania, nel XVIII sec., i cinesi la chiamarono fei–ts’ui invece di yu che era il nome normalmente usato per la giada. Giadeite e nefrite insieme, hanno più imitazioni della maggior parte delle altre gemme. il colore pieno e la struttura compatta la hanno infatti resa ovunque una favorita dei conoscitori di gemme. E’ facile capire quindi perché altre sostanze meno buone, ne abbiano usurpato il nome nella speranza di guadagnarne pregio di riflesso. Ma è curioso, d’altra parte, che i nomi per la giada siano ancora oggi oggetto di controversia, e che tanta disinformazione, mito e superstizione circondino questa gemma. 54 Figura 3.10: MOST IMPORTANT DEPOSITS OF NEPHRITE incisi gli emblemi, i simboli, i nomi che avevano prescelto come contrassegno personale. 3.2.3 Egitto Gli egiziani rivolsero assai presto alle pietre preziose la loro attenzione studiandole sotto tutti i punti di vista. Essi, però, rimasero celebri nella storia della mineralogia perché furono i primi ad imitare artificialmente gemme e pietre dure e si distinsero su tutti gli altri popoli nella difficile arte di intagliarle: arte che venne detta glittica. Molte leggende esistono di pietre meravigliose cui gli Egiziani annettevano virtù soprannaturali , ma troppo vaghe e leggendarie. Un riflesso sulla virtù esoterica delle gemme, o per lo meno l’alto valore simbolico che gli Egiziani attribuivano alle gemme, l’abbiamo nel Libro del Levitico, dove è detto che il Signore ordinò il numero e la qualità delle pietre che dovevano ornare il Razionale del giudizio del Gran Sacerdote. E’ probabile che in quel libro di Mosè si rispecchino nozioni egiziane portate dal legislatore, nato ed educato alla corte dei Faraoni. La fama maggiore degli Egiziani è dovuta però alla glittica che si diffuse, in epoche che possiamo chiamare preistoriche, a Micene, a Creta, in Grecia e presso gli Etruschi. 3.3 Dalla preistoria alla storia Con questa serie di popoli, l’assiro, il babilonese, l’egiziano, l’ebraico, l’iranico, si fa sufficientemente chiara la mentalità orientale sul soggetto gemme e min55 erali. Detta mentalità, fino ad una determinata epoca storica, rimase limitata nelle regioni di nascita, senza aver modo di varcare i confini dell’Occidente. Col mescolarsi poi delle usanze e con i viaggi cominciarono a mescolarsi usanze, varie culture si sommarono dando luogo ad una cultura più o meno unificata nella quale è difficile ricercare l’origine di ogni notizia. (Figura 3.11). Fu però, Figura 3.11: The trips of Marco Polo una caratteristica delle prime trattazioni occidentali delle pietre, – sporadiche o organizzate in veri trattati – considerare questi minerali in un modo che può essere detto assolutamente scientifico, tenendo conto dello sviluppo mentale dell’epoca. Nacquero cosı̀ i Lapidari5 , orientali ed occidentali, diversi per mentalità, ma con un filo conduttore comune. 3.4 I lapidari L’uomo e’ sempre stato, per sua natura, attratto da ciò che era bello, prezioso, misterioso. non e’ strano quindi il suo interessamento per le gemme, che molto spesso hanno queste tre caratteristiche in comune. Nel corso dei secoli il valore intrinseco di queste pietre si é modificato anche ad opera di fattori esterni. Alla rarità’ ed alla bellezza, si sono sommate infatti altre caratteristiche che hanno le loro radici in altre scienze che non siano la mineralogia, come ad esempio l’astrologia e la medicina. Molta era nel passato l’ignoranza dell’Uomo, ma egli per sua natura e seguendo l’istinto, ha sempre cercato una risposta alle 5 I LAPIDARI NEL TEMPO: Lapidari orientali → Lapidari indiani → Lapidari cinesi → Lapidari classici → Lapidari greci → Lapidari romani → Lapidari alessandrini → Lapidari di tipo classico pagani → Lapidari di tipo cristiano → Lapidari glittici → Lapidari arabi → Lapidari classici arabizzati → Lapidari medievali → Lapidari di tipo classico cristiani → Lapidari mistici 56 domande che via, via gli si ponevano. Domande che trovavano pero’ una risposta sempre nell’ambito del mondo con cui era in contatto: nella natura prima di tutto, e quando questa non bastava, nelle forze soprannaturali. Non si può dire con esattezza dove, come, e perché nascono e si sviluppano le credenze umane, ma noi possiamo cercare almeno di spiegare in che modo esse siano riconducibili ad oggetti terreni in tutti i sensi: le pietre appunto. I popoli orientali furono i primi a conoscere le pietre preziose e ad attribuire ad esse magiche virtù; virtù che si potevano molto più’ facilmente riscontrare nella fantasia dei dotti dell’epoca che non nelle gemme vere e proprie. In ogni caso, dette proprietà rimasero impresse nella mete di questi popoli e le nozioni misteriose si tramandarono nel tempo in maggior parte nella tradizione orale, ma spesso anche per iscritto. Rappresentante per eccellenza di questi scritti può essere considerato il lapidario. I lapidari sono opere che si occupano delle pietre e delle loro molteplici qualità. A seconda dell’epoca in cui sono stati redatti e dalla nazionalità del loro autore essi hanno estensione, scopo e criteri strutturali assai diversi. Basti pensare che a volte sono costituiti solo da poche pagine, mentre a volte sono dei veri e propri libri il cui contenuto si può ricondurre alla magia, alla scienza occulta, alla medicina. Ciò che però si e’ portati a credere è che i lapidari fossero simili o comunque strutturalmente riconducibili, a manuali, testi di consultazione per gioiellieri, amatori o addirittura re e principi, perché per essi dalle gemme che avevano nelle loro insegne, dipendeva la salute, la durata del regno e la felicità del popolo. Questi testi non nacquero subito come opere organiche ben definite, ma come ammassi di nozioni vaghe riscontrati specialmente nei poemi dell’India e della Grecia. I primi scritti non possono essere infatti considerati come lapidari dato che per lo più si tratta di libri con argomentazioni molto limitate. Con il passare del tempo pero’, e con l’evolversi delle civiltà’ questi testi assunsero forme ben definite, tanto che oggi si può parlare di vari tipi di lapidari. 3.5 Lapidari orientali I lapidari orientali, siano essi cinesi o indiani , sono fondamentalmente magici, anche se unitamente alle altre virtù intrinseche della pietra, considerano il suo valore commerciale, i pregi ed i difetti. 3.5.1 Lapidari cinesi Le notizie sulle gemme si trovano sparse nei libri di tutte le epoche e di tutte le dinastie del celeste impero. Molte di queste notizie riguardano le virtù magiche delle pietre, ma anche la nascita , le virtù ed i simbolismi dei singoli minerali. 3.5.2 Lapidari indiani In India, al contrario della Cina, si tramandarono le virtù magiche e soprannaturali delle pietre per iscritto nei loro libri. A quando risalga la ideazione 57 dei ”lapidari” indiani non è possibile stabilirlo, anche se la compilazione è abbastanza recente. I più antichi scritti dell’india classica e specialmente il Kama Sutra, hanno numerosi richiami alla magia delle gemme ed alla loro influenze sulla sorte del possessore. Tra tutti i lapidari indiani conosciuti si cita in particolare il ”Ratnapariska” o ”Conoscenza delle gemme” che può senza dubbio essere considerato il padre di tutti i lapidari. L’India infatti è considerata come la culla delle pietre preziose e di tutta la scienza a loro inerente. Presso gli antichi indiani tre categorie di persone dovevano possedere la ”Ratnapariska”: i commercianti che ne erano i diretti interessati; i principi, perchè un signore doveva essere sempre in grado di giudicare una pietra; i poeti che nelle descrizioni dei palazzi e delle corti esibivano tutte le gioie di cui 1’ India era ricca. Il lapidario indiano e’ di un tipo molto particolare non certo per ciò che riguarda la struttura, in quanto esso segue canoni ben precisi nella descrizione (origini, qualità, difetti, virtù, prezzo), ma piuttosto per la convinzione che tutte le opere sono molto spesso dono o castigo di una divinità’ e perciò, a seconda dei casi, apportatrici di fortuna o sfortuna. Un popolo dalle credenze profonde e’ quello degli Indiani; un popolo che molto spesso alla cultura abbina la leggenda. Sembra pertanto opportuno riportare ciò che si legge nella ”Ratnapariskal’ a proposito dello zaffiro: ¡¡..là dove le singalesi agitano dolcemente con la punta delle loro dita gli steli dei giovani fiori di iris, caddero i due occhi di Daitja di un profondo color azzurro, di uno splendore che era simile a quello di un loto fiorito. Per questa ragione la terra che si stende ai bordi dei ruscelli, con una interrotta linea di foreste di plumerie in fiore, abbonda di sontuosi zaffiri che sono la sua gloria¿¿. 3.6 Lapidari classici Nei lapidari classici occidentali accade invece un fenomeno differente; mentre i più antichi conservano una linea di studio obiettiva, naturalistica, basata sulle caratteristiche naturali di ciascuna pietra, sui luoghi di origine, sulle qualità organolettiche, che si spingono fino alle virtù terapeutiche, man mano che ci si avvicina alle epoche più recenti questo carattere scientifico muta per dar luogo al magismo, il cui massimo viene raggiunto nei lapidari bizantini. Il primo trattato di Mineralogia e Gemmologia che ci sia pervenuto è il lapidario attribuito a Teofrasto –”Intorno alle pietre”– scritto intorno al 315 a.C. in cui l’autore si sofferma in particolare sulle gemme adoperate nella glittica del periodo classico. Teofrasto codifica le teorie di Ippocrate e di Platone per il mondo minerale formando i primi ”raggruppamenti”. Divide le ”pietre” in maschi e femmine, dando origine alla teoria della loro riproduzione e attribuisce loro alcune proprietà magiche – giova particolarmente agli occhi – Affiorano quindi le caratteristiche più tipiche attribuite alle ”pietre” che sono essenzialmente magiche, medicinali e terapeutiche. 58 Passaggio tra la mentalità classica occidentale e quella alessandrina e’ il lapidario ”Materia medica” di Dioscoride (60–78 d.C.)6 che elenca 200 pietre e gemme utili e ponte quello di Plinio il Vecchio (23–79 d.C.)7 che racchiude credenze orientali ed occidentali. 3.7 Lapidari alessandrini I lapidari di tipo classico pagani subiscono però una notevole trasformazione passando per il filtro cristiano. Manipolati dai monaci, furono mondati da ogni frase di magia e fu riferito solo a Dio qualsiasi potere miracoloso che poteva avere una pietra. Trasformati cosi’ in veste cristiana i lapidari classici rimasero in vita ed aumentarono anzi il gradimento popolare e dello studioso. Un terzo tipo di lapidario si veniva però delineando nell’epoca alessandrina: il lapidario glittico. Essi sono di origine egiziana e molto rari nella letteratura occidentale. Le opere di questo tipo non si preoccupano della materia che costituisce la gemma, ma semplicemente dell’immagine che in essa e’ incisa ed alla quale si attribuisce tutto il valore magico e mistico. Bisogna ricordare che gli egiziani furono maestri nell’incisione delle pietre a cui assegnarono poteri misteriosi. Tale tradizione si conservò ad Alessandria dove ebbero particolare fortuna le pietre gnostiche, in altre parole pietre su cui erano incise misteriose figure che la magia dotava di arcani poteri. Le figure, incavate come sigilli, potevano essere segni astrologici, cabalistici, cristiani. Tutto era valido per far assumere ad una pietra una qualità talismanica e per confortare un credente. 3.8 Lapidari arabi La serie dei lapidari arabi comincia nell’ VlII secolo con ”Il libro delle pietre” di Jabir Ben Hayyan. Dal punto di vista scientifico, invece, verosimilmente i più importanti sono quelli di Muhammad ibn Mansur scritto nel XII secolo che classifica le pietre per peso specifico e durezza e descrive varietà e luogo di provenienza e ”Fior di pensieri sulle pietre preziose ”. del mercante arabo Ahmed Ben Jussuf Al Teifash che nel 1242 scrisse un trattato molto interessante sulle pietre preziose, nel quale per la prima volta in occidente vengono citati i loro prezzi sui mercati del Medio Oriente Le pietre proposte sui quei mercati e classificate secondo la scala dei prezzi dell’epoca erano: il rubino, lo smeraldo, il diamante, lo spinello, l’occhio di gatto, lo zaffiro, lo zircone, il corindone giallo, il berillo, la turchese, il granato almandino. 6 Dioscoride nato ad Anazarba, in Asia Minore, intorno al 60 d.C., è considerato assieme a Teofrasto tra i padri della botanica. Il principale criterio di suddivisione delle piante adottato da Dioscoride si basava sulle proprietà terapeutiche delle diverse essenze vegetali. 7 Plinio il Vecchio 23-79 d.C. Il massimo erudito del secolo. Di Plinio restano i 37 libri della Naturalis Historia, una poderosa raccolta di notizie scientifiche, tratta dalla lettura di 2000 volumi dedicata all’Imperatore Tito. Vi troviamo cosmologia, geologia, botanica, zoologia ed infine la mineralogia con una sommariam ma preziosa ”storia dell’arte antica”. 59 3.9 Lapidari medievali Il cosiddetto Medio Evo fu un fedele continuatore dell’evo antico e nei lapidari di questo periodo si ritrova tutta la magia e tutto il filosofeggiare scientifico dell’antichità. Tra i molti lapidari medievali il lapidario per eccellenza, e’ quello scritto in esametri latini da Marbodo vescovo di Rennes tra il 1067 ed il 1081 e tradotto in provenzale, francese, italiano, spagnolo, irlandese, danese ed ebreo. Nel Rinascimento l’interpretazione magica non ancora sopita cede finalmente il passo a quella scientifica e inizia la moderna mineralogia. Elenco lapidari medievali in ”latino medievale” dal 500 al 1264 Isidoro di Siviglia - 560-636 - Etymologiarum Sive Originum Liber XVI Beda Venerabile - 672-735 - Explanatio Apocalypsis Liber III John Damasceno - 670-756 - De fide Orthodoxa Rabanus Maurus - 784-856 - De Universo Libri XXII Marbodo - 1035-1123 - Liber Lapidum Seu de Gemis Costantino africano - 1015-1087 - De gradibus Santa Ildegarda - 1098-1179 - De Lapidibus Alberto Magno - 1193-1280 De Mineralibus Arnoldo Saxo - 1200 c.a. - De gemmarum Virtutibus Bartolomeo Anglico - 1200 c.a. - De proprietaribus Rerum Thomas of Cantiprè - 1200-1270 - De lapidibus Vincent of Beauvais - 1200-1264 - Speculum Majus 60 Capitolo 4 Rinascimento Nel Rinascimento, come dice la parola, si ha uno sviluppo accelerato in tutti campi della cultura e fra questi anche in Mineralogia. La forte ripresa degli studi di alchimia abbisogna chiaramente di prodotti chimici che si estraggono dai minerali e quindi una loro sia pure imperfetta conoscenza, l’aumentato benessere connesso all’estensione dei commerci richiede materie prime in maggior quantità e quindi la riapertura di antiche miniere e la scoperta di nuovi depositi. Ma un’altra molla contribuı̀ notevolmente allo sviluppo delle conoscenze mineralogiche, la necessità della classificazione dei minerali in vista anche di un ordinamento degli esemplari nelle collezioni museali appena superato il momento delle raccolte ai soli tini di curiosità. Il collezionismo, insito nell’uomo come dimostrano gli oggetti naturali depositati nelle tombe preistoriche, trova la sua ripresa nelle Wunderkammer dopo la parentesi del Medioevo in cui solo le chiese e i monasteri salvarono le ”curiosità” al pari della scienza, della cultura e dell’arte. In queste ”camere delle meraviglie”, dai semplici ”studioli” alle vere e proprie esposizioni enciclopediche si può vedere l’origine degli attuali musei 61 naturalistici. Un esempio di studiolo può essere quello del filosofo ceco Jan Amos Komensky, latinizzato in Comenius (1592-1670) che dette una curiosa definizione di museo nella sua opera pedagogica ”Orbis sensalium pietus1 ” (Figura 4.1). Fra i molti ”musei enciclopedici” si possono citare quelli del Figura 4.1: Museum est locus ubi studiosus farmacista Ferrante Imperato a Napoli (1550-1631) (Figura 4.2), del medico Ludovico Settala a Milano (1552-1631) (Figura 4.3), ancora del farmacista Francesco Calzolari a Verona (1522-1609) (Figura 4.4), del naturalista Ole Worm a Copenhagen (1588-1654) (Figura 4.5), dell’erudito gesuita Athanasius Kircher a Roma (1602-1680) (Figura 4.6). In queste WunderKammer, gradualmente, le curiosità cedettero il passo ai reperti naturali raccolti non solo per il loro aspetto strano, ma come rappresentazione, all’inizio molto parziale, poi sempre più completa della Natura per cui è stato detto che paradossalmente la fine delle collezioni enciclopediche coincide con l’uscita dell’Encyclopédie. Fra la metà del XVI alla metà del XVIII secolo, per circa 200 anni, il museo enciclopedico ha avuto una funzione non solamente di godimento estetico e di stupore e meraviglia per nobili sfaccendati ma ha costituito, col suo tentativo di rappresentazione in piccolo della Natura, la base di partenza per la sistematica naturalistica. In particolare per la Mineralogia, certamente la pratica di miniera di Agricola è stata fondamentale per sfrondare le fanta1 Museum est locus ubi studiosus, secretus ab hominibus, solus sedet, studiis deditus, dum lectitat libros...(Il museo è il luogo dove lo studioso, appartato dagli uomini, siede solo, dedito agli studi, mentre legge con attenzione i libri) 62 Figura 4.2: Pharmacist Ferrante imperato in Naples Figura 4.3: Physician Ludovico Settala in Milan Figura 4.4: Pharmacist Francesco Calzolari in Verona 63 Figura 4.5: Naturalist Ole Worm in Copenhagen Figura 4.6: Jesuit Scholar Athanasius Kircher in Rome 64 siose ipotesi genetiche del Medioevo, ma è su campioni raccolti in collezione che Stenone (Figura 4.7) puo verificare su una serie di cristalli di quarzo e Figura 4.7: Nicolas STENTONE di ematite che non mutatis angulis (Figura 4.8) dando veste scientifica al- Figura 4.8: Non mutatis angulis l’osservazione di campagna di Biringuccio (Figura 4.9) sui cristalli di pirite iustamente bisquadri. La necessità di ordinare i materiali naturali porta ai tentativi di classificazione, quanto mai imperfetti ai nostri occhi, ma pur sempre i primi passi verso l’attuale mineralogia sistematica. Ovviamente fu l’aspetto esterno di minerali e rocce a suggerire i primi criteri classificativi, cosı̀ Avicenna, glà nel XTI secolo, distingueva Pietre, Metalli, Solfo e Sali. E’ impossibile riportare gli innumerevoli schemi classificativi che furono proposti dal XVI e XVIII secolo. A titolo d’esempio si possono trascrivere 65 Figura 4.9: Biringuccio quello proposto da Agricola nel suo trattato De natura fossı̀lium del 1546 e quello adottato da Ole Worm nel sùo Museo di Copenaghen e pubblicato nel 1655, entrambi basati sull’aspetto esterno dei materiali. 4.1 Classificazione di Agricola 1. FOSSILES SIMPLICES a TERRAE (argilla, creta, terra medica) b SUCCI CONCRETI I II III IV V (sal, nitrum) (alumen) (sulfur, bitumen) (alumen) (chrysocolla,aerugo,auripigmentum) c LAPIDES I II III IV COMMUNI(magnes, haematites, aetites) GEMMAE(adamas,smaragdus,carbunculus) MARMORA (porphyrites, ophites, Parium) SAXA (arenarium, calcarium) d METALLA I (aurum, argentum, plumbum) II (ferrum) III (argentum vivum) 2. FOSSILES MISTI ET COMPOSITI 66 a LAPIS et SUCCUS CONCRETUS b METALLUM et TERRA c LAPIS et METALLUM in partibus aequa libus d LAPIS et METALLUM abundans e LAPIS abundans et METALLUM f LAPIS et METALLUM et SUCCUS CONCRETUS Agricola, ai fini classificativi, prende in considerazione una serie di proprietà oggettive esterne dei materiali: colore, peso (da intendersi specifico), trasparenza, lustro, sapore, odore, forma, tessitura, durezza, friabilità, ruvidezza, solubilità, fusibilità, fragilità, sfaldatura, combustibilità. I materiali considerati sono fossilia, cioè materiale scavabile, minerali, rocce, fossili. I pregi di questa classificazione consistono nel basarsi su dati visivi, nell’aver dato la descrizione di usi e provenienze, di nuovi minerali, di ipotesi genetiche e di processi metallurgiCi . Il difetto più evidente la mancanza di distinzione fra minerali e rocce, cioè fra omogeneo ed eterogeneo, né fra composti e miscele meccaniche (vedi misti e compositi). A chiarimento dei vari termini usati da Agricola: Terrae (terre) sono materiali che diventano plastici Succi concreti (sughi solidificati, cioè sali) che si sciolgono in acqua o si rammolliscono. Lapides (pietre) non si ammorbidiscono in acqua, nel fuoco si polverizzano o anche fondono Marmora (marmi) pietre lucidabili Metalla (metalli) sono liquidi (Hg) o lo diventano al fuoco (Au, Ag, Pb, Sn, Cu, Bi) o si rammolliscono (Fe) Misti (misti) formati da corpi diversi intimamente associati in un nuovo materiale separabile solo col fuoco (galena, scisti, bituminosi o rame) Compositi (compositi) corpi diversi, riconoscibili a occhio e separabili a mano o con l’acqua (associazioni oro quarzo, conglomerati). Non molto diversa la classificazione di Worm di un secolo successivo. C’è un tentativo di separare l’omogeneno, sia pure a occhio, come i Mineralia dai Lapides, ma tenendo ancora separati i Metalla, dall’aspetto troppo diverso (Figura 4.10). 67 Figura 4.10: Metalla 4.2 Classificazione di Worm A Media mineralia 1. Terrae a Mechanicae (argilla, creta, ecc.) b Medicae (latte di luna, bolo, terra di Lemmo ecc.) c Miraculosae (terra Scancica,Islandico) 2. Salia tsalgemma, salnitro, allume, vetriolo) 3. Sulphura (solfo, arsenico) 4. Bitumina a Fossilia (nafta, asfalto, ecc.) b Marina (ambra,spermaceti) B Lapides 1. Minus pretiosi a b c d Magni duri (marmo, basalto,arenaria) Magni molles (calcare, gesso, pomice, lava ecc.) Minores molles (talco, ammoniti,ecc.) Minores duri (magnesia, ematiti,lapislazuli) 2. Pretiosi 68 a Majores (diaspro, agata, malachite, ametista, ecc.) b Minores Gemmae (diamante’ rubino, granato, turchese, perle, bezoar, ecc.). C Metalla 1. Metalla proprie dicta (oro, argento, rame, ferro, piombo, bianco e nero) 2. Metalla improprie dicta (bismuto, antimonio, mercurio) 3. Metallis affinia a Naturalia (galena, cadmio nativo, crisocolla, piritie, quarzo, ecc.) b Artificialia (verde rame, cerussa, minio, scorie, vetri, ecc.) Altri autori potevano seguire metodi diversi, anche in vista di loro particolari esigenze. Cosı̀ il farmacista napoletano Ferrante Imperato presentava una classificazione basata su criteri parte di uso dei materiali e parte di loro comportamento. Cosi nel primo caso divide le Terre in cinque generi: 1. Agricolarum (materiale per agricoltori) 2. Plasticorum et Architectorum (materiali per l’edilizia) 3. Fusorum (materiale per metallurgia) 4. Pictorum et Fullonum (materiale per tintorı́e) 5. Medicorum (materiale per sanità) e le Pietre in sette: 1. Pietre preziose 2. pietre figurate (ossia fossili) 3. pietre combustibili 4. pietre facilmente sfaldabili in lamelle 5. pietre tramutabili in calci 6. pietre vetrificabili (fusibili) 7. pietre sabbiose. Nel Cinquecento due personalità possono essere citate fra coloro che apportano i primi contributi scientifici alla Mineralogia. Vannoccio Biringuccio (o Biringucci) (Siena 1480 – Roma 1540) non fu un uomo di grande cultura ma un tecnico che nel suo libro De la Pı́rotechnia trasfonde le sue conoscenze di direttore di miniere e di esperto metallurgista, anche 69 Figura 4.11: De La Pirotechnia se talvolta si sofferma in divagazioni di alchimia sulla natura dei materiali. E’ un’opera che potrebbe avere come sottotitolo ”non perché ma come” date le numerose informazioni precise presentate. Due di queste meritano di essere ricordate (Figura 4.11). Il riferimento all’analisi quantitativa è continuo (una bilancia dai lunghi bracci è spesso riportata nelle figure), fra questi l’interesse maggiore è l’osservazione che il piombo con la calcinazione cresce di peso dell’ 8-l0%. Per la spiegazione occorre arrivare a Lavoisier, ma è la prima volta che viene riportato questo dato quantitativo. Un’altra osservazione riguarda la pirite che è ”in forme....cubiche a similitudine di dadi over bisquadre tutte iustamente squadrate. Talché artefice alcuno con qual si vogli strumento non potrebbe tirar più insti ne maglio li loro anguli”. E’ solo un’osservazione qualitativo ma precede di un secolo il non mutatis angulı̀s di Stenone. Georg Bauer, latinizzato in Georgius Agricola (Glachau 1494Chemnitz 1555) non ha mai incontrato Biringuccio, di diversi anni più grande, ma ne è stato influenzato dalla sua Pirotecnia da cui trae figure e argomenti, anche se trattati in maniera più approfondita e con un bello stile latino, nel famoso trattato De re metallica. La maggior completezza di questo trattato rispetto al precedente, ma anche un’altra importante opera De natura fossilium, giustificano l’appellativo di ”padre della mineralogia” per Agricola, in quanto il primo trattato è una perfetta sintesi delle conoscenze accumulate nei secoli precedenti sulla metallurgia e i trattamenti minerari, e il secondo, come già accennato, è un compendio sulle conoscenze dell’epoca su minerali e rocce scritto non sulla base di 70 un’erudizione ma su una pratica mineraria dei depositi sassoni, sia pure non diretta. Il Seicento vede alcune figure di spicco che segnano tappe importanti, talora fondamentali, nella storia della mineralogia. La spettacolarità delle forme esterne dei cristalli presenti nelle Wunderkammer e nelle collezioni stupisce i visitatori e incuriosisce gli studiosi. Alcuni come il grande astronomo e matematico Johannes Kepler (1571-1630) ne ricercano il significato metafisico associando i poliedri agli elementi di Aristotele, smentendo il grande filosofo greco. Questi aveva negato la corrispondenza fra i quattro elementi da lui indicati e i solidi di Platone (Figura 4.12), perché Figura 4.12: The Polyhedra questi non potevano riempire completamente lo spazio in contraddizione con la teoria dell’impossibilità del vuoto in natura (a parte il cubo). Keplero invece sostiene che il cubo, dalle evidenti facce quadrate che danno l’impressione della solidità, rappresenta la terra, il tetraedro, con pochi piani ad angoli acuti e sviluppo slanciato, simboleggia il fuoco, l’ottaedro, ben equilibrato, raffigura l’aria, l’icosaedro, con abbondanti facce ed angoli ottusi, adombra l’acqua, e anche la quintessenza, i corpi celesti, trovano la loro rappresentazione nel pentagonododecaedro con un numero di facce pari a quello dello Zodiaco. Ma basta una nevicata che lo sorprende per strada il giorno di Capodanno per ricondurre questo grande scienziato all’osservazione diretta dai cristalli esagonali di neve ed a formulare un’ipotesi sulla costanza dell’esagono nonostante la grande varietà di forme dei fiocchi di neve. Riprendendo un’idea già avanzata nel dal medico italiano Girolamo Cardano (1501-1576) e forse suggerita ad entrambi dalle palle di cannone disposte a cumuli vicino alle bacche da fuoco nei castelli dell’epoca, Keplero suppone i cristalli costituiti da impaccamenti compatti di sferette. 71 Questa ipotesi sarà ripresa nel 1665 dall’inglese Hooke, e più tardi, nel 1690, da Christian Huygen (Figura 4.13) ma sotto forma di ellissoidi per spiegare la Figura 4.13: Christian HUYGENS doppia rifrazione della calcite. Dal 1619, anno di pubblicazione dell’Harmonices mundi di Keplero, passano 50 anni e si giunge al ”De solido intra solidum naturaliter contento” (Figura 4.14) scritto a Firenze da Niccolò Stenone (Niels Stensen 1638-1686). Nel breve ”prodromo” di un trattato che non sarà mai scritto e in particolare in didascalia delle figure in fondo al testo, sotto una serie di disegni di sezioni di cristalli di quarzo e di ematite dalle forme più diverse, compaiono tre semplici paroline non mutatis angulis che rappresentano la nascita di una scienza, la cristallografia. L’aspetto dei cristalli può essere vario ma i valori angolari non cambiano, è già la legge della costanza dell’angolo diedro che avrà bisogno di verifiche su un vasto numero di specie cristalline e che sarà formalizzata solo un secolo più tardi da Romé de l’Iole. Non è inutile ricordare che le osservazioni di Stenone furono fatte su cristalli della sua raccolta, acquisita poi nelle collezioni del Granduca di Toscana e oggi conservate nel Museo di Mineralogia di Firenze. L’anno successivo, 1670, un altro danese Erasmus Bartholin (1625-1698) pubblica a Copenhagen (Hafnia) un volume dal titolo Experimenta cristalli islandici (Figura 4.15) che rende nota la fondamentale scoperta della doppia rifrazione nello spato d’Islanda, la varietà limpida e trasparentissima di calcite tipica dell’isola. Questa osservazione che doveva risultare di grande importanza sia per le teorie sulla natura della luce sia per il comportamento ottico dei cristalli, stimolò nell’autore tutta una serie di determinazioni volte da un lato a riconoscere la natura del materiale e dall’altro a misure angolari del cristallo. Per strofinio con un panno i cristalli, come l’ambra, attiravano corpi leggeri, con acidi davano una forte effervescenza, per forte riscaldamento si formava 72 Figura 4.14: De Solido intra Solidum naturaliter contento Figura 4.15: Experimenta cristalli islandici 73 calce viva. Le misure angolari davano 101◦ e 79◦ nelle facce rombiche e 103◦ 40’ per l’angolo diedro del romboedro. A questi dati sperimentali si associa però l’orgoglio che questo straordinario fenomeno della doppia rifrazione si verifichi su un materiale danese, sia pure di una ”colonia”, e non su cristalli di ben maggior valore come le pietre preziose, nemmeno nel diamante. Solo nel 1728 uscirà, postuma, l’opera dello studioso olandese Christian Huygens (1629-1695) che espose la teoria ondulatoria della luce spiegando, in particolare, la doppia rifrazione e la facile sfaldatura della calcite ammettendo che fosse costituita dalla giustapposizione di minuscoli ellissoidi con assi in rapporto 1:8. Altra personalità di spicco Robert Boyle (1627-1691), settimo figlio del Conte di Cork in Irlanda. Fra i suoi molteplici interessi, basti pensare alla legge sui gas che porta il suo nome, vanno ricordati le sue teorie sui colori e la trasparenza delle gemme in relazione alla loro genesi e inquadrate anche teoricamente nell’opera Medicina hydrostatica del 1690, e anche le sue misure sistematiche di densità di minerali: posto l’acqua = l. il quarzo risultò 2 2/3 (contro 2,65), l’haematite 5,7 tanziché 5,26), la magnesioferrite 4,6 (invece di 4,56), il gagate 1.22 (contro 1,33) La mineralogia è debitrice all’olandese Anton Leewenhoek (1632-1723) non solo, come le altre scienze naturali, per l’invenzione del microscopio, ma anche per una serie di osservazioni condotte su materiali tini di cui riconobbe laforma cristallina, in particolare del gesso. Di questi cristalli misurò gli angoli piani in 112◦ e 68◦ ipotizzandone la costituzione con infinitesime tavolette, ma soprattutto, con una serie di ingegnosi procedimenti atti a escludere influenze esterne, arrivò, per primo’ a verificare l’espulsione per riscaldamento di acqua dai cristalli di gesso nella misura di 1/5 del peso (teorico 20,43). Sempre a questo secolo si devono attribuire le ricerche del medico italiano Domenico Guglielmini (1655-1710) anche se i loro risultati furono pubblicati nel 1705 nel lavoro De salibus e poi, postumi, nel 1719 nell’Opera omnia. Su una serie di sali, dal salgemma al nitro dall’allume al vetriolo, egli verifica la costanza delle forme tipiche di ogni specie cristallina e soprattutto la costanza dei loro angoli ”stabile nulladimeno è sempre l’inclinazione dei piani e degli angoli”. Importante è anche la sua teoria sulla costituzione dei vari sali come giustapposizione di minuscoli poliedri di sfaldatura, ripresa un secolo dopo da Hauy. La prima metà del XVIII secolo non vede sostanziali cambiamenti rispetto al secolo precedente. Lo stesso Linneo (Cari von Linné latinizzato in Linnaeus 1707-1778) fondatore della sistematica botanica e zoologica non porta alcun contributo valido a quella mineralogica, anzi nel suo tentativo di unificare tutti i prodotti naturali parla di procreazione e di crescita vegetativa dei minerali, ipotesi già demolita nel secolo precedente da Stenone. A suo merito si può ascrivere l’importanza data alla forma cristallina con precisi disegni e modelli in legno. Occorre entrare nella seconda metà del secolo, con le prime determinazioni chimiche e con sistematiche misure goniometriche, per passare da una min74 eralogia puramente descrittiva a una scienza quantitativa che, con continui progressi, arriva fino ai giorni nostri. 75 Capitolo 5 La Mineralogia diviene Scienza nel Secolo dei Lumi: Il XVIII Secolo Nel XVII secolo gli scienziati e gli eruditi non sono certi sui limiti dei regni naturali ed iscrivono i prodotti di origine organica o le secrezioni come le perle certe altre concrezioni (bézoards)o licheni nel repertorio minerale. Progressivamente un grande interesse si indirizzerà dapprima nel campo della fisica e della chimica: propagazione del suono, scoperta dei gas, o della tecnica (termometri,pompe pneumatiche), si allargherà poi alla ”Mineralogia”, fino ad allora limitata allo studio dei sali minerali utilizzati in farmacia. All’inizio del XVIII secolo l’interesse per i minerali si precisa e nello stesso tempo in cui, gli appassionati iniziano a seguire dei corsi di Storia Naturale tenuti da Daubenton, i Valmont de Bomare, accanto alle accademie appaiono e si moltiplicano dei gabinetti di curiosità che appartengono a grandi signori. Queste collezioni si sviluppano molto rapidamente sono perciò necessari un ordine, un’etichettatura, un inventario. Messe a disposizione da uomini di scienza o da dotti in poco tempo le collezioni diventeranno dei veri e propri archivi dove questi uomini studieranno le produzioni della natura e getteranno le basi della vera mineralogia. 5.1 Gli Scienziati Alla fine del XVIII secolo la mineralogia si afferma come scienza. Anche se tutti i mineralogisti dell’epoca condividono le stesse preoccupazioni e prestino molta attenzione alla morfologia dei cristalli si manifesteranno due scuole, una di ispirazione fisica mentre l’altra più geometrica. Wallerius e Werner si applicheranno cosı̀ alla determinazione ed alla classificazione dei minerali. Bergman, Cronstedt, Von Born guardarono la composizione chimica. In Francia J.B.L. Romé de l’Isle (1736-1790) sulle tracce di Linné mette a pun- 76 to le conoscenze della sua epoca e nel 1783 con il suo assistente Arnauld Carangeot scopre la legge della costanza degli angoli diedri nei cristalli di una stessa specie. Introduce per altro la nozione di troncatura, sottolinea l’importanza della Cristallografia e ne conia il termine. Hauy (1743-1822) lavora alla struttura dei cristalli e dopo averne scoperto le leggi, le applica alla loro classificazione. Definı̀ la specie minerale e le divise in cinque classi: pietrosa,salina,combustibile non metallica, metallica, d’origine ignea e vulcanica.Si interessa cosı̀ alle associazioni minerali e ciò lo condurrà naturalmente verso lo studio delle rocce e dei minerali. 5.2 Le Collezioni Parallelamente alla riflessione dei mineralogisti, i gabinetti di storia naturale si organizzano e praticamente in tutta Europa si evolvono verso collezioni specifiche organizzate, dapprima private poi sovente universitarie serviranno da base ai grandi insiemi che diventeranno i musei nazionali. In Francia è Buffon che nel 1745 ha l’idea di costituire una collezione di minerali al ”Droguier du Jardin du Roi”,questa collezione che ebbe uno sviluppo notevole è all’origine del ”Muséum National d’Histoire Naturelle. Sempre a Parigi nel 1778 con lettere patenti si istituisce in una sala dell’Hotel de la Monnaie una cattedra di mineralogia e di metallurgia docismatica, nel 1783 questa cattedra sarà trasformata e darà luogo alla prima ”Ecole Royale des Mines de Paris”. In Germania e particolarmente in Sassonia esistevano già delle collezioni private intorno alle quali si fonderà la Bergakademie de Freyberg, che si doterà di una collezione orittognostica; questa riceverà uno sviluppo considerevole sotto la direzione di Werner. A Berlino la collezione fondata nel 1809 ebbe come origine il Gabinetto Reale dei minerali costituito nel 1781. In Boemia dove iniziò l’attività di Agricola, l’interesse per le collezioni di minerali è antico e costante. Questo si concentra in parti uguali nei diversi musei regionali come quello dell’Università di Praga, della Scuola Mineraria di Pribram. A Budapest il fondo del Museo nazionale risale alla collezione privata del Principe Lobkowitz. In Austria il Gabinetto Imperiale risale all’epoca del Cavaliere de Baillou, che fu arrichita principalmente dall’Imperatore Francesco Giuseppe di Lorena. Nel XIX secolo personaggi illustri come Mohs, Partsch,Tschermak l’organizzarono e la svilupparono. In Italia si assiste allo sviluppo del museo di Padova sotto l’influenza del naturalista Vallisneri, o a Bologna sotto quella del Conte Malvezzi. Il Museo di Storia Naturale di Torino vede la sua origine dalle antiche collezioni dell’Università fondata dal Duca di Savoia e Re di Sardegna Carlo Emanuele III intorno al 1730. A Roma è Papa Pio VII che istituı̀ il Museo di Roma nel 1804 con sede nel Palazzo della Sapienza. A Firenze viene fondato nel 1775 il Museo di Fisica e Storia Naturale 77 In Spagna si assiste alla creazione dell’Accademia delle miniere ad Almaden nel 1777. In Russia la collezione dell’Istituto delle miniere di San Pietroburgo poi quella dell’Accademia delle Scienze e la collezione privata di Nicolas von Leuchtenberg. In Inghilterra Robert Hooke progettò la fondazione di quello che sarà il British Muséum dal 1676 e pensò di istallarlo nella Montagu House a Bloombury. Una lotteria fu allora organizzata per finanziare l’acquisto dell’immobile e l’organizzazione della nuova fondazione. Il Repository della Royal Society fu trasferito nel nuovo Museo nel 1781 ma il vero fondatore fu Sir Hans Sloane, lasciando le sue immense collezioni e 20000 testi per la conservazione. Il XIX secolo vide lo sviluppo della mineralogia descrittiva, iniziò con l’eredità dei trattati di mineralogia di riferimento delle collezioni organizzate e la messa in opera dell’insegnamento mineralogico. 5.3 Sistema dei caratteri relativi ai minerali (di RenéJust Hauy) CARATTERI CHIMICI 1. con il fuoco • Fusione con aggiunta (il quarzo) • Fusione senza aggiunta (il felspato) • Volatilità (il muriato ammoniacale) • Detonazione con un corpo combustibile (il nitrato di potassio) • Decrepitazione (il nitrato di soda) • Ribollimento (il solfato di allumina) 2. con gli acidi • Dissoluzione con effervescenza (il carbonato calcare o calcite) • Produzione di una gelatina (l’ossido di zinco cristallizzato) 3. con gli alcali • La dissoluzione del rame con l’ammoniaca è di un bel blu • Il vapore del solfuro ammoniacale annerisce il carbonato di piombo (ceruzite) CARATTERI FISICI Fisica generale 1. Densità o peso specifico. Uso della bilancia di Nickolson. 78 2. Durezza : sistema per la stima • Con l’urto dell’acciarino : sostanze scintillanti, il quarzo, il felspato • Con la lima • Con la facoltà che una sostanza più dura ha di scalfirne una più tenera il flauto calcare (fluorite) graffia il carbonato calcare (calcite) • Con la pressione: I corpi molli flettono, il pisasphate. I corpi friabili si sgranano, l’asfalto. 3. Elasticità 4. Duttilità • Con la pressione, i metalli. • Con l’imbibizione, l’argilla. 5. Tenacità, non conviene che ai metalli 6. Impressioni sulla lingua • Sapore. I sali. • Allappamento alla lingua. L’argilla. 7. Impressioni sul tatto • Untuosità della superficie o della polvere, le steatiti. • Freddo più o meno sensibile, il diamante, la pietra di corno. 8. Odore • Con il vapore dell’alito, l’argilla • Con sfregamento, la pietra di pomice. • Con il fuoco. – odore d’aglio dell’arsenico. – odore bitumoso – odore solforoso 9. Suono • Con la percussione, i metalli, l’ardesia • Con la flessione, stridore dello stagno Fisica parziale 1. Azione della luce = Per riflessione Colore della massa 79 – loro specie – loro distribuzione uniforme,per macchie, per vene per punti, endendriti, agate onice, puntuato, arborizzato = loro gioco cangiamento,il felspato detto cangiante riflessi iridati. L’Agata opalina = Colore della polvere Simile a quella della massa. I metalli Differente , il talco = Tachure il carburo di ferro, il manganese. = Luminosità sia della superficie esteriore , che della spaccatura Brillante, il quarzo puro spenta, il diaspro untuosa, la giada serica, il slfato calcareo serico Perlato, il carbonato perlato Avente il brillante metallico Non avendone che l’apparenza, il talco = Per rifrazione Trasparenza – netta. Il quarzo limpido – media. Il solfato di ammonio – nulla=opacità. I metalli Strade della luce – rifrazione semplice. Il flauto calcareo (fluorina) – rifrazione doppia. Il carbonato calcareo (calcite) = Per fosforescenza Con l’aiuto del fuoco. Il fosfato calcareo (apatite) con lo sfregamento. Il quarzo, il solfuro di zinzo ( sfalerite) 2. Elettricità = per comunicazione: i metalli = per sfregamento elettricità vitrea, le pietre elettricità resinosa : lo zolfo, i bitumi 80 = per calore. Vitreo da un lato e resinoso dall’altro : la tormalina 3. Magnetismo = su ogni polo di una barra polarizzata. Il ferro ordinario = attrazione su un polo e repulsione sull’altro: il ferro magnetizzato CARATTERI GEOMETRICI Fisica generale 1. forma = Cristallina – Perfetta ∗ Numero, figure e assortimento di facce ∗ Angoli piani ∗ Angoli sporgenti – Imperfetta ∗ Arrotondamento di facce e angoli ∗ Striature e asperità – Imitativo. Corpi ramificati, conici, cilindrici, stalattiti , globlulosi, incrostazioni. – Indeterminato 2. Struttura = lamellare – senso delle lamine – figura delle molecole – leggi di decrescita = poliedrica o a faccette. Alcuni marmi – – – – – – Stratiforme . Lo scisto Striati. Lo spato calcareo Filamentosa. L’asbesto Raggiata. La pirite globulosa Granulosa. L’arenaria Cellulare.la pietra molare 3. Frattura = ondulata o vitrea. Il quarzo = squamosa. Il prasio. 81 Capitolo 6 Cristallografia geometrica e struttura cristallina: Il XIX Secolo dal 1800 al 1849 All’alba del XIX secolo Hauy aveva tracciato delle nuove strade la cui considerevole importanza si afferma ancora oggi. Le sue preoccupazioni, strettamente legate l’una all’altra, erano da una parte lo studio della struttura cristallina per se stessa, dall’altra l’osservazione delle specie minerali e delle loro associazioni in natura. I continuatori della sua opera hanno proseguito le loro ricerche in questi due campi, ma specializzandosi nell’uno o nell’altro. Appartengono a quel periodo le prime suddivisioni della disciplina: la mineralogia come studio delle proprietà cristallografiche e fisiche dei minerali, delle loro proprietà chimiche, dei loro tipi di giacimento e della loro genesi. Christian Samuel Weiss (Lipsia 1780-Eger 1856) fece conoscere in Germania le teorie di Hauy, ma egli orienta i suoi lavori verso un’altra spiegazione della cristallografia geometrica fondata sulla legge degli zone o legge di razionalità degli indici. 6.1 Morfologia cristallina Nel corso di questa prima metà del secolo i cristallografi prestano molta attenzione alla descrizione ed alla classificazione delle forme cristalline, cioè alla morfologia cristallina. Un numero considerevole di dati numerici sarà riunito e formerà la base indispensabile alla classificazione delle forme e delle simmetrie cristalline ed in seguito all’elaborazione delle teorie sulla struttura degli edifici cristallini. Nel 1809 W.H.Wollaston fece conoscere la sua goniometria a riflessione con asse di rotazione orizzontale e determinò in particolare gli angoli dei cristalli di calcite.Un miglioramento di questo strumento fu la goniometria a riflessione 82 munita di una lente a fuoco corto per permettere l’osservazione dei cristalli più piccoli. Nel 1808, J.H. Bernhardi ebbe l’idea di prendere in considerazione non più le facce o gli assi di zona come Weiss, ma le rette che partendo dal punto di simmetria centrale del sistema, sono perpendicolari alle facce. Nel 1821, J. Hausmann introdusse la trigonometria sferica nei calcoli cristallografici. Nel 1823 F.E. Neumann utilizzò come superficie di proiezione o il piano di una faccia opportuna del poliedro cristallino,o la superficie della sfera di cui il centro è preso come origine delle perpendicolari alle facce. Le facce del cristallo sono cosı̀ rappresentate dai punti (poli delle facce) d’intersezione delle loro perpendicolari con la superficie di proiezione. Questo metodo di proiezione stereografica sarà ripreso e sviluppato da W.H. Miller e F.A. Quenstedt. Il Traité de Cristallographie (Trattato di Cristallografia) di Miller(1839) divenne rapidamente un classico ed eclissò le altre opere delle stesso genere, la sua notazione cristallografica fu preferita a quella di Armand Levy (1837) fondata sulle forme primitive di Hauy. La notazione di Miller è ancora oggi universalmente adottata. Nel 1830 J.F.Ch:Hessel mostrò che non possono esistere che 32 specie di simmetrie nei poliedri cristallini, e che solo gli assi di simmetria 2,3,4, e 6 sono possibili. Ma il suo lavoro all’epoca fu ignorato e fu rivelato solo sessanta anni più tardi da L. Sohnke. 6.2 Struttura cristallina. La nozione di reticolo. Gabriel Delafosse,(1796-1878) ultimo allievo di Hauy ad accedere alla cattedra di mineralogia del Laboratorio di Mineralogia del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, nel 1857 è considerato come uno dei maestri della cristallografia. Tornando al procedimento del pensiero seguito da Hauy all’inizio dei suoi lavori, G. Delafosse mostrò che si doveva distinguere la molecola integrante dalla molecola chimica.Egli ricercherà i rapporti esistenti tra forma e struttura, ciò gli permetterà di trarre la nozione di ”reticolo cristallino” implicitamente contenuto nelle concezioni di Hauy . Riprendendo il ragionamento di Hauy sulla sfaldatura, egli stabilı̀ che ”... nell’interno del cristallo,le molecole sono sistematicamente distanziate, in modo da presentare nel loro insieme una sorta di configurazione regolare,o più esattamente l’immagine di un reticolo continuo a maglie parallelepipede...” e mostra che ”....la molecola integrante di Hauy non è nient’altro che il più piccolo dei parallelepipedi che formano tra loro le molecole vicine e di cui marcano i vertici, o se si vuole, essa non è che la rappresentazione dei piccoli spazi intermolecolari e delle maglie del reticolo cristallino. Questa ultima è il vero elemento atomico del corpo, a parte tutta la considerazione di stato cristallino: la particella integrante non è che elemento della sua struttura geometrica, quando si offre sotto questo stato particolare...”Cosı̀ Delafosse sostituiva al concetto di continuità implicitamente 83 ammesso da Hauy, quello di discontinuità. Cercando di raggiungere la realtà della molecola fisica nella disposizione degli atomi che la costituiscono, egli penetrò più profondamente di Hauy nell”’essenza” stessa del cristallo e diede un nuovo impulso alla scienza dei cristalli. Le sue teorie risolvevano le difficoltà che Hauy aveva incontrato per spiegare certe eccezioni alla legge di simmetria nelle specie minerali come la pirite o la tormalina.Per Delafosse le parti di un cristallo geometricamente identiche non lo sono necessariamente dal punto di vista fisico, in conseguenza delle differenze di struttura o di costituzione molecolare che esse presentano. Delafosse criticava il carattere esclusivamente geometrico della teoria della scuola tedesca di Weiss. Egli considerava già che gli atomi fossero in posizione di equilibrio nel reticolo cristallino: ”...le molecole sono fissate al punto di cui noi parliamo ( i nodi del reticolo), non in maniera solida,ma in uno stato di equilibrio più o meno stabile...” Se l’opera di Delafosse costituisce una tappa decisiva nello sviluppo della cristallografia nel XIX secolo,è Auguste Bravais (1811-1863) che ha il merito di aver sviluppato per primo la teoria delle disposizioni reticolari e fornito gli strumenti matematici che permettono di precisarne i caratteri. Bravais stabilisce le leggi che regolano i rapporti tra la simmetria della molecola cristallina e quella del reticolo scelto. Egli distingue cosı̀ 32 classi di simmetria cristallina ripartite in 7 specie di disposizione reticolare che corrispondono ai 7 sistemi cristallini di Hauy ed alle 32 specie di poliedri di Hessel. La teoria della struttura cristallina era dunque pervenuta ad un alto grado di perfezione, tuttavia, prima di arrivare alla scoperta della diffrazione dei raggi X (1912) che porterà la prova sperimentale della teoria reticolare, si deve attendere la seconda metà del XIX secolo e le scoperte di Sohncke,von Federow, Schoenflies e Friedel. 6.3 6.3.1 Proprietà fisiche Proprietà ottiche dei cristalli Nel corso della prima metà XIX secolo si elaborò poco a poco la conoscenza delle intime relazioni esistenti tra la simmetria dei cristalli e le loro proprietà ottiche e in particolare la birifrangenza. Nel 1808 E.L. Malus scoprı̀ all’Ecole des Minés di Parigi, guardando le riflessioni sopra un vetro del Palazzo del Lussemburgo, la polarizzazione per riflessione. Riprendendo l’idea di Newton , egli assimilò la molecola luminosa a una calamita che acquisisce dei poli e una direzione determinati. Malus riconobbe che i due raggi rifratti sono ciascuno polarizzati in un piano , e che questi piani sono perpendicolari l’uno sull’altro. Nel 1811 Arago e D. Brewster scoprirono la polarizzazione cromatica delle lamine sottili cristalline consegnando cosı̀ alla mineralogia un metodo molto sensibile di rilevazione della birifrangenza. Jean-Baptiste Biot (1774-1862) in Francia e D.Brewster in Gran Bretagna esaminarono le proprietà ottiche di un gran numero di specie cristalline.Biot 84 stabilı̀ le distinzioni tra i cristalli uniassici e biassici, positivi e negativi. Brewster e Wollaston scoprirono le figure di interferenze che permettono di stabilire facilmente queste distinzioni. Queste ricerche, che dimostravano il nesso tra le proprietà ottiche e geometriche del mezzo cristallino furono raccolte da Brewster in un’importante ”Mémoire sur les lois de la polarisation et de la double réfraction dans les substances cristallisées” (Memoria sulle leggi della polarizzazione e della doppa rifrazione nelle sostanze cristallizzate) comparsa a Londra nel 1818. Sulla base della teoria ondulatoria della luce, A.Fresnel riuscı̀ a spiegare brillantemente le correlazioni delle proprietà spiegate da Brewster, Biot e Arago. La sua ”Mémoire sur la double réfraction” (Memoria sulla doppia rifrazione),apparsa a Londra nel 1827, è il punto di partenza fondamentale dello sviluppo dell’ottica, cristallina teorica. Ma fu Alfred Des Cloiseaux il vero divulgatore dei metodi ottici in mineralogia e petrografia. Egli consacrò tutta la sua vita alla cristallografia geometrica e all’ottica dei cristalli.: fu uno dei primi più grandi utilizzatori del microscopio polarizzante. Perfezionò gli apparecchi di Nurremberg e di Amici, che erano allora in uso, introducendo il prisma di Nicol, e rendendo inclinabile, fino alla posizione orizzontale, l’asse del microscopio, ciò che facilitava la misura degli angoli degli assi ottici dei cristalli immersi in un liquido d’indice elevato. Nelle sue tre grandi memorie (1857,1858 e 1869) studiò sistematicamente le proprietà ottiche di più di 450 minerali trasparenti, utilizzando dei preparati che confezionava lui stesso, essendo dotato di una grande abilità manuale. Egli mostrò che nelle serie isomorfe le proprietà ottiche variano con la composizione chimica e ribadı̀ l’importanza di queste proprietà nella definizione delle specie minerali.Determinò quelle dei plagioclasi e fornı̀ le prime descrizioni del microclino. Completando i lavori di Grailich e von Lang, fornı̀ la definizione dei tre modi di dispersione inclinata, orizzontale o incrociata nei cristalli monoclici. I suoi lavori hanno costituito la base sulla quale è stata edificata la petrografia moderna. 6.3.2 Polarizzazione rotatoria Nel 1812 Biot osservò le particolarità ottiche del quarzo dovute alla polarizzazione rotatoria, ma, fautore della teoria corpuscolare della luce, non fu in grado di trovare una spiegazione ragionevole alle sue osservazioni. Questa fu data da Fresnel e l’anno successivo Biot, studiando la polarizzazione rotatoria di alcuni cristalli e liquidi organici, enunciò la legge che lega l’angolo di rotazione alla direzione seguita dalla luce, allo spessore attraversato e alla lunghezza d’onda. J.Herschel mostrò la relazione che esiste tra la disposizione delle faccette emiedriche del quarzo e le rotazioni destre e sinistre della luce del cristallo, collegando cosı̀ la polarizzazione rotatoria alla struttura cristallina. 85 6.3.3 azione del calore La modificazione delle proprietà ottiche dei cristalli sotto l’azione del calore è stata oggetto di interessanti ricerche di Brewster, di Mitscherlich e soprattutto di Des Cloizeaux. 6.3.4 Pleocroismo, colore Brewster (1819) intraprese lo studio sistematico dell’assorbimento della luce nei cristalli e stabilı̀ la relazione tra questa proprietà e le direzioni cristallografiche per i cristalli uniasse. 6.4 Proprietà chimiche dei minerali. La cristallografia chimica Le ricerche relative alla composizione chimica dei minerali si sono sviluppate nel corso del XIX secolo, in relazione allo studio dei componenti chimici e alla determinazione delle loro formule atomiche. 6.4.1 Isomorfismo e polimorfismo All’inizio del secolo Hauy pensava che ogni sostanza chimica avesse un suo modo particolare di cristallizzazione e che tutte le sue forme derivassero da una sola forma primitiva. J.N.von Fuchs nel 1817 pubblicò delle osservazioni sulla calcite e l’aragonite (le due forme di CaCO3 ). Già Klaproth nel 1788, poi Fourcroy e Vauquelin avevano riconosciuto l’identità di composizione chimica dell’aragonite e della calcite. Il merito essenziale della scoperta dell’isomorfismo e del polimorfismo risale a Eilhard Mitscherlich (1794-1863). Egli chiamò isomorfi due composti aventi una stessa costituzione atomica, di forme cristalline simili, cristallizzanti nello stesso sistema, ma conducenti a misure di angoli diedri tra facce leggermente differenti. La nozione di isomorfismo permette di interpretare meglio la composizione chimica complessa di un numero di minerali, di attribuire loro una formula semplice, raggruppante alcuni dei loro costituenti secondo l’idea delle sostituzioni isomorfiche tra alcuni elementi chimici vicini e di riunirli in una serie isomorfa di minerali. Questa nozione si rivelerà molto importante in petrografia e fu sviluppata in particolare da Hessel nel 1826 per la serie dei plagioclasi. Mitscherlich aveva riconosciuto che alcune combinazioni chimiche possedevano la proprietà di cristallizzare sotto due forme differenti ,in condizioni di formazione diverse. Questa fu l’origine della nozione di polimorfismo. Numerose scoperte seguirono e M.L.Franckenheim mostrò che, sotto l’influenza di alcuni agenti come la temperatura, la struttura cristallina poteva modificarsi. In seguito lo studio delle sostanze polimorfe fu oggetto di ricerche 86 molto precise che hanno avuto importanti applicazioni nell’industria chimica e metallurgica. 6.5 Le associazioni minerali in natura Nel corso del XIX secolo, si impose la nomenclatura moderna, dalla quale deriva il nome 1. di una proprietà caratteristica 2. di un nome di elemento chimico dominante 3. del nome di uno scienziato 4. di una località. Si abbandonano cosı̀ progressivamente i vecchi nomi per adottare i nomi moderni (possiamo citare l’esempio dell’Azzurrite). Alcuni allievi di Hauy si dedicarono alla descrizione e la nomenclatura. 87 Capitolo 7 History of mineralogy and crystallography 1850-1900 Documento presente solo nell’edizione in lingua INGLESE In the mid of the 19th century, it became obvious that mineralogical concepts based only on qualitative observations were not sufficient anymore to study minerals and crystals. The ideas of Ha´’uy, that more or less every chemical substance is only represented by one crystal structure, which itself is inferred from one single primitive structure, had to be revised. The discovery of transition phases between mineral species confirmed that the general organization of mineral and crystallographic groups had to be redefined. The main focuses of mineralogy research in the second half of the 19 th century were the questions of paragenesis, mineral formation and the building of the inner structure of crystals. The quantitative approach generalized and progressively replaced observations and deductions in all aspects of mineralogical studies. Scientists tried to focus on exact measurements of crystallographic structures, precise determination of physical parameters and accurate chemical analyses of minerals. F. A. Breihaupt (1791-1873) postulated in 1849 the theory of paragenesis, where he summarized the occurrence of special minerals and their modes and conditions of formation. His work influenced many fields of the geosciences. The quantitative methodology was strongly advocated for example by G. Rose (1798-1873) in his book, written in 1852 but still valid today, titled ”Krystallo-Chemische Mineralsystem”. His work led to the systematic organization of mineral based only on their chemistry and crystallography. Of particular importance to document the thermodynamic properties of minerals, was the discovery in 1876 by W. Gibbs (1839-1903) of the ”phase rule”. It helps to predict, in an enclosed system and known elemental composition, which mineral phases should form under specific conditions of pressure and temperature. Another key discovery which is today probably one of the most commonly used technique in the geosciences was the introduction by W H. C. Sorby (1926-1908) in England of the method of transmitted light microscopy 88 to investigate thin sections of minerals and rocks. In 1874, another British, H. Miller (1801-1880) constructed the two circle reflecting goniometer, which greatly eased, sped up and improved the measurement of crystal faces. Miller was already famous for his concept of Miller indices to identify crystal faces whichy he developed in 1839. In 1895, the German physicist Wilhem Conrad Roentgen discovered that cathode ray tube emitted a mysterious radiation which penetrated black paper. This radiation later called X-ray is now widely used to characterize and identify crystal structures, using the X-ray diffration method first developed by Friedrich, Knipping, and von Laue in 1912. The late 1800 also saw the discovery of radioactivity by French chemist Henri Becquerel . By placing uranium-rich minerals wrapped in black paper on a photographic plate Becquerel realized that they emitted radiation continuously fogging the plate. This discovery which Becqurel presented at the Academie des Sciences in Paris in 1986 very much influenced chemistry, physics and mineralogy in the 20 th century and formed the basis of the work of Marie and Pierre Curie. 7.1 Crystal physics Among the scientists of the second half of the 19 th century, which worked on the physical crystallography, especially elasticity, density, electricity were E. Mallard and T. Liebisch. Mallard focused on optical characteristics of minerals and explained in details abnormal optical phenomenon in crystals in his seminal paper ”Explication des phénomènes optiques anormaux, que présentent un grand nombre de substances cristallisées” published in 1876. In parallel with the optic light investigations, V. von Lang in Vienna and E. Jannettaz in Paris analyzed thermal conductivity in crystals. At the same time, A. Fizzeau in France and L. Fletcher in England worked on thermal expansion rates in crystals. Many scientists, among them G. Hankel in Leipzig focused their attention on electrical properties of crystals. In 1880, J. and P. Curie discovered that if pressure is exerted at the end of a crystal polar axis a negative charge is produced at one end and a positive charge at the other end, this phenomenon is called piezoelectricity. 7.2 Crystal geometry On of the most important scientist in the second half of the 19 th century in the field of crystal geometry was the French August Bravais (1811-1863). He developed the theory of crystal lattices (network, space lattice), named after him and published them 1850 in ”Memoire s. l. systémes formés par des points distributés régulièrement sur un plan ou dans l´espace”. He proved, that only 14 different lattices are possible. Bravais work had a great influence on crystallography. In his book ”Traité de Cristallographie géometrique et physique” from 1874, E. Mallard developed the principles of modern crystallography, based on the Bravais theory. In Germany, L. Sohnke worked on this theory, which was presented in 1879 in his thesis ”Entwicklung der Theorie 89 einer Kristallstruktur”. He postulated that 65 regular crystal lattices to explain symmetry, cleavage as well as the grade of symmetry (normal symmetric or lower grade of symmetry). Based on his work, the Russian mineralogist F. Fedorow (1890) -who had already invented the universal stage to improve microscopic investigations-, and the German mathematician A. Sch´’onflies (1891) developed independently the general theory of internal symmetry and order within crystals which was later very much used in X-ray crystallography. Both showed evidence for 230 different types of structure, based on rotation and reflection of the simple crystal symmetry classes. In England the physicist Lord Kelvin worked on understanding close packing system in crystals. 7.3 Chemical crystallography The amount of chemical investigations on minerals increased enormously at the end of the 19 th century. In 1846 E. de Beaumont (1798-1874) published an overview of the frequency of chemical elements in the Earth’s crust. Even the growth and dissolution behavior of minerals were investigated (F. Leyboldt, V. v. Ebner, F. Becke). In 1890, A. Verneuil (1856-1913) was able to synthesize for the first time the mineral ruby. The most extensive compilation of mineral deposits and investigations of special minerals can be found in C. Hinze´s (1851-1916) ”Handbuch der Mineralogie” and in James D. Dana (1813-1895) book ”A system of Mineralogy”. Both of these books are still widely used today. 7.4 Regional mineralogy During the 19 th century regional descriptions of mineral deposits evolved in parallel with investigations of the theoretical problems in mineralogy. Compilations containing vast information about mineral characteristics, form, structure, type of occurrence etc were published in various countries. The late 19 th century industrial revolution demanded abundant raw material of whole sort. Precise mineralogical knowledge played a key role in mining and metallurgical developments as well as in the chemical industry. A brief selection of the most important papers of the second half of the 19 th century is listed below, they illustrate the need to summarize the mass of observations accumulated during this period on mineral descriptions and analyzes. 7.5 Bibliography Germany • August Frenzel (1842-1902) & ”Mineralogisches Lexikon für das Königreich Sachsen” 1874 90 • O. Lüdecke (1851- 1910) & ”Die Mineralien des Harzes” 1896 • H. v. Dechen - ”Die nutzbaren Mineralien und Gebirgsarten im deutschen Reiche” 1873 • F. Besnard & ”Die Mineralien Bayerns” 1854 • F. Klockmann ”Lehrbuch die Mineralogie” 1892 Austria/Hungary • J. F. Vogl - ”Gangverhältnisse und Mineralreichtum Böhmens” 1856 • M. J. Ackner - ”Die Mineralogie Siebenbürgens” 1885 • Einen zusammenfassenden überblick geben V. v. Zepharovich und F. Becke in dem dreibändigen Werk: ”Mineralogisches Lexikon für das Kaiserthum österreich” 1859, 1873 und 1891 Italy • G. Jervis ”I tesori sotterranei dell´ Italia” 1873 & 1889 France • Lacroix ”Minéralogie de la France” 5 volumes 1893-1913 Spain/Portugal • C. Tenne und S. Calderón & Die Mineralfundstellen der Iberischen Halbinsel 1902 • S. Calderón & ”Los Minaralos de España” 1908 Great Britain • K. Ph. Greg und W. G. Lettsom & ”Manual of the mineralogy of Great Britain and Ireland 1858 Russia • N v. Kokscharow & ”Materialien zur Mineralogie Rußlands” 11 Bände 1853 & 1891 • James D. Dana (1813-1895) published ”A System of Mineralogy”, where a compilation of all minerals outside Europe can be found. 91 Capitolo 8 La mineralogia moderna, il XX secolo: Principi e Metodi Nata nel XVIII secolo, la mineralogia rimane una scienza molto attuale e, con lo sviluppo delle tecniche moderne, il suo campo di applicazione ricopre settori estremamente vari. Senza dubbio, le specie mineralogiche più importanti sono state attualmente scoperte. In media, circa un centinaio di nuovi nomi sono sottoposti alla commissione di nomenclatura che, sotto l’egida dell’Unione Internazionale di Mineralogia, riconosce le nuove specie e discredita vecchi minerali insufficientemente caratterizzati. Il saldo non supera qualche decina di specie nuove per anno, sovente quelle di taglia più piccola. Ma se la scoperta di nuove speci, è la segreta speranza di molti mineralogisti, per interessante che sia , non costituisce che un aspetto particolare, in definitiva assai limitato, della ricerca mineralogica. La mineralogia gioca un ruolo centrale in tutte le Scienze della Terra: in Petrografia, sia essa ignea,metamorfica o sedimentaria, ci si interessa per prima cosa ai minerali che costituiscono le rocce. Si potrebbe dire altrettanto della Geologia Strutturale, della Metallogenesi o della stessa Geofisica, interessandosi a parametri in generale interpretati con rifermento a fasi minerali ( ”olivina” a struttura di perovskite, fasi ipotetiche del mantello profondo o del nocciolo, etc). La cristallografia che sotto i suoi aspetti più immediati (cristallografia geometrica) è stata all’origine della mineralogia, è oggi usata più ampiamente, ed è divenuta uno strumento essenziale in chimica (inorganica e organica, per lo studio di tutti i composti artificiali che non sono rigorosamente dei minerali, essendo questo termine in principio riservato ai corpi naturali), in fisica (soprattutto fisica dello stato solido) o in biologia (e.g: struttura delle proteine). Ne risulta un rischio non trascurabile, che si può verificare con il ritmo della scomparsa delle cattedre di mineralogia nella maggior parte delle universià del mondo: diluendosi nelle altre discipline, la mineralogia tende a perdere la sua identità, divenendo uno strumento nelle mani di altri specialisti che non sempre ne comprendono le sottigliezze. Al fine di comprendere tutta l’importanza della Mineralogia in seno alla Scienze della Terra, è importante conoscere le grandi tappe del suo sviluppo storico: ”the more one knows about minerals, the better Earth Scientists one will be , no 92 matter what one’s individual specialization” ( il maggior studioso delle Scienze della Terra, a prescindere dalla propria specializzazione individuale, è colui che ha maggiori conoscenze nel settore della Mineralogia) (F.C. Hawthorne, Presidential address Mineralogical Association of Canada, 1992). 8.1 L’inizio della Mineralogia moderna, dalla fine del XVIII secolo fino alla metà del XX 8.1.1 Cristallografia: dallo studio della forma geometrica dei cristalli alla radiocristallografia La fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX vedono i veri inizi della mineralogia moderna, con lo sviluppo della cristallografia geometrica che partita dallo studio morfologico dei cristalli naturali, darà luogo rapidamente all’analisi delle leggi di simmetria e all’identificazione dei sistemi cristallini. J.B. Romé de l’Isle enuncia la legge della costanza degli angoli, mentre R.J.Hauy identifica le principali leggi della simmetria delle forme esterne dei cristalli e introduce la nozione di molecola integrante.G.Delafosse introduce la nozione di discontinuità nel cristallo. Gli elementi di simmetria identificati da Hauy (centro, piano, assi di ordine 2, 3,4, o 6) non permettevano che di definire le 32 classi di simmetria alle quali si rapportavano tutti i cristalli naturali, questo fu stabilito verso la metà del XIX secolo da A.Bravais. Quest’ultimo riconobbe anche un certo numero di forme di reticolo, che riguardavano la struttura interna dei cristalli e ricorrendo a nuovi a operatori di simmetria, piani di traslazione e assi elicoidali. Le analisi puramente matematiche di insiemi autorizzati da questi operatori di simmetria, che è uno dei fondamenti della teoria dei gruppi, corrisponde ad uno dei migliori esempi di una applicazione di matematiche tra le più astratte, ad una scienza naturalista. Nel 1879, Léonard Sohncke identificava 66 gruppi di simmetria ed apriva la strada a Schoenflies e Fedorov, che stabilirono i 230 gruppi di simmetria che, ancora oggi, sono alla base delle moderne idee sulla struttura atomica dei cristalli. E’ sorprendente constatare che questa struttura atomica, che era stata intuita, ma non dimostrata, a partire dall’analisi geometrica delle forme esteriori dei cristalli naturali, sarà verificata in maniera lampante con lo sviluppo della radiocristallografia all’inizio del XX secolo. Dopo che G. Friedel aveva definito, nel 1904, il concetto di motivo cristallino, Max von Laue (1879-1960) realizzò nel 1912 il primo esperimento di diffrazione di raggi X con un cristallo di blenda, dimostrazione storica della struttura periodica dei cristalli. La radiocristallografia intraprese cosı̀ un rapido sviluppo, soprattutto grazie ai Bragg, il padre (William Henry, 1862-1942) e suo figlio William Laurence (1890-1971). Ottennero insieme il premio Nobel nel 1915 per aver dimostrato che lo studio dei diagrammi di diffrazione X permetteva di determinare la struttura dei minerali alla scala dell’atomo. Nel 1917 P.Debye (1884-1966) mette a punto le tecniche di diffrazione su un minerale finemente polverizzato (diagrammi di polveri), che sotto il nome di 93 metodo Debye-Scherrer diverranno il metodo più utilizzato per l’identificazione delle diverse specie minerali. I primi diagrammi di polvere sono realizzati nel 1917 e valsero ai loro autori il premio Nobel nel 1936. Nello stesso tempo, moltiplicarono i dati sulle strutture dei differenti minerali . Dall’avvento della radiocristallografia, i Bragg avevano lavorato sulla struttura della Halite, che essi determinarono nel 1924, rifacendosi al passaggio dei risultati proposti venti anni prima da William Barlow. Non sempre è un bene essere troppo avanti rispetto al proprio tempo, e le idee di Barlow non avevano avuto alcuna eco presso gli scienziati del suo tempo. Dopo la storica scoperta dei Bragg, le strutture dei principali gruppi di minerali saranno rapidamente identificate: diopside, tremolite e vesuvianite da B.E. Warren nel 1929, berillo,muscovite e biotite da J.West, il gruppo cosı̀ importante dei feldspati da W.H.Taylor, etc. Nel 1935 le strutture minerali delle rocce più comuni sono conosciute. La radiocristallografia sarà cosı̀ un potente mezzo di investigazione per i minerali a composizione variabile (soluzioni solide), risolvendo in modo definitivo la celebre controversia che aveva opposto Hauy a Mitscherlich a proposito del principio di isomorfismo. Essa partecipa cosı̀ alla determinazione delle proprietà chimiche, completando i metodi diretti di analisi. Nel 1922, Mauguin pubblica un lavoro fondamentale sulla struttura dei cristalli semplici a composizione chimica variabile: cloruri e solfuri. Parallelamente suggerisce le strutture di miche e cloriti. La struttura di questi silicati è formata da un numero fisso di atomi di ossigeno: 12 per i primi e 18 per i secondi,mentre, il numero dei cationi è variabile. Nel 1929, L. Pauling stabilı̀ la struttura completa di questi minerali complessi, fornendo le dimensioni del reticolo cristallino e lo spessore degli strati ( 10Å per i mica, 14Å per le cloriti). Questi lavori, che sono alla base di tutte le ricerche sulla struttura del minerali delle argille, aprono la strada a generazioni di ricercatori, per la Francia, i nomi di J.Wyart, S.Goldztaub, A.J. Rose, A. Rimsky ( e molti altri)- fanno si che oggi, le strutture di tutti i minerali sono dettagliatamente conosciute, fornendo una base fisica coerente all’interpretazione delle loro proprietà. Si attribuisce oggi una grande importanza allo studio delle imperfezioni (difetti) dei reticoli cristallini, e le conoscenze acquisite trovano applicazioni immediate in altre discipline, in particolare nella metallurgia e nella scienza dei materiali. Per fare un esempio recente, ci sono dei mineralogisti del Geophysical laboratory della Carnegie Istitution (Washington DC, USA) che hanno determinato le strutture dei primi corpi superconduttori a (relativamente) alta temperatura, partecipando in maniera decisiva ad una delle più grande avventure della fisica moderna. 8.1.2 Proprietà chimiche dei minerali Un minerale si definisce come un corpo naturale a struttura ordinata – raramente a struttura vetrosa, come il vetro naturale di silice o Lechatelièrite – 94 ed a una data composizione chimica: costante per un certo numero di specie relativamente semplici (SiO2 per il quarzo, CaCO3 per la calcite, etc), variabile nel limite delle sostituzioni isomorfiche autorizzate per la definizione della specie. Questa ”autorizzazione” corrisponde alla sostanza delle discussioni in seno alle commissioni internazionali di nomenclatura: si deve considerare o no l’oligoclasio, plagioclasio albitico a (circa) 20% di anorthite , come un minerale a se stante o una varietà di un altro minerale, il plagioclasio. Le discussioni sono spesso animate in seno alla commissione, con talvolta delle considerazioni che non sono interamente scientifiche. Esistono numerose regole per proporre un nome di minerale , che può riflettere sia il giacimento (andalusite), alcune proprietà fisiche (disthène=due durezze o kyanite=colore blu) o chimiche (fluorite), etc. Ma la tendenza moderna è soprattutto quella di dedicare un nuovo minerale ad un mineralogista conosciuto, in generale un collega di colui che propone la nuova specie. L’accettazione di un nuovo nome o, fatto molto più imbarazzante, la soppressione di una specie insufficientemente caratterizzata, può divenire talvolta un problema che riguarda la politica. Queste note mostrano che la composizione chimica è tanto importante quanto la struttura per la caratterizzazione di una specie data.La prima classificazione che si può considerare come moderna, di A.G. Werner a Friburgo, in Sassonia, era unicamente basata sulle proprietà fisiche dei minerali. Ma dal 1758, Kronstedt ha introdotto dei dati chimici, che hanno acquisito rapidamente una grande importanza uguagliando, e poi sostituendo i caratteri fisici. Questo periodo vede una interazione profonda tra mineralogisti e chimici (in particolare con la scoperta di Dalton )(1766-1844) delle leggi della stechiometria, che fornı̀ una base coerente alla nozione di struttura atomica dei minerali. Molti scienziati dell’epoca, come Ebelmen o Vauquelin, furono sia dei chimici di grande fama e importanti artigiani della mineralogia ”chimica”. La scuola svedese fu particolarmente importante, con T.Bergman (1735-1884), e soprattutto con J.J. Berzelius (1779-1848), che sviluppò una classificazione dei minerali basata sull’elettronegatività degli elementi. Fu in questo periodo che si introdussero classi di minerali come ossidi,alogenuri,fosfati,solfati e silicati, che sono ancora oggi alla base delle classificazioni moderne. Possiamo aggiungere a questi pionieri il nome di Lavoisier, che si interessò molto alla mineralogia – con una importante collezione personale di ”sostanze minerali”–, il quale però , non ebbe il tempo di sviluppare la mineralogia di Hauy nella direzione della chimica, verso la quale l’avrebbe probabilmente portata. Per R.J.Hauy, in effetti, la chimica non gioca che un ruolo accessorio nella definizione di un minerale. Se la chimica può rivelare la natura e la quantità dei costituenti, essa non può rivelarne la struttura che è definita solo dai criteri geometrici (cristallografia). Per Mitscherlich, al contario, due minerali possono essere differenti pur avendo stessa struttura,se esistono delle differenze significative a livello del chimismo. E’ il principio di isomorfismo, la fonte di una controversia che amareggiò gli ultimi anni della lunga vita di R.J.Hauy( che giungerà al punto 95 di intentare delle azioni legali nei confronti dei suoi avversari). Questo punto fondamentale non sarà risolto che un secolo più tardi, quando V.I. Vernadsky, V.M. Goldschmidt e alcuni altri generalizzarono la nozione di soluzione solida, dimostrando in modo irrefutabile l’esattezza del punto di vista di Mitscherlich. Al di là di queste controversie, la fine del XVIII secolo e l’inizio del XIX videro una crescita impressionante della conoscenza scientifica. La maggior parte dei minerali ”importanti” cosı̀ come 25 nuovi elementi chimici saranno scoperti in qualche decina d’anni (dal 1790 al 1830), stabilendo in maniera definitiva la base chimica della mineralogia descrittiva e confermano la preminenza delle idee di Berzélius. Un avanzamento decisivo si produrrà nel 1837 con la comparsa della prima edizione del ”System of Mineralogy”(Sistema di Mineralogia) di James Dwight Dana. Nella quarta edizione del 1854, Dana adotta la classificazione di Berzelius, seguendo uno schema che si ritrova quasi integralmente nelle opere moderne.Il ”Dana” resterà per decenni la ”bibbia” dei mineralogisti, superando in modo definitivo il trattati precedenti (in particolare R.J.Hauy, poi Dufrenoy e F.Beudant per la Francia, J.F.L. Hausmann (1813) per la Germania e R. Jameson (1816) per il Regno Unito. Tuttavia se i dati chimici acquistavano un importanza sempre maggiore, è necessario ricordare che, durante tutto il XIX secolo, analizzare in modo relativamente preciso la maggior parte dei minerali costituiva un ”tour de force” tecnologico. Non si potevano ottenere delle analisi precise quantitative che dopo aver portato in soluzione gli elementi chimici, operazione particolarmente delicata per numerosi minerali, in primo luogo i silicati. La presenza di alcuni elementi –soprattutto i metalli– era accertata con i metodi di analisi ”per via secca”, ricerche pirognostiche al cannello ferruminatorio che furono condotte ad un livello elevato di sofisticazione da specialisti quali: A:Braly o R. Berthier. Attualmente dimenticate, queste tecniche costituivano ancora una parte importante dell’insegnamento universitario di Mineralogia all’indomani della Seconda Guerra Mondiale. Le analisi quantitative si richiamano ai metodi tradizionali della chimica analitica: messa in soluzione, avendo, per i silicati, il problema di dover manipolare acido fluoridrico concentrato, estremamente pericoloso; poi analisi per gravimetria, colorimetria etc.Si cercava di ovviare alle difficoltà attraverso metodi ingegnosi (per esempio la 4elemento, e.g. lavori di Berhens e Boricky nel 1877, di L, Bourgeois nel 1893) ma non poteva che trattarsi di metodi qualitativi e semi-quantitativi, che rimanevano relativamente riservati. In ciascun paese, soltanto alcuni centri erano abbastanza importanti da disporre di tutto il materiale e soprattutto di analisti sufficientemente qualificati: il Museo di Storia Naturale a Parigi (lavori di A.Lacroix e J.Orcel), i laboratori della Carnegie Institution negli USA, le università di Berlino o Heidelberg in Germania, i centri di Vienna (Austria) o Zurigo (Svizzera),etc. A dispetto di queste difficoltà, un enorme lavoro di analisi di migliaia di minerali e di rocce è stato realizzato tra il 1790 e gli anni che seguirono la Prima Guerra Mondiale, permettendo l’avvento di una nuova e importante disciplina delle Scienze della Terra, la Geochimica, 96 che comparve nel 1920 a partire da almeno tre correnti di pensiero indipendenti, ma complementari: il gruppo di F.N.Clarke negli USA, che svilupperà la petrografia chimica ( in particolare per le classificazioni petrografiche e la stima delle composizioni medie dei diversi elementi che costituiscono il nostro pianeta), V.M. Goldschmidt (1888-1947) in Norvegia, in Germania (travolta dalla Seconda Guerra Mondiale)(applicazione delle leggi della termodinamica chimica agli equilibri tra i minerali) , A.Fersman (1883-1945) a Parigi (Museo di Storia Naturale), in Russia (Mosca)(nozione di ciclo geochimico, interazione tra i differenti strati del nostro pianeta, dall’atmosfera fino alle parti interne più profonde). Tra questi nomi, la maggior parte degli specialisti contemporanei è concorde nel considerare V.M. Goldschmidt e V.I. Vernarsky come i veri iniziatori della Geochimica moderna,la quale ha avuto un notevole sviluppo dopo che si è saputo analizzare ed interpretare i ”traccianti” geochimici ( elementi in traccia e geochimica isotopica). 8.1.3 Proprietà fisiche Gli scienziati hanno cercato di compensare le difficoltà di analisi chimica dei minerali attraverso lo studio di altre proprietà, in particolare quelle fisiche. Le proprietà fisiche di base: colore, luminosità,densità, durezza, aspetto (sfaldatura) restano un sistema importante per la determinazione, soprattutto sul terreno. I principi del loro studio non sono variati dall’inizio del XIX secolo: nel 1820, il mineralogista austriaco F.Mohs, mentre fornisce la prima definizione rigorosa dei 7 sistemi cristallini, pubblica la scala di durezza a 10 gradi che viene utilizzata ancora oggi: 1.talco, 2.gesso, 3.fluorite, 4.calcite, 5.apatite, 6.ortoclasio, 7.topazio, 8.quarzo, 9.corindone, 10.diamante. Ma accanto alle caratteristiche evidenti, due proprietà presentano un’importanza particolare: interazione dei cristalli con la luce (proprietà ottiche) e proprietà termiche, molto utilizzate per l’analisi di alcuni minerali di piccolissime dimensioni (minerali delle argille) 8.1.4 Proprietà ottiche: osservazione dei minerali al microscopio polarizzante La scoperta della doppia rifrazione nello spato d’Islanda di E. Bartholin nel 1672 e la prima interpretazione di C. Huygens nel 1674, segnano l’inizio dello studio delle proprietà ottiche dei cristalli. Le ricerche, per lo più indirizzate verso la cristallografia geometrica, non progredirono durante tutto il XVIII secolo, ma subirono una forte accelerazione a partire dal 1800, cioè da quando gli scienziati disposero di strumenti adatti (microscopio). Intorno al 1810, Arago studiò la polarizzazione e il potere rotatorio del quarzo, mentre Biot stabilı̀ i primi principi di quella che diventerà l’ottica cristallina, riconoscendo in particolare le categorie dei cristalli uniassici e biassici. Si comprese allora che alcuni minerali interferiscono con il piano di polarizzazione della luce, e questo sollecitò una serie di lavori sull’ottica dei 97 microscopi. Le prime ricerche sono meno indirizzate ai cristalli che alle imperfezioni che queste possono presentare,i n particolare le inclusioni fluide che per prime colpirono gli osservatori quando iniziarono a osservare i cristalli al microscopio.All’inizio del XIX secolo, Davy e in seguito Brewster scoprirono un misterioso ”liquido fortemente dilatabile”, di cui analizzarono con precisione le caratteristiche fisiche (indice di rifrazione) e il comportamento a temperatura variabile. Ma la sua composizione fu conosciuta soltanto 50 anni più tardi (1871), con le analisi spettroscopiche di H.Vogelsang e F.Geisler a Delfy: si trattava del CO2, uno dei componenti principali delle inclusioni fluide. Nel 1818, Mallus scopre la polarizzazione cromatica e definisce il raggio polarizzato. Nel 1830, Nicol perfeziona il sistema di prismi di Mallus e costruisce il prisma polarizzante che portò il suo nome, permettendo la costruzione del microscopi polarizzanti adatti all’osservazione di lamine sottili di minerali e rocce.Nonostante le derisioni dei suoi colleghi ”Monsieur de Saussure,qui se moquait de ce que l’on cherche du étudier des montagnes sous un microscope”, l’inglese H.C.Sorby estende l’uso del microscopio polarizzante in mineralogia e in petrografia,portandounarivoluzione tecnologica che non avrà uguali fino alla scoperta della microsonda elettronica, un secolo e mezzo più tardi. Grazie a progressi tecnici notevoli realizzati in alcuni anni da grandi fabbricanti di microscopi, come Nachet in Francia, Leitz e Zeiss in Germania, Reichert in Austria, la determinazione dei caratteri ottici dei minerali diverrà una delle più grandi avventure scientifiche del XIX secolo. I mineralogisti ricercarono prima di tutto le relazioni tra i caratteri ottici,struttura e composizione all’interno dei grandi gruppi di minerali di rocce: in primo luogo feldspati, mica,pirosseni e anfiboli.Il microscopio polarizzante più che un mezzo di determinazione è un autentico strumento di analisi. L’ottica cristallina è una scienza complessa, con la quale si misero in luce celebri fisici, tra i quali Fresnel, che definı̀ nel 1820 l’ellissoide degli indici. Due grandi scuole iniziarono a dominare il mondo: la Francia che grazie ai ricercatori del Museum d’Histoire Naturelle e de l’Ecole de Paris rimane quasi esclusivamentemineralogica e la GermaniaAustria, che si orientò rapidamente verso la descrizione sistematica delle composizioni dei minerali all’interno delle rocce, prendendo dunque una strada più nettamente petrografica. A Parigi, A.Descloizeaux studia, grazie a delle lamine spesse, i caratteri ottici di 468 specie minerali, mentre A.Michel-Levy, nel 1890, stabilisce le basi teoriche che permettono l’interpretazione delle misure di birifrangenza. Il problema importante della determinazione del gruppo dei feldspati, che permetterà lo sviluppo delle classificazioni petrografiche moderne basate sulla composizione dei minerali ”chiari” (ricchi in alcalini:quarzo, feldspati e feldspatoidi), sarà affrontato da Des Cloizeaux nel 1875, seguito da P. Fouquè e A. Michel-Levy, finalmente risolto in un’opera magistrale pubblicata da quest’ultimo nel 1894: ”L’étude sur la détermination des feldspaths dans les lames minces au point de vue de la classification des roches”,(Lo studio sulla determinazione dei feldspati nelle lamine sottili dal punto di vista della determinazione delle rocce), sarà ripreso, in modo più o meno diretto, da tutte le opere che spiegano l’uso dal microscopio ai petrografi. 98 Nello stesso periodo (1893), il russo V.S. Fedorov introduce i primi tavolini universali, che permettono l’orientamento tridimensionale delle sezioni sottili delle rocce sotto il microscopio. Questi apparecchi complessi consentono un’identificazione precisa degli elementi ottici (in particolare assi) in rapporto agli elementi cristallografici. Il tavolino universale ispirerà una serie di lavori importanti (Duparc e Rheinhart in Svizzera,Emmons negli Stati Uniti), che rimangono importanti dal punto di vista teorico, ma che hanno perduto molto del loro interesse pratico in mineralogia analitica dopo l’invenzione delle microsonde elettroniche. Il tavolino rimane in compenso molto utilizzato in una forma semplificata ( ad ago) per lo studio dei minerali in grani, e per misure microstrutturali. Nei paesi di lingua tedesca gli studi si indirizzano verso la petrografia. Le classificazioni petrografiche tedesche sono soprattutto basate sull’indice di colore, percentuale relativa tra minerali chiari (contenenti principalmente K, Na,Ca) e scuri (ricchi in Fe-Mg). L’indice di colore è immediatamente percettibile sotto il microscopio, senza che sia necessario conoscere in modo preciso la composizione dei differenti gruppi minerali. Il contributo della scuola tedesca ai progressi della mineralogia microscopica è tutt’altro che trascurabile. Nel 1864, P. Tschermak definisce in maniera rigorosa il concetto di soluzione solida e, nel 1870, precisa i caratteri microscopici dei principali gruppi di minerali colorati: miche(biotite), pirosseni (augite) e anfiboli (orneblenda). Nel 1890, il mineralogista viennese F.Becke dimostra che , quando si allontana dal fuoco un preparato sotto il microscopio il senso dello spostamento di un alone luminoso a contatto di due minerali contigui dipende dal valore relativo dei loro indici di rifrazione. Questo celebre metodo del ”linea di Becke” resta ancora oggi un mezzo essenziale di determinazione, non soltanto sui minerali in sezione sottile, ma anche sui minerali isolati ( in grani). A partire dal 1900, le conoscenze teoriche sono sufficienti per affrontare la realizzazione dei grandi trattati sistematici, la cui realizzazione continuerà fino alla vigilia della seconda guerra mondiale. Questi trattati riguardanti sia la mineralogia sistematica sia la petrografia, evidenziano alcuni contrasti tra la Francia e la Germania. In Francia si privilegia principalmente la mineralogia sistematica, questa scelta è dovuta in particolare a A.Lacroix, Professore al Museum, che, a partire dal 1893, pubblicherà durante più di 20 anni i monumentali volumi della Minéralogie de France et deMadagascar (Mineralogia della Francia e del Madagascar). In Germania, i trattati di H.Rosenbusch (Mikroskopische Physiographie de Mineralien und Massige Gesteinen) di cui la prima edizione è datata 1873, saranno costantemente ristampati e completati fino al 1924 da E.Wulfing. Queste opere restano una base di riferimento indispensabile,e soprattutto sono la fonte diretta di tutte le opere utilizzate ancora oggi per l’insegnamento della mineralogia e della petrografia microscopica (e.g. M.Roubault in Francia, A.Kerr negli Stati Uniti, etc.) Per lungo tempo, soltanto i minerali trasparenti sono stati studiati al mi99 croscopio ”a trasmissione”, nei quali i raggi luminosi passano attraverso ai minerali studiati. Nel 1927 J.Orcel estende questa tecnica ai minerali opachi. Egli mette a punto un microscopio polarizzante per riflessione, che permette di fare osservazioni qualitative sui costituenti dei minerali opachi: colore, durezza,sfaldatura e colore di polarizzazione. Il potere riflettente può essere misurato in maniera quantitativa, con apparecchi relativamente complessi. E’ stato cosı̀ possibile elaborare le tavole di determinazione (F. Uytenbogaardt e E.A.J Burke) molto utilizzate in metallogenia. Le ricerche attuali si orientano verso i microscopi a luce infrarossa, che grazie ad un convertitore d’immagine montato nell’oculare permettono di studiare in luce trasmessa dei minerali (solfuri,elementi originari) opachi nello spettro visibile. Lo studio teorico dei minerali trasparenti in luce polarizzata ha consentito l’uso di sezioni sottili di uno spessore standard (30 micron). Questi preparati però demoliscono le inclusioni fluide contenute in alcuni minerali (in particolare i quarzi), che hanno correntemente dimensioni comparabili, persino superiori. Si tratta di un campo di studio attualmente in pieno sviluppo, che si fa su preparati speciali ( sezioni lucide 3 o 4 volte più spesse delle sezioni sottili normali, grazie anche ad un microscopio equipaggiato di tavolini scaldanti e refrigeranti, che permetteno l’osservazione di preparati in una gamma estesa di temperatura.(microtermometria, tra -200 e +600, persino + 1500◦ C) 8.1.5 Una scoperta inattesa dovuta al microscopio polarizzante: i cristalli liquidi. Nel 1899, Lehmann scopre il comportamento particolare sotto il microscopio polarizzante del benzoato di colesterina, che mantenuto tra 145◦ C e178◦ C presenta una anisotropia unita ad una certa fluidità. Lehmann chiama cristallo liquido questa nuova fase, che si ritrova nelle altre condizioni, in particolare sulla superficie delle gocce di liquido molto viscoso (F. Grandjean). Anche F.Wallerant si interessò a queste sostanze e ne migliorò i metodi di studio. A Ch. Mauguin è attribuita la scoperta di un fenomeno molto importante: riscaldando dei cristalli liquidi in un campo magnetico, le molecole si orientano in modo da comportarsi come un cristallo uniassico di cui l’asse ottico è parallelo alle linee di forza del campo magnetico. Nel 1922, G. Friedel sostituisce il termine cristallo liquido con fase mesomorfa. Ray (1936), e Weygand (1948) dimostrano che lo stato di cristallo liquido compare se la molecola è piana e molto allungata.Si conoscono adesso le numerose sostanze che formano i cristalli liquidi. Per molto tempo, sono state considerate come curiosità di laboratorio, finchè l’era dei computer non le ha proiettate nella piena attualità.I cristalli liquidi sono in effetti suscettibili di orientarsi sotto l’influenza di campi elettromagnetici di debole intensità, dunque di visualizzare segni o immagini sopra uno schermo. Sono adesso usati su larga scala in numerose applicazioni legate all’elettronica. 100 8.1.6 Altre proprietà fisiche (elettriche,magnetiche e termiche) Se le caratteristiche ottiche dei minerali sono soprattutto utilizzate per la loro determinazione, in particolare per le applicazioni petrografiche, alcune proprietà possono ugualmente avere altri usi.In particolare è il caso del potere rotatorio, che ha permesso di conoscere meglio la struttura di alcuni minerali. Nel 1837, Delafosse mette in evidenza che il potere rotatorio è legato alla dissimmetria del mezzo. Il suo allievo Louis Pasteur, nel 1860, distingue due forme di meriedria di cui una soltanto è compatibile con l’esistenza del potere rotatorio. Questa proprietà sarà molto utilizzata per l’analisi degli zuccheri. Descloiseaux scopre il potere rotatorio del cinabro, F.Wallerant lo spiega nel quarzo e A.Longchambon, nel 1922,mette a punto un metodo di misura che permette di stabilire una relazione tra potere rotatorio e simmetria cristallina nei cristalli biassici Altre proprietà fisiche sono state oggetto di numerosi studi e applicazioni: piezo o piroelettricità, proprietà che hanno alcuni cristalli di far apparire cariche elettriche sotto l’influenza di variazioni di pressione (piezoelettricità) o di temperatura (piroelettricità).Queste proprietà sono direttamente legate all’anistropia del sistema cristallino (in particolare meriedria dei sistemi romboedrico o esagonale, quarzo e tormalina). L’esistenza della piroelettricità è stata conosciuta dalla fine del XVIII secolo (esperienze di R.J.Hauy sulla tormalina), ma è la piezoelettricità, studiata nel 1880 da Jacques e Pierre Curie, che presenta il più grande interesse pratico (vibrazione a frequenza costante sotto l’influenza di un campo elettrico, fenomeno utilizzato nei trasmettitori radio e negli orologi al quarzo). Le proprietà magnetiche di alcuni minerali presentano ugualmente una grandissima importanza. Alcuni minerali, come la magnetite, sono molto magnetici. Essi sono dunque notevoli calamite naturali, ma le specie interessate a questo tipo di magnetismo (ferromagnetismo) rimangono relativamente rare (in assoluto, ossidi doppi a struttura spinello).In compenso quasi tutti i minerali, soprattutto quelli contenenti elementi chimici a valenza variabile,sono più o meno magnetici, ad un grado molto più debole dei minerali ferromagnetici.Il magnetismo presente in una data fase minerale scompare al di sopra di una certa temperatura (punto di Curie), ma è suscettibile di riapparire nel corso del raffreddamento, fermando la direzione del campo magnetico terrestre a quell’istante. Accrescie il principio degli studi paleomagnetici, che hanno avuto un ruolo essenziale per la comprensione delle modalità del manto del fondo degli oceani a partire dalle dorsali medio-oceaniche. La nozione di tettonica a placche, che ha letteralmente rivoluzionato tutte le Scienze della Terra nel corso degli ultimi cinquant’anni, è una conseguenza diretta di questi studi paleomagnetici, i quali presentano ancora molti aspetti sconosciuti (per esempio, sulle cause precise dell’inversione del campo magnetico terrestre, ripetutosi più volte nel corso dei Quaternario) A queste proprietà elettriche e magnetiche, si devono aggiungere le proprietà meccaniche, che permettono di comprendere le modalità e la reologia delle 101 deformazioni nei campi che non ci sono direttamente accessibili. Le proprietà termiche sono state e continuano ad essere,oggetto di numerose applicazioni. La conduttività termica (o la capacità termica, che le è direttamente collegata) dei minerali è un parametro essenziale, utilizzato sia per l’interpretazione dei dati geofisici (interpretazione dei flussi di calore misurato in superficie, stima del grado geotermico) che per il calcolo termodinamico degli equilibri tra fasi minerali. Una applicazione molto importante delle misure di termicità riguarda l’analisi dei minerali argillosi, troppo piccoli e complessi per poter essere analizzati facilmente con un altra tecnica.Queste tecniche sono state generalizzate a partire dal 1930. Se si scalda un minerale idrato, si constata che esso passa attraverso fasi di disidratazione, disorganizzazione e ricristallizzazione, che si traducono con perdite di peso (analisi termoponderale), variazioni di dimensioni (analisi dilatometrica),o di calore, legate alle reazioni endo- o esotermiche (analisi termica differenziale). Insieme alle analisi per diffrazione X, queste tecniche servono essenzialmente per lo studio dei minerali delle argille, che è un settore molto importante della geologia degli ambienti sedimentari. 8.2 Mineralogia sperimentale Lo scopo della mineralogia non è soltanto l’identificazione dei minerali, ma anche la determinazione dei campi di pressione e di temperatura nei quali si formano. Un sistema di determinazione è la riproduzione in laboratorio, che è stata tentata fin dal XIX secolo, soprattutto a Parigi. E proprio nei laboratori de l’Ecole des Mines di Parigi A.Daubrée (1848-1896),prima professore all’Università di Strasburgo, effettuò le prime sintesi minerali. Egli ha cosı̀ aperto la strada ai numerosi ricercatori, che hanno dapprima cercato di riprodurre i minerali più preziosi, cioè quelli che costituivano le ”pietre” dello stesso nome. Quando Moissan otteneva dei risultati molto controversi sulla sintesi del diamante, P. Hautefeuille realizzava numerose sintesi utilizzando degli agenti mineralizzatori (gas o vapore come catalizzatori). Egli ha riprodotto cosı̀ il rutilo, il corindone e la titanite. Per via secca, Hautefeuille riuscı̀ a cristallizzare tridimite, quarzo, nefelina, leucina, fenacite, zircone e smeraldo, per via umida le tre varietà polimorfe del biossido di titanio. Tra il 1871 ed il 1892, E.Fremy,Feil e Verneuil hanno sintetizzato il rubino. Tutti questi lavori non erano che i primi timidi inizi di una ricerca che si svilupperà in modo straordinario a partire dalla seconda metà del XX secolo.Le sintesi di laboratorio, che si fanno sotto condizioni note di temperatura e di pressione, permettono di verificare gli studi teorici sulle leggi di equilibrio tra le fasi minerali. I nomi che si sono messi maggiormente in luce sono: Bakhuis Roozeboom, P. Schreinemakers o W.Gibbs. Durante tutto il XIX secolo, a parte gli importanti lavori di Van’t Hoff sulla cristallizzazione dei 102 sali a partire dall’evaporazione dell’acqua del mare o sulla transizione gessoanidrite,non si ebbero vere e proprie interpretazioni. Per quel che riguarda i problemi più complessi, concernenti in particolare la cristallizzazione dei principali tipi di rocce ignee (granito e basalto), i primi lavori furono realizzati dall’inglese J.Hall (1761-1832). Ma fu impossibile conoscere con precisione le temperature di fusione dei principali minerali prima dell’invenzione della termocoppia platino altro metallo, che fu realizzata nel 1886. A partire da questa data la situazione si evolverà rapidamente. Le teorie magmatiche fissate da H. Rosenbusch sono ben definite, le tecniche di laboratorio ( forni, autoclavi, apparecchi di misura di temperatura e pressione) permettono di realizzare delle esperienze affidabili. La mineralogia sperimentale avrà un grande impulso, soprattutto sotto l’influenza dell’americano N.L. Bowen, che arriva nel 1910 al Geophysical Laboratory della Carnegie Institution di Washington (creato nel 1906). Nell’arco di alcuni anni N.L.Bowen chiarirà i meccanismi della cristallizzazione dei magmi basaltici e,approdando a sistemi sempre più complessi,arriverà a definire il principio della cristallizzazione frazionata, uno dei fondamenti della petrografia moderna. La mineralogia e la petrologia sperimentale sono divenute le branche più importanti delle Scienze della Terra. Nel 1954, l’équipe francese di Weil,Hocart e Monier realizzarono la sintesi dei minerali opachi: arseniuro di rame, proustite, stibina. Qualche anno dopo, J. Prouvost trasforma dei solfuri metallici in condizioni che richiamano le sostituzioni idrotermali. Questo lavoro fu continuato da Maurel, che analizza i cambiamenti idrotermali tra 100◦ C e 200◦ C. tra sulfuri metallici e soluzioni acquose di sali. Nel 1965 si sono avuti numerosi lavori dedicati alle interazioni fluide-solide nel sistema dei feldspati alcalini. A bassa temperatura, questo problema riguarda essenzialmente la sintesi dei minerali delle rocce sedimentarie e delle formazioni superficiali, cioè le argille.La kaolinite e la muscovite sono state ottenute nel 1965 a Parigi da Lagache; Wey e la sua équipe hanno prodotto le zeoliti nel 1970. Numerosi lavori sperimentali hanno riguardato anche il campo complementare della petrografia delle rocce magmatiche e metamorfiche.F.Fouque e A. Michel-Levy avevano mostrato la strada,riproducendo minerali di rocce vulcaniche per via secca. J.Wyart, intervenendo nella controversia che, durante gli anni, oppose ”solidisti” e ”magmatisti”, per il problema dell’origine dei graniti, ha mostrato l’importanza dell’acqua al momento della cristallizzazione dei magmi granitici.A partire dal 1940, H.Saucier studia in laboratorio la viscosità di un vetro a composizione chimica di granito. Questi lavori, che necessitano di strumentazioni particolarmente importanti, sono stati realizzati in pochi laboratori adeguatamente attrezzati: il Geophysical Laboratory di Washington, che per decenni è stato un modello per tutti gli altri, ma anche il gruppo di H. Winkler di Gottinga, che lavorerà nelle maggiori università della Germania e dell’Austria, il Centre de Recherches sur la Synthèse des Min103 eraux (CNRS) di Orleans, l’Istituto di Ricerche di Chernogolovka, di Mosca ,etc. E’ la sperimentazione che ha permesso la definizione delle basi dei dati termodinamici indispensabili per il calcolo delle reazioni , e soprattutto, la determinazione delle condizioni pressioni-temperature subite dalle rocce profonde ( in particolare, il cammino P-T delle rocce metamorfiche). Le ricerche attuali procedono in molteplici direzioni: cinetica delle reazioni, reologia dei magmi e, soprattutto, ottenimento di temperature o pressione sempre più elevate. Grazie alle ”incudini a diamante”, si possono oggi riprodurre le condizioni esistenti in tutti i punti del globo, fino ai livelli più profondi, mantello inferiore e lo stesso nucleo. 8.3 La Mineralogia oggi All’inizio degli anni 60, la microsonda elettronica,inventata da J.D. Castaing dell’Università di Orsay, ha portato una rivoluzione tecnologica che si può comparare all’introduzione del microscopio avvenuta un secolo e mezzo prima. La microsonda è stata la prima di tutta una serie di strumenti, che ci permettono oggi di conoscere la composizione e la struttura delle fasi minerali con una precisione ed soprattutto una risoluzione che era impossibile immaginare fino a qualche anno fa. Questi strumenti arrivano sul mercato con una cadenza tale che diventa difficile la lettura di tutti i parametri. La maggior parte si richiamano alle sorgenti delle alte energie, altre ai raggi X, in particolare neutroni, elettroni e radiazioni sincrotrone. Inoltre, alcune tecniche ottiche tradizionali, nello spettro visibile, sono state completamente rinnovate dall’impiego di fonti coerenti (laser), utilizzati sia per le loro proprietà meccaniche (formazione puntiforme di un plasma, asportazione di strati superficiali), sia nella spettroscopia molecolare (effetto Raman). 8.3.1 Apparecchi di analisi a fascio di particelle (elettroni, ioni, protoni) Il bombardamento con un fascio di elettroni su di una superficie minerale levigata porta una emissione di raggi X secondari legati alla natura degli elementi chimici che costituiscono il minerale. E’ cosı̀ possibile analizzare in maniera puntuale (superficie di qualche micron) e non distruttiva tutta la fase minerale delle variazioni di composizione estremamente fine (smescolamenti, difetti cristallini), addirittura insospettabili al microscopio zonature e che potevano ora essere messe in evidenza. L’apparecchio può essere ottimizzato, sia per l’analisi (microsonda elettronica), sia per l’acquisizione di immagini a fortissimo ingrandimento (microscopi elettronici a scansione muniti di un sistema di analisi a dispersione di energia di tipo EDS). Gli apparecchi più recenti sono precisi, fortemente automatizzati, sensibili (limite di rilevazione dell’ordine del ppm per la maggior parte degli elementi). Tuttavia, un certo numero di parametri non possono essere analizzati: gradi di ossidazione per gli elementi a valenza variabile (F e2+ /F e3+ ),gli isotopi, 104 la maggior parte degli elementi volatili, gli elementi più leggeri come il boro o il berillio. Inoltre gli elettroni hanno un debole potere di penetrazione, che permette soltanto l’analisi delle superfici. Il microscopio elettronico è conosciuto dagli anni 30, ma in mineralogia è applicato soltanto dagli anni 70. Le prime utilizzazioni sono state fatte per ottenere ingrandimenti molto superiori rispetto al microscopio ottico. La messa a punto dei dispositivi analitici a dispersione d’energia ne ha fatto un apparecchio comparabile, o piuttosto complementare, alla microsonda elettronica. L’apparecchio è ottimizzato per l’immagine nel caso del microscopio elettronico, e per l’analisi nel caso della microsonda. Il microscopio elettronico a scansione (SEM) è sommariamente comparabile ad un microscopio a riflessione. Nel caso del microscopio elettronico a trasmissione(TEM) , al contrario, gli elettroni passano attraverso il preparato studiato, e negli apparecchi più potenti (Microscopio elettronico ad alta risoluzione HTEM), permettono praticamente di giungere fino alla struttura atomica del minerale. I microscopi elettronici permettono l’analisi per diffrazione di elettroni, in trasmissione (TEM). Il fascio di elettroni ha una lunghezza d’onda molto piccola (<0,03Å), dunque un grande potere di risoluzione ma anche una forte interazione con gli atomi incontrati. I preparati dunque essere estremamente sottili (qualche angstrom), ottenuti con tecniche molto specializzate come il bombardamento ionico. Il TEM è il solo strumento che permette di ottenere delle informazioni sulla struttura del minerale alla scala della maglia o anche dell’atomo, cosı̀ come sui difetti cristallini del tipo dislocazione, difetti di stechiometria, microgeminati etc. E’ molto utilizzato dagli specialisti della crescita cristallina o della deformazione dei minerali, in particolare per studiare lo scorrimento all’interno del mantello terrestre. L’inconveniente maggiore degli apparecchi a fascio di elettroni dipende dal loro debole potere di penetrazione, che limita il loro impiego allo studio dei fenomeni della superficie, o agli strati poco profondi (qualche angstroms). Alcuni di questi inconvenienti sono ovviati dall’introduzione recente (anni 80) delle microsonde ioniche, che utilizzano un fascio di ioni in sostituzione degli elettroni. Il potere di penetrazione è molto più grande, consente le analisi all’interno del minerale e possibilità sensibilmente più importanti : analizzare gli elementi leggeri (fino all’idrogeno), e soprattutto misurare i rapporti isotopici ( dunque ottenere una datazione, per esempio sugli zirconi). Tuttavia, si tratta di strumenti molto costosi, complessi , con un difficile mantenimento, il cui utilizzo non è alla portata di tutti i laboratori. La microsonda ionica è il primo esempio di apparecchio che riguarda le sorgenti di protoni. Nel caso del PIXE (Proton induced X-Ray emission) o PIGE (proton induced gamma-ray emission), il principio è lo stesso della 105 microsonda elettronica, ma il fascio incidente è costituito da protoni anzichè da elettroni. Il potere di penetrazione è molto più grande, comparabile a quello delle microsonde ioniche, l’energia delle particelle incidenti è conosciuta in maniera più precisa in funzione delle carattestiche della sorgente ( in generale acceleratore lineare Van de Graff). Il segnale emesso (Raggi X nel caso del PIXE, gamma nel caso del PIGE) è analizzato da cristalli, in modo sommariamente comparabile a quello delle microsonde elettroniche. Si utilizzano queste tecniche per l’analisi dei metalli preziosi in traccie nei solfuri, come per la ricerca di alcuni elementi, come il carbonio,che non è rivelabile alla microsonda elettronica ( nelle condrule di certe meteoriti). La sensibilità è molto buona, ma la calibrazione è molto difficile. 8.3.2 Nuove sorgenti di radiazione Spettroscopio IR e Raman J. Lecomte e Cl.Duval pubblicano nel 1943 i primi lavori relativi agli spettri d’assorbimento IR ottenuti sulla goethite,manganite, brucite,diaspora e idrargillite. J. Lecomte costruı̀ peraltro il primo spettrografo a registrazione fotografica. Gli spettri IR permettono una buona caratterizzazione degli elementi volatili (OH, raggruppamenti C0−− 3 , etc) contenuti nei minerali, e sono divenuti un metodo essenziale per lo studio dei minerali troppo piccoli per essere analizzati al microscopio ottico, in particolare nelle rocce sedimentarie (minerali delle argille). Si tratta di spettroscopia molecolare, che utilizza tecniche complesse (trasformazione di Fourier) per l’analisi del segnale ( deconvoluzione degli spettri = FTIR) Possiamo avvicinare alla spettrometria IR una spettrometria molecolare, la spettrometria Raman, che vede attualmente un grande sviluppo in alcuni settori molto specializzati della mineralogia, in particolare la gemmologia e lo studio delle inclusioni fluide. L’effetto Raman, che corrisponde ad un certo spostamento della lunghezza d’onda di una radiazione luminosa per interazione molecolare, è conosciuto dagli anni 30 , ma non è stato utilizzato in mineralogia fin quando non è comparsa una sorgente luminosa sufficientemente potente e coerente (laser). I vantaggi sono numerosi (analisi rapida e non distruttiva su campioni di piccola taglia), ma le analisi sono possibili soltanto sulle sostanze chiamate ”attive”. Ne sono escluse le composizioni puramente ioniche ( e.g. elementi nativi, cloruri), come le sostanze fluorescenti, che mascherano l’effetto Raman e impediscono tutte le misura. Metodi di ablazione :Ablazione Laser, SIMS In queste tecniche, il fascio di particelle o una radiazione laser di potenza sufficiente sono utilizzati per estrarre ioni o particelle dalla superficie e analizzarle allo spettrometro di massa (SIMS = Secondary Ion Mass Spec- 106 trometry).Possiamo accedere a elementi particolarmente importanti per comprendere gli scambi geochimici nelle rocce del mantello:terre rare, isotopi, etc. o analizzare dei sottili strati in superficie, per seguire i fenomeni di dissoluzione e di alterazione. L’analisi allo spettrometro di massa è particolarmente adatta alla misura dei rapporti isotopici, dunque alla datazione su campioni puntiformi (zirconi). 8.3.3 MINERALOGIA TEORICA La mineralogia ha stimolato numerosi lavori teorici, molti dei quali si riferiscono alla fisica dello stato solido. Citiamo due esempi, le associazioni di cristalli (geminati) e il fenomeno dell’ epitassia. I geminati I geminati sono degli insiemi complessi, che risultano dalla giustapposizione di più individui che seguono una legge di orientamento ben preciso.Numerosi mineralogisti hanno rivolto la loro attenzione sulla loro origine: meccanica, per scorrimento o giustapposizione. Nel 1904, Friedel enuncia una legge generale sul prolungamento del reticolo periodico attraverso i differenti cristalli che costituiscono il geminato. L’edificio geminato ha dunque una simmetria inferiore a quella dei cristalli isolati, ma entrambi hanno in comune gli elementi di simmetria del geminato Nel 1928, J. Drugman pubblica alcuni lavori importanti concernenti i feldspati, le associazioni cumulative dei geminati nell’ortoclasio cosı̀ come i geminati di Zinnwald nei quarzi bipiramidati. Ungemach si è interessato ai geminati del realgar di Matra, mentre studi comparabili erano stati fatti sul blenda e tetraedrite da St.Etienne de Baigorry. Nel 1965, Curien e Bondot estesero questo campo di ricerca ai composti chimici, e studiarono i geminati a rosa, ginocchio e stella nel cromato di potassio artificiale. Nel 1970, Dussausoy e Wandji descrivono il geminato del disiliciuro di ferro. Altri lavori hanno mostrato come descrivere un geminato perfetto per meriedria reticolare. A partire da questi dati, Waintal e Sivardière hanno potuto realizzare la notazione dei geminati con l’aiuto delle rappresentazioni reali delle dimensioni dei gruppi puntiformi. Questa notazione permette di esaminare tutte le forme di geminati possibili in una oloedria data. Epitassia L.Royer nel 1953 designa con il termine epitassia, l’orientamento di un cristallo che si deposita sopra un minerale di specie differente. Questo orientamento , conseguenza di specificità comuni ai due cristalli, necessita di due condizioni. 107 1. l’esistenza, nei due reticoli, di una maglia semplice o multipla quasi identica in forma e dimensione. 2. gli ioni del cristallo orientato, sostituiscono gli ioni del cristallo supporto della crescita, sono tutti delle stesse polarità. In laboratorio, si sono cosı̀ realizzati numerosi raggruppamenti epitassici, verificando che questi erano più facili su cristalli di durezza inferiore a 4. Nel 1978, R. Kern pubblica il riassunto di venti anni di lavori, mettendo in evidenza la necessità del calcolo termodinamico per prevedere certi generi di crescita epitassica. 8.3.4 I rapporti ambigui tra la Mineralogia e le altre discipline delle Scienze della Terra. Il ruolo dei Musei di Mineralogia In un certo senso, la Mineralogia è stata vittima del suo stesso successo, ed è confluita in una miriade di discipline. - Fisica, per lo studio delle imperfezioni dei cristalli alla scala dell’atomo, la messa a punto e l’uso dei grandi apparecchi moderni di misura. - Chimica per lo studio cristallografico dei composti artificiali e soprattutto, il calcolo termodinamico degli equilibri interminerali. - Petrografia, per l’analisi dei gruppi di minerali principali che costituiscono le rocce: su oltre 3000 specie riconosciute,soltanto qualche decina costituisce più del 99% di tutte le rocce, sia sedimentarie, metamorfiche che magmatiche. - Geochimica, per lo studio dei traccianti chimici (elementi in tracce, radioisotopi,inclusioni fluide) precisando le condizioni di formazione, l’origine, e il divenire dei costituenti differenti di una fase minerale. In quasi tutti i paesi, queste discipline sono più importanti, riconosciute e codificate della mineralogia, che si trova ridotta al ruolo di strumento al servizio di un gruppo di scienziati, che talvolta ne ignorano l’essenziale. Del resto per misurare il rischio dobbiamo notare il ritmo con il quale si sono ridotte le cattedre universitarie di Mineralogia – sistematicamente trasformate in cattedre di petrografia o geochimica – quando addirittura non sono soppresse. Poichè il rischio esiste: il fisico che conosce la scala dell’atomo, il geofisico,che si interessa alle proprietà fisiche dei minerali, il geochimico, spesso incapace a riconoscere sul terreno le specie minerali più semplici, non sono dei veri mineralogisti. Essi non conoscono che un aspetto, talvolta deformato fino alla caricatura, di un insieme complesso di cui non si capisce il valore se non lo si conosce nella sua totalità. Riconosciamo che questa evoluzione è ineluttabile: i grandi problemi si pongono su scala planetaria,e il minerale non è che una tappa che permette di 108 comprendere l’insieme. Nelle Scienze della Terra, la petrografia o la geochimica, hanno, sotto un certo aspetto, un vantaggio decisivo, poichè il loro oggetto corrisponde precisamente a questa scala. Ma è importante che esse riconoscano tutta l’importanza della mineralogia,senza sottovalutare le difficoltà tecniche che rendono spesso impopolare il suo insegnamento presso i giovani studenti A questo riguardo, i musei di Mineralogia assumono un importanza fondamentale. I musei non sono solo il luogo ideale per conservare l’eredità che ci hanno lasciato le generazioni precedenti,tutte quelle specie provenienti dai giacimenti attualmente scomparsi, ma è anche il luogo dove la mineralogia sistematica deve garantire tutta la sua importanza, e non soltanto per l’aspetto estetico ed il valore museologico delle grandi collezioni. Certamente questo è l’aspetto che fa maggiormente presa sul pubblico, e non si tratta di disconoscerne l’importanza. Ma i musei devono anche essere centri attivi di ricerca, assicurare gli studi fondamentali che stanno scomparendo progressivamente dalle università. Altrimenti ci sarà il rischio di veder rapidamente scomparire un grande quantità di conoscenze,un capitale di esperienza di cui si misurerà l’importanza soltanto quando sarà totalmente perduto. 109 Parte II Siti Mineralogici 110 Capitolo 9 The minerals of the Democratic Republic Of Congo (from Brussels) An eminently mining country, the Republic of Congo is the centre of numerous exploitations of most diverse metals in a multitude of mines and quarries. Its soil harbours a wide variety of mineral species with facies of often very high esthetical quality. The worked deposits are distributed over Precambrian massifs bordering, to the south, east and north-east, a vast sedimentary central basin. Thus, in counterclockwise sense, one encounters successively, from south to north: diamantiferous exploitations of Kasai ( Mbuji-Mayi, Tshikapa ), as well as a few copper deposits ( Tshiniama, Lubi ); the copper-bearing arch of southern Shaba, also rich in cobalt and uranium with the mining centres of Kolwezi ( CuCo ), Likasi ( Cu ), Kambove ( Cu-Co ), Shinkolobwe ( U ) and Lubumbashi ( Cu ), not forgetting the mine of Kipushi which yields zinc, copper and germanium. Still in Shaba, when ascending northward, one comes across the tin granite of Mitwaba and the stanniferous pegmatite of Manono. The province of Kivu, enclosing the region of Maniema, is particularly rich in tin deposits ( Kalima ), often accompanied by columbo-tantalite. The pegmatite with beryl, the columbite and uranium of Kobokobo also found here, as well as gold placers of the Mobale river. In the north of the province of Kivu, there are outcrops of carbonatite of Lueshe, rich in pyrochlores, while at the Rwandan border, the region of volcanos contains lavas in which several new silicates have been discovered. In the north of Congo, in the Oriental Province, there are the famous gold exploitations of Kilo-Moto. At the western extremity of the country, to the west of the capital Kinshasa, the Lower Congo encloses a few deposits of zinc and lead vanadates ( Kusu-Senge ), whereas the massif of Niari is the centre of fine examples of mineralizations in copper silicates, mainly, however, on the territory of Congo-Brazzaville. From a mineralogical point of view and more particularly with regard to 111 the esthetical value of the specimens, the names of deposits and their principal resources in nice minerals are indicated in the following list: Southern Shaba • Kabolela: black, shining reniform masses of heterogenite. • Kakanda: mammillary pseudomalachite, green crystals of libethenite and pink cobaltiferous calcite. • Kalongwe: copper and uranium deposits offering fine examples of associations of cuprosklodowskite in needles and dark green vandenbrandeite in etcher’s prisms. • Kambove: fibroradiated plancheite in crusts and rosettes and centimetric crystals of carrollite. • Kamiaba: deposit of pink to brown almandin garnets forming crystalline crusts. • Kamoto: type locality of kolwezite, double carbonate of copper and cobalt in beige to black nodules. Very rare prismatic and tabular crystals of sea green roubaultite occur in the K.O.V. quarry. The oriental part of this deposit contains an uraniferous mineralization where the new minerals astrocyanite-(Ce), françoisite-(Nd), kamotoite-(Y) and shabaite-(Nd) were discovered, containing also rare earths minerals. • Kamoya: association of copper silicates, plancheite, shattukite and lightblue masses of ”katangite” with conchoidal fracture. • Kasompi: another deposit of rare-earths minerals such as schuilingite(Nd) and gyisinite-(Nd). We also find arborescent pale-green lodes of glaukosphaerite. • Kipushi: exceptional association of secondary minerals of zinc, lead and copper, such as smithsonite, hemimorphite, aurichalcite,veszelyite ( bright-blue octahedrons ) and emerald green kipushite. The primary mineralization is rich in germanium with renierite and briartite. Green sphalerite and rhenium molybdenite are also found, as well as gallite. The paragenesis is very close to that of Tsumeb in Namibia. • Likasi: beside cuprite accompanied by native copper, we find here a fine example of the association of buttgenbachite and connellite in brightblue acicular prisms, of likasite in blue stacked plates and of sea green gerhardtite. • Ludjiba: type locality of ludjibaite, a polymorph of pseudomalachite. 112 • Luishya: kyanite in blue tablets is associated with classical secondary minerals of copper. • Luiswishi: mineralization with copper and uranium, with, namely, cuprosklodowskite in fibres, vandenbrandeite in crystals in burins and sengierite. • Mashamba: exceptional red gem cuprite in centimetric crystals, but also testaceous malachite, duhamelite in yellow fibres and an uraniferous association of tyuyamunite and carnotite. • Mindigi: cobaltiferous deposit of mammillary heterogenite and crystalline varieties with metallic lustre among which the polytype 2H. • Msesa: shining crystals of green libethenite, crystallized pseudomalachite and light-blue claringbullite of which this is the type locality. • Musonoi: locality especially famous for its uranium selenites: demesmaekerite, derriksite, guilleminite and marthozite. Also renowned for its cobaltiferous malachites and kolwezite. • Shamitumba: collecting site of the julienite in blue needles. • Shangulowe: fine examples of associations of copper silicates ( plancheiteshattuckite ) and presence of barite pseudomorphosed in plancheite and in malachite. • Shinkolobwe: one of the most famous uranium deposits in the world. It has furnished, namely, the raw material with which the first atomic bombs were made. Tens of new species were discovered here. The mine has been closed in the beginning of the 1960s. • Star mine ( Lubumbashi ): cornetite in blue rosettes. • Swambo: prospecting site for uranium rich in yellow squat crystals of soddyite and type locality of swamboite. • Tantara: site of the very spectacular association of green dioptase and bright-pink cobaltiferous calcite. Kivu • Bengo-Biri: wolfram deposit enclosing crystals of ferberite and pseudomorphoses in anthoinite. • Kobokobo: beryl and columbite pegmatite of which a zone is mineralized in uranium. The latter presents a particular association of uranium and aluminium phosphates rich in new species. They are quoted under the heading dedicated to type species preserved in the Royal Museum of Central Africa, in Tervuren. 113 • Lueshe: carbonatite characterized by an abundance of pyrochlores, and type locality of lueshite in octahedral crystals. • Maya-Moto: this deposit contains a rich association of bismuth minerals: native bismuth, bismutite, bismuthinite and bismite. • Mwenga: auriferous district of the river Mobale which has yielded voluminous nuggets. • Messaraba-Munkuku: deposit of crystallized cassiterite, which is one of the localities of varlamoffite, yellow and powdery hydrated oxide of tin. • Volcanos: the volcanic region straddling on the border with Rwanda contains lavas from which several new species have been described: andremeyerite, combeite, götzenite, delhayelite and trikalsilite. The remaining provinces of Congo do not contain such spectacular associations, with the exception of the rich diamantiferous deposits exploited in the kimberlites, the eluviums and alluviums of the region of Mbuji-Maji ( mainly industrial diamonds ) and the gold mines of the Upper Congo ( Kilo-Moto ). 9.1 THE HISTORY OF THE CONGOLESE MINERALOGY The school of Minralogy of the University of Ghent ( Rijksuniversiteit Gent or R.U.G. ) has been particularly active in the study of Congolese mineralogy, under the inspiring guidance of Alfred Schoep ( 1881-1966 ). Either alone or in collaboration with other researchers, he discovered 14 new , mainly uraniumbearing species, in copper-cobalt- and uranium-bearing deposits of southern Katanga: becquerelite, buttgenbachite, curite, dewindtite, dumontite, ianthinite, julienite, kasolite, likasite, paraschoepite,parsonsite, sklodowskite, soddyite and vandenbrandeite. A hydrated oxide of uranium,schoepite, was dedicated to him in 1923, by Walker. The descriptions made by A. Schoep have appeared many times in the publications of the Academy of Sciences of Paris. The first to apply radiocrystallographic methods in their studies of the material from Congo were two students of A. Schoep, Valère Billiet ( 1903-1945 ) and Adrien Vandendriessche ( 1914-1940 ). Both died prematurely during the Second World War. At the same University of Ghent, Marcel De Leenheer devoted himself, in 1934 and 1935, to the study of hydrated oxides of cobalt, collected in the mines of Katanga and mainly in Mindigi and Shinkolobwe. He has recognized new species such as boodtite, mindigite and trieuite. Discredited by Max Hey in 1962, these species have been subsequently united under a single name of heterogenite. The collection containing A. Schoep’s type species was lost during the Second World War, but it is quite impossible to know whether it has been destroyed or scattered. Today, several museums claim the possession of type species having belonged to A. Schoep, but the authenticity of such claims is impossible to ascertain. 114 At the University of Liège, it is Henri Buttgenbach ( 1874-1964 ) who goes on his first mission to Congo in 1902, assigned by the Special Committee of Katanga to observe the workings of the Tanganyika Concessions. In 1906, he carries out a second mission in the gold district of Kilo-Moto. As from 1911, he is appointed administrator of the ” Union Minière du HautKatanga ” and enters upon the study of minerals of the copper-cobalt- and uranium-bearing deposits. He describes the species cornetite, fourmarierite and cuprosklodowskie, as well as the thoreaulite found in the pegmatite of Manono in North Katanga. He publishes a masterly work on Minerals of Belgium and the Belgian Congo, which is an authority in the field and has been republished many times. His successor, Joseph Mélon ( 1898-1991 ), has contributed to the mineralogy of Congo by describing the sharpite of Shinkolobwe. At present, it is André-Mathieu Fransolet who pursues the African tradition with works on granitic pegmatites. He has discovered, namely, gatumbaite of Rwanda and melonjosephite of Morocco. Finally, at the University of Louvain ( U.C.L. ), Jacques Thoreau ( 18861973 ) describes, in 1932, the saleeite of Shinkolobwe in Shaba, while his successor Jules Moreau acquires fame by his study on the copper-zinc-bearing deposit of Kipushi, which enables him to describe a new germanium mineral, briartite. Later on, Paul Piret, crystallographer at the U.C.L., collaborates with Michel Deliens to describe numerous new minerals from Congo ( see below ). The geologists working in Congolese mines have also largely contributed to the development of the local mineralogy. Thus, Johannes Franciscus Vaes ( 1902-1978 ) has devoted a particular attention to the study of the minerals coming from deposits of the ” Union Minière du Haut-Katanga ” . We owe him the discovery and description, between 1947 and 1949, of 8 new species: billietite, masuyite, renierite, richetite, schuilingite-(Nd), sengierite,s tudtite and vandendriesscheite. Two other geologists, Théo Verbeek and Robert Oosterbosch turn to French mineralogists, in collaboration with whom, between 1965 and 1971, they describe the uranium-bearing selenites of Musonoi: demesmaekerite, derriksite, marthozite, ( Cesbron et al ) and guilleminite ( Pierrot et al ). In Kivu, Alexandre Safiannikoff discovers the lueshite ( 1959 ) in the carbonatite of Lueshe, whereas the Finns T. Sahama and K. Hytönen devote themselves to the study of the volcanic lavas of Kivu, where they discover, between 1957 and 1959, combeite, götzenite, delhayelite, kirschteinite and trikalsilite. Still in Kivu, Léopold Van Wambeke studies the pegmatite with columbite and beryl of Kobokobo, which enables him to define the kivuite ( 1958 ) and the eylettersite ( 1972 ). This same author also defines the zairite in Etaetu ( 1975 ). Between 1923 and the present time, other Belgian or foreign researchers have defined, at given times, one or another mineral species the names of which are mentioned at the end of the article. An important contribution to the systematic mineralogy of Congolese deposits in the recent years is due to the collaboration between Michel Deliens ( Royal Museum of Central Africa, 115 in Tervuren, and later, Royal Belgian Institute of Natural Sciences, in Brussels ) and Paul Piret ( Catholic University of Louvain ). These authors have devoted themselves to the study of the copper-cobalt- and uranium-bearing secondary mineral associations of southern Shaba, as well as to the analysis of uranium-bearing mineralizations associated to the granitic pegmatite with beryl and columbite of Kobokobo in Kivu. In Shaba, seven new species have been discovered in uraniferous deposits of Shinkolobwe and Swambo: bijvoetite-(Y), lepersonnite-(Gd), metastudtite, oursinite, sayrite, swamboite and urancalcarite. Four uranium minerals including rare earths come from the mine of Eastern Kamoto: astrocyanite-(Ce), françoisite-(Nd), kamotoite-(Y) and shabaite-(Nd) and five copper- and/or cobalt-bearing species have been described in different deposits: kipushite ( Kipushi ), comblainite ( Shinkolobwe ), heterogenite-2H ( Mindigi ), kolwezite ( Musonoi ) and ludjibaite ( Ludjiba ). Eleven secondary phosphates of uranium and of different cations constitute an original association conspicuous in the pegmatite of Kobokobo: althupite, kamitugaite, metavanmeersscheite, moreauite, mundite, phuralumite, ranunculite, threadgoldite, triangulite, upalite and vanmeersscheite. The latter species, discovered in Shaba in 1996, is the piretite of Shinkolobwe, described by Michel Deliens and Renaud Vochten ( Rijksuniversitair Centrum Antwerpen ). 9.2 EXHIBITIONS OF CONGOLESE MINERALS IN BELGIUM • In spite of the wealth of Congolese minerals and the multitude of samples of excellent quality provided by mining companies and collected either during scientific missions or bought on the spot by travellers, few minerals are offered to the view of amateurs in Belgian public collections. • In the Royal Museum of Central Africa in Tervuren, a small room is devoted to mineralogy, where a few typical deposits are illustrated: gold of Kilo-Moto ( Oriental Province ), diamonds from Kasai, copper and zinc of Kipushi ( Shaba ), rare copper minerals of Shaba and secondary uranium minerals of Shinkolobwe. This Museum has a very full mineralogical collection including species originating from most of the deposits which have been, or still are, exploited in Congo. This collection is preserved in a repository accessible to specialists only. • The Royal Belgium Institute of Natural Sciences in Brussels presents a more extended exhibition of minerals, elaborated according to three main axes: the mode of formation and the physical and crystallographic properties of the minerals, the systematics based on the chemical composition ( about one thousand of species are represented ) and, finally, the illustration of the main mineral deposits in Belgium. Congolese 116 minerals are shown only incidentally in some show-cases devoted to the systematics. • The Belgian Universities with a department of geology, at the present time no longer have real mineralogical museums. Only a few specimens are accessible on didactic premises exclusively, or decorating the corridors of some faculties. The former museums of the Universities of Brussels, Ghent, Liège or Louvain were suppressed after the concerned faculties had moved to new campuses. The type samples appearing in some collections have been partly transferred to the Royal Institute of Natural Sciences. • As a result of high prices of good-quality samples, and seeing the financial restrictions imposed on public institutions, all spectacular mineral specimens collected today in Congolese mines ( or elsewhere ), usually end up in private collections inaccessible to the general public, and their inventory is difficult to make. They can occasionally be seen at one or another temporary exhibition. Ninety-two minerals have been described for the first time in Congo. Among these, fifty-four are represented by a holotype sample ( i.e. the specimen used for the original description ) and whose repository is quite certain. Thirty-eight of them are included in four Belgian public collections: • the Royal Belgian Institute of Natural Sciences ( Brussels ): luberoite, ludjibaite, shabaite-(Nd), françoisite-(Nd), and piretite; • the Royal Museum of Central Africa ( Tervuren ): althupite, astrocyanite(Ce), bijvoetite-(Nd), comblainite, heterogenite-2H, kamitugaite, kamotoite(Y), kipushite, kolwezite, lepersonnite-(Gd), lueshite, metasudtite, metavanmeersscheite, moreauite, mundite, oursinite, phuralumite, ranunculite, sayrite, swamboite threadgoldite, triangulite, upalite, urancalcarite, vanmeersscheite, wakefieldite-(Ce), wyartite and zairite; • the University of Liège: cornetite, cuprosklodowskite, fourmarierite and thoreaulite; • the University of Louvain-la-Neuve: briartite and saleeite. Two other holotypes, eylettersite and kivuite, are preserved in the private collection of the discoverer, while 14 other type species belong to collections of various institutions from abroad: • the Ecole Nationale Supérieure des Mines ( Paris ): guilleminite, oosterboschite and roubaultite; • the University of Paris VI: demesmaekerite, derriksite and marthozite; • the Museum of Natural History ( Paris ): wyartite; 117 • the Technical University of Berlin: gallite; • the Museum of Natural History of Geneva: gysinite-(Nd); • the British Museum of Natural History ( London ): claringbullite; • the National Museum of Natural History ( Washington ): combeite, götzenite, kalipyrochlore and protasite. Other public collections claim the possession of holotype minerals, but there is no serious guarantee that these are indeed the specimens that have been studied by the discoverer. This is, namely, the case of the original samples of A. Schoep, while it is quite well-known that his study material which had been preserved at the University of Ghent, was lost during the Second World War. 9.3 MINERALS DESCRIBED FOR THE FIRST TIME IN CONGO ALTHUPITE ANDREMEYERITE ANTHOINITE ASTROCYANITE-(Ce) BECQUERELITE BIJVOETITE-(Y) BILLIETITE BRIARTITE BUTTGENBACHITE CATTIERITE CLARINGBULLITE COMBEITE COMBLAINITE CORNETITE CUPROSKLODOWSKITE CURITE DELHAYELITE DEMESMAEKERITE DERRIKSITE DEWINDTITE DUMONTITE EYLETTERSITE FOURMARIERITE FRANCOISITE-(Nd) GÖTZENITE Piret and Deliens, Sahama and Hytönen, Varlamoff, Deliens and Piret, Schoep, Deliens and Piret, Vaes, Francotte et al, Schoep, Kerr, Fejer et al, Sahama and Hytönen, Piret and Deliens, Buttgenbach, 1987 1973 1947 1990 1922 1982 1947 1965 1925 1945 1977 1957 1980 1917 Kobokobo, Kivu Volcanos of Kivu Kalima, Kivu Kamoto East, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Kipushi, Shaba Likasi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Kambove, Shaba Volcanos of Kivu Shinkolobwe, Shaba Star Mine, Shaba Vaes, Schoep, Sahama and Hytönen, Cesbron et al, Cesbron et al, Schoep, Schoep, Van Wambeke, Buttgenbach, Piret et al, Sahama and Hytönen, 1933 1921 1959 1965 1971 1922 1924 1972 1924 1988 1957 Shinkolobwe , Shaba Shinkolobwe, Shaba Volcanos of Kivu Musonoi, Shaba Musonoi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Kobokobo, Kivu Shinkolobwe, Shaba Kamoto East, Shaba Volcanos of Kivu 118 GUILLEMINITE GYSINITE-(Nd) HETEROGENITE-2H IANTHINITE JULIENITE KALIPYROCHLORE KAMITUGAITE KAMOTOITE-(Y) KASOLITE KIPUSHITE KIRSCHTEINITE KIVUITE KOLWEZITE LEPERSONNITE-(Gd) LIKASITE LUBEROITE LUDJIBAITE LUESHITE MARTHOZITE MASUYITE METASALEEITE METASTUDTITE METAVANMEERSSCHEITE MOREAUITE MUNDITE OOSTERBOSCHITE OURSINITE PARASCHOEPITE PARSONSITE PHURALUMITE PIRETITE RANKAMAITE RANUNCULITE RENIERITE RICHETITE ROUBAULTITE SALEEITE SAYRITE SCHOEPITE SCHUILINGITE-(Nd) SEELITE SENGIERITE Pierrot et al, Sarp and Bertrand, Deliens and Goethals, Schoep, Schoep, Van Wambeke, Deliens and Piret, Deliens and Piret, Schoep, Piret et al, Sahama and Hytönen, Van Wambeke, Deliens and Piret, Deliens and Piret, Schoep et al, Jedwab et al, Piret and Deliens, Safiannikoff, Cesbron et al, Vaes, Mrose, Deliens and Piret, 1965 1985 1973 1926 1928 1965 1984 1986 1921 1985 1957 1958 1980 1982 1955 1992 1988 1959 1969 1947 1950 1983 Musonoi, Shaba Kasompi, Shaba Mindigi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shamitumba, Shaba Lueshe, Kivu Kipushi, Kivu Kamoto East, Shaba Shinkolobwe, Shaba Kipushi, Shaba Volcanos of Kivu Kobokobo, Kivu Kolwezi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Likasi, Shaba Lubero, Kivu Ludjiba, Shaba Lueshe, Kivu Musonoi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Piret and Deliens, Deliens and Piret, Deliens and Piret, Johan et al, Deliens and Piret, Schoep and Stradiot, Schoep, Deliens and Piret, Vochten et al, von Knorring et al, Deliens and Piret, Vaes, Vaes, Cesbron et al, Thoreau and Vaes, Piret and Deliens, Walker, Vaes, Bariand et al, Vaes and Kerr, 1982 1985 1981 1970 1983 1947 1923 1979 1997 1969 1979 1948 1947 1970 1932 1983 1923 1947 1993 1949 Kobokobo, Kivu Kobokobo, Kivu Kobokobo, Kivu Musonoi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Kobokobo, Kivu Shinkolobwe, Shaba Mumba, Kivu Kobokobo, Kivu Kipushi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Kasompi, Shaba Shinkolobwe, Shaba Musonoi, Shaba 119 SHABAITE-(Nd) SHARPITE SKLODOWSKITE SODDYITE STUDTITE SWAMBOITE THOREAULITE THREADGOLDITE TRIANGULITE TRIKALSILITE UPALITE URANCALCARITE VAESITE VANDENBRANDEITE VANDENDRIESSCHEITE VANMEERSSCHEITE VARLAMOFFITE WAKEFIELDITE-(Ce) WYARTITE ZAIRITE 9.4 Deliens and Piret, 1989 Mélon, 1935 Schoep, 1924 Schoep, 1922 Vaes, 1947 Deliens and Piret, 1981 Buttgenbach, 1933 Deliens and Piret, 1979 Deliens and Piret, 1982 Sahama and Smith, 1957 Deliens and Piret, 1979 Deliens and Piret, 1984 Kerr, 1943 Schoep, 1932 Vaes, Piret and Deliens, De Dycker, Deliens and Piret, Guillemin and Protas, Van Wambeke, 1947 1982 1947 1977 1959 1975 Kamoto East, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Swambo, Shaba Manono, Shaba Kobokobo, Kivu Kobokobo, Kivu Kabfumo, Kivu Kobokobo, Kivu Shinkolobwe, Shaba Kasompi, Shaba Kalongwe, Shaba Shinkolobwe, Shaba Kobokobo, Kivu Kalima, Kivu Kusu, Lower Congo Shinkolobwe, Shaba Etaetu, Kivu Some pictures Figura 9.1: Kambove mine in 1918 : bore engine (photo Gourdinne) 120 Figura 9.2: Kambove mine in 1938 : general view (photo U.M.H.K.) Figura 9.3: Kipushi, Prince Léopold mine : surface settlements and shafts in 1944 (photo U.M.H.K) 121 Figura 9.4: Kipushi, Prince Léopold mine : surface settlements and shafts in 1944 (photo U.M.H.K) Figura 9.5: Kipushi : underground works in the Prince Léopold en 1926 (photo U.M.H.K.) 122 Figura 9.6: Kipushi : mineurs au travail dans la mine Prince Léopold mine in 1944 (photo U.M.H.K.) Figura 9.7: Likasi : view of the factory of Panda in 1938 (photo U.M.H.K.) 123 Figura 9.8: Likasi : general view of the quarry in 1928 (photo U.M.H.K.) Figura 9.9: U.M.H.K.) Luiswishi : quarry of the Hospital viewed in 1930 (photo 124 Figura 9.10: Luiswishi : entrance of the mine viewed in 1938 (photo U.M.H.K.) Figura 9.11: Luiswishi : the gallery where black ore were worked in 1930 (photo U.M.H.K.) 125 Figura 9.12: Luiswishi : miners at work in 1938 (photo U.M.H.K.) Figura 9.13: Luiswishi : sampling works in 1938 (photo U.M.H.K.) 126 Figura 9.14: M’sesa : general view of the quarry (photo Inbel) (no dated, around 1930) Figura 9.15: Musonoi: loading of the copper ore in the quarry viewed around 1950 (photo Congopresse) 127 Figura 9.16: Ruwe : general view of the copper mine located in the neighbourhood of Kolwezi (photo U.M.H.K.) Figura 9.17: Ruwe : general view of the quarry and entrance of old galleries viewed in 1927 (photo U.M.H.K.) 128 Figura 9.18: Henri Buttgenbach (1874-1964), professor of mineralogy of the University of Liège (photo A.M. Fransolet) Figura 9.19: Joseph Mélon (1898-1991), professor of mineralogy of the University of Liège (photo A.M. Fransolet) 129 Figura 9.20: Jacques Thoreau (1886-1973), professor of mineralogy of the University of Louvain Figura 9.21: Kabolela: abandoned quarry formerly worked for copper and cobalt in 1970 (photo J. Moreau) Figura 9.22: Kamoto : transport of the copper ore in 1970 (photo J. Moreau) 130 Figura 9.23: Blue Astrocyanite-(Ce) and yellow kamotoı̈te-(Y) from Eastern Kamoto, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) Figura 9.24: Carrollite from Shinkolobwe, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) Figura 9.25: Carnotite from West Mashamba, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) Figura 9.26: Comblain) Comblainite from Shinkolobwe, Shaba, Congo (photo G. 131 Figura 9.27: Demesmaekerite from Musoniu, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) Figura 9.28: Kamotoı̈te-(Y) from Eastern Kamoto, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) Figura 9.29: Kipushite from Kipushi, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) 132 Figura 9.30: Marthozite from Musoniu, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) Figura 9.31: Roubaultite from Kamoto, K.O.V. quarry, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) 133 Figura 9.32: Shabaı̈te-(Nd) from Eastern Kamoto, Shaba, Congo (photo E. Van Der Meersche) 134 Capitolo 10 Minerali del Vesuvio 10.1 Storia Il Vesuvio è sicuramente il più importante vulcano nella storia della Mineralogia, in quanto, come unico vulcano attivo facilmente accessibile agli scienziati per tutto il XVIII e XIX secolo, ha creato le condizioni per lo studio di un particolare tipo di minerogenesi e conseguentemente per la definizione di numerose specie. Inoltre, l’Osservatorio Vesuviano, fondato nel 1845 come primo al mondo, creò le condizioni per un incontro internazionale di idee che di fatto fesce nascere la Vulcanologia come disciplina a se stante (Figura 10.1) (Figura Figura 10.1: Dipinto di un’eruzione del Vesuvio 10.2) (Figura 10.3). Più che con l’interesse suscitato dalla ripresa dell’attività vulcanica nel 1631 (dopo quasi quattro secoli di inattività), la storia della prima indagine mineralogica vesuviana coincide con quella archeologica degli scavi di Ercolano (1709-1716) e Pompei (1738-1763). I primi lavori descrittivi di raccolte di minerali e rocce sono di G.M. Della Torre (1755) e F. Galiani (1772). Il primo studio minerogenetico è di J. Ferber (1773) che distinse i minerali contenuti in (a) proietti, (b) lave e (c) fuoco (cioè esalativi). Seguono poi studi cristallografici di J.B. Romé de l’Isle (1783) e R.J. Haüy (1801) e ancora studi sistematici di G. Gioeni (1791), J.C. Delamétherie (1797) e S. Breislak (1801). Tra i mineralisti e vulcanologi dell’Ottocento spiccano T. 135 Figura 10.2: Dipinto di un’eruzione del Vesuvio Figura 10.3: Dipinto di un’eruzione del Vesuvio 136 Monticelli, N. Covelli, A. Scacchi, M. Melloni, G. Mercalli e G. vom Rath. Nel Novecento vi operarono A. Lacroix, F. Zambonini, G. Carobbi e A. Rittmann. Particolarmente importante il Convegno scientifico tenuto a Napoli nel 1845 perché permise la definitiva sconfessione della teoria dei crateri di sollevamento formulata da Leopold von Buch. 10.2 Specie rinvenute e ambiente di rinvenimento Nell’apparato vulcanico Somma- Vesuvio si conoscono non meno di 185 specie mineralogiche, di cui 49 sono state rinvenute e descritte per la prima volta qui. Proprietà e dati di altre 30 specie circa sono stati determinati principalmente su campioni di provenienza vesuviana. Nel complesso vulcanico M. Somma Vesuvio i minerali si trovano in quattro diverse giaciture principali: 1. Nei proietti calcarei metamorfici del Monte Somma (versante esterno), ulteriormente divisi nei tre tipi di proietti: a Massicci. I minerali di questi proietti sono per solito anedrali e distribuiti a chiazze o a bande: humite, lapislazzuli, biotite, periclasio (brucite), pirosseni, magnetite, galena, sfalerite. b Vacuolari. Questo tipo ha geodi a struttura zonato-concentrica: una zona periferica a calcite+augite, poi verso l’interno una zona a biotite+calcite+olivina, e al centro cristalli a crescita libera: wollastonite, humite e feldspatoidi. c Vacuolari silicizzati. Questi proietti hanno le stesse strutture e gli stessi minerali del tipo 1b, ma sono privo di calcite in quanto totalmente silicizzati. 2. Nelle fenditure dei proietti lavici. Nei blocchi del Vesuvio ci sono silicati come pirosseni, anfiboli, feldspatoidi, fayalite; ossidi come vonsenite, hausmannite, cuprite e ematite, e inoltre sellaite, fluorite e anidrite; in quelli del Monte Somma i minerali sono questi stessi ed altri silicati del gruppo delle zeoliti. 3. Nelle fumarole attive del Vesuvio e nelle fumarole fossili del Monte Somma. Sono presenti soprattutto alogenuri (silvite, salgemma, clorocalcite, lawrencite, bararite, cloromanganocalite, atacamite,) solfati (calcocianite, thenardite, mascagnite, palmierite, antlerite, voltaite, bassanite, matteuccite), solfuri (covellina, millerite, galena, pirite) e ossidi (tenorite) 4. Fenocristalli nelle lave tefritiche e fonolitiche. Leucite, sanidino. 10.3 Musei La maggiore collezione di minerali vesuviani è sicuramente quella del Museo dell’Università di Napoli, che raccoglie un buon numero di olotipi di Scacchi 137 e Zambonini. Il Museo (fondato nel 1801) è per se stesso un capolavoro di ebanisteria del Primo Impero. 10.4 Specie descritte per la prima volta Ossidi Tenorite Periclase Magnesioferrite Lime G. Semmola, 1825 A. Scacchi, 1841 C.F. Rammelsberg, 1859 A. Scacchi, 1883 Alogenuri Molysite Cotunnite Silvite Kremersite Scacchite Melanothallite Chlorocalcite Erythrosiderite Chloraluminite Chloromagnesite Cryptohalite Pseudocotunnite Eriochalcite Chlormanganokalite Mitscherlichite Avogadrite Malladrite Ferruccite Carobbiite J.F.L. Hausmann, 1819 T. Monticelli, N. Covelli, 1825 F.S. Beudant, 1832 P. Kremers, 1851 J.N. Adam, 1869 A. Scacchi, 1870 A. Scacchi, 1872 A. Scacchi, 1872 A. Scacchi, 1873 A. Scacchi, 1873 A. Scacchi, 1873 A. Scacchi, 1873 A. Scacchi, 1884 H.J. Johnston-Lavis, 1906 F. Zambonini, G. Carobbi, 1925 F. Zambonini, 1926 F. Zambonini, G. Carobbi, 1926 G. Carobbi, 1933 H. Strunz, 1956 Aphthitalite G. Thomson, 1795 Solfati 138 Cyanochroite Picromerite Chlorothionite Dolerofanite Chalcocyanite Euchlorine Palmierite Bassanite Manganolangbeinite Mercallite Matteuccite A. Scacchi, 1855 A. Scacchi, 1855 A. Scacchi, 1872 A. Scacchi, 1873 A. Scacchi, 1873 F. Pisani, 1875 A. Lacroix, 1907 F. Zambonini, 1910 F. Zambonini, G. Carobbi, 1924 G. Carobbi, 1935 G. Carobbi, C. Cipriani, 1952 Silicati Leucite Vesuvianite Meionite Nepheline Haüyne Sarcolite Humite Anorthite Forsterite Davyne Monticellite Microsommite Clinohumite Cuspidine Litidionite Kaliophilite Cuprorivaite Panunzite Potassium-fluor-richterite Montesommaite Quadridavyne A.G. Werner, 1791 A.G. Werner, 1795 R.J. Haüy, 1801 R.J. Haüy, 1801 Bruun- Neergaard, 1807 G. Thomson, 1807 C. de Bournon, 1817 G. Rose, 1823 M. Lévy, 1824 T. Monticelli, N. Covelli, 1825 H.G. Brooke, 1831 A. Scacchi, 1872 A. Des Cloizeaux, 1876 A. Scacchi, 1876 E. Scacchi, 1880 B. Mierisch, 1886 C. Minguzzi, 1938 E. Benedetti et al., 1977 G. Della Ventura et al., 1983 R.C. Rouse et al., 1990 E. Bonaccorsi et al., 1994 139 10.5 Possibilità attuali di rinvenimento Pur comprese in gran parte nel parco nazionale, le pendici del Vesuvio e del Monte Somma sono fortemente antropizzate e soggette da un lato a privatizzazione (con conseguente riduzione degli accessi) e dall’altro a scavi selvaggi e immediate cementificazioni. Il ritrovamento di buoni minerali è quindi funzione dei lavori di cava, sia sul versante esterno (NW) del M. Somma (Cupa, S. Vito, Pollena) sia sul versante S e SE del Vesuvio (Villa Inglese, Boscotrecase). I primi danno proietti, i secondi evidenziano fessure mineralizzate nelle lave. Scarso valore minerogenetico hanno attualmente le fumarole, essendo l’ultima attività eruttiva ormai lontana (1944). 10.6 Bibliografia - M. Carati (1982) Guida alla mineralogia vesuviana. Bologna, Calderini. - F. Zambonini (1935) Mineralogia vesuviana (2th ed. by E. Quercigh). Napoli, Acc. Sc. Fis. Mat. 10.7 foto Figura 10.4: Condrodite Vesuvio, Campania, Italia 140 Figura 10.5: Forsterite Vesuvio, Campania, Italia Figura 10.6: Meionite Vesuvio, Campania, Italia 141 Figura 10.7: Nefelina Vesuvio, Campania, Italia Figura 10.8: Sarcolite Vesuvio,Campania,Italia 142 Figura 10.9: Vesuvianite Vesuvio,Campania,Italia 143 Capitolo 11 Minerali dell’Isola d’Elba I musei di tutto il mondo presentano, fra i campioni più belli, quelli dell’Isola d’Elba. In particolare il Museo di Firenze dispone della maggior collezione esistente al mondo, oltre 6000 esemplari, derivante in massima parte da raccolte dell’800. 11.1 Storia Fin dall’antichità nota e sfruttata per i minerali di ferro della costa orientale, l’Elba a partire dal settecento diventa anche sede di interessanti studi scientifici e di raccolta di esemplari di minerali importanti sia dal punto di vista estetico sia da quello scientifico. A partire da Ermenegildo Pini nel 1777, per tutto l’ottocento ed il primo novecento si susseguettero ricerche sul terreno e descrizioni di raccolte. Da Ottaviano Targioni Tozzetti a G. vom Rath, da Antonio D’Achiardi al suo figlio Giovanni, da Giuseppe Grattarola a Federico Millosevich e alla sua scuola (U. Panichi, E. Grill, P. Comucci) tanti scienziati soprattutto italiani hanno rivolto la loro attenzione ai minerali elbani. 11.2 Specie Due i principali ambienti geologici: 1. un grosso batolite granodioritico circondato da un anello termometamorfico con annessi depositi pegmatitici nei quali si ritrovano splendidi cristalli di tormalina e di berillo, oltre ad interessanti e rari ossidi e silicati. 2. mineralizzazioni metasomatiche a skarn sia a prevalente ematite sia a prevalente magnetite che presentano anche una vasta serie di solfuri associati e di solfati, ossidi, alogenuri e fosfati di alterazione. Di fronte alla bellezza dei campioni elbani alla varietà delle situazioni geologiche e all’intensità delle ricerche svolte in un ampio lasso di tempo, non 144 molte sono le specie ritrovate per la prima volta all’Elba, solo sette. Relativamente poche, quindi, di fronte ad un totale di 166 specie identificate in tutta l’isola. Nell’ordine cronologico di riconoscimento le sette specie nuove sono: • ilvaite, sorosilicato di Ca e Fe, riconosciuta da Lelièvre nel 1806 e cosı̀ denominata nel 1811 da Steffen in onore dell’isola col suo nome latino (Figura 11.1); Figura 11.1: Ilvaite • pollucite, tectosilicato di Cs, primo minerale con questo elemento, identificato nel 1846 dal Breithaupt come nuovo silicato potassico, con il Cs riconosciuto successivamente (1864) dal Pisani. Il nome ricorda l’eroe greco Polluce (Figura 11.2); • dachiardite, una zeolite, trovata da Giovanni D’Achiardi nel 1905 e cosı̀ denominata in ricordo del padre Antonio; • elbaite, termine a Li-Al del gruppo delle tormaline, cosı̀ chiamata dal Vernadsky nel 1913 per le tormaline prive di Fe e di Mg; • minguzzite, ossalato di K e Fe, determinato nel 1955 da Garavelli e dedicato al Prof. Minguzzi di Pavia prematuramente scomparso; 145 Figura 11.2: pollucite • bonattite, solfato di Cu triidrato, scoperto nel 1957 ancora da Garavelli e dedicato al Prof. Bonatti, mineralista di Pisa; • uranopolicrasio, ossido complesso di Ti (e Nb) di U e terre rare, identificato da Aurisicchio ed altri nel 1993 e cosı̀ denominato per l’analogia con policrasio-Y. 11.3 Bibliografia - P. Orlandi e F. Pezzotta - Minerali dell’Isola d’Elba. - Ed. Novecento, Bergamo 1996. - G. Carobbi e F. Rodolico - Mineralogia della Toscana. - La Colombaria, Firenze 1970. 11.4 Didascalie fotografie Figura 11.3: Berillo morganite Grotta d’Oggi, S.Piero in Campo, Isola d’Elba 146 Figura 11.4: Tormalina rosa - Facciatoia, S.Piero in Campo, Isola d’Elba Figura 11.5: Tormalina, berillo e quarzo - Grotta d’Oggi, S.Piero in Campo, Isola d’Elba 147 Figura 11.6: Ematite micacea - Rio Marina, Isola d’Elba Figura 11.7: Limonite stalattitica iridescente - Rio Marina, Isola d’Elba 148 Capitolo 12 Sainte-Marie-aux-Mines Documento presente solo nell’edizione in lingua INGLESE 12.1 History The Sainte-Marie-aux-Mines district whose first traces of operation date from the 10th century is one of the most significant silver-bearing mining districts and the main metallic ore bearing hydrothermal seams district of this type in France, as indicated by Monnet soon as the 18 th century: ”All those who share some knowledge about the history of mines should count those of SainteMarie among the richest and the oldest in the whole the world, exceeding all others for richness and diversity of minerals. Most of the samples which are in the ducal collections are coming from this mining complex. There are many mines in Germany, but there is none of them able to provide such a metal diversity” Operation of the mines continued there until the 20th century and from the point of view of the importance of its mining works, Sainte-Marie-aux-Mines is the most important district of the Vosgian massif. Mining archaeologists count currently more than 1000 galleries entrances and well openings. 12.2 Geological context From the geological point of view, the characteristic of various sites of the district is related to the structural geology of the massif and the relative distribution of various gneisses dated from the infra-Cambrian era. Those gneisses are generally divided in two group, the biotite and sillimanite gneisses and the complex gneisses which overlap the first. The seams were constituted starting from pre-existent fractures in the geological layers. The opening of the fractures, caused by some movement inside the Earth’s crust, was supported by the relative rigidity of the rocks: it is the case with the complex gneisses, which contain the most interesting seams 149 for the mining activity (Neuenberg-Altenberg). The more flexible sillimanite and biotite gneisses, did not let appear large faults: thus the seams here are irregular and sinuous (Bluttenberg). Other metamorphic rocks such as leptynites were fractured during the tectonic shortening of the region and many faults were regularly disseminated inside: the seams are not very wide there, but can be very rich (Lorrain side of the district). Hydrothermal solutions circulated in the fractures and dissolved metal elements contained in the old gneisses. While approaching surface they were cooling and released the dissolved substances which ones concentrated in the faults and became seams. Generally, seams are not made of a single planar structure but are composed of several veins at the origin of seams field. The chronological succession of the deposits was divided into six formation steps: step 1 : calcite with haematite and chalcedony. This formation step is illustrated by the paragenesis observed in the area of Brézouard step 2 : essentially cupriferous: carbonates and quartz with ”grey coppers” (tetrahedrite-tennantite), chalcopyrite, cubanite and bismuth minerals; step 3 : native arsenic, arsenides. The transition between formations steps 1 and 2 would be marked by lautite deposition, followed by rammelsbergite step 4 : galena, sphalerite, ”grey coppers” (tetrahedrite-tennantite) step 5 : fluorite and barite, which settles generally in the upper part of the seams step 6 : noble carbonates with silver bearing minerals, this formation step is at the origin of the richness and celebrity of the Sainte-Marie-aux-Mines deposits. The various seams have different directions and paragenesis. They can be gathered in four sectors. • The Altenberg type seams generally infilled North-South or North-East / South-West faults. They are constituted by silver-bearing galena in a siderite matrix. Several characteristics of the Altenberg sector render possible to establish correlation between this layer and those of LaCroix-aux-Mines as well as with deposits of Black-Forest (Prinzbach and Hauserbach in the Kinzig valley). The age of those deposit could be related to the tertiary era and be contemporary to the Rhine graben collapse. • The Neuenberg type seams, the mean direction of which range from East-West with east-south-east / west-north-west direction, present the richest minerals paragenesis with 6 successive ore precipitation phases. They occupy the valleys of Rauenthal and Small-Lièpvre. 150 • The seams of the Lorraine side of the district (Saint-Pierremont, Musloch) are very resembling to the Neuenberg type, but their antimoniferous ”grey coppers” (tetrahedrite) are particularly rich in silver. • The Bluttenberg seams present a mixed and simplified paragenesis, low in silver content, which is characterised by an important oxidation upper zone (iron cap). 12.3 Minerals of Sainte-Marie-aux-Mines The minerals from the Sainte-Marie-aux-Mines district are characterised by their abundance, their esthetical quality and the variety of their crystallisation. The district owes especially its celebrity to the various ores and minerals containing silver. The total production of silver was estimated at several hundred tons, the richest mine was probably Saint-Guillaume in Saint-Pierremont’s forest. Historical bonanzas were reported, such is the discovery of a block of native silver in 1530, which produced one quintal (nearly 200 pounds) of pure silver and whose samples were offered to the emperor Charles Quint; another famous discovery was a silver mass, the weight of which was 592 kilograms (nearly 1200 pounds), the night of October 17th in year ’1581, by a miner, the name of which was Claus Schirbald. Ancient times miners however exhausted the seams. Few historical samples remain still visible although the quality of some of them avoid them to be cast. As early as the 16th century, minerals from Sainte-Marie-aux-Mines seem indeed to have been object of interest thanks to the esthetical quality of their crystal forms and grouping. In 1574, the dukes of Bavaria Frederic and Guillaume, requested ore samples from the lord of Ribeaupierre. In 1576, the judge of the Haubinsack county informed the same lord that ore samples have been sent to the archduke Ferdinand of Austria. In the 18th century, the cabinets of natural history are more and more numerous. Remaining catalogues from those cabinets are very informative. By example the presence of minerals from Sainte-Marie-auxMines is indicated in the ” Systematic and reasoned catalogue of curiosities from nature and art placed in the cabinet of Mr. Davila ”, written in 1768. In his written work, Monnet announced the discovery, in 1770, of several specimen made of pure silver twisted and interlaced filaments or extremely narrow needles forming groups, which one were almost entirely sold to the amateurs of natural history. The Paris Natural History Museum preserves old samples from SainteMarie-aux-Mines, among which, a native silver from the cabinet of king Louis XVI, the shape of which is a circumvented filament several centimetres long. The famous German poet Goethe, who possessed also some talents as amateur mineralogist, gathered in his collection two smaltines and an coralloid aragonite coming from Sainte-Marie-aux-Mines. 151 The systematic collection of the Museum of Mineralogy of the Paris School of Mines preserves about fifty mineral species coming from Sainte-Marie-auxMines such as: allanite, aragonite, silver, arsenic, carbonate-cyanotrichite, chalcophyllite, chalcopyrite, chloanthite, chondrodite, datholite, flos ferri, galena, guerinite, haidingerite, hornesite, lautite, monohydrocalcite, parasymplesite, picropharmacolite, pharmacolite, proustite, pyrargyrite, pyromorphite, rammelsbergite, rauenthalite, rossierite, sainfeldite, safflorite, sphalerite, tennantite, tetrahedrite, tyrolite, weilite. The Paris School of Mines preserves also the types of new mineral species described at Sainte-Marie-aux-Mines. Other interesting specimens are preserved in many other public or private collections, in France, in Europe and in the whole world. However, specimens recently acquired cannot be compared in any way to the magnificent specimens found in the former bonanzas. Almost the whole part of the ore was obviously intended to metallurgical processes. The more recent lucky finds are even more modest than the samples saved through centuries. It is undoubtedly regrettable that the best samples were not more numerous to be preserved. The minerals from the Sainte-Marie-aux-Mines district are finally remarkable by their variety, already underlined by Monnet circa 1780: ” the mines of Sainte-Marie-aux-Mines and the valley of Lièpvre, where most of the mines of this district are situated, could have been sufficient in their time to provide entire museums with splendid and important mineralogical specimens ” Or: ” the mines of Sainte-Marie exceeded all the others in richness and diversity of minerals ”. It seems that Monnet is the first author having described with some objectivity minerals of Sainte-Marie-aux-Mines; he wrote notably an interesting about cerargyrite or silver chloride. De Dietrich corroborates Monnet’s opinion. ” Very few mines provided such a variety of minerals larger, more interesting and more invaluable for the amateurs than those of the mines of Sainte-Marie-aux-Mines. In various epochs, pure silver forming masses, needles, sheets, filaments and crusts, various silver ores, vitreous, red or grey, crystallised or massive ” were extracted from those mines”. A recent inventory counted more than fifty primary metallic minerals and their matrix (deposited during the early times of the genesis of the seams); quite the same number of other minerals originating from oxidation and cementing (formed in a second step, after infiltration of surface water) and more than thirty neoformed minerals (crystallised in old mining work after the operations were stopped). The silver bearing minerals are firstly represented by native silver generally in tufts, more or less circumvented filaments, or in dendrites often made by the stacking of octahedrons. Other silver bearing minerals are represented by the ”red silvers” of the former miners (proustite, pyrargyrite), the ”horn silver” or cerargyrite, the ”vitreous silver” or argentite. Several native silver specimens and argentite, proustite samples are described in the catalogue of Mr. Davila. Monnet reports a lucky find, into 1758. of a mass, weighting more than 50 pounds, constituted by massive ”red silver” ore mixed with ”vitreous silver”, some samples of which were saved and preserved into certain cabinets 152 ”:... the more remarkable is the specimen which was surmounted by a large crystal of ”red silver”, inside which it could be seen a branch made of pure silver, adorned itself of very small crystal of the same red silver”. Some other rarer silver bearing minerals are: xanthoconite, myargyrite, argentopyrite, discrasite, polybasite, aramayoite, pearceite, dervillite, matildite, pavonite. In addition, the silver is included in galena and ”grey coppers” (tetrahedrite - tennantite), which constituted the principal silver ores from the economic point of view, because of their abundance. Arsenic is present in the chemical composition of several minerals as in ”grey coppers”. In the Sainte-Marie-aux-Mines district, in particular in the Saint-Jacob and Saint-Guillaume seams, arsenic forms, at the native state remarkable and large masses. Native arsenic appears often in grey-black nodules, sometimes encrusted, more rarely in bacillar form or in single crystals whose surface deteriorates quickly due to the formation of arsenolite. In the recent period, arsenic was extracted from the Gabe-Gottes mine from 1932 to 1940. Copper was extracted from chalcopyrite whose crystals on quartz from the Engelsbourg mine were considered among the best known crystals of this mineral. More recently remarkable crystallised aggregates were extracted from a seam containing calcite and ankérite in the ”Celestial Army” mine, where idiomorph chalcopyrite crystals reach a size of 7 centimetres (S. Stein and Mr. Haag, 1987). Grey coppers, tennantite and tetrahedrite, were especially worked for the silver they contained. Former miners also named them ”grey silver”. Generally, tennantite (arsenical variety) dominates in Neuenberg, while tetrahedrite (copper sulfoantimonide) is predominant in the Lorrain side of the district. They were the main ores to be worked in those two sectors. Silver content in tetrahedrite frequently reaches 1%, and sometimes attains 5%. The district of Sainte-Marie-aux-Mines is thought to have produced nearly 5000 tons of copper. Galena represented the main silver bearing ore in Altenberg. Its cubes, sometimes truncated, can reach several centimetres as in Altenberg or within the Saint-Louis seam in Neuenberg. Its silver mean content is approximately 0,06 Bournonite is famous for its crystallisation in the Musloch seam. Sphalerite or ”blende” is represented by idiomorph crystals, sometimes of a gem quality. Excellent samples of sphalerite were discovered few years ago by R. Ubel, D. Bucholtz and H. Loda. Skutterudite was described in cubo-octahedrons reaching 2 to 3 centimetres and also in dendritic crystals. Rammelsbergite and safflorite constitute balls with fibroradious structure. The Saint-Jacob seam is known for its lautite, for which mineral it constitutes one of the best known deposits. Dervillite was redefined per H. Ban and collaborators in 1982, after the initial works done by Ungemach and then by Weil. Erythrite was found in the Chrétien and ”la Treille” mines . Cuprite, cornubite, cyanotrichite, agardite, clinoclasite (the ancient French name of which was ” aphanèse ”), parasymplesite, scorodite and many other oxydation 153 minerals are particularly developed in the Saint-Jean seam. Among neo-formation minerals, can be mentioned monohydrocalcite, and concretions of aragonite with various shapes and colours. Among neo-formed minerals the calcic arsenates and calcomagnesian arsenates occupy an important place. They were studied by R. Pierrot (1964) and H. Ban (1982). Picropharmacolite and pharmacolite constitute the most widespread minerals among them. Let us also quote fluckite, rauenthalite and phaunouxite (from the name of the small valley of ”Phaunoux”, the French name for Rauenthal). Sainte-Marie-aux-Mines deposits are regarded as a reference deposit for calcic arsenates and calcomagnesian arsenates. Let us finally note that it is especially thanks to the work of some amateurs or professionals in mineralogy, as well as the quite new techniques of mining speleology, that were discovered so many new mineral species during the last decades. 12.4 New mineral species described in Sainte-Marieaux-Mines 8 new mineral species were discovered in Sainte-Marie-aux-Mines half of which only was described before 1980. 1 sulpho-salt : Dervillite Ag2 AsS2 Weil 1941 7 arsenates : Ferrarisite Ca5 H2 (AsO4 )4 · 9H2 O Bari 1980 Fluckite CaM n2+ H2 (AsO4 )2 · 2H2 O Bari 1980 Mcnearite N aCa5 H4 (AsO4 )5 · 4H2 O Sarp et al. 1981 Phaunouxite Ca3 (AsO4 )2 · 11H2 O Bari et al. 1982 Rauenthalite Ca3 (AsO4 )2 · 10H2 O Pierrot 1964 Sainfeldite Ca5 (AsO4 )2 [AsO3 (OH)]2 · 4H2 O Pierrot 1964 Villyallenite (M n2+ , Ca, Zn)5 (AsO4 )2 [AsO3 (OH)]2 · 4H2 O Sarp 1984 154 Capitolo 13 Minerali lunari 13.1 Introduzione Il problema incontrato dai mineralogisti che si occupano di mineralogia lunare è quello della scarsità di materiali lunari suscettibili di essere studiati. Esistono infatti due fonti di rocce e di minerali lunari, e sono: • i campioni riportati dalle missioni lunari • i meteoriti di origine lunare 13.2 Campioni riportati dalle missioni lunari Una quantità di 382 Kg di rocce lunari diverse comprendenti 2196 campioni sono stati riportati dalla Luna dalle 6 missioni americane del programma Apollo che hanno raggiunto la Luna fra il 1969 e il 1972. Dobbiamo anche aggiungere circa 300 g di rocce lunari riportate dalle 3 missioni russe del programma automatico Luna. Questi campioni hanno contribuito a una migliore conoscenza della Luna e degli inizi del sistema solare. Uno dei loro principali interessi è di poter essere datati grazio ai metodi radiocronologici. Il Johnson Space Center della NASA situato a Houston (Texas, USA) è incaricato di conservare i campioni lunari riportati dalle missioni americane e di preparare quelli che possono essere messi a disposizione degli scienziati. In totale 97000 campioni debitamente catalogati sono stati preparati al Johnson Space Center per poter essere studiati e analizzati. Ancora oggi, più di 25 anni dopo le missioni lunari, scienziati appartenenti a più di 60 laboratori del mondo intero continuano lo studio di questi campioni e sono 1100 quelli cosı̀ preparati e mandati ai ricercatori ogni anno. I campioni studiati, non deteriorati o distrutti dalle analisi, vengono poi rimandati alla NASA. In conseguenza della loro età, compresa fra 3 e 4,6 miliardi di anni, età che sono raramente incontrate nelle rocce terrestri, i campioni di rocce lunari si 155 rivelano preziosi per approfondire le nostre conoscenze sulle origini del sistema solare. Gli studi degli isotopi lunari e terrestri hanno permesso di apportare qualche contributo all’ipotesi della formazione della Luna per collisione fra un corpo delle dimensioni pari a quelle di Marte con la Terra poco tempo dopo la formazione del sistema solare. Si è appreso ugualmente che la crosta lunare si è formata 4,4 miliardi di anni fa. La sua formazione e l’intenso bombardamento di meteoriti e di colate laviche conseguenti sono registrati nelle rocce. I suoli che ricoprono la crosta lunare dal momento della sua formazione sono stati sottoposti all’irradiazione dei raggi solari e hanno cosı̀ registrato l’attività solare nel corso del tempo. Dei minerali nuovi come la tranquillityite o l’armalcolite sono stati trovati inizialmente nelle rocce lunari. Successivamente sono stati trovati sulla Terra. 13.3 Principali minerali lunari Silicati • Pirosseni • Feldspati plagioclasi • Olivine • Minerali del gruppo della silice Ossidi • Ilmenite • Spinelli • Armalcolite • Altri ossidi (cromite) Solfuri • Troilite • Altri solfuri Elementi nativi • Ferro nativo • Altri elementi nativi Fosfati • Apatite 156 • Whitlockite Minerali di origine meteoritica • Schreibersite • Cohenite • Niningerite • Lawrencite 13.3.1 Silicati lunari Pirosseni I pirosseni sono uno dei gruppi di minerali fra i più frequenti nella crosta lunare. Lo studio delle lamelle di essoluzione nei pirosseni lunari, in particolare quelle dei clinopirosseni nell’augite e nella pigeonite, ha mostrato che questi minerali si erano formati al momento della reazione a temperature inferiori a quella del loro punto di fusione. Questi stessi studi hanno anche mostrato che i pirosseni lunari si erano raffreddati lentamente. Si è potuto cosı̀ dedurre che una colata di basalto di 6 metri di spessore situata nel luogo dell’allunaggio dell’Apollo 15 si era raffreddata a una velocità di 0,2-1,5 gradi per ora. Sono state ugualmente fatte rare osservazioni che hanno rivelato all’interno dei cristalli di pirosseni lunari delle lamelle d’urto formatesi al momento dell’impatto meteoritico. Nelle rocce cristalline come l’anortosite, la composizione chimica dei pirosseni mostra una maggior contenuto di magnesio anziché di ferro. Feldspati plagioclasi La maggior parte dei feldspati lunari appartengono alla famiglia dei plagioclasi. I feldspati plagioclasi sono i minerali più abbondanti delle rocce costituenti la crosta lunare. Allo stato attuale delle conoscenze, i contenuti in anortite dei plagioclasi di differenti rocce lunari sono: • basalti dei mari lunari dal 15% al 35% • anortositi dal 40 al 98% (>70% più abbondanti) • brecce cristalline dal 50% al 75% • brecce vetrose dal 15% al 50% • suoli dal 10% al 60% Statisticamente i plagioclasi lunari sono più poveri in sodio e dunque più vicini al termine anortite di quelli trovati sulla Terra. I plagioclasi più sodici sono stati trovati nelle formazioni delle highlands lunari (catene montagnose lunari) e in particolare nelle rocce arricchite di potassio (K), in terre rare (= Rare Earth Elements o REE) e in fosforo (P) che vengono raggruppate sotto l’appellativo KREEP. 157 Olivine L’olivina è il maggiore componente delle rocce che formano le rocce lunari. All’interno dei basalti dei mari lunari le olivine hanno una composizione che va dal 30 all’80% in forsterite (termine magnesico delle olivine). Le olivine più ferrose, la fayalite (meno del 30% di forsterite) sono più rare, benché dei cristalli di fayalite quasi pura siano stati trovati nei basalti più recenti dei mari lunari, che sono al contempo i più ricchi in ferro. Le impurità principali delle olivine lunari (Figura 13.1) sono il calcio, il manganese, il cromo e l’alluminio. È stato notato che il cromo era più abbondante nelle olivine lunari (fino a 0,6% in peso) che in quelle terrestri. Ciò è probabilmente dovuto al debole grado di ossidazione del cromo (cromo bivalente) da mettere in relazione con la debole pressione parziale dell’ossigeno al momento della messa a posto dei basalti dei mari lunari. Nello stesso modo si nota un contenuto di cromo anormalmente elevato all’interno di pirosseni degli stessi basalti. Figura 13.1: Observation au microscope électronique à balayage de la surface d’un échantillon de roche lunaire. On observe, posés sur la surface d’un cristal de pyroxène (en vert), un beau monocristal d’olivine (en jaune) accompagné de quelques cristaux de chromite (en bleu). 158 Minerali del gruppo della silice Nelle rocce lunari, la silice cristallizza sotto forma di quarzo, di tridimite o di cristobalite. La silice è molto più rara nelle rocce della crosta lunare che in quelle della crosta terrestre. Questo si può spiegare con una evoluzione meno spinta della crosta lunare e un più debole sviluppo della differenziazione magmatica. Un’altra ragione è il contenuto inferiore in acqua. È interessante constatare che se delle forme di alta pressione della silice, quali la coesite e la stishovite sono stati trovati sulla terra in relazione con degli impatti meteoritici, questi minerali non sono stati identificati ancora oggi sulla luna, cosa che è verosimilmente da mettere in relazione con la rarità della silice sulla luna e con l’evaporazione rapida della silice fusa sotto vuoto. I minerali lunari del gruppo della silice si concentrano essenzialmente nelle rocce arricchite in KREEP. Il quarzo è stato trovato in schegge felsitiche sotto forma di cristalli aghiformi che sembravano provenire da una trasformazione di una tridimite originale. Si è ugualmente trovato del quarzo nei rari frammenti di granito lunare raccolti. La forma cristallizzata di silice più comune nei basalti dei mari lunari è la cristobalite, che può arrivare sino al 5% in certi basalti. Vi si osserva talvolta l’inversione di una parte della cristobalite in tridimite. Altri silicati lunari Zircone Benchè rari, piccoli e difficili da studiare, gli zirconi lunari si sono rivelati estremamente importanti per datare i campioni lunari, in particolare le rocce molto antiche che costituiscono le montagne della luna. Inoltre gli zirconi tendono a registrare bene le tracce di fissione. La fonte principale di zirconi lunari sono i famosi graniti lunari a elevato tenore di silice, che sembrano particolarmente rari. Il campione 15405, costituito da una breccia composta da monzodiorite a quarzo, si è rivelata possedere un tenore in zirconi pari allo 0,6%. Tuttavia la maggior parte degli zirconi lunari sono trovati in grani isolati nei suoli e nelle brecce lunari. Questo è dovuto alla rarità dei graniti lunari e alla longevità degli zirconi. Sono stati ugualmente trovati in inclusioni metamorfiche all’interno di basalti dove derivano verosimilmente da una iniziale tranquillityite. Pyroxferroite È l’analogo lunare ferroso della nostra pyroxmangite terrestre. I due minerali hanno per formula (M n, F e)SiO3 , tuttavia la pyroxmangite non contiene mai più del 25% di ferro, mentre la pyroxferroite è più ricca di questo metallo e non è mai stata trovata sulla Terra. La pyroxferroite è stata trovata nei basalti lunari ricchi di ferro e in particolare in quelli dei mari lunari. Granati La NASA ritiene che i granati trovati nei campioni riportati dalla luna possano essere il risultato di una contaminazione e in questo caso non essere di origine lunare. Tranquillityite Il nome di questo minerale deriva da quello del Mare della Tranquillità, luogo 159 dell’allunaggio dell’Apollo 11. Il minerale è stato trovato all’interno dei basalti nei famosi mari lunari. I cristalli di tranquillityite si presentano come strisce sottili e appiattite di lunghezza inferiore a 100 m . Questo minerale è spesso associato all’apatite e alla pyroxferroite all’interno di piccole tasche e sembrano essere stati fra gli ultimi minerali che si sono formati. La tranquillityite è translucida e non pleocroica. Vista in lamelle sottili e a luce trasmessa, appare di colore rosso profondo. Questo colore è da mettere in relazione con la forte presenza di titanio. Ossidi lunari Il gruppo della pseudobrookite o dell’armalcolite si compone di minerali di formula generale X2 Y O5 . I siti X e Y sono di coordinazione ottaedrica, questo permettendo una sostituzione in larghe proporzioni fra ferro bivalente e trivalente, magnesio, alluminio e titanio. I membri estremi principali del gruppo sono: la pseudobrookite (F e2 T iO5 ), la ferropseudobrookite (F eT iO5 ) e l’armalcolite (M g, F e)T i2 O5 . Lo studio della zonazione all’interno degli spinelli è utilizzato come indicatore della cronostoria di cristallizzazione dei basalti dei mari lunari. È stata scoperta sulla luna anche della cromite. 160 Parte III Organizzazioni Internazionali 161 Capitolo 14 La Commissione dei nuovi minerali e nomi dei minerali (C.N.M.M.N.) dell’Associazione Mineralogica Internazionale (I.M.A.) La creazione di un organismo internazionale incaricato del controllo delle nuove specie minerali e della loro nomenclatura appariva come una necessità agli occhi di numerosi mineralogisti al fine di evitare il caos che regnava in questo settore. Prima del 1959, data di creazione dell’IMA, nessuna regola stretta si applicava in effetti alla definizione di specie minerali nuove. Numerosi nuovi nomi erano stati creati su iniziativa dei ricercatori con tutti i rischi inerenti a descrizioni erronee, incomplete o doppioni con minerali esistenti. M. Fleischer (1961) constata infatti che su 583 nuovi minerali apparsi fra il 1940 e il 1959, 106 si sono rivelati identici a delle specie esistenti, 97 erano delle semplici varietà e 69 descrizioni erano incomplete. In totale il 46% delle specie avevano dunque una validità dubbia. Un altro esempio di confusione nella nomenclatura può essere illustrato con la cordierite: questo minerale è stato designato con 23 nomi diversi che si rapportavano sia a varietà locali sia a leggere differenze nella composizione chimica o nelle proprietà fisiche. Non esisteva inoltre alcuna garanzia riguardo alla conservazione del materiale tipo, cosa che rendeva aleatoria ogni comparazione ulteriore con del nuovo materiale. L’I.M.A. è stata creata nel 1959 e la sua Commissione dei nuovi minerali e nomi dei minerali fu incaricata del controllo delle nuove specie e della loro nomenclatura. La prima riunione ebbe luogo a Copenhagen nel 1960 e ivi furono definite le regole di funzionamento. Nel 1962, nel corso della riunione tenuta allo Smithsonian Institution di Washington, i membri presenti della 162 Commissione emisero il loro primo verdetto: la roquesite inaugurò il nuovo sistema internazionale di riconoscimento delle specie minerali. Le regole attuali di funzionamento della C.N.M.M.N. riflettono il risultato di una serie di protocolli successivi, incessantemente migliorati e adattati alle nuove tecniche di analisi. Si possono citare i lavori successivi di Hey et al. (1961), Fleischer (1970), Donnay e Fleischer (1970), Mandarino et al. (1984), Nickel e Mandarino (1987), Dunn e Mandarino (1988) e l’ultimo adattamento di Nickel (1996). L’ufficio della Commissione è composto da un presidente, un vice presidente e un segretario, eletti dai membri della Commissione e dotati di incarichi ben definiti: il presidente si occupa di tutto ciò che concerne le nuove specie e la loro nomenclatura. il vice presidente è responsabile delle proposte di abbassamento di rango, di ridefinizione e di rivalidazione delle specie. il segretario assicura il legame con la sottocommissione che si occupa della riorganizzazione dei gruppi di minerali (anfiboli, miche) e si occupa del lavoro amministrativo della Commissione. Oltre a questi membri ufficiali, la Commissione si compone attualmente di 29 delegati nazionali rappresentanti i seguenti paesi: Australia, Austria, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Cina, Croazia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, Israele, Italia, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Russia, Spagna, Stati Uniti, Sud Africa, Svezia, Svizzera, Repubblica Ceca, Stati Uniti. 14.1 Criteri per la definizione di un nuovo minerale Un minerale può essere definito come una sostanza solida, inorganica e cristallizzata avente una composizione chimica, e delle proprietà fisiche ben definite. Risulta da un processo geologico terrestre o extra-terreste, senza intervento dell’uomo. Per questo le scorie o i depositi delle ciminiere di fabbriche non sono considerati come minerali. Una nuova specie minerale deve possedere una composizione chimica e delle proprietà cristallografiche diverse da quelle di una specie esistenti. Come fa osservare Nickel (1996), una debole variazione nella composizione chimica può giustificare una nuova specie a condizione che un elemento minore stabilizzi la struttura o che la sua presenza in un certo sito provochi delle modificazioni strutturali legate alla sua carica o alla sua diversa dimensione. Di contro, un elemento può sostituirne parzialmente un altro senza che ne risultino dei cambiamenti strutturali maggiori. In questo caso, le varietà chimiche sono designate da un solo nome di minerale, accompagnato da un aggettivo chimico; per esempio: pirite nickelifera. Il caso di minerali aventi la stessa composizione chimica ma cristallizzanti in sistemi differenti è più delicato da risolvere. Seguendo i casi si potranno sia distinguere due minerali diversi [esempio F eS2 pirite (cubica) e marcassite (ortorombica), diamante (cubico) e grafite (esagonale)], sia prendere in considerazione solo una specie (esempio: analcime con polimorfi cubici, tetragonali, monoclinici ecc. in funzione di variazioni minori nell’ordine delle localizzazioni Al e Si nella 163 struttura). Alcuni polimorfi e i politipi (composti che si distinguono da una periodicità differente nella sovrapposizione degli strati) sono designati da un solo nome di specie seguiti da un suffisso strutturale (esempio: eterogenite-2H e eterogenite-3R, lepidolite-2M1 e lepidolite-3T). 14.2 Procedure per la convalida di un nuovo minerale Un mineralogista che desidera far riconoscere una nuova specie minerale deve sottoporre una proposta al presidente della C.N.M.M.N. A tale scopo completerà un formulario tipo facendovi figurare i seguenti dati: • il nome del nuovo minerale (questo punto sarà dettagliato più oltre). • la località geografica precisa: paese, provincia o stato, località, miniera, oppure le coordinate geografiche in caso di assenza di precisa localizzazione legata alla toponimia. Figurano ugualmente in questa voce il contesto geologico, la paragenesi e le associazioni. • la composizione chimica accompagnata dalla formula e dal metodo di analisi. • la cristallografia: sistema, classe, gruppo spaziale, dimensione della cella elementare, volume, numero di unità di formula per cella (Z) e spettro di diffrazione X • La struttura cristallina quando possibile. • La descrizione macroscopica e le proprietà fisiche: morfologia, dimensioni dei cristalli, colore, lucentezza, rottura, sfaldatura, durezza, densità misurata e densità calcolata. • Le proprietà ottiche. Il formulario differisce a seconda che si tratti di un minerale trasparente o opaco: 1. Minerale trasparente: isotropo-anisotropo, uniassico-biassico, segno ottico, indici di rifrazione, angolo 2V, dispersione, pleocroismo, assorbimento, orientamento rispetto agli assi cristallografici. 2. Minerale opaco: colore a luce riflessa, riflessioni interne, isotropoanisotropo, biriflettanza, indici di riflessione misurati con diverse lunghezze d’onda. • Dati diversi: comportamento (analisi termogravimetrica) e differenziale, spettro infrarosso, fluorescenza (agli UV, magnetismo, radioattività). • Conservazione del materiale tipo: luogo di conservazione (necessariamente in una collezione nazionale). 164 • Relazioni con altre specie. • Riferimenti bibliografici. 14.3 Scelta del nome Il problema del nome da dare ad una nuova specie minerale merita una discussione più approfondita. Bisogna prima di tutto fare in modo di dare un nome sufficientemente distinto da quello di un minerale preesistente (langbånite e langbeinite, smithite e smythite, sono nomi che possono portare a confusione). Bisognerà distinguere gli omonimi aggiungendo il nome al cognome della personalità prescelta: youngite e brianyoungite, melonite (dalle miniere Melones in California) e melonjosephite (da Joseph Melon). Si dovrà controllare anche che un nome proveniente da lingue come il russo e il cinese sia pronunciabile senza troppe difficoltà da un latino o un anglosassone (przhevalskite o xiangjiangite). In ogni caso il nome dovrà essere adattato ai caratteri latini. Bisogna comunque riconoscere che dei nomi come vandendriesscheite o haapalaite possono essere molto ardui per i lettori asiatici. E’ tassativo che il nome di un nuovo minerale sia scelto in funzione di uno dei quatttro criteri seguenti: 1. Dedica ad una personalità che si è distinta in mineralogia o scienze affini (esempio: haüyne, mandarinoite). La persona il cui nome è stato scelto deve dare il suo accordo. E’ escluso di dare il nome di una personalità politica artistica o sportiva, benchè questo sia successo in passato (nyerereite per il presidente della Tanzania Julius Nyerere). 2. Allusione alla morfologia o a una proprietà fisica del minerale. Si tratta allora, nella maggior parte dei casi della giustapposizione di radici greche e/o latine (esempio: astrocyanite-(Ce) che designa delle rosette di colore blu. 3. Allusione alla composizione chimica del minerale spesso per giustapposizione di simboli chimici (tantalite, umohoite, che contengono U, Mo, O, H. 4. Richiamo del luogo geografico di scoperta: paese, provincia, località, miniera, fiume (esempio: tunisite, coloradoite, kipushite). L’etimologia di alcuni nomi antichi che risalgono al passato non corrisponde ai criteri finora enunciati (esempio: galena (Plinio 77 DC) cinabro (Teofrasto, 315 AC). Un nome già attribuito può essere anche modificato con dei prefissi quali clino-, orto-, para-, meta-, pseudo-, che implicano delle modifiche strutturali, una disidratazione o delle somiglianze con un minerale preesistente (esempio: clinocalcomenite, pseudomalachite). Un suffisso può anche distinguere due minerali appartenenti allo stesso gruppo, ma di composizione chimica diversa. E’ il caso in particolare dei simboli di Levinson utilizzati per i minerali contenenti le terre rare [esempio: florencite-(La) e florencite-(Ce)]. 165 14.4 Cammino della procedura Il formulario menzionante il massimo dei dati relativi alla nuova specie viene spedito al Presidente della Commissione. Quest’ultimo può in questa fase richiedere delle precisazioni ulteriori all’autore. Il presidente della CNMMN redige una memoria che invia ai diversi delegati nazionali, che hanno 2 mesi di tempo per esprimere un voto (si, no, astenuto) accompagnato da eventuali commenti. Per essere ammessa come nuova specie minerale, una proposta deve ricevere i 2/3 dei voti espressi e almeno la metà dei delegati nazionali deve aver espresso il voto. Il nome è accettato se il 50% dei voti espressi da almeno la metà dei delegati sono positivi. L’astensione equivale a un voto negativo. Il presidente della Commissione trasmette allora il risultato dei voti e dei commenti dei delegati all’autore della proposta. In caso di accettazione, l’autore dispone di due anni per la pubblicazione della descrizione completa del minerale in una rivista scientifica. Passato questo tempo il minerale ammesso, ma non pubblicato, viene invalidato. In caso di voto sfavorevole, l’autore può presentare un nuovo dossier che tenga conto delle osservazioni e dei desideri dei membri della Commissione. Verrà allora applicata la stessa procedura precedentemente illustrata. L’autore non può fare menzione del nome della nuova specie né diffonderne dei campioni finché non è stata pubblicata. Per evitare che eventuali ricercatori perdano il loro tempo studiando un minerale che credono essere nuovo mentre in realtà è già stato individuato da un collega, ha avuto il parere della C.N.M.M.N., ma non è stato ancora pubblicato, la Commissione diffonde regolarmente nel Canadian Mineralogist una lista dei minerali recentemente ammessi dall’I.M.A. Questo schedario comprende il numero di registrazione dell’I.M.A., la formula chimica, un riassunto delle proprietà chimiche, cristallografiche e ottiche senza menzionare il nome del minerale né il nome degli autori né la localizzazione geografica. 14.5 Conclusioni Il processo della convalida delle nuove specie minerali messo a punto dalla C.N.M.M.N. dell’I.M.A. fa appello alla competenza e all’esperienza dei mineralogisti rappresentanti la comunità scientifica internazionale. Esso è garante della qualità della nomenclatura mineralogica. 14.6 Referenze • Donnay, G. and Fleischer, M. (1970): Suggested outline for new mineral descriptions American Mineralogist, 55, 1017-1019. • Dunn, P.J. and Mandarino, J.A. (1988): The Commission on New Minerals and Mineral Names of the International Mineralogical Association; its history, purpose and general practice, Mineralogical Record, 19, 319-323. 166 • Fleischer, M. (1970): Procedures of the International Mineralogical Association Commission on New Minerals and Mineral Names, American Mineralogist, 55, 1016-1017. • Hey, M.H., Guillemin, C., Permingeat, F. and de Roever, J.P. (1961): Sur la nomenclature Minéralogique. Décisions de la Commission des Nouveaux Minéraux et des Noms de Minéraux de l’Association Internationale de Minéralogie. Bulletin de la Société française de Minéralogie et de Cristallographie, 84, 96-105. • Mandarino, J.A., Nickel, E.H. and Cesbron, F. (1984): Rules of procedure of the Commission on New Mineral Names, International Mineralogical Association. American Mineralogist, 69, 563-564. • Nickel, E.H. and Mandarino, J.A. (1987): Procedures involving the I.M.A. Commission on New Minerals and Mineral Names and guidelines on mineral nomenclature. American Mineralogist, 72, 1031-1042. • Nickel, E. (1996): The I.M.A. Commission on New Minerals and Mineral Names: Procedures and guidelines on mineral nomenclature, 1997. Unpublished proposition, 12 pp. 167 Parte IV Tecniche 168 Capitolo 15 Micromontaggio Documento presente solo nell’edizione in lingua FRANCESE 15.1 QU’EST CE QU’UN MICROMONTAGE ? Ce jeune homme, studieux derrière sa binoculaire, appartient à une espèce en voie de développement: les micromonteurs. C’est à dire les amateurs de micromontages (Figura 15.1). Collectionneurs de minéraux d’un type nouveau, Figura 15.1: ils observent des micro-cristallisations spécialement préparées pour être vues 169 à un grossissement de 10 à 80 fois. Le minéral, qui ne dépasse pas quelques millimètres, est collé sur une monture. Ici la monture est constituée d’une base en bois de balsa solidaire du fond d’une boı̂te plastique cubique, de deux centimètres d’arête environ. L’ensemble constitue un micromontage ou ”micromount” en anglais. (Figura 15.2). Tous les micromonteurs du monde se Figura 15.2: donnent la main ... ou presque. L’annuaire international des micromonteurs de Baltimore rassemble le nom de ses milliers d’adhérents répartis sur les cinq continents. Liste de noms et adresses, remise à jour tous les deux ans, permet une correspondance et des échanges assidus entre amateurs (Figura 15.3). Le Figura 15.3: micromontage, très développé aux Etats Unis qui fournit le gros des troupes, 170 a gagné l’Europe et même la France comme en témoigne cette affiche invitant les micromonteurs à se retrouver à Epinay sous Sénart les 16 et 17 avril 1983. Comme les micromonteurs sont souvent des collectionneurs de systématique, rien d’étonnant à ce que cette première rencontre soit organisée conjointement (Figura 15.4). Cette liste dactylographiée recense le contenu de la collection du Figura 15.4: Professeur Orcel. Elle a été exhumé des tiroirs du Museum d’Histoire Naturelle de Paris, dont Orcel fut conservateur pour la minéralogie. Elle date des années trente et nous suggère que les termes de ”micromonture” et de ”micromount” ont été employés par écrit sensiblement à la même époque (Figura 15.5). La Figura 15.5: collection Orcel comporte 350 pièce en boı̂te cartonnée noire de 2x2,5x1,5 cm. Les montures sont en bois peint (liège, peuplier). Une centaine d’entre elles sont accompagnées de fiches cristallographiques où figurent un dessin original, l’indication des faces et la valeur des angles mesurés (Figura 15.6). Des montages ingénieux de ce type, permettent par simple rotation d’une tige de bois fichée dans l’une des parois de la boı̂te, de présenter à l’observation les faces successives du cristal examiné (Figura 15.7). Outre la collection d’Orcel, la galerie de minéralogie du Museum d’Histoire Naturelle conserve une petite collection de cent pièces, dite collection ”Lazare Cahn”. Elle provient d’échanges fait par Orcel avec ce collectionneur américain réputé qui rassembla au cours de son existence des milliers d’échantillons aujourd’hui conservé à l’université de Yale (Figura 15.8). Cette boı̂te ronde appartient à la collec171 Figura 15.6: Figura 15.7: Figura 15.8: 172 tion Des Cloizeaux, minéralogiste et conservateur de la galerie de minéralogie à la fin du siècle dernier. Elle contient des micro-pièces qui ont été utilisées par ce minéralogiste pour l’étude des propriétés optiques des minéraux. Ces boı̂tes sont contemporaines des premières boı̂tes de micromontage américaines réalisées par Rakestraw et Fiss autour de 1880 (Figura 15.9). Parmi les pièces Figura 15.9: les plus anciennes du museum et les plus illustres se trouve ces cristaux de diamant, montés par l’Abbé Haüy, au moyen de cire noire et d’un socle de bois peint. L’étiquette rédigée de la main du fondateur de la cristallographie moderne mentionne: ”diamant sphérique dont conjoint allongé”. Cette pièce date du début du 19ème siècle (Figura 15.10). Après cette plongée dans le Figura 15.10: passé, voici une collection moderne. Le plastique y est largement employé à la fois pour les emballages des micromontures proprement dites, mais aussi pour l’élément de rangement qui regroupe 32 pièces (Figura 15.11). Pour Figura 15.11: entreprendre une collection de microminéraux, il faut commencer par les col173 lecter. L’instrument de base est incontestablement la loupe, comme le montre cette vue de micromonteurs en pleine action (Figura 15.12). Une bonne loupe Figura 15.12: de terrain, de grossissement 10 à 20 fois constitue l’auxiliaire indispensable. Un compte fil du type représenté sur la photo, solidement attaché par un cordon et passée autour du cou pour éviter toute perte, est un instrument idéal. Un oculaire de microscope doté d’un grand champ de vision est aussi une solution envisageable. (Figura 15.13). Il existe aussi des moyens d’observation Figura 15.13: plus perfectionnés tel cet instrument à fonction multiple baptisé EMOSCOPE. Il peut servir de loupe, de microscope ou même de longue vue (Figura 15.14). Figura 15.14: 174 Le reste de l’équipement de collecte est assez classique. Par exemple, une solide masse fera l’affaire pour s’attaquer aux roches dures, telles que les basaltes minéralisés qui recèlent de belles et rares espèces de zéolites. (Figura 15.15). Des burins de tailles et formes diverses peuvent s’avérer utiles pour Figura 15.15: extraire des placages minéralisés, comme ce ciseau de carreleur à lame extra large ou ce petit burin à lame tranchante pour des opérations délicates. (Figura 15.16). En dehors du matériel d’emballage courant utilisé par les amateurs Figura 15.16: (journaux, papier essuie-tout, sacs plastiques et boı̂tes), il est utile d’avoir pour les petits échantillons une gamme de tubes et de capsules. Les capsules de gélatine peuvent s’acheter en pharmacie (Figura 15.17). Une fois le Figura 15.17: matériel récolté, l’un des problèmes de tout collectionneur est l’identification. Il existe une multitude de critères et de méthodes pas toujours spécifiques ou aisées à mettre en oeuvre. (Figura 15.18). Signalons deux techniques bien adaptées aux petits échantillons car elles ne nécessitent que des prises d’échantillons infimes. La première est un test par voie sèche qui fait appel à 175 Figura 15.18: un broyage simultané de l’échantillon et d’un réactif solide, dans une plaque à cupule. La coloration du mélange obtenu donne une indication sur la nature de l’élément présent. (Figura 15.19). Une autre façon de procéder est Figura 15.19: d’utiliser un test de microchimie en voie humide où la prise d’essai est mise en solution. On y ajoute une goutte de réactif et on observe le résultat à la binoculaire. Il apparaı̂t alors, en fonction des précipités, des microcristallisations remarquables, caractéristiques de la présence d’un élément chimique dans le minéral. Par exemple, sur cette photo, des cristaux caractéristiques de la présence d’aluminium (Figura 15.20). Avant le montage des microminéraux, Figura 15.20: il convient de les ramener à une taille compatible avec les boı̂tes de collection 176 et sans gangue excessive. C’est une opération qui exige un travail minutieux, et surtout l’emploi d’un appareil qui réalise une section nette, précise sans trop de risque de détérioration des pièces travaillées. Cet instrument s’appelle une cisaille, une cisaille à double couteau du type de celle représentée sur la photo. Le cisaillement est réalisé par deux couteaux placés de part et d’autre de l’échantillon. L’un des couteaux est fixe. L’autre est mobile et transmet une pression résultant de la progression d’une tige filetée mue par un volant ou une manivelle. L’ensemble repose sur un bâti comportant un système de guides pour assurer la course la plus régulière possible aux couteaux (Figura 15.21). Pour effectuer certaines opérations de finition (sections, sciage, etc.), Figura 15.21: on peut également utiliser des pinces coupantes ou une perceuse miniature à tête interchangeable que l’on trouve aujourd’hui communément dans le commerce (Figura 15.22). Pour réaliser un nettoyage dans de bonnes conditions, Figura 15.22: on peut utiliser pour un grand nombre d’espèces minérales, une cuve à ultrasons, emplie d’une solution additionnée légèrement de détergent. Il y a des cuves à tous les prix, notamment en fonction de la capacité. Celle-ci de 0,5 l valait de l’ordre de 600 FF en 1983 (Figura 15.23). Pour emballer les micromontures, on utilise d’ordinaire des boı̂tes en plastique de forme et de couleur variables. Elles peuvent être par exemple cubique de 1,5 à 2,5 cm d’arête et transparentes. Leur coût est de l’ordre de 50 centimes pièce (Figura 177 Figura 15.23: 15.24). Les boı̂tes préférées des micromonteurs sont cependant celles dont le Figura 15.24: fond ou l’entourage des pièces est totalement opaque, noir en général. Un fond noir et mat permet en effet à la plupart des minéraux d’apparaı̂tre de façon contrastée à l’observation; d’où un effet esthétique très appréciable (Figura 15.25). Pour confectionner les supports de microminéraux, il y a de multi- Figura 15.25: ples solutions. Outre le mastic, déconseillé à cause de ses effets salissants à long terme, il faut mentionner le balsa. Ce bois, facile à travailler, est bien connu des amateurs de modélisme. On peut le colorer ou le peindre. Il est vendu en tiges de section ronde ou carrée, de taille variable (Figura 15.26). Pour travailler le balsa, il est recommandé d’avoir un instrument tranchant, du type lame de rasoir, bistouri ou cutter (Figura 15.27). Pour faire adhérer le minéral à son support, on peut utiliser des colles courantes type Pattex Contact ou UHU hart, plus spéciale. L’essentiel est d’obtenir une prise rapide, d’éviter le coulage ou le filage, et d’obtenir un fort pouvoir adhésif sur une longue durée. (Figura 15.28). Pour rattacher le support à la boı̂te, on peut utiliser l’intermédiaire d’une gommette autocollante qui sert de base. Celle-ci peut être décollée sans laisser de trace de colle lors d’un transfert de pièce, 178 Figura 15.26: Figura 15.27: Figura 15.28: 179 d’où une économie de boı̂tes (Figura 15.29). Enfin pour manipuler dans de Figura 15.29: bonnes conditions les échantillons, il est souhaitable d’employer des pinces type ”pince de philatéliste” à bout droit ou recourbé, ou encore des pinces en X, c’est à dire travaillant en relachement. Des sondes usagées de dentiste ou des trombones déroulés et acérés peuvent être utiles pour nettoyer ou maintenir les échantillons en cours de collage (Figura 15.30). Comment réaliser une Figura 15.30: micromonture à partir du matériel évoqué? Prenons un exemple: A A partir d’une boı̂te incolore plastique, on procède au noircissement extérieur du couvercle grâce au passage croisé d’un feutre noir (Figura 15.31). Figura 15.31: 180 B On retourne ce couvercle, qui servira de fond, et on y place une gommette autocollante qui servira de base au piédestal (Figura 15.32). Figura 15.32: C On dépose une goutte de colle sur cette base ainsi que sur l’extrémité d’une pièce de balsa qui servira de piédestal (Figura 15.33). Figura 15.33: E On procède au collage de l’échantillon (Figura 15.34). Figura 15.34: F On ajuste à la longueur voulue le piédestal de manière à ce que l’échantillon monté rentre sans difficulté dans la boı̂te. 181 G On colle, à l’aide d’une pince à bout recourbé la monture sur la base préalablement préparée et l’on attend la fin du séchage, après avoir vérifié à la bino le bon positionnement de la pièce (Figura 15.35). Figura 15.35: Si l’on choisit de fabriquer soi-même ses propres boı̂tes , on trace grâce à un gabarit le contour de la future découpe sur papier blanc que l’on noircira ensuite, ou directement sur papier noir mat. On découpe aux ciseaux ou à l’emporte pièce (Figura 15.36). Noircissement au feutre du papier découpé au Figura 15.36: gabarit (Figura 15.37). Après pliage, on monte la pièce préalablement placée Figura 15.37: sur son piédestal, au centre de l’entourage (Figura 15.38). On assemble l’entourage à la boı̂te et on obtient ainsi le même effet qu’avec des boı̂tes plastiques opaques ou peintes intérieurement (Figura 15.39). Pour l’étiquetage, il existe différentes techniques comme celle du tampon encreur donnant un cadre à 182 Figura 15.38: Figura 15.39: Figura 15.40: 183 compléter à la main (Figura 15.40). Un autre façon de procéder consister à dactylographier une étiquette et à lui faire subir une réduction d’environ 50% (Figura 15.41). On a ainsi une étiquette au format des boı̂tes qui donne une Figura 15.41: présentation propre et lisible (Figura 15.42). Pour éviter les textes toujours Figura 15.42: forcément limitées par la taille de l’étiquette, il est possible de n’indiquer sur la boı̂te que le nom de l’espèce et un numéro d’ordre. 184 Ce numéro renvoie à une fiche (Figura 15.43). Sur cette fiche peuvent être Figura 15.43: portés toutes les données voulues permettant de caractériser dans le détail le minéral, les associations, de rappeler ses caractères spécifiques, la bibliographie qui s’y rapporte, ainsi que l’origine de l’échantillon (Figura 15.44). Pour Figura 15.44: le classement et le stockage des micromontures, étant donné le faible encombrement de ce type de collection, on peut très bien utiliser des éléments à tiroir, tels que celui-ci, provenant des fournisseurs de matériel de bureau. Ces meubles sont cependant généralement assez coûteux (Figura 15.45). Une for- Figura 15.45: mule moins onéreuse consiste à se confectionner des casiers en contre-plaqué de 30 à 40 cm de côté et de 30 à 40 mm de profondeur (Figura 15.46). Ces casiers peuvent être utilisés comme tiroir et rassemblés sur un porte-tiroir construit à partir de contre-plaqué en 5 mm et de tasseaux servant de glissières. Un tel meuble peut contenir plus de 2000 échantillons; c’est à dire déjà une 185 Figura 15.46: bonne collection (Figura 15.47). On peut également aller plus loin en con- Figura 15.47: struisant un véritable meuble dont la présence ne dépare pas le mobilier qui l’entoure, tel ce modèle de style moderne (Figura 15.48). Pour un classement provisoire, ou pour transporter ses échantillons d’échange, voici des éléments plastiques pouvant contenir une trentaine de boı̂tes. (Figura 15.49). Bien emballés, les échantillons de microminéraux circulent par la poste avec beaucoup de facilité. Peu encombrants, de faible poids, ils se révèlent peu coûteux à expédier. L’échange devient, dès lors, un moyen efficace pour développer rapidement sa collection (Figura 15.50). Certaines listes sont de véritables catalogues qu’il faut pouvoir tenir constamment à jour. L’informatique vient alors au secours du collectionneur qui peut grâce aux logiciels de traitement de texte ou de tableur, présenter des listes facilement renouvelées à moindre effort (Figura 15.51). L’échange ou les achats par correspondance constituent une pratique banale pour les collectionneurs de microminéraux. Les listes détaillées, contenant plus de 100 espèces sont fréquentes. Elles peuvent être même agréablement illustrées, comme cette liste d’origine italienne (Figura 15.52). 186 Figura 15.48: Figura 15.49: Figura 15.50: Figura 15.51: 187 Figura 15.52: Après avoir vu les différents éléments auxquels font appel les collections de micromonture, il faut mentionner le dernier, mais le plus important: la binoculaire ou microscope stéréoscopique. Il existe une douzaine de fabricants, et une trentaine de modèles. Les instruments de qualité, avec une large gamme de grossissement, une très bonne optique, un système de zoom, un large champs de vision sont généralement coûteux. Un équipement complet revient entre 8 et 15 000 FF (Figura 15.53). L’investissement ”binoculaire” est lourd, mais il Figura 15.53: s’amortit sur une carrière de collectionneur. Dès le départ, mieux vaut attendre un peu et faire un petit sacrifice en s’équipant correctement (Figura 15.54). Un des aspects les plus intéressant d’une collection est de fixer sur la pellicule les images que l’on voit derrière sa binoculaire. On peut procéder par microphotographie, pour les très forts grossissements, grâce à un appareil réflex monté sur l’un des oculaires de la bino (Figura 15.55). Dans cet équipement, outre l’appareil d’optique, il faut penser à choisir un éclairage bien adapté; par exemple, un éclairage qui transmet une lumière froide obtenue par une 188 Figura 15.54: Figura 15.55: 189 ampoule halogène basse tension.cet (Figura 15.56). Appareil photographique Figura 15.56: équipé d’un soufflet pour la prise de macrophotographies (Figura 15.58). Voici Figura 15.57: une tridymite grossie environ 7,8 fois (Figura 15.58). Une calcite de Villardonnel dans l’Aude grossie 2,9 fois (Figura 15.59). Pour continuer la symphonie en blanc, une pharmacolite de Salsigne, grossie 1,2 fois (Figura 15.60). Une pièce classique: l’association aurichalcite - hémimorphite du Mexique, grossie 2,8 fois (Figura 15.61). Une pyromorphite aciculaire de St Salvy, grossie 2,8 fois (Figura 15.62). Voici un gypse à inclusions d’Australie, grossie 1,7 fois (Figura 15.63). Une wulfénite éclatante, originaire de l’Arizona, grossie 1,7 fois (Figura 15.64). Des vanadinites bien mures venant de Mibladen au Maroc, grossies 3,7 fois (Figura 15.65). Un quartz à inclusions de Berbès, Espagne, grossie 3,7 fois (Figura 15.66). Un minéral restant à identifier (Figura 15.67). Derrière une bino, on voit donc bien des choses étonnantes (Figura 15.68). Si cette activité vous séduit, informez vous d’avantage en consultant les pages Web de l’association. Venez nous rejoindre au sein de l’Association Française de Microminéralogie (Figura 15.69). 190 Figura 15.58: Figura 15.59: Figura 15.60: Figura 15.61: 191 Figura 15.62: Figura 15.63: Figura 15.64: Figura 15.65: 192 Figura 15.66: Figura 15.67: Figura 15.68: Figura 15.69: 193 Capitolo 16 Nuove analisi dei Minerali 16.1 Nuovi tipi di radiazione In tempi recenti stanno diventando comuni nuovi metodi d’analisi che utilizzano forme d’energia alternative ai raggi X come neutroni, elettroni e radiazione di sincrotrone. La prova che esista una diffrazione dei neutroni si è avuta fin nel 1936 (W.M. Elsasser) e il primo diffrattometro fu costruito da W.H. Zinn nel 1947. Tuttavia, per varie limitazioni sia intrinseche (la lunghezza d’onda del fascio di neutroni è molto maggiore del diametro del nucleo atomico che deve diffrangere, la sua interazione con la materia molto debole, il potere di diffusione dei vari atomi rispetto ai neutroni non varia in modo regolare col numero atomico, ecc.), sia pratiche (scarso numero e debolezza delle sorgenti, grandi dimensioni dei campioni, ecc.), il metodo cominciò a fornire dati utili solo negli anni ’60, e in particolare poté essere applicato ai minerali solo dopo che H.M. Rietveld ebbe concepito (1967) e perfezionato (1969) il suo metodo di raffinamento strutturale per iterazione di uno spettro completo. I primi risultati di rilievo risalgono agli anni ’70 e riguardarono zeoliti. Dato che la diffrazione dei neutroni dà risultati complementari a quella dei raggi X e, in particolare, è utile per localizzare gli atomi leggeri laddove i raggi X lo sono per quelli pesanti, essa ora sta diffondendosi per determinare la posizione dell’idrogeno nei minerali ossidrilati (che per questo vengono spesso deuterizzati), oppure la posizione e la distribuzione assunte nel reticolo da elementi leggeri tra loro vicarianti come Si e Al (quasi indistinguibili ai raggi X), o anche quella di elementi più pesanti epperò molto vicini come numero atomico (ad esempio Fe e Mn o Ni, Ti e Mg o Nb, ecc.). Dato poi che i neutroni posseggono un momento dipolare e perciò interagiscono con gli elettroni spaiati, la diffrazione neutronica è sempre più usata anche per studiare l’ordinamento magnetico di quegli ossidi che mostrano transizioni di comportamento da ferromagnetico a antiferromagnetico come le magnetoilmeniti, che sono di largo impiego nelle scienze della Terra per le loro proprietà di paleomagnetismo residuo. La diffrazione degli elettroni è una tecnica molto più diffusa di quella dei neutroni, poiché non necessita di sorgenti particolari come i reattori, ma può 194 essere eseguita direttamente con un buon microscopio elettronico a trasmissione, TEM. Nei suoi principi fondamentali essa differisce totalmente dalle diffrazioni sia dei raggi X sia dei neutroni, poiché la lunghezza d’onda del fascio di elettroni accelerati è straordinariamente breve (¡0.03 Å) ed inoltre perché la capacità di attenuazione del fascio elettronico da parte degli atomi risulta molto maggiore. Occorrono perciò preparati ultrasottili spesso non facili da ricavare dai minerali. Tuttavia questo è l’unico metodo sicuro, almeno per ora, per ricavare informazioni dirette su aree di cristallo estremamente piccole, di poche celle elementari, e per risalire da qui alle irregolarità che i cristalli reali sempre manifestano alla scala delle loro celle elementari, come errori di impilamento, microgeminazioni, dislocazioni, ecc. Di qui l’importanza di questa tecnica per i crescitori di cristalli. Accoppiando poi al TEM alcuni accessori, si può anche eseguire uno studio spettroscopico, che può riguardare, a seconda dell’energia d’accelerazione usata, sia la superficie sia gli strati più profondi della sostanza esaminata. Da quando G. Bathow, E. Freytag e R. Haensel (1966) hanno dimostrato che una parte dello spettro della radiazione di sincrotrone ha la stessa energia dei raggi X, pur conservando tutti i pregi che la caratterizzano rispetto alle sorgenti convenzionali (altissima intensità, fortissima polarizzazione, bassissima divergenza e struttura temporale pulsata), è diventato possibile effettuare la raccolta degli effetti di diffrazione (sia da cristallo singolo, sia da polvere) in un tempo estremamente breve (da minuti a millisecondi) e con una risoluzione degli effetti e un rapporto picco/fondo che rendono la determinazione di una struttura estremamente precisa. La radiazione di sincrotrone è particolarmente utile: (i) nella cristallografia d’altissima pressione che fa uso delle celle ad incudini di diamante, dove recentemente è stato possibile rivelare effetti di diffrazione debolissimi nel ghiaccio che, elaborati col metodo di Rietveld, ne hanno evidenziato nuovi tipi di struttura; (ii) nella diffrattometria d’alta risoluzione poiché, permettendo di separare tra loro riflessioni che differiscono di pochi centesimi di grado, essa mette in luce l’esistenza di piccolissime deviazioni dalla simmetria teorica che derivano dalla presenza di piccolissime impurezze nel campione, oppure da un suo stato di tensione strutturale; (iii) nel seguire la cinetica di una reazione, in quanto è possibile raccogliere gli effetti di diffrazione proprio nei tempi brevissimi in cui una fase si trasforma in un’altra. La caratteristica della radiazione di sincrotrone di essere bianca o policromatica, cioè di contenere uno spettro continuo di lunghezze d’onda di intensità variabile con continuità, ha permesso di introdurre una nuova tecnica di diffrazione, detta della diffusione anomala (L.M. Maroney, P. Thompson e D.E. Cox, 1988), che fornisce risoluzioni di struttura incomparabilmente più precise. Essa consiste nel riprendere gli effetti di diffrazione di una sostanza con fasci resi monocromatici a tre (o più) lunghezze d’onda opportunamente diverse, di cui due ai due estremi dello spettro e una (o più) a una lunghezza d’onda di poco minore di quella (o quelle) della radiazione caratteristica dei principali elementi chimici presenti nel campione. Dal confronto di queste 195 misure risulta facile raffinare separatamente i fattori termici dei diversi elementi e quindi ricavare una più precisa indicazione sulla posizione degli atomi corrispondenti nella struttura del materiale studiato. La policromaticità della radiazione di sincrotrone ha inoltre richiamato dall’oblio il metodo originalmente usato da Laue. Specie se si usano i nuovi rivelatori piani sensibili alla posizione (PSD), si possono ottenere infatti in tempi brevissimi migliaia di effetti di diffrazione simultanei ben distinti anche da cristalli di piccolissime dimensioni (meno di 0,05 mm) con strutture che contengono migliaia di atomi. Fino a pochi anni fa le informazioni strutturali contenute in questi lauegrammi sarebbero comunque risultate incomprensibili o quasi; ora, però, esse sono elaborabili con i moderni calcolatori ed è quindi diventato possibile risolvere strutture anche complesse in un tempo ragionevole. Dove tuttavia la radiazione di sincrotrone ha raggiunto la massima diffusione è nelle ricerche di spettroscopia, una tecnica di studio complementare alla diffrazione che in Mineralogia, per molti anni, è stata tenuta a margine (ingiustamente), essendo stata usata solo per l’identificazione di tracce di impurezze di elementi chimici diversi da quelli caratterizzanti, in genere le terre rare. In particolare, l’uso della radiazione di sincrotrone ha reso efficace la spettroscopia d’assorbimento dei raggi X, XAS, che era stata ideata fin nel 1922 da L.D. Kronig, ma che era stata sempre pochissimo usata per la scarsa affidabilità che si poteva attribuire ai suoi segnali quando essi erano ottenuti con sorgenti convenzionali. Tramite la radiazione di sincrotrone le oscillazioni di Kronig oltre la soglia d’assorbimento dei raggi X di un particolare elemento, per quanto deboli, risultano ben risolte e hanno potuto quindi essere spiegate ed utilizzate (F.W. Lytle e E.A. Stern, 1979) per determinare valenza e coordinazione dell’elemento assorbitore in modo indipendente da tutti gli altri elementi presenti nel materiale e dal suo stesso stato fisico. Questa è infatti la caratteristica che rende i metodi spettroscopici vantaggiosi oltre che complementari di quelli diffrattometrici: essi non dipendono né dallo stato di aggregazione del materiale esaminato (che può essere un solido, un liquido o un gas) né dal suo ordine, che può essere a lungo raggio (cioè con tutti gli atomi nelle posizioni previste dalla simmetria spaziale) oppure a corto raggio (cioè riguardare giusto le interazioni tra l’atomo esaminato e i suoi primi vicini). In questo modo si possono studiare particolarità inaccessibili alla diffrazione, tra cui la difettosità locale che, nei minerali, è una regola. L’elevata intensità della radiazione di sincrotrone inoltre permette di ottenere segnali da atomi diluiti (presenti in piccolo numero nella sostanza); questo fa sı̀ che si possa determinare con ottima precisione tanto i contenuti (SR-XRF), quanto gli intorni locali (EXAFS, XANES) non solo degli elementi caratterizzanti, ma anche di quegli elementi minori e in traccia che sono sempre presenti nei solidi naturali e che spesso sono i veri responsabili delle loro particolarità fisiche. Con opportune tecniche, inoltre, si possono determinare solo gli atomi sulla superficie dei minerali (SEXAFS) e studiare quindi i modi con cui essi reagiscono con gli agenti atmosferici, oppure con i reagenti chimici che vengono usati per estrarne 196 (ad esempio) alcuni elementi utili (Au, Pt, Cu, ecc.), con chiare implicazioni sui problemi di inquinamento ambientale, sia naturale sia indotto dal trattamento industriale. La spettroscopia di risonanza dei raggi gamma, basata su un effetto fisico scoperto da R.L. Mössbauer (1958), si è affermata in Mineralogia (G.M. Bancroft e R.G. Burns, 1967) perché è l’unico metodo oggettivo per evidenziare lo stato di valenza del ferro e per definire la proporzione in cui Fe2+ e Fe3+ sono presenti in un minerale anche quando lo sono simultaneamente. Inoltre essa permette di ripartire i veri tipi di Fe tra i diversi siti cristallografici, se presenti con energie di campo cristallino differenti, e di determinare appunto l’energia di ciascun sito. L’unico suo inconveniente è che gli atomi che presentano effetto Mössbauer sono pochi (Fe, Sb, Sn, Dy e alcuni altri tra cui Au). Recentemente essa è stata rivitalizzata sia per la creazione di apposite microsonde adatte per cristalli singoli e piccoli campioni come quelli contenuti nella cella ad incudini di diamante (C. McCammon, V. Chaskar e G. Richards, 1991), sia per nuove forme di elaborazione degli spettri dei minerali ferriferi che riescono a metterne in evidenza il comportamento magnetico. La spettroscopia per risonanza magnetica nucleare (NMR), scoperta nel 1945 (E. Zavoisky), è rimasta ignorata dai mineralisti fino a che non è stato introdotta la tecnica detta per rotazione ad angolo magico (MAS: il campione è fatto ruotare su se stesso tenendolo inclinato di un angolo di 54.7◦ rispetto alle linee di forza del campo magnetico) che ha reso i picchi ottenuti sui solidi altrettanto ben risolti di quelli ottenuti coi liquidi. Nel 1980 E. Lippmaa, M. Mägi, A. Samoson, M. Tarmak e G. Engelhardt non ne hanno dimostrato tutta l’importanza con uno studio sistematico del comportamento del 29Si nei silicati. Quando poi J. Klinowski, S. Ramdas, J.M. Thomas, C.A. Fyfe e J.S. Hartman (1982) ne dimostrarono tutta la potenzialità con uno studio congiunto su 27Al e 29Si in zeoliti, da cui appariva che essa era in grado di distinguere in modo univoco il ruolo assunto dai singoli atomi di questi elementi nell’anello degli alluminosilicati, la NMR è esplosa e non c’è ora praticamente nessun minerale che non sia stato oggetto di studio. Anche altri cationi più rari come H, B, P o anioni come O e F possono essere studiati con buona precisione con questa tecnica. Questo rende la NMR uno dei più promettenti metodi di studio dei minerali reali, o per meglio dire uno dei metodi più adatti ad approfondire la conoscenza dello stato solido reale là dove si ferma la diffrattometria a cristallo singolo, che tende a fornire informazioni mediate a lungo raggio e spesso piuttosto idealizzate. Non vi è dubbio che in un prossimo futuro ne trarranno vantaggio anche gli studi di cinetica, come quelli sulla transizione da stato solido a liquido (processo di fusione), in quanto la NMR, come tutte le spettroscopie, prescinde dallo stato fisico del materiale studiato. 197 Parte V Biografie 198 Capitolo 17 BERTHIER Pierre (1782-1861) Entrato a l’Ecole Polytechinique (Politecnico) nel 1798 e all’Ecole des Mines nel 1801, lavorò in seguito nel laboratorio centrale dell’Ufficio delle Miniere. Nel 1816,fu nominato Professore di Docimastica e direttore del Laboratorio dell’Ecole des Mines. Membro della sezione di Mineralogia dell’Accademia delle Scienze nel 1827, fu nominato Ispettore Generale delle Miniere nel 1836 L’opera di Berthier sorprende per la sua diversità (fu autore di oltre 150 pubblicazioni). I suoi lavori si dividono tra la mineralogia, la geologia, la chimica, e interessano sia le applicazioni industriali che la ricerca fondamentale: la scienza e l’industria gli sono cosı̀ debitori di un gran numero di scoperte. La maggior parte dei suoi studi , nella mineralogia in particolare, riguardano più specificatamente i minerali ”utili”. Pubblicò nel 1834, il suo famoso ”Traité des essais par la voie sèche,ou, des propriétés, de la composition et de l’essai des substances métalliques et des combustibles” (Trattato di ricerca per via secca, o, delle proprietà, della composizione e della ricerca delle sostanze metalliche e dei combustibili), molto utilizzato dai mineralogisti e dagli ingegneri delle miniere, grazie ad un trattamento didattico e pratico dei metodi analitici. I minerali del ferro occuparono un posto importante nelle sue ricerche: fece uno studio molto approfondito della composizione di questi minerali in Francia con lo scopo di migliorarne i processi di trattamento e la metallurgia; questo gli permise ,in via subordinata, di precisare la natura del ”ferro carbonato” detto anche ”ferro spatico” e di scoprire nel 1820 una nuova specie minerale la chamoisite (chiamata poi chamosite). Altri minerali furono analizzati da Berthier, che dimostrò per esempio la presenza di acqua di cristallizzazione, negata fino ad allora nello ”zinco silicato” (l’hemimorfite). Berthier ha insistito sulla necessità di distinguere bene le specie minerali dai miscugli che sovente ne falsano l’analisi. I minerali delle argille furono oggetto di molteplici lavori da parte di Berthier, in virtù della loro importanza industriale; in questa occasione descrisse due nuove specie, l’halloysite nel 1826 e la nontronite nel 1827. Fu uno dei primi a studiare la decomposizione delle rocce silicate, scoprı̀ la presenza di alluminio 199 nelle miniere di Baux vicino a Tarascon, che in ragione del suo colore era stato fino ad allora considerato come un minerale di ferro ”difficile da trattare”. Questo minerale fu in seguito chiamato ”beauxite”da Dufrénoy (1844) ma il suo nome definitivo : bauxite gli fu dato da Deville nel 1861.Segnaliamo che Berthier ha realizzato numerosi lavori sui minerali di rame, di mercurio, i combustibili fossili......A lui si deve la scoperta e la descrizione della franklinite, infine a Chazelles (Puy-deDôme), segnalò un solfuro di ferro e d’antimonio che chiamò haidingérite in onore di Haidinger, quest’ultimo chiese in seguito, che questo minerale fosse dedicato al suo scopritore: da cui la berthiérite. In un altro campo, Berthier aveva rilevato, molto prima dei lavori di Mitscherlich sull’isomorfismo, che le sostanze chimicamente differenti potevano avere la stessa forma cristallina e anche cristallizzare insieme, iniziò una serie di sintesi di carbonati, esperienze che furono riprese più tardi, con successo, da Sénarmont. 200 Capitolo 18 BEUDANT François Sulpice Figura 18.1: François Sulpice Beudant François Sulpice Beudant (Parigi, 5 settembre 1787 – Parigi, 10 dicembre 1850) è stato un geologo, chimico e mineralogista francese. 201 Capitolo 19 BIOT Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto 202 Capitolo 20 BORN Ignaz von (1742-1791) Documento presente solo nell’edizione in lingua INGLESE Mineralogist and coal, iron and steel specialist and satirist. Introduced at Figura 20.1: BORN Ignaz von Schemnitz the amalgamation process (in use in Mexico since approximately 1590) of extracting gold and silver from the ore, and refined that process. Born was a prominent free mason in Vienna. 203 Capitolo 21 BRAVAIS Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 21.1: Bravais 204 Capitolo 22 BROCHANT de Villiers André, Jean-Marie (1772-1840) A Friburgo seguı̀ l’insegnamento di Werner dal 1791 al 1793; di ritorno a Parigi entrò nel 1794 all’Ecole des Mines, Ingegnere dell’Agenzia delle Miniere nel 1800 ed editore del Giornale delle Miniere nel 1801, fu nominato Professore di Geologia e di Mineralogia all’Ecole des Mines, allora a Pesey (in Savoia) . Conservò la cattedra anche quando l’Ecole tornò a Parigi nel 1815 e divenne il responsabile della riorganizzazione della Collezione di mineralogia. Nel 1816, fu nominato membro dell’Accademia reale delle Scienze; nominato in seguito Direttore della Vetreria Saint-Gobain, divenne Ispettore Generale delle Miniere nel 1824. Nel 1835, quando rassegnò le dimissioni da professore titolare, la cattedra di Mineralogia e Geologia fu sdoppiata in due cattedre distinte, quella di Mineralogia fu affidata a Dufrénoy e l’altra di Geologia a Elie de Beaumont. Brochant pubblicò una sola opera importante sulla mineralogia, il suo ”Trattato elementare di mineralogia seguendo i principi del professor Werner, Consigliere delle miniere della Sassonia. Redatto in base a numerose opere tedesche, aumentato dalle scoperte più moderne, e accompagnato da note per accordare la sua nomenclatura con quella degli altri mineralogisti francesi e stranieri” (Parigi, 1801-1802;1808). Quest’opera , senza avere lo stesso impatto del trattato del suo maestro Hauy, pubblicato l’anno seguente, ebbe un meritato successo poichè l’autore completava le dottrine di Werner con le scoperte eccezionali di Hauy. E’ necessario tuttavia sottolineare che il contenuto della sua opera riguardava soprattutto la geologia. Incoraggiato dalla pubblicazione di Greenough della carta geologica dell’Inghilterra, nel 1822, Brochant favorı̀ la realizzazione di una carta anche per la Francia. Iniziò i rilevamenti nel 1825 con i suoi collaboratori Elie de Beaumont e Dufrénoy, che per più di 10 anni fecero i rilievi del terreno (percorrendo più di 70000 km), mentre Brochant supervisionava e ordinava i risultati. Pubblicò nel 1835, nei ”Comptes Rendus” un rapporto su questo lavoro ” Notizie sulla carta geologica generale della 205 Francia”, ma la carta completa con i due volumi di spiegazioni fu pubblicata tra il 1841 e il 1848, dopo la sua morte. 206 Capitolo 23 BRONGNIART Alexandre, (1770-1847) Figura 23.1: Brongniart Fu un vero naturalista e al tempo stesso geologo, mineralogista, paleontologo,zoologo, e botanico, in un epoca in cui questo era ancora possibile. Collaboratore di Hauy,Cuvier, Dolomieu, de Lamark, Vauquelin. La mineralogia occupò un posto importante nella sua vita scientifica, nel 1821, malgrado la sua ambizione fosse di ottenere una cattedra di zoologia e poi di geologia, divenne Professore di Mineralogia al Museo (in sostituzione di Hauy). Nel 1797, accettò di subentrare ad Hauy all’Ecole des Mines, e poi all’Università nel 1806. Membro dell’Accademia delle Scienze nel 1807, pubblicò alcune opere di mineralogia ( Traité de minéralogie) (Trattato di mineralogia) (1807) in 2 volumi; Introduction à la minéralogie (Introduzione alla mineralogia) (1824); Tableau des espèces minérales (Tavola delle specie minerali) ( 1833) oltre a numerosi articoli. Descrisse nuove specie minerali (bustamite, dufrenite,glauberite, nacrite). Tuttavia, Brongniart non realizzò vere e proprie 207 scoperte in mineralogia, come invece aveva fatto per la geologia o la paleontologia. A questo scopo ricordiamo le sue ricerche con Cuvier, i cui risultati furono descritti nel famoso ”Essai sur la géographie minéralogique des environs de Paris” ( Ricerca sulla geografia mineralogica dei dintorni di Parigi) presentato all’Istituto nell’aprile 1808, (una versione ampliata di quest’opera completa di una grande carta geologica colorata e di numerosi tagli, fu pubblicata nel 1811).Nonostante il titolo: ”Carte géognostique des environs de Paris” (Carta geognostica dei dintorni di Parigi), si trattava ,in realtà, di una carta geologica, che teneva conto di 10 formazioni stratigrafiche che andavano dal gesso agli strati alluvionali. Contrariamente alla teoria nettunista allora in auge, quest’ opera estendeva la durata dei tempi geologici e mostrava l’esistenza di terreni ”formati sotto l’acqua dolce”. Inoltre, Brongniart utilizzò molto i fossili per stabilire le correlazioni dettagliate tra gli strati. Discepolo di Dabenton ed uscito dall’Ecole des Mines, le ricerche mineralogiche di Brongniart iniziarono effettivamente dopo aver incontrato Dolomieu e Hauy , del quale divenne spesso supplente. Hauy gli insegnò a distinguere i minerali per le loro proprietà geometriche e ottiche mentre con Vauquelin realizzò numerose analisi di minerali. Avendo avuto tali ”maestri” Brongniart ha potuto esporre in una dissertazione del 1833 il principio essenziale della mineralogia descrittiva, che deve prima di tutto fondarsi sulla composizione chimica che tiene strettamente in considerazione della cristallografia. Le applicazioni pratiche della mineralogia erano un argomento che preoccupava Brongniart, il cui stato d’animo era certamente legato al suo soggiorno a l’Ecole des Mines. Egli rimase per 47 anni, fino alla sua morte, Direttore della Manifattura di Sevres, dove applicò le sue conoscenze di mineralogia e di chimica alla fabbricazione delle ceramiche. Nel 1837, Brongniart iniziò con Delafosse la composizione di una grande opera intitolata: ” Il Regno minerale o Storia naturale delle specie minerali che presentano caratteristiche e proprietà distintive, le loro dirette applicazioni agli usi della vita, il rapporto tra specie, il posto che queste occupano e il ruolo che giocano nella composizione della crosta terrestre”. L’opera doveva comprendere 3 volumi con 15 - 20 tavole ed essere ultimata nel 1838. Brongniart aveva, tuttavia, confidato troppo nelle proprie forze e a partire dal 1843, Delafosse terminò il lavoro da solo. 208 Capitolo 24 BUS DE GISEGNIES Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 24.1: Bus de Gisegnies 209 Capitolo 25 BUTTGENBACH Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 25.1: Buttgenbach 210 Capitolo 26 CAHEN Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 26.1: Cahen 211 Capitolo 27 CAPART Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 27.1: Capart 212 Capitolo 28 CORDIER Pierre Luis Antoine (1777-1861) nominato nel 1804 Professore aggiunto, poi professore di Mineralogia e di Geologia all’Ecole des Mines, in campo scientifico si interessò soprattutto allo studio delle rocce. Grande esperto delle miniere di carbone, vicepresidente del Consiglio Generale delle Minere a partire dal 1831, pari di Francia nel 1839, ebbe un ruolo importante nell’industrializzazione del paese. Entrato all’Ecole nel 1795, ingegnere nel 1797, allievo di Dolomieu, partecipò con il suo maestro alla spedizione organizzata nel 1798 da Bonaparte in Egitto. Fu anche allievo di Hauy al quale subentrò nell’Accademia delle Scienze nel 1822. Studiò approfonditamente i minerali costitutivi delle rocce, in particolare delle rocce vulcaniche, la loro natura, disposizione e struttura, lavoro che si inseriva nello sforzo collettivo dei geologi francesi di definire e classificare l’insieme delle rocce. Sopra questo argomento Cordier pubblicò una grande quantità di memorie e raccolse per il Museo, dove fu Professore di Geologia a partire dal 1819, una collezione di 12000 rocce. Cordier morı̀ senza aver potuto redigere un trattato sistematico dei suoi lavori. Sebbene siano sopravvissuti pochi nomi di rocce (monzonite, peperite, cinerite, nefelinite) è doveroso ricordare che egli fu uno dei principali fondatori della petrografia moderna.Una delle sue pubblicazioni più importanti fu pubblicata nel Journal des Mines nel 1816 con il titolo ”Memoria sulle sostanze minerali in massa, che entrano nella composizione delle rocce vulcaniche di tutte le epoche”. 213 Capitolo 29 CUMENGE Edouard (1828-1902) fu essenzialmente un uomo di terreno, la sua carriera amministrativa al Corpo delle Miniere fu troppo breve; nominato Ingegnere assegnato all’Ufficio di Ricerca dell’Ecole des Mines nel 1851, si mise in congedo illimitato l’anno seguente. In qualità d’ingegnere-consigliere intraprese numerosi viaggi nei paesi più diversi:Spagna, Italia, Grecia, Venezuela, Colombia, Stati Uniti, Messico, Transilvania.....Scrisse numerose memorie sui giacimenti minerari, in particolare sul deposito cuprifero di Rio Tinto e del Boleo in Bassa-California (Messico). Da questo giacimento Cumenge riportò due nuove specie minerali, la boleite e la cumengeite, che furono descritte da Mallard e da lui stesso. Si associò a C. Friedel per descrivere la carnotite che aveva trovato nel deposito di Montrose (Colorado). Egli fu anche uno dei più grandi specialisti di miniere d’oro e progettò la realizzazione di un opera monumentale su questo metallo, ma morı̀ senza aver potuto terminare questo lavoro. 214 Capitolo 30 DAUBREE, Gabriel, Auguste (1814-1896) Figura 30.1: Daubree Gabriel Auguste Entrato all’Università di Strasburgo nel 1834 si interessò ai giacimenti di stagno, interesse che lo portò a visitare la Norvegia, la Svezia e la Gran Bretagna, contribuendo al ”Voyage Métallurgique en Angleterre” (Viaggio Metallurgico in Inghilterra) (Parigi, 1839) di Dufrénoy e Elie de Beaumont. Del resto la sua carriera fu caratterizzata da un contatto costante con il terreno ed effettuò delle missioni di studio in tutta Europa e in Africa del Nord. Grazie ai suoi importanti studi sulle province renane, fu nominato nel 1839 Professore di Mineralogia e di Geologia alla Facoltà di Strasburgo di cui divenne Decano nel 1852, data nella quale pubblicò la sua famosa ”Description géologique et minéralogique di Département du Bas-Rhin”. (Descrizione geologica e mineralogica del Dipartimento del Basso Reno). A Strasburgo realizzò importanti sintesi di specie minerali legate ai giacimenti di stagno: cassiterite, 215 apatite, topazio. Nel 1858 pubblicò una ”Memoria sulla relazione delle sorgenti termali di Plombieres con i filoni metalliferi e sulla formazione contemporanea delle zeoliti”. In quest’opera descriveva la plombierite ma mostrava soprattutto la possibilità di formazione a bassa temperatura non soltanto delle zeoliti ma anche dei solfuri e dei solfosali metallici. Nel 1859 scrisse un’importante opera ”Studi ed esperienze sintetiche sul metamorfismo e la formazione delle rocce cristalline”, dove metteva in evidenza l’importante ruolo avuto dall’acqua e più generalmente dai ”mineralizzatori” al momento dei processi di formazione dei minerali. Nel 1861 dopo uno studio delle possibilità minerarie del Lussemburgo, Daubréè fu nominato Professore al Museo (di cui divenne Direttore nel 1872) succedendo a Cordier nella sezione di Mineralogia dell’Accademia delle Scienze. Nel 1862 sostituı̀ de Senarmont alla cattedra di Mineralogia dell’Ecole des Mines.In quel periodo iniziarono i suoi lavori in geologia sperimentale che furono illustrati nel suo magistrale trattato: ” Etudes synthétiques de géologie expérimentales” (Studi sintetici di geologia sperimentali) (Parigi, 1879); in metallogenia e giacimentologia, fornı̀ le conclusioni delle sue osservazioni del terreno e i lavori di laboratorio nelle sue opere ”les Eaux souterraines aux époques anciennes” (le Acque sotterranee nelle epoche antiche)(Parigi, 1887) e ”la Génération des minéraux métalliques”(la Generazione dei minerali metallici) (Parigi, 1890). Indirizzò l’ultima parte della sua attività scientifica verso lo studio delle meteoriti. Ne realizzò un’importante collezione per il Museo e studiò il loro significato per una migliore conoscenza del nostro pianeta. Con i risultati di questo studio produsse l’opera ”les Météorites et la constitution géologique du globe”(le Meteoriti e la costituzione del globo) (Parigi, 1886). Daubrée è uno dei rari mineralogisti onorati con due specie minerali (in un periodo in cui vigeva ancora un certo lassismo nella nomenclatura mineralogica); la Daubréelite F eCr2 S4 ,minerale di meteorite che gli fu dedicato da Smith nel 1876 e la Daubréeite BiO(OH, Cl) descritto da Domeyko nello stesso anno. 216 Capitolo 31 DOLOMIEU Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 31.1: Dolomieu 217 Capitolo 32 DRUGMAN Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 32.1: Drugman 218 Capitolo 33 DUFRENOY Pierre Armand (1792-1857) Figura 33.1: Dufrenoy entrato all’Ecole Polytechnique nel 1811, allievo dell’Ecole des Mines nel 1813, fu nominato nel 1818 assistente dell’Ispettore degli studi e Conservatore delle collezioni dell’Ecole che non avrebbe più lasciato. Professore assistente di Mineralogia nel 1827, Professore nel 1835, ed infine Direttore dal 1847 alla sua morte, in più, nel 1847, divenne il successore di Brongniart alla cattedra di mineralogia del Museo. Fu membro dell’Accademia delle Scienze dal 1840. A questa brillante carriera, Dufrénoy affiancò un’ importante opera scientifica che si suddivideva tra la geologia e la mineralogia. Geologo, con il suo collega Elie de Beaumont, ebbe l’incarico da Brochant de Villiers di realizzare la carta geologica della Francia, che doveva servire da strumento fondamentale per la ricerca delle sostanze minerali utili, seguendo in questo l’esempio degli inglesi, che avevano già pubblicato una carta geologica fino dal 1815. Dufrénoy e Elie de Beaumont furono cosı̀ i primi geologi cartografi francesi ufficiali e il loro lavoro fu il punto di partenza di tutti gli studi di cartografia geolog219 ica che seguirono.Dufrénoy fu anche un grande mineralogista che amava le collezioni.Grazie alla sua influenza, il Museo acquisı̀ della collezione di Hauy, prezioso tesoro storico ricco di 8000 campioni che era stato venduto alla Gran Bretagna alla morte del geniale fondatore della cristallografia. Nel corso della sua vita, descrisse numerose specie nuove, tra cui l’arseniosiderite, la gedrite,la pentlandite, cosı̀ come un certo numero di varietà. Ma l’opera mineralogica capitale di Dufrénoy fu il suo Trattato di mineralogia in 4 volumi (Parigi, 1844-1847). La grande risonanza delle scoperte di Hauy aveva fatto acquistare un’importanza preponderante ai criteri di determinazione puramente cristallografici, le sostanze minerali che non si presentavano ben cristallizzati, erano allora scartate. In seguito si produsse una reazione, promossa da Beudant e soprattutto dallo svedese Berzelius ,il quale affermava che la sola base scientifica reale di tutta la descrizione di un minerale era la chimica, la mineralogia, diventava cosı̀ una branca accessoria di questa disciplina. Dufrénoy, al tempo stesso naturalista, eminente cristallografo e chimico accorto, constatò con ragione che tutta la definizione corretta di una specie minerale si poteva fare associando cristallografia e composizione chimica. Con questo spirito Dufrénoy realizzò il suo Trattato; il primo volume conteneva un’esposizione teorica di cristallografia geometrica e fisica, e una descrizione dei metodi chimici di determinazione. I tre volumi successivi sono dedicati alla descrizione delle specie, illustrando le forme cristalline caratteristiche e la composizione chimica. 5. Come affermava Lacroix nel 1931 (Mémoires de l’Académie des Sciences): questo Trattato non somiglia ai trattati d’oggigiorno; non soltanto è utile da consultare, ma può ancora essere letto, poichè anche se è erudito non risulta affatto noioso. Ha contribuito a sviluppare in Francia il gusto per i minerali ed ha mantenuto vivo il fuoco sacro degli amatori, un tempo numerosi, che li raccoglievano e li collezionavano; cosı̀ essi facevano avanzare la Scienza, non fosse altro perchè servivano da fornitori agli specialisti. Bisogna riconoscere che questa specie di naturalista diviene sempre piu rara. L’incessante progresso della scienza che contribuisce alla conoscenza della materia minerale, e che sollecita un profondo interesse, attira i ricercatori, ma ne restringe fatalmente il numero. Quelli che restano si allontanano ogni giorno di piu dalla natura per confinarsi nei laboratori ben attrezzati. Bisogna essere grati agli autori che sanno conservare una giusta misura e, nei loro scritti, non pensano soltanto agli iniziati. Dufrénoy fu uno di questi”. Queste osservazioni possono essere ancora utilmente formulate per alcune opere ”mineralogiche” attuali. 220 Capitolo 34 DUPONT Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 34.1: Dupont 221 Capitolo 35 EBELMEN Jacques-Joseph (1814-1852) uscito dall’Ecole Polytechnique nel 1833, dall’Ecole des Mines nel 1836,Ingegnere a Vesoul, fu nominato assistente del Professore di Docimastica dell’Ecole des Mines nel 1840. Amministratore aggiunto della Manifattura di Sevres nel 1845, ne divenne l’Amministratore nel 1847, anno in cui fu nominato Professore all’Ecole. Sebbene fosse famoso per i notevoli progressi che aveva fatto fare alla ceramica d’arte, anche per la mineralogia realizzò importanti sintesi; continuò l’opera di Berthier di cui fu assistente e che aveva già riprodotto nei forni a porcellana cristalli di peridoto e pirosseno. Ebelmen aggiunse alla miscela un fondente (borace, sale di fosforo) e lo mise in crogioli di platino (del resto è importante segnalare che il ”valore” del recipiente fece si che lo si potesse conservare felicemente sino ad oggi nelle collezioni, con i contenuti cristallizzati!). L’insieme era riscaldato nei forni ad atmosfera relativamente controllata. Ebelmen giunse cosı̀ a realizzare la sintesi in cristalli perfetti di undici minerali, in particolare degli ossidi: corindoni, crisoberillo, spinelli, ma anche dei silicati come il berillo o i peridoti. Aggiungendo dei cromofori appropriati, ottenne varietà gemme: rubini, zaffiri, smeraldi. Queste scoperte ebbero una grande eco, dovuta in particolare alla semplicità del metodo di sintesi impiegato ( è interessante segnalare che questi metodi sono stati ripresi recentemente e hanno permesso, in particolare, notevoli sintesi di smeraldo). Le memorie di Ebelmen sono state raccolte da Salvetat nel 1855 sotto il titolo di ”Raccolta dei lavori scientifici di M.-Ebelmen”; il documento del 1851 che tratta di ”Alterazione di rocce stratificate sotto l’influenza degli agenti atmosferici, e di acque di infiltrazione” è particolarmente interessante per le conclusioni dell’autore sulle possibilità e l’interesse delle sintesi in mineralogia. 222 Capitolo 36 FELLOCKER Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 36.1: Fellocker 223 Capitolo 37 FISCHESSER Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto 224 Capitolo 38 FOUQUÉ Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto 225 Capitolo 39 GILLET de LAUMONT François, Pierre, Nicolas (1747-1834) Capitano comandante dei granatieri del Re, lasciò il suo incarico nel 1784 per consacrarsi alla mineralogia; nominato Ispettore delle Miniere nello stesso anno, realizzò uno studio generale delle miniere della Bretagna e dei Pirenei. In precedenza aveva fatto numerose interessanti scoperte che comunicò ai grandi mineralogisti dell’epoca: de Bournon, Sage, Romé de Lisle, Delaméthérie, Hauy......Egli fu anche il primo a scoprire e a descrivere le famose ”arenarie” di Fontainebleau. In Bretagna, le sue ricerche più importanti in mineralogia riguardavano le miniere di Huelgoat dove descrisse una nuova specie, un fosfato di piombo, la plumbogummite, e soprattutto una nuova zeolite, che Hauy chiamò Laumonite (Laumontite) quando le analisi di Vauquelin mostrarono che si trattava effettivamente di un nuovo minerale. Nel corso dei suoi viaggi, costituı̀ una collezione di minerali alla quale aggiunse nel 1792 il gabinetto di mineralogia di Romé de Lisle. Nel 1794, fu nominato membro della commissione incaricata di riunire gli oggetti scientifici dispersi a causa della vendita dei beni degli esuli. 226 Capitolo 40 GILSON Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 40.1: Gilson 227 Capitolo 41 GRANDJEAN François (1882-1976) insegnò dal 1911 al 1941, fu eletto membro della sezione di Mineralogia dell’Accademia delle Scienze nel 1937, le sue attività scientifiche si dividevano tra la mineralogia, la paleontologia, la geologia ed infine l’entomologia! Nel campo geologico, il suo lavoro riguardò soprattutto il rilevamento per la carta a 80000, in particolare nella regione di Saint-Etienne, dove collaborò con G. Friedel. Insieme a Friedel, intraprese degli studi sui cristalli liquidi, che erano allora agli albori (prima di essere recentemente riscoperti dai fisici) e in particolare sulle coniche focali dei corpi smettici; egli mise ancora in evidenza l’esistenza di ”gocce a gradini” dei liquidi smettici e studiò l’epitassia dei corpi mesomorfi sui cristalli. 228 Capitolo 42 Karl Maria Haidinger (1756-1797) Born on 10 July 1756 in Vienna. Imperial Mining Counsellor and Expert in the Imperial Department for Coinage and Mining. From 1778 until 1786, employed by the Natural Science Cabinet and later became the head of the amalgamation plant in Glashütte near Schemnitz. In 1788, he became professor of mathematics and mechanics at the Mining Academy in Schemnitz. He died on 16 March 1797 in Vienna. Figura 42.1: Haidinger 229 Capitolo 43 HASSENFRATZ Jean Henri (1755-1827) La biografia è più interessante per la sua importanza politica che per i suoi lavori mineralogici. Egli abbandonò rapidamente il suo mestiere di carpentiere per studiare l’arte delle miniere e la chimica,e divenne preparatore nel laboratorio di Lavoisier. Viceispettore delle Miniere nel 1785, pubblicò nel 1787 con Odet una nuova nomenclatura chimica. Nel 1789 divenne membro, da subito importante del Club dei Giacobini; amico di Danton, fu eletto fin dal suo inizio alla Comune di Parigi. Nel 1794 divenne Ispettore del nuovo Corpo delle Miniere e professore di mineralogia dal 1794 al 1795 all’Ecole. Partecipò alle sollevazioni contro la Convenzione dell’aprile e del maggio 1795, fuggı̀ e tornò in Francia soltanto dopo l’amnistia dell’ottobre dello stesso anno. Abbandonata la politica, si dedicò all’insegnamento all’Ecole Polytechnique e soprattutto all’Ecole des Mines dove insegnò la metallurgia fino al suo pensionamento nel 1822. Tra le sue pubblicazioni, possiamo segnalare un ” Corso rivoluzionario di amministrazione militare” (1804), un ”Corso di Mineralogia” nel 1796 e la sua ”Siderotecnica” in quattro volumi nel 1812. 230 Capitolo 44 RENE Just Haüy (1743-1822) Commemorazione del 250◦ anniversario dalla sua nascita ”Mai tanta scienza è stata l’opera di un solo uomo” ha detto A. Lacroix a proposito di R.J. Haüy, unanimemente considerato il padre della Mineralogia e della Cristallografia moderne. La sua esistenza è stata singolare. Figlio di un modesto tessitore, prete sempre fedele alla fede cattolica, ha attraversato senza troppe difficoltà i tumultuosi periodi rivoluzionari, per finire la sua vita, carico di onori durante l’Impero e stimato da tutti i suoi colleghi durante la Restaurazione. Insieme a Cuvier, Monge o Chaptal, è stato uno dei grandi scienziati dell’era napoleonica, la sua importanza è andata ben al di la della disciplina scientifica e la sua influenza è percepibile fino ai giorni nostri. 44.1 L’opera scientifica di R.J. Haüy Perfezionando la scoperta di J.L. Romé de l’Isle (Legge della costanza degli angoli), stabilı̀ le leggi fondamentali della cristallografia e gettò le basi di una classificazione moderna dei cristalli.. La sua nozione di ” molecola integrante” che lo ha reso celebre, fu una tappa indispensabile per la comprensione della struttura cristallina. R.J. Haüy è dunque l’iniziatore della scienza dei Cristalli, disciplina essenziale per lo studio della materia le cui applicazioni hanno permesso lo sviluppo della società moderna. Identifica e nomina quasi una cinquantina di specie tra i minerali più comuni: anfibole, idocrasio, dioptasio, ortosio. Crea cosı̀ la nozione di specie minerale e apre la strada alle teorie petrografiche moderne, identificando per esempio le rocce - ”le più grandi del regno minerale” - cosı̀ eccezionali come le eclogiti. I suoi studi sulle pietre preziose viste in tutte il loro valore. Il suo trattato, classico tra i classici, precisa le caratteristiche delle pietre, permette la loro identificazione e deduce i principi che regolano la loro misura. 231 44.2 La carriera di R.J. Haüy Il ruolo che R.J. Haüy ha avuto nella società del suo tempo è molto meno conosciuto del suo lavoro scientifico. Professore di tutte i grandi istituti d’insegnamento e di ricerche della Rivoluzione e dell’Impero: l’Ecole des Mines nel 1794, la Scuola Normale Superiore nel 1795, il Museo di Storia Naturale nel 1801, e la Sorbona nel 1809, ha formato tutti i mineralogisti francesi e stranieri dell’inizio del 19◦ secolo. Alcuni dei suoi allievi come Seybert, Silliman, Bruce, Gidds, hanno introdotto la mineralogia francese negli Stati Uniti. Ha fondato le tre grandi collezioni dell’Ecole des Mines, del Museo di Storia Naturale e dell’Università, che sono ancora oggi tra le più importanti del mondo. Su richiesta di Napoleone, ha scritto il ”Trattato Elementare di Fisica, 1803”, corso di base del sistema educativo della scuola secondaria dell’Impero. Come Monge per le Matematiche e Chaptal per la Chimica, egli ha assicurato un posto preminente alle scienze esatte nell’insegnamento francese aprendo la strada all’espansione scientifica e tecnica del 19◦ secolo. Membro dell’Accademia delle Scienze dopo il 1783; fu una delle personalità scelte dal Direttorio per comporre ”il primo terzo dell’istituto”. Sebbene i dettagli non sono conosciuti, pare certo che il carattere razionale delle misure mineralogiche (legge delle troncature razionali) abbia avuto un ruolo primario nell’elaborazione del sistema metrico. Haüy , con Lavoisier ha fatto cosı̀ parte della Commissione dei Pesi e delle Misure della Rivoluzione. In particolare ha lavorato alla definizione del decilitro. In conclusione, R.J.Haüy è uno dei grandi scienziati francesi della fine del secolo dei Lumi che, avendo saputo unire l’ acutezza d’ingegno allo spirito geometrico, ha fatto da ponte tra le impostazioni naturaliste e matematiche, e ha dato alla Mineralogia e alla Cristallografia la dignità di vera scienza, accanto alla Fisica e alla Chimica. 44.3 PRIMO CONSERVATORE DELLE COLLEZIONI DELL’ECOLE DES MINES: ALCUNI RIFERIMENTI Nel 1950, Alfred Lacroix, parlando della Mineralogia e della Cristallografia, disse a questo proposito: ”Nessun scienza è stata opera di un solo uomo” Di famiglia modesta, sempre fedele alla sua fede cattolica, l’abate René Just Haüy, nasce il 28 febbraio 1743 a Saint Just en Chaussée, attraversò i periodi turbolenti della Rivoluzione, dell’Impero e della Restaurazione. A partire dal momento in cui, conquistato dai corsi di DAUBENTON , scoprı̀ la mineralogia, e seguı̀ sempre la stessa idea: comprendere l’architettura del mondo minerale e la struttura interna dei cristalli. 232 In pieno 18◦ secolo, epoca di grandi scoperte in Natura, il giovane René Just fu influenzato da un religioso di Saint-Just en Chaussée, e da un suo collega LHOMOND nel collegio di Navarra. Interessato alla Botanica - costituı̀ un erbario di circa 2000 piante- si indirizzò verso la Mineralogia che catturò subito il suo spirito curioso: ” Come può, la stessa pietra, lo stesso sale, la stessa terra presentarsi in cubi, in prismi o in aghi, quando la rosa ha sempre gli stessi petali, l’albero gli stessi frutti, il grano gli stessi cariossidi?...” Jean-Baptiste Louis ROME de l’ISLE, ufficiale anziano della Marina, poi Michelet d’ENNERY, fecero progredire le Scienze dei Cristalli scoprendo che l’angolo formato da due facce adiacenti di un Cristallo, qualunque sia il loro sviluppo, resta costante. E’ la famosa legge della Costanza degli Angoli già intuita da numerosi scienziati del secolo precedente, in particolare da Niels STENSEN, conosciuto sotto il nome latino di Nicolaus STENON (o STENONE). Questo spirito universale gettò le basi della Paleontologia moderna e della Stratigrafia. Pubblicò nel 1669 i tagli trasversali di un cristallo di quarzo che mostrava distintamente un angolo costante per delle facce variabili. L’inglese Boyle nel 1673, l’olandese van LEUWENHOEK, inventore del microscopio e il russo LOMONOSSOV, che fece nel 1749 le prime misurazione degli angoli sui cristalli di Salpetre, hanno scoperto che le facce di crescita dei cristalli si spostavano parallelamente a se stesse, in direzioni determinate. Sebbene Romé de L’Isle non conoscesse i lavori precedenti di Stenone, perchè erano a disposizione solo traduzioni incomplete che omettevano tutto ciò che riguardava i cristalli di quarzo, tutti i mineralogisti concordano oggi nell’attribuire a suo credito la scoperta di questa legge fondamentale, che ritrovò interamente e dimostrò con misurazioni strumentali precise. Georges Barthazar SAGE, fondatore della Scuola Reale delle Miniere con sede all’Hotel de la Monnaie, indirizzò Romé de L’Isle verso la Cristallografia. Romé, autodidatta di genio si circondò di efficaci collaboratori tra cui Arnould CARANGEOT che misurò gli angoli delle facce dei cristalli e SWEBACHDESFONTAINES, scultore che realizzò dei modelli in terra cotta sulla base dei dati forniti dal suo collega. Carangeot fabbricò dei calibri di riferimento sotto forma di piastrine incavate di angoli noti, destinati ad una applicazione diretta sugli spigoli dei cristalli. Dapprima ritagliati nel cartone delle carte da gioco, questi calibri furono in seguito sostituiti da lamine di rame. Alcuni angoli erano semplici da misurare: 90 gradi per il cubo, 60 gradi per il prisma esagonale. Altri angoli, molto più numerosi, si esprimono in minuti e secondi. Questi permettevano ai calibri rigidi le misurazioni per approssimazioni successive. Carangeot ebbe allora l’idea di misurare gli angoli con l’aiuto di un riportatore che comporta una alidada mobile: è la goniometria di applicazione che permette rapidamente di verificare la legge fondamentale di Romé de L’Isle. 233 L’applicazione di questa legge condusse all’elaborazione delle prime collezioni di modelli cristallografici composti di 448 cristalli di riferimento in terra cotta. Questa nozione di modelli fu ripresa da tutti i mineralogisti. Se le leggi della simmetria erano implicite nelle loro costruzioni, bisognerà attendere almeno 20 anni per capire la logica degli operatori di simmetria, dopo che i tedeschi, e in particolare HESSEL, raggrupparono i cristalli in sette sistemi cristallini. Un cristallo di calcite si sfalda in piccole unità che hanno la stessa forma del cristallo iniziale. Questa divisione ha un termine: unità insecabile, definita cosı̀ da Haüy: ” Mi fermo ad un termine e do ai suoi corpuscoli. che noi isoleremo sebbene i nostri organi ed i nostri strumenti sono assai delicati, il nome di molecole costituenti”. Haüy pensava in precedenza che ogni minerale aveva la sua molecola costituente: un romboedro di calcite. L’impilaggio di numerose molecole costituenti ricostituisce i cristalli naturali. Ma studiando i numerosi esempi, scoprı̀ che tutte le molecole costituenti si limitavano a 6 tipi, ciascuna delle quali era detta primitiva, e che egli indicò con lettere P.M.T. Questi primitivi : parallelepipedi, dodecaedri a facce romboidali o a facce di trangoli isosceli, prismi esagonali, ottaodri e tetraedri, potevano ridursi per il calcolo a 3 tipi di molecole costituenti, che egli chiamò allora integranti, elementi di base di tutta la materia cristallizzata. La Trigonometria permette di calcolare gli angoli interfacciali a partire dall’impilaggio geometrico delle molecole integranti: la Cristallografia scientifica era nata. Sotto Luigi XVI, il Giardino delle Piante diretto da BUFFON, era al centro di tutte le preoccupazioni scientifiche dell’epoca, e René Just Haüy, ordinato prete nel 1770, modesto reggente di secondo al Collegio Cardinal LEMOINE, si interessò alle scienze dell’osservazione. Un giorno, Haüy che si era dapprima indirizzato verso la Botanica, vide una folla che affollava il corso di DAUBENTON, dimostratore delle collezioni di Storia Naturale al Gabinetto del Giardino delle Piante. Entrò e fu immediatamente conquistato. Ritrovando l’interesse per la Fisica e le Matematiche, Haüy sviluppò le sue teorie sulla Mineralogia scientifica. L’Abate espose più tardi i suoi risultati a Daubenton. Comprendendo immediatamente l’importanza delle deduzioni di Haüy, Daubenton le fece conoscere al geometra LAPLACE. I grandi scienziati del Secolo dei Lumi incoraggiarono Haüy a comunicare i suoi lavori all’Accademia delle Scienze. Ma al buon Abate l’Accademia non piaceva. Accettò di presentasi solo dopo molte sollecitazioni. Il 10 gennaio 1781, Haüy presentò una memoria sui granati seguita da altri lavori sulla struttura dei cristalli. 234 La risonanza fu cosı̀ grande che gli accademici si affrettarono a riceverlo tra loro, senza neanche attendere che fosse vacante un posto di Fisica o di Mineralogia. Poiché si era liberata, una poltrona di botanista, Haüy fu eletto il 12 febbraio 1783, sostenuto dai Fisici e dai Matematici, a discapito dei Botanisti DESFONTAINES e TESSIER. Il Re lo nominò accademico 3 giorni più tardi. Haüy era sempre presente alle sedute dell’Accademia e ne divenne ben presto un membro influente. Era pieno di iniziative. Si interessò non soltanto alla struttura dei cristalli, ma anche alle proprietà magnetiche, sulla magnetite per esempio, alle composizioni chimiche e alle proprietà fisiche dei minerali, cosı̀ come alle loro proprietà elettriche. Nel 1784: Haüy raggiunse i 20 di attività che erano sufficienti a fargli ottenere una modesta pensione di Professore Emerito. Cosı̀ poté dedicarsi esclusivamente alla Scienza che avrebbe creato. Quando Antoine-Laurent LAVOISIER, direttore dell’Accademia delle Scienze ottenne dal Re una riforma di questa Società, Haüy poté abbandonare la sezione di botanica per passare al nuovo corso di Storia Naturale e di Mineralogia. Vennero i duri giorni della Rivoluzione. Il 10 Agosto 1792, il Trono è rovesciato. Rifiutando di prestare giuramento alla Nuova Costituzione Civile del Clero, il prete riluttante è in grande pericolo. La sua umile dimora fu perquisita nella stessa settimana. Haüy e tutti gli ecclesiastici dell’Università sono arrestati e condotti al Seminario Saint-Firmin, trasformato in prigione. Geoffroy SAINT-HILAIRE e DAUBENTON si precipitarono in suo soccorso facendo intervenire l’Accademia vicino alla Sezione Popolare del Giardino delle Piante. L’indomani, la grazia è accordata, Geoffroy di recò in fretta a St.-Firmin. Ma Haüy non volle abbandonare ne i minerali messi a sua disposizione durante l’incarcerazione, ne i suoi compagni di sventura. Decise di recuperare la sua libertà dopo le feste religiose del 15 Agosto. Senza perdere un giorno, Haüy riprese i suoi lavori cristallografici in perfetta serenità. Arrestato una seconda volta sarà liberato grazie all’intervento di Lavoisier, il quale , qualche tempo dopo, sarebbe stato molto meno fortunato. L’8 agosto 1793, la Convenzione Nazionale soppresse tutte le Accademie Reali. Haüy fu nominato Segretario della Commissione dei Pesi e Misure che doveva imporre il Sistema Metrico, dapprima alla Francia, e poi al resto del Mondo, ( infine, gli Inglesi, impiegarono un po’ di tempo prima di essere convinti). Dopo più di due anni, elaborò le basi di un Sistema dove ritrovò lo spirito razionale delle troncature cristalline e lavorò con Lavoisier alla definizione del decilitro. Quando Lavoisier fu incarcerato, Haüy e Borda indirizzarono una domanda di grazia al Comitato di Sicurezza Generale. Malgrado l’importanza scientifica dei suoi lavori, Lavoisier fu giustiziato. 235 La bufera rivoluzionaria rilanciò l’interesse per i minerali che sono la fonte delle materie prime indispensabili allo sviluppo industriale e allo sforzo bellico. Ormai, perché un minerale fosse definito, è necessario associare alla sua struttura cristallina la sua composizione chimica: SiO2 per il Quarzo, F eS2 per la Pirite, etc. I minerali erano la fonte degli elementi indispensabili all’uomo, la seconda metà del 18◦ secolo vide la creazione della Scuola Reale delle Miniere nei locali dell’Hotel de la Monnaie a Parigi, il 1783. Sotto la direzione di SAGE, vi si formavano gli ingegneri delle Miniere incaricati di trovare e di sfruttare i Minerali utili. Il Comitato Rivoluzionario di Salute Pubblica, nella preoccupazione di vincere il blocco imposto dalle potenze europee, diede un’importanza particolare alla ricerca mineraria e creò l’Agenzia e il Corpo delle Miniere. Un sequestro del 12 luglio 1794 fornı̀ all’Agenzia, per le sue strutture e suoi uffici, l’Hotel de Périgord vicino all’Hotel de Mouchy, dove si insediò l’Ecole des Mines. I grandi scienziati dell’epoca entrarono nel Corpo della Miniere: per esempio, Vauquelin o Faujas de Saint-Fond. Haüy fu nominato il 15 Vendemmiaio dell’Anno II (6 ottobre 1795) primo Corservatore delle collezioni. Haüy vi portava un insegnamento a base scientifica che si basava sulla nuova chimica di Lavoisier e sulle analisi di Vauquelin. I suoi corsi coprivano sia la Mineralogia che la Cristallografia. Tenuti regolarmente fino al 1802, ebbero un successo immediato che oltrepassò le frontiere e attirarono numerosi allievi stranieri: russi, polacchi e soprattutto americani. Nel 1801, pubblicò il suo Trattato di Mineralogia, summa di tutte le conoscenze cristallografiche e mineralogiche dell’epoca che comporta la descrizione dettagliata di migliaia di campioni accuratamente riuniti nel Gabinetto presso il quale era in carica. La sua autorità era universale: descrisse tutti gli esemplari raccolti dai numerosi amatori e collezionisti di minerali, eredi dei Gabinetti di Curiosità del XVIII secolo. Le collezioni dell’Ecole des Mines, raccolte dagli allievi e dagli Ingegneri, diventarono importanti. Queste furono riunite nel quadro dei loro studi e soprattutto nel corso delle loro esplorazioni nel mondo intero. Altri minerali furono riuniti nei modi più diversi: • sequestri di Gabinetti individuali da parte del Comitato di Salute Pubblica • Acquisto delle collezioni di GUETTARD e JOUBERT, tesoriere Generale degli Stati di Lingua d’Oc. etc. Nell’ottobre 1795, Haüy si vide consegnare la preziosa collezione di Romé de L’Isle, acquistata da Gillet de LAUMONT, Direttore dell’Agenzia delle Miniere. 236 Haüy la conservò nella propria camera verificando continuamente le misure, e utilizzando i dati per il proprio Trattato. Alla morte di Gillet de Laumont, nel 1835, questa collezione fu trasferita al Museo senza rispettare l’etichettatura originale. Nei suoi scritti, Haüy rese omaggio a Romé de L’Isle, che pure l’aveva violentemente criticato ai suoi inizi trattandolo da ”cristalloclasta”. Realizzò tutte le misure degli angoli con il goniometro d’applicazione, reso famoso da Romé de L’Isle, e rifiutò ostinatamente di utilizzare i goniometri ottici più precisi, realizzato dagli scienziati inglesi, in particolare da WOLLASTON. Alla fine del 18◦ secolo, la Mineralogia era vicina alla Fisica. BONAPARTE, allora primo Console, stimava molto Haüy e lo protesse. Lo incaricò di redigere l’opera di base per l’Insegnamento della Fisica nei Licei. Il 5 aprile 1802, Napoleone nominò Haüy Canonico Onorario di NotreDame di Parigi. Ma nello stesso periodo, trasferı̀ l’Ecole des Mines sulle Alpi, questo mise fine al rapporto tra Haüy e l’Ecole des Mines di Parigi. I due tomi del Trattato di Fisica di Haüy ebbero una grande successo. La prima edizione, nel 1803, fu seguita da una seconda tiratura nel 1806, e da una terza nel 1825. Il Trattato fu adottato dal Consiglio Reale dell’Istruzione Pubblica sotto la Restaurazione. Durante i Cento Giorni, Napoleone confidò al suo autore: ” Signor Haüy, avevo portato la vostra Fisica all’Isola d’Elba e l’ho riletta con grande interesse.” Come ricompensa per i suoi meriti, Haüy fu tra i primi nuovi eletti dell’Ordine della Legion d’Onore, e nominato Ufficiale fin dalla sua fondazione il 28 Novembre 1803. Un aspetto essenziale dell’opera di Haüy riguarda le sue concezioni della nozione di specie minerale. Verso la fine della sua vita, questo lo trascinerà in violente controversie con i suoi colleghi chimici. Per l’eminente scienziato, un minerale era definito per una struttura: la molecola integrante, e una composizione chimica data. Haüy unificò cosı̀ le specie allora considerate differenti come il Berillo e lo Smeraldo, o a separare i gruppi considerati come varietà della stessa specie come le Zeoliti. L’osservazione dei minerali della stessa struttura, ma di composizione differente, lo portarono a supporre una sostituzione degli elementi chimici di una specie data da altri componenti: ciò che lui chiamò -a giusto titolo- per epigenesi o pseudomorfosi. Questo gli impedirà di percepire la nozione di soluzione solida, minerale per il quale i costituenti potevano essere in proporzione variabile; si oppose cosı̀ a BERTHOLLET e soprattutto a MITSCHERLICH di cui non accettò mai il concetto di isomorfismo. Ciascuno dei protagonisti rimase sulle sue posizioni, In teoria, Haüy aderirà sempre alla sua idea di ”composizione costante”. In pratica, Haüy utilizzò 237 soprattutto la definizione geometrica della specie, spiegando le variazioni di composizione con miscele impossibili da osservare. Haüy non si è limitato allo studio dei cristalli ben formati. Si interessò anche alle rocce, questi aggregati di cristalli dalle forme generalmente mal definite. Tra i numerosi termini petrografici ancora in uso ai nostri giorni, alcuni sono stati attribuiti da Haüy, come la Pegmatite: roccia di composizione granitica, mosaico di minerali di grande dimensione o Eclogite, costituita esclusivamente di granati e di pirosseni. 238 Capitolo 45 LAPPARENT Albert, Auguste de (1839-1908) fu un geologo di grande fama. Ingegnere al Corpo delle Miniere, collaborò, fin dalla sua uscita dall’Ecole, al Servizio della Carta geologica con Elie de Beaumont cosı̀ come alla redazione della Rivista di Geologia inserita ogni anno negli Annali delle Miniere. Conservatore -aggiunto delle collezioni dell’Ecole des Mines nel 1864, divenne nel 1876 Professore di Geologia e di Mineralogia all’Università Cattolica da poco fondata a Parigi. Nel 1897, fu eletto membro dell’Accademia delle Scienze, di cui divenne Segretario Permanente nel 1907. Dotato di un eccezionale spirito di sintesi, svolse un importante lavoro di compilazione che lo consacrò il miglior conoscitore della geologia nel suo paese. Il suo Trattato di Geologia ebbe un tale successo che ne uscirono 5 edizioni in 25 anni. Il suo celebre Corso di Mineralogia, basato sulle idee allora poco conosciute di Bravais e di Mallard, è molto apprezzato anche ai nostri giorni e mostra fino a che punto questo autore fu capace di chiarire e di riassumere l’essenziale delle conoscenze della sua epoca, presentandole sotto la forma didattica più semplice. In alcuni anni, dal 1883 al 1908, ne uscirono 4 edizioni aggiornate e completate in funzione dei lavori dei grandi mineralogisti del suo tempo. 239 Capitolo 46 MALLARD François, Ernest (1833-1894) fu, con Haüy, il più eminente scienziato che l’Ecole des Mines abbia conosciuto nei campi della cristallografia e della mineralogia. Studente del Politecnico, uscı̀ nel 1853 dall’Ecole des Mines come Ingegnere; geologo al Corpo delle Miniere, fu nominato nel 1859, Professore di Geologia, Mineralogia e Fisica all’Ecole des Mineurs di Saint-Etienne. Realizzò numerose carte geologiche che affrontavano i problemi tecnici più frequenti in un centro industriale cosı̀ importante. Daubrée si interessò ai suoi lavori e quando nel 1872, lasciò la cattedra di Mineralogia per divenire Direttore dell’Ecole, lo scelse come suo successore. Ispettore generale delle Miniere nel 1886, fu eletto nel 1890 nella sezione di Mineralogia dell’Accademia delle Scienze. Professore all’Ecole, Mallard introdusse, nel suo insegnamento, le idee di Bravais, illustre fisico che era stato suo maestro al Politecnico. Bravais spiegava le possibili simmetrie nei cristalli a partire dai concetti matematici che sono alla base della teoria dei gruppi. Mentre Sohncke ed in seguito Schonflies sviluppavano il concetto di maglia di traslazione di Bravais per pervenire ad una descrizione completa dei 230 gruppi spaziali, Mallard sviluppava altri aspetti delle teorie di Bravais, per una migliore comprensione delle proprietà fisiche dei minerali, e in particolare delle proprietà ottiche dei cristalli anisotropi caratterizzate dalle ellissoidi di rifrazione. Le sue pubblicazioni in questo campo, e in particolare i due volumi del suo ”Trattato di Cristallografia geometrica e fisica” usciti nel 1879 e nel 1884 permisero, grazie alla sua esposizione prevalentemente didattaca, di far conoscere ai mineralogisti le teorie fino ad allora accessibili ai soli matematici. Il terzo volume del suo trattato che doveva esporre l’isomorfismo, il polimorfismo, i geminati, la crescita cristallina non fu terminato. Sarebbe stato il frutto di lavori e di scoperte importanti in questi campi. Mallard mostrò che i sistemi reticolari potevano possedere elementi di simmetria ravvicinati che portavano o ai geminati (dove gli elementi costituenti mettono in comune elementi di simmetria o di pseudosimmetria per ottenere una pseudosimmetria di ordine superiore), oppure a raggruppamenti pseudosimmetrici dove i domini 240 geminati si assemblavano per formare un edificio che presentava una ”simmetria” macroscopica di ordine superiore. Provò cosı̀ che i numerosi cristalli di aspetto cubico sono in realtà composti di un intrico di lamelle geminate di simmetria più bassa, rivelabili soltanto attraverso l’osservazione al microscopio. Più in generale, Mallard considerava questi edifici mimetici come risultante di un processo che dava una pseudosimmetria superiore a quella dei loro costitutivi in modo da ottenere un edificio più stabile e spendere il minimo di energia nel momento della transizioni polimorfe. L’esempio più importante è quello della leucite, di simmetria cubica al di sopra dei 600◦ C. Sotto questa temperatura, la leucite subisce un cambiamento di fase e diviene tetragonale; questa conserva tuttavia il suo aspetto esteriore cubico, il cristallo è infatti formato da un intrico di lamelle geminate secondo i piani di simmetria cubica divenuti ormai piani di pseudosimmetria. Questo fenomeno si osserva nei numerosi minerali di aspetto cubico: boracite, analcime....... Questi lavori permettono di legare le nozioni di cristalli eterogenei, geminati, cambiamento di fase (polimorfismo) ed anche isomorfismo: in effetti, l’isomorfismo permette l’associazione all’interno di un edificio cristallino unico, di sostanze chimicamente differenti ma di maglie vicine. Egli mise anche l’accento sull’idea di ”tolleranza reticolare” degli edifici mimetici e la comparò a quella osservata nei cristalli isomorfi. Bisogna notare che le concezioni di Mallard furono avversate, in particolare dai mineralogisti tedeschi che ritenevano che le eterogeneità dei cristalli e le anomalie ottiche trovassero la loro spiegazione nei fenomeni di tensione. In effetti, le idee di Mallard sono state ampiamente confermate, in particolare attraverso i lavori di G. Friedel, illustre cristallografo, che tenendo conto delle relazioni tra il reticolo proprio a ogni elemento cristallino e quello comune all’edificio geminato, ne ha fornito la definizione geometrica e la classificazione attuale dei geminati. Le ricerche di Mallard hanno riguardato anche altri soggetti:a lui si deve anche la descrizione di nuove specie minerali (boleite, cumengeite), il perfezionamento del goniometro di Wollaston, lavori sul potere rotatorio dei cristalli. Formato alla dura scuola delle miniere di carbone del bacino, Mallard, in collaborazione con Le Chatelier, allora Professore di Chimica generale all’Ecole, iniziò nel 1878 dei lavori di laboratorio e di terreno per prevenire le esplosioni di grisou. In particolare, essi furono i promotori dell’utilizzo del nitrato di ammonio come esplosivo. 241 Capitolo 47 MELON Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 47.1: Melon 242 Capitolo 48 Michel-Lévy Documento presente solo nell’edizione in lingua INGLESE described in 1874 vermicular intergrowths between quartz and plagioclases and formalised, circa 1880, the method to measure mineral birefringence. Figura 48.1: 243 Figura 48.2: Figura 48.3: 244 Capitolo 49 Friedrich Mohs (1773-1839) Documento presente solo nell’edizione in lingua INGLESE Born as the son of a merchant on 29 January 1773 in Gernrode/Harz. He studied mathematics, physics and chemistry at the University of Halle/Saale. He completed his studies in these disciplines as well as in mechanics at the Mining Academy at Freiberg/Sachsen. One of his teachers in Freiberg was the mineralogist and geognostician Abraham Gottlob Werner, who introduced Mohs to mineralogy and geognosy. In 1801, Mohs became a pit foreman at the Neudorf/Harz mine. He came to Vienna for the first time in 1802 in order to sort and annotate the important collection of the banker J.F. van der Nüll. (This collection was incorporated into the Imperial Mineralogical Collection in 1827). With his systematic classification of the realm of minerals, Mohs was in conflict with most of the other mineralogists of the time, due to his preference for physical attributes as the principles of classification (i.e., shape, cleavage, hardness, and specific weight), as opposed to the chemical composition of the minerals. In 1812, Mohs was appointed Professor of Mineralogy at the Joanneum in Graz. During this time, he developed the Mohs’s Scale of Hardness. His stay in Graz was only of short duration and in 1817, he succeeded his teacher, A.G. Werner, at the Mining Academy in Freiberg. In 1826, Mohs was appointed Professor of Mineralogy at the University of Vienna. However, he held his inaugural lecture at the Imperial Mineralogical Cabinet where in 1834, he also held the post of custodian concurrently with his professorship. In 1835, Mohs left the Mineralogical Cabinet upon his appointment as mining counsellor at the Mining University in Leoben. Mohs died on 29 September 1839 during a trip to Italy. 245 Capitolo 50 PARACELSE Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 50.1: 246 Capitolo 51 RENARD Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 51.1: 247 Capitolo 52 Jean-Baptiste Romé de l’Isle (1736 - 1790) Documento presente solo nell’edizione in lingua INGLESE published his ” Traitise on crystallography ” in 1772; one owes to him the demonstration of the constancy of the dihedral angles between faces of crystals of a same mineral species. Figura 52.1: 248 Figura 52.2: Figura 52.3: Figura 52.4: 249 Figura 52.5: 250 Capitolo 53 SAGE Balthazar Georges (1740-1824) Figura 53.1: occupò nel 1778 la cattedra di mineralogia docimastica (esame e analisi dei minerali) della Scuola pubblica con sede alla Monnaie di Parigi. Romé de Lisle e Chaptal uscirono da questa scuola che era tuttavia lontano da raggiungere lo scopo che Sage si era proposto, vale a dire fornire la formazione degli ingegneri preparati a dirigere i lavori delle miniere. Benchè ci sarebbe molto da dire sulle sue ”qualità” di sperimentatore e di teorico, non possiamo negargli l’onore di aver creato la docimastica in Francia, e soprattutto di essere stato il promotore, nel 1783, dell’Ecole des Mines ( che in realtà non avrebbe potuto far funzionare senza l’aiuto di Guillot-Duhamel padre). Sage fu dunque il primo direttore dell’Ecole des Mines dove insegnò la mineralogia e la docimastica dal 1783 al 1790. Aveva inoltre riunito dopo il 1760 importanti collezioni che donò al re, in cambio di una rendita vitalizia di 5000 franchi; queste collezioni rimasero all’Hotel des Monnaies fino al 1824. Quando Lavoisier fece le sue grandi scoperte alle quali aderirono la maggior parte degli scienziati, Sage rifiutò di arrendersi all’evidenza e nutrı̀ un odio comune per la rivoluzione sociale 251 e la rivoluzione scientifica che segnarono la fine del XVIII secolo. Fu tuttavia più fortunato di Lavoisier poichè le sue idee monarchiche gli costarono soltanto qualche mese di prigionia. Poco lungimirante sia in mineralogia che in chimica, Sage combatté le idee di Hauy e si schierò con il gruppo di quelli che credevano di annientare questo scienziato eccezionale trattandolo da cristalloclasta. Pubblicò numerosi articoli e memorie tra cui: Eléments de minéralogie docimatique (Elementi di mineralogia docimastica) (Parigi, 1772 e 1777); Mémoires de chimie (Memorie di chimica) (Parigi, 1773); Analyse chimique et concordance des trois régnes de la nature (Analisi chimica e concordanza dei tre regni della natura)(Parigi, 1786);Théorie de l’origine des montagnes (Teoria dell’origine delle montagne) (1809); Propriétés du tabac et analyse de la poudrette (Proprietà del tabacco e analisi della polveretta)(1821); Théorie de la vitalité (1823)...... 252 Capitolo 54 SENARMONT (de) Henri Hereau (1808-1862) Uscito dal Politecnico nel 1826, allievo-ingegnere delle Miniere nel 1829, de Sénarmont si dedicò alla mineralogia a partire dal 1847 quando fu nominato Professore de Mineralogia all’Ecole des Mines. Nel 1852, divenne il successore di Beudant nella sezione di Mineralogia dell’Accademia delle Scienze di cui fu il Presidente nel 1859. Numerose sue pubblicazioni apparsero negli Annali delle Miniere e negli Annali di Chimica e Fisica di cui divenne editore nel 1854. Le sue scoperte più importanti riguardavano le relazioni tra gli elementi di simmetria e le proprietà fisiche dei cristalli e i risultati delle sue esperienze sulla sintesi delle specie minerali nelle condizioni più simili alle originali. Nella sua prima pubblicazione nel 1840 introdusse nell’ottica cristallina l’uso della lamina di mica quarto d’onda per misurare le differenze di fase. Nel 1847 e 1851 studiò l’influenza della simmetria cristallina sulla conduttività termica ed elettrica, prima di studiare le proprietà ottiche dei composti isomorfi birifrangenti. Egli effettuò un’opera da pioniere nel campo delle sintesi minerali, che espose nel 1851 nella sua pubblicazione: ”Expériences sur la formation des minéraux par voie humide dans les gites métallifères concrétionnés” (Esperienze sulla formazione dei minerali per via umida nel giacimenti metalliferi concrezionali). Utilizzò la tecnica dei tubi sigillati, con temperature che generalmente non superavano i 350◦ , produsse cosı̀ numerosi minerali di sintesi spesso ben cristallizzati: quarzo, baritina, fluorite, i carbonati romboedrici, numerosi solfuri e solfosali: galena, sfalerite, realgar, stibina, arsenopirite, proustite, pirargirite, etc. Nel 1851 descrisse le due specie dimorfe di Sb2 03 , la valentinite ortorombica e la specie cubica che fu chiamata senarmontite da Dana. 253 Capitolo 55 STRUVE Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto 254 Capitolo 56 STRÜVER Giovanni (1842-1915) Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto 255 Capitolo 57 TARGIONI Tozeti Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto 256 Capitolo 58 TERMIER Pierre (1859-1930) Sebbene avesse occupato la cattedra di mineralogia dal 1894 al 1911, Termier fu essenzialmente un geologo. La grandiosa sintesi della struttura geologica delle Alpi (1903) ha fatto di lui il fondatore della tettonica e della geodinamica moderna. Egli fu discepolo di Marcel Bertrand, il promotore della teoria delle falde di carreggiamento. Membro dell’Accademia delle Scienze nel 1909, divenne nel 1911 Direttore del Servizio della Carta Geologica. La sua opera geologica è importante ma soprattutto fu il Rostand delle scienze geologichee dei geologi con i suoi famosi libri: ”A la gloire de la Terre” (Alla gloria della Terra), ”La joie de connaitre” (La gioia di conoscere), e la ”Vocation de savant” (La vocazione dello scienziato). 257 Capitolo 59 THOREAU Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 59.1: 258 Capitolo 60 Gustav Tschermak von Seysenegg (1836-1927) Documento presente solo nell’edizione in lingua INGLESE He was born on 19 April 1836 in Littau bei Olmütz, the son of Ignaz Cz- Figura 60.1: ermak, who was a tax official. After finishing school in Olmütz, Tschermak began pursuing mathematical and chemical studies at the University of Vienna, and concluded these with a teaching degree. He concluded his mineralogical studies at the Universities of Heidelberg and Tübingen resulting in his obtaining his PhD. Upon his return to Vienna, he qualified as a private lecturer for mineralogy and chemistry. In 1862, Tschermak was appointed second vice curator of the Imperial Mineralogical Cabinet. In 1867, he advanced to first vice curator. In 1868, Tschermak took over at the helm of the Cabinet after the death of Director Hoernes. Only a short while prior to this, he was made Professor of Petrography at the University of Vienna. Tschermak was instrumental in undertaking a detailed inventory of the Imperial Mineralog- 259 ical Cabinet which was subsequently run in an exemplary fashion by Rudolf Koechlin along a system which is maintained even today. One of his other major accomplishments on behalf of the Cabinet was the systematic expansion of the meteorite collection. In 1873, Tschermak was appointed full professor for mineralogy and petrography at the University of Vienna (known today as the Institute of Petrology). In 1875, he was elected a full member of the Imperial Academy of Sciences in Vienna, of which he had been a corresponding member since 1866. Due to his numerous activities at the University, Tschermak left the Imperial Mineralogical Cabinet in 1877. Tschermak’s wide-ranging scientific achievements comprise mineralogical works, tests on rocks, and a number of works on meteorites. He was the first President of the Viennese Mineralogical Society (now Austrian Mineralogical Society), founded in 1901. He died on 24 May 1927. 260 Capitolo 61 VANACKER Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 61.1: 261 Capitolo 62 VAN MARUM Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 62.1: 262 Capitolo 63 VAN STRAELEN Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto Figura 63.1: 263 Capitolo 64 VAUQUELIN Nicolas, Luis (1763-1829) Figura 64.1: fu in successione: Docente di Farmacia, Membro dell’Istituto di Francia 264 (1795), Professore alla Scuola Centrale dei Lavori Pubblici (che divenne il Politecnico) (1794), Professore al Collegio di Francia (1801), al Museo di Storia Naturale (1804), Membro dell’Accademia di Medicina (1812). Sperimentatore di grande talento, questo grande chimico occupò i posti più prestigiosi della professione. Egli fu anche incaricato, nel 1795, di insegnare la docimastica all’Ecole des Mines. Divenne allora Saggiatore Ufficiale dei metalli preziosi e pubblicò, nel 1799, un manuale di ricerca. I lavori di Vauquelin sono estremamente vari, nei regni animale, vegetale, minerale. Nel campo della chimica, le sue due scoperte più importanti sono quelle del cromo e dell’ossido di berillio, ma fece anche l’analisi di numerosi minerali che gli erano forniti da Hauy, o che lui stesso prelevava dalle collezioni dell’Ecole des Mines. Lavorò sulla leucite, la steatite, il peridoto, lo spinello, il topazio, la gadolinite, il ”wolfram,” l’anatasio; a lui si devono le analisi della cerite, del diaspore, della clorite, della pechblenda, del topazio..... e di molti altri minerali. Partendo dall’analisi del piombo rosso di Beresovsk (Urali) Vauquelin scoprı̀ nel 1797 un nuovo elemento che, in ragione dei colori vivaci dei suoi derivati, fu chiamato ”cromo” su consiglio di Fourcroy e di Hauy. Nel 1798, Hauy chiese a Vauquelin di comparare le composizioni chimiche dell’acquamarina (berillo) e dello smeraldo di cui aveva indicato l’identità delle proprietà cristallografiche; non soltanto Vauquelin ne stabilı̀ l’identità delle composizioni chimiche, ma mise in evidenza la presenza di una ”terra” (ossido) di un elemento nuovo che chiamò glucine, a causa del sapore zuccherino del suo solfato. L’elemento ottenuto sotto forma metallica nel 1828, fu chiamato berillio dai tedeschi. 265 Capitolo 65 WALLERANT Argomento pianificato ma mai sviluppato dal progetto 266