Messe de Minuit H.9 Te Deum H.146

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Messe de Minuit H.9 Te Deum H.146
C ONCERTO DI N ATALE
Marc-Antoine
CHARPENTIER
(1643 - 1704)
Messe de Minuit
Te Deum H.146
H.9
Cappella Musicale della Cattedrale
Orchestra Silete Venti!
Direttore
Don Pietro Panzetti
Lunedì 19 Dicembre 2005
CATTEDRALE DI LODI
La bellezza contemplata nella musica:
Marc-Antoine Charpentier fra gioiosa esultanza ed intima serenità
Di fronte alla bellezza noi viviamo lo stupore
come il sollevarsi di un velo, come una rivelazione,
un’epifania che ci coglie nella nostra miopia.
Se c’è questo stupore, che non è sguardo di possesso,
allora dallo stupore si passa alla contemplazione,
alla visione delle cose secondo lo sguardo di Dio.
(E. Bianchi)
Il concerto di Natale che ogni anno si tiene nella nostra Cattedrale, è un
evento molto atteso. Lo attesta l’adesione sempre più crescente che è segno
di apprezzamento nei confronti della Cappella Musicale la quale, oltre a
garantire il servizio liturgico nella chiesa madre, offre un insostituibile
contributo culturale a quanti, all’interno del nostro territorio, sono ancora
animati dal vivo e sincero desiderio di ascoltare il “bello”.
La ratio di tutti i concerti natalizi è quella di proporre pagine musicali
ineffabili, da “suono sospeso”, di quei grandi compositori il cui fine è sempre
stato il costante e trasparente servizio all’arte musicale senza cedimenti alle
mode di qualsivoglia conformismo. Si tratta sempre di compositori che,
sorretti da grande fede, hanno scritto per la liturgia pagine memorabili nella
consapevolezza di celebrare Dio e incantare l’uomo.
Prima di presentare il programma del concerto, vorremmo proporre al lettore
due brevi considerazioni. Con esse sarà possibile cogliere la giusta
dimensione e il senso profondo che gli animatori vogliono consegnare alla
manifestazione.
Da sempre la musica ha commentato gli eventi lieti o tristi della vita
dell’uomo: la lode di Dio e l’edificazione dell’uomo sono state al centro di
quella che è considerata, a buon diritto, la musica sacra. In questi giorni di
dicembre la Diocesi sta vivendo momenti di grande emozione: una settimana
fa si congedava dal Pastore che l’ha guidata per sedici anni e da poche ore ne
ha accolto uno nuovo; fra qualche giorno si appresta a celebrare il mistero
del Natale, una delle feste più care alla tradizione cristiana. Le musiche di
Charpentier in programma sembrano, per felice coincidenza, fare da
3
commento a questi eventi: il Te Deum come gioioso inno di ringraziamento
per i doni che Dio offre ai credenti e la Messe de Minuit come incipit evocativo
di quel clima sonoro che contraddistingue la festa del Natale. Due affreschi
sonori di grande impatto emotivo in cui gioiosa esultanza e intima serenità si
fondono in perfetto equilibrio.
C’è una seconda riflessione che consideriamo ancor più importante e che
rappresenta l’animus con cui opera la Cappella Musicale della Cattedrale.
Questa sera siamo venuti in Duomo per contemplare la bellezza irradiata da
Dio attraverso l’arte musicale. Lo stesso edificio che ospita l’evento concorre
con le sue linee sobrie e con la sua acustica ad immergerci in questa
dimensione superiore. La bellezza è un linguaggio che non ha bisogno di
interpreti per farsi comprendere: essa è sempre traduzione in atto,
comunicazione che raggiunge tutte le parti del nostro corpo: i sensi,
l’intelligenza, il cuore, lo spirito che da essa sono beneficati. Chi è
conquistato dalla bellezza non può non provare meraviglia e stupore: è uno
stato di sospensione che giunge improvviso e in modo sorprendente, sempre
inatteso e sempre nuovo nello stesso tempo. E’ lo stupore che si prova di
fronte a ciò che si vede, a ciò che si ascolta e si conosce, eppure resta sempre
incompreso, insondabile, misterioso. I nostri sensi, di fronte alla bellezza,
provano stupore nel senso che quasi vengono meno, li sentiamo come
inadeguati e incapaci di reggere la sua presenza! E nello stupore non
sappiamo cosa dire, perché siamo presi da ciò che contempliamo nella sua
bellezza. Si tratta di un vero e proprio rapimento! Lo stupore, come scrive S.
Petrosino1, annette a noi stessi il non pensato: si è rapiti da ciò che si vede o
si ascolta, che non si comprende pienamente, ma che ci raggiunge nello
splendore e nella gratuità del suo apparire. Se c’è questo stupore, che non è
sguardo di possesso sulla bellezza, ma grata meraviglia di fronte alla bellezza
quale nome e manifestazione di Dio, allora dallo stupore si passa alla
contemplazione, alla visione delle cose come le vede Dio stesso. La bellezza
di Dio e la sua magnificenza sono riflesse sulle creature e sulle loro creazioni:
bellezza e bontà stanno insieme in una funzione di ornamento e di servizio,
in una funzione estetica e diaconale. La nota creatrice di moda Nina Ricci
soleva affermare che «la beauté est servante!», «l’autentica bellezza è serva»,
non seduttrice, ma ancella. In questa prospettiva anche la musica, come le
altre arti, non è un lusso elitario per pochi privilegiati o un addobbo
facoltativo in balìa della buona volontà di qualche melomane: è parte
integrante dell’esperienza della persona che viene recuperata alla sua dignità e
1
S. Petrosino, Lo stupore, Novara, 1997, p. 5.
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alla sua dimensione soprannaturale2. Nella musica sacra non si può non
percepire lo sforzo umano di accogliere ed esprimere, nelle forme suggerite
dalle varie epoche, la bellezza dell’esperienza della fede, incarnata nella storia
e nella “città dell’uomo”. Ogni tappa della traditio fidei riceve quindi in
consegna un duplice compito: riesprimere la fede nell’oggi della vita e
custodire il patrimonio faticosamente e generosamente consegnato dai
“padri” attraverso la loro testimonianza di fede e di arte.
E’ con questo animus che ogni anno viene proposto il concerto di Natale dalla
Cappella Musicale della Cattedrale con la consapevolezza di farsi, insieme alle
altre realtà diocesane, veicolo di educazione alla fede e alla percezione del
bello.
1. Marc-Antoine Charpentier, un musicien oublié
Musicus eram, inter bonos a bonis,
et inter ignaros ab ignaris nuncupatus.
Et cum multo major numerus esset eorum
qui me spernebant quam qui me laudabant,
musica mihi parvus honos sed magnum onus fuit [...].
Epitaphium Carpentarii3
Un outsider di lusso. Questo fu Marc-Antoine Charpentier (1634/6-1704)
nella Parigi di Luigi XIV, di Lully e Molière. Per destino più che per scelta.
L’invidia e la malattia gli boicottarono la meritata carriera a corte, ma lui
trovò lo stesso il modo di farsi valere. Lavorando con la Comédie Française di
Molière, facendosi nominare maestro di musica di Philippe d’Orléans (futuro
reggente di Francia), collaborando con la Compagnia del Gesù presso il
Collège d’Harcourt e Louis-le-Grand. I Gesuiti apprezzarono molto il suo gusto
raffinato per il colore strumentale, la sua abilità nel gioco dei contrasti, la
freschezza seducente delle sue melodie. Ci sono voluti tre secoli e un
rinnovato interesse per la musica barocca perché il musicista più
“dimenticato” della storia della musica fosse riconosciuto come uno dei più
grandi compositori del secolo XVII. Dalle ricerche emerge la figura di un
Cfr. G. Baroffio, Re-tractationes. Liturgia in-canto, a cura della Cappella Musicale della
Cattedrale, Lodi 2005, n. LXXIV.
3 Per il testo dell’Epitaphium Carpentarii, il cui autore è certamente Charpentier stesso, si veda
l’opera citata di C. Cessac, p. 457 ss. Per l’autenticità rinvio a F. Waquet, L’Epitaphium
Carpentarii. Étude littéraire, Buletin de la Société marc-Antoine Charpentier, 8, 1993 , pp. 2-9.
2
5
uomo discreto. Ma la sua attività fu abbastanza intensa, perché si possano
rintracciare i diversi luoghi e le diverse circostanze che permisero il fiorire di
una produzione musicale assai feconda e varia. Se l’uomo ha lasciato poche
tracce, il talento risiede nella sua musica, gigantesco corpus di più di 550
composizioni conservate manoscritte e la cui diffusione per la stampa, il
concerto e l’incisione si è notevolmente sviluppata in questi ultimi
quarant’anni. Moderatamente amato e compreso in vita, Charpentier ha
protratto la sua fama fino ai nostri giorni con un interesse sempre crescente
di operazioni revivalistiche dalle quali emerge la figura di un musicista
estremamente colto ed erudito, dotato di fantasia e di una forza rinnovatrice
tale da rimuovere - al suo tempo - lo stagnante asservimento del gusto
musicale di tanti musicisti a lui contemporanei4.
Secondo la tradizione, sembra che Marc-Antoine Charpentier (1634/6-1704)
abbia esitato a scegliere tra la pittura e la musica e che si sia deciso a favore di
quest’ultima soltanto durante un soggiorno a Roma verso i 15 anni, quando
divenne discepolo della scuola del grande Carissimi. Tale contatto con l’arte
barocca italiana lo segnò di tratti inconfondibili. Lo si è appreso
particolarmente da una copia che egli trasse da una Messa di Francesco
Beretta, in calce alla quale si trovano le sue suggestive «Remarques sur les
Messes à 16 parties d’Italie». Dal 1673, Charpentier è il collaboratore titolare
di Molière, al servizio della Principessa di Guise, abitando nel suo Hôtel du
Marais. Dal 1679 al 1686 fu incaricato per la musica della Messa del Delfino.
Questo gli valse il favore reale come si può leggere nel Mercure galant (aprile
1681): «Durante i1 suo soggiorno a Saint Cloud nel 1681, il re non ebbe forse
a ricusare qualsiasi musica sua per ascoltare soltanto quella del Delfino, sino
al suo ritorno a Saint-Germain? Tutti i giorni ebbe a cantare alla Messa dei
Mottetti di Charpentier perché Sua Maestà non ha mai voluto ascoltare
alcuna altra musica che gli venisse proposta».
Quando due anni dopo, le condizioni di salute impedirono a Charpentier di
partecipare al concorso per la sostituzione di Henry de Thiers (du Mont) alla
Chapelle Royale, Luigi XIV gli concesse una pensione a titolo di indennizzo.
Dal 1684 Marc-Antoine Charpentier ebbe a collaborare regolarmente ai
La Charpentier-Renaissance inzia negli anni Quaranta con un volumetto di C. Crussard, Un
musicien français oublié: Marc-Antoine Charpentier 1634-1704, Paris 1945 che segna un rinnovato
interesse per questo grande musicista francese “dimenticato”. Fra i contributi biografici di
questi ultimi anni segnaliamo H. W. Hitchcock, Marc-Antoine Charpentier, Oxford-New York
1990 e il recentissimo C. Cessac, Marc-Antoine Charpentier, Paris 2004, una lettura
filologicamente approfondita della figura e dell’opera di Charpentier condotta su documenti
d’epoca.
4
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servizi liturgici dei Gesuiti di Rue Saint-Antoine col titolo di «Maître de
Musique». E proprio per i Gesuiti egli scrisse numerose «histoires sacrées»,
ma anche dei drammi latini che furono presentati al Collège Louis-le-Grand
(l’antico Collège de Clermont).
Dalla morte di Lully Charpentier divenne una delle principali se non la
principale personalità musicale della Francia e le sue composizioni potevano
essere ascoltate ovunque, alla Sainte-Chapelle du Palais, alla Abbaye-aux-Bois, alla
Chapelle du Louvre, nella Chiesa dei Pères de l’Oratoire. Nel 1698 fu nominato
altresì maestro di musica alla Sainte-Chapelle du Palais e si può esser certi che
tutta la produzione che vi fu eseguita fino alla sua morte, avvenuta il 24
febbraio 1704, fu composta soltanto da Charpentier. Suo nipote Édouard,
che aveva una libreria a Parigi, ricevette in eredità circa 28 volumi autografi (i
cosiddetti Meslanges) contenenti la maggior parte della sua produzione ed
ebbe la felice idea di venderli per 300 «livres» alla Biblioteca Reale ove
restarono per circa due secoli. Questi Meslanges, oggi alla Biblioteca Nazionale
di Parigi, contengono quasi tutta la produzione di Charpentier.
Che Marc-Antoine Charpentier sia diventato Maître de Musique à la SainteChapelle pur essendo un laico, che lo si sia addirittura preferito al Canonico
Sébastien de Brossard, maestro di cappella della Cattedrale di Meaux, tutto
ciò attesta la stima fuori del comune nella quale era allora considerato il
musicista di chiesa, per quanto le sue opere profane, del resto piuttosto
numerose e interessanti, non gli avessero mai valso una fama di pari valore.
Quando dodici dei suoi Motets melez de Symphonie furono pubblicati otto mesi
dopo la sua morte, il Journal de Trévoux (novembre 1704) poteva scrivere:
«Charpentier aveva acquisito un talento così raro da esprimere con le note
della musica il senso delle parole sino alla commozione. Migliaia di persone a
Parigi si ricordano ancora del grande effetto che produceva la sua musica,
ben differente da quella che si fa apprezzare solo per la bellezza dell’armonia,
senza alcun rapporto con le parole, più differente da quella prevalentemente
segnata da elementi bizzarri».
La liturgia del Natale occupa un posto privilegiato nella musica sacra di
Charpentier e si può affermare che nessun altro compositore francese del
sec. XVII offre opere così varie e diversificate come lui per celebrare la
Natività: messe, noëls5 strumentali, storie sacre in latino (cioè oratori),
pastorali in francese.
5 Nella tradizione francese il noël è un inno o una canzone di argomento natalizio. Cantato
popolarmente in casa, in riunioni festose o talvolta in chiesa, non ebbe peraltro, sin
7
La Messe de Minuit ed il In nativitatem Domini canticum da cui è tratta la Suite che
porta il titolo «Nuit», risalgono con buone probabilità al 1690 e furono forse
ascoltati nella chiesa di Saint-Louis dei Gesuiti (oggi chiamata Saint-Paul-SaintLouis) dove Charpentier era in quegli anni Maître de Musique.
2. La Messe de Minuit à 4 voix, flûtes et violons pour Noël H. 96
La Messe de Minuit deriva la sua originalità dal modo in cui l’autore ne ha
concepito la composizione. Il musicista riprende la prassi della messa-parodia
non più in uso alla fine del XVII secolo, costruendo la Messe sopra dei noëls
popolari adattati al testo liturgico, conservandone però la semplicità
originaria. In effetti Charpentier si è basato per le diverse sezioni della messa
su i temi di undici noëls adattati al testo liturgico, realizzando una sintesi
perfetta tra spirito profano e liturgico, tra arte popolare e scrittura dotta. Se
da un lato riproduce in modo abbastanza preciso i temi dei noëls sia dal
punto di vista metrico, ritmico o melodico, dall’altro compone ampie sezioni
autonome, in particolare quando si tratta di parti fondamentali del testo della
messa, come «Et in terra pax hominibus» (Gloria), «Patrem omnipotentem»,
«Et incarnatus est», «Et unam, sanctam …» (Credo), per le quali sa inventare
motivi di grande intensità. Non si avverte, però, mai frattura fra i due diversi
modi della composizione, il che conferisce all’opera una straordinaria unità.
Come scrive C. Cessac, la Messe de Minuit non si discosta mai per un istante
dallo spirito dei temi che la ispirano e le parti libere sono avvolte dalla stessa
chiarezza e semplicità melodica e armonica propria dei noëls7. La messa
conserva dall’inizio alla fine una carica di freschezza e di serenità che sembra
rinnovarsi in ogni sua parte. Possiamo solo immaginare lo stupore degli
ascoltatori del tempo nello scoprire quest’opera piena di candore, pervasa
dalla gioia per la venuta del Signore, nella quale ognuno poteva riconoscere
delle melodie familiari.
dall’inizio, il carattere di un vero e proprio canto popolare, poiché anche i primi Noëls ebbero
la caratteristica di un testo d’occasione applicato ad una melodia già esistente, che fu il primo
filone di tali canti; mentre un secondo filone è costituito da composizioni originali.
6 Con la sigla H. viene comunemente indicato il nome dell’editore del Catalogo dell’opera di
Charpentier H. W. Hitchcock, Les oeuvres de Marc-Antoine Charpentier: catalogue raisonné, Paris
1982.
7 Cfr. C. Cessac, op. cit., p. 378.
8
3. «Nuit» da In nativitatem Domini canticum H. 416
Le Storie sacre di Charpentier rappresentano la parte più originale di tutta la
sua opera. Dei tre anni trascorsi a Roma durante la giovinezza, intorno al
1660, il musicista assimilò la lezione degli Italiani in questo genere musicale,
in particolare quella di Giacomo Carissimi.
Charpentier ha lasciato circa trentacinque composizioni riconducibili alla
tipologia del cosiddetto Oratorio. Si tratta di opere drammatiche a sfondo
religioso senza precedenti in Francia, di cui Charpentier a buon diritto è
considerato l’iniziatore, anche se non avranno fortuna in seguito, grazie ad un
raffinato impasto di semplicità e gravità, le storie sacre ricavate dalla Natività
sono certamente, come dice Hitchcock8, le più commoventi e coinvolgenti
fra le opere di Charpentier.
La prima parte dell’oratorio In nativitatem Domini canticum termina con un
interludio strumentale, intitolato «Nuit». Si tratta di una pagina breve, ma di
eccezionale bellezza. Grazie ad una strumentazione affidata alle corde gravi
“in sordina” degli archi, con note lunghe tenute, strette in un contrappunto
di estrema raffinatezza, che sa distillare intensi chiaroscuri armonici ed
eloquenti silenzi, au seuil de la vie qui va advenir, come ha scritto Barber9. La
dimensione spirituale di questa musica va ben al di là di una pagina
descrittiva. Non si tratta quindi di una evocazione né di una descrizione
sonora dell’atmosfera notturna, quanto piuttosto, con estrema concisione di
mezzi (archi soli e basso continuo), la trascrizione in musica di quel
particolare silenzio che ha preceduto la nascita del Verbo nella notte di
Betlemme. Vi predomina quella nostalgia profonda e serena che scaturisce
dall’anima di un musicista che ambisce un giorno ad «audire sacros
angelorum concentus» (dall’Epitaphium Carpentarii).
4. Te Deum in re maggiore H. 146
Il Te Deum che ha dato fama a Charpentier ai nostri giorni, è stato scritto nel
periodo in cui il compositore era al servizio dei Gesuiti, intorno al 1690 e fu
forse eseguito per la vittoria di Steinkerque, riportata il 3 agosto del 1692 dal
maresciallo del Lussemburgo ed eseguito nella chiesa di Saint-Louis.
Non c’è musicista del Grand Siècle francese che non abbia composto un Te
Deum per celebrare tutti gli eventi fausti della corte (battesimi e matrimoni dei
Cfr. H. W. Hitchcock, Marc-Antoine Charpentier, op. cit., p. 14.
Cfr. Cl. H. Barber, Les oratorios de M.-A. Charpentier, in Recherches sur la Musique française
classique, III, Paris 1963, p. 91 ss.
8
9
9
sovrani, guarigioni del re) o del regno (vittorie). Charpentier ne ha scritti non
meno di sei. Il più conosciuto oggi resta quello il cui Prélude serve da più di
cinquant’anni come sigla dell’Eurovisione. Infatti il Te Deum in re maggiore, il
solo che utilizzi trombe e timpani ad imitazione dei grandi Te Deum
dell’epoca (Lully, Lalande, Campra ecc.), è l’opera che ha segnato nel 1953
l’inizio delle incisioni discografiche di Charpentier e la fine del suo lungo
oblìo, almeno per il grande pubblico.
Il Prélude “en rondeau”, preceduto da un rullìo di timpani, alterna la famosa
fanfara con due strofe senza trombe e timpani. Il tema, solidamente fissato
nella tonalità di re maggiore joyeux et très guerrier, imposto dall’uso delle
trombe, con il salto di quarta iniziale – segnale tonale per eccellenza – ostenta
una nobiltà e una solennità tali che non ci si può meravigliare che l’impatto
sia sempre così forte ancora dopo tre secoli. Charpentier non riserva l’uso
delle trombe e dei timpani al Prélude: questi strumenti ritorneranno nel corso
dell’opera sempre con lo stesso brio, sia per accompagnare i cori, sia come
sinfonie autonome
Dopo il Prélude, il Basso intona il «Te Deum laudamus» con una bella frase
ascendente su tutta l’estensione della gamma del re, procedendo per salti di
terza e di quinta o per gradi congiunti, il che gli conferisce un certo
dinamismo. Modulando subito in si minore, il Coro attacca direttamente il
versetto seguente, sottolineando la parola «Patrem» con uno slancio melodico,
al quale l’orchestra risponde con una lunga frase discendente che procede per
gradi congiunti commentando «veneratur». Il Coro riprende, senza i bassi «Tibi
omnes angeli»; poi è la volta dei solisti, in dialogo con i flauti e gli oboi che
creano con le voci una sorta di sospensione celeste, senza abbandonare la
chiarezza della scrittura verticale che per qualche imitazione su «Sanctus».
La sezione seguente si apre con una potente fanfara che, subito dopo, dialoga
con il Coro prima di unirsi a lui in un tutt’uno trionfante «Te martyrum».
Un’altra fanfara con ritmo impetuoso che simboleggia le trombe del Giudizio
finale, incornicia l’intervento solistico del Basso «Judex crederis». La brusca
modulazione in mi minore ci introduce in un universo sonoro totalmente
differente da quello che lo precede: è la preghiera di supplica dei peccatori
(«Te ergo quaesumus») affidata alla voce del Soprano accompagnata da due
flauti, che conquista per la sua intensa effusione lirica. Subito dopo, un
nuovo contrasto con il Coro «Aeterna fac», concepito in uno stile che
Charpentier ha privilegiato in tutto questo Te Deum: le voci sono disposte in
modo omofonico con poche imitazioni che non si spingono al di là di
qualche battuta, e dialogano con l’orchestra (questa volta senza trombe e
timpani). Abbracciando più versetti dell’inno, questo grande Coro termina
con una magnifica “coda” su «et in saeculum saeculi». Prima dell’ultimo vesetto,
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ci rapisce ancora una pagina di grande intensità ed intimità, affidata alle voci
solistiche del Basso e del Soprano I e II in dialogo con le tre voci degli archi
(violino I e II e violoncello) sulle parole «Dignare, Domine / Miserere nostri,
Domine / Fiat misericordia tua, Domine», la cui melodia lascia trasparire nel
musicista credente, pur nel tono di supplica, la fiducia nel perdono divino (si
noti l’insistenza anaforica sulle parole «quemadmodum speravimus in te»).
L’attacco dell’ultima parte «In te, Domine, speravi» richiama il preludio iniziale
con un tema incisivo che serve come soggetto della grande fuga che conclude
il Te Deum10
Nel corso dell’intera composizione Charpentier sa fondere con grande
naturalezza l’esultanza festosa e la più intensa interiorità: questo è
costantemente rispettato dal rapporto estremamente attento che il
compositore ha con il testo liturgico, grazie alla sua «art de joindre aux paroles les
tons les plus convenables» (Journal de Trévoux, novembre 1704). E’ quanto ci
colpisce particolarmente in questo Te Deum: la trasparenza e la raffinatezza
della scrittura, sempre attenta a cogliere tutti i significati del testo. Guy
Lambert parla a questo proposito di un «canto perfetto nella sua esultanza,
conciso nella sua discorsività, intimo e profondo nella sua devozione, effuso
al servizio del Verbo (...). Maestro nell’arte del sagace impiego delle pause, nel
corso delle quali la vita dello spirito persegue il suo proprio ritmo,
Charpentier adotta i concetti luminosi che letteralmente schiudono le vie del
cielo. Egli suscita una gioia intellettuale e sensibile con i robusti meandri della
sua scrittura vocale nei grandi squarci corali, adornati dai preziosi e rigorosi
arabeschi sonori delle trombe. All’ascolto si ha la conferma delle tradizioni
artistiche autoctone nella trasparenza e nella nobiltà dell’espressione. Non vi
è nulla di più francese della musica di questo discepolo di Carissimi»11. E’
questa la ragione per la quale il Te Deum di Charpentier si rivela come uno dei
più affascinanti fra tutti quelli che il regno di Luigi XIV abbia prodotto.
Ettore Garioni
Cfr. F. Kaufmann, Marc-Antoine Charpentier und sein Te Deum, «Musica Sacra», 85, 1965, pp.
39-44.
11 Si veda Guy-Lambert, Dictionnaire de la musique, Paris 1979, s. v, Charpentier, Marc-Antoine.
10
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Programma
Cappella Musicale della Cattedrale
Cappella Musicale della Cattedrale
Soli
Katerina Blasone Furstova, soprano
Soli
Florin,
alto soprano
Katerina Cezar
Blasone
Furstova,
Jon Grave,
Cezar Florin,
alto tenore
Jon Grave,
tenore
Nigel
Oram, basso
Nigel Oram, basso
Orchestra Silete Venti!
Orchestra
VioliniSilete
primi Venti!
Dorothee Muehleisen Konzertmeister, Yayoi Masuda, Chiara Zanisi
Violini primi
secondi Konzertmeister, Yayoi Masuda, Chiara Zanisi
DorotheeViolini
Muehleisen
Violini secondi
Elisa Bestetti, Servio Bona, Lorenzo Gugule
Viole Servio Bona, Lorenzo Gugule
Elisa Bestetti,
Ottavia Rausa, Krishna Nagaraja
Viole
Cello Krishna Nagaraja
Ottavia Rausa,
Cello
Matteo Fusi
Violone
Matteo Fusi
Violone Nicola Barbieri
Tiorba
Nicola Barbieri
Tiorba Daniele Caminiti
Organo
Daniele Caminiti
Organo Elvira Soresini
Flauti a becco e traversière
Elvira Soresini
Flauti a becco
e traversière
Mario
Lacchini, Stefania Marusi
Oboi Stefania Marusi
Mario Lacchini,
Simone Toni, GianMarco Solarolo, Luca Avanzi ( oboe da Caccia )
Oboi
FagottoGianMarco Solarolo, Luca Avanzi ( oboe da Caccia )
Simone Toni,
Fagotto Oscar Meana
Trombe
Oscar Meana
Trombe Daniele Moretto, Paolo Bacchin
Timpani Paolo Bacchin
Daniele Moretto,
Timpani Maurizio Ben Omar
Maurizio Ben Omar
Cornamuse
CornamuseMaria Chiara Demagistri, Flavio Nicò
Maria Chiara Demagistri, Flavio Nicò
Direttore
Direttore Don Pietro Panzetti
Don Pietro Panzetti
13
M ESSE
DE
M INUIT
(H. 9)
Quoniam tu solus sanctus,
tu solus Dominus, tu solus
Altissimus, Jesu Christe.
Cum Sanctu Spiritu,
in gloria Dei Patris. (soprano I e II)
Amen.(coro)
KYRIE eleison (strumentale)
Kyrie eleison (coro)
Kyrie eleison (cornamusa)
Christe eleison (strumentale)
Christe eleison (soli)
Christe eleison (cornamusa)
CREDO in unum Deum
(intonazione)
Kyrie eleison (strumentale)
Kyrie eleison (coro)
Kyrie eleison (cornamusa)
Patrem omnipotentem, factorem
coeli et terrae,
visibilium omnium, et invisibilium.
Et in unum Dominum Jesum
Christum,
Filium Dei unigenitum.
Et ex Patrem natum ante omnia
saecula.
Deum de Deo, lumen de lumine,
Deum vero de Deo vero.
Genitum, non factum,
consubstantialem Patri:
per quem omnia facta sunt.
Qui propter nos homines,
et propter nostram salutem
descendit de coelis.
Et incarnatus est de Spiritu Sancto
ex Maria Virgine:
et homo factus est. (coro)
GLORIA in excelsis Deo
(intonazione)
Et in terra pax
hominibus bonae voluntatis.
Laudamus te, benedicimus te,
adoramus te, glorificamus te.
Gratias agimus tibi
propter magnam gloriam tuam.
(coro)
Domine Deus, Rex coelestis,
Deus Pater omnipotens. (alto)
Domine Filii unigenite,
Jesu Christe. (tenore)
Domine Deus, Agnus Dei,
Filius Patris. (basso)
silenzio prolungato
Crucifixus etiam pro nobis:
sub Pontio Pilato passus,
et sepultus est.
Et resurrexit tertia die,
secundum Scripturas. (soli)
Et ascendit in coelum:
sedet ad dexteram Patris.
Qui tollis peccata mundi,
miserere nobis. (soli)
Qui tollis peccata mundi,
suscipe deprecationem nostram.
Qui sedes ad dexteram Patris,
miserere nobis. (coro)
14
Et iterum venturus est cum gloria,
judicare vivos et mortuos:
cuius regni non erit finis. (coro)
Agnus Dei (coro)
qui tollis peccata mundi: (soli)
miserere nobis. (coro)
Et in Spiritum Sanctum,
Dominum et vivificantem:
(soprano)
Qui ex Patre Filioque procedit.
(soprano I e II)
Qui cum Patre et Filio (alto)
simul adoratur, et conglorificatur:
qui locutus est per Prophetas.
(soprano I, II e alto)
Agnus Dei
qui tollis peccata mundi:
dona nobis pacem. (strumentale)
***
NUIT
da
“In Nativitatem Domini Canticum”
Et unam sanctam catholicam
et apostolicam Ecclesiam.
Confiteor unum baptisma
in remissionem peccatorum. (coro)
(H. 416)
***
Et expecto resurrectionem
mortuorum. (soli)
Batterie des timballes
Et vitam venturi saeculi.
Amen. (coro)
T E D EUM (H. 146)
Noël (da Noëls sur les instruments)
Te Deum laudamus,
te Dominum confitemur. (solo)
SANCTUS (strumentale)
Sanctus Sanctus.
Pleni sunt coeli et terra gloria tua.
Hosanna in excelsis. (coro)
Te aeternum Patrem
omnis terra veneratur. (coro)
Benedictus qui venit
in nomine Domini. (soli)
Hosanna in excelsis. (coro)
Tibi omnes angeli, tibi Coeli
et universae Potestates. (coro)
AGNUS Dei
qui tollis peccata mundi:
miserere nobis. (strumentale)
Tibi Cherubim et Seraphim
incessabili voce proclamant
Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus
Deus sabaoth. (soli)
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Pleni sunt coeli et terra
majestatis gloriae tuae.
Te gloriosus apostolorum chorus,
Te Prophetarum
laudabilis numerus. (coro)
Te Martyrum candidatus
laudat exercitus. (soli-coro)
Aeterna fac cum Sanctis tuis
in gloria numerari.
Salvum fac populum tuum,
Domine,
et benedic hereditati tuae. (coro-soli)
Et rege eos, et extolle illos
usque in aeternum. (coro)
Te per orbem terrarum,
sancta confitetur Ecclesia. (soli)
Patrem immensae Majestatis
venerandum tuum verum,
et unicum Filium,
Sanctum quoque,
Paraclitum Spiritum. (soli)
Per singulos dies
benedicimus te. (soli)
Et laudamus
nomen tuum in saeculum,
et in saeculum saeculi. (coro-soli)
Tu Rex gloriae, Christe. (soli)
silenzio prolungato
Tu Patris sempiternus es Filius.
(solo)
Dignare, Domine, die isto,
sine peccato nos custodire. (soli)
Tu ad liberandum suscepturus
hominem, non horruisti
Virginis uterum. (soli)
Miserere nostri, Domine,
miserere nostri. (soli)
Fiat misericordia tua, Domine,
super nos, quemadmodum
speravimus in te. (soli)
Tu devicto mortis aculeo,
aperuisti credentibus
regna caelorum.
Tu ad dexteram Dei sedes,
in gloria Patris. (coro)
breve silenzio
In te, Domine, speravi:
non confundar in aeternum. (coro)
Judex crederis esse venturus. (solo)
Te ergo quaesumus
famulis tuis subveni,
quos pretioso sanguine
redemisti. (soli)
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