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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL LINGUAGGIO
PROGETTO ITALS
1
Graziano Serragiotto
Sillabo di riferimento per la formazione
degli insegnanti di italiano a stranieri
Graziano Serragiotto, Sillabo di riferimento per la formazione degli
insegnanti di italiano a stranieri
© 2009 Università Ca’ Foscari Venezia
ISBN 978-88-7543-240-9
Il volume è stato pubblicato con il contributo del Laboratorio Itals
del Dipartimento di Scienze del Linguaggio, Università Ca’ Foscari
di Venezia
Libreria Editrice Cafoscarina
Calle Foscari, 3259, 30123 Venezia
www.cafoscarina.it
Tutti i diritti riservati
INDICE
Introduzione
9
PARTE PRIMA: COORDINATE
1.
1.1
1.2
1.2.1
1.2.2
1.2.3
1.2.4
1.2.5
1.3
1.3.1
1.3.2
1.3.3
1.3.4
1.4
1.4.1
1.4.2
1.5
1.5.1
1.6
2.
2.1
2.2
La formazione di ITALS per gli insegnanti
Il concetto di “formazione dei docenti” secondo il
Laboratorio ITALS
Le modalità di formazione ITALS
Corsi in presenza in Italia
Corsi in presenza all’estero
Formazione integrata on line e in presenza
Formazione totalmente on line
Il web per informare e comunicare con gli insegnanti
Dalla “formazione dei docenti” alla “comunità dei docenti
formati”
Il post-master
ADMIS, Associazione dei diplomati dei master in italiano
a stranieri
RAIM, Rete di associazioni di italianisti nel mondo
BIG, Biblioteca italiana di glottodidattica
La certificazione didattica e l’accreditamento dei docenti
e delle scuole
CEDILS e CEFILS
L’accreditamento dei docenti e delle scuole
Esperienze di formazione condotte dal 1998 al 2008 dal
Progetto ITALS
Corsi di formazione all’estero
Il sillabo presentato in questo volume
Un sillabo per la formazione degli insegnanti
di italiano a stranieri
Italiano L2, LS, LE: elementi comuni e punti di divergenza
L’epistemologia glottodididattica di riferimento
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2.3
2.4
Il profilo e la formazione dell’insegnante di lingue
La formazione online
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PARTE SECONDA: SCHEDE TEMATICHE PER LA FORMAZIONE
1.
1.1
1.2
1.3
2.
2.1
2.2
2.3
2.4
2.5
2.6
2.7
2.8
2.9
2.10
2.11
2.12
Il contesto politico e istituzionale
La politica linguistica dell’unione europea
(PAOLO E. BALBONI)
Il quadro comune europeo e il portfolio
(MARCO MEZZADRI)
Storia dell’italiano L2 in Italia
(ALBERTA NOVELLO)
Lo sviluppo della competenza comunicativa
La competenza comunicativa
(PAOLO E. BALBONI)
Curricolo di italiano per stranieri; sillabo, programma, curricolo
(PAOLO E. BALBONI)
Abilità di comprensione: natura, tecniche
(MADDALENA ANGELINO)
Abilità di produzione e manipolazione: natura, tecniche
(MARA SALVALAGGIO)
Abilità di interazione: natura, tecniche
(MARA SALVALAGGIO)
La teoria delle intelligenze multiple
(PAOLO TORRESAN)
Insegnamento della grammatica
(MICHELA ANDREANI)
Sviluppo del lessico
(MARIO CARDONA)
Verifica e valutazione
(GRAZIANO SERRAGIOTTO)
Testing, analisi degli errori, interlingua
(GRAZIANO SERRAGIOTTO)
La creazione di materiali didattici
(PAOLO E. BALBONI)
Valutazione dei materiali didattici
(GRAZIANO SERRAGIOTTO)
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SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
2.13
2.14
2.14
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3.
3.1
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3.10
3.11
3.12
3.13
3.14
Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo
(MATTEO SANTIPOLO)
Insegnare le microlingue
(ELENA BALLARIN)
Didattica della cultura e civiltà
(ELISABETTA PAVAN)
Insegnare la letteratura
(PAOLO E. BALBONI)
Le metodologie
La dimensione neuro-psicologica
(MICHELE DALOISO)
Modulo, unità didattica, unità d’apprendimento
(PAOLO E. BALBONI)
L’analisi dei bisogni
(BARBARA D’ANNUNZIO)
La metodologia umanistico-emozionale
(PAOLO E. BALBONI)
L’apprendimento cooperativo
(SONIA RUTKA)
La metodologia ludica
(FABIO CAON)
La metodologia CLIL
(GRAZIANO SERRAGIOTTO)
La ricerca-azione
(MARIA DE LUCHI)
Le classi plurilivello ad abilità differenziate
(FABIO CAON)
Il laboratorio di italiano L2
(BARBARA D’ANNUNZIO)
Tecnologie glottodidattiche
(PAOLA CELENTIN)
Uso della canzone
(FABIO CAON)
Uso del cinema e della tv
(MARIO CARDONA)
Insegnare ad adulti
(PAOLA BEGOTTI)
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3.15
Insegnare a bambini
(MARIA CECILIA LUISE)
3.16 L’accostamento all’italiano in età prescolare
(MICHELE DALOISO)
3.17 Letteratura per l’infanzia in chiave glottodidattica
(MICHELE DALOISO)
3.18 Didattica dell’italiano L2 per la comunicazione di base
(PAOLA CELENTIN)
3.19 La facilitazione e la semplificazione dei testi in italiano L2
(MARIA CECILIA LUISE)
3.20 Bisogni, vissuti e modalità di acquisizione dell’italiano L2:
simulazione e riflessione
(PAOLA CELENTIN)
3.21 Apprendere lingua attraverso lo sport di squadra
(FABIO CAON)
4. Problemi interculturali
4.1
Società e scuola multi- ed inter-culturale
(PAOLO E. BALBONI)
4.2
Problemi interculturali nella classe multietnica
(ELISABETTA PAVAN)
4.3
L’approccio al sapere degli studenti stranieri: cultura e stili
cognitivi
(FRANCESCA DELLA PUPPA)
4.4
Educazione interculturale e italiano L2
(FRANCESCA DELLA PUPPA)
4.5
Cinema ed educazione interculturale
(RICCARDO TRIOLO)
4.6
Lo studente di origine slava
(PAOLA CELENTIN)
4.7
L’allievo cinese
(BARBARA D’ANNUNZIO)
4.8
Lo studente di origine araba
(FRANCESCA DELLA PUPPA)
4.9
L’allievo di origine albanese
(RICCARDO TRIOLO)
Bibliografia
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INTRODUZIONE
ITALS è un centro di ricerca (e la bibliografia in questo volume lo
attesta in maniera evidente) e di formazione.
Qual è il modello formativo di ITALS?
Quali sono i contenuti e le modalità della formazione che propone?
Quali contenuti danno sostanza ai temi, ai titoli degli interventi
formativi?
Questo volume intende rispondere a queste domande sulla base di
alcune linee di riferimento:
a. l’idea di glottodidattica che sta alla base di ITALS è complessa,
riguarda almeno quattro aree scientifiche di riferimento (le scienze del linguaggio e della cultura, quelle della mente, quelle della
formazione), considera essenziale l’integrazione della dimensione
teorica con quella operativa;
b. l’idea di “docente in formazione”, sia questa iniziale o continua, è
un’idea attiva: è il docente che si forma, cioè forma se stesso,
sebbene con l’aiuto e la consulenza di ITALS. Si limitano all’indispensabile gli interventi di carattere trasmissivo, ritenendo i laureati autosufficienti nello studio delle “nozioni”, e si privilegiano
interventi seminariali, laboratoriali;
c. ITALS propone formazione professionale, non accademica – anche
se molti dei suoi formatori sono docenti universitari che, nelle sedi opportune, offrono formazione accademica, oppure sono dottori di ricerca o dottorandi che si occupano di teoria dell’educazione
linguistica; nei corsi di formazione si formano professionisti
dell’insegnamento dell’italiano, cioè persone che non hanno biso-
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gno, in questa sede, di conoscenza fine a se stessa ma finalizzata
alla soluzione di un problema, l’insegnamento dell’italiano a parlanti di altre lingue;
d. l’idea di formazione che permea l’azione di ITALS è quella di un
percorso continuo, permanente, di cui il singolo corso – sia questo un master annuale o un semplice intervento di poche ore – è
solo un episodio: per questo iniziative (su cui si tornerà nel primo
capitolo) come la promozione dell’ADMIS, del post master, di accreditamento dei docenti, di una comunità di professionisti non
sono iniziative accessorie ma, a nostro avviso, qualificanti.
Questi aspetti vengono approfonditi da G. Serragiotto nella prima
parte di questo volume; la seconda sezione, composta da una serie di
schede tematiche, è una sorta di “contratto formativo”: chi decide di
partecipare ad una delle tante tipologie di formazione ITALS sa che a
quel titolo corrisponde quel contenuto anche se la trattazione del tema sarà necessariamente declinata secondo la personalità umana,
professionale e scientifica del singolo formatore.
È naturale che i 49 temi proposti non esauriscano la gamma dei
possibili interventi: da un lato, la sperimentazione di ITALS continua
e quindi la sua offerta tematica si evolve e si amplia di anno in anno,
dall’altro la richiesta che viene dal mondo dell’insegnamento dell’italiano è sempre più mirata, specifica, per cui si effettuano interventi pensati ad hoc: in un corso per la formazione di “lettori” di italiano all’estero è necessaria anche una riflessione sulla figura del
“lettore”, cioè del docente o dell’assistente (a seconda dei contesti) di
madrelingua italiana, e un intervento specifico e mirato di questo tipo
(che pure abbiamo fatto, come si vede nel volume curato da E. Pavan
nel 2004 e riportato in bibliografia) non rientra nel novero delle
schede riportate in questo volume.
Le schede che costituiscono la seconda parte del volume, predisposte dai formatori del Laboratorio, sono quelle che, secondo l’esperienza del coordinatore di ITALS, Graziano Serragiotto, costituiscono il
repertorio di base delle richieste di formazione che ci giungono.
Paolo E. Balboni
Ca’ Foscari, maggio 2009
PARTE PRIMA
COORDINATE
1. La formazione di ITALS per gli insegnanti
Il Laboratorio ITALS è una struttura del Dipartimento di Scienze
del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia (www.itals.it),
dipartimento che si occupa:
a. di linguistica, dalla ricerca sulla ‘lingua’ in sé alla descrizione
delle singole lingue, dalla linguistica diacronica e computazionale
allo studio dei disturbi del linguaggio;
b. di glottodidattica, cioè dell’acquisizione e dell’insegnamento delle lingue, di pianificazione e politica linguistica e della formazione dei docenti di lingue, con un’attenzione particolare per il contributo delle tecnologie a questi processi; di ricerca sulla didattica
dell’italiano a stranieri e in particolare di formazione dei docenti.
All’interno di questo Dipartimento, quindi di una realtà dedicata
alla gestione della ricerca scientifica, sono stati creati alcuni laboratori, in cui la ricerca di base si sposa con l’applicazione e con
l’azione all’esterno dell’università stessa.
Uno di questi laboratori è il Laboratorio ITALS, evoluzione del
Progetto ITALS impostato nel 1974 da Giovanni Freddi, per vent’anni
titolare della cattedra di Didattica delle Lingue Moderne a Ca’ Foscari.
Sotto la guida del suo successore, Paolo E. Balboni, attuale titolare della cattedra, e con il coordinamento prima del Prof. Roberto
Dolci, docente di Tecnologie Glottodidattiche, ora del Dott. Graziano
Serragiotto, docente di Didattica della Lingua Inglese, il Laboratorio
ITALS si occupa di:
a. ricerca: la ricerca ITALS verte sul concetto di ‘formazione’, sulla
natura della competenza glottodidattica, sul contributo della linguistica alla didattica. ITALS traduce la ricerca sia in corsi di formazione sia in monografie, in una rivista (su carta e on line) e in
una bibliografia ragionata organizzata come banca dati per la ricerca per temi, collocata on line a disposizione di tutti gli italianisti;
b. formazione: ITALS supera l’idea di formazione come travaso di
contenuti e la intende come processo in cui i docenti entrano in
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una comunità di formazione e autoformazione permanente; in
quest’ottica ITALS organizza due master, corsi di formazione iniziale ed avanzata di vario tipo, sia telematici sia in presenza, in Italia e all’estero, nonché un servizio di assistenza glottodidattica
on line;
c. certificazione didattica: sulla base della ricerca relativa alla
competenza glottodidattica e dell’esperienza acquisita in anni di
formazione, ITALS organizza prove che consentono di ricevere un
certificato di competenza didattica dell’italiano.
La formazione degli insegnanti ha rappresentato un impegno fondamentale per il Laboratorio ITALS fin dalla sua fondazione.
La consapevolezza della necessità dell’insegnante si essere formato al fine di conoscere nuovi strumenti e strategie per rispondere
adeguatamente alle nuove e continue richieste nell’area educativa, ha
portato alla costituzione di un gruppo di ricerca focalizzato sulla
formazione di insegnanti competenti.
L’insegnante di qualità è, difatti, un obiettivo prioritario per il
Laboratorio ITALS, che ha indirizzato la sua ricerca su metodologie e
strumenti validi sia dal punto di vista teorico che pratico, sperimentando sul campo le intuizioni nate dallo studio e dall’esperienza.
I componenti del Laboratorio ITALS sono, infatti, esperti specializzati e qualificati nella didattica delle lingue con, di più, esperienza
nel campo dell’insegnamento, sia per quanto riguarda la docenza,
che la sperimentazione di materiali e metodi attraverso progetti di codocenza e monitoraggio.
Ciò che rappresenta il Laboratorio ITALS è, quindi, un collegamento tra scuola e università, dove quest’ultima mette a disposizione
la sua ricerca in funzione della prima.
Secondo gli studi e le valutazione effettuate da questo gruppo di
ricerca (e supportate dalla letteratura in merito), la riqualificazione
dell’insegnante deve partire da una riflessione culturale ed epistemologica focalizzata sull’idea di conoscenza e di insegnamento.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
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La conoscenza necessita di essere rivista in chiave moderna, non
più come un insieme di nozioni, ma come una rete di abilità che
permettono di agire con le conoscenze.
La conoscenza è, perciò, “sapere” e “saper fare”, non un sistema
lineare costituito da un susseguirsi in informazioni, ma una struttura
connettiva incentrata più sui percorsi che portano alla conoscenza
piuttosto che ai fatti o ai dati da conoscere.
Come afferma Margiotta (2008), “l’insegnante non è colui che
trasmette, ma colui che, su mandato della volontà generale, dà forma
cooperativa alla costruzione del sapere e dell’esperienza nelle menti
delle nuove generazioni”.
Tale concezione di conoscenza porta direttamente ad una ridefinizione dell’idea di insegnamento, che diventa un processo che mira
all’organizzazione mentale di contenuti e strategie che permettono di
acquisire in maniera efficace nuove conoscenze e di agire con esse.
I discenti non sono più contenitori da riempire, ma menti da stimolare e intelligenze da sviluppare attraverso la sperimentazione di
modelli che conducono alla conoscenza.
La familiarità con tali strutture permette di avere, inoltre, studenti
autonomi (obiettivo ultimo dell’insegnante) che, grazie ai modelli
conosciuti e sperimentati di avvicinamento al sapere, riescono a riproporre in maniera individuale un contesto d’apprendimento.
Il ruolo dell’insegnante è, perciò, quello di fornire procedure valide per costruire il sapere e per “saper fare” con la conoscenza costruita; “trasmettere conoscenze”, infatti, “non è sufficiente per essere un buon insegnante” (Margiotta, 2008).
Si passa, quindi, da modelli passivi di apprendimento a percorsi
attivi, in cui l’insegnante guida il discente nella sperimentazione e
nella scelta di modelli e strategie più adatte per arrivare all’acquisizione.
La formazione del docente diviene perciò fondamentale in questo
contesto, in cui l’insegnante è chiamato a padroneggiare le metodologie più valide per proporre un insegnamento efficace, risultante in
una conoscenza attiva che si realizzi in azioni.
L’ambito di ricerca e formazione del Laboratorio ITALS mira a
proporre agli insegnanti i metodi e le strategie più utili per giungere
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GRAZIANO SERRAGIOTTO
con i propri studenti a questa tipologia di conoscenza e riguarda tutti
gli ordini di scuola, dalla scuola dell’infanzia all’università e ricopre
i vari ambiti di insegnamento: scuole pubbliche, private, corsi di lingua, italiano all’estero (LS), italiano in Italia (L2).
1.1 Il concetto di “formazione dei docenti” secondo il Laboratorio ITALS
Alla base della formazione ITALS sta la considerazione che, nella
maggioranza dei casi, i soggetti in formazione sono docenti in servizio e, anche tra coloro che non risultano occupati, quasi tutti hanno
comunque esperienza di insegnamento diretto, condotto in classi di
diversa tipologia – dalle scuole private di italiano ai CTP, dai gruppi
di facilitatori linguistici di Italiano L2 per reti di scuole, comuni, uffici scolastici provinciali, ecc., a corsi di italiano secondo la legge
153 nei vari paesi dove sono presenti discendenti di emigranti italiani.
In altre parole, a differenza di quanto avviene nella formazione iniziale nelle università e nelle SSIS – presso le quali insegnano molti
dei membri del laboratorio ITALS – la nostra formazione si basa su
un principio di condivisione di esperienze, dalla riflessione e dal confronto sulle quali emerge la costruzione comune della conoscenza. In
altre parole, ITALS cerca di non trasmettere conoscenza – anche in
considerazione della pluralità di situazioni concrete in cui questa conoscenza operativa dovrebbe poi trasformarsi in azione didattica –
ma vuole costruire conoscenza glottodidattica, sulla base del principio che “insegnare a pescare è meglio che regalare pesci”.
Le due parole chiave sono in corsivo nel paragrafo precedente. La
prima è trasmettere: non è pensabile un approccio totalmente socratico, maieutico, induttivo, ci sono delle informazioni che vanno trasmesse; la seconda è costruire: la logica sottostante ai nostri progetti
di formazione è, per quanto possibile, quella costruttivista, sia nella
conduzione dei gruppi sia nell’uso, fondamentale per ITALS, delle
tecnologie telematiche.
In modo più specifico possiamo riprendere da Dolci (2004), i
principi di base in ambito educativo di un approccio costruttivista:
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
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a. l’apprendimento viene visto come un processo attivo: è lo stesso
apprendente che costruisce, grazie alle sue esperienze tale apprendimento, l’apprendente non è una persona passiva che deve
solo stare ad ascoltare;
b. soltanto imparando le persone possono imparare ad apprendere,
sembra un gioco di parole, in realtà il concetto che sta alla base è
la necessità di fare esperienza;
c. ovviamente si devono già possedere delle strutture di conoscenza
su cui appoggiarsi e quindi più si conosce più si riesce ad imparare;
d. anche se la costruzione di conoscenza è un processo soprattutto
mentale, è necessario far svolgere attività che coinvolgano altri
sensi;
e. l’apprendimento è un’attività sociale, non è individuale e quindi il
linguaggio diventa aspetto fondamentale per comunicare, dialogare, interagire, collaborare, ecc.
f. l’apprendimento è situato in un contesto, si impara in base a ciò
che già si conosce ed è identificabile e visualizzabile in un contesto e questo fa in modo di favorire la motivazione che è componente necessaria.
Le tecnologie, secondo quanto afferma Jonassen (1993), devono
essere considerate come delle linee guida per la costruzione di ambienti di insegnamento/apprendimento costruttivista; a seconda delle
necessità questi ambienti che si vengono a creare devono mettere in
condizione gli apprendenti di essere attivi, costruttivi, collaborativi,
contestuali, conversazionali e riflessivi.
L’uso delle tecnologie deve aiutare la discussione, la condivisione
e lo scambio di risorse, la realizzazione cooperativa di prodotti.
1.2 Le modalità di formazione ITALS
Una volta stabilite le linee concettuali relative a che cosa, cioè
l’idea glottodidattica, ed al chi, cioè il profilo del docente, si deve
muovere alla realizzazione di progetti che portino ad una crescita dei
corsisti nella direzione indicata dalle linee stesse.
GRAZIANO SERRAGIOTTO
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Un progetto coerente richiederebbe appositi corsi di laurea o di
formazione SSIS; in alternativa, ma con più difficoltà, si può operare
come ha fatto ITALS, in una serie di due master.
I master, però, sono a numero chiuso, per disposizione di legge e
per la loro stessa natura, mentre la richiesta di formazione dei docenti
di italiano è ben maggiore di quella che può essere soddisfatta dai
master. Per questa ragione ITALS ha organizzato un corso di perfezionamento e diversi corsi in presenza, on line o in versione blended.
Ora vediamo nel dettaglio le varie tipologie di corsi che sono stati
impostati dal Laboratorio ITALS secondo quattro modalità.
1.2.1 Corsi in presenza in Italia
L’azione di ITALS è di tre tipi, mirata da un lato a docenti del
Nord-Est italiano, che possono raggiungere settimanalmente Venezia, per la durata di un anno accademico; a docenti che possono restare a Venezia solo per un periodo intensivo; a docenti che non possono essere portati a Venezia e ai quali si offre formazione in loco,
ma anche in questo caso per periodi brevi e, in taluni casi, intensivi.
Vediamo più in dettaglio queste tre modalità di formazione.
a. Corso di durata annuale
Si tratta del Corso di Perfezionamento in Didattica delle Lingue
Moderne indirizzo: insegnamento dell’italiano a stranieri. È attivato
da diversi anni e si propone di approfondire tematiche specifiche e
innovative della moderna glottodidattica; intende in particolare promuovere le capacità di ricerca e di sperimentazione da parte dei corsisti nell’ambito glottodidattico.
Il Corso è aperto a insegnanti o laureati in lingue, lettere e scienze
della formazione. A seconda delle tematiche trattate nell’indirizzo la
domanda di iscrizione potrà essere fatta anche da insegnanti/laureati
in altre discipline.
Il Corso, il cui monte ore è pari a 100 ore di didattica (80 ore in presenza, 20 ore di autoformazione) e di 40 ore per la preparazione e stesura
di una tesina finale, è articolato annualmente in cinque moduli tematici.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
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L’articolazione dei moduli è la seguente:
a) Linee generali di glottodidattica: italiano LS-L2
b) Insegnamento L2 in ambito scolastico: insegnare italiano ai bambini
c) Insegnamento LS: curricolo e progettazione
d) Strumenti e metodologie: ricerca azione e osservazione in classe
e) Aspetti culturali nell’insegnamento linguistico
f) Corso intensivo residenziale
Per quanto riguarda la possibilità di fare un corso intensivo, i docenti possono frequentare la scuola di formazione, tradizionalmente
organizzata a Venezia ma possibile anche in altri contesti. È rivolta a
insegnanti di ogni ordine e grado interessati alla didattica dell’italiano come LS e L2, a laureati in Italia del vecchio e nuovo ordinamento, a laureati all’estero con almeno una laurea triennale in italiano, a
studenti universitari del vecchio e nuovo ordinamento che abbiano
superato almeno gli esami del secondo anno.
La scuola di formazione si prefigge di illustrare i processi di insegnamento e apprendimento dell’italiano come LS/L2 attraverso gli
strumenti offerti da più discipline: la glottodidattica, la linguistica, lo
studio delle tipologie testuali, la gestione della classe, l’educazione
interculturale. Vengono organizzati anche Master Class durante i fine
settimana su tematiche specifiche.
b. Corsi con modalità variabili
Possono essere organizzati diversi corsi in presenza in diverse località a seconda delle esigenze dei corsisti: possiamo avere corsi brevi, lunghi, laboratori didattici, ecc.
La proposta, generalmente, è articolata in moduli, cioè può essere
seguita anche parzialmente; i moduli sono composti a loro volta da
una serie di interventi di 2 o 3 ore, che possono avere la forma di lezione frontale, seminario, workshop, incontro interattivo con i corsisti, lavoro per gruppi su sperimentazioni ed esperienze realizzate dai
corsisti.
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GRAZIANO SERRAGIOTTO
1.2.2 Corsi in presenza all’estero
Per quanto riguarda l’estero, annualmente vengono proposti corsi
destinati alla formazione di docenti di cultura e lingua italiana
all’estero. Possono essere corsi base, corsi avanzati o corsi tematici,
e durano da un minimo di 15 ad un massimo di 45 ore distribuite in
una o due settimane.
Spesso la dimensione culturale e artistica dell’italiano, che di solito costituisce, soprattutto, in corsi di livello avanzato, il tema di una
giornata di lavoro, ricopre l’argomento di corsi di due o tre giorni,
dedicandosi così alla didattica della letteratura, con esperienze di analisi di testi letterari, di riflessioni sull’italiano nel cinema e nella
televisione e soprattutto alla canzone d’autore italiana come documento linguistico, culturale e letterario insieme.
Si stanno creando anche dei laboratori per la creazione di materiali, per il monitoraggio di percorsi particolari, di ricerca-azione, ecc.
1.2.3 Formazione integrata on line e in presenza
I master ITALS sono un esempio di formazione on line e in presenza. A parte dei momenti in presenza successivi al lavoro on line
(si tratta di due settimane in presenza a luglio o a dicembre) per il resto la formazione viene fatta completamente on line.
C’è un master di primo livello orientato verso l’operatività
(Master ITALS in didattica e promozione della lingua e della cultura
italiane a stranieri) e uno di secondo livello orientato verso l’approfondimento teorico (Master ITALS in progettazione avanzata dell’insegnamento della lingua e cultura italiane a stranieri).
Il Master di primo livello prima e quello di secondo livello poi,
nascono come risposta alle esigenze di professionalità nel campo
dell’insegnamento e della promozione della lingua e della cultura italiane a stranieri, sia in Italia sia all’estero. Le metodologie didattiche
dei due Master rispondono a una riflessione che tiene in considerazione il seguente quadro globale:
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
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- una utenza potenziale che si avvale dei media più avanzati del villaggio globale oltre che di approcci e metodologie glottodidattiche evolute;
- una lingua, l’italiano, che da “lingua di immigrati”, si è trasformata, nella percezione collettiva, in lingua colta, (seconda lingua) al
pari di tedesco, francese e spagnolo (mantenendo, com’è ovvio,
l’inglese, il ruolo di lingua internazionale per eccellenza);
- le problematiche dell’immigrazione in Italia richiedono figure
specifiche che nella scuola dell’obbligo e in altre strutture sappiano affrontare e rispondere alle esigenze dell’inserimento e della
integrazione di immigrati bambini e adulti.
Il Master di 1° livello ha lo scopo di formare sul piano glottodidattico e include due percorsi, uno orientato verso la didattica
dell’italiano a stranieri in Italia (percorso L2), e uno orientato verso
la didattica dell’italiano all’estero (percorso LS).
Il Master di secondo livello ha lo scopo di qualificare ulteriormente sul piano glottodidattico; oltre a dare delle conoscenze più approfondite nel campo dell’insegnamento e della formazione vuole
dare una preparazione nei ruoli nuovi che richiedono conoscenze e
competenze di tipo organizzativo e progettuale soprattutto nell’ambito della ricerca-azione e del monitoraggio.
I Master danno accesso principalmente a due professioni: esperto
nell’insegnamento della lingua e cultura italiane a stranieri ed esperto
per la promozione della lingua e cultura italiane e del suo insegnamento, in possesso di specifiche competenze professionali e metodologiche.
I Master ITALS sono organizzati secondo una logica modulare, in
quadrimestri al cui interno si distribuiscono vari moduli e seminari
residenziali a Venezia, due per il 1° livello e uno per il 2° livello.
Gli incontri a Venezia hanno la durata di una settimana.
Ciascun modulo, seguito sotto la guida di un tutor, comporta lavoro per 75 ore di studio; ciascun modulo in autoapprendimento
comporta lavoro per 25 ore.
Il carico orario complessivo è di 1500 ore di formazione per un
totale di 60 C.F.U. (Crediti di Formazione Universitaria).
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GRAZIANO SERRAGIOTTO
La frequenza da parte degli iscritti a tutte le attività formative del
Master ITALS di 1° e 2° livello è obbligatoria. Nel caso dei moduli
frontali sono permesse assenze giustificate in misura del 10% delle
ore complessive. Nel caso dei moduli on-line, la frequenza viene attestata mediante il controllo delle attività svolte e il superamento della verifica finale di modulo.
La valutazione ha un triplice aspetto:
a. autovalutazione: lo studente potrà valutare il progresso durante lo
studio del modulo;
b. valutazione a distanza alla fine di ogni modulo in cui lo studente è
invitato a rispondere a una serie di quesiti per poter passare al
modulo successivo. Dato il carattere interattivo e collaborativo
del modello di formazione nella valutazione finale di ciascun modulo verrà presa in considerazione anche la partecipazione attiva e
propositiva alle attività del forum di discussione;
c. verifica in praesentia durante il seminario intermedio e quello finale che ogni corsista deve frequentare, sia del lavoro di tesina,
che di tutto il Master.
I Master ITALS comprendono anche uno stage presso scuole convenzionate e la redazione di una tesina finale.
Tale stage è considerato come un momento di tirocinio all’interno
di strutture riconosciute dai Master ITALS.
Lo stage del Master di primo livello è organizzato in tirocinio indiretto, con relazioni sulla situazione della didattica dell’italiano nella Scuola e nella regione, e diretto, della durata complessiva di 30 ore
divise in tirocinio osservativo e collaborazione didattica.
Nel Master ITALS di 2° livello, lo stage è considerato come il
momento centrale dell’attività formativa durante il quale realizzare il
proprio progetto di Ricerca Azione sotto la guida di tutor esperti che
seguiranno i progetti a distanza.
La tesina è intesa come prodotto finale del progetto di Ricerca
Azione sviluppato durante l’intero arco del Master ITALS di 2° livello.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
23
La struttura dei corsi del Master ITALS di 1° livello è la seguente:
1° quadrimestre:
I moduli vengono
svolti on-line,
secondo diverse
metodologie.
2° quadrimestre:
I moduli vengono
svolti on-line,
secondo diverse
metodologie.
3° quadrimestre
I moduli vengono
svolti on-line
secondo diverse
metodologie.
Stage
Seminario in
presenza
4° quadrimestre
Discussione
finale
Formazione delle competenze di base
È composto di 6 moduli, 4 in tutorato e 2 in autoapprendimento
È diviso in due periodi:
a) Rafforzamento delle competenze di base:
comune a tutti gli indirizzi, con 3 moduli in tutorato.
b) Percorsi specifici:
da questo punto il Master si divide in due percorsi:
L2 - italiano lingua seconda
LS - italiano lingua straniera.
Entrambi i percorsi prevedono la frequenza di 1 modulo tutorato e 1 in autoapprendimento.
Competenze Specifiche
Il percorso LS - italiano lingua straniera si suddivide
ulteriormente in due indirizzi:
- didattico
- organizzativo.
Il percorso L2 – italiano lingua seconda rimane unico.
Entrambi i percorsi sono composti da 3 moduli tutorati.
Frequenza dello stage in strutture convenzionate.
Alla fine del terzo quadrimestre è prevista la frequenza del primo seminario in presenza a Venezia, con
conferenze, seminari, incontri operativi.
Durante questo seminario viene anche decisa la tesina
di fine corso
Redazione della tesina finale
Si tratta di un quadrimestre dedicato ad una ricerca, di
solito di carattere sperimentale, in cui si applicano le
competenze acquisite durante la frequenza del Master
Universitario ITALS. Scopo della ricerca è la redazione di una tesina, individuale o di gruppo.
La tesina finale viene discussa a Venezia dallo studente (o dal gruppo di studenti) durante il seminario conclusivo.
GRAZIANO SERRAGIOTTO
24
La struttura dei corsi del Master ITALS di 2° livello è la seguente:
1° blocco
I moduli vengono svolti on-line,
secondo diverse
metodologie.
2° blocco
I moduli vengono svolti on-line,
secondo diverse
metodologie.
3°blocco
I moduli vengono svolti on-line
secondo diverse
metodologie
Moduli a frequenza obbligatoria e avvio percorso di
Ricerca-Azione
È composto di 5 moduli tutorati.
Sotto la guida di tutor esperti i corsisti iniziano ad
elaborare i propri progetti di Ricerca Azione.
Moduli a scelta (3 moduli) e monitoraggio percorso
di Ricerca-Azione
È composto di 3 moduli tutorati a scelta dei corsisti. I
moduli vengono avviati con un minimo di 12 iscritti.
Tutor esperti effettuano il monitoraggio dei progetti di
Ricerca Azione elaborati dai corsisti.
Completamento percorso di Ricerca-Azione e
discussione tesi finale
Con l’aiuto di tutor esperti i corsisti concludono i propri
progetti di Ricerca-Azione.
La tesina finale viene discussa a Venezia dal corsista
(o dal gruppo di corsisti) durante il seminario conclusivo.
1.2.4 Formazione totalmente on line
Due corsi ITALS on line dedicati alla didattica dell’italiano sono :
- Il Progetto ALIAS (Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri) ideato nel 1998-1999 e nato dalla collaborazione tra
l’Università Ca’ Foscari e il Ministero della Pubblica Istruzione;
si occupa delle tematiche e delle problematiche legate all’insegnamento dell’italiano come lingua seconda a studenti stranieri
(bambini, ragazzi e adulti) inseriti in contesto di scolarizzazione
in Italia e organizza, oltre a corsi in presenza, corsi completamente a distanza. La sua offerta include corsi di livello base,
avanzato e di approfondimento.
- Il Progetto FILIM (Formazione degli insegnanti di lingua italiana
nel mondo) che organizza corsi dedicati alla formazione e all’aggiornamento di tutti coloro che insegnano italiano o vogliono in-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
25
segnarlo, in contesto di italiano come lingua straniera, perciò come lingua insegnata all’estero.
1.2.5 Il web per informare e comunicare con gli insegnanti
ITALS al fine di mantenere attivi i contatti con gli insegnanti ed
avere la possibilità di informare costantemente sui temi della didattica, ha realizzato una serie di risorse online che rappresentano una
modalità veloce e facilmente usufruibile per reperire informazioni e
discutere su di esse.
Le risorse di tipo informativo riguardano: le FAQ relative ai temi
principali della glottodidattica: si tratta di un elenco di domande che
frequentemente sono poste ai formatori ITALS, le quali trovano risposta in uno spazio web ; alcuni video su You tube, cioè brevi spezzoni
video in cui docenti/formatori illustrano i concetti fondamentali della
didattica dell’italiano a stranieri.
Le possibilità, invece, di interazione tra docenti e interessati
all’insegnamento dell’italiano avviene attraverso spazi quali blog e wiki
che offrono la possibilità di condividere una piattaforma che funge da
mezzo di comunicazione istantaneo, in cui i partecipanti possono iniziare e sviluppare discussioni, scambiarsi informazioni, pareri e progetti.
Tali modalità di comunicazione e informazione perseguono in
maniera ottimale la filosofia del Laboratorio ITALS, che mette a disposizione risorse e conoscenze per la formazione continua dell’insegnante, la quale si realizza anche attraverso il costruttivismo delle
interazioni online.
Tutte le risorse sono raggiungibili dal portale di ITALS.
1.3 Dalla “formazione dei docenti” alla “comunità dei docenti
formati”
In presenza ed on line i docenti in formazione costituiscono quella che nella letteratura sull’e-learning si definisce una learning
community, ma la filosofia di ITALS ritiene che la formazione sia una
26
GRAZIANO SERRAGIOTTO
processo lifelong e quindi ci si è sforzati di trasformare progressivamente le learning community in practice community¸in modo che i
docenti formati potessero continuare a condividere i loro processi e
la loro crescita secondo la logica costruttivistica cui abbiamo fatto
riferimento nel paragrafo1.
Per consentire questo processo si sono messe in atto due iniziative: il postmaster e L’ADMIS, Associazione dei diplomati dei master
in italiano a stranieri.
1.3.1 Il post-master
Il Postmaster è un progetto rivolto a tutti coloro che hanno finito
il Master ITALS con lo scopo di continuare a fornire una formazione
permanente e di sviluppare una comunità di apprendimento. Inoltre il
progetto vuole essere un ponte fra formazione e lavoro.
A partire da questi scopi si sono individuate varie azioni da sviluppare per rafforzare il progetto:
a. si sono resi disponibili on line i moduli del Master che possono
completare il percorso formativo parziale dell’indirizzo scelto dal
corsista durante il master. Per ogni modulo si attiva un percorso
tutorato che parte quando ha raggiunto un minimo di 15 iscritti
oppure le persone vengono inserite nelle classi del Master;
b. vengono raccolti e pubblicati i curricola di quelli che hanno conseguito il master: si chiede loro di specificare in modo particolare
su quali argomenti potrebbero fornire formazione per essere inseriti nei nostri progetti formativi in Italia e all’estero;
c. chi degli iscritti vuole, può inviare materiali di vario genere, elaborati (per esempio, schede d’osservazione, test d’ingresso o in
uscita, unità didattiche, griglie, ecc.) che verranno pubblicati nel
Bollettino ITALS e resi disponibili nel sito per tutti gli iscritti.
Il Postmaster diventa quindi una continuazione della formazione
iniziata con ITALS, dà la possibilità che vengano riconosciute e pubblicizzate le proprie competenze, diventa un canale per offerte e ri-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
27
chieste di lavoro e dà la possibilità di valorizzare la propria personalità anche con delle pubblicazioni.
1.3.2 ADMIS, Associazione dei diplomati dei master in italiano
a stranieri
Nell’ottica del Life Long Learning, ITALS ha dato vita all’ADMIS,
Associazione dei diplomati dei master in italiano a stranieri.
Si tratta di un’iniziativa più ambiziosa di quella del post master
ITALS perché ha voluto raccordare non solo chi ha avuto un master di
primo o secondo livello presso ITALS, ma anche i titolari di una formazione omologa nei 12 master italiani che, negli ultimi anni, hanno
iniziato a formare personale per l’insegnamento della didattica a italiani, e cioè Master Universitari di primo livello di Bolzano, ChietiPescara/Roma 3, Genova, Milano “Cattolica”, Milano “Statale”, Perugia “Stranieri”, Siena “Stranieri”, Udine, Urbino, Venezia, nonché
i Master Universitari di secondo livello di Padova, Roma “Tor Vergata”, Venezia.
L’idea dell’ADMIS è una naturale conseguenza all’impegno di
ITALS nel creare delle comunità di apprendimento che siano in costante aggiornamento in un campo sempre in espansione come quello
della didattica delle lingue.
L’apprendimento continuo è un punto basilare per chi si occupa
di insegnamento e il raggruppamento dei diplomati dei master dedicati all’italiano a stranieri in un’associazione che mantiene i contatti
e porta avanti iniziative d’interesse comune è la realizzazione pratica
di un filo di comunicazione che unisce professionisti che necessitano
di un continuo contatto tra loro.
L’uso della rete è una garanzia in più che questo contatto sia perseguito e sempre attivo: grazie agli appuntamenti on line, infatti, le
comunicazioni giungono a tutti e tutti posso giungere alle informazioni.
L’ADMIS, perciò, è assolutamente innovativa come logica: si tratta
(ed è a nostra conoscenza il primo caso) di un’associazione:
28
GRAZIANO SERRAGIOTTO
- totalmente on line, in quanto on line avvengono le elezioni, le
riunioni del Consiglio Direttivo;
- senza quote di iscrizione, in quanto non ha spese, se non quelle
della gestione del sito e del coordinamento, garantito da ITALS;
- con la possibilità di espansioni “fisiche” in sezioni locali;
- affidata all’autogestione degli iscritti, riservando al consiglio
scientifico costituito dai responsabili dei 12 master solo una funzione di consulenza, di suggerimenti, ecc.
L’ADMIS, associazione senza fine di lucro, è stata istituita il 1
gennaio 2007 ed ha sede legale presso il Laboratorio ITALS del Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di
Venezia. Il suo scopo di creare una “comunità di pratica”, a partire
dalla “comunità di studio” dei vari master universitari dedicati alla
didattica e diffusione dell’italiano a stranieri, è stato raggiunto con
la:
- creazione di una rete telematica che ospita la comunità dei soci;
- creazione di un sito che contiene un bollettino periodico, materiali di formazione, informazioni professionali, i forum di cui all’art.
6; il sito è presente, tramite link, nei siti di tutte le istituzioni che
partecipano all’ADMIS, nonché di altre istituzioni che si occupano
della didattica e promozione dell’italiano a stranieri;
- organizzazione di convegni di studio e formazione, sia in Italia sia
all’estero, per valorizzare le competenze maturate;
- istituzione di gruppi di ricerca e pubblicazione dei loro risultati
su carta, Cdrom, documenti web, ecc.
- coordinamento delle azioni per il riconoscimento e la valorizzazione del titolo di master sia in Italia sia in paesi stranieri.
1.3.3 RAIM, Rete di associazioni di italianisti nel mondo
La rete di associazioni di italianisti nel mondo, è un’altra iniziativa del Laboratorio Itals sorta allo scopo di far comunicare in maniera
semplice e diretta, chi si occupa di lingua e cultura italiana nel mondo.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
29
La rete, infatti, riunisce tutte le associazioni di italianisti e le
scuole di italiano a livello mondiale, allo scopo di promuovere la lingua e la cultura italiana e di migliorare la qualità dell’insegnamento
della stessa, attraverso un’organizzazione che fa circolare informazioni sulla didattica e sulla promozione dell’italiano.
La sede legale è presso il Laboratorio Itals del Dipartimento di
Scienze del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia; la
rete ha inoltre uno statuto e un rappresentate ufficiale.
1.3.4 BIG, Biblioteca italiana di glottodidattica
Altra iniziativa che rispecchia l’attenzione all’aggiornamento continuo dei docenti è la BIG, Biblioteca italiana di glottodidattica. Si
tratta di una raccolta on line di schede e recensioni di testi di glottodidattica italiana dal 1995 in poi. I commenti riguardano testi, saggi
su riviste e raccolte, singoli capitoli di libri intesi come saggi monografici. La BIG è disponibile nel sito del Laboratorio ITALS e la ricerca dei testi è effettuabile per parole chiave riguardanti gli autori o le
tematiche del pezzo.
1.4 La certificazione didattica e l’accreditamento dei docenti
e delle scuole
Alla fine dei suoi corsi ITALS rilascia, secondo quanto dispone la
legge italiana, diplomi (nel caso dei master) o attestati nel caso di altri corsi di formazione.
Tuttavia, anche per la pressante richiesta di certificazione didattica in una situazione che non prevede l’abilitazione per i docenti di
italiano a non nativi, ITALS ha proposto due iniziative: la CEDILS e
una sua variante, CEFILS, che “certificano” una competenza didattica
di partenza, secondo un modello inaugurato da Balboni nel suo periodo di lavoro all’Università per Stranieri di Siena (la DITALS) e
l’accreditamento dei docenti di italiano.
30
GRAZIANO SERRAGIOTTO
1.4.1 CEDILS e CEFILS
La certificazione CEDILS e la certificazione CEFILS sono dei titoli
culturali che dipendono dal prestigio dell’istituzione che li rilascia e
che non hanno valore legale, anche perché attualmente non esiste una
abilitazione per insegnare italiano a stranieri (a parte la SSIS Veneto
che ha attivato in via sperimentazione un’abilitazione per insegnare
italiano come lingua seconda, ma non come lingua straniera).
La certificazione CEDILS è una certificazione della competenza in
didattica dell’italiano lingua straniera o lingua seconda da ormai una
decina di anni cerca di concretizzare in Italia e nel mondo l’idea di
insegnante di “qualità”. Rappresenta, come si è già detto, un titolo
culturale che viene rilasciato dal Laboratorio ITALS dell’Università
Ca’ Foscari di Venezia in seguito al superamento di un esame sostenibile a Venezia e in sedi convenzionate sia in Italia che all’estero.
Inoltre è stata attivata la certificazione CEFILS per la necessità di
formare delle persone specializzate in grado di insegnare l’italiano
come lingua seconda. Tale figura, definita come “facilitatore linguistico e dell’apprendimento”, si occupa di accoglienza, inserimento e
formazione di persone straniere per quanto concerne la lingua e la
cultura italiana.
Non necessariamente devono conoscere lingua e cultura d’origine
degli immigrati con i quali si trovano ad operare ma devono avere
precise conoscenze dei processi legati all’apprendimento dell’italiano
come L2, devono essere in grado di attivare le risorse di un gruppo
eterogeneo e di rispondere in maniera professionale e consapevole
alle esigenze dell’apprendente straniero e alla complessità del gruppo
plurietnico.
Per maggiori informazioni riguardo alle certificazioni consultate
l’appendice.
1.4.2 L’accreditamento dei docenti e delle scuole
Il Progetto sperimentale “ITALS per la qualità didattica” è un accreditamento didattico delle istituzioni e dei docenti che operano
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
31
nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano a studenti stranieri all’estero o/e in Italia. Si tratta di una sorta di marchio di qualità che
attesta la conformità delle strutture, delle risorse umane, dei processi
secondo le indicazioni che l’organo valutatore ha indicato come prioritarie per essere riconosciuti come istituzioni e/o docenti che esercitano con professionalità e qualità l’insegnamento e la promozione
dell’italiano come lingua straniera o seconda. Tale progetto nasce
dalla filosofia di miglioramento continuo verso l’eccellenza e si propone, oltre di accreditare gli interessati, di fornire indicazioni su come progredire e/o migliorare il proprio percorso di formazione finalizzata alla competenza nella didattica dell’italiano. Si rivolge a istituzioni impegnate nell’insegnamento della lingua italiana, siano esse
scuole, università, enti, associazioni, ecc. di diritto pubblico o privato
e a docenti singoli che in autonomia desiderano accreditarsi.
L’organismo preposto al rilascio dell’accreditamento ha sede
presso il Laboratorio ITALS; questo organo ha il compito di istruire le
pratiche ed espletare le procedure relative alle richieste di accreditamento e gestire i rinnovi.
L’accreditamento ha durata triennale, dopodiché si può richiedere
il rinnovo.
Per quanto riguarda gli ambiti presi in considerazione per l’accreditamento, essi riguardano: le istituzioni e i docenti.
Il progetto ITALS Qualità esamina gli elementi relativi ai due ambiti al fine di assegnare una sorta di valutazione sulla qualità di persone e istituzioni che si occupano dell’italiano, in modo da fornire
anche un riconoscimento che può essere riconosciuto come garanzia
di un elevato livello di professionalità da chi si rivolge al docente o
all’istituzione.
1.5 Esperienze di formazione condotte dal 1998 al 2008
dal Progetto ITALS
Nell’ambito della formazione dei docenti ITALS ha formato con
corsi di almeno 30 ore i seguenti docenti:
32
GRAZIANO SERRAGIOTTO
Master ITALS 1° livello, nove cicli
1° livello, per formatori (1 ciclo, 2004-05)
2° livello 2 cicli
Corso di perfezionamento in presenza. 10 cicli
Scuola di formazione. 7 edizioni
Certificazione Cedils, in Italia e all’estero
Corsi propedeutici alla certificazione Cedils
Progetto Alias. 7 anni, corsi telematici
corsi in presenza presso scuole
Corsi all’estero. 7 anni, presso Enti ed Istituzioni
Formazione dei lettori di italiano per conto del MAE
Corsi FSE e Grundvig
TOTALE DI DOCENTI FORMATI
iscritti
1310
30
64
612
199
913
350
621
2485
2135
54
128
8901
1.5.1 Corsi di formazione all’estero
Il Laboratorio ITALS ha predisposto una serie di proposte formative che si rivolgono alle istituzioni. I corsi sono di 15 o di 30 ore e
sono tenuti da due docenti. In alcune sedi sono stati ripetuti più volte.
Argentina – Rosario, Viedma,
Mar del Plata, Bariloche, Buenos
Aires, Cordoba, La Plata
Armenia – Erevan
Australia – Sydney, Brisbane,
Cairns
Austria – Innsbruck
Belgio – Bruxelles
Brasile – Rio de Janeiro, Belo
Horizonte, Porto Alegre, Florianopolis, Curitiba
Bulgaria – Sofia
Canada – Toronto, Montreal
Cechia – Praga
Cile – Santiago
Cina – Pechino
Equador – Quito
Formosa – Taiwan
Francia – Nizza, Lione
Germania – Colonia, Berlino,
Saarbrucken, Stoccarda
Grecia – Atene, Salonicco
Marocco – Casablanca, Rabat
Messico – Città del Messico
Moldavia – Chisenau
Polonia – Varsavia, Cracovia
Portogallo - Lisbona
Siria – Damasco, Aleppo
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
Stati Uniti – Washington, Chicago, Boston, Miami, New York,
Houston
Sudafrica – Johannesburg, Durban, Cape Town, Pretoria
33
Svizzera – Losanna, Basilea,
Berna
Turchia – Istanbul
Uruguay – Montevideo
Venezuela – Caracas
Vietnam – Hanoi
1.6 Il sillabo presentato in questo volume
La seconda sezione di questo volume è un “sillabo”, cioè la descrizione dei contenuti degli interventi formativi per una serie di argomenti che risultano tra i più richiesti nella formazione.
Si tratta di schede di riferimento, che servono
a. a chi intende affidare a ITALS la formazione personale o della
propria struttura, per sapere che cosa si “celi” in realtà dietro ai titoli. Quando un ente o una persona si affida a ITALS per la formazione su un dato tema, attraverso queste schede può sapere quale
sarà il contenuto dei ogni singolo modulo o lezione;
b. alla struttura ITALS che, dotandosi di un sillabo ufficiale, ha uno
strumento per garantire che non ci sia una sostanziale differenza,
se non quella legata ai tratti personali, sui contenuti offerti dai diversi formatori;
c. agli stessi corsisti a vedere come saranno sviluppati i vari argomenti degli interventi, acquisendo una consapevolezza della formazione in atto e permettendo loro di interagire nell’organizzazione e nello sviluppo di ogni singolo intervento.
Non offriamo una bibliografia specifica per ogni tema perché
questo “fisserebbe” il progetto formativo ad una data, 2008, ignorando quel che verrà pubblicato in seguito dalla ricerca italiana ed internazionale; in appendice è comunque presente una bibliografia delle
pubblicazioni concepite nell’ambito ITALS, necessariamente limitata
alla data di questo volume, ma continuamente aggiornata nel sito
ITALS.
34
GRAZIANO SERRAGIOTTO
2. Un sillabo per la formazione degli insegnanti di italiano a stranieri
In questo capitolo si esploreranno le coordinate teoriche che regolano i nostri progetti di formazione dei docenti e si vedranno le tipologie di formazione che si sono proposte in questi anni: solo alla luce
di queste riflessioni il sillabo presentato nella seconda parte del volume assume infatti significato e non si riduce ad una lista di titoli e
di argomenti.
2.1 Italiano L2, LS, LE: elementi comuni e punti di divergenza
Definiamo anzitutto i termini, utilizzando il Dizionario di glottodidattica on line che si trova nel sito ITALS e che quindi costituisce il
punto di riferimento terminologico (il che, in un impianto scientifico,
significa anche il punto di riferimento concettuale) per tutti coloro
che offrono e chiedono formazione al nostro Laboratorio.
Lingua Straniera (LS)
L’aggettivo “straniero” indica l’italiano studiato in un contesto,
un paese, in cui essa non è normalmente presente, a differenza della
lingua “seconda” che invece è presente. È “straniero” l’italiano studiato in contesti in cui la nostra lingua non è parlata non solo dalla
popolazione, ma neanche da una comunità di emigranti italiani o di
loro discendenti (in tal caso, come vedremo, è lingua etnica).
A differenza dell’italiano lingua seconda, cioè studiato in Italia,
l’input linguistico in italiano LS è fornito (direttamente o con tecnologia didattica) dall’insegnante, che quindi lo organizza e lo gradua
come crede.
Molte attività didattiche di LS rischiano di tradursi in falsi dal
punto di vista pragmatico, perché si deve usare una lingua estranea,
l’italiano, tra due parlanti che invece hanno un’altra lingua in comune. Molta attenzione va quindi posta, nella LS, all’uso di tutte quelle
forme di comunicazione autentica che possono essere svolte attraverso internet, skype, you tube, i blog, ecc.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
35
Seconda lingua (L2, ital2)
Malgrado in inglese americano si usi spesso second come sinonimo di foreign, la lingua “seconda” è quella che lo studente può trovare anche fuori della scuola, come nel caso di un immigrato in Italia.
A differenza della lingua straniera, la situazione di italiano lingua
seconda (sempre più spesso definito “ital2”) prevede che molto
dell’input linguistico su cui si lavora provenga direttamente dall’esterno, spesso portato a scuola dagli stessi studenti, per cui l’insegnante lavora in gran parte prendendo spunto da materiali e domande
impreviste, non programmate: l’insegnante sa che dovrà intervenire
sulla scelta degli ausiliari essere e avere, ma mentre quello di LS sa
quando lo farà, quello di L2 non può prevedere quando arriverà
spontaneamente la richiesta da parte di uno studente, o quando troverà lo spunto ed il tempo per farlo.
Nella situazione di lingua seconda la motivazione è di solito immediata, strumentale, quotidiana (tranne in casi di situazioni bilingui
problematiche per ragioni storico-ideologiche, come quella italianotedesco a Bolzano), mentre nella situazione di LS la motivazione va
costruita quotidianamente, visto che l’italiano è una lingua “inutile”,
come vengono percepite tutte le linge diverse dall’inglese.
Lingua etnica (LE)
Si definisce “etnica” la lingua della comunità d’origine di una
persona quando questa lingua
non è la sua lingua materna,
ma è comunque presente nell’ambiente degli immigrati.
È il caso, ad esempio, dei figli di immigrati italiani che spesso
crescono in quartieri a fortissima percentuale di italiani, e quindi
possono sentire l’italiano parlato in casa e tra gli amici dei genitori e
in stazioni televisive locali ma senza per questo configurarsi come
italiano lingua seconda.
In America si tende a stabilire un’ulteriore differenza, per cui la
lingua etnica può essere family language, se si tratta di famiglie immigrate e stanziate in zone in cui non ci sono altri immigrati della
stessa provenienza, e community language, quando c’è una vera e
36
GRAZIANO SERRAGIOTTO
propria comunità per cui la lingua etnica è effettivamente usata anche
fuori di casa.
Vediamo ora più in dettaglio ciò che caratterizza queste tre dimensioni; utilizziamo come base lo studio comparativo di Balboni
(2006) sulle differenze tra italiano L1 ed L2.
a. Processo di acquisizione e di apprendimento
Lingua seconda
Lingua etnica
Si mira all’acquisizione Si mira all’acquisizione
di una lingua che viene di una lingua che viene
sentita e vissuta anche vissuta all’interno della
in ambiente extrascola- comunità degli emigranstico, e che va anche
ti; la componente metaappresa in termini for- linguistica è fondamentamali.
le per far cogliere la differenza tra i dialetti, che
spesso costituiscono la
vera lingua etnica, e la
lingua standard.
b. Pre-conoscenze dello studente
Lingua etnica
Lingua seconda
Il gruppo è teoricamenIl gruppo è disomogete omogeneo (anche se
neo.
Ogni studente conosce la dialettofonia degli
una o più lingue e spes- emigranti complica il
so un alfabeto diverso
quadro), ma in realtà si
hanno differenti livelli
da quello latino, e ciò
interferisce sull’italiano di competenza, e articolazioni tra competenza
da acquisire.
ricettiva e produttiva.
Lingua straniera
Si mira all’acquisizione
di una lingua ignota; la
componente metalinguistica è quindi poco
approfondita e funge da
sostegno cognitivo.
Lingua straniera
Il gruppo è omogeneo o
nella mancanza di conoscenze pregresse sulla nostra lingua, o nella
competenza dovuta a
corsi precedentemente
seguiti.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
c. Idea di conoscenza, di scuola
Lingua seconda
Lingua etnica
Anche se ha un’idea
Vivendo all’estero ha
originaria di scuola le- l’idea locale di scuola e
gata alla cultura di pro- di conoscenza, ma quevenienza, la frequenza sta può essere integrata
di scuole italiane omo- da informazioni sulla
geneizza nel tempo
scuola italiana da parte
delle famiglie e della
l’atteggiamento degli
comunità.
studenti.
d. Motivazione
Lingua seconda
Si basa essenzialmente
sul bisogno di comunicare e sulla volontà di
integrarsi in Italia
Lingua etnica
Può essere dovuta
all’obbligo delle famiglie oppure alla libera
ricerca delle radici culturali, con esisti ovviamente opposti.
e. Autonomia dello studente
Lingua etnica
Lingua seconda
Lo studente acquisisce Lo studente non è autonomo nell’acquisizione
autonomamente fuori
dall’aula e quindi porta perché le comunità
in classe i suoi proble- spesso non parlano itami sull’italiano.
liano ma dialetti, quindi
in classe chiede “lumi”
su queste due realtà linguistiche in contatto
37
Lingua straniera
Vivendo all’estero ha
l’idea locale di scuola e
di conoscenza e ritiene
che l’insegnamento
dell’italiano debba essere coerente con il suo
modo di considerare la
conoscenza
Lingua straniera
Può essere dovuta
all’obbligo delle famiglie o del curricolo locale oppure alla libera
ricerca delle radici culturali, con esisti ovviamente opposti.
Lingua straniera
Lo studente ha
l’autonomia minima di
chi studia una lingua
straniera e deve dipendere in toto dal modello
offerto dal docente e
dai materiali, anche se
può avere autonomia di
riflessione metalinguistica
GRAZIANO SERRAGIOTTO
38
f. Supporto della famiglia
Lingua seconda
Lingua etnica
Le famiglie spesso sono Lo studente può subire
un freno, pongono linee una dannosa influenza
culturali invalicabili,
della varietà o del diache rallentano il lavoro letto familiare, nonché
autonomo dello studen- dell’idea obsoleta che
te.
questi hanno dell’Italia
e dell’italiano
Lingua straniera
Lo studente è autonomo
di fronte al compito di
imparare l’italiano.
g. Italiano standard, italiano regionale, dialetto
Lingua seconda
Lingua etnica
Lingua straniera
Lo studente è esposto
Lo studente può subire Lo studente è esposto a
alla varietà regionale e una dannosa influenza materiali in italiano
all’eventuale dialetto,
della varietà o del dia- standard.
ma dai mass media riletto familiare.
ceve anche input in italiano standard.
h. Ruolo del video
Lingua seconda
La visione, soprattutto
guidata, di film e programmi televisivi costituisce fonte di acquisizione e di riflessione,
ma non è necessaria per
dare un’idea della cultura italiana nella quale
lo studente è immerso
quotidianamente.
Lingua etnica
Lo studente può trarre
da film e programmi
televisivi informazioni
sulla lingua e cultura
italiana d’oggi, che
vanno a sostituire le
visioni spesso obsolete
della comunità italiana
all’estero.
Lingua straniera
Film e televisioni integrano il corso di lingua
con gli elementi culturali dell’Italia d’oggi,
oltre a fornire campioni
autentici di lingua.
Come si vede, le differenze sono molte e sostanziali – ma ci sono
anche elementi comuni: dal concetto di curricolo a quello di modelli
operativi (modulo, unità didattica, unità d’apprendimento) alle linee
per sviluppare la dimensione cognitiva delle varie abilità, al ruolo
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
39
della relazione all’interno della classe, al tipo di metodologie utilizzate, al concetto di verifica e valutazione, all’elaborazione di un testing, all’uso degli audiovisivi, ecc.
Organizzare la formazione dei docenti in presenza di un quadro di
tale complessità è possibile solo se ogni tema viene affrontato secondo due piani:
a. anzitutto lavorando su quei principi e processi glottodidattici che
accomunano le varie situazioni di insegnamento – non solo
dell’italiano, ma di ogni lingua non nativa;
b. innestando sulla parte precedente il contributo dei corsisti in formazione, che di solito provengono da realtà diverse e quindi consentono di portare ad una scoperta induttiva delle caratteristiche
che abbiamo visto nello schema sopra.
Un caso particolare è costituito dai corsi all’estero, in quanto gli
insegnanti svolgono spesso un’azione duplice di lingua etnica e di
lingua straniera – complessità di cui di solito non sono pienamente
consapevoli e che quindi costituisce uno dei punti nodali di ogni progetto di formazione all’estero.
Di solito partendo, prima di tutto, dalla loro esperienza personale,
si riesce a fare una mappatura dei loro bisogni, si sistematizza ciò
che per anni è stato fatto in modo intuitivo e che in molti casi è stato
efficace, e quello che è sicuramente importante è il fatto che si rafforza la motivazione dell’insegnante: può trovare degli aiuti, delle
risposte concrete ai suoi reali bisogni e in molti casi grazie ai suoi
colleghi, ma quello che può essere gratificante per lo stesso insegnante è il fatto che egli stesso può diventare fonte e ricchezza per
gli altri colleghi grazie all’esperienza maturata.
2.2 L’epistemologia glottodididattica di riferimento
Se è vero, come abbiamo visto nel secondo paragrafo, che molte
sono le differenze tra le situazioni didattiche in cui i corsisti si trovano o si troveranno ad operare, altrettanto vero è il fatto che solo in
40
GRAZIANO SERRAGIOTTO
una epistemologia comune, in un’idea fondante del concetto di “insegnamento di una lingua non nativa” si possono trovare gli elementi
di forza per impostare una formazione di base, preordinata rispetto
all’operatività in situazione di L2, LE ed LS.
L’idea di fondo della Scuola Veneziana di Glottodidattica è che
questa scienza sia teorico-pratica, che quindi ci sia un’interazione
continua tra la dimensione teorica e l’operatività, e che essa risulti
nel punto di incontro di quattro grandi aree scientifiche: si tratta di
una scienza interdisciplinare che si rifà alle scienze psicologiche, alle
scienze del linguaggio, a quelle della cultura e a quelle della formazione.
In riferimento alla persona che apprende avremo in modo particolare la neurolinguistica che studia come funziona il cervello
(hardware), la psicologia che si occupa di come questo hardware si
mette in moto, la psicolinguistica che studia come è organizzata la
lingua (software) per l’acquisizione linguistica.
Rispetto alla lingua che viene insegnata abbiamo la linguistica
che è una scienza teorica e che mira a conoscere la natura della lingua assieme ad altre scienze del linguaggio; l’antroprologia e altre
scienze della cultura e sociali, come la sociolinguistica, la pragmalinguistica, l’etnolinguistica e la comunicazione interculturale si occupano degli aspetti sociali, pragmatici, culturali legati alla lingua e
alle persone, perché insegnare una lingua non significa dare solo uno
strumento linguistico in astratto ma considerare il contesto in cui sono inseriti i parlanti di tale lingua.
Inoltre la glottodidattica per gli aspetti legati alla natura della comunicazione, agli eventi comunicativi e alla competenza comunicativa si rifà alle scienze legate alla comunicazione, dalla semiotica alla
etnografia della comunicazione.
Quello che è importante sottolineare è che la glottodidattica, pur
avendo un carattere fortemente interdisciplinare, non è la semplice
somma delle varie aree delle scienze delle quali abbiamo sopra accennato: diventa a pieno titolo una scienza che è nuova e indipendente e trae forza proprio per il suo carattere di interazione con le altre
scienze.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
41
È questa dimensione epistemologica (comune tra l’altro anche
all’insegnamento della lingua materna e delle lingue classiche, quindi all’intero complesso dell’educazione linguistica) che offre il punto
comune a tutte le esperienze di formazione di ITALS.
Un secondo modello teorico proprio della Scuola Veneziana è
quello che differenzia i tipi di conoscenza necessari in glottodidattica:
Teorie di riferimento
delle idee
Approccio
Metodo
Metodologia
didattica
area dell’azione
area della ricerca
La ricerca, che l’insegnante deve conoscere, anche se spesso non
la conduce in proprio, si articola in approccio, cioè una filosofia
dell’educazione linguistica (che cosa è la lingua, codice formale o
strumento di comunicazione?, che rapporto c’è tra norma e uso? Che
cosa è lo studente: un vaso da colmare o una persona che pensa, scopre, sistematizza?, e così via), e metodo, cioè la traduzione degli assunti fondamentali dell’approccio in modelli operativi: curricolo,
programmazione, ecc. L’insegnante deve conoscere il metodo che
usa e cercare poi, nel grande repertorio delle tecniche didattiche, delle metodologie di gestione della classe, e così via, quel che gli serve
in quella classe, in quella scuola.
L’approccio di riferimento di Itals è quello comunicativo, che
porta ad una definizione del sapere la lingua come raggiungimento
della competenza comunicativa in italiano; essa risulta composta da
quattro elementi fondamentali che, nello schema di Balboni (2008),
sono:
GRAZIANO SERRAGIOTTO
42
mente
mondo
competenza
linguistica
competenza
extralinguistica
padronanza
delle abilità,
saper “fare”
lingua
mente
competenza
padronanza
socio-pragmatica
delle
abilità,
e culturale,
saper
saper “fare
con
“f la”lingua”
li
mondo
Se a livello di approccio non ci sono differenze tra i vari tipi di situazioni didattiche dell’italiano, queste emergono di più nei metodi
proposti per raggiungere la competenza comunicativa, dove trovano
diversa amalgama elementi che provengono dai metodi situazionali e
da quelli nozionali-funzionali, con una forte componente delle metodologie umanistico-affettive, della glottodidattica ludica, degli impianti costruttivistici e collaborativi.
Specifiche per le diverse situazioni sono invece le tecniche didattiche, nonché l’uso che si può fare dei materiali didattici e delle glottotecnologie.
2.3 Il profilo e la formazione dell’insegnante di lingue
Accanto alle linee progettuali della formazione che si derivano
dalla epistemologia glottodidattica di riferimento, che abbiamo visto
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
43
al punto precedente, altre linee provengono dalla riflessione sul profilo di un insegnante di qualità, sia nell’accezione propria degli studi
di scienza della formazione sia da quella sviluppatasi in questi anni
nell’ambito delle ricerche del Consiglio d’Europa che hanno condotto ad elaborare il Profilo dell’insegnante di lingua (Kelly M., Grenfell M., Allan R., Kriza C.,McEvoy W.) .
Riferendoci in modo particolare al docente di italiano, a parte una
conoscenza linguistica e metalinguistica, egli dovrà conoscere la cultura dell’Italia contemporanea, saper scegliere, adattare, integrare ed
usare i materiali didattici, saper creare materiali didattici partendo da
varie tipologie di testi autentici e avere la consapevolezza delle azioni fatte, anche attraverso le procedure della “ricerca-azione”, intesa
come strumento d’intervento didattico e di autovalutazione del docente stesso e come strumento per creare e testare autonomamente
materiali didattici.
Nello specifico dovrà essere in grado di progettare piani educativi
e attività didattiche, assumendo quindi funzioni varie e diversificate
come manager, leader, tutor, guida e regista all’interno di una classe.
In particolare, l’insegnante di italiano L2 dovrà gestire l’accoglienza
e l’inserimento di studenti o lavoratori stranieri nei diversi contesti e
conoscere i principi dell’educazione e della comunicazione interculturale.
Come emerso, insegnare una lingua straniera o seconda richiede
un molteplice impegno da parte dell’insegnante, il quale non deve
essere solamente a conoscenza delle lingua, ma deve anche possedere gli strumenti per insegnarla.
Considerando poi, che la lingua non è una realtà statica, ma in
continua evoluzione, sia dal punto di vista della forma, ma anche del
suo ruolo all’interno della società, il docente necessita di essere puntualmente aggiornato sulle strategie e metodologie che gli permettano di rispondere in maniera appropriata alle esigenze educative.
Da qui deriva la basilare importanza di una formazione continua,
che porti ad avere docenti esperti.
L’insegnante di lingue di qualità è, difatti, un insegnante esperto
di glottodidattica.
44
GRAZIANO SERRAGIOTTO
Come indica Balboni (2002, 2006), la glottodidattica è caratterizzata dal suo collocarsi all’intersezione tra quattro aree disciplinari
(scienze del linguaggio e della comunicazione, scienze psicologiche,
scienze della cultura e della società, scienze dell’educazione e della
formazione) dalle quali l’insegnante deve saper cogliere l’interdisciplinarietà e le implicazioni adatte al suo lavoro.
Per riuscire a comprendere questa operazione l’insegnante necessita di essere guidato nella conoscenza degli elementi fondamentali
delle suddette discipline legati all’insegnamento delle lingue e alla
loro applicazione più efficace nella didattica quotidiana.
Il ruolo del formatore consiste proprio in questo, ovvero nel portare concetti fondamentali teorici e analizzare il loro utilizzo
nell’ambito della didattica quotidiana, mettendo a disposizione degli
insegnanti la propria ricerca, le proprie esperienze e le sperimentazioni sul campo.
Si deduce, quindi, come la glottodidattica sia una scienza pratica
e non prettamente teorica, in quanto interdisciplinare e fondata sia su
scienze teoriche che pratiche dalle quali ricava informazioni e implicazioni utili alla risoluzione dei problemi ipotizzati (in questo caso:
come insegnare una lingua).
Le scienze pratiche si distinguono, infatti, per la ricerca di soluzioni a problemi che necessitano una risposta scientifica.
Come spiegato da Balboni, “nella prospettiva della glottodidattica
come scienza pratica interdisciplinare il soggetto è un glottodidatta
(lo studioso o l’insegnante), il quale definisce il problema (“devo insegnare l’italiano”) e per poterlo risolvere si rivolge a più scienze
(teoriche, applicate, pratiche) per coglierne le implicazioni utili alla
soluzione. Il suo scopo non è quello di “conoscere” ma quello di “risolvere”, anche se per risolvere deve conoscere, così come il medico
non si limita a conoscere l’anatomia o la chimica ma le usa per curare, per risolvere il problema della persona malata o per evitare che si
ammali”.
Sempre riprendendo Balboni, “le quattro (e, ripetiamo, tutte e
quattro, non una scelta a piacere) grandi aree di conoscenza che abbiamo sintetizzato sopra divengono “glottodidattica” nel momento in
cui vengono integrate, non solo giustapposte l’una accanto all’altra.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
45
Formare insegnanti di italiano come lingua seconda significa fornire
loro le mappe concettuali di queste aree, presentare loro l’intero panorama delle conoscenze disponibili.”
La formazione degli insegnanti di lingua, ha il compito di trasmettere conoscenze fondamentali riguardanti gli aspetti più peculiari che entrano in gioco in un processo di insegnamento/apprendimento di una lingua, attraverso anche la condivisione di metodologie, strategie, strumenti e materiali che forniscono un supporto importante all’acquisizione dei discenti.
L’obiettivo dell’insegnante di lingua è, infatti, quello di formare
studenti competenti, autonomi, che siano in grado di agire attivamente con la lingua e di instaurare degli scambi relazionali attraverso il
linguaggio, in maniera tale da autopromuoversi nel campo dell’educazione, del lavoro e dell’inserimento sociale.
Lo scopo dell’insegnamento riflette, perciò, la politica linguistica
europea, la quale mira ad avere cittadini attivi che sviluppino tra loro
relazioni.
L’Unione Europea già da tempo ha riconosciuto il ruolo fondamentale delle lingue (vedi il White Paper: “Teaching and Learning:
Towards the Learning Society”, 1995) e di conseguenza della formazione dell’insegnante.
Ricerche finalizzate all’argomento, come “The Training of
Teachers of a Foreign Language: Developments in Europe” del Directorate-General for Education and Culture hanno riportato che:
the quality of language teacher education could be improved by
giving language teachers access to a common core of knowledge,
skills and values. It envisaged a shared body of concepts, terms and
analytical tools for language teacher education.
Per arrivare a ciò e per essere, quindi, competenti in Europa, gli
insegnanti di lingue hanno assoluto bisogno di essere aggiornati sulle
conoscenze e sugli strumenti che gli permettano di raggiungere tali
obiettivi con i propri studenti; la formazione continua rappresenta, di
conseguenza, una realtà sentita e necessaria.
46
GRAZIANO SERRAGIOTTO
Tale concetto di partecipazione attiva, fa trasparire un’interpretazione della competenza linguistica incentrata sulla comunicazione
e sull’agire con le proprie competenze; il ruolo dell’insegnante richiede, perciò, la padronanza delle strategie per fornire agli studenti
gli strumenti e le strategie per usufruire in maniera attiva delle proprie abilità e competenze.
Naturalmente l’insegnante per riuscire a dare indicazioni sulle
strategie e gli strumenti adeguati, deve perseguire un’attenta analisi
dei bisogni dei discenti.
La formazione dell’insegnate di lingua, prevede anche la condivisione di linee guida per attuare analisi dei bisogni appropriate che
portino, poi, alla scelta di metodologie didattiche adatte.
Il formatore deve essere in grado di indicare agli insegnanti cosa
prendere in considerazione nell’analisi dei bisogni e come tenere
conto delle esigenze e delle variabilità dei discenti in funzione del
progetto formativo da attuare.
La formazione dell’insegnante di qualità riguarda, per cui, ogni
aspetto del processo di insegnamento/apprendimento, dall’analisi dei
bisogni e la programmazione iniziale, alla valutazione degli apprendimenti nonché dei processi e dei progetti che hanno portato all’apprendimento.
Formare docenti di lingua comprende, difatti, l’indirizzare verso
la realizzazione di progetti (come ad esempio percorsi CLIL) che
coinvolgano particolari metodologie ed obiettivi per lo sviluppo delle
competenze; la formazione riguardante progetti comprende l’indicazione di linee guida per l’attuazione degli stessi e per la valutazione
degli esiti.
Tale percorso formativo può inoltre proseguire con il monitoraggio dei processi realizzati, risultante in una loro analisi, valutazione e
revisione.
È chiaro come più aspetti concorrano nella sfera d’azione
dell’insegnante di lingue e come costui debba essere in grado di gestire diverse aree dell’insegnamento per educare cittadini attivi.
La semplice conoscenza della lingua non basta, sono necessarie
ulteriori competenze per affrontare con successo un percorso di insegnamento efficace e qualitativamente importante.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
47
Come sostiene Margiotta (2008), difatti, il profilo dell’insegnante
deve essere costituito dall’integrazione di più dimensioni:
- la dimensione culturale
- la dimensione psico-pedagogica
- la dimensione metodologica e didattica
- la dimensione della pratica riflessiva
- la dimensione relazione e sociale
- la dimensione organizzativa.
Attraverso l’azione trasversale a queste dimensioni, l’insegnante
può creare un ambiente di apprendimento favorevole ad una acquisizione costruita, pensata, collaborativa ed attiva.
Si percepisce, da quanto detto, come la formazione sia fondamentale per l’insegnante di lingue, il quale, per realizzare i suoi obiettivi
deve essere competente in più campi; la figura del docente di lingua
è, perciò, una figura complessa da formare, che richiede competenze
specifiche in più aree.
La complessità di tale ruolo è ancora più marcata se si considera il
fatto che l’insegnate usa la lingua come obiettivo e come mezzo per
portare il discente a conoscere un’altra cultura.
Un obiettivo prioritario riguarda, infatti, l’educazione al plurilinguismo, all’apertura all’intercultura attraverso la lingua e il docente è
tenuto a fornire i mezzi affinché tale traguardo sia raggiunto.
Di più, l’insegnante di italiano oltre a possedere una competenza
specialistica e saper collegare lingua e cultura, deve essere in grado,
nel caso dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda in ambito scolastico, di veicolare le discipline.
L’insegnante di italiano L2 deve lavorare in interdisciplinarietà,
occupandosi di far acquisire allo studente le competenze necessarie
per la comunicazione di base prima e per la lingua dello studio poi.
Come afferma Balboni, un docente di qualità di lingue, deve fungere da interprete tra Italia ed altri paesi, in modo che lo scambio non
sia sol linguistico, ma rivolto anche ad altre aree disciplinari, onde
trasformare la lingua straniera in strumento veicolare.
Anche in questo caso la formazione del docente si rende necessaria, in modo da informare sugli strumenti specifici per questa partico-
48
GRAZIANO SERRAGIOTTO
lare situazione, in cui egli è chiamato a fornire agli studenti la chiave
d’accesso prioritaria per l’inserimento scolastico.
Il contesto dell’italiano come lingua seconda richiede, perciò,
l’utilizzo di specifiche metodologie sulle quali l’insegnante necessita
di essere formato.
Sia in ambito di lingua straniera che di lingua seconda le conoscenze che caratterizzano l’insegnante di qualità si rivelano piuttosto
specifiche e decisamente fondamentali e, per questo motivo, i percorsi di formazione si dimostrano particolarmente utili, se non necessari.
Il fine è quindi quello di formare professionisti in grado di proporre un insegnamento competente, basato sulla padronanza di teorie, metodologie e strumenti che supportino in maniera valida il processo di apprendimento linguistico.
Il Laboratorio ITALS condivide tale scopo e mira con le sue proposte di formazione, alla diffusione di docenti di qualità, rispettando
così anche le indicazione europee riguardanti il Profilo Europeo dell’insegnante di lingue, il quale, nato con lo scopo di “summarise the
principles of foreign language teacher education, focusing on the
structure, content and values of teacher education” indica le competenze e gli ambiti di competenza di un insegnante di lingue elencando:
- The core linguistic, pedagogical and methodological skills required for language teachers to be effective in a European context.
- Other aspects of professional competence, for example, European
citizenship, the psychology of learning, the philosophy of education, the teacher as manager, and ICT.
- The characteristics of a good foreign language teacher and effective classroom teaching strategies to promote learner motivation
and take account of differences between learners and different
learning contexts.
- Teachers’ career development from newly qualified to advanced
and expert status.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
49
Alcuni aspetti essenziali in esso inclusi, considerati come competenze irrinunciabili per l’insegnante, riguardano:
- studi accademici
- esperienze
- aggiornamento/formazione continua con modalità modulari e flessibili
- insegnamenti sull’approccio interculturale e multiculturale
- scambio internazionale di esperienza e informazioni
- partecipazione a progetti educativi
- specializzazione in glottodidattica
- uso delle nuove tecnologie per l’insegnamento, l’aggiornamento e
la ricerca di risorse
- formazione nella valutazione.
Il Laboratorio ITALS si ritrova nei concetti evidenziati dal Consiglio d’Europa e in particolar modo condivide, come si evince dalle
convinzioni ed esperienze esplicitate in questo volume, la descrizione del profilo dell’insegnante di lingue tracciata dall’EAQUALS – European Association for Quality Language Services (North B., Malateva G., 2007).
Tale profilo è descritto attraverso tre stadi di competenza, i quali
riflettono il percorso di un’insegnante professionista e vanno da una
conoscenza globale degli aspetti legati all’insegnamento ad una padronanza approfondita e una specializzazione in alcune aree tematiche.
Il profilo è inoltre diviso in quattro categorie fondamentali che
rappresentano le conoscenze e competenze fondamentali che contraddistinguono un docente di qualità, esse riguardano:
- lingua
- formazione
- competenze fondamentali
- abilità complementari.
I tre stadi descritti si intersecano con queste quattro categorie in
quanto un docente può avere un alto livello di competenza che deriva
50
GRAZIANO SERRAGIOTTO
dall’esperienza di classe, ma una formazione ancora non ben definita
o viceversa.
Per quanto riguarda la lingua, gli indicatori inseriti nel profilo, includono la padronanza della lingua, che ovviamente riguarda i parlanti non nativi, ma anche la conoscenza delle strutture della lingua,
che include parlanti nativi e non nativi.
Nella formazione rientrano: studi specifici, tirocinio ed esperienza
di insegnamento.
Le competenze riguardano: conoscenze e abilità metodologiche,
progettazione di lezioni e corsi, gestione dell’interazione in classe e
controllo delle attività, valutazione.
Tali competenze sono sviluppate soprattutto con l’esperienza e la
partecipazione a corsi di formazione, per questo l’EAQUALS propone
agli insegnanti di autovalutarsi con l’ausilio di un portfolio che includa
le voci principali riguardanti le loro necessità, come ad esempio:
- gestione della classe
- sensibilità e consapevolezza interculturale
- conoscenze linguistiche
- progettazione corsi
- delineazione obiettivi
- caratteristiche dell’apprendimento
- sensibilità verso le problematiche dei discenti
- tecniche di insegnamento
- valutazione
- modalità di controllo e feedback.
Riguardo le abilità complementari, esse fanno riferimento alla capacità dell’insegnante di sviluppare la sua formazione (con corsi,
scambi con colleghi, gestione di gruppi di lavoro) e alla sua alfabetizzazione informatica in funzione dell’insegnamento. Anche per
queste abilità l’EAQUALS suggerisce un’autovalutazione che includa
anche altre voci, quali, ad esempio:
- gestione delle persone
- amministrazione scolastica
- controllo e gestione della qualità
- testing linguistico.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
51
Il profilo del docente di lingue tracciato dall’EAQUALS, riflette
molto l’idea di insegnante sviluppata da ITALS, che si propone, con la
sua formazione, di far raggiungere agli insegnanti questi standard di
qualità che fanno la differenza nel valore della loro professione. Le
competenze, conoscenze e abilità descritte, riguardano e coincidono
inoltre con ciò che la certificazione CEDILS proposta dal Laboratorio
ITALS (vedi paragrafo 1.4.1) mira a verificare nei candidati a cui è
somministrata.
È chiaro quindi, come alla luce delle ricerche ed esperienza maturate a livello europeo (le quali come abbiamo visto sono in accordo
con quelle delineate dal gruppo ITALS) il docente di lingue abbia la
necessità di una formazione mirata ed approfondita se desidera inserirsi in un’ottica di qualità e professionalità.
2.4 La formazione online
Molti dei punti sopraelencati riguardanti il Profilo dell’insegnante
di lingua delineato dalla Commissione Europea, si realizzano nella
formazione online proposta dal Laboratorio ITALS. La fruizione della
rete per la formazione dei docenti si è rivelata una strategia vincente,
grazie ai numerosi vantaggi ad essa collegati, primo fra tutti quello di
superare le distanze, fornendo corsi modulari e flessibili basati
sull’interazione tra docenti dislocati in tutto il mondo.
La formazione online permette, infatti, di riunire a livello mondiale docenti/corsisti in una comunità virtuale caratterizzata dell’approccio costruttivista, in cui i corsisti, partendo dal materiale di studio e
dagli stimoli di riflessione forniti dai tutor, interagiscono scambiandosi opinioni ed esperienze, dando vita così ad una costruzione del
sapere basata sullo scambio di relazioni.
Tale collaborazione riflette la necessità, delineata dal Consiglio
d’Europa, di uno scambio internazionale di esperienze e informazioni, reso possibile, in questo caso, da un apprendimento realizzato online.
L’utilizzo delle nuove tecnologie, auspicato anche dalla Commissione Europea, è entrato a far parte delle pratiche dell’insegnante già
52
GRAZIANO SERRAGIOTTO
da tempo, prima attraverso i materiali didattici, poi per le offerte
formative e la reperibilità di materiali autentici.
La familiarità con questi mezzi ha aumentato notevolmente le
possibilità del docente, rendendolo più autonomo nella ricerca di materiali, nella partecipazione a forum o liste di discussione e nella frequenza dei corsi di formazione.
Come spiegato da Balboni (Balboni, Margiotta 2008) “l’impianto
formativo è duplice, da un lato trasmissivo, ad esempio nelle raccolte
di studi; dall’altro costruttivistico, laddove gruppi di insegnanti interagiscono partendo da un saggio o da un “evento scatenante” (per riprendere lo schema di Garrison, usato da Celentin 2007 per analizzare le dinamiche nella formazione online di docenti di lingue) e poi
confrontando e mettendo in comune il loro modo di affrontare quel
particolare problema, fino a giungere ad una posizione che realizza
appieno l’idea di G. Trentin di una particolare “condivisione delle
conoscenze” che è resa possibile proprio dai meccanismi comunicativi che si attuano in rete (Trentin 2004)”.
I compiti principali dell’insegnante saranno perciò, come delineato da Dolci (2008):
a. sviluppare i contenuti come oggetto di studio,
b. fornire gli strumenti relazionali e di mediazione che consentono la
partecipazione a una comunità .
Considerato, poi, che l’obiettivo dell’insegnante di lingue è quello
di avere studenti attivi all’interno di una comunità, è fondamentale
che egli ne faccia parte, almeno per un periodo.
Tale facilitazione tecnologica supporta notevolmente il processo
di life long learning dell’insegnante di lingue, in quanto vengono
messe a disposizione una serie di proposte formative usufruibili continuamente, grazie alla possibilità di scegliere il periodo più adatto,
rispetto alle proprie esigenze, per collegarsi alla rete e frequentare
uno o più corsi.
La formazione continua rappresenta un mezzo per arrivare alla
qualità e l’online si propone come potente supporto per tale processo.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
53
La flessibilità, la modalità e anche la convenienza di questo strumento garantiscono una soddisfazione delle esigenze dell’insegnante,
che necessita di essere libero negli orari di lavoro, nella distribuzione
nel tempo della sua formazione e dell’investimento per essa.
Tale concetto di libertà assume un significato ancora più ampio,
se interpretato anche come libertà di spazio, in quanto, come precedentemente accennato, la rete supera le distanze permettendo al corsista da una parte di scegliere un ente di formazione lontano dalla sua
locazione e, dall’altra, di riunirsi e interagire con colleghi che operano in tutto il mondo.
Questo scambio di conoscenze ha un valore basilare per il docente
di lingue, che, come già affermato, utilizza la lingua per far conoscere una cultura e, perciò, è assolutamente utile che sperimenti un approccio multiculturale in prima persona; inoltre le piattaforme online
offrono le possibilità di lavorare in gruppo, dando vita ad un approccio collaborativo che, come noto, fortifica la costruzione della conoscenza.
La formazione online, inoltre, migliora le competenze informatiche del docente, che al giorno d’oggi è continuamente chiamato ad
utilizzare le tecnologie se desidera condividere e usufruire dei mezzi
più conosciuti dai suoi studenti e che costituiscono un supporto non
solo didattico, ma anche motivante e accattivante.
Come riassume Celentin (2008), i maggiori cambiamenti introdotti dalle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione riguardano:
- il passaggio da un sapere oggettivo a un sapere costruito
- il passaggio da una società industriale a una società conoscitiva.
L’aumento della diffusione via web di offerte formative registrato
negli ultimi anni dimostra come i vantaggi elencati siano stati fortemente percepiti dagli insegnanti che spesso prediligono questo mezzo per il loro aggiornamento rispetto a prolungati corsi in presenza.
L’esperienza di ITALS nella formazione online testimonia la validità di questo mezzo che, in alcuni casi, ha sostituito la formazione in
presenza.
54
GRAZIANO SERRAGIOTTO
I risultati ottenuti in termine di acquisizione delle competenze,
fanno trasparire l’utilità e la qualità delle modalità adottate; il numero di insegnanti annualmente coinvolti in questo tipo di formazione palesa i vantaggi di fruizione di questo sistema.
Questo deriva anche dal fatto che le figure coinvolte nella progettazione e nella gestione dei corsi online all’interno del Laboratorio
ITALS sono esperte di glottodidattica e di formazione online, le quali
costruiscono percorsi ad hoc per l’aggiornamento e la specializzazione degli insegnanti di lingue.
La formazione online condivide le finalità di formazione descritte
precedentemente: avere docenti esperti è, perciò, l’obiettivo prioritario per un ente serio, che rifletta la politica linguistica europea.
PARTE SECONDA
SCHEDE TEMATICHE PER LA FORMAZIONE
1. Il contesto politico e istituzionale
1.1 La politica linguistica dell’unione europea
PAOLO E. BALBONI
La storia dell’intervento europeo (inteso sia come Consiglio
d’Europa, sia come Commissione) nel settore delle lingue si articola
in una serie di interventi precisi che mostrano l’esistenza di una politica coerente da almeno 40 anni, e che costituiscono una cornice potenzialmente favorevole alla diffusione dell’italiano.
Le sei iniziative principali della politica linguistica europea sono:
a. il Progetto Lingue Moderne, portato avanti dal Consiglio
d’Europa negli anni Sessanta-Ottanta, è indirizzato al mondo dei
glottodidatti: progettisti di curricoli, autori di materiali didattici,
insegnanti; è un progetto datato, ma la creazione di Livelli Soglia
continua ancor oggi;
b. l’art. 126 (oggi 149) del Trattato di Maastricht: si prende atto del
valore della pluralità linguistica e si stabilisce che ogni cittadino
europeo ha diritto all’istruzione nella propria lingua materna e in
due lingue straniere – con l’eccezione del Regno Unito e della
Repubblica d’Irlanda che possono limitarsi ad una sola lingua
straniera; il “diritto” di cui parla il Trattato è un diritto costituzionale, in quanto il Trattato è stato inserito in ogni costituzione degli Stati Membri;
c. i libri Bianco e Verde di Delors e Cresson sono testi strategici della Commissione degli anni Novanta; vi si disegna il futuro europeo in termini di “società della conoscenza” e si mettono le basi
per l’accordo di Bologna, fondamentale per l’integrazione della
formazione universitaria europea, e per la “Dichiarazione di Lisbona”, che traccia le linee – utopiche? – di sviluppo europeo: sono tutti documenti in cui il problema linguistico è fondamentale e
viene definito indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi
strategici;
d. negli stessi anni Novanta, il Consiglio d’Europa lavora al Quadro
Comune, che rispetto al Progetto Lingue Moderne di vent’anni
prima ha una fondamentale differenza: il problema della forma-
58
GRAZIANO SERRAGIOTTO
zione plurilingue dei giovani cittadini europei viene allargato divenendo un problema politico e sociale, riguarda tutti, dal genitore al Ministro dell’Istruzione;
e. le iniziative recenti, in cui la Commissione avoca sempre più a sé
la politica linguistica, che gli stati membri sembrano riottosi ad
applicare, visti i costi e le difficoltà di realizzazione: il Piano
d’Azione 2004-2007, promulgato dalla Commissione Europe nel
luglio del 2003, indica una serie di punti da raggiungere, che vengono abbondantemente finanziati ma sui quali gli stati dovranno
rendicontare dettagliatamente, pena multe economiche; la “Nuova
generazione “ di programmi europei per il 2007-2013, decisa dalla Commissione nel luglio del 2004: Erasmus, Socrates, Leonardo, Comenius, ecc. sono iniziative con cui si forma una classe dirigente plurilingue e interculturale; il Quadro Strategico per il
Multilinguismo nel novembre del 2005 in cui si afferma che la
differenza linguistica e culturale è valore fondante dell’Unione,
che non ci sarà un melting pot europeo, e si indicano tappe, processi, finanziamenti per la diffusione delle lingue intese non solo
come problema educativo (e come tale lasciato alla gestione riottosa dei singoli stati) ma come problema economico e giuridico (e
quindi affidato alla Commissione). È il totale cambiamento di
prospettiva: Bruxelles avoca a sé la gestione della politica linguistica
1.2 Il quadro comune europeo e il portfolio
MARCO MEZZADRI
Il Quadro comune di riferimento per le lingue, documento promosso dal Consiglio d’Europa, ha aperto nuovi orizzonti all’insegnamento delle lingue straniere a livello internazionale, oltre i confini
dell’Unione europea.
Esso sta dando un contributo di storica importanza alla possibilità
di inquadrare l’apprendimento-insegnamento delle lingue come sistema, abbracciando tutti gli operatori del settore: dagli studenti e
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
59
docenti, ai responsabili delle politiche linguistiche, dagli autori di testi e materiali didattici a chi si occupa di certificazione.
Il Quadro non è uscito dal cilindro di un prestigiatore, ma è frutto
di decenni di ricerca nell’ambito della didattica delle lingue e di programmazione delle linee di politica linguistica in Europa. Oggi questo documento si pone come un punto di riferimento per tutti coloro
che si occupano di apprendimento-insegnamento delle lingue straniere. L’italiano insegnato in Italia o all’estero come L2 o LS non fa eccezione.
Grazie al Quadro, inoltre, ciò che si fa in Italia o all’estero per
l’insegnamento dell’italiano o per l’insegnamento di un’altra lingua
straniera diventa più trasparente: si può parlare con un collega che
insegna la stessa lingua o un’altra lingua e capirsi meglio. Capire ad
esempio un po’ meglio i riferimenti ai livelli di competenza linguistica raggiunta dagli studenti, ecc.
Il programma di formazione che si propone può essere articolato
in una o più lezioni e mira a dare le coordinate di base su che cos’è il
Quadro, oltre a sviluppare riflessioni su un suo possibile utilizzo
all’interno dell’istituzione scolastica o accademica e quindi della
classe.
A seguire elenchiamo i contenuti del programma di formazione:
a. il contesto politico-educativo del Quadro;
b. competenze generali e competenze linguistico-comunicative;
c. contesto d’uso della lingua, temi, compiti e scopi della comunicazione;
d. attività e strategie di comunicazione linguistica;
e. i processi di apprendimento linguistico;
f. le coordinate metodologiche del Quadro;
g. scenari curriculari e il Quadro;
h. i livelli comuni di riferimento e la valutazione;
i. le certificazioni internazionali e il Quadro;
j. il Quadro in classe: riflessioni su una fruizione didattica del documento.
60
GRAZIANO SERRAGIOTTO
1.3 Storia dell’italiano L2 in Italia
ALBERTA NOVELLO
L’interesse dell’italiano come lingua seconda nasce con il convegno “L’italiano come lingua seconda in Italia e all’estero”, tenutosi a
Roma nel 1982. Tale congresso aveva lo scopo di rendere noti i risultati di una ricerca sui pubblici d’italiano come lingua straniera nel
mondo, la quale fu commissionata dal Ministero degli Affari Esteri
all’Istituto per l’Enciclopedia Italiana.
Fu di seguito istituita la Commissione Nazionale per la Lingua e
la Cultura Italiana che, come prima iniziativa, propose l’elaborazione
di una certificazione della lingua italiana.
Le Università per Stranieri di Siena e Perugia e l’Università Roma Tre realizzarono ognuna un proprio modello di certificazione e,
nel 1994, le tre università furono riconosciute dal Ministero degli Affari Esteri come Enti certificatori ufficiali, ai quali, dal 2001, si è aggiunta anche la Società Dante Alighieri di Roma.
Il Ministero degli Affari Esteri nel 1997 ha proposto il documento
“Sistema coordinato delle Certificazioni dell’Italiano per Stranieri”
per esporre le corrispondenze tra il livello linguistico richiesto e alcuni ruoli professionali ed educativi; a questo progetto hanno partecipato le tre università riconosciute nel 1994 le quali hanno affiancato ad ogni ruolo proposto il livello di certificazione richiesta.
Attualmente, in Italia le certificazioni ufficiali di italiano come
lingua straniera sono quattro:
- CILS, rilasciata dall’Università per Stranieri di Siena;
- CELI, rilasciata dall’Università per Stranieri di Perugia;
- PLIDA, rilasciata dalla Società Dante Alighieri di Roma;
- IT, rilasciata dall’Università Roma Tre di Roma.
Tali certificazioni sono riconosciute dal Ministero degli Affari
Esteri e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Scientifica.
I destinatari delle certificazioni sono tutti i cittadini stranieri
(compresi gli italiani residenti all’estero e gli immigrati in Italia) in-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
61
teressati a un documento ufficiale che attesti la loro competenza nella
lingua italiana.
La certificazione CILS dell’Università per Stranieri di Siena, certifica sei livelli di competenza linguistica, corrispondenti a livelli delineati dal Quadro comune europeo di riferimento del Consiglio
d’Europa.
Gli esami di livello intermedio e avanzato (da B1 a C2) sono divisi nei moduli:
adulti in Italia
adulti all’estero
ragazzi all’estero;
mentre i livelli A1 e A2 sono suddivisi per più moduli e cioè:
- immigrati adulti in Italia
- bambini, figli di immigrati in Italia, di età compresa tra i sei
e gli undici anni
- ragazzi, figli di immigrati in Italia, di età compresa tra i dodici e i quindici anni
- stranieri adulti con tipologie linguistiche lontane dall’italiano
(asiatici)
- ragazzi, figli di emigrati italiani all’estero, di I e II generazione, di età compresa tra gli otto ed i quindici anni
- ragazzi stranieri di origine italiana, di III, IV e V generazione, di età compresa tra gli otto e i quindici anni.
Anche il CELI, Certificato di conoscenza della lingua italiana
dell’Università per Stranieri di Perugia, certifica sei livelli di competenza linguistica che corrispondono ai sei livelli del Quadro comune
europeo di riferimento.
Il LIVELLO A1 si divide in due tipologie di certificazione: “italiano generale” e “immigrati adulti con scarsa scolarizzazione”.
La certificazione PLIDA, della Società Dante Alighieri di Roma
attesta la competenza della lingua italiana secondo una scala di sei
62
GRAZIANO SERRAGIOTTO
livelli che vanno, come per le due precedenti certificazioni, dal livello A1 al livello C2 del Quadro comune europeo di riferimento.
È stato inoltre aggiunto il certificato PLIDA JUNIORES, Certificazione della Lingua Italiana per Adolescenti, destinato a ragazzi di età
compresa tra i tredici e i diciotto anni.
L’Università di Roma Tre rilascia, invece, tre tipologie di certificazione:
- Ele.IT, che corrisponde al livello B1 del Quadro comune europeo
di riferimento;
- Int.IT, che certifica la competenza linguistica a livello B2 del
Quadro comune europeo di riferimento;
- IT, corrispondente al livello C2 del Quadro comune europeo di
riferimento.
2. Lo sviluppo della competenza comunicativa
2.1 La competenza comunicativa
PAOLO E. BALBONI
Si deve subito notare che il concetto di “competenza” supera
quello mero di “conoscenza”. Lo scopo dell’insegnamento dell’italiano non è sviluppare la conoscenza della nostra lingua (scopo che
può invece essere proprio di uno studioso di linguistica, che vuole
sapere come funziona questa lingua particolare, magari per compararla con altre lingue della stessa famiglia romanza), bensì raggiungere la competenza nella comunicazione in italiano: saper usare la
lingua, non saper parlare della lingua – scopo specifico solo per livelli alti, in cui alla competenza si aggiunge la riflessione metalinguistica.
Quindi la competenza comunicativa costituisce la meta glottodidattica, mentre la conoscenza dell’italiano è una meta di linguistica
teorica.
Le “mete” sono le finalità dell’educazione (da non confondere
con gli “obiettivi” dell’istruzione): nell’educazione generale esse so-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
63
no legate all’io (autopromozione), alla relazione (socializzazione), al
rapporto con il mondo (culturizzazione); nell’educazione linguistica
abbiamo due mete specifiche: la Competenza Comunicativa e la
Competenza Matetica, meglio nota come “imparare ad imparare”.
La Competenza Comunicativa è visualizzabile con una piramide a
quattro facce:
a. saper fare lingua, quindi saper realizzare le due abilità ricettive,
le due abilità produttive, l’abilità internazionale e tutte le abilità
integrate. Ogni abilità ha due livelli: un livello profondo (ad esempio i meccanismi di comprensione, di pianificazione dei testi,
ecc.: si tratta di sviluppo cognitivo, non linguistico) e un livello di
superficie, linguistico; lo sviluppo della comprensione o della
produzione in italiano sono compiti del docente di questa lingua,
mentre lo sviluppo profondo delle abilità è compito dell’intero sistema educativo;
b. saper fare con la lingua, cioè tutta la dimensione sociopragmatica, quella delle funzioni (personale, interpersonale, regolativa, referenziale, poetico-immaginativa, metalinguistica), ciascuna delle quali si realizza in atti linguistici (salutare, ringraziare, ecc.), spesso svolti in registri differenti;
c. sapere la lingua, cioè le grammatiche: fonologica, ortografica,
morfosintattica, lessicale, testuale. Le grammatiche non vanno viste come sistemi di regole, di norme, ma come meccanismi di
funzionamento della lingua italiana;
d. sapere i linguaggi non verbali che accompagnano spesso la lingua: cinesica, prossemica, oggettemica, vestemica, ecc. In alcuni
casi può essere necessario informare gli studenti del differente valore di gesti, vestiti, status symbol, ecc., ma più che altro si tratta
di sensibilizzare al valore di questi linguaggi, spesso trascurati in
quanto l’attenzione si focalizza sulla lingua.
Questo modello di Competenza Comunicativa richiede, perché la
piramide non si frantumi, uno sviluppo graduale ed armonico di tutte
le componenti: ad esempio, non si può lavorare sull’aspetto funzionale e pragmatico dimenticando che ogni funzione privilegia alcune
grammatiche rispetto ad altre, certo lessico, e così via.
64
GRAZIANO SERRAGIOTTO
2.2 Curricolo di italiano per stranieri; sillabo, programma, curricolo
PAOLO E. BALBONI
Si tratta di una lezione che fa da quadro di riferimento in classi di
livello avanzato oppure in contesti in cui il curricolo di italiano come
L2, LS o LE è ancora in fase di definizione.
La lezione tratta anzitutto la differenza tra i termini presenti nel titolo:
a. sillabo, che è un elenco di contenuti;
b. programma, che è spesso una filosofia, un manifesto pedagogico
o glottodidattico, spesso accompagnato da un sillabo;
c. curricolo, che è un progetto glottodidattico che indica mete, obiettivi, metodologie, contenuti come “competenze” (vedi Competenza comunicativa) oltre che come “conoscenze”. È la traduzione base di un “approccio”, di una filosofia glottodidattica, in
un “metodo”, un progetto operativo per l’insegnamento di una
lingua.
Un curricolo di italiano per stranieri è quindi un testo che indica:
a. le mete dell’educazione in generale, che non possono essere negate o inficiate o rallentate dall’attività glottodidattica – anzi:
vanno sostenute anche nell’insegnamento/apprendimento dell’italiano: esse sono legate all’io (autopromozione, ad esempio diventando autonomi nella riflessione linguistica, nell’imparare ad imparare lingua), alla relazione (socializzazione, con tutta la dimensione comunicativa dell’italiano), al rapporto con il mondo (culturizzazione, con quel che questo significa di conoscenza della e atteggiamento verso la cultura italiana e il suo rapporto con quella
d’origine);
b. le mete dell’educazione linguistica, cioè quelle glottodidattiche:
le varie componenti della competenza comunicativa in italiano;
c. la progressione dell’approfondimento delle varie componenti della competenza comunicativa per ogni periodo del corso (moduli,
livelli, anni, ecc., a seconda dei modelli organizzativi);
d. le metodologie consigliate per acquisire, sviluppare, verificare la
competenza raggiunta;
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
65
e. il contributo delle tecnologie glottodidattiche e di altri aspetti peculiare della didattica delle lingue straniere, agli scambi virtuali a
quelli reali, all’uso veicolare dell’italiano per insegnare altre materie e così via.
Un curricolo è quindi un progetto complesso où tout se tient, ed è
molto più indicativo della natura di un corso di quanto non sia il
semplice sillabo.
2.3 Abilità di comprensione: natura, tecniche
MADDALENA ANGELINO
Insegnare a comprendere una lingua straniera significa sia rendere
consapevoli gli studenti dei processi che sottostanno alla comprensione sia guidarli nell’uso delle strategie di comprensione adeguate.
La comprensione scaturisce dall’interazione di tre fattori:
a. la expectancy grammar: il termine è stato da coniato da Oller
(1979), indica la capacità di prevedere globalmente e simultaneamente quanto può essere detto o scritto in una determinata situazione attraverso la formulazione di un’ipotesi che verrà poi
confermata, modificata o smentita attraverso l’ascolto o la lettura. La expectancy grammar consente di fare previsioni anche in
relazione al lessico che può essere usato parlando di certi argomenti, al tipo di testo (narrativo, istruttivo ecc.) e al genere comunicativo (barzelletta, conferenza ecc.) che sta per realizzarsi;
b. l’enciclopedia: la conoscenza del mondo condivisa dai parlanti,
organizzata in script (copioni di comportamento) e campi semantici prevedibili;
c. la competenza comunicativa legata al grado di sviluppo dell’interlingua.
Gli scopi di chi ascolta o legge sono determinanti nell’attivazione
delle strategie di comprensione. A seconda degli scopi che ci si prefigge conviene attivare la:
- comprensione estensiva, globale, skimming;
66
GRAZIANO SERRAGIOTTO
- comprensione mirata e selettiva, scanning, per ricavare i dettagli
che interessano;
- comprensione intensiva, parola per parola.
Durante la lezione vengono analizzate ed esemplificate le tecniche didattiche che aiutano lo studente ad attivare l’expectancy
grammar – quindi ad utilizzare il cervello in maniera bimodale e secondo la direzione globalità Æ analisi (principalmente il cloze e le
tecniche di accoppiamento e incastro) – e le tecniche per guidare, esercitare e verificare la comprensione (in particolare la scelta multipla, la griglia, la transcodificazione, la domanda aperta).
Si vede anche come programmare in ogni intervento didattico attività di pre-ascolto/lettura (per motivare gli apprendenti, elicitare le
loro conoscenze, stimolare inferenze, introdurre gli elementi fondamentali per la comprensione), attività durante l’ascolto/lettura (di tipo cognitivo e operativo), attività dopo l’ascolto/lettura (per fissare e
reimpiegare il materiale linguistico presentato, verificare la comprensione).
La lezione può prevedere una parte pratica di tipo laboratoriale
durante la quale è possibile valutare e didattizzare testi audio e di lettura, autentici o creati ad hoc.
2.4 Abilità di produzione e manipolazione: natura, tecniche
MARA SALVALAGGIO
Le abilità primarie di produzione orale (saper parlare in monologo) e scritta (saper scrivere) ricoprono un ruolo fondamentale
nell’educazione linguistica poiché:
a. favoriscono nell’allievo la percezione della comunicazione come
sistema: contesto, attori, ruoli, canali, scopi, ecc. determinano e
richiedono scelte linguistiche, paralinguistiche ed extralinguistiche adeguate;
b. inducono l’allievo a considerare il testo, e non la frase, come unità di base della comunicazione;
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
67
c. obbligano l’allievo a riflettere sulle regole di carattere costitutivo
e di carattere culturale dei vari generi testuali.
Nel corso della lezione si presentano quindi varie tipologie testuali su cui lavorare e numerose tecniche che possono essere impiegate
efficacemente per conseguire tali obiettivi:
a. progettazione di testi (sia orali che scritti): analisi del contesto situazionale, analisi del tipo di testo e del genere testuale, definizione della scaletta (brainstorming, clustering), stesura di un testo
coerente e coeso e revisione del testo (scritto) o presentazione
orale;
b. creazione di testi per destinatari diversi e con scopi diversi (sia
orali che scritti);
c. lavoro sui generi comunicativi (attività di trasformazione di genere, completamento, esclusione, incastro, ecc.);
d. transcodificazione, ecc.;
e. sviluppo e potenziamento delle strutture morfosintattiche e lessicali (cloze, riempimento, esclusione, ecc.).
Le abilità integrate di manipolazione testuale, cioè riassumere,
prendere appunti e parafrasare, e di traduzione, sia scritta che orale,
implicano una complessa interazione di operazioni cognitive e attività linguistiche che rappresentano alcune delle finalità più rilevanti
dell’educazione linguistica in quanto essenziali per studiare.
Diverse sono le tecniche per insegnare e sviluppare tali abilità:
esecuzione di parafrasi di testi e creazione di perifrasi, contrazione e
riduzione del testo, riassunto a incastro, ecc.
Ogni tecnica viene esaminata in base a parametri:
a. formato: procedura di realizzazione e possibili varianti;
b. pertinenza: in riferimento all’aspetto specifico da sviluppare, rafforzare o verificare;
c. accettabilità: come viene accolta dagli studenti e come influisce
sulla loro motivazione;
d. informatività: in relazione alle informazioni che si possono ottenere ai fini della verifica;
e. economia: preparazione dei materiali e somministrazione;
68
GRAZIANO SERRAGIOTTO
f. glottotecnologie: possibilità di impiego delle tecnologie didattiche.
Le tecniche sono analizzate mediante esemplificazioni pratiche e
riflessioni con metodo induttivo.
2.5 Abilità di produzione e manipolazione: natura, tecniche
MARA SALVALAGGIO
Per abilità di interazione si intende l’integrazione di comprensione e produzione sia orale (dialogo) che scritta (e-mail, chat, ecc.).
Il dialogo, inteso come risultato di una negoziazione continua sul
piano semantico, linguistico e sociolinguistico comporta l’interazione di competenze linguistiche, extralinguistiche, socio-pragmatiche
di notevole complessità. Saper dialogare implica infatti:
a) definire gli scopi primari e secondari (solo i secondi potranno essere oggetto di negoziazione);
b) analizzare il genere e le sue regole (ad es. dialogo con l’interlocutore in presenza o a distanza);
c) analizzare il contesto in cui avviene lo scambio comunicativo;
d) scegliere l’atteggiamento psicologico che si vuole trasmettere (disponibilità, ironia, ecc.);
e) produrre testi principalmente efficaci ed appropriati.
Per lo sviluppo di tale abilità si utilizzano tecniche quali roleplay
(nelle varianti role-taking, roleplay, role-making), scenario, drammatizzazione, dialogo aperto, ecc.;si possono proporre attività di problem solving con tecniche che si basano sull’information gap (jigsaw, ecc.).
Le difficoltà che si incontrano nell’insegnamento dell’abilità di
interazione orale sono di vari tipi, alcune delle quali sono comuni alle attività per l’abilità primaria di produzione orale:
a. di natura affettiva, che si ricollegano alla richiesta precoce di produzione linguistica e rimandano alla DOP (Delayed Oral Practice) di matrice umanistico-affettiva;
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
69
b. di natura linguistica, che si riferiscono soprattutto alla carenza di
lessico e inducono ad analizzare le strategie (di tipo affettivo, esplicativo, ecc.) attivate per superarle, quali il ricorso alla cinesica, alla perifrasi o alla parafrasi, all’uso di sinonimi, di parole inventate, alla richiesta di aiuto, ecc.;
c. di gestione della classe (creazione delle coppie, tempi diversi di
realizzazione del dialogo, ecc.);
d. di valutazione (scelta dei parametri: fluency, efficacia, appropriatezza, accuratezza, ecc.).
Per quanto riguarda l’interazione scritta, l’utilizzo delle tecnologie diventa essenziale per attività (reali o simulate) di scambi comunicativi.
2.6 La teoria delle intelligenze multiple
PAOLO TORRESAN
Si prevede una presentazione induttiva della teoria, mediante attività ludiche che mettono alle prova le diverse intelligenze. Presentiamo alcuni esempi qui di seguito, relativi ad alcune intelligenze (è
possibile pensare altri compiti in alternativa, oppure compiti indirizzati ad altre intelligenze):
a) dare un calcolo da fare a mente (intelligenza matematica);
b) chiudere gli occhi e visualizzare quello che c’è fuori della stanza
(intelligenza spaziale);
c) dividere il gruppo in due squadre: una rimane in classe e una va
fuori. Le due squadre ascoltano due musiche diverse. Al ritorno
tutti i membri dovranno svolgere una attività che vale da distrattore (per esempio un mimo, che vale a rappresentare l’intelligenze
cinestesica), quindi dopo un po’ di tempo ci si confronta a coppie:
un membro della squadra A ripete a un membro della squadra B
l’aria della musica ascoltata, e viceversa.
GRAZIANO SERRAGIOTTO
70
Teoria
A. Descrivere la teoria di Gardner: le otto intelligenze.
a) linguistica
b) logico matematica
c) spaziale
d) cinestesica
e) musicale
f) interpersonale
g) intrapersonale
h) naturalistica
B. Chiarire lo statuto privilegiato della intelligenza linguistica:
a) è espressione di una straordinaria connettività di funzioni neurologiche (per dire: se io sento la parola ‘colpo’ non è che si
attivino solo le aree deputate alla comprensione linguistica ma
anche quelle relative alla motricità).
b) vanta una preminenza semiologica. Si parla infatti di metalingua, intesa come capacità di descrivere gli altri linguaggi, di
rappresentare il contenuto degli altri codici. Freddi avvisa però
(1990: 59-60):
Questa straordinaria proprietà che ha la lingua di codificare in parole
l’intero universo semantico provoca spesso, in coloro che si occupano di
educazione linguistica, ingiustificati atteggiamenti totalizzanti. Il sofisma che alimenta queste tentazioni può essere così sintetizzato: poiché
la lingua ha la capacità di rendere i contenuti degli altri linguaggi,
l’educazione linguistica dovrà estendere la sua area di competenza alla
musica, al disegno, alla mimica, ecc. finendo quasi per coincidere con
l’educazione generale del bambino.
Si tratta di una pretesa illegittima poiché ogni linguaggio possiede una
sua specificità non trasferibile ad altri linguaggi: la lingua può rendere i
contenuti dei linguaggi non verbali ma non può sostituirsi ad essi.
La proposta metodologica che Freddi deriva consiste nel definire
le basi di didattica multisensoriale (Freddi 1990: 107, il corsivo è
nostro):
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
71
La multisensorialità della comunicazione, che è poi il risvolto visibile
della sua natura integrata sui piani neurologico, neuropsichico e semiotico, deve condurre alla valorizzazione dei diversi linguaggi (verbale,
gestuale, musicale, corporeo, mimico) nella loro specificità e nei loro
rapporti con la lingua. Qui può nascere una didattica proprio a base
multisensoriale semioticamente e psicologicamente fondata, e tale da
risultare una proposta nuova. Una didattica che si raccorderà con
l’azione e si esprimerà in forme di gioco.
La didattica multisensoriale cui allude Freddi passa attraverso
una serie di attività ludiche, estese alla classe, che implicano il ricorso a più modalità sensoriali.
La didattica individualizzata (che è quello cui deve tendere il
glottodidatta che si ispira alla teoria di Garnder) è, nel dirla in breve,
una didattica multisensoriale a base allargata, dal momento che riguarda anche le intelligenze personali, l’intelligenza naturalistica e
quella logica; oltretutto ha un’attenzione rivolta al profilo del singolo
individuo.
Laboratorio
Nel laboratorio si possono prevedere varie attività che comportano:
La musica (intelligenza musicale)
Per esempio utilizzare una colonna sonora (senza la visione del video) per stimolare la produzione scritta
Le immagini (intelligenza spaziale)
Per esempio: transcodificazione lingua-immagine)
Il confronto con un compagno (intelligenza interpersonale)
Una qualsiasi attività cooperativa relativa alla
comprensione di un brano (di confronto tra pari)
La comparazione in insiemi (intelligenza naturalistica)
Una qualsiasi attività di insiemistica (tipo odd
man out)
72
GRAZIANO SERRAGIOTTO
Un’attività metacognitiva (intelligenza intrapersonale)
Un questionario relativo all’analisi delle strategie attivate
Il movimento (intelligenza cinestesica)
Tecniche di total physical response: l’insegnante
dà delle consegne a voce, gli studenti eseguono;
quindi sono gli studenti stessi che si impartiscono degli ordini reciprocamente ed eseguono gli
ordini dei compagni
La logica (intelligenza logica)
Una mappa concettuale oppure una timeline che
dispone gli eventi in sequenza
2.7 Insegnamento della grammatica
MICHELA ANDREANI
L’accezione del termine grammatica fa riferimento ad un’ampia
gamma di significati che variano a seconda del contesto e dell’ambito di utilizzo. Quello che costituisce oggetto di lavoro nella
formazione dei docenti è il concetto di grammatica pedagogica, finalizzata all’acquisizione dell’italiano.
In primo luogo è necessario superare la concezione comportamentista della grammatica, in base alla quale ad ogni azione corrisponde
una reazione, ad ogni stimolo una risposta, per sostituirla con una
pratica di tipo induttivo e con procedure di tipo euristico.
Ciò significa andare verso una metodologia centrata sulle ipotesi:
sulla loro elaborazione prima e verifica poi, per fare in modo che la
regola diventi il risultato di un ragionamento provato; ma significa
anche andare incontro alle diverse strategie di apprendimento ed elaborazione delle conoscenze e degli stili di chi apprende; significa in
altre parole applicare un approccio costruttivista. La regola in questo
modo non sarà più una imposizione neutra e calata dall’alto, ma una
conquista della mente e la vincita di una sfida lanciata al discente.
Una grammatica così concepita insegna la lingua perché diventa ri-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
73
flessione sulla lingua, non si limita a descriverla e potrebbe in ultima
analisi indurre un’idea di grammatica come piacere della scoperta.
Ecco allora che la grammatica non viene più ad avere solo un
obiettivo di tipo linguistico, descrittivo, ma viene anche ad avere una
valenza metalinguistica, di riflessione sulla struttura della lingua, e
quindi diviene di occasione di maturazione cognitiva: si consapevolizzano i discenti rispetto ai processi che essi hanno costruito nel corso della loro esperienza sulla lingua, con l’obiettivo di sviluppare le
loro capacità di osservazione e di analisi. In questo processo si realizza una delle mete educative per eccellenza, l’autopromozione (cognitiva, in questo caso) dello studente.
La grammatica dovrebbe allora diventare una grammatica degli
esempi e delle regolarità, più che delle regole, dovrebbe orientarsi
solo su ciò che serve della lingua e non riportare asetticamente tutto
quello che la lingua comprende, facendosi sempre meno grammatica descrittiva e sempre più grammatica pedagogica; dovrebbe rappresentare i fatti linguistici in modo tale da renderli accessibili al
discente (tenendo conto di problemi pratici e a partire da un approccio sociolinguistico). In tale prospettiva l’oggetto sono i fatti
linguistici e non le regole: ciò comporta che uno studente non soltanto costruisca la sua grammatica, ma anche la sua maniera di
formarsi dei concetti al riguardo e questo processo sarà la risultante
delle sue risorse cognitive, delle sue esperienze, delle strategie che
egli avrà attivato e, non meno, delle sue scelte, dei suoi bisogni,
delle sue motivazioni.
2.8 Sviluppo del lessico
MARIO CARDONA
La natura, l’acquisizione, la padronanza del lessico sono temi
complessi e di estrema importanza. Vi si può dedicare un incontro di
alcune ore, un’intera giornata di lavoro con laboratorio per la creazione di materiale didattico oppure si può programmare un intero
corso incentrato sull’approccio lessicale e le sue applicazioni in classe e nella programmazione didattica.
74
GRAZIANO SERRAGIOTTO
In ogni caso, gli aspetti fondamentali sui quali focalizzare gli incontri sono:
a. sviluppo della competenza lessicale che si articola nelle seguenti
sottocompetenze:
- competenza linguistica: conoscere la forma delle parole, ossia
le caratteristiche morfosintattiche, dell’ortografia e della pronuncia; la posizione ossia il ruolo delle parole nel contesto delle frasi, la struttura delle unità lessicali; la funzione ossia la
frequenza d’uso e appropriatezza; il significato e quindi le associazioni ed i rapporti di significato (polisemia, sinonimia,
antonimia, iponimia e iperonimia ecc.);
- competenza discorsiva: conoscenza dei rapporti logico-semantici tra le unità lessicali; conoscenza delle co-occorrenze e delle collocazioni; conoscenza delle regole di coerenza e coesione
all’interno del testo;
- competenza referenziale: riguarda la conoscenza del mondo,
l’enciclopedia, le informazioni depositate nella memoria semantica a lungo termine che consentono di attivare reti semantiche, prototipi, schemi e script che sono alla base dell’attività
inferenziale della mente e permettono di attivare il lessico relativo a varie categorie e domini dell’esperienza;
- competenza socioculturale: si riferisce alle scelte di registro in
base ai diversi contesti comunicativi. Tale competenza si riferisce anche ai valori affettivi e connotativi delle parole in funzione dei paradigmi culturali specifici di ogni comunità linguistica;
b. conoscenza dell’architettura del lessico mentale e delle principali
caratteristiche della memoria rispetto all’organizzazione dei concetti e dei rapporti fra di essi;
c. conoscenza dei principi metodologici e applicativi dell’approccio
lessicale, con particolare riferimento ai chunks lessicali e al concetto di lessico-grammatica;
d. laboratorio per la creazione di attività, tecniche e materiali didattici per sviluppare la competenza lessicale.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
75
2.9 Verifica e valutazione
GRAZIANO SERRAGIOTTO
La valutazione è uno dei momenti fondamentali ed irrinunciabili
dell’azione didattica. Essa presenta da sempre una serie di criticità
oggettive che partono dalla difficoltà a costruire, interpretare e utilizzare prove di verifica (testing) davvero utili e significative e dall’impossibilità di non tenere in giusta considerazione nel processo valutativo quei fattori che riguardano la sfera e l’universo personale dello
studente e del docente stesso.
Necessariamente, quindi, la valutazione implica l’esistenza di un
progetto, di obiettivi e di mete che sono state fissate e che devono,
esse stesse, essere verificate. Nell’azione didattica si verificano, alla
fine, una serie di variabili di cui, quella dell’apprendimento da parte
dello studente, ne costituisce solo una parte.
La valutazione diventa il momento dell’interpretazione dei dati
della verifica, dati resi leggibili e comparabili in quanto riconducibili
ad una scala di valori numerici attraverso la misurazione.
La verifica si pone come momento della “raccolta dei dati” relativi al raggiungimento o meno di un preciso obiettivo didattico, dati
che poi vengono distribuiti lungo una scala di valori il più possibile
oggettiva e comparabile.
La valutazione è un insieme di attività, strategie e tecniche che
devono accompagnare il processo formativo.
Le attività valutative sono moltissime e molti sono gli approcci
che il singolo adotta nell’azione del valutare. Ogni approccio teorico
e metodologico alla valutazione riconosce la coesistenza di più attività valutative, ma in sostanza ne assume una sola come prioritaria e
determinante rispetto alle altre.
Le attività sono:
a. l’accertamento o misurazione si basa sull’osservazione della situazione di insegnamento e/o apprendimento al fine di rilevare
elementi significativi per la comprensione di tali situazioni. Questi elementi significativi potranno essere misurati, altri solo descritti; è l’attività di rilevazione degli obiettivi;
76
GRAZIANO SERRAGIOTTO
b. il controllo è l’attività con cui viene controllata l’attendibilità, la
validità e le procedure, ovvero tutti gli step, le fasi del processo
che vengono messi in atto nella fase di realizzazione di un progetto;
c. la verifica è il momento di raccolta dei dati; consiste nel mettere a
confronto i risultati ottenuti e gli obiettivi prefissati in fase di progettazione;
d. la valutazione è il momento di analisi interpretativa dei dati ottenuti nelle verifiche; in questo modo si otterranno informazioni
sulle varie tipologie di apprendimento/insegnamento dei soggetti
coinvolti nel progetto didattico. La valutazione è, dunque, una fase di sintesi tra dati ottenuti con le verifiche e interpretazioni;
e. la metavalutazione costituisce la fase di riflessione durante la quale tutti gli attori con spirito critico riguardano le strategie, gli
strumenti e le tecniche utilizzate nel corso del progetto;
f. il monitoraggio, infine, riprende il concetto di osservazione, ma
con questa attività si va ad osservare il progetto in itinere, nella
sua concretizzazione e realizzazione.
2.10 Testing, analisi degli errori, interlingua
GRAZIANO SERRAGIOTTO
Il testing è essenziale per verificare gli apprendimenti e può essere condotto con prove strutturate, semistrutturate e non strutturate.
Sono definite “prove strutturate” quegli strumenti di verifica di
conoscenze, abilità e competenze costituite da una serie di domande
o stimoli chiusi, ciascuno dei quali è corredato da due o più risposte
chiuse.
Le prove strutturate consistono in una serie di item (= domanda e
risposta) che sono organizzati secondo diverse tipologie. Gli item più
comuni sono:
a. vero-falso/giusto-sbagliato;
b. a completamento: all’allievo vengono presentate delle frasi, o dei
periodi, o dell’espressione matematiche incomplete e gli si chiede
di inserire le parole o i dati mancanti;
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
77
c. confronto-abbinamento: l’allievo deve indicare le corrispondenze
corrette tra due liste di nomi, fatti, principi;
d. a scelta multipla: l’allievo deve individuare la risposta corretta tra
le alternative proposte (in genere, 3 o 4 o 5 alternative);
e. a risposta multipla: l’allievo deve individuare le risposte corrette
possibili tra più alternative;
f. di riordino: ripristinare la sequenza corretta di lettere, parole o
frasi;
g. sostituzione e trasformazione: con le modalità degli esercizi strutturali;
h. test performativi: in questo tipo di prova si richiede al discente di
eseguire un compito (per esempio completare un disegno) in base
a delle istruzioni che deve quindi essere in grado di comprendere;
i. griglie: sulla base di un testo orale o scritto si predispone una griglia con elementi del testo da associare (per esempio: ora e luogo,
persona ed azione, ecc.).
Una parte importante del processo di valutazione è l’analisi degli
errori. Essa era attribuita negli anni sessanta solo all’interferenza o
transfert negativo, attualmente si riscontra una maggiore tolleranza
verso l’errore, una necessità di studiare le cause delle devianze linguistiche, pragmatiche e culturali, in modo da distinguere gli errori
referenziali, comunicativi o pragmatici e socioculturali. Importante
diventa la differenza tra errore e sbaglio dove l’errore viene visto
come incoerenza nell’applicare le regole apprese e lo sbaglio come
scelta inadeguata di forme, usi, ecc. dovuta alla non conoscenza delle
regole.
Lo studente nel suo percorso di apprendimento passa per una serie di stadi che vengono definiti interlingua. L’interlingua è un continuum di sistemi linguistici provvisori, personali e parziali, è un sistema intermedio tra la lingua madre e la lingua d’arrivo, è un sistema linguistico indipendente sia dalla lingua madre sia dalla lingua
d’arrivo.
L’interlingua ha il suo spazio all’interno all’apprendimento considerato come processo con stadi naturali, studiati dalla linguistica
acquisizionale.
78
GRAZIANO SERRAGIOTTO
2.11 La creazione di materiali didattici
PAOLO E. BALBONI
Questo tema può essere affrontato in maniera tangenziale, in una
sessione di tre ore, oppure può costituire il nucleo forte di un intero
corso; qui privilegiamo la prima ipotesi, in quanto quella più diffusa,
ma la seconda è facilmente deducibile da questa per espansione dei
tempi dedicati alla realizzazione laboratoriale di materiali.
Ci sono quattro aspetti da considerare:
a. tipologia dei materiali didattici: si tratta di affrontare l’opposizione tra il materiale preconfezionato da “adottare” e la necessità
di “adattare” il materiale alle realtà locali; inoltre, in molte tradizioni l’insegnante crea personalmente i suoi materiali: si deve far
notare che questi sono per forza inferiori a quelli prodotti da équipe di specialisti e insegnanti, con strumenti editoriali che consentono registrazioni sonore di alto livello e stampa a colori (laddove questi sono funzionali, non solo decorativi). Quindi: se da
un lato i materiali preconfezionati (libri di testo, eserciziari, ecc.)
presentano la necessità di un loro adattamento alle caratteristiche
del singolo gruppo di studenti, dall’altro va riconosciuto che sul
piano della qualità glottodidattica questi materiali sono indubbiamente superiori a quelli creati dal singolo docente, che di professione fa appunto il docente e non lo studioso sulle caratteristiche
dei materiali didattici;
b. differenza tra materiali autentici ed editoriali: la natura dei primi
è spesso contestata: un testo autentico ha una sua funzione pragmatica originale, ma è ancora “autentico”nel momento in cui assume funzione didattica e viene deconstestualizzato? C’è poi il
problema della difficoltà e non gradualità dei testi autentici: ma in
questo caso si può usare un testo difficile facilitando e graduando
attentamente le attività proposte. Tra i principali testi autentici ci
sono quelli recuperati in internet, dai giornali da leggere (quindi
senza mutarne molto la natura) ai moduli o agli ordini da compilare (in tal caso simulando acquisti, ecc.);
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
79
c. variabili da considerare: si tratta di separare ed alternare attività
(di uso della lingua) da esercizi (sull’uso della lingua); di avere
attenzione; inoltre, ogni batteria di materiali deve contenere attività adatte ai principali tipi di intelligenza (quanto meno analitici e
globali, linguistici e visivi) e di strategie d’apprendimento (dal
dettaglio al generale e viceversa); di ogni materiale va considerato
il tipo di motivazione attivato, per esaltarlo nella consegna o nella
guida alla realizzazione; per ogni attività o esercizio si considerano gli elementi PACE: Pertinenza nel lavorare davvero su quel
che si intende sviluppare; Accettabilità da parte degli studenti,
Comparabilità di quanto fatto, sia ai fini della elaborazione in
coppie o gruppi, sia in termini di correzione collettiva o individualizzata, Economia dei tempi e delle risorse per eseguire le attività, riprodurre i materiali, ecc.
d. scelta delle tecniche: le singole tecniche non sono intercambiabili,
rispondono ciascuna ad una filosofia, hanno oggetti specifici su
cui lavorano, attivano strategie diverse: la scelta delle tecniche da
utilizzare per i materiali non è neutra e va pensata pour cause.
2.12 Valutazione dei materiali didattici
GRAZIANO SERRAGIOTTO
La valutazione dei materiali didattici da parte di un insegnante è
un momento molto importante e per questo si devono fissare alcuni
parametri essenziali.
Prima di tutto è necessario mettere in evidenza alcune caratteristiche, quali il titolo, la data e luogo di pubblicazione, i destinatari del
testo.
Per quanto riguarda i destinatari considereremo l’età/fascia d’età,
la lingua materna e la conoscenza della lingua italiana.
Un altro aspetto da considerare è l’organizzazione del testo e dei
suoi contenuti:
a) divisione per moduli/unità/capitoli;
b) indice: (chiaro, diviso per argomenti,…);
c) istruzioni/consegne: (facili/difficili…);
80
GRAZIANO SERRAGIOTTO
d) prerequisiti: (esplicitati/non esplicitati; per ogni modulo/unità;
concetti che devono essere introdotti prima di ogni modulo/unità;
elementi non conosciuti/collegati di ogni modulo/unità);
e) obiettivi: (esplicitati/non esplicitati; per ogni modulo/unità);
f) input: (sufficienti, diversificati, pochi; la forma: chiara, sequenziale, testi troppo brevi/lunghi…);
g) progetto grafico/layout: (stimolante/poco stimolante, aiuta a memorizzare);
h) simboli utilizzati: (chiari, facili da capire).
Altro aspetto riguarda l’approccio utilizzato, le abilità singole e/o
integrate sviluppate e lo sviluppo del lessico: introduzione di nuovi
vocaboli: (in modo armonico…), tecniche grafiche usate: (grassetto,
in evidenza, …), riutilizzo di vocaboli: (da altri moduli/unità per
fissazione/collegamento), descrivere la tipologia degli esercizi
lessicali. Si prenderà in esame come le strutture grammaticali
vengono introdotte: nuova formazione di parole e tempi verbali,
nuova strutturazione di frasi, altre difficoltà grammaticali, tipologia
esercizi/fase dell’unità didattica – obiettivo. Inoltre verrà fatta
un’analisi dei testi presenti: autentici, pedagogici, ecc. e del registro
utilizzato: informale, formale.
Un altro elemento da considerare è la cultura: quantità delle informazioni presenti, qualità delle informazioni e collegamento con le
altre attività proposte. Si focalizzerà l’attenzione anche sulle attività
comunicative proposte e sulla tipologia di esercizi per la ricezione
della lingua orale (ascolto globale/analitico), la produzione orale
(monologo, annuncio, discorso), la interazione orale (dialogo, roleplay, discussione, intervista, ecc.), la ricezione scritta (lettura e comprensione testuale), la produzione scritta (saggio, relazione, scrittura
creativa) e la interazione scritta (appunti, messaggi, note, testi epistolari).
Merita dare un’attenzione particolare anche alle strategie di apprendimento: strategie di lettura: (quesiti ogni tanto, riassunti, schemi, completamenti, …), prendere appunti, abilità di riferimento:
(ascolto, lettura, scrittura, parlato, mediazione), competenze: (esplici-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
81
tate/non esplicitate; alla fine di un percorso: modulo/unità), autovalutazione/feedback, mappe/grafici/tabelle, ecc.
Inoltre si vedrà il tipo di materiale integrativo presente per il recupero/rinforzo o per degli approfondimenti, si analizzeranno le modalità di lavoro presenti: attività di gruppo/a coppie/individuale; se ci
sono link ad altri materiali o siti e si considererà anche il peso e il
prezzo dei materiali.
2.13 Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo
MATTEO SANTIPOLO
Nell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera o seconda
una tra le competenze più frequentemente trascurate rientra quella
sociolinguistica. A giustificazione di questa carenza didattica vengono spesso addotte, tra le altre, ragioni relative alla presunta eccessiva
complessità della materia con la conseguente opinione che l’insegnamento di questi aspetti dovrebbe rientrare solo nell’ambito di corsi avanzati (dal B2 in su). In realtà, lo sviluppo della competenza sociolinguistica andrebbe perseguito, pur nei modi, nelle misure e nei
tempi adeguati al livello di conoscenza della generale e all’età dei
destinatari, fin dalle prime fasi di studio. Infatti, l’errore sociolinguistico (si pensi all’uso delle parolacce, oppure alla scelta dei registri,
solo per citare due casi), può talvolta compromettere l’efficacia comunicativa in modo più grave dell’errore sintattico o morfologico.
La sociolinguistica è quella branca della linguistica che studia il
rapporto tra la lingua e la società. La competenza sociolinguistica
può quindi essere definita come la capacità di impiegare la lingua e
le sue varietà in modo adeguato ai diversi contesti. Si tratta di una
sottocompetenza della più vasta competenza comunicativa e in quanto tale deve essere perseguita tra gli obiettivi glottodidattici, specie
quando s’insegna l’italiano, estremamente variegato, a stranieri.
La parola-chiave della sociolinguistica è variazione, che può avvenire nel tempo (diacronica), nello spazio (diatopica), attraverso la
struttura della società (diastratica), dei contesti (diafasica) e del mez-
82
GRAZIANO SERRAGIOTTO
zo impiegato per comunicare (diamesica). Per ciascuno di questi tipi
di variazione si forniscono esempi relativi all’italiano. Ma la complessità del repertorio linguistico degli italiani è oggi tale che non si
possono trascurare:
a) le minoranze linguistiche (storiche – ad esempio, germanofone,
francofone, albanesi, croate, sarde, friulane, ecc. – e recenti –
arabofone, cinesi, rumene, slave, ecc.);
b) gli aspetti strutturali più recenti dell’italiano contemporaneo;
c) il rapporto tra lingua nazionale e dialetto, ancora così vitale in
molte regioni.
La lezione affronta poi sia da un punto di vista teorico, sia operativo, il problema dell’insegnamento degli aspetti sociolinguistici illustrati, in una classe di italiano lingua straniera o seconda.
A partire quindi dal concetto di consapevolezza linguistica si passa attraverso quello di consapevolezza sociolinguistica fino ad arrivare a quello della relativa competenza, presentando i vantaggi che lo
sviluppo di questa comporta ai fini dell’efficacia comunicativa.
Mediante l’esame di materiali autentici, si procederà quindi alla
realizzazione del cosiddetto approccio socio-glottodidattico, in cui il
focus dell’attenzione è appunto incentrato sugli aspetti sociolinguistici.
2.14 Insegnare le microlingue
ELENA BALLARIN
Nella linguistica e nella sociolinguistica italiana ed internazionale
si trovano riflessioni sulla natura delle microlingue, perché la linguistica applicata si è orientata verso gli aspetti descrittivi (la microlingua della medicina, quella dell’economia, ecc.), la glottodidattica,
invece, verso quelli operativi. In ambiente internazionale, poi, è diffusa la definizione Language for Specific Purposes (LSP), che pone
l’accento sugli obiettivi specifici da trasformare in obiettivi glottodidattici, inoltre, Freddi ha anche osservato come la definizione di microlingue si stia definendo come Language of Science and Techno-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
83
logy (LST) come se solo in questo ambito di ricerca e di attività umana si possano identificare delle microlingue.
Appare, tuttavia, chiaro come anche il linguaggio giuridico o filosofico, quello della critica letteraria ed artistica non possano essere
certamente esclusi dal novero delle microlingue, poiché le microlingue, pur differenziandosi per settori, sono tutte caratterizzate dal
punto di vista formale: è, perciò, possibile distinguere le microlingue
dalla lingua comune, analizzando aspetti fonologici, morfosintattici,
lessicali e testuali.
La riflessione sulla didattica delle microlingue può essere distinta
in due parti.
La prima parte si prefigge di illustrare i processi di insegnamento
e apprendimento dell’italiano come LS/L2 attraverso l’approfondimento della didattica delle microlingue e descrive la teoria della microlingua:
a. la sua definizione e natura;
b. il ruolo ricoperto dall’insegnante e dall’allievo;
c. la sua programmazione curricolare e la sua scansione in unità di
acquisizione.
La seconda parte si avvicina ad una fase più operativa procedendo
all’analisi dei vari tipi di microlingue. Saranno, inoltre, illustrati i
processi di insegnamento che caratterizzano la didattica delle microlingue e avranno luogo workshop tematici nei quali sarà possibile
esercitarsi nella didattica di alcuni tipi di microlingua.
Queste due fasi di riflessione possono essere realizzate in due incontri di 3 ore ciascuno, ma si ottiene un approfondimento maggiore
con due incontri di 6 ore ciascuno in cui vi sia una parte dedicata al
workshop.
È parimenti possibile realizzare seminari di studio più lunghi (da
12 fino a 25 ore) in cui si effettua un’analisi più approfondita e puntuale della didattica differenziata secondo i vari tipi di microlingua.
GRAZIANO SERRAGIOTTO
84
2.15 Didattica della cultura e civiltà
ELISABETTA PAVAN
La cultura può essere considerata uno dei tre ‘contenuti’ del processo glottodidattico, a fianco della lingua oggetto e dello sviluppo
della capacità continuare ad apprendere le lingue.
La natura della comunicazione varia da cultura a cultura: la lingua
costituisce il codice con cui si definisce la realtà che ci circonda, un
sistema simbolico per la comprensione del mondo e l’elaborazione
dell’esperienza. Nella lingua il condizionamento della cultura appare
evidente nel lessico, tuttavia le implicazioni legate alla didattica della
cultura superano il campo linguistico e sono strettamente collegate ai
concetti di identità, valori, attitudini e prodotti.
La comunicazione non avviene nel vuoto, sarà importante imparare a riconoscere il contesto in cui avviene la comunicazione, così
come atteggiamenti, scopi e aspettative.
a. Cultura e civiltà, competenza interculturale
Si consideri che i concetti di “cultura” e “civiltà” vanno distinti in
merito alla didattica della cultura nell’ambito dell’insegnamento
dell’italiano come lingua seconda, straniera o etnica, così come il
termine cultura va inteso nel suo significato ‘classico’ e ‘antropologico’.
Riflessione sui concetti di inculturazione e acculturazione, implicazioni legate alla didattica dell’italiano a parlanti non nativi, cultura
e sviluppo delle abilità, modelli culturali e way of life, analisi culturale contrastiva.
Presentazione del concetto di competenza interculturale in generale:
- valori alti (tempo, gerarchia, rispetto, senso dell’“altro”, ecc.);
- linguaggi non verbali: cinesica, prossemica, vestemica, oggettemica;
- alcuni eventi: pranzo (alcol, ruolo dei padroni di casa, ecc.), riunione formale, ecc.
- problemi linguistici: fonologici, morfosintattici, testuali;
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
85
b. Modelli operativi
Presentazione di una griglia in cui appaiono i principali modelli
culturali e si avvia un percorso di riflessione/analisi culturale contrastiva con il paese di riferimento (nel caso di italiano lingua straniera)
o in riferimento alle esperienze degli insegnanti presenti. Uso di video, cinema, materiali autentici nell’insegnamento della cultura. Laboratorio su problemi interculturali tra il paese di riferimento e gli
italiani.
2.16 Insegnare la letteratura
PAOLO E. BALBONI
Con questo titolo si intendono di solito due cose: l’educazione alla cultura italiana, vista (anche) attraverso la sua espressione letteraria, di solito in una logica storica; lo sviluppo della capacità di leggere testi letterari, in cui “leggere” e “testo letterario” assumono il loro
senso più esteso: la seconda prospettiva, quella glottodidattica, è
quella specifica della formazione ITALS.
a. leggere il testo letterario
Intendiamo qui non solo la capacità di leggere, cioè di cogliere sia
il significato letterale sia quello più implicito, inferenziale (la “morale” della favola; il “messaggio” del romanzo; la “visione della vita”
di A Silvia, ecc.), ma anche la capacità di
- cogliere le ragioni linguistiche (e cioè fonologiche, grafemiche,
lessicali, morfosintattiche, testuali) che rendono quel teso “letterario”, che lo differenziano da un testo quotidiano;
- collocare il testo nel contesto socio-culturale che lo ha espresso:
questo non significa che i testi vadano presentati in sequenza cronologica, da Cielo d’Alcamo a Camilleri, ma che non si può cogliere il testo di Cielo d’Alcamo senza collocarlo nella Sicilia
provenzalizzata, grande potenza mediterranea, e non si può cogliere Camilleri senza collocare il suo testo nella Sicilia sfruttata
per secoli, dilaniata dall’emigrazione, umiliata dalla mafia;
86
GRAZIANO SERRAGIOTTO
- giudicare il testo sia in termini critici, sul piano della letterarietà e
del suo apporto culturale, sia in termini emozionali, di proprio
piacere di lettura e di coinvolgimento emotivo (emisfero destro
del cervello).
b. modelli operativi
Abbiamo visto che i modelli operativi che realizzano un curricolo
sono di tre livelli di ampiezza, e tale principio vale anche per
l’insegnamento della letteratura:
- modulo: un modulo è un blocco compatto, concluso in sé, certificabile, della durata operativa di un paio di mesi; in letteratura
possiamo avere moduli metodologici (ad esempio: imparare ad
analizzare testi letterari; ITALS ne ha realizzato un esempio), moduli tematici (la natura, la posizione della donna, amore e morte,
ecc.), moduli di genere (il teatro italiano), moduli storici (il romanticismo italiano);
- unità didattiche, secondo le quali l’insegnante organizza il suo
lavoro; ad esempio, un modulo sul Romanticismo può avere unità
didattiche quali “il pre-romanticismo”, “Foscolo”, “Leopardi”,
“Manzoni”;
- unità d’apprendimento, quelle percepite dallo studente come le
unità di lavoro: in letteratura, è di solito il lavoro su un singolo testo, per la durata di una o due ore.
3. Le metodologie
3.1 La dimensione neuro-psicologica
MICHELE DALOISO
I risultati delle più recenti ricerche in ambito neuro-psicologico
offrono indicazioni utili all’insegnante per operare in classe conoscendo più a fondo i processi mentali e cerebrali che sottendono
all’apprendimento linguistico. Lo scopo di questa lezione è dunque
quello di portare gli insegnanti a conoscere ed a tenere in conto:
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
87
a. i meccanismi cerebrali che determinano l’apprendimento: si descriveranno le funzioni che gli emisferi cerebrali svolgono nell’elaborazione del linguaggio e si farà riferimento alla didattica
bimodale di Danesi, che propone un insegnamento delle lingue
che attivi entrambi gli emisferi, secondo un percorso che va
dall’emisfero destro a quello sinistro, e cioè dalle modalità contestualizzanti e sensoriali a quelle più formali e meccaniche;
b. i meccanismi psicolinguistici che sottendono all’apprendimento:
secondo la teoria chomskiana ognuno possiede un Language
Acquisition Device, cioè un meccanisimo di acquisizione innato
che consente di formulare ipotesi, analizzando e rielaborando gli
stimoli linguistici; l’insegnamento delle lingue deve far leva sul
LAD, offrendo ciò che Bruner definisce LASS, ossia un ambiente
di supporto all’apprendimento basato sull’interazione tra insegnante e allievi;
c. il ruolo dell’affettività e delle emozioni: la decisione di trasferire
le informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo
termine viene presa spesso su base emozionale; per questo la metodologia umanistico-affettiva insiste sul concetto di filtro affettivo, che viene innalzato in situazioni d’ansia e stress e blocca
l’acquisizione. Si descriveranno quindi i meccanismi psicobiologici delle emozioni e le relative implicazioni glottodidattiche;
d. la motivazione ad apprendere: partendo da alcuni modelli teorici
sulle dinamiche della motivazione (in particolare quelle di Titone,
Schumann, Balboni), si offriranno indicazioni metodologiche, ad
esempio relativamente alla scansione dei diversi momenti di
un’unità didattica;
e. le intelligenze multiple: lo psicologo Gardner afferma che ognuno
ha una molteplicità di intelligenze (linguistica, logico-matematica...), manifestando una preferenza verso alcune di esse; conoscere i diversi tipi di intelligenza consente di riflettere su come rispettare e promuovere le diverse propensioni intellettive degli allievi in sede di apprendimento linguistico;
f. gli stili d’apprendimento: si descriveranno alcune modalità preferenziali che gli studenti possono avere quando apprendono le lin-
88
GRAZIANO SERRAGIOTTO
gue (dipendenza-indipendenza dal campo; riflessività-impulsività,
stile globale-analitico...).
3.2 Modulo, unità didattica, unità d’apprendimento
PAOLO E. BALBONI
Il sillabo che si intende sviluppare va tradotto in progetto didattico attraverso la fase di programmazione. I modelli operativi sono tre,
collocati gerarchicamente:
a. modulo
È una sezione (a) conclusa in sé, autosufficiente; (b) corposa, significativa; (c) certificabile, nel senso che si può rilasciare una dichiarazione che attesta che lo studente sa fare una data cosa. Sono
facilmente individuabili moduli in alcune materie (nella letteratura,
ad esempio: il romanticismo, il decadentismo, il secondo novecento,
ecc.; facile anche nelle microlingue: la corrispondenza commerciale,
la contrattualistica, la negoziazione, ecc.); meno facile è discipline
che si acquisiscono in progressione, come la lingua (moduli tipici
sono: prima sopravvivenza; entrare in relazione con colleghi e amici;
ecc.).
I moduli quindi si applicano male alla didattica della lingua perché spezzano un percorso unitario, ma sono necessari in molti casi
per la mobilità degli studenti;
b. l’unità didattica
È la tradizionale organizzazione del docente e di molti materiali
didattici: è una sezione di un modulo ed è composta di una fase introduttiva, in cui si motivano gli studenti al nuovo passo e si presenta
quel che si farà nelle ore successive; di una serie di unità d’apprendimento (che tradizionalmente vengono svolte in successione, ma in
classi plurilivello ce ne possono essere alcune solo per gli eccellenti,
altre per chi ha problemi, alcune che si rimandano all’unità successiva, ecc.); una sezione conclusiva con un test formale, eventuale or di
recupero e di lavoro specifico per gli eccellenti, un’eventuale ora di
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
89
stacco, di uso libero e creativo della lingua (film, canzoni, giochi,
ecc.);
c. l’unità d’apprendimento
L’espressione “unità d’apprendimento” nasce nel 2001 ad opera
di Roberto Dolci, e indica un blocco unitario di percezione di un
problema (linguistico, nel nostro caso), che viene percepito dapprima
globalmente, affidando il lavoro all’emisfero destro, poi analiticamente nell’emisfero sinistro, per approdare alla sintesi e alla riflessione conclusiva.
È l’unità minima di acquisizione considerata dal punto di vista
dello studente che apprende, mentre l’unità didattica è quella secondo cui organizza il proprio lavoro l’insegnante; se ci mettiamo dal
punto di vista dello studente, è l’unità d’apprendimento che ci interessa analizzare, in modo da organizzare poi, come conseguenza le
unità didattiche in maniera rispettosa delle unità d’apprendimento;
nella percezione dello studente risponde alla domanda “che cosa ho
imparato in questa ora (sessione, lezione, due ore, attività, ecc.)?”.
3.3 L’analisi dei bisogni
BARBARA D’ANNUNZIO
L’insegnamento dell’italiano L2 ad alunni non italofoni e per lo
sviluppo di abilità di tipo BICS e/o CALP deve partire dall’allievo,
dalla sua biografia linguistica, dalla sua situazione di apprendente
migrante e dalla situazione in cui si opera (la scuola italiana in generale e lo specifico Istituto in cui si trova l’allievo).
In un percorso in italiano L2 a scuola, il punto di partenza deve
essere costituito dall’allievo, e da un’analisi puntuale dei suoi bisogni.
Quando si parla di “bisogni” dello studente non italofono si fa riferimento sostanzialmente a due tipi di bisogni:
a) bisogni oggettivi, legati strettamente alla lingua da apprendere e
alle strategie necessarie perché gli allievi la possano acquisire;
GRAZIANO SERRAGIOTTO
90
b) bisogni soggettivi, legati biografia scolastica pregressa, ai percorsi
affettivi, cognitivi e identitari della migrazione che chiamano in
causa aspettative e proiezioni di famiglie a allievi rispetto alla
scuola.
3.4 La metodologia umanistico-emozionale
PAOLO E. BALBONI
Si tratta di una metodologia, non di un “approccio” come spesso
si dice: un approccio infatti integra aspetti linguistici e antropologici,
oltre a quelli psico-pedagogici che costituiscono lo specifico di questa metodologia.
Le due parole chiave vanno scisse:
a. umanistica: la psicologia umanistica di Rogers (e, in Italia, di Titone e poi tutto il gruppo freddiano e della Scuola di Venezia) vede l’uomo nella sua totalità e nel suo modo naturale di “funzionare come macchina che apprende”: quindi la metodologia umanistica richiede il rispetto
- della bimodalità del cervello;
- della direzionalità dal contesto al testo; dal globale all’analitico; dal multisensoriale, in particolare il visivo, al linguistico;
- per i tipi di intelligenza e gli stili d’apprendimento diversi da
quelli strettamente razionali, analitici.
Ne deriva un modello di unità d’apprendimento basato su queste
caratteristiche proprie del homo discens, la persona che impara: sono
la metodologia e il curricolo che si piegano all’uomo, che impara,
non viceversa;
b. emozionale (o affettiva, come tradizionalmente si dice): si riprende l’insegnamento di Goleman che riafferma il ruolo dell’intelligenza emotiva, superando la tradizione greco-latina che privile-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
91
gia il pensiero logico e razionale su quello analogico ed emotivo.
Ne derivano:
- una forte attenzione alla motivazione basata sul piacere, oltre
che sul bisogno razionale e sul senso del dovere;
- un’accentuazione delle attività di impianto ludico;
- un atteggiamento non violento nei confronti dell’errore;
- una forte attenzione per le dinamiche relazionali tra gli studenti e tra questi e il docente.
Questa lezione è di solito introduttiva al corso e ne delinea la filosofia di fondo – filosofia che la Scuola Veneziana di Glottodidattica
ha posto alla base delle sue ricerche e delle sue proposte metodologiche per l’insegnamento di tutte le lingue (materne, seconde, straniere,
etniche e classiche), ma che è particolarmente rilevante per l’insegnamento dell’italiano nel mondo, il cui studio non è quasi mai dettato da bisogni materiali impellenti, e quindi deve essere uno studio
intrinsecamente motivante e che dà piacere.
3.5 L’apprendimento cooperativo
SONIA RUTKA
Il problema dell’insegnante, come afferma Comoglio, “non è più
la gestione del singolo, ma la valorizzazione dell’eterogeneità, della
diversità, in una classe di diversi”.
In questa prospettiva l’apprendimento cooperativo propone un
equilibrio nuovo tra insegnamento e apprendimento e concorre a fornire risposte efficaci alle problematiche complesse che interessano il
mondo della scuola, una tra queste, l’integrazione degli studenti stranieri.
Pur avendo la sua matrice teorica nella psicologia sociale, nell’apprendimento cooperativo si integrano in una sintesi naturale alcune
interessanti prospettive da tempo più o meno recente all’esame della
riflessione educativa: la centralità della persona che apprende (Rogers), la Zona di Sviluppo Prossimale e il tutoring (Vygotskij), il co-
92
GRAZIANO SERRAGIOTTO
struttivismo sociale e la cognizione situata, l’apprendimento significativo e l’insegnamento individualizzato.
L’Apprendimento Cooperativo è un vasto movimento educativo e
al contempo metodo a mediazione sociale, in cui si propone un modello di apprendimento focalizzato sulla relazione interpersonale tra
pari, considerata il perno intorno a cui ruotano tutte le altre variabili
coinvolte nel processo di apprendimento (aspetti motivazionali, affettivo - emotivi, cognitivi, sociali, ecc.).
Gli studenti apprendono in piccoli gruppi, in un clima di aiuto reciproco per raggiungere obiettivi condivisi e l’interdipendenza positiva è la struttura di relazione che creando un alto livello di corresponsabilità, permette il raggiungimento del proprio e dell’altrui apprendimento.
Il conseguimento degli obiettivi è determinato dall’uso consapevole di competenze sociali indispensabili per sviluppare e mantenere
un livello di cooperazione qualitativamente alto.
Questo tema può essere affrontato in una sessione di tre ore con
l’obiettivo di creare interesse verso un modo nuovo di fare scuola,
ma preferibilmente può costituire il tema di un intero corso.
Applicare l’Apprendimento Cooperativo richiede infatti all’insegnante una profonda riflessione:
a. sul mutato ruolo che è chiamato ad assumere;
b. sulla necessità di acquisire o potenziare specifiche competenze
nella guida e gestione del gruppo classe;
c. sulla necessità di condividere con i colleghi valori, idee e pratiche
didattiche (cooperative teaching) per porre le basi di una scuola
intesa come Comunità di Apprendimento.
Nell’attività formativa gli insegnanti apprendono il “metodo attraverso il metodo” diventando protagonisti del processo di apprendimento e lavorando a coppie e gruppi. Il tempo di lezione frontale è
usato per dare indicazioni di carattere teorico-pratico, a partire dalle
attività svolte.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
93
3.6 La metodologia ludica
FABIO CAON
La glottodidattica ludica è una metodologia che realizza i principi
fondanti della pedagogia umanistico-affettiva e dell’approcciocomunicativo, usando il gioco come modalità strategica per il raggiungimento di obiettivi formativi e linguistici. I principi a cui si fa riferimento sono:
a) la centralità dello studente;
b) l’attenzione alle componenti psico-affettive e motivazionali che
influenzano il processo di apprendimento: attenuazione di situazioni che possano generare ansia o stress negativo negli studenti
(ipotesi filtro affettivo di Krashen);
c) l’attenzione ai bisogni comunicativi dello studente;
d) l’interesse per la componente sociale della comunicazione e l’uso
della lingua come strumento di interazione.
Perché il gioco come “modalità strategica”? Perché nel gioco si
integrano potenzialmente: impegno cognitivo, divertimento, uso autentico della lingua, sviluppo di relazioni sociali, abilità personali
(linguistiche, psicomotorie, ecc).
Ma il gioco inteso come esperienza complessa e formativa non
basta a giustificare una proposta glottodidattica. Risulta fondamentale che il docente finalizzi questi fattori all’apprendimento linguistico
e che quindi riesca a mantenere l’aspetto coinvolgente, motivante e
sfidante del gioco libero armonizzandoli con obiettivi linguistici ed
educativi.
Per promuovere questo valore formativo del gioco didattico il docente deve necessariamente porsi come obiettivo la creazione di un
ambiente di apprendimento caratterizzato da motivazione profonda,
intrinseca, da coinvolgimento multisensoriale e da piacere della sfida, valorizzare la cooperazione e ridurre le situazioni di stress intraed inter-personale che possono sorgere in attività di tipo competitivo.
Deve quindi porre attenzione sia ai games (ovvero alle tecniche
didattiche ludiche che mantengano il carattere impegnativo, sfidante
e piacevole del gioco libero ma che siano pensate sulla base di obiettivi d’apprendimento) che al play (ossia al clima di classe).
94
GRAZIANO SERRAGIOTTO
La metodologia ludica quindi non è la proposta estemporanea di
giochi intesi come passatempo, riempitivo tra momenti “seri” della
lezione, bensì la creazione di un ambiente significativo d’apprendimento caratterizzato da ludicità diffusa, in cui si integrano forti
spinte motivazionali con aspetti affettivo-emotivi, cognitivi e sociali
dell’apprendente.
3.7 La metodologia CLIL
GRAZIANO SERRAGIOTTO
L’acronimo inglese CLIL (Content and Language Integrated Learning ) significa l’apprendimento integrato di lingua e contenuti.
Tale denominazione mette in risalto come ci sia un equilibrio tra
l’apprendimento delle varie discipline e quello della lingua italiana.
Il CLIL è sicuramente un approccio innovativo che ha come obiettivo il plurilinguismo; favorisce l’integrazione curricolare e comprende una varietà di modi di insegnare e di situazioni talmente flessibili che ogni docente o gruppo di docenti può decidere il percorso
da seguire e le modalità più adatte per la propria classe, decidendo
anche eventuali modifiche da fare in itinere per migliorare l’apprendimento.
Lo scopo glottodidattico è sicuramente diverso tra l’insegnamento
della lingua italiana e l’uso veicolare di quest’ultima: nel primo caso
il docente insegna la lingua italiana, nel secondo egli promuove la
lingua italiana; nel primo caso lo studente impara le abilità e apprende ad usare la lingua italiana, mentre nel secondo caso lo studente
usa le abilità acquisite e usa la lingua italiana per apprendere. È molto importante focalizzare la nostra attenzione sui termini “insegna”
versus “promuove” e “impara” versus “usa” dove il ruolo della lingua non viene ad essere metalinguistico ma serve da tramite per acquisire dei contenuti non linguistici.
In questo modo l’acquisire una lingua non viene visto come fine a
sé stesso ma può essere il mezzo che permette di arrivare ad altri
contenuti. Usando il CLIL come approccio didattico si vengono a
creare una serie di situazioni favorevoli determinate da alcuni fattori:
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
95
a) un aumento della quantità di esposizione all’italiano: l’italiano
non verrebbe utilizzato soltanto nelle ore canoniche di insegnamento della lingua italiana, ma verrebbe usato anche nell’orario di
altre discipline e questo favorirebbe i livelli di competenza nella
lingua italiana;
b) una maggiore qualità di esposizione all’italiano: l’insegnamento
integrato di lingua italiana e contenuti può favorire un insegnamento di tipo interattivo e assicurare un certo livello qualitativo
perché molto spesso è richiesta una profondità di rielaborazione
che non si avrebbe in un insegnamento tradizionale;
c) una maggiore motivazione all’apprendimento: diventando il contenuto della materia il focus dell’attenzione anche gli allievi che
non presentano un’attitudine particolare per l’apprendimento linguistico o che non amano in modo particolare le lingue possono
seguire la logica cognitiva delle discipline e allo stesso tempo potrebbero potenziare l’italiano o altre lingue straniere con attività
che possono essere considerate incidentali, proprio perché non
sono state costruite primariamente per questo scopo.
Nella progettazione di un percorso CLIL dovremmo considerare
delle variabili in base alla classe: livello, tipo di studenti e di insegnanti coinvolti; al modello operativo CLIL: una lezione, alcune unità
didattiche, un modulo, gli insegnanti lavoreranno in sinergia o in copresenza; all’area curricolare/extracurricolare: verranno analizzati i
temi e gli argomenti del percorso; alla competenza chiave del contenuto (obiettivi): conoscenze, concetti, fatti; al lessico chiave: individuare il lessico e scegliere le tecniche per farlo memorizzare e riutilizzare; alle abilità linguistiche attivate, alle abilità di studio coinvolte e ai processi cognitivi; alla metodologia e ai materiali usati.
3.8 La ricerca-azione
MARIA DE LUCHI
Nata negli Stati Uniti degli anni ’40 come metodo di analisi nel
campo delle scienze sociali, la Ricerca Azione (RA) si è sviluppata
96
GRAZIANO SERRAGIOTTO
come approccio metodologico che consente agli insegnanti di operare un’analisi approfondita delle situazioni reali che si creano in
classe e operare dei cambiamenti.
La RA presuppone che i docenti siano disponibili a riflettere criticamente sulle loro azioni e su ciò che esse rappresentano non solo
agli occhi di chi le progetta, ma anche di chi le vive come studente
o come osservatore esterno, ossia il docente o esperto incaricato di
realizzare un ciclo di osservazioni dirette nella classe di progetto.
La riflessione, da procedimento centrato sul sé, diventa quindi
un’operazione “plurale”, determinante per lo sviluppo di un’autentica maturità professionale.
La RA ha una dimensione collaborativa: il docente d’aula lavora
con i colleghi del gruppo di progetto e con l’osservatore esterno alla
costruzione di adeguati strumenti di raccolta dati, sia di tipo soggettivo (diari, interviste, note sul campo, questionari) e oggettivo
(schede di osservazione, registrazioni audio e video) e alla successiva analisi e valutazione del percorso.
Scopo della RA è migliorare la prassi educativa; è quindi legata
ad un contesto specifico ed è orientata al cambiamento. Il gruppo di
progetto non parte da un’ipotesi pre-definita, ma esplora il contesto
naturale e culturale, raccoglie dati grazie all’utilizzo di strumenti
idonei e li interpreta mediante descrizioni ed analisi di tipo qualitativo-interpretativo, la cui validità è assicurata dalla correlazione
(triangolazione) tra dati provenienti da diversi punti di vista. In tal
modo, ad esempio, le risposte ad un questionario proposto al docente verranno messe a confronto con le risposte fornite dagli studenti
in un questionario parallelo e correlate con le osservazioni realizzate in classe dall’osservatore esterno.
La RA non mira alla generalizzazione degli esiti della ricerca e
segue un percorso rigoroso e sistematico, che si sviluppa secondo le
seguenti fasi: a. ricognizione, prima esplorazione e messa a fuoco
del problema; b. pianificazione, progettazione di contenuti e azioni
con l’obiettivo di migliorare l’azione; c. azione, messa in atto del
piano; d. osservazione e monitoraggio dell’azione nel suo svolgersi,
mediante utilizzo di strumenti appositi; e. riflessione condivisa e valutazione dei dati raccolti e del processo, a cura del gruppo di pro-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
97
getto. Il percorso ha un andamento ciclico a spirale, in quanto la fase finale può comportare l’esigenza di rivedere il piano generale e
avviare una nuova azione.
3.9 Le classi plurilivello ad abilità differenziate
FABIO CAON
L’intervento mira a fornire agli insegnanti le coordinate teoriche
e soprattutto delle proposte operative per insegnare in contesti complessi quali le CAD (Classi ad Abilità Differenziate) e soprattutto le
CAD plurilingue e multilivello.
La nuova realtà delle classi con presenza di studenti stranieri, infatti, ha posto gli insegnanti di fronte a nuove sfide tanto sul piano
glottodidattico quanto su quello educativo ed interculturale.
Una identificazione sia dei nodi critici di una classe plurilivello
che delle potenzialità di un gruppo di studenti ad abilità differenziate
rappresenta quindi la base su cui rendere consapevoli i docenti per
poi proporre strategie e tecniche finalizzate a valorizzare i singoli
studenti e le dinamiche relazionali.
Da tale prima identificazione dei fattori di differenziazione in
classe e dei fattori di differenziazione in una classe multiculturale e
plurilivello si passa a trattare il problema centrale della comprensione linguistica.
Il processo di comprensione infatti è fondamentale perché ad esso
è collegato non solo lo sviluppo dell’interlingua, il miglioramento
della competenza comunicativa, cognitiva e metacognitiva ma anche
il miglioramento dello stato psicologico dello studente.
Infatti, da interviste condotte su studenti migranti e concernenti il
loro inserimento nella scuola italiana, abbiamo potuto evincere che la
non comprensione della comunicazione scolastica (sia in termini
propriamente linguistici che in termini culturali) ha profonde ripercussioni sulla loro percezione psicologica. Da questi questionari è
emerso infatti che essi si sentono spesso non accolti per non dire apertamente rifiutati.
98
GRAZIANO SERRAGIOTTO
Tale sensazione di rifiuto, anche se spesso non motivata, ha comunque gravi ricadute sull’autopercezione e sul senso di autoefficacia e genera demotivazione allo studio e alla partecipazione alla vita
sociale della classe, determinando infine, in un circolo vizioso, un
rallentamento nel processo di apprendimento della L2 e nella socializzazione.
Una volta delineato il problema e inquadrate le possibili differenze in una classe, ci si concentra sulla differenza in classe: è da considerarsi risorsa o problema? Sulla base di questa domanda si articola
quindi una riflessione metodologica che ovviamente possa rendere la
differenza una risorsa e non un problema.
Lo scopo di questa riflessione è di giungere al concetto di facilitazione dell’apprendimento per gli studenti eccellenti e in difficoltà e,
in modo particolare, per gli studenti migranti.
A tal scopo verranno proposte delle tecniche didattiche per
l’apprendimento linguistico in CAD che si inseriscono negli approcci
costruttivista e umanistico-affettivo e che si basano sulla metodologia cooperativa rielaborandola e adattandola a tali specifici contesti
di insegnamento/apprendimento.
Da questa presentazione di tecniche didattiche si giungerà quindi
a proporre il modello operativo progettato e sperimentato nelle CAD:
l’Unità Stratificata e Differenziata.
Il modello verrà presentato attraverso delle USD già elaborate in
modo da farne risaltare l’applicabilità in classe e nello stesso il rigore
scientifico della sua elaborazione.
La proposta delle strategie di stratificazione e di differenziazione
(altri concetti chiave, insieme alla cooperazione, nel modello) attraverso la presentazione di esperienze già effettuate nelle classi e nei
laboratori di italiano L2, vuole, da un lato dimostrare la realizzabilità
di percorsi differenziati (in ottemperanza a quanto richiede la normativa concernente gli studenti migranti –DPR 394, 31/8/99); dall’altro
presentare un possibile percorso sostenibile per poter gestire efficacemente l’apprendimento linguistico per tutti gli studenti (eccellenti
ed in difficoltà) e per potenziare nel contempo le dinamiche positive
di cooperazione, di aiuto e tutoraggio reciproco tra gli studenti e la
relazione significativa tra docenti e studenti.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
99
3.10 Il laboratorio di italiano L2
BARBARA D’ANNUNZIO
Il laboratorio può essere inteso in modi differenti, può assumere
diverse modalità organizzative e la metodologia didattica può variare
in funzione del contesto scolastico in cui viene implementato e dei
bisogni linguistico-formativi degli studenti.
Fatta questa doverosa precisazione, noi definiamo il laboratorio di
Italiano L2 come uno spazio all’interno della scuola in cui gruppi di
allievi non italofoni (ma, nel caso di laboratori interculturali o di studio disciplinare, possono essere coinvolti attivamente anche allievi
italofoni) di differente età, lingua, etnia, competenza in L2 e tempo
di permanenza in Italia possono imparare l’italiano in un contesto
connotato da una attenzione non solo alla didattica specifica della
lingua seconda ma anche – e soprattutto – agli aspetti psicologici (affettivi ed emotivi), psicomotori, neurolinguistici e sociopragmatici
legati all’apprendimento. A questo, va aggiunta un’attenzione all’insegnamento della cultura italiana in una prospettiva interculturale, di
valorizzazione delle diverse culture in quanto apportatrici di saperi
nuovi.
Nel laboratorio, dunque, è l’intera persona – non solo l’apprendente – che sta dietro all’allievo ad essere al centro del processo matetico. In questo processo, assumono rilevanza i bisogni formativi e
gli interessi personali degli studenti, le loro aspettative, i loro investimenti affettivi, le loro peculiarità caratteriali, il loro vissuto personale, la loro esperienza pregressa, la loro biografia linguistica e culturale, il loro stile cognitivo.
La lingua, in laboratorio, si lega quasi sempre all’esperienza concreta, alla sperimentazione diretta, all’interesse dell’allievo (sia quello di conoscere i compagni e il nuovo mondo che lo circonda o quello di comprendere un capitolo di storia per ottenere un successo scolastico); essa deve essere presentata in modo accessibile rispetto alle
sue competenze pregresse, motivante e piacevole rispetto agli scopi
scolastici e personali, sfidante rispetto allo sviluppo cognitivo.
La classe di laboratorio è multietnica e presenta un alto livello di
eterogeneità. Per comprendere il contesto “laboratorio” è fondamen-
100
GRAZIANO SERRAGIOTTO
tale, dunque, presentare sinteticamente le caratteristiche principali di
una classe plurilivello e multietnica. Infatti, ogni classe è in realtà
composita, “plurilingue” poiché plurimi sono gli “alfabeti” degli studenti, i loro saperi personali, il loro bagaglio d’esperienze, le loro
motivazioni allo studio, i loro stili cognitivi e d’apprendimento, le
loro competenze linguistiche e relazionali.
Essa, allora, amplifica la complessità poiché, oltre alle differenze
individuali proprie di ogni studente, aggiunge quelle derivanti dalla
differenza linguistica, dalla cultura d’appartenenza e quelle di ordine
psicologico legate alla condizione di migrante.
Tali complessità, mettono il docente di fronte alla necessità di ripensare la propria pratica didattica anche attraverso la rinuncia
all’idea che ci possa essere un’unica soluzione metodologica; le soluzioni sono molte ed ogni volta diverse poiché esse vengono determinate in buona parte nella relazione con gli studenti.
Il docente deve essere in grado di costruirsi una metodologia personale che, pur attingendo da indicazioni teoriche precise (approccio
umanistico affettivo e comunicativo, costruttivismo sociale, ad
esempio) dovrà poi essere adattata e costruita a partire dal contesto in
cui si trova ad agire, nello sforzo creativo di mediazione tra indicazioni del programma, realtà psicologica dei suoi studenti e caratteristiche dell’ambiente in cui si trova ad operare.
3.11 Tecnologie glottodidattiche
PAOLA CELENTIN
Questo tema può essere affrontato in maniera tangenziale, in una
sessione breve, oppure può costituire il nucleo forte di un intero corso; qui privilegiamo la prima ipotesi, in quanto quella più diffusa, ma
la seconda è facilmente deducibile da questa per espansione dei tempi dedicati alla realizzazione laboratoriale di materiali.
La lezione vuole dare un inquadramento generale al ruolo delle
tecnologie nell’insegnamento delle lingue straniere o seconde. Si
tratterà in particolar modo del computer, dell’uso di Internet e della
posta elettronica.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
101
L’autonomia del discente è un concetto che ha sempre maggiore
diffusione, nella convinzione che prendendo le redini della propria
attività di apprendimento, si riesca effettivamente ad acquisire una
lingua straniera in modo definitivo ed efficace. Il contesto di apprendimento diviene quindi centrato sullo studente. Ciò significa sostanzialmente promuovere il long life learning. Le tecnologie glottodidattiche permettono di potenziare notevolmente l’autonomia di apprendimento dello studente, ovviamente se opportunamente sfruttate.
Le tecnologie devono essere considerate come uno strumento che
permette di aggiungere possibilità e risorse all’insegnamento tradizionale ma è scorretto e irreale sia pensare che possano sostituire
l’insegnante, sia utilizzarle per svolgere attività che possono essere
fatte più agevolmente con carta e penna.
Per quanto riguarda l’uso del computer si vedrà:
a. l’uso di software specifico per la didattica dell’italiano a stranieri
(caratteristiche dei materiali e modalità d’uso in classe, in laboratorio multimediale, a casa);
b. l’uso di software generico (come sfruttare i software normalmente
presenti sui computer scolastici per l’apprendimento/insegnamento dell’italiano).
Per quanto riguarda Internet si vedrà:
a. il valore pragmatico-comunicativo di Internet e le sue implicazioni glottodidattiche;
b. alcune attività didattiche realizzate a partire da siti Internet non
dedicati all’apprendimento dell’italiano (web-quest, cacce al tesoro, ecc.)
c. alcuni siti per l’insegnamento/apprendimento dell’italiano.
Per quanto riguarda la posta elettronica si vedrà:
a. l’uso della posta elettronica in esperienze di tipo Tandem
b. la correzione dell’errore nello scambio via posta elettronica.
La sessione breve ha carattere prevalentemente teorico, mentre il
corso incentrato sulle tecnologie glottodidattiche (realizzato in ambiente idoneo, attrezzato con computer e connessione ad Internet)
102
GRAZIANO SERRAGIOTTO
prevede momenti teorici alternati a fasi pratiche in cui vengono concretamente messe in atto le indicazioni sopraesposte.
3.12 Uso della canzone
FABIO CAON
Si prendono le mosse dalla capacità della musica leggera di emozionare, di legarsi “naturalmente” alla memorizzazione dei testi grazie alla ripetizione del cantato, di attivare processi affettivi, d’identificazione in un gruppo sociale, quindi di rappresentare un profondo
fattore motivazionale per lo studio dell’italiano. Non vanno dimenticate nemmeno le indicazioni fornite in ambito psico- e neurolinguistico sulla valenza della musica nell’attivazione di entrambi gli
emisferi e della possibilità di garantire stati di rilassatezza o di concentrazione che migliorano in modo decisivo i processi cognitivi.
La canzone d’autore, in particolar modo, in virtù della specifica
attenzione posta dai suoi principali esponenti nell’uso ricercato della
lingua italiana, oltre che strumento per l’insegnamento della lingua e
della cultura, può risultare anche un valido strumento per avvicinare
gli studenti all’analisi del testo letterario.
La musica leggera presenta potenzialità positive per l’apprendimento linguistico poiché essa:
a. facilita l’attivazione di una motivazione basata sul piacere;
b. permette di sviluppare collegamenti mentali con altre canzoni sia
sull’asse sincronico che diacronico;
c. permette di sviluppare percorsi di educazione storica ed interculturale;
d. permette di sviluppare percorsi interdisciplinari;
e. permette di lavorare su contenuti culturali;
f. favorisce la memorizzazione di fonemi, lessico, strutture;
g. può permettere di lavorare efficacemente sulla pronuncia;
h. può favorire lo sviluppo in classe di dinamiche sociali positive,
legate alla condivisione di interessi, di conoscenze, di passioni;
i. presenta evidenti aspetti di ludicità, utili per l’apprendimento significativo;
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
103
j. è uno stimolo polisemico, che può essere mono- o multisensoriale, può permettere quindi un lavoro complesso, a più dimensioni.
Se non sono accompagnate da un’attenta proposta pedagogica, le
potenzialità restano tali e possono rivelarsi non solo poco “produttive” in termini di sviluppo di competenze, ma addirittura controproducenti: gli aspetti culturali impliciti possono impedire la comprensione e l’isoritmia, ossia il rapporto di identità o differenza tra il ritmo del “parlato” e quello del “cantato”(può creare problemi se non è
limitato con la scelta di canzoni in cui ci sia una pronuncia chiara e
ben scandita, di un cantato che abbia un’accentuazione e una durata
delle parole simili a quelle del parlato).
3.13 Uso del cinema e della tv
MARIO CARDONA
Non si tratta solo di un sussidio, ma di un catalizzatore in quanto
consente di impostare il percorso didattico in modo nuovo sfruttando
le potenzialità del mezzo multimediale, oggi integrate nei percorsi
ipermediali e ipertestuali consentiti dal computer e dalla rete.
L’uso di materiale audiovisivo in classe presenta vantaggi di diversa natura:
a. neurolinguistica: l’input multimediale consente di elaborare l’informazione attraverso la modalità visiva e uditiva il che dà un
maggior consolidamento della traccia mnestica e la creazione di
connessioni profonde a livello della memoria semantica a lungo
termine. La maggior stabilità del ricordo consente un’acquisizione linguistica più stabile e profonda, tenendo conto che in
presenza di uno stimolo di tipo audiovisivo l’attività cerebrale
coinvolge entrambe gli emisferi;
b. linguistici: una sequenza audiovisiva consente di visualizzare il
contesto sociolinguistico nel quale avviene l’evento comunicativo, di lavorare sugli aspetti gestuali, oggettuali, cinesici, prossemici, vestemici, cronemici ecc. Si tratta dunque di percorsi di-
104
GRAZIANO SERRAGIOTTO
dattici molto utili a sviluppare la competenza sociopragmatica, la
competenza culturale ed interculturale;
c. motivazionali: il materiale autentico contenuto nella sequenza audiovisiva consente un alto livello di motivazione. L’importante è
scegliere il documento che per contenuti e caratteristiche si avvicini ai bisogni degli allievi e susciti la loro curiosità e attenzione.
L’insegnante ha a disposizione un’ampia gamma di possibilità,
dalla pubblicità, al videoclip, dalla sequenza di un film, al dibattito, dal documentario al telegiornale ecc.
Sulla base delle caratteristiche descritte e per sfruttare appieno le
ampie possibilità didattiche del materiale audiovisivo, è importante
che gli insegnanti sappiano:
a. selezionare il materiale in base agli obiettivi linguistici ed alle
mete culturali;
b. analizzare la sequenza audiovisiva nelle sua componenti linguistiche ed extralinguistiche per saperne trarre i maggiori vantaggi
didattici;
c. predisporre attività didattiche a partire dal documento multimediale (sfruttando anche le possibilità di blocco immagini, visione
senza suono ecc.) che consentano comprensione profonda e riflessione sulla lingua;
d. contestualizzare il percorso didattico incentrato sul video all’interno di una programmazione organica e coerente e non considerarlo solo come un’attività occasionale.
3.14 Insegnare ad adulti
PAOLA BEGOTTI
Si deve definire anzitutto il concetto di “adultità” ponendo il problema di quali parametri adottare per poter definire una persona “adulta”. Si offrono poi i lineamenti teorici sulla formazione degli adulti:
a. La necessità di una formazione per tutto l’arco della vita: il Lifelong Learning (LLL) e
b. Lifewide Learning (LWL);
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
c.
d.
e.
f.
g.
105
le caratteristiche dell’adulto in rapporto alla formazione;
Knowles e il modello andragogico;
Rogers e la psicologia umanistica;
Maslow e la piramide dei bisogni;
Demetrio e le teorie dell’identità e le pedagogie dello sviluppo.
Si dovranno considerare le problematiche legate alla glottodidattica destinata ad adulti:
a. quale tipologia di adulti necessita di formazione linguistica;
b. la motivazione e i bisogni linguistici degli adulti;
c. i Progetti Europei per l’insegnamento delle lingue straniere ad
adulti.
In particolare si porranno in evidenza le tematiche strettamente
correlate all’insegnamento dell’italiano come LS o L2 ad adulti,
quindi:
a. le istituzioni che offrono corsi di italiano a stranieri adulti in Italia
e all’estero;
b. il ruolo e le caratteristiche di un docente di lingua per studenti adulti;
c. approcci, metodi e tecniche adatte a destinatari adulti in base anche alle loro conoscenze linguistiche pregresse e ai loro stili cognitivi e di apprendimento;
d. l’utilizzo delle tecnologie con lo studente adulto;
e. la valutazione e l’autovalutazione dello studente adulto;
f. indicazioni del Common European Framework of Reference per
la glottodidattica ad adulti.
Questa lezione può essere introduttiva di un corso monografico
destinato a docenti che lavorano esclusivamente con studenti adulti e
può essere collegata a lezioni sulle microlingue, sulla letteratura,
sull’uso della canzone, del cinema e della TV, sui problemi interculturali.
106
GRAZIANO SERRAGIOTTO
3.15 Insegnare a bambini
MARIA CECILIA LUISE
Sono ormai consolidate e riconosciute le numerose motivazioni
che giustificano un insegnamento precoce di una lingua straniera: ma
insegnare l’italiano come lingua straniera (all’estero), seconda (in
Italia) o etnica (cioè l’italiano della comunità di emigranti, che spesso sono all’estero da due o più generazioni) a studenti molto giovani
richiede attenzioni metodologiche specifiche, che tengano conto delle caratteristiche cognitive e di personalità di soggetti ancora in formazione.
I tradizionali modelli metodologici e operativi utilizzati nell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera e come lingua seconda, spesso pensati per studenti adulti o per un indifferenziato pubblico di destinatari, devono quindi essere adattati quando sono rivolti a
bambini.
In particolare l’attenzione va posta su:
a. la dimensione affettiva, i bisogni non solo comunicativi, le caratteristiche di personalità e le esperienze pregresse dei bambini;
b. l’accentuazione della dimensione formativa accanto a quella utilitaristica dello studio di una lingua: un bambino non possiede infatti la nozione di “bisogno” linguistico, a meno che non si tratti
di italiano L2 in Italia dove l’urgenza integratoria è fondamentale;
c. la cura per la crescita cognitiva e delle funzioni psicologiche superiori legata all’acquisizione di una lingua in soggetti in età di
sviluppo;
d. la valorizzazione e la realizzazione sistematica di percorsi interdisciplinari: la dimensione dell’educazione linguistica integrata costituisce l’ambiente più produttivo per l’insegnamento delle lingue a bambini;
e. la centralità della dimensione ludica, cioè di una didattica basata
sul gioco inteso non solo come svago o divertimento, ma soprattutto come modalità privilegiata per imparare una lingua, per sperimentarla, per fare cose con la lingua;
f. la necessità di un approccio sistematico, induttivo, concreto, ludico alla riflessione linguistica e alla dimensione metacognitiva, da-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
107
to che è accertato che anche con i bambini non si può basare un
curricolo di lingua straniera solo sulle abilità di uso della lingua,
ma che vanno considerate anche quelle sull’uso della lingua.
Sul piano della pratica glottodidattica, insegnare una lingua a
bambini comporta un adattamento del modello dell’Unità di Acquisizione, con la dilatazione delle fasi di motivazione e globalità, e l’utilizzo di una grande varietà di tecniche glottodidattiche,
che vanno proposte in chiave esperienziale, pratica, operativa,
concreta, ludica, multisensoriale.
L’argomento può essere affrontato non solo sul piano della riflessione teorica, ma anche su quello pratico e laboratoriale, attraverso l’analisi dei materiali didattici non solo cartacei a disposizione dell’insegnante di lingua a bambini, la creazione di percorsi e materiali ad hoc, e attraverso l’approfondimento di argomenti e metodologie specifiche quali per esempio lo storytelling
e il Total Physical Response.
3.16 L’accostamento all’italiano in età prescolare
MICHELE DALOISO
A seguito di numerose sperimentazioni e ricerche glottodidattiche
in ambito italiano ed internazionale è stato riconosciuto che se i
bambini entrano in contatto con una seconda lingua fin dalla più tenera età ne trarranno benefici sia in termini di acquisizione linguistica sia di sviluppo cognitivo, culturale, semiotico.
Per quanto riguarda l’italiano all’estero, a fronte di una crescente
tendenza ad anticipare l’accostamento all’italiano fin dalla più tenera
età, è necessaria una formazione glottodidattica specifica su:
a. le peculiarità acquisizionali dei bambini in età prescolare, ossia
la conoscenza dei meccanismi neuropsicologici che vengono attivati per l’acquisizione delle lingue in questa fascia d’età (neurosensorialità, tipi di memorizzazione, strategie cognitive, ecc.);
b. il linguaggio dei bambini piccoli, i quali possiedono un certo livello di competenza linguistica in lingua madre (tipo di lessico,
108
GRAZIANO SERRAGIOTTO
funzioni comunicative privilegiate) su cui è possibile far leva per
accostarli ad una nuova lingua;
c. le teorie e le metodologie psicopedagogiche e glottodidattiche
specifiche per l’infanzia, al fine di acquisire competenze mirate
per la programmazione didattica, la selezione dei contenuti linguistici ed educativi, la scelta di tecniche ludiche adeguate all’età
degli allievi;
d. i possibili modelli organizzativi, che dovranno mirare alla piena
integrazione dell’italiano nel contesto scolastico prescolare (attraverso, ad esempio, lo svolgimento di alcune routine scolastiche in
italiano, la programmazione di percorsi interdisciplinari, ecc.), affinché esso sia percepito dai bambini come parte integrante della
scuola.
Oltre a quanto sopra descritto, nel contesto dell’italiano lingua seconda sono necessarie alcune riflessioni specifiche su: le caratteristiche linguistiche, paralinguistiche ed extralinguistiche che deve avere
l’input rivolto a bambini piccoli per facilitare la comprensione e la
comunicazione; il legame tra sviluppo dell’italiano lingua seconda e
crescita complessiva del bambino straniero; la necessità di programmare percorsi congiunti di acquisizione dell’italiano e sviluppo psicomotorio, cognitivo, ecc. secondo le indicazioni dei Campi di Esperienza; i modelli operativi e le tecniche praticabili in un contesto di
presenza simultanea di allievi stranieri e italofoni molto piccoli.
3.17 Letteratura per l’infanzia in chiave glottodidattica
MICHELE DALOISO
I bambini amano ascoltare storie e imparare filastrocche e poesie.
Raccontare fiabe e proporre filastrocche in italiano, dunque, può rappresentare uno strumento efficace sia per favorire l’acquisizione linguistica facendo leva su un tipo di attività potenzialmente motivante
e familiare agli allievi, sia per promuovere una prima forma di educazione letteraria, favorendo un rapporto affettivo con il testo letterario.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
109
Proporre la letteratura per l’infanzia in contesto di lingua straniera
o seconda, tuttavia, richiede che il docente possegga competenze
specifiche su:
a. le tipologie di testi che appartengono alla letteratura per l’infanzia: da un lato i testi per bambini condividono caratteristiche
comuni (coinvolgimento, melodia, rapporto ricorrenza/cambiamento, ecc.) dall’altro ogni tipologia testuale presenta alcune
peculiarità; le fiabe, ad esempio, hanno una struttura narrativa ben
definita e spesso utilizzano meccanismi linguistici che favoriscono la comprensione (ritornelli, dialoghi ricorrenti, ecc.), ma al
contempo vanno adattate al livello linguistico e cognitivo degli allievi;
b. i criteri per la selezione e l’adattamento dei testi per bambini: raramente è possibile proporre una fiaba per bambini italiani in un
contesto di lingua straniera o seconda senza intervenire sul testo o
predisporre supporti per facilitare la comprensione; è fondamentale quindi conoscere le possibili strategie glottodidattiche che favoriscono l’accessibilità al testo, tenendo presenti le competenze
sia linguistiche sia narrative degli allievi;
c. le tecniche per il racconto di una storia in lingua straniera/seconda: i bambini, specialmente se piccoli, si aspettano che
una storia venga raccontata e interpretata dall’adulto, non semplicemente letta; per tale ragione è fondamentale che l’insegnante
conosca le strategie linguistiche, paralinguistiche ed extralinguistiche che può attivare per favorire la comprensione della storia;
d. le tecniche glottodidattiche associabili ai testi per bambini: le
fiabe, le filastrocche e le poesie per bambini devono costituire il
punto di partenza per attività più propriamente glottodidattiche finalizzate allo sviluppo della competenza comunicativa in italiano.
Specialmente nel contesto di italiano lingua seconda, inoltre, la
letteratura per l’infanzia può rappresentare un ottimo strumento sia
per gestire le differenze linguistiche (attraverso un’accorta diversificazione di consegne, compiti, materiali, versioni dei testi, ecc.) sia
per educare all’interculturalità, progettando percorsi di scoperta e
110
GRAZIANO SERRAGIOTTO
condivisione degli elementi transculturali che accomunano le fiabe
provenienti da tradizioni culturali diverse.
3.18 Didattica dell’italiano L2 per la comunicazione di base
PAOLA CELENTIN
Questa lezione ha carattere generale introduttivo alla complessa
tematica dell’insegnamento/apprendimento dell’italiano come L2.
La lezione ha carattere teorico-pratico in quanto collega nozioni
provenienti dagli ambiti della linguistica acquisizionale, della pedagogia interculturale e delle neuroscienze a strategie di intervento
glottodidattico.
L’organizzazione della lezione è di natura interattiva: il formatore
stimola la riflessione degli insegnanti sulla propria esperienza di insegnamento a stranieri e cerca di incanalare le loro esperienze nel
solco delle linee guida proposte.
Il percorso tipo di questa lezione prevede:
a. la definizione del concetto di successo scolastico per gli studenti
stranieri;
b. la definizione del concetto di competenza comunicativa e la declinazione della stessa nelle sue sottocompetenze;
c. la distinzione fra L2, LS, LM e LE;
d. la presentazione della “teoria dell’iceberg” di Cummins e l’evidenziazione dell’importanza del mantenimento della lingua e della cultura d’origine dello straniero;
e. la presentazione della dicotomia teorizzata da Cummins fra Basic
Interpersonal Communication Skills (BICS) e Cognitive Academic Language Proficeincy (CALP), riflettendo sulla complessità
dei compiti richiesti agli studenti;
f. differenziazione fra italiano semistandard e italiano standard, in
abbinamento alla dicotomia di Cummins citata al punto precedente;
g. l’introduzione della nozione di interlingua e la definizione di interlingua basica;
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
111
h. la presentazione di alcuni materiali per la rilevazione delle competenze (non solamente linguistiche) in ingresso e in itinere degli
studenti stranieri;
i. l’indicazione di alcune tecniche per la facilitazione della comprensione dei messaggi orali trasmessi dall’insegnante durante le
proprie lezioni;
j. il suggerimento per un percorso metodologico dell’insegnamento
dell’italiano come L2 nella scuola.
A completamento del percorso formativo della lezione il formatore indica normalmente materiali didattici di varia natura che possano
offrire al formando un primo orientamento nel settore.
In particolare si sottolinea la necessità di intervenire in primo
luogo attraverso strumenti diagnostici di rilevazione delle competenze e delle conoscenze, sia iniziali che in itinere, andando così a presentare alcuni principi fondamentali della Ricerca - Azione (vedi lezione specifica).
La lezione si rivela particolarmente significativa nei contesti in
cui non sia ancora stato fatto alcun intervento specifico nell’ambito
della formazione del corpo docente alle tematiche della didattica
dell’italiano come L2 in quanto ha carattere di sensibilizzazione e di
problematizzazione.
3.19 La facilitazione e la semplificazione dei testi in italiano L2
MARIA CECILIA LUISE
Oltre la lingua della comunicazione, oltre l’aspetto espressivo e
interattivo della lingua quotidiana, quando si opera in contesto scolastico con studenti che non possiedono la lingua dell’istruzione come
lingua materna, diviene necessario aiutarli ad introdursi come parte
integrante nella scuola, fare in modo che possano seguire le lezioni,
studiare, leggere i libri di testo, sviluppare le loro capacità cognitive
superiori, in nome di un’integrazione che permetta a tutti gli studenti
di appropriarsi di strumenti culturali e concettuali.
112
GRAZIANO SERRAGIOTTO
La facilitazione e semplificazione dei testi disciplinari si pone
come una delle strade per ridurre la distanza tra allievi non italofoni e
contenuti ad alto impegno cognitivo e linguistico quali sono quelli
propri delle materie scolastiche.
I punti chiave dell’argomento sono:
a. le teorie di Jim Cummins relative alle difficoltà che incontrano
nell’affrontare il curricolo scolastico gli studenti non nativi: il
modello della matrice di Cummins fornisce un quadro concettuale
per le azioni di facilitazione che la scuola deve mettere in atto con
questi studenti che hanno bisogni linguistici specifici e che necessitano di comprendere e acquisire i concetti e le conoscenze disciplinari;
b. gli studi sulla leggibilità, sulle tecniche di scrittura controllata e
sui testi ad alta comprensibilità, che permettono di analizzare i testi della scuola per valutarne le difficoltà ed eventualmente trattarli al fine di renderli più comprensibili;
c. l’analisi del concetto didattico generale di facilitazione, che introduce alle metodologie che accompagnano l’utilizzo in classe di
testi semplificati;
d. la revisione delle strategie comunicative e della lingua italiana
orale che si usa per le spiegazioni, le esposizioni, le istruzioni riguardanti i compiti e le attività scolastiche.
Il tema può costituire l’oggetto di un unico incontro, oppure può
essere l’argomento di un percorso più lungo, fino ad un intero corso;
in questo caso il tema può essere trattato anche sul piano più pratico
e laboratoriale, prevedendo attività di analisi di testi disciplinari facilitati e di trattamento di testi disciplinari in chiave facilitante.
Un ulteriore approfondimento prevede la creazione di percorsi didattici per la presentazione di testi semplificati in lingua straniera o
seconda e per il lavoro degli studenti su di essi, andando quindi a
creare, accanto ad uno o più testi, un apposito apparato didattico caratterizzato da flessibilità e stratificazione di obiettivi e attività in
funzione di diversi gruppi di livello di destinatari.
L’argomento è collegato in modo diretto alle metodologie didattiche specifiche per classi ad abilità miste, alle metodologie di facilita-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
113
zione atte a creare un contesto motivante, quali l’apprendimento cooperativo e la didattica ludica, all’applicazione della metodologia
CLIL .
3.20 Bisogni, vissuti e modalità di acquisizione dell’italiano L2:
simulazione e riflessione
PAOLA CELENTIN
Operando da anni nel settore della formazione degli insegnanti di
italiano come L2/LS e, in maniera più ampia, con gli insegnanti italiani che hanno a che fare con gli studenti stranieri, ci siamo resi conto che i presupposti teorici e metodologici che stanno alla base del
nostro impianto formativo possono essere recepiti e elaborati dagli
insegnanti solo se vi è in essi un atteggiamento favorevole, affettivamente positivo e emotivamente coinvolto. Abbiamo quindi provato
a premettere ai “tradizionali” corsi di formazione una lezione definita
“Bisogni, vissuti e modalità di acquisizione della L2: simulazione e
riflessione”, durante la quale cerchiamo di far provare agli insegnanti
la condizione vissuta dagli studenti stranieri in una classe italiana,
simulando una lezione in una lingua completamente sconosciuta agli
insegnanti (cinese, russo, per esempio), costruita in modo da provocare in essi reazioni “forti” e per questo motivo “significative” ai fini
formativi.
Il modello da noi utilizzato per la simulazione si definisce analogico, cioè un modello che rappresenta la realtà come se, ricreando
una particolare situazione e facendo interpretare ai partecipanti i diversi ruoli che la situazione richiede.
La “lezione” si sviluppa attraverso le fasi seguenti e dura nel
complesso tre ore:
1) stipula di un patto formativo fra formatore e insegnanti; dato
l’alto impatto emotivo della simulazione è importante che questo
patto fra adulti sia esplicitato chiaramente all’inizio;
114
GRAZIANO SERRAGIOTTO
2) avvio della simulazione vera e propria: il formatore fa lezione per
la durata di 50’ in lingua cinese o russa cercando di ricreare il più
possibile le condizioni di classe; l’intervento è strutturato come
un percorso che da una dalla lezione rigidamente frontale (eminentemente verbale) passa progressivamente ad una lezione più
interattiva, attraverso facilitazioni di tipo mimico-gestuale e grafico;
3) conduzione di un debriefing approfondito sull’esperienza condotta, soffermandosi in particolar modo su:
a. sensazioni e reazioni dei partecipanti;
b. fattori psicologici legati alla condizioni di apprendente di una
L2;
c. fattori facilitanti e inibenti l’apprendimento di una L2;
d. ruolo del vissuto nell’apprendimento di una L2;
e. implicazioni culturali e interculturali;
f. elementi metodologici nella costruzione e nella conduzione
della lezione;
g. collegamenti alla didassi quotidiana.
La simulazione ricrea l’ambiente della classe che per definizione
è un sistema. Il formatore che conduce la simulazione diventa parte
di questo sistema e di conseguenza, per svolgere fino in fondo il suo
ruolo, entra nella dinamica di trasformazione del sistema stesso. Per
poter rilevare con coerenza e obiettività quanto accade in classe è necessario che vi sia un formatore che fa da osservatore esterno e che
rileva, attraverso strumenti adeguati, le dinamiche e le interazioni
della classe. In questo modo è possibile, in fase di riflessione, triangolare le osservazioni e dare loro una dimensione oggettiva.
3.21 Apprendere lingua attraverso lo sport di squadra
FABIO CAON
Nella prima parte dell’intervento si presentano le motivazioni e i
presupposti scientifici che sostengono l’efficacia dell’attività sportiva
per l’apprendimento significativo di una lingua.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
115
In particolare si focalizza l’attenzione sulla multisensorialità e la
psicomotricità come aspetti strategici individuandone i collegamenti
con i più recenti apporti provenienti dalla neurobiologia del linguaggio e dalla psicopedagogia.
Alla trattazione delle teorie di riferimento che offrono la cornice
entro cui inquadrare le proposte operative, si fa seguire una loro puntuale declinazione metodologica.
Il legame è quello con le metodologie “a mediazione sociale” che
hanno cioè nel gruppo al risorsa fondamentale per l’apprendimento.
L’interazione tra pari e la valorizzazione delle diverse competenze di
cui sono portatori gli studenti, unita all’azione di facilitazione
dell’apprendimento svolta dal docente attraverso la creazione di contesti sereni dal punti di vista emotivo e sfidanti dal punto di vista cognitivo, sono le basi di queste proposte metodologiche.
Il cooperative learning, il peer tutoring e la didattica ludica opportunamente applicate ed adattate allo sport rappresentano le coordinate metodologiche di riferimento.
Il piano eminentemente operativo, ossia quello delle tecniche didattiche, conclude l’intervento formativo.
La proposta delle tecniche avviene in modo esperienziale e fortemente coinvolgente per i docenti. Si sperimentano insieme delle tecniche e quindi si unisce l’esperienza concreta “sulla propria pelle”
con le teorie scientifiche di riferimento individuando il filo rosso che
lega in modo coerente teoria e prassi.
Oltre alla dimensione esperienziale si utilizzeranno dei video didattici che mostrano come l’apprendimento della lingua attraverso lo
sport si possa poi realizzare operativamente in classe con gli studenti.
I video offrono l’occasione per poter poi ragionare con i docenti non
solo sugli aspetti metodologici ma anche su quelli organizzativi in
modo da offrire strumenti efficaci per la proposta in classe e nelle
scuole dei laboratori di apprendimento linguistico attraverso lo sport
di squadra.
La ricchezza delle esperienze condotte nel settore e l’ampiezza
dei materiali didattici prodotti permette di gestire questo intervento
formativo in modo flessibile, partendo cioè da una lezione di 3-4 ore
116
GRAZIANO SERRAGIOTTO
per poter poi arrivare ad un intero corso di 30 ore basato fortemente
formativo nel settore.
4. Problemi interculturali
4.1 Società e scuola multi- ed inter-culturale
PAOLO E. BALBONI
Il problema non è la differenziazione tra i due concetti, che nel
mondo della ricerca è chiara, ma la sua distinzione nella percezione
dei non specialisti – e tali sono insegnanti, studenti, famiglie – visto
che nei mezzi di comunicazione di massa “multiculturale” ed “interculturale” vengono usati come sinonimi.
a. multiculturale versus interculturale
Le parole sono chiare, se solo le si osserva con attenzione: la prima prospettiva, quella multiculturale, descrive una società in cui ci
sono molte culture, ma queste rimangono “molte”, separate, come
macchie d’olio: talvolta si rispettano (ma sono guardinghe l’una verso l’altra), in altre occasioni una goccia d’olio assorbe le altre con cui
viene in contatto, come è successo nella goccia WASP americana
quando ha assorbito e fuso nel melting pot le gocce di immigrazione
italiana, tedesca, polacca, ucraina, ecc.
Una società interculturale, invece, è basata sul contagio, sulla
contaminazione, sul contatto (tre parole da osservare: iniziano tutte
con il prefisso con-, e non a caso): è una società che non ha paura di
parole come “bastardo”, “meticcio” e in cui “contagio” e “contaminazione” perdono la connotazione negativa. È una società in cui il
prefisso inter-, “fra”, riprende tutto il suo valore pieno.
Certamente una società multiculturale è più semplice da gestire,
purché le barriere tra le varie gocce d’olio siano ben sicure: si impedisce il conflitto alzando muri sociali, di rispetto, ma anche muri fisici, fatti di cemento o di filo spinato. Una società interculturale invece
è aperta ai vantaggi ma anche ai problemi del contagio: è continua-
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
117
mente chiamata a chiedersi se e quale e quanto contagio accettare,
quanto opporsi, quanto mescolarsi, quanto vaccinarsi.
b. relativismo, tolleranza, rispetto, interesse
Sono i vari modelli di interazione nelle società composite:
Il relativismo culturale ha la sua origine recente nell’antropologia
culturale soprattutto post bellica, come reazione al totalitarismo culturale che aveva dominato la prima parte del secolo breve: è un modello affascinante – ma dichiarare che ogni cultura è ugualmente valida significa che l’infibulazione è una brutta cosa, ma che va rispettata nell’Alto Nilo…
La tolleranza è un concetto ben meno nobile, è la buona azione
compiuta da chi si sente superiore – ma se è vero che il tollerante si
sente gratificato dalla sua tolleranza, è altrettanto vero che per ogni
“tollerante” ci sono molti che sono “tollerati” – e prima o poi il tollerato si ribella.
Il rispetto è un modello di interazione più complesso e alto, ma
spesso viene utilizzato in maniera ipocrita: “io rispetto te [nel tuo
quartiere degradato] e tu rispetti me [nella mia villa con piscina]”.
L’interesse è un concetto etimologicamente chiaro: inter esse,
“essere in mezzo”.
In una società multiculturale basta un rispetto superficiale, formale; una società interculturale richiede un rispetto nutrito di interesse e
di attenzione per l’altro, di studio reciproco, pretende la disponibilità
ad essere contagiato non solo dai modelli superficiali (il cous cous
magrebino, magari precotto e mangiato insieme alle salsicce di maiale), ma anche dai valori profondi, dal senso della vita (con il rischio
di un miscuglio acritico come la religiosità new age).
Chiarire a noi e agli altri quale dei quattro modelli relazionali visti
qui ispira le nostre azioni può essere un buon modo di prevenire
l’asprezza nei conflitti e per gestire la differenza.
118
GRAZIANO SERRAGIOTTO
4.2 Problemi interculturali nella classe multietnica
ELISABETTA PAVAN
Spesso la realtà in cui il docente si trova ad operare è quello di
una classe multietnica, in cui stili di insegnamento e di apprendimento assumono un ruolo di somma importanza, da qui la necessità di
introdurre strategie di insegnamento/apprendimento diversificate in
rapporto al gruppo classe che si ha di fronte, affrontare le materie in
un’ottica interculturale e avviare percorsi di riflessione sui problemi
che possono emergere dal contatto con persone di culture diverse.
Questo modulo può essere affrontato autonomamente, tuttavia
sono auspicabili dei prerequisiti relativamente alla riflessione sulle
implicazioni legate alla distinzione dei due termini ‘multiculturale’ e
‘interculturale’ e sulla didattica della cultura.
Lo scenario legato alla classe multietnica deve considerare vari
fattori, tra i quali i valori legati alla cultura di appartenenza degli studenti e i diversi stili cognitivi,
Si esaminano le culture di appartenenza e si verifica quanto queste possano influenzare la formazione degli stili di apprendimento
degli studenti.
Relativamente al docente si presenta quanto quest’ultimo debba
tenere in considerazione questi elementi in relazione al suo stile di
insegnamento e alla programmazione del corso, utilizzando i diversi
metodi in maniera consapevole e finalizzata all’armonizzazione con
gli stili cognitivi e le culture di appartenenza degli studenti.
Un adeguato sviluppo di una prospettiva interculturale nell’insegnamento deve prevedere inoltre una adeguata riflessione anche in
relazione alle discipline insegnate e alla valorizzazione dei saperi,
ripensando le implicazioni legate a materie quali l’educazione linguistica e letteraria, storia, educazione artistica ecc. e al loro insegnamento anche attraverso testi semplificati.
Si presentano dei modelli operativi sia in relazione alla didattica
interculturale nella classe multietnica che in relazione a come affrontare le varie discipline con una diversa chiave di lettura.
Tra i problemi da considerare si vedano gli stili legati alla conversazione, esposizione, ascolto, livello di attenzione, rapporto con il
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
119
docente e con i compagni, approccio alla disciplina, rapporto con il
tempo, rispetto delle regole, contatto fisico con docenti e compagni,
alimentazione, competenza cinesica, prossemica, oggettuale, ecc.
4.3 L’approccio al sapere degli studenti stranieri: cultura
e stili cognitivi
FRANCESCA DELLA PUPPA
Insegnare l’italiano a stranieri significa considerare la cultura dello studente non solo dal punto di vista sociale, ma anche relativamente allo stile cognitivo e di apprendimento. Ogni cultura influenza la
costruzione che il bambino fin dall’età di 4/5 anni si fa dell’immagine di sé come soggetto apprendente. Per creare le condizioni
che permettano il raggiungimento del successo nell’acquisizione
dell’italiano è importante approfondire il rapporto fra stile di apprendimento dello studente e stile di insegnamento del docente.
a. Cultura e stile di apprendimento
Ogni individuo si comporta nel modo richiesto dalla cultura in cui
si trova a vivere.
Fino ai cinque anni biologia e cultura cooperano per la formazione delle teorie di fondo, delle simbolizzazioni, delle categorizzazioni
del bambino nei confronti della realtà che lo circonda. Inoltre, in
questo stesso periodo, il bambino sviluppa una teoria di sé come agente impegnato nell’apprendimento. Tutto ciò concorrerà a creare in
lui delle aspettative, a creare nella sua mente un copione di “apprendimento”. Fino ai cinque anni, inoltre, la cultura stessa, interviene in
modo specifico trasmettendo al bambino, tramite gli adulti che lo
circondano, il grado di importanza attribuito alle varie competenze
intellettuali.
Per competenze intellettuali si intende lo sviluppo delle intelligenze multiple e degli stili percettivi della realtà (PNL) che per ogni
individuo hanno prevalenze diverse e si combinano in modo diverso.
L’ambiente culturale influisce molto sulla formazione e lo sviluppo
120
GRAZIANO SERRAGIOTTO
di queste combinazioni nel bambino, valorizzandone alcune e atrofizzandone altre.
b. Sistemi scolastici a confronto: metodi, didattica e cultura del
sapere
Ogni società ha costruito un suo sistema scolastico che può privilegiare, attraverso scelte di contenuti, metodologie e esperienze, lo
sviluppo di alcune abilità e competenze rispetto ad altre. Ci sono culture basate sul praticantato, altre in cui prevale una trasmissione orale, altre ancora in cui la tendenza è l’apprendimento attraverso la
scrittura e la tecnologia, in cui la realtà è molto più virtuale.
Queste differenze condizionano la formazione dell’approccio al
sapere da parte degli studenti che, nel momento in cui si trovano ad
essere inseriti in un sistema scolastico diverso, possono subire un vero e proprio shock culturale la cui conseguenza spesso è un distacco,
una frattura, fra studente e scuola. L’insuccesso scolastico di una parte di studenti stranieri nelle scuole italiane è dovuto non necessariamente ad una competenza limitata in italiano, ma nel rifiuto o
nell’incomprensione del sistema scuola, e un problema simile può
avvenire nel contesto LS quando vi opera un docente italiano.
4.4 Educazione interculturale e italiano L2
FRANCESCA DELLA PUPPA
Saper accogliere uno studente straniero nelle classi della scuola
italiana implica una preparazione da parte dei docenti dal punto di
vista sia glottodidattico per l’insegnamento dell’italiano L2 sia interculturale per agire sul clima di classe e della scuola quali ambienti di
apprendimento in cui lo stendente di inserisce. Se per apprendere una
lingua sono essenziali le condizioni in cui lo studente la impara, fra
queste condizioni sono da inserire anche tutti quegli aspetti relazionali che caratterizzano il gruppo classe multiculturale.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
121
I fondamenti dell’educazione interculturale in Italia: storia e basi
pedagogiche
L’educazione interculturale in Italia nasce intorno al 1989 facendo sintesi di quanto altre educazioni già avevano cercato di portare
nella scuola: l’attenzione alla pace, allo sviluppo, alla non violenza,
alla mondialità. Argomenti intesi nell’ottica della ricerca di una convivenza pacifica fra popoli, culture e differenze. La scuola ha assunto
in sé queste spinte educative traducendo in indicazioni pedagogiche
precise il movimento di pensiero che si era formato, attraverso la
pubblicazione di alcune Circolari Ministeriali, in particolar modo nel
1990 e nel 1994. Oggi questo percorso trova compimento nelle linee
guida pubblicate a marzo 2006.
Parallelamente si è sviluppata un’ampia letteratura in campo pedagogico che ha dato all’educazione interculturale una sua base epistemologica precisa, individuando anche gli aspetti didattici che la
caratterizzano. Non si tratta, dunque, solo di un approccio, ma anche
di una metodologia con tecniche didattiche specifiche.
La scuola così interessata dall’educazione e dalla pedagogia interculturali, soprattutto in un’epoca di grandi flussi migratori e di arrivi
di alunni stranieri nelle classi, ha dovuto mettere in discussione organizzazione scolastica e metodi didattici per riprogettarsi come sistema capace di accoglienza e di offerta formativa mirata a rispondere ai bisogni di una società sempre più multiculturale.
I punti cardine di questo nuovo progetto sistemico che la scuola
può elaborare al suo interno per rispondere con qualità ed efficacia a
queste attuali esigenze sociali sono:
a. un piano organizzativo: la scuola individua ruoli e funzioni di tutti i suoi attori; organizza nei particolari il percorso di inserimento
di ogni allievo straniero; elabora dei sussidi informativi plurilingue; acquisisce testi specialistici per ampliare lo “scaffale interculturale” della biblioteca; agisce in termini di autonomia sull’organizzazione di percorsi didattici di insegnamento dell’italiano
L2; rafforza i collegamenti con gli enti pubblici e il volontariato
locali
122
GRAZIANO SERRAGIOTTO
b. un piano metodologico: organizza formazione per gli insegnanti,
compie delle scelte collegiali di fondo sull’orientamento metodologico da seguire per la gestione della classe multiculturale.
c. un piano didattico: attua percorsi individualizzati, adatta e riduce
i contenuti nella programmazione disciplinare, elabora materiali
di supporto per gli insegnanti e di utilizzo per gli studenti, istituisce laboratori di italiano L2, istituisce gruppi di lavoro per la
semplificazione dei testi e per l’individuazione di strategie efficaci di facilitazione all’apprendimento disciplinare.
Il piano didattico: obiettivi e tecniche specifici della pedagogia
interculturale
Educare alla transitività cognitiva e all’intelligenza relazionale
sono due obiettivi fondamentali della pedagogia interculturale che si
raggiungono attraverso tecniche quali: la didattica dei punti di vista,
le tecniche di mediazione al conflitto, le tecniche di decentramento,
la didattica laboratoriale improntata al Cooperative Learning. Obiettivi e tecniche si pongono trasversalmente alle discipline scolastiche
e non costituiscono un percorso contenutistico a sé, vanno ad agire
sul metodo attraverso cui gestire la normale programmazione di classe.
4.5 Cinema ed educazione interculturale
RICCARDO TRIOLO
La lezione inizia chiedendosi che cosa sia la situazione audiovisiva. Si conclude che è la trasmissione di immagini in movimento e
suoni registrati ci pone in una condizione particolare come spettatori.
Siamo soggetti della visione, attivi in un area di relazione circolare e ricorsiva i cui attori sono soggetto, testo, situazione, contesto.
In questa situazione si producono processi di significazione: i significati non sono fissi e predeterminati e il soggetto della visione
partecipa al processo di significazione tanto quanto gli altri attori della situazione audiovisiva.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
123
La situazione audiovisiva è quindi: ambiente di costruzione della
conoscenza, dispositivo di formazione, area di trasformazione dell’immaginario individuale e collettivo.
Discussa la situazione audiovisiva, si muove all’analisi del suo
uso per l’insegnamento dell’italiano.
La “visione” è un’attività complessa e coinvolge:
a. sfera sensoriale: vedere e udire
b. sfera psicologico-emotiva: l’audiovisivo è una macchina simulatoria della psiche umana e ci costituisce come individui
c. sfera culturale: il visibile è il grado di riconoscibilità di un’immagine sul piano socio-culturale
La situazione audiovisiva è quindi particolarmente fertile negli interventi di educazione interculturale.
4.6 Lo studente di origine slava
PAOLA CELENTIN
Nelle Linee Guida del M.I.U.R. emanate nel febbraio 2006 per
l’integrazione degli studenti stranieri viene sottolineata a più riprese
(pag. 19 e pag. 23) la necessità di fornire agli insegnanti “informazioni sulla scuola nei paesi di origine” e di promuovere “un approccio pedagogicamente fondato alla conoscenza delle più qualificate
espressioni e conquiste artistiche e scientifiche dei diversi popoli, anche nell’ottica di una valorizzazione delle civiltà e dei valori umani
universali”.
La lezione Lo studente di origine slava ha lo scopo di avvicinare
gli insegnanti e gli operatori dell’ambito educativo alla realtà linguistica, sociale e culturale alcuni degli Stati abitati dai popoli di origine
slava e facenti parte dell’area d’influenza dell’Ex-Unione Sovietica
(in particolare Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia,
Federazione Iugoslava, Federazione Russa, Polonia, Ucraina).
La comune origine slava delle lingue parlate in questi paesi permette di compiere alcune generalizzazioni, ma vengono sempre sot-
124
GRAZIANO SERRAGIOTTO
tolineate le specificità di ciascun popolo al fine di non cadere in facili
quanto illusorie semplificazioni.
L’intervento è strutturato a partire da una contestualizzazione più
ampiamente antropologico-culturale, per andare verso lo specifico
linguistico e scolastico, sottolineando in maniera particolare i punti
di attrito (ma anche di coincidenza) che possono esservi con il sistema culturale, linguistico e culturale italiano.
In particolar modo si vedranno:
a. una panoramica generale della realtà sociale, economica e culturale dei paesi in esame (chi sono gli slavi, quali paesi abitano,
quali sono le differenze “forti” all’interno di questo ceppo);
b. i rapporti reciproci fra italiani e abitanti dei paesi slavi presi in esame, visti da entrambe le parti, cercando di evidenziare gli stereotipi più comuni;
c. le caratteristiche e la distribuzione dell’immigrazione slava in Italia (scomposizione del nucleo familiare, fenomeno delle “badanti”, adozioni internazionali da orfanotrofi);
d. una panoramica del sistema scolastico dei paesi in esame, durante
il periodo sovietico e nell’epoca attuale;
e. un’analisi contrastiva fra lingue di ceppo slavo e lingua italiana
(solo alcune nozioni);
f. una discussione sulle caratteristiche dell’inserimento nelle classi
italiane degli studenti provenienti da quest’area (risorse e problemi);
g. alcune proposte didattiche rivolte a facilitare l’inserimento nel
gruppo classe e l’apprendimento della lingua italiana.
L’intervento viene condotto prevalentemente in modalità interattiva, partendo dalle conoscenze dell’uditorio e cercando di legare costantemente la parte teorica all’operare quotidiano in classe.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
125
4.7 L’allievo cinese
BARBARA D’ANNUNZIO
I migranti cinesi in Italia, costituiscono una realtà importante che
ha condotto studiosi e ricercatori ad attivare studi specifici sulle comunità cinesi presenti sul nostro territorio.
Negli ultimi anni, è cresciuto notevolmente l’interesse nei confronti di alcuni aspetti della presenza cinese in Italia e soprattutto nei
confronti dell’inserzione economica dei migranti cinesi.
Ricerche condotte a livello nazionale (Fondazione G. Agnelli,
Comune di Prato) hanno indagato l’inserzione economica, le aspirazioni, le abitudini e le motivazioni dei cinesi che vivono in Italia.
Molti esperti linguisti, hanno inoltre studiato e approfondito i
meccanismi di apprendimento della lingua italiana all’interno di comunità sinofone.
Gli studi a disposizione ci costringono a modificare convinzioni e
rappresentazioni che non ci aiutano a conoscere il fenomeno cinese
nella sua specificità.
Questo sforzo di comprensione profonda ci porta a considerare
più da vicino la situazione sociale economica e culturale dei migranti
cinesi in Italia, ci porta ad indagare le rapide trasformazioni che
stanno cambiando la Cina.
Altro aspetto importante da approfondire attraverso l’analisi di
dati messi a dispostone dal MIUR e da alcune ricerche, è la partecipazione alla vita scolastica dei minori cinesi che si trovano in Italia.
È questo il gruppo etnico che vanta un preoccupante primato: il più
alto tasso di insuccesso scolastico. Molti i fattori che determinano
tale situazione e cha val la pena approfondire per poter progettare interventi mirati agli alunni cinesi che frequentano le nostre scuole. Incide sicuramente la forte distanza tipologica esistente tra cinese e italiano, ma incidono anche fattori legati all’appartenenza socioculturale, alla quantità e qualità di risorse di cui dispongono i bambini e ragazzi cinesi. Per comprendere più da vicino le difficoltà di inserimento degli alunni cinesi nelle nostre scuole, è necessario addentransi nei meccanismi della lingua d’origine, riconoscerne l’unicità e le
specificità, ma è importante allo stesso tempo, conoscere i processi di
126
GRAZIANO SERRAGIOTTO
scolarizzazione che ogni alunno ha vissuto in Cina per rintracciare
quegli elementi culturali che condizionano i processi di sviluppo della lingua e che favoriscono o ostacolano il personali percorsi di integrazione.
4.8 Lo studente di origine araba
FRANCESCA DELLA PUPPA
La prospettiva è quella di inquadrare lo sfondo culturale e linguistico nel quale può essere cresciuto uno studente di origine araba per
sottolineare le implicazioni che ne derivano a livello glottodidattico.
Si fa riferimento agli aspetti di lingua e cultura attraverso i quali sia
intessere legami per progettare un’accoglienza costruttiva dello studente in classe sia comprendere eventuali difficoltà di inserimento
sociale e apprendimento della lingua italiana.
Dall’arabo all’italiano: sociolinguistica e grammatiche fra lingue in contatto
Dopo un breve excursus storico sulla genesi della lingua araba e
sul significato che nella storia ha assunto, si espongono i principali
aspetti della lingua.
Dal punto di vista sociolinguistico ha una particolare rilevanza il
ruolo della diglossia nei paesi di lingua araba per cui si parla di paesi
che hanno una lingua/tante lingue per comunicare in ambiti diversi e
per scopi diversi. Particolarmente interessante è l’uso della lingua
locale solo orale e non scritto.
Dal punto di vista strutturale, senza la pretesa di addentrarsi in
modo troppo approfondito nella lingua araba, si ritiene opportuno
uno sguardo panoramico su alcuni elementi di fonetica, grafemica,
morfosintassi, stile del discorso con lo scopo di porre l’accento sulle
caratteristiche che si discostano maggiormente dall’italiano e che,
dall’analisi di testi di studenti arabofoni, spesso sono fra le cause di
errori nella produzione orale e scritta. Tali errori sono stati riscontrati
sia in studenti di italiano Lingua Straniera che in alunni immigrati
inseriti nelle scuole italiane dove imparano l’italiano come Lingua
Seconda.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
127
In questo percorso non solo si analizzano i dati per individuare il
problema, ma si formulano soluzioni per risolvere il problema stesso,
pertanto sono state progettate schede didattiche con esercizi specifici
che hanno come scopo l’educazione alla consapevolezza dell’errore
da parte dello studente e la correzione dello stesso.
Cultura arabo-islamica
Parlare di “cultura” è racchiudere il tema in una cornice stretta e
fuorviante: l’approccio all’argomento è interculturale. Preferiamo
parlare al plurale per rendere verbalmente il carattere di molteplicità
e complessità che riveste quanto ha a che fare con le culture altre. Il
mondo arabo-islamico è un mosaico di aspetti che vanno considerati
nel contesto specifico in cui si sono formati: i paesi arabi sono 21 e si
differenziano al loro interno, i musulmani nel mondo sono quasi un
miliardo e mezzo e non risiedono tutti nei paesi arabi. È importante
saper attribuire ad ogni aspetto culturale di una civiltà, di un popolo,
di una nazione, il significato che ha nel suo ambiente e saper discernere fra stereotipo e dato di fatto.
L’islam ha un forte ascendente sulla formazione della cultura dei
paesi arabi e contemporaneamente vi è un dibattito interno a questi
paesi che sta portando a cambiamenti molto incisivi nella vita sociale. Conoscere l’islam è conoscere le radici, conoscere quale tipo di
evoluzione il rapporto fra religione islamica e società ha avuto nei
paesi arabi in modo da non fermarsi allo stereotipo.
Parlando di società ci si riferisce anche all’organizzazione del vivere legato all’ambito familiare, alla concezione del tempo e dello
spazio che si traducono sia nei gesti di ogni giorno, sia nella “cultura
animi”: musica, cinema, teatro, letteratura.
In tutto questo quadro culturale di riferimento gli obiettivi prioritari nell’educazione delle giovani generazioni e il sistema scolastico
hanno avuto un loro ruolo nella storia e hanno subito influenze e
cambiamenti. Per comprendere lo studente di origine araba è importante conoscere anche la storia che il sistema educativo-scolastico ha
avuto in questi paesi e come oggi si configura.
128
GRAZIANO SERRAGIOTTO
4.9 L’allievo di origine albanese
RICCARDO TRIOLO
La glottodidattica dell’italiano L2 ci impone rispondere ai bisogni
linguistici dell’apprendente senza disattivare l’osservazione:
a. del contesto di provenienza dell’allievo;
b. del suo vissuto personale.
Per questo dobbiamo chiederci:
da dove viene un allievo albanofono?
L’albanese non si parla solo nella Repubblica d’Albania, ma anche nella regione del Kossovo, in Montenegro, in Macedonia. La penisola balcanica è un coacervo di culture e lingue, una terra oggetto
di rivendicazioni irredentiste, attraversata da conflitti.
Gli albanesi derivano dagli Illiri. L’albanese non è una lingua slava, con ogni probabilità è un’emanazione diretta dell’antico illirico.
Una lingua unica al mondo che si è conservata nell’area albanese, il
cui territorio risulta impenetrabile anche agli Ottomani, che per cinque secoli lo hanno dominato. La storia recente dell’Albania ci insegna le ragioni degli ultimi flussi migratori.
L’albanese si divide in due dialetti: ghego (nord) e tosco (sud). La
lingua letteraria nazionale albanese è stata codificata recentemente,
sintesi dei due dialetti ma modellata essenzialmente sul tosco. Le differenze tra i due dialetti dimostrano perché in alcuni casi un allievo
di Pristina non comprende a pieno un allievo si Scutari, pur parlando
entrambi in lingua madre.
L’alfabeto albanese, scritto in caratteri latini, si compone di 36
lettere e dà origine a una serie di interferenze grafico-fonetiche con
l’italiano. Alcuni esempi spiegano nel dettaglio il perseverare di determinati errori.
Altri punti critici dell’incontro tra lingua albanese e lingua italiana sono:
a. accenti;
b. articoli determinativi;
c. tempi composti del verbo;
d. preposizioni.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
129
Il confronto tra sistemi scolastici italiano e albanese, consente di
comprendere meglio il livello di scolarizzazione dell’allievo immigrato e dimostra il lungo cammino di democratizzazione della scuola
albanese, tra le aree a maggiore tasso di analfabetismo in Europa.
Il laicismo storico albanese si spiega da una parte in relazione
all’ateismo di stato imposto dal regime comunista di Hoxha, dall’altra in relazione alla coesistenza, anche sotto la dominazione turca, di
diversi culti.
Tra i tratti culturali albanesi, un posto di rilievo spetta alla legge
consuetudinaria del Kanun, tuttora in vigore tra le popolazioni
dell’entroterra montano.
L’esame di alcune caratteristiche generiche del “comportamento
albanese” facilita, infine, la comunicazione interculturale.
Bibliografia ITALS
La seguente sezione contiene materiali bibliografici e materiali sitografici che evidenziano una ricerca finalizzata alla formazione dei docenti fino
al 2008. Un aggiornamento continuo di questa bibliografia, che serve anche
per vedere l’attività di ricerca dei formatori ITALS, è presente nel sito
www.itals.it.
In questi materiali la dimensione della ricerca di teoria glottodidattica si
unisce a sezioni pensate per l’insegnante oppure è declinata in maniera specifica per la formazione, che quindi unisce ricerca e divulgazione; i volumi
sono evidenziati in nero, con indicazione dei saggi contenuti in quelli a più
mani e sono elencati in ordine cronologico.
1. Ricerca glottodidattica nell’ambito dell’italiano
In questa sezione raccogliamo ricerca glottodidattica relativa all’italiano o
che comunque include sezioni dedicate anche all’italiano.
Dividiamo tra volumi (in volumi a più mani, si riportano gli studi condotti
da membri del Laboratorio ITALS) e saggi su riviste o volumi a più mani
diversi da quelli suddetti.
1987
BALBONI P.E., 1987, “Una mappa dell’insegnamento dell’italiano all’estero” e “Corsi e materiali per l’insegnamento dell’italiano come lingua
straniera: uno schedario ragionato”, in G. FREDDI (a cura di), L’insegnamento della lingua-cultura italiana all’estero, Firenze, Le Monnier.
1989
BALBONI P.E., 1989,”Il gioco delle parti: l’insegnante di lingua straniera
che insegna italiano all’estero”, in Il Forneri, 1.
BALBONI P.E., 1989, “Linee per un curricolo di italiano ‘lingua etnica’”, in
G. COLUSSI ARTHUR, V. CECCHETTO, M. DANESI (a cura di), Current
Issues in Second Language Research and Methodology, Canadian
Society for Italian Studies.
132
GRAZIANO SERRAGIOTTO
1993
BALBONI P.E., 1993, “Un modello didattico complesso: l’insegnamento
dell’italiano lingua seconda a studenti adulti con docenti di madrelingua”, in Educazione permanente, 1-2.
BALBONI P.E., 1995, “Natura, fini, struttura e limiti del curricolo” e “Tecniche didattiche per la realizzazione e la verifica del curricolo”in AA.VV.
Curricolo di italiano per stranieri, Roma, Bonacci.
1994
BALBONI P.E., 1994, Didattica dell’italiano a stranieri, Roma, Bonacci.
2000
BALBONI P.E. (a cura di), 2000, ALIAS: Approccio alla lingua italiana per
allievi stranieri Torino, Theorema. Include:
BALBONI, P.E., “Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri” e “Problemi interculturali nei rapporti con allievi stranieri e con le loro famiglie”
D’ANNUNZIO B., “L’allievo di origine cinese”
DELLA PUPPA F., “L’allievo di origine araba”
LUISE M.C., “Metodologia glottodidattica per bambini”
2001
MEZZADRI M., 2001, Internet nella didattica dell’italiano: la frontiera presente, Perugia, Guerra.
BALBONI P.E., 2001, “La formazione degli insegnanti di Italiano L2: una
ricognizione”, in L.e.N.D. 3.
2002
BALBONI P.E., 2002, “Problemi di comunicazione interculturale tra Italiani
e parlanti di italiano in Nord America”, in Italica, 4.
BALBONI P.E., 2002, “Didattica e linguistica dell’italiano a stranieri: una
prospettiva integrata”, in Rivista ITALS, 1.
CARDONA M., 2002, “L’errore linguistico in una prospettiva umanisticoaffettiva. Valutare l’errore nell’insegnamento dell’italiano come lingua
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
133
straniera”, in P. GUARAGNIELLA (a cura di), Cultura italiana, educazione linguistica, università europee, Lecce Pensa Multimedia.
LUISE M.C., 2002, “Un modello di formazione in rete: il progetto Alias”, in
In.It, 2/3.
2003
BALBONI P.E., SANTIPOLO M. (a cura di), 2003, L’italiano nel mondo. Mete
e metodi dell’insegnamento dell’italiano nel mondo. Un’indagine qualitativa, Roma, Bonacci. Include:
BALBONI P.E., “Natura, scopi e metodologia della ricerca” e “Cosa insegna
e come è l’insegnante ideale”
DOLCI R., “Le glottotecnologie” e “La formazione degli insegnanti”
CARDONA M., LUISE M.C., PAVAN E., “L’esperienza del Laboratorio
ITALS”
SANTIPOLO M., “Approccio e impianto glottodidattico” e, “Le tecniche glottodidattiche”
CELENTIN P., 2003, “L’immigrazione straniera in Italia: come cambia l’insegnante”, in SELM,. 3.
LUISE M.C., 2003, “Mesimi i italishtes si giuhe e dyte; linja didiktike” in
Kurrikula dhe shkolla 2, Istituti i Studimeve Pedagogjike, Tirana, 2003.
LUISE M.C., 2003, “Insegnare l’italiano in classi ad abilità miste” in:
AA.VV., Argomenti e didattiche a confronto, Pietas Iulia, Pola.
LUISE M.C., 2003, “Studiare in un ambiente facilitante: l’approccio ludico e
cooperativo per la lingua dello studio” in GRASSI R., VALENTINI A.,
BOZZONE COSTA R. (a cura di), L’italiano per lo studio nella scuola
plurilingue: tra semplificazione e facilitazione, Guerra, Perugia.
MEZZADRI M., 2003, “Dall’insegnante ideale all’insegnante dell’eccellenza”, in In.it, 11.
SANTIPOLO M., 2003, “Per una ridefinizione del repertorio linguistico degli
italiani: dalla descrizione sociolinguistica alla selezione glottodidattica”,
in Rivista Itals, 1.
SERRAGIOTTO G., 2003, C.L.I.L. Apprendere insieme una lingua e contenuti
non linguistici, Perugia, Guerra.
SPINELLI B., 2003, “Analisi del discorso nell’utilizzo di sequenze video per
scopi didattici”, in Rivista Itals, 2.
134
GRAZIANO SERRAGIOTTO
2004
CAON F., 2004, “Linguaggio e comunicazione nella fase d’inserimento di
uno studente immigrato”, in G. IANNI, D. SENSI (a cura di), Diversità e
cittadinanza: una sfida e un’opportunità per le scuole, Firenze, Cappelli.
DELLA PUPPA F., 2004, “Leggere, scrivere e far di conto. Il rapporto col sapere visto dalla parte degli allievi stranieri”, in GHEZZI C., GUERINI F.,
MOLINELLI P. (a cura di), Italiano e lingue immigrate a confronto: riflessioni per la pratica didattica, Perugia, Guerra, 2004.
DOLCI R., SPINELLI B., 2004, “Idiocultural Issues of a Virtual Learning
Community”, in E-Learn.
GRACCI S., 2004, “I Tamil e l’acquisizione della morfosintassi italiana. Uno
studio nella comunità di Bologna”, in Rivista ITALS, 5.
LUISE M.C., “L’italiano L2 nella scuola”, in SERRAGIOTTO G., 2004, Le lingue straniere nella scuola: nuovi percorsi, nuovi ambienti, nuovi docenti, Torino, UTET Libreria
MEZZADRI M., 2004, “Utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica
dell’italiano L2: implicazioni metodologiche”, in L. MADDII (a cura di),
Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, Atene,
Edilingua.
MEZZADRI M., 2004, “Per una didattica integrata della lingua comune e della microlingua.”, in Rivista ITALS, 4.
SANTIPOLO M., TOSINI M., TUCCIARONE S., 2004, La comunicazione interculturale in ambito socio-sanitario, Venezia, Cafoscarina.
SANTIPOLO M., 2004, “Semi-dialettofonia e semi-italofonia degli immigrati
in Veneto: una prima descrizione socio-pragmatica tra emozioni e atteggiamenti”, in LEONI, F. A. et al. (a cura di), Il Parlato Italiano, Napoli,
D’Auria.
2005
BALBONI P.E., 2005, “L’intercomprensione tra le lingue romanze: un problema di politica linguistica”, in A. BENUCCI (a cura di), Le lingue romanze. Una guida per l’intercomprensione, Torino, UTET Libreria.
CAON F., 2005, Un approccio umanistico affettivo all’insegnamento
dell’italiano a non nativi, Cafoscarina, Venezia.
CAON F., 2005, “Insegnare l’italiano L2 nella classe plurilingue: la glottodidattica si rinnova”, in B. IORI (a cura di), L’Italiano e le altre lingue,
Franco Angeli, Milano.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
135
GRACCI S., 2005, “The Acquisition of Italian Questions by Tamil Speakers”, in MUNARO N. et alii, Incontro di Grammatica Generativa, Venezia, Cafoscarina.
GRACCI S., 2005, “Il caso della comunità tamil di Bologna. La formazione
di un lessico interlinguistico”, in MARCATO G. (a cura di), Dialetti in
città, Padova, Unipress,.
MEZZADRI M., 2005, “Insegnare le abilità primarie”, in LEPSCHY A. L. e
TAMPONI A. R., Prospettive sull’italiano come Lingua Straniera, Perugia, Guerra.
PAVAN E. (a cura di), 2005, Il “lettore” di italiano all’estero, Roma, Bonacci. Include:
BALBONI P.E., “L’acquisizione di una LS da parte di giovani adulti” e
“I modelli operativi di una didattica umanistico-affettiva”
BEGOTTI P., “Analisi dei materiali didattici per l’italiano LS a universitari”
CAON F. “Per una didattica umanistico-affettiva della letteratura”
CINQUE G., “Linguistica tipologica e insegnamento dell’italiano nel mondo”
GRACCI S., “Glottodidattica acquisizionale: percorsi naturali di acquisizione
linguistica in prospettiva del docente di italiano all’estero”
PAVAN E. “Aspetti interculturali dell’insegnamento/apprendimento dell’italiano come LS”
SANTIPOLO M., “Le dimensioni socio- e micro-linguistica nell’insegnamento dell’italiano LS”
SERRAGIOTTO G., “Valutazione e certificazioni dell’italiano LS”
TORRESAN P., “Le tecnologie, modalità solistica di apprendimento”
2006
CAON F. (a cura di), 2006, Insegnare italiano nelle classi ad abilita differenziata, Perugia, Guerra. Include:
ANDREANI M., “UDS in un laboratorio di italiano L2 nella scuola secondaria “
CAON F., “Che cos’è una CAD” e “Metodologia ludica per la classe CAD”
CELENTIN P., “Dalla classe plurilivello alla classe inclusiva: l’uso delle attività flessibili”
D’ANNUNZIO B., DELLA PUPPA F., “Un modello operativo: l’unità differenziata stratificata”
DELLA PUPPA F., “Culture e stili di apprendimento: il rapporto col sapere
visto dalla parte degli allievi stranieri”
136
GRAZIANO SERRAGIOTTO
DELLA PUPPA F., “UDS in un laboratorio di italiano L2 nella scuola primaria”
DOLCI R., “Una concezione costruttivista del rapporto insegnamentoapprendimento”
LUISE M.C., “Strumenti di individualizzazione per la classe plurilingue: una
applicazione della matrice di Cummins”
MINELLO R., “Il quadro pedagogico di riferimento per un modello operativo”, “Dalla mediazione insegnante alla mediazione sociale in ambito L1,
L2” e “La valutazione formativa e la costruzione del profilo
dell’allievo”
RUTKA S., “Metodologia cooperativa per classe CAD”
TORRESAN P. “Le intelligenze multiple nella CAD”
VETTOREL P., “Uno, nessuno, centomila: come riconoscere e valorizzare le
differenze individuali in classe”
DALOISO M., 2006, “Lingua straniera e sviluppo dei processi di memoria
nel bambino”, Rassegna Italiana di Linguistica Applicata, 2-3.
DALOISO M., 2006, “Le dinamiche interazionali negli ambienti virtuali del
Progetto Incontro”, in Rivista ITALS, III, Suppl. 9.
DOLCI R., SPINELLI B., 2006, “Developing a multilevel language learning in
a powerful environment”, in Mosaic Revue, 2.
LUISE M.C., 2006, Italiano come lingua seconda. Elementi di didattica, Torino, UTET Università.
LUISE M.C., DALOISO M. et al., 2006, “Italiano a stranieri. Una ricerca su
usi e consapevolezza dei parlanti”, in Rivista ITALS, 10.
SANTIPOLO M. (a cura di), 2006, L’italiano: contesti d’insegnamento, in Italia e all’estero, Torino, UTET Università. Include:
BALBONI P.E., “La formazione degli insegnanti di italiano L2:
l’azione dello Stato”
CAON F., “Una glottodidattica specifica per i migranti”
GRACCI S., “L’acquisizione dell’italiano L2”
SANTIPOLO M., “Italiano L2 e italiano LS: due facce della stessa medaglia” e “Aspetti sociolinguistici dell’immigrazione in Italia e alcune
considerazioni glottodidattiche”
SANTIPOLO M., TUCCIARONE S., 2006, “Dalla semidialettofonia di ritorno al
bilinguismo consapevole: un’ipotesi di evoluzione sociolinguistica in
Veneto”, in TEMPESTA I., MAGGIO, M. (a cura di), Lingue in contatto a
scuola. Tra italiano, dialetto e italiano L2, Milano, Franco Angeli,
2006.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
137
SPINELLI B., 2006, “Developing a multilevel language learning in a powerful environment: a case study”, in Mosaic revue, 9.
2007
CELENTIN, P., 2007, Comunicare e far comunicare in Internet – Comunicare per insegnare, insegnare a comunicare, Venezia, Cafoscarina (analisi
comunicativa del Master Itals 1).
CELENTIN, P., 2007, “Applicazioni didattiche del video”, in CARDONA, M.
(a cura di), Vedere per capire e parlare, Torino, UTET Università.
DALOISO M., 2007, “La selezione dei contenuti linguistici per
l’accostamento precoce all’italiano come lingua straniera”, in Rivista
ITALS.
DOLCI R., SPINELLI B., 2007, “La dimension idioculturelle des microcommunautés d’apprentissage en ligne”, in Lidil, 36.
LUISE M.C., BORELLO E. (a cura di), 2007, L’offerta linguistica in Italia,
Torino, UTET Università. Include:
LUISE M.C., “Il consumo di italiano per stranieri”, parte seconda del volume
CELENTIN P., “L’italiano per stranieri on line”
MEZZADRI M., 2007, “Italiano L2: dall’emergenza alla promozione della
qualità”, in In.it, 20.
PAVAN E., 2007, “The inaudible and noiseless foot of time. Come dar voce
alla cultura italiana attraverso i media”, in The Image of Italy in Canadian Media and Press, Waterloo (Ontario), Lauriel University.
TORRESAN P., 2007, “Principi di programmazione di un corso di lingua per
adulti, ispirati ad un approccio comunicativo e in particolare ad una didattica umanistico-affettiva” in Italiano sem fronteras. Heranças culturais e novas perspectivas.
2008
SANTIPOLO, M. “Le microlingue italiane: una prospettiva didattica” in LEDGEWAY A., LEPSCHY A. L. (a cura di), Didattica della lingua italiana:
testo e contesto, Perugia, Guerra, 2008, pp. 155-68.
MEZZADRI M., 2008, Italiano L2: progetti per il territorio.Modelli di formazione per alunni e insegnanti, Uni.nova, Parma.
138
GRAZIANO SERRAGIOTTO
2. Ricerca finalizzata alla formazione dei docenti
Questa sezione contiene materiali bibliografici (i volumi sono evidenziati in nero, con indicazione dei saggi contenuti in quelli a più mani) e materiali sitografici.
In questi materiali la dimensione della ricerca di teoria glottodidattica si
unisce a sezioni pensate per l’insegnante (è il caso di molti dei volumi
dell’editore Guerra di Perugia) oppure è declinata in maniera specifica per
la formazione, che quindi unisce ricerca e divulgazione.
2.1 Materiali a stampa
1999
CAON F., 1999, “Bambini stranieri nella scuola elementare e media”, in
Scuola e Lingue Moderne, 8.
2002
DELLA PUPPA F., 2002, “Roli i këngëve dhe vjershave në mësimin e gjuhëve të huaja në moshat e mitura” (“Il ruolo della canzone e delle filastrocche nell’insegnamento precoce dell’italiano come lingua straniera”)
Kurrikula dhe shkolla, 2.
MEZZADRI M., 2002, “La correzione degli errori”, in In.it, 12.
MEZZADRI M., 2002, “Imparare giocando”, in In.it, 12.
2003
CAON F., 2003, “La formazione dei docenti di ItaL2”, in In.It, IV, 1.
DOLCI R., CELENTIN P. (a cura di), 2003, La formazione di base del docente
di italiano a stranieri, Roma. Bonacci. Include:
ANGELINO M., “Lo sviluppo delle abilità produttive”
BALBONI P. E., “Per una didattica umanistico-affettiva dell’italiano”
BALLARIN E., “Lo sviluppo delle abilità ricettive”
BEGOTTI P., “La didattica delle microlingue”
CARDONA M., “Il Lexical Approach e i processi della memoria: alcune convergenze”
CELENTIN P., “Software nella didattica dell’italiano LS”, “L’importanza
della formazione permanente”
DE LUCHI M. “La Ricerca-Azione”
DOLCI R., “La figura e la formazione dell’insegnante di italiano LS”
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
139
LUISE M.C., “Insegnare italiano all’estero: cenni per una glottodidattica a
misura di bambino”
MEZZADRI M., “Internet per la didattica dell’italiano LS”
MINELLO R., “La valutazione degli apprendimenti linguistici”
PAVAN E., “La cultura e la civiltà italiane e il loro insegnamento in una prospettiva interculturale”
SALVALAGGIO M., “L’offerta editoriale per i docenti di italiano LS”
SANTIPOLO M., “Sociolinguistica applicata e didattica dell’italiano come
LS”
SERRAGIOTTO G. “L’italiano come lingua veicolare: insegnare una disciplina attraverso l’italiano”
SPINELLI B., “L’utilizzo dei materiali autentici nell’insegnamento dell’italiano come LS”
TORRESAN P., “L’utilizzo del video nella didattica dell’italiano LS”
LUISE M.C. (a cura di) 2003, Italiano lingua seconda. Fondamenti e metodi,
3 voll., Perugia, Guerra. Include:
ANZALONE F., LUISE M.C., “Le risorse in rete per l’insegnante di italiano
L2”
BALBONI P.E., “Conflitti culturali in una classe con studenti immigrati”
CAON F., D’ANNUNZIO B., “Il laboratorio di italiano lingua seconda”
CAON F., RUTKA S., “Didattica ludica e italiano lingua seconda”
CELENTIN P., “Lingua e cultura dello studente di origine russa”
COONAN M.C., “Ricerca-azione per insegnanti di italiano L2”
D’ANNUNZIO B., “Il mondo cinese tra innovazione e tradizione”, “Bibliografia ragionata per insegnanti di allievi cinesi”
DELLA PUPPA F., “Educazione interculturale e discipline scolastiche”, “Lingua e cultura dello studente di origine araba”, “Bibliografia ragionata
per insegnanti di allievi arabi” e “Scheda per il rilevamento del comportamento linguistico e relazionale degli allievi stranieri”
GRASSI R., “Compiti dell’insegnante disciplinare in classi plurilingue: la
facilitazione dei testi scritti”
LUISE M.C., “L’italiano per lo studio e per il successo scolastico: la semplificazione dei testi”
SERRAGIOTTO G., “Peculiarità dell’insegnamento andragogico dell’italiano
come lingua seconda”
TRIOLO R., “Lingua e cultura dello studente di origine albanese”, “Il cinema
in prospettiva interculturale: coordinate per l’analisi di film”
140
GRAZIANO SERRAGIOTTO
LUISE M.C., 2003, “L’italiano come lingua seconda nella scuola”, in:
AA.VV., La scuola a/ha più voci: per una cultura dell’intercultura,
Centro di Documentazione Raccontainfanzia, Ferrara.
MEZZADRI M., 2003, “I materiali didattici”, in AMBROSI RANDIC, N. et al.
(a cura di), Argomenti e didattiche a confronto, Pietas Iulia, Pola.
MEZZADRI M., 2003, “Insegnare la grammatica”, in In.it, 14.
2004
BALBONI P.E., 2004, “Cultura, civiltà, comunicazione interculturale”, in L.
MADDII (a cura di), Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in
età adulta, Atene, Edilingua.
BALBONI P.E., 2004, “La comunicazione interculturale nella classe con immigrati”, in M. FIORUCCI a cura di), Incontri. Spazi e luoghi della mediazione interculturale, Roma, Armando.
BEGOTTI P., SERRAGIOTTO G., 2004, “Analisi dei dati emersi dagli incontri
e panoramica della Regione Veneto”, in SANTIPOLO M., TOSINI M.,
TUCCIARONE S., La comunicazione interculturale in ambito sociosanitario, Venezia, Cafoscarina.
CAON F., 2004, “Il laboratorio di Italiano L2”, in Scuola e Lingue Moderne,
7-8.
CAON F., RUTKA S., 2004, La lingua in gioco, Perugia, Guerra.
CARDONA M., 2004, “Il lexical approach nell’insegnamento dell’italiano”,
in In. It, 14.
CELENTIN P., 2004, “Le risorse in Internet per l’insegnamento dell’italiano
L2”, in Scuola e Lingue Moderne, 7-8.
DELLA PUPPA F., 2004, “L’educazione interculturale come progetto sistemico della scuola”, in Scuola e Lingue Moderne, 7-8.
LUISE M.C., 2004, Curatrice del dossier “La presenza di allievi stranieri nella scuola italiana”, in Scuola e Lingue Moderne, 7-8.
SERRAGIOTTO G. (a cura di), 2004, CEDILS. Certificazione in didattica
dell’italiano a stranieri, Roma, Bonacci.
2005
BALLARIN E., 2005, “Scelte Didattiche per il rafforzamento dell’abilità di
produzione scritta”, in Scuola e Lingue Moderne, 4-5.
BALLARIN E., 2005, “Il giornale di classe: un “ambiente” di esercitazione
dell’abilità di produzione scritta per l’italiano L2”, in Bollettino Itals,
12.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
141
CAON F., D’ANNUNZIO B., 2005, “Laboratorio di geometria e matematica
per alunni non italofoni”, in L’italiano per studiare, Comune di Venezia.
CARDONA M., 2005, “Applicazioni del lexical approach nell’insegnamento
dell’italiano come lingua straniera”, in Babylonia, 3.
CELENTIN P., COGNIGNI E., 2005, Lo studente di origine slava, Perugia,
Guerra.
D’ANNUNZIO B., DELLA PUPPA F., 2005, “Insegnare la storia in italiano L2:
il laboratorio”, in AA.VV., L’italiano per studiare, Comune di Venezia.
DELLA PUPPA F., 2005, “Insegnare italiano come L2: approcci teorici e metodi glottodidattici”, in AA.VV. L’italiano per studiare, Comune di Venezia.
DELLA PUPPA F., 2005, “Il ruolo della canzone e delle filastrocche” in In.It,
16.
MEZZADRI M., 2005, “Insegnare con le nuove tecnologie: un invito alla riconsiderazione del curricolo di italiano per stranieri”, in In.it, 16.
TRIOLO R., 2005, Vedere gli immigrati attraverso il cinema, Perugia, Guerra.
2006
BALBONI P.E., 2006, Insegnare la letteratura italiana a stranieri, Perugia,
Guerra.
BEGOTTI P., 2006, L’insegnamento dell’italiano ad adulti stranieri, Perugia,
Guerra.
CAON F. (a cura di), 2006, Una glottodidattica ludica per insegnare
l’italiano, numero monografico di In.it, 19. Include:
CAON F., “La glottodidattica ludica: fondamenti, natura, obiettivi”
MOROSIN M.S., “Emozioni e apprendimento: il cervello che sente e impara”
RUTKA S., “Non solo giochi: il concetto di ludicità”
TORRESAN P., GATTA L., “Didattica ludica nel web”
DALOISO M., 2006, “La metodologia ludica per l’insegnamento dell’italiano
a giovani adulti. Dai fondamenti teorici all’esperienza in classe”, in Bollettino ITALS, 2006.
DELLA PUPPA F., 2006, Lo studente di origine araba, Perugia, Guerra.
MEZZADRI M., 2006, Una proposta di utilizzo didattico di Internet: la
webquest, in In.it, 18
142
GRAZIANO SERRAGIOTTO
2007
CELENTIN P., 2007, “Giocando a imparare l’italiano”, Atti del convegno Bilinguismo di Colonia, in corso di stampa.
2008
DELLA PUPPA F., 2008, “Analisi del contatto arabo-italiano L2 su testi scritti in contesto di insegnamento formale”, in Itals. Didattica e linguistica
dell’italiano, 16.
TORRESAN P., 2008, Intelligenze e didattica della lingua, Bologna, EMI.
D’ANNUNZIO B., 2008, L’allievo di origine cinese, Perugia, Guerra.
D’ANNUNZIO B., LUISE M.C., 2008, La lingua dello studio, Perugia, Guerra.
2.2 Pubblicazioni on line
Si indicano qui le pubblicazioni presenti nel sito www.itals.it, registrate nel
supplemento elettronico alla rivista Itals. Didattica e linguistica dell’italiano a stranieri dell’editore Guerra di Perugia. I materiali vengono
indicati in ordine alfabetico.
2.2.1 Materiali per i Master Itals
BALBONI P.E., 2007, Didattica della letteratura
BALLARIN E., BEGOTTI P., 1999, La didattica delle Microlingue
BALLARIN E., 2007, La didattica delle microlingue (secondo livello)
BEGOTTI P., CAON F., 2004, La didattica della letteratura, del cinema, della
storia dell’arte e della musica
BERALDO R., 2007, E-learning e italiano L2/LS
CARDONA M., 2000, La valutazione linguistica
CELENTIN P., SERRAGIOTTO, G., 2000, Didattica dell’italiano in prospettiva
interculturale
CELENTIN P., 2007, Analisi delle interazioni comunicative e glottodidattica
DALOISO M., 2007, Aspetti neuro-psicologici dell’apprendimento delle lingue
DE LUCHI M., 2007, Metodologia della ricerca nella didattica delle lingue
DELLA PUPPA F., 2002, Insegnamento dell’italiano lingua seconda in prospettiva interculturale
DELLA PUPPA F., 2007, Educazione interculturale e italiano L2
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
143
LUISE M.C., 2000, Storia della glottodidattica del 20° secolo
LUISE M.C., 2002, Didattica dell’italiano come lingua seconda nella scuola
LUISE C., SERRAGIOTTO G., 2004, Andragogia e didattica per bambini
MEZZADRI M., 1999, “Internet e la glottodidattica”, nel modulo Glottodidattica e tecnologie
MEZZADRI M., 2007, Il Quadro Comune Europeo e l’italiano L2/LS
PAVAN E., 2000, La comunicazione mediatica
PAVAN E., 2007, Didattica dell’italiano LS in prospettiva interculturale
SANTIPOLO M., 2001, Princìpi di sociolinguistica
SERRAGIOTTO G., 2004, CLIL: Apprendimento integrato di lingua straniera
e contenuti non linguistici
SERRAGIOTTO G., 2004, La valutazione
SERRAGIOTTO G., 2007, Apprendere lingua e contenuti: la metodologia
CLIL
TORRESAN P., 2007, Imparare ad imparare: metacognizione e strategie di
apprendimento
2.3.2 Materiali del progetto Alias
Sono anche in questo caso i materiali sono supplementi della rivista Itals e
sono di libera consultazione nel sito del Laboratorio. L’indicazione segue l’ordine alfabetico.
BALBONI P.E., 1999, Problemi di comunicazione interculturale
BALLARIN E., BEGOTTI P., 1999, La didattica umanistico affettiva e funzionale.
CAON F., RUTKA. S., 2002, Metodologia ludica e lingua seconda
CELENTIN P., 2001, L’allievo di origine russa
CELENTIN P., COGNIGNI E., 2004, L’allievo di origine slavo-orientale
CELENTIN P., TRIOLO R., 2005., Audiovisivi, intercultura e italiano L2
DELLA PUPPA F., 2001, L’allievo di origine araba
DELLA PUPPA F., 2001, Educazione interculturale e discipline scolastiche
DELLA PUPPA F., 2001, Bibliografia ragionata per chi opera con bambini di
lingua e cultura araba
DELLA PUPPA F., VETTOREL P., 2005, Stili di apprendimento, culture e stili
cognitivi
LUISE M.C., 2000, Modelli operativi
LUISE M.C., 2000, L’italiano come lingua seconda
144
GRAZIANO SERRAGIOTTO
LUISE M.C., 2001, L’italiano per lo studio e per il successo scolastico
SERRAGIOTTO G., 2002, Insegnamento dell’italiano lingua seconda agli
adulti
2.3.3 Materiali per il progetto MIUR sull’italiano L2
Il Laboratorio ITALS è stato coinvolto nel progetto pilota del MIUR iniziato
nel 2003, con la collaborazione di 21 università italiane; a ITALS è stata
delegata la formazione dei 110 tutor italiani che hanno poi gestito il progetto nelle varie regioni; sempre a Venezia è stata commissionata la creazione e la gestione della piattaforma didattica che ospita i moduli didattici. Alcuni di questi moduli sono stati scritti da membri del Laboratorio
ITALS:
BALBONI P.E., 2003, La programmazione glottodidattica
BALBONI P.E., 2003, Le tecniche glottodidattiche
CAON F., D’ANNUNZIO B., DELLA PUPPA F., 2003, Approcci didattici interculturali: area espressiva
DOLCI R., 2003, “Le tecnologie glottodidattiche”, nel modulo Materiali e
tecnologie glottodidattiche
LUISE M.C (a cura di), 2004, Guida per il tutor on line. Include:
BALBONI P.E., “Scrivere per il web”
CAON F., “Il tutor on-line: tipologie, rischi e qualità”
CELENTIN P., “Guida agli approfondimenti”
D’ANNUNZIO B., “La gestione quotidiana del forum didattico”
DELLA PUPPA F., “La valutazione”
LUISE M.C, “La formazione a distanza”
RUTKA S., “Il primo contatto”
TRIOLO R., “Le relazioni nel gruppo nell’aula virtuale”
2.3.4 Materiali per i corsi FILIM
Il corso FILIM è presente sul sito del laboratorio ed è finalizzato dall’italiano come LS. I materiali sono supplementi della Rivista Itals.
BALLARIN E., 2007, Didattica delle microlingue
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
145
BEGOTTI P., 2007, Didattizzazione di materiali autentici e analisi di manuali di italiano per stranieri
BEGOTTI P., 2007, L’acquisizione linguistica e la glottodidattica umanistico-affettiva e funzionale
BERALDO R., CELENTIN P., 2007, Letteratura e didattica dell’italiano LS
CAON F., 2007, L’uso delle canzoni come documento di lingua, cultura e
letteratura
CAON F., RUTKA S., 2007, La glottodidattica ludica
CELENTIN P., DA ROLD R.., SERRAGIOTTO. G., 2007, Didattica dell’italiano
in prospettiva interculturale
CELENTIN, P., TRIOLO R., Audiovisivi, intercultura e italiano LS, 2007
D’ANNUNZIO B., 2007, Modelli operativi e Tecniche didattiche per abilità
ricettive e per abilità produttive
D’ANNUNZIO B., SERRAGIOTTO G., 2007, Valutazione e analisi dell’errore
DELLA PUPPA F., VETTOREL P. 2007, Stili di apprendimento e culture in
classe
LUISE M.C. 2007, Insegnare la grammatica
LUISE M.C., SERRAGIOTTO G., 2007, Insegnare italiano a bambini e ad adulti
LUISE M.C., VOLTOLINA M, 2007, Il ruolo dell’italiano della cucina
NOVELLO A., 2007, Modelli operativi
TORRESAN P. 2007, Tecnologie per l’apprendimento dell’italiano
TRIOLO R., Uso del cinema nell’insegnamento dell’italiano a stranieri
2.3.5 Materiali per altri siti
DALOISO M., 2007, Insegnare italiano L2 a bambini stranieri. Linee-guida
per la programmazione curricolare, Ministero Esteri, sito Indire.
DELLA PUPPA F., 2007, “Dall’analisi del contatto arabo-italiano L2 ale implicazioni glottodidattiche”, in www.glottodidattica.net, 3.
SERRAGIOTTO G., 2000, Comunicare con gli oggetti: diverse prospettive
nelle diverse culture, http://server2.cired.unive.it/unipa, Fondo Sociale
Europeo, 2000.
146
GRAZIANO SERRAGIOTTO
3. Strumenti e materiali a disposizione dei docenti
Si indicano qui, in ordine alfabetico per autore, pubblicazioni di carattere
operativo, utilizzabili da parte dei docenti di italiano per sperimentazioni
didattiche, per esperienze di ricerca-azione, per rilevazioni glottodidattiche, per valutazione.
Inoltre, si indicano i materiali didattici predisposti da membri dello staff
Itals, come concretizzazione del principio di sintesi ed interazione tra
teoria e pratica che governa l’azione del Laboratorio.
3.1 Strumenti
BALLARIN E., 2000, “Quant’è bella giovinezza !”, in In.It, II, 1.
BALLARIN E., 2005, “Test di autovalutazione linguistica (italiano L2)”, in
AA. VV., Il Ponte, CD rom a cura del Centro Linguistico Interfacoltà di
Venezia, Ca’Foscari.
BEGOTTI P., 2003, “Strumenti di osservazione delle competenze linguistiche
dell’alunno straniero. Analisi dell’interlingua e strategie di apprendimento /intervento” in Italiano come L2, CD-rom dell’Università di Udine.
BEGOTTI P., 2004, “Criteri metodologici adottati nell’ideazione del materiale reso comprensibile ad alunni stranieri”, CD-rom Unità didattiche
semplificate, Rete di Istituti di Verona.
BEGOTTI P., 2005, “Criteri metodologici adottati nell’ideazione del materiale reso comprensibile ad alunni stranieri”, CD-rom Unità didattiche
semplificate, Rete di Istituti Superiori di Conegliano Veneto.
BEGOTTI P., 2005 “Criteri metodologici adottati nell’ideazione del materiale
reso comprensibile ad alunni stranieri”, CD-rom Italiano L2, la lingua
per studiare. Testi ad alta comprensibilità per alunni stranieri, Ufficio
Scolastico Regionale per il Veneto e CSA di Treviso.
DELLA PUPPA F., 2000, “Shreita: un gioco marocchino da fare in italiano”,
in Scuola e lingue moderne, 4, 2000.
DELLA PUPPA F., 2001 “Il laboratorio linguistico: esperienza di un’attività
come unità di apprendimento per classi ad abilità miste”, in ILSA, La
gestione della classe plurilingue nella scuola dell’obbligo, ILSA, Firenze.
DELLA PUPPA F., 2001, “Scheda di rilevazione del comportamento linguistico di bambini stranieri in classe”, in Scuola e Lingue Moderne, 3.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
147
PAVAN E., 2004, “La ricerca glottodidattica italiana nel 2003: una mappa”,
Rivista Itals, 4.
PAVAN E., 2004, “La ricerca glottodidattica italiana nel 2004: una mappa”,
Scuola e Lingue Moderne, 9.
SERRAGIOTTO G., 2004, “Scheda di analisi per i manuali di lingua italiana”,
in In.it, 13.
SERRAGIOTTO G., 2005, “Tecniche di semplificazione dei testi disciplinari
per alunni stranieri: la contestualizzazione”, in Italiano come L2, la
lingua per studiare, CD-rom, Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto
e CSA di Treviso.
3.2 Materiali didattici di lingua italiana
BALBONI P.E., 1999, Grammagiochi, Roma, Bonacci.
BALBONI P.E., 2006, Grammallegra, Grammatica Italiana per la Scuola
Media, Firenze, La Nuova Italia, 2006. Contiene sezioni di membri di
ITALS: ANDREANI M., BEGOTTI P., CAON F., D’ANNUNZIO B.
BALBONI P.E., TORRESAN P. (a cura di), 2003, L’italiano di Dio, la lingua
dei testi religiosi, Perugia, Guerra. Comprende sezioni di membri ITALS:
BALLARIN E., BEGOTTI P.
BALLARIN E. - BEGOTTI P., 1999, Destinazione Italia. L’italiano degli operatori turistici, Roma, Bonacci.
DELLA PUPPA F., LUISE M.C., 2001, Facile!, Milano, Theorema, 4 volumi.
DELLA PUPPA F., LUISE M.C., 2003, Fonemi e grafemi, Perugia, Guerra, 3
volumi.
DELLA PUPPA F., LUISE M.C., 2007, Teniamoci in contatto, Perugia, Guerra.
MEZZADRI M., 2000, Grammatica essenziale della lingua italiana. Con esercizi, Perugia, Guerra; include CD-ROM Grammatica interattiva della
lingua italiana. Supplemento in giapponese con ISHIKAWA M., ZAMBORLIN C., 2003; supplemento in greco, con RAPACCIUOLO M., TEODOSSOPULOS A. R., 2005.
MEZZADRI M., 1998, Dizionario per immagini, Perugia, Guerra, 1998; include Eserciziario, 1998; CD-ROM 2003;
MEZZADRI M., BALBONI P.E., 2000ss., Rete!, Perugia, Guerra. Vol 1, 2000;
vol. 2, 2001, vol. 3, 2001; include Guida docenti e materiali in DVD;
edizione ridotta, Rete Primo Approccio, 2005; edizione specifica per
148
GRAZIANO SERRAGIOTTO
adolescenti: Rete Junior, 2005. Videocorso di livello A1/A2, 2006 e
B1/B2 cds.
MEZZADRI M., PELIZZA G., 2002, L’italiano in azienda, Perugia, Guerra.
MEZZADRI M., 2003, L’italiano essenziale, Perugia, Guerra; include versioni in albanese, arabo, croato, esperanto, francese, greco, inglese, polacco, portoghese, rumeno, russo, tedesco.
MEZZADRI M., PEDERZANI L.,CAPPELLETTI A., 2003ss, Girotondo,
l’italiano nel mondo, Perugia, Guerra. Vol. Primo Approccio, 2003,
Vol. 1, 2004; vol. 2, 2005; vol. 3, 2006; include Guida docenti;edizione
specifica per bambini non alfabetizzati Girotondo5-6 anni.
MEZZADRI M., 2006, Cantagramma - Apprendere la grammatica italiana
con le canzoni, Vol. elementare (A1-A2); Vol. intermedio (B1/B2),
Guerra, Perugia.
3.3 Materiali didattici di Cultura e Civiltà italiana
ANGELINO M., 2004, Quaderni del cinema italiano: Il Gattopardo, Perugia,
Guerra.
ANGELINO M., BALLARIN E., 2006, L’italiano attraverso la storia dell’arte,
Perugia, Guerra.
BALBONI P.E. (a cura di), 1994ss, “Classici della Letteratura Italiana per
Stranieri”, Roma, Bonacci: Leopardi: Poesie (1994); Pirandello: Così è
se vi pare (1995), Manzoni: Poesie (1995)
BALBONI P.E. (a cura di), 1995, “Libretti d’Opera per Stranieri”, Roma,
Bonacci: Mascagni, Cavalleria Rusticana.
BALBONI P.E., 2005, Quaderno di introduzione alla letteratura italiana, Perugia, Guerra.
BALBONI P.E., CARDONA M. (a cura di), 2002, Storia e testi della letteratura italiana per stranieri, Perugia, Guerra.
BALBONI P.E., SANTIPOLO M., 2003, Storia italiana per stranieri, Perugia,
Guerra.
BALBONI P.E., VOLTOLINA M., 2005, Geografia italiana per stranieri, Perugia, Guerra.
BALBONI P.E., DALOISO M., 2007, Civiltà Italia, Perugia, Guerra.
BEGOTTI P., SERRAGIOTTO G., 2002ss, Quaderni del cinema italiano: Nuovo Cinema Paradiso (2002), La vita è bella (2003), Perugia, Guerra.
BEGOTTI P., SERRAGIOTTO G., TORRESAN P., 2004, Quaderni del cinema
italiano: Mediterraneo, Perugia, Guerra.
SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
149
CELENTIN, P., CAON F., 2002, L’italiano dei giochi, Guerra Edizioni,
Perugia.
DALOISO M., 2007, Quaderni del cinema italiano: Io non ho paura, Perugia, Guerra.
DALOISO M., 2008, Insegnare italiano a bambini stranieri attraverso le fiabe, Perugia, Guerra.
LUISE M.C. (a cura di), 1995ss, “Classici della Letteratura Italiana per Stranieri”, Roma, Bonacci: Foscolo: Sepolcri e Sonetti (1995); D’Annunzio:
poesie (1995); D’Annunzio: novelle (1995); Goldoni: La Locandiera
(1997)
MEZZADRI M., PEDERZANI L., 2007, Civiltà punto it, Perugia,Guerra.
TORRESAN P., PAULETTO F., 2004, Quaderni del cinema italiano: Le notti
di Cabiria e La strada Perugia, Guerra.
TORRESAN P., FERENCICH R., 2005, Giochi senza frontiere. Attività ludiche
per l’insegnamento dell’italiano, Firenze, Alma.
.