riconoscimento del governo del benin a fra fiorenzo e all`ospedale di

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riconoscimento del governo del benin a fra fiorenzo e all`ospedale di
Periodico di informazione della Associazione Amici di Tanguiéta ONLUS
Anno 13° Numero 1 - Aprile 2010
Spedizione in a.p. art. 2 c. 20/C legge 662/96 - Filiale di Milano
RICONOSCIMENTO DEL GOVERNO DEL BENIN
A FRA FIORENZO E ALL’OSPEDALE DI TANGUIÉTA
Editrice Associazione Amici di Tanguiéta - Onlus
Periodico di informazione
dell’Associazione Amici di Tanguiéta-ONLUS.
Anno 13° Numero 1 - Aprile 2010
Aut. Tribunale Milano n. 618 - 5.10.1998 - Spedizione in a.p. art.2 comma 20/C
Legge 662/96 Filiale di Milano.
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■ EDITORIALE
Cari Amici,
questa volta affido con grande piacere lo spazio dell’editoriale a Fra Fiorenzo affinché ci racconti, con la semplicità che lo contraddistingue,
l’importante ed ennesimo
riconoscimento conferitogli
dal Governo del Benin l’8
marzo 2010.
Carlo Giorgetti, presidente
Fondatore dell’Associazione
“Amici di Tanguiéta-Onlus”,
ne è da anni presidente e infaticabile sostenitore.
Carissimo Carluccio,
rispondo alla richiesta che mi
hai fatto l’altro giorno, anche
a nome dei cari Amici di Tanguieta, di sapere qualcosa di
più sul riconoscimento davvero inatteso che mi è stato
conferito, del quale, ti assicuro, non sapevo nulla praticamente fino al giorno prima.
Quello che posso dirvi è che
è stata una bella cosa ed
anche, anzi, soprattutto, che
mi ha fatto un piacere immenso il fatto che, decorando me, in realtà le autorità
del Benin hanno inteso
decorare l’Ospedale e, con
esso, tutti coloro che ci lavorano, inclusi quelli che da lontano lo aiutano e lo sostengono.
Penso davvero che questa sia la cosa di gran lunga più
importante.
Lo testimonia il fatto che, mentre in genere queste cerimonie avvengono o direttamente presso la Presidenza,
oppure presso il Ministero della Sanità, in questo caso
sono state le autorità a venire proprio all’Ospedale di
Tanguieta.
Colgo anche l’occasione per dirti che spero di rivedervi
presto, magari dopo la conclusione del nostro Capitolo
della Vice Provincia Africana che avrà luogo a fine maggio-primi giungo … forse a quel momento avrò un po’ di
tempo per poter finalmente fare una scappata in Italia.
Un abbraccio a te e a tutti.
Fra Fiorenzo oh
Tanguiéta, 15 Marzo 2010
■ IL BENIN PREMIA FRA FIORENZO
E L’OSPEDALE DI TANGUIETA
L’8 marzo non è solo la
festa mondiale della donna, ma anche la ricorrenza di San Giovanni di Dio.
Nell’Ospedale Fatebenefratelli di Tanguiéta quest’anno la ricorrenza aveva un’importanza del tutto
speciale, in quanto coincideva con i 40 anni di
messa in servizio dell’opera. In particolare si sono solennemente celebrati i 40 anni di servizio
in Africa di Fra Fiorenzo.
I festeggiamenti hanno
avuto inizio nel primo pomeriggio, con la Santa
Messa celebrata dal Vescovo della Diocesi di Natitingou Mons. Pascal
N’KOUE, al quale si sono
associati altri Vescovi come lui particolarmente legati all’Ospedale: il Vescovo Emerito di Kara
Mons. Ignace TALKENA
SAMBAR; l’Arcivescovo
Emerito di Cotonou Mons.
Nestor ASSOGBA e il Vescovo di Djougou Mons.
Paul VIEIRA. Alla celebrazione hanno assistito importanti autorità civili del
Governo Beninese: i Sin-
daci di tutta la regione sanitaria di Tanguiéta, Materi
e Kobli e un’infinità di amici e ammalati venuti a manifestare la loro riconoscenza e la loro gioia.
Poi è seguito il momento
più toccante e significativo: il conferimento a Fra
Fiorenzo Priuli dell’Onorificenza di “COMMANDEUR” dell’Ordine Nazionale del Benin; una carica
prestigiosa, espressamente voluta dal Governo Beninese per dimostrare il loro “grazie” all’Ospedale S.
Jean de Dieu per tutto il
bene compiuto in 40 anni
di servizio alla popolazione. I discorsi fatti dal Sindaco, dal Ministro della
Sanità e dal Ministro del
Turismo esprimevano tutti
chiaramente il senso di
gratitudine verso Fra Fiorenzo e verso tutti i componenti dell’Ospedale per
quanto fatto e per quanto
continuano instancabilmente a fare. Parole che
hanno ricordato la presenza costante e inarrestabile
dell’Ospedale in tutti i periodi politici del paese; parole che hanno sottolineato lo stile di lavoro
dell’Ospedale che funge
da modello per tutta
l’Africa sub-sahariana; parole che hanno riconosciuto l’impegno, la gratuità e
la fedeltà profusi negli anni da Frati e Suore per
perpetuare quest’opera.
C’è stato chi ha anche
avanzato l’ipotesi che il
nostro buon fondatore,
San Giovanni di Dio, dall’alto dei cieli osservi e sia
orgoglioso di quanto i suoi
“piccoli fratelli” hanno fatto
e fanno sulla terra seguendo i suoi insegnamenti e quelli di Cristo.
Grande è stata la soddisfazione del personale
medico e paramedico dell’ospedale, presente al
completo, fieri nel veder
riconosciuto a un livello
così alto il loro impegno e
il loro lavoro quotidiano.
La medaglia della quale è
stato insignito Fra Fiorenzo premia tutti: dal direttore Fra Bonifacio ai confratelli della comunità; dalle
suore Theatine che collaborano intensamente a
fianco di frati e chirurghi
agli infermieri; dalle cuoche alle aiutanti; dagli addetti alla pulizia agli autisti….insomma, tutti coloro
che con il loro piccolo o
grande contributo contribuiscono a mandare
avanti questa grande opera interamente votata a
beneficio di tanti poveri e
di tanti ammalati.
(dal sito www.tanguieta.org)
■ IL MUTO GRIDO D’AIUTO DEI BAMBINI D’AFRICA
Un nuovo allarme sull’avvenire dei bambini africani
è stato lanciato dall’Organizzazione per l’Unità Africana nel forum promosso
dall’Unicef e dal Consiglio
Egiziano per la Maternità.
Allarme prontamente raccolto anche dall’Assemblea Generale dell’ONU
dedicata all’infanzia, la
quale ha asserito che “i
bambini africani sono i più
sfortunati al mondo”.
Superano infatti i 12 milioni
gli orfani di genitori morti di
Aids, 150.000 sono i “bambini soldato” arruolati in
guerre tribali in Uganda,
Congo e Sudan e più di
200.000 i minori di 10 anni
costretti a lavorare in condizioni forzate.
Altre centinaia di migliaia
muoiono per malattie e
infezioni che nei Paesi ricchi sono debellate da oltre
mezzo secolo mentre
sono più di 50 milioni i
bambini che non sono in
condizioni di poter ricevere
alcun tipo di istruzione scolastica. In questo quadro
allarmante e spaventoso,
conforta sapere di avere
per tanti anni contribuito,
grazie anche al vostro aiuto, a portare in quei luoghi
servizi, medicinali ed
apparecchiature sanitarie,
a costruire reparti e sale
operatorie ed anche ad
elargire borse di studio per
formare medici e paramedici indigeni, mettendoli in
grado di curare la loro gente per sottrarla a un sicuro
futuro di fame, di miseria e
di malattie.
Ma non possiamo fermarci, soprattutto nei confronti
dei bambini, che sono la
fascia più debole: anche
un piccolo contributo può
servire a diminuire tante
sofferenze e, spesso, a
sottrarli ad una morte sicura.
C’è infine da aggiungere
che aiutando questa povera gente aiutiamo noi stessi, perché se le condizioni
di vita in Africa migliorano,
ciò contribuisce ad arrestare quel processo migratorio che tanto ci spaventa
e che per tanti di loro si trasforma in tragedia.
Forse il nostro aiuto è solo
una goccia nel mare: ma il
mare non è forse fatto di
tante gocce?
DARE LA VITA, RISCHIARE LA MORTE: LA MORTALITÀ MATERNA IN AFRICA
Ogni anno nell’Africa sub-sahariana - Benin, Burkina Faso,
Così si è perso del tempo prezioso. Quando sono tornato a
Niger, Togo, Nigeria – sono oltre 4000 le donne che perdoprendere Safiatou il bambino era già nato, ma lei ormai
no la vita a causa di complicazioni legate alla gravidanza e
delirava. L’ho caricata sulla motocicletta, in mezzo, tra me e
al parto. Alcune muoiono perché non riescono a raggiunl’autista. Quando siamo partiti da casa ormai erano le due
gere in tempo le strutture sanitarie in grado di curarle; altre
di notte.
perché vi giungono troppo tardi; altre perché non hanno
Per arrivare all’Ospedale bisogna attraversare tre burroni:
mezzi per pagare la pur modesta retta ospedaliera; altre
ogni volta dovevamo scendere dalla motocicletta, ridiscenancora perché mancano sangue, farmaci, attrezzature o
dere e risalire la scarpata, cosa non semplice con Safiatou
personale medico qualificato.
che ormai era quasi priva di conoscenza.
Questa la terribile testimonianza del vedovo della giovane
Nell’ultimo tratto ho sentito che praticamente non si muoSafiatou.
veva più, non reagiva. Ho capito che era morta. Proseguire
“Safiatou ha trascorso i nove mesi della gravidanza senza
era inutile. Non so come abbiamo ripreso la strada per ritoralcun problema. Il giorno del parto era in buona salute, era
nare al villaggio con il suo corpo stretto in mezzo a noi
allegra, aveva lavorato nei campi senza problemi...
ormai senza vita”.
Verso sera, quando sono iniziate le doglie, si è recata a
casa della madre per essere
Ricordiamo agli Amici le nostre coordinate
aiutata a partorire.
Qualche ora più tardi mia
per eventuali elargizioni e donazioni
suocera è corsa allarmata a
chiamarmi, dicendomi che
delle quali ringraziamo fin d’ora.
Safiatou stava molto male ed
era urgente trasportarla all’Ospedale, il più vicino dei
C/C Postale N° 191 062 02
quali dista dal nostro villaggio
parecchi chilometri.
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Il fatto è che purtroppo io non
posseggo una motocicletta e
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dovuto cercare qualcuno che
mi accompagnasse.
■ TESTIMONIANZE
“Il bello è lo splendore del vero”, disse Platone. E John
Keats, nell’Ode su un’Urna Greca, ha scritto “La bellezza è
verità, la verità bellezza; questo è tutto ciò che sapete sulla terra, e tutto ciò che vi occorre sapere”.
Quanta verità c’è nei ritratti di “ARMATAN”, il libro (con prefazione del segretario generale dell’ONU Boutrus-Ghali)
scritto dal Dott. Daniele Montruccoli, un medico che da
alcuni anni conduce importanti ricerche in ambito medicodiagnostico sulla “materia delle origini” in Benin. Ritratti
dell’anima, frutto dei suoi viaggi come medico di “frontiera”,
come ci racconta nella sua toccante testimonianza.
produttiva” organizzato dal
prof. Aldo Campana, presidente “Geneva Foundation
for Medical Education and
Research” centro collaboratore dell’O.M.S. La Fondazione collabora da anni
con l’Ospedale di Tanguieta, grazie all’attività svolta
dal prof. Rochat nell’ambito della prevenzione e tera-
dovrebbero fare: uscire
dalla routine, confrontarsi
con altre realtà per crescere dal lato umano e professionale. Da ultimo mia madre, che, pur visibilmente
preoccupata, e in un difficile momento familiare, non
ha mai tentato di farmi
cambiare idea, anzi mi ha
dato coraggio ed entusia-
Perché chiamare Armatan
questo libro sull’Africa?
L’idea mi è venuta un giorno, quando, dopo aver
pensato a lungo al titolo,
uscendo dall’automobile
un vento freddo mi ha coperto di polvere rossa: era
proprio l’Armatan, il tipico
vento che in Benin solleva
nuvole di terra rossa e che
mi ha accompagnato, svegliandomi ogni mattina, nel
mio soggiorno africano.
In qualche modo il vento è
il collegamento tra noi e
l’Africa, è la Vita che si
muove, l’Energia che si
propaga, è l’Anima dell’Africa che bussa alla porta,
è l’essenza vitale che si
pia delle fistola ostetrica.
Rimasi affascinato e ammirato dall’entusiasmo con
il quale Fra Fiorenzo parlava della vita del “suo”
Ospedale.
Nove mesi più tardi ero in
Benin, avventura vissuta
con il collega ginecologo
dott. Giampietro Gubbini
che, alla mia richiesta di
condividerla, si era reso
immediatamente disponibile. Un’ulteriore spinta mi
è stata offerta dal mio
Club, il Rotary Bologna
Galvani, grazie al quale ho
potuto realizzare con una
perfetta organizzazione
ciò che a mio avviso tutti i
medici e operatori sanitari
smo. L’amore vero va oltre
ogni desiderio personale.
Finiti i saluti, eccoci in partenza per Ouagadougou.
A Parigi, nella sala d’attesa
dell’aeroporto, c’erano numerose suore missionarie
che, come noi, si recavano
in Africa.
La più giovane e inesperta
chiedeva insistentemente
alla Superiora come doveva comportarsi, cosa doveva dire e fare rispetto ai
futuri incontri.
Dopo averla ascoltata a
lungo la madre rispose:
“Dio ti ha dato due occhi,
due orecchie, due mani,
due gambe e una sola
bocca: usa queste risorse
smaterializza in un luogo
per ricomparire in un altro:
è Vita, è Amore, è …
l’Armatan. Molti, incuriositi,
mi chiedono perché un
medico senta il bisogno di
lasciare tutto e trasferirsi
per un periodo in Africa. In
tutta onestà è quello che
mi sono chiesto anch’io
quando ho conosciuto Fiorenzo Priuli, Frate dell’Ordine Ospedaliero Fatebenefratelli e chirurgo che nel
1969 lascia l’Italia per
l’Africa.
Ci incontrammo nel 2006
nella sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra, in occasione
del corso sulla “Salute ri-
di Dio con giudizio”. Probabilmente la saggezza della
Superiora era rivolta anche a noi.
Dopo aver dormito nella
capitale del Burkina Faso,
la mattina di buonora, guidati da Ibrahim, autista
mussulmano della Missione Cattolica, ci incamminiamo per l’unica strada
che porta a Tanguieta, nel
Nord del Benin.
Erano le 8 e già viaggiavamo da un paio d’ore quando Ibrahim, dopo aver rallentato, improvvisamente
eseguì una pericolosa inversione di marcia: un
agguato!
La jeep che ci precedeva
era stata bloccata e, alla
richiesta di denaro, era
seguita una sparatoria che
aveva provocato morti e
feriti.
Un bel messaggio di benvenuto per uno che per la
prima volta metteva piede
in Africa!
Tutto cambiò una volta
giunti a Tanguieta ed entrati nell’Ospedale S. Jean de
Dieu. Fummo accolti con
una gentilezza e una ospitalità eccezionali: un’atmosfera magica durata tutto il
tempo che abbiamo lavorato in questa meravigliosa
struttura, e il solo ricordo
mi fa rivivere le sensazioni
e le emozioni provate.
La sera, come consuetudine della casa, siamo stati
accolti nel refettorio dei frati per il benvenuto.
E’ stata l’occasione per
conoscere, oltre ai colleghi
di Fra Fiorenzo, anche
padre Pierre Bio Sanou
della tribù Baribà, che da
anni combatte “l’infanticidio rituale”, usanza anti-
ca della sua tribù.
L’infanticidio rituale è una
pratica antica, frutto della
convinzione che un figlio
nato da un parto complesso - ossia quando il bambino non esce di testa ma
con altre parti del corpo anche se non ne ha riportato danno fisico, debba o
essere lasciato morire durante il parto oppure, dopo
sei mesi, debba essere
portato dal “riparatore”,
che dietro lauto compenso
e con metodi barbari, lo
uccide.
I Baribà sono migliaia, distribuiti tra Benin, Togo, Burkina Faso, Niger e Nigeria.
Padre Pierre Bio Sanou ha
costruito una struttura per
la maternità nel mezzo della savana e tutti i figli di
questa etnia ufficialmente
sono nati con parti spontanei, senza alcuna complicanza; così facendo l’anno
scorso sono stati salvati
più di 280 neonati.
È a questo proposito che
Marcello Veneziani ha
scritto il suo contributo dal
titolo “Lettera a un Bambino quasi nato”.
In Benin vivono circa 40
gruppi etnici diversi, il maggiore è quello Fon, al quale
appartiene il 49% della
popolazione totale del paese.
Altri sono gli Adja, Yoruba,
Somba e Baribà.
Si pensa che il Vodun o
Voodoo (v. articolo successivo) abbia avuto origine
proprio in Benin per essere
poi introdotto dagli schiavi
prelevati da questa zona
anche in Brasile, nelle Isole Caraibiche e in parte del
Nord America.
La religione indigena del
Benin è praticata da circa il
70% della popolazione.
Dal 1992 il Voodoo è stata
riconosciuta come religione ufficiale del Benin, e la
Festa Nazionale che si celebra il 10 gennaio.
Dopo i primi giorni di assestamento, sempre gratificati da cure e attenzioni,
abbiamo potuto apprezzare l’organizzazione e la
preparazione del personale medico e paramedico, la
cordialità e l’amicizia con
cui si veniva trattati e il profondo rapporto umano che
si creava con i pazienti.
Questo “centro di eccellenza” sperduto nell’Africa
nera mi ha insegnato tantissimo, sia come professionista che come uomo.
Dopo qualche settimana ci
sentivamo parte integrante
del villaggio, entravamo
nelle case degli abitanti,
mangiavamo con loro ed io
ne ho approfittato per documentare la loro quotidianità nelle foto raccolte in
questo libro che ho diviso
in 4 capitoli: “Armatan e
Tanguieta”, la cittadina che
ci ha ospitato; “Armatan
rosso, bianco e nero”, con
foto in b/n; “Armatan e S.
Jean de Dieu”, l’ospedale
fondato da Fra Fiorenzo
nel 1969 e le “Donne dell’Armatan”.
Ogni capitolo è intervallato
da brevi ma significativi
contributi di uomini di cultura che commentano alcuni
aspetti di questa realtà.
Concludo con un proverbio
ebraico che afferma “Un
uomo è tale se scrive un
libro, pianta un albero e
genera un figlio”.
Io ho deciso di iniziare dal
libro, e i fondi ricavati dalla
sua vendita saranno interamente devoluti all’Ospedale di Tanguiéta.
Perciò, se lo leggerete,
avrò raggiunto il mio scopo. Grazie!
Daniele Montruccoli
[email protected]
■ COS’È IL VODOUN
Si pensa che il Vodoun (o
Voodoo”, com’è comunemente conosciuto) abbia
avuto origine nel sud del
Benin e da lì in tempi successivi sia stato introdotto
in Brasile, nelle Isole Caraibiche e in alcune parti del
Nord America dagli schiavi
che venivano prelevati in
Benin e imbarcati dalla
Costa degli Schiavi.
Il termine deriva dalla lingua fon, parlata nel sud del
Benin, e sta a significare
“genio”, “spirito protettore”.
Dal Golfo di Guinea, questo antichissimo rito ha
attraversato l’oceano fino
ad approdare sulle coste
haitiane dove si è sviluppato con uno splendore ancora maggiore di quello
che godeva in Benin. Pur
assorbendo influenze locali che lo hanno trasformato,
il voudun ha mantenuto le
sue caratteristiche originali, che ancora oggi affonda
le radici nel fertile terreno
E, A PROPOSITO DI VOdoun
E DELL’AFRICA NERA…
Dal racconto di una milanese che ha viaggiato in remote
regioni del Benin e del Burkina Faso, dove filtri e rituali si
preparano con teste di scimmia e animali essiccati che i
“sacerdoti celebranti” reperiscono in mercati nascosti.
L’energico suono del campanello infrange il silenzio della
mia casa di Milano. Mi precipito ad aprire, trafelata. Sulla
soglia c’è l’imponente El Hadj con uno dei suoi smaglianti
sorrisi. Vecchio amico esperto d’arte africana, nel suo frequente andirivieni dalla sua terra d’origine importa oggetti
di artigianato. Anni fa un altro comune amico gli aveva parlato di un interessante manufatto visto molti anni prima
durante un suo viaggio in Benin. Si trattava di un feticcio
Vodoun che in quel momento non poteva assolutamente
essere venduto perché pare fosse ancora “attivamente
impiegato” nelle sue magiche funzioni. Il sacerdote Vodoun
gli aveva però promesso che, se fosse tornato di lì a un paio
di anni - una volta che, terminato il periodo di attività, il
magico oggetto avesse esaurito i suoi soprannaturali poteri - il feticcio sarebbe stato suo. A suggello della solenne
promessa soltanto una vecchia Polaroid, memoria di una
torrida giornata di tanti tempo prima. Di anni in realtà ne
sono trascorsi non due, ma più di 20 e, più per scaramanzia che per effettivo desiderio di entrare in possesso dell’oggetto, mostro la Polaroid ad El Hadj che vedo sorridere,
enigmatico, mentre legge sul retro della foto il nome del villaggio dove fu scattata.
della tradizione culturale
africana.
“Rito di possessione” per
eccellenza, il vodoun è stato spesso accusato di essere un temibile fenomeno
di estasi collettiva, ma studi recenti gli hanno invece
conferito la dignità di religione, riconoscendo in esso elementi che ne confermano il valore teologico.
PER IL TUO 5 PER MILLE
SCEGLI L’AFRICA!
Un modo semplice per aiutarci - che non vi costerà
nulla - è devolvere il 5 per mille della vostra prossima
dichiarazione dei redditi alla nostra Associazione.
Non aggraverà le vostre imposte: lo Stato rinuncia al
5 per mille per destinarlo alle associazioni Onlus e va
ad aggiungersi (senza sostituirlo) all’8 per mille a
sostegno delle varie confessioni religiose. Se, come
speriamo, lo farete, basterà apporre la vostra firma
nel 1° riquadro in alto a sinistra (dedicato ad Onlus e
associazioni non profit) indicando il Codice Fiscale
della nostra Associazione, ovvero il numero:
970483600156.
La scelta si può fare sia sul modello Unico Persone
Fisiche che sul modello 730. Chi percepisce un solo
reddito da lavoro dipendente o la sola pensione (cioè
chi non è tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi) e vuole devolvere il 5 per mille alla nostra Associazione può utilizzare il modello CUD sul quale dovrà
semplicemente apporre la propria firma e l’indicazione del suddetto numero di Codice, presentando il
modello, nell’apposita busta, presso un qualsiasi ufficio postale.
Grazie di cuore!
■ VISITA IL SITO WWW.AMICIDITANGUIETA.ORG
Dal settembre 2007, data in cui l’abbiamo messo on-line,
il nostro sito ha registrato quasi 50.000 visite (esattamente 49.451). A noi sembra un buon traguardo. Esortia-
mo chi non l’avesse ancora visitato a farlo, aiutandoci a
promuoverlo ed a segnalarlo ad amici e conoscenti.
Grazie!