Visualizza/apri - Arca
Transcript
Visualizza/apri - Arca
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DEL LINGUAGGIO PROGETTO ITALS 1 Graziano Serragiotto Sillabo di riferimento per la formazione degli insegnanti di italiano a stranieri Graziano Serragiotto, Sillabo di riferimento per la formazione degli insegnanti di italiano a stranieri © 2009 Università Ca’ Foscari Venezia ISBN 978-88-7543-240-9 Il volume è stato pubblicato con il contributo del Laboratorio Itals del Dipartimento di Scienze del Linguaggio, Università Ca’ Foscari di Venezia Libreria Editrice Cafoscarina Calle Foscari, 3259, 30123 Venezia www.cafoscarina.it Tutti i diritti riservati INDICE Introduzione 9 PARTE PRIMA: COORDINATE 1. 1.1 1.2 1.2.1 1.2.2 1.2.3 1.2.4 1.2.5 1.3 1.3.1 1.3.2 1.3.3 1.3.4 1.4 1.4.1 1.4.2 1.5 1.5.1 1.6 2. 2.1 2.2 La formazione di ITALS per gli insegnanti Il concetto di “formazione dei docenti” secondo il Laboratorio ITALS Le modalità di formazione ITALS Corsi in presenza in Italia Corsi in presenza all’estero Formazione integrata on line e in presenza Formazione totalmente on line Il web per informare e comunicare con gli insegnanti Dalla “formazione dei docenti” alla “comunità dei docenti formati” Il post-master ADMIS, Associazione dei diplomati dei master in italiano a stranieri RAIM, Rete di associazioni di italianisti nel mondo BIG, Biblioteca italiana di glottodidattica La certificazione didattica e l’accreditamento dei docenti e delle scuole CEDILS e CEFILS L’accreditamento dei docenti e delle scuole Esperienze di formazione condotte dal 1998 al 2008 dal Progetto ITALS Corsi di formazione all’estero Il sillabo presentato in questo volume Un sillabo per la formazione degli insegnanti di italiano a stranieri Italiano L2, LS, LE: elementi comuni e punti di divergenza L’epistemologia glottodididattica di riferimento 13 16 17 18 20 20 24 25 25 26 27 28 29 29 30 30 31 32 33 34 34 39 GRAZIANO SERRAGIOTTO 6 2.3 2.4 Il profilo e la formazione dell’insegnante di lingue La formazione online 42 51 PARTE SECONDA: SCHEDE TEMATICHE PER LA FORMAZIONE 1. 1.1 1.2 1.3 2. 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 2.9 2.10 2.11 2.12 Il contesto politico e istituzionale La politica linguistica dell’unione europea (PAOLO E. BALBONI) Il quadro comune europeo e il portfolio (MARCO MEZZADRI) Storia dell’italiano L2 in Italia (ALBERTA NOVELLO) Lo sviluppo della competenza comunicativa La competenza comunicativa (PAOLO E. BALBONI) Curricolo di italiano per stranieri; sillabo, programma, curricolo (PAOLO E. BALBONI) Abilità di comprensione: natura, tecniche (MADDALENA ANGELINO) Abilità di produzione e manipolazione: natura, tecniche (MARA SALVALAGGIO) Abilità di interazione: natura, tecniche (MARA SALVALAGGIO) La teoria delle intelligenze multiple (PAOLO TORRESAN) Insegnamento della grammatica (MICHELA ANDREANI) Sviluppo del lessico (MARIO CARDONA) Verifica e valutazione (GRAZIANO SERRAGIOTTO) Testing, analisi degli errori, interlingua (GRAZIANO SERRAGIOTTO) La creazione di materiali didattici (PAOLO E. BALBONI) Valutazione dei materiali didattici (GRAZIANO SERRAGIOTTO) 57 57 58 60 62 62 64 65 66 68 69 72 73 75 76 78 79 SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 2.13 2.14 2.14 2.16 3. 3.1 3.2 3.3 3.4 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12 3.13 3.14 Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo (MATTEO SANTIPOLO) Insegnare le microlingue (ELENA BALLARIN) Didattica della cultura e civiltà (ELISABETTA PAVAN) Insegnare la letteratura (PAOLO E. BALBONI) Le metodologie La dimensione neuro-psicologica (MICHELE DALOISO) Modulo, unità didattica, unità d’apprendimento (PAOLO E. BALBONI) L’analisi dei bisogni (BARBARA D’ANNUNZIO) La metodologia umanistico-emozionale (PAOLO E. BALBONI) L’apprendimento cooperativo (SONIA RUTKA) La metodologia ludica (FABIO CAON) La metodologia CLIL (GRAZIANO SERRAGIOTTO) La ricerca-azione (MARIA DE LUCHI) Le classi plurilivello ad abilità differenziate (FABIO CAON) Il laboratorio di italiano L2 (BARBARA D’ANNUNZIO) Tecnologie glottodidattiche (PAOLA CELENTIN) Uso della canzone (FABIO CAON) Uso del cinema e della tv (MARIO CARDONA) Insegnare ad adulti (PAOLA BEGOTTI) 7 81 82 84 85 86 86 88 89 90 91 93 94 95 97 99 100 102 103 104 8 GRAZIANO SERRAGIOTTO 3.15 Insegnare a bambini (MARIA CECILIA LUISE) 3.16 L’accostamento all’italiano in età prescolare (MICHELE DALOISO) 3.17 Letteratura per l’infanzia in chiave glottodidattica (MICHELE DALOISO) 3.18 Didattica dell’italiano L2 per la comunicazione di base (PAOLA CELENTIN) 3.19 La facilitazione e la semplificazione dei testi in italiano L2 (MARIA CECILIA LUISE) 3.20 Bisogni, vissuti e modalità di acquisizione dell’italiano L2: simulazione e riflessione (PAOLA CELENTIN) 3.21 Apprendere lingua attraverso lo sport di squadra (FABIO CAON) 4. Problemi interculturali 4.1 Società e scuola multi- ed inter-culturale (PAOLO E. BALBONI) 4.2 Problemi interculturali nella classe multietnica (ELISABETTA PAVAN) 4.3 L’approccio al sapere degli studenti stranieri: cultura e stili cognitivi (FRANCESCA DELLA PUPPA) 4.4 Educazione interculturale e italiano L2 (FRANCESCA DELLA PUPPA) 4.5 Cinema ed educazione interculturale (RICCARDO TRIOLO) 4.6 Lo studente di origine slava (PAOLA CELENTIN) 4.7 L’allievo cinese (BARBARA D’ANNUNZIO) 4.8 Lo studente di origine araba (FRANCESCA DELLA PUPPA) 4.9 L’allievo di origine albanese (RICCARDO TRIOLO) Bibliografia 106 107 108 110 111 113 114 116 116 118 119 120 122 123 125 126 128 131 INTRODUZIONE ITALS è un centro di ricerca (e la bibliografia in questo volume lo attesta in maniera evidente) e di formazione. Qual è il modello formativo di ITALS? Quali sono i contenuti e le modalità della formazione che propone? Quali contenuti danno sostanza ai temi, ai titoli degli interventi formativi? Questo volume intende rispondere a queste domande sulla base di alcune linee di riferimento: a. l’idea di glottodidattica che sta alla base di ITALS è complessa, riguarda almeno quattro aree scientifiche di riferimento (le scienze del linguaggio e della cultura, quelle della mente, quelle della formazione), considera essenziale l’integrazione della dimensione teorica con quella operativa; b. l’idea di “docente in formazione”, sia questa iniziale o continua, è un’idea attiva: è il docente che si forma, cioè forma se stesso, sebbene con l’aiuto e la consulenza di ITALS. Si limitano all’indispensabile gli interventi di carattere trasmissivo, ritenendo i laureati autosufficienti nello studio delle “nozioni”, e si privilegiano interventi seminariali, laboratoriali; c. ITALS propone formazione professionale, non accademica – anche se molti dei suoi formatori sono docenti universitari che, nelle sedi opportune, offrono formazione accademica, oppure sono dottori di ricerca o dottorandi che si occupano di teoria dell’educazione linguistica; nei corsi di formazione si formano professionisti dell’insegnamento dell’italiano, cioè persone che non hanno biso- 10 GRAZIANO SERRAGIOTTO gno, in questa sede, di conoscenza fine a se stessa ma finalizzata alla soluzione di un problema, l’insegnamento dell’italiano a parlanti di altre lingue; d. l’idea di formazione che permea l’azione di ITALS è quella di un percorso continuo, permanente, di cui il singolo corso – sia questo un master annuale o un semplice intervento di poche ore – è solo un episodio: per questo iniziative (su cui si tornerà nel primo capitolo) come la promozione dell’ADMIS, del post master, di accreditamento dei docenti, di una comunità di professionisti non sono iniziative accessorie ma, a nostro avviso, qualificanti. Questi aspetti vengono approfonditi da G. Serragiotto nella prima parte di questo volume; la seconda sezione, composta da una serie di schede tematiche, è una sorta di “contratto formativo”: chi decide di partecipare ad una delle tante tipologie di formazione ITALS sa che a quel titolo corrisponde quel contenuto anche se la trattazione del tema sarà necessariamente declinata secondo la personalità umana, professionale e scientifica del singolo formatore. È naturale che i 49 temi proposti non esauriscano la gamma dei possibili interventi: da un lato, la sperimentazione di ITALS continua e quindi la sua offerta tematica si evolve e si amplia di anno in anno, dall’altro la richiesta che viene dal mondo dell’insegnamento dell’italiano è sempre più mirata, specifica, per cui si effettuano interventi pensati ad hoc: in un corso per la formazione di “lettori” di italiano all’estero è necessaria anche una riflessione sulla figura del “lettore”, cioè del docente o dell’assistente (a seconda dei contesti) di madrelingua italiana, e un intervento specifico e mirato di questo tipo (che pure abbiamo fatto, come si vede nel volume curato da E. Pavan nel 2004 e riportato in bibliografia) non rientra nel novero delle schede riportate in questo volume. Le schede che costituiscono la seconda parte del volume, predisposte dai formatori del Laboratorio, sono quelle che, secondo l’esperienza del coordinatore di ITALS, Graziano Serragiotto, costituiscono il repertorio di base delle richieste di formazione che ci giungono. Paolo E. Balboni Ca’ Foscari, maggio 2009 PARTE PRIMA COORDINATE 1. La formazione di ITALS per gli insegnanti Il Laboratorio ITALS è una struttura del Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia (www.itals.it), dipartimento che si occupa: a. di linguistica, dalla ricerca sulla ‘lingua’ in sé alla descrizione delle singole lingue, dalla linguistica diacronica e computazionale allo studio dei disturbi del linguaggio; b. di glottodidattica, cioè dell’acquisizione e dell’insegnamento delle lingue, di pianificazione e politica linguistica e della formazione dei docenti di lingue, con un’attenzione particolare per il contributo delle tecnologie a questi processi; di ricerca sulla didattica dell’italiano a stranieri e in particolare di formazione dei docenti. All’interno di questo Dipartimento, quindi di una realtà dedicata alla gestione della ricerca scientifica, sono stati creati alcuni laboratori, in cui la ricerca di base si sposa con l’applicazione e con l’azione all’esterno dell’università stessa. Uno di questi laboratori è il Laboratorio ITALS, evoluzione del Progetto ITALS impostato nel 1974 da Giovanni Freddi, per vent’anni titolare della cattedra di Didattica delle Lingue Moderne a Ca’ Foscari. Sotto la guida del suo successore, Paolo E. Balboni, attuale titolare della cattedra, e con il coordinamento prima del Prof. Roberto Dolci, docente di Tecnologie Glottodidattiche, ora del Dott. Graziano Serragiotto, docente di Didattica della Lingua Inglese, il Laboratorio ITALS si occupa di: a. ricerca: la ricerca ITALS verte sul concetto di ‘formazione’, sulla natura della competenza glottodidattica, sul contributo della linguistica alla didattica. ITALS traduce la ricerca sia in corsi di formazione sia in monografie, in una rivista (su carta e on line) e in una bibliografia ragionata organizzata come banca dati per la ricerca per temi, collocata on line a disposizione di tutti gli italianisti; b. formazione: ITALS supera l’idea di formazione come travaso di contenuti e la intende come processo in cui i docenti entrano in 14 GRAZIANO SERRAGIOTTO una comunità di formazione e autoformazione permanente; in quest’ottica ITALS organizza due master, corsi di formazione iniziale ed avanzata di vario tipo, sia telematici sia in presenza, in Italia e all’estero, nonché un servizio di assistenza glottodidattica on line; c. certificazione didattica: sulla base della ricerca relativa alla competenza glottodidattica e dell’esperienza acquisita in anni di formazione, ITALS organizza prove che consentono di ricevere un certificato di competenza didattica dell’italiano. La formazione degli insegnanti ha rappresentato un impegno fondamentale per il Laboratorio ITALS fin dalla sua fondazione. La consapevolezza della necessità dell’insegnante si essere formato al fine di conoscere nuovi strumenti e strategie per rispondere adeguatamente alle nuove e continue richieste nell’area educativa, ha portato alla costituzione di un gruppo di ricerca focalizzato sulla formazione di insegnanti competenti. L’insegnante di qualità è, difatti, un obiettivo prioritario per il Laboratorio ITALS, che ha indirizzato la sua ricerca su metodologie e strumenti validi sia dal punto di vista teorico che pratico, sperimentando sul campo le intuizioni nate dallo studio e dall’esperienza. I componenti del Laboratorio ITALS sono, infatti, esperti specializzati e qualificati nella didattica delle lingue con, di più, esperienza nel campo dell’insegnamento, sia per quanto riguarda la docenza, che la sperimentazione di materiali e metodi attraverso progetti di codocenza e monitoraggio. Ciò che rappresenta il Laboratorio ITALS è, quindi, un collegamento tra scuola e università, dove quest’ultima mette a disposizione la sua ricerca in funzione della prima. Secondo gli studi e le valutazione effettuate da questo gruppo di ricerca (e supportate dalla letteratura in merito), la riqualificazione dell’insegnante deve partire da una riflessione culturale ed epistemologica focalizzata sull’idea di conoscenza e di insegnamento. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 15 La conoscenza necessita di essere rivista in chiave moderna, non più come un insieme di nozioni, ma come una rete di abilità che permettono di agire con le conoscenze. La conoscenza è, perciò, “sapere” e “saper fare”, non un sistema lineare costituito da un susseguirsi in informazioni, ma una struttura connettiva incentrata più sui percorsi che portano alla conoscenza piuttosto che ai fatti o ai dati da conoscere. Come afferma Margiotta (2008), “l’insegnante non è colui che trasmette, ma colui che, su mandato della volontà generale, dà forma cooperativa alla costruzione del sapere e dell’esperienza nelle menti delle nuove generazioni”. Tale concezione di conoscenza porta direttamente ad una ridefinizione dell’idea di insegnamento, che diventa un processo che mira all’organizzazione mentale di contenuti e strategie che permettono di acquisire in maniera efficace nuove conoscenze e di agire con esse. I discenti non sono più contenitori da riempire, ma menti da stimolare e intelligenze da sviluppare attraverso la sperimentazione di modelli che conducono alla conoscenza. La familiarità con tali strutture permette di avere, inoltre, studenti autonomi (obiettivo ultimo dell’insegnante) che, grazie ai modelli conosciuti e sperimentati di avvicinamento al sapere, riescono a riproporre in maniera individuale un contesto d’apprendimento. Il ruolo dell’insegnante è, perciò, quello di fornire procedure valide per costruire il sapere e per “saper fare” con la conoscenza costruita; “trasmettere conoscenze”, infatti, “non è sufficiente per essere un buon insegnante” (Margiotta, 2008). Si passa, quindi, da modelli passivi di apprendimento a percorsi attivi, in cui l’insegnante guida il discente nella sperimentazione e nella scelta di modelli e strategie più adatte per arrivare all’acquisizione. La formazione del docente diviene perciò fondamentale in questo contesto, in cui l’insegnante è chiamato a padroneggiare le metodologie più valide per proporre un insegnamento efficace, risultante in una conoscenza attiva che si realizzi in azioni. L’ambito di ricerca e formazione del Laboratorio ITALS mira a proporre agli insegnanti i metodi e le strategie più utili per giungere 16 GRAZIANO SERRAGIOTTO con i propri studenti a questa tipologia di conoscenza e riguarda tutti gli ordini di scuola, dalla scuola dell’infanzia all’università e ricopre i vari ambiti di insegnamento: scuole pubbliche, private, corsi di lingua, italiano all’estero (LS), italiano in Italia (L2). 1.1 Il concetto di “formazione dei docenti” secondo il Laboratorio ITALS Alla base della formazione ITALS sta la considerazione che, nella maggioranza dei casi, i soggetti in formazione sono docenti in servizio e, anche tra coloro che non risultano occupati, quasi tutti hanno comunque esperienza di insegnamento diretto, condotto in classi di diversa tipologia – dalle scuole private di italiano ai CTP, dai gruppi di facilitatori linguistici di Italiano L2 per reti di scuole, comuni, uffici scolastici provinciali, ecc., a corsi di italiano secondo la legge 153 nei vari paesi dove sono presenti discendenti di emigranti italiani. In altre parole, a differenza di quanto avviene nella formazione iniziale nelle università e nelle SSIS – presso le quali insegnano molti dei membri del laboratorio ITALS – la nostra formazione si basa su un principio di condivisione di esperienze, dalla riflessione e dal confronto sulle quali emerge la costruzione comune della conoscenza. In altre parole, ITALS cerca di non trasmettere conoscenza – anche in considerazione della pluralità di situazioni concrete in cui questa conoscenza operativa dovrebbe poi trasformarsi in azione didattica – ma vuole costruire conoscenza glottodidattica, sulla base del principio che “insegnare a pescare è meglio che regalare pesci”. Le due parole chiave sono in corsivo nel paragrafo precedente. La prima è trasmettere: non è pensabile un approccio totalmente socratico, maieutico, induttivo, ci sono delle informazioni che vanno trasmesse; la seconda è costruire: la logica sottostante ai nostri progetti di formazione è, per quanto possibile, quella costruttivista, sia nella conduzione dei gruppi sia nell’uso, fondamentale per ITALS, delle tecnologie telematiche. In modo più specifico possiamo riprendere da Dolci (2004), i principi di base in ambito educativo di un approccio costruttivista: SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 17 a. l’apprendimento viene visto come un processo attivo: è lo stesso apprendente che costruisce, grazie alle sue esperienze tale apprendimento, l’apprendente non è una persona passiva che deve solo stare ad ascoltare; b. soltanto imparando le persone possono imparare ad apprendere, sembra un gioco di parole, in realtà il concetto che sta alla base è la necessità di fare esperienza; c. ovviamente si devono già possedere delle strutture di conoscenza su cui appoggiarsi e quindi più si conosce più si riesce ad imparare; d. anche se la costruzione di conoscenza è un processo soprattutto mentale, è necessario far svolgere attività che coinvolgano altri sensi; e. l’apprendimento è un’attività sociale, non è individuale e quindi il linguaggio diventa aspetto fondamentale per comunicare, dialogare, interagire, collaborare, ecc. f. l’apprendimento è situato in un contesto, si impara in base a ciò che già si conosce ed è identificabile e visualizzabile in un contesto e questo fa in modo di favorire la motivazione che è componente necessaria. Le tecnologie, secondo quanto afferma Jonassen (1993), devono essere considerate come delle linee guida per la costruzione di ambienti di insegnamento/apprendimento costruttivista; a seconda delle necessità questi ambienti che si vengono a creare devono mettere in condizione gli apprendenti di essere attivi, costruttivi, collaborativi, contestuali, conversazionali e riflessivi. L’uso delle tecnologie deve aiutare la discussione, la condivisione e lo scambio di risorse, la realizzazione cooperativa di prodotti. 1.2 Le modalità di formazione ITALS Una volta stabilite le linee concettuali relative a che cosa, cioè l’idea glottodidattica, ed al chi, cioè il profilo del docente, si deve muovere alla realizzazione di progetti che portino ad una crescita dei corsisti nella direzione indicata dalle linee stesse. GRAZIANO SERRAGIOTTO 18 Un progetto coerente richiederebbe appositi corsi di laurea o di formazione SSIS; in alternativa, ma con più difficoltà, si può operare come ha fatto ITALS, in una serie di due master. I master, però, sono a numero chiuso, per disposizione di legge e per la loro stessa natura, mentre la richiesta di formazione dei docenti di italiano è ben maggiore di quella che può essere soddisfatta dai master. Per questa ragione ITALS ha organizzato un corso di perfezionamento e diversi corsi in presenza, on line o in versione blended. Ora vediamo nel dettaglio le varie tipologie di corsi che sono stati impostati dal Laboratorio ITALS secondo quattro modalità. 1.2.1 Corsi in presenza in Italia L’azione di ITALS è di tre tipi, mirata da un lato a docenti del Nord-Est italiano, che possono raggiungere settimanalmente Venezia, per la durata di un anno accademico; a docenti che possono restare a Venezia solo per un periodo intensivo; a docenti che non possono essere portati a Venezia e ai quali si offre formazione in loco, ma anche in questo caso per periodi brevi e, in taluni casi, intensivi. Vediamo più in dettaglio queste tre modalità di formazione. a. Corso di durata annuale Si tratta del Corso di Perfezionamento in Didattica delle Lingue Moderne indirizzo: insegnamento dell’italiano a stranieri. È attivato da diversi anni e si propone di approfondire tematiche specifiche e innovative della moderna glottodidattica; intende in particolare promuovere le capacità di ricerca e di sperimentazione da parte dei corsisti nell’ambito glottodidattico. Il Corso è aperto a insegnanti o laureati in lingue, lettere e scienze della formazione. A seconda delle tematiche trattate nell’indirizzo la domanda di iscrizione potrà essere fatta anche da insegnanti/laureati in altre discipline. Il Corso, il cui monte ore è pari a 100 ore di didattica (80 ore in presenza, 20 ore di autoformazione) e di 40 ore per la preparazione e stesura di una tesina finale, è articolato annualmente in cinque moduli tematici. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 19 L’articolazione dei moduli è la seguente: a) Linee generali di glottodidattica: italiano LS-L2 b) Insegnamento L2 in ambito scolastico: insegnare italiano ai bambini c) Insegnamento LS: curricolo e progettazione d) Strumenti e metodologie: ricerca azione e osservazione in classe e) Aspetti culturali nell’insegnamento linguistico f) Corso intensivo residenziale Per quanto riguarda la possibilità di fare un corso intensivo, i docenti possono frequentare la scuola di formazione, tradizionalmente organizzata a Venezia ma possibile anche in altri contesti. È rivolta a insegnanti di ogni ordine e grado interessati alla didattica dell’italiano come LS e L2, a laureati in Italia del vecchio e nuovo ordinamento, a laureati all’estero con almeno una laurea triennale in italiano, a studenti universitari del vecchio e nuovo ordinamento che abbiano superato almeno gli esami del secondo anno. La scuola di formazione si prefigge di illustrare i processi di insegnamento e apprendimento dell’italiano come LS/L2 attraverso gli strumenti offerti da più discipline: la glottodidattica, la linguistica, lo studio delle tipologie testuali, la gestione della classe, l’educazione interculturale. Vengono organizzati anche Master Class durante i fine settimana su tematiche specifiche. b. Corsi con modalità variabili Possono essere organizzati diversi corsi in presenza in diverse località a seconda delle esigenze dei corsisti: possiamo avere corsi brevi, lunghi, laboratori didattici, ecc. La proposta, generalmente, è articolata in moduli, cioè può essere seguita anche parzialmente; i moduli sono composti a loro volta da una serie di interventi di 2 o 3 ore, che possono avere la forma di lezione frontale, seminario, workshop, incontro interattivo con i corsisti, lavoro per gruppi su sperimentazioni ed esperienze realizzate dai corsisti. 20 GRAZIANO SERRAGIOTTO 1.2.2 Corsi in presenza all’estero Per quanto riguarda l’estero, annualmente vengono proposti corsi destinati alla formazione di docenti di cultura e lingua italiana all’estero. Possono essere corsi base, corsi avanzati o corsi tematici, e durano da un minimo di 15 ad un massimo di 45 ore distribuite in una o due settimane. Spesso la dimensione culturale e artistica dell’italiano, che di solito costituisce, soprattutto, in corsi di livello avanzato, il tema di una giornata di lavoro, ricopre l’argomento di corsi di due o tre giorni, dedicandosi così alla didattica della letteratura, con esperienze di analisi di testi letterari, di riflessioni sull’italiano nel cinema e nella televisione e soprattutto alla canzone d’autore italiana come documento linguistico, culturale e letterario insieme. Si stanno creando anche dei laboratori per la creazione di materiali, per il monitoraggio di percorsi particolari, di ricerca-azione, ecc. 1.2.3 Formazione integrata on line e in presenza I master ITALS sono un esempio di formazione on line e in presenza. A parte dei momenti in presenza successivi al lavoro on line (si tratta di due settimane in presenza a luglio o a dicembre) per il resto la formazione viene fatta completamente on line. C’è un master di primo livello orientato verso l’operatività (Master ITALS in didattica e promozione della lingua e della cultura italiane a stranieri) e uno di secondo livello orientato verso l’approfondimento teorico (Master ITALS in progettazione avanzata dell’insegnamento della lingua e cultura italiane a stranieri). Il Master di primo livello prima e quello di secondo livello poi, nascono come risposta alle esigenze di professionalità nel campo dell’insegnamento e della promozione della lingua e della cultura italiane a stranieri, sia in Italia sia all’estero. Le metodologie didattiche dei due Master rispondono a una riflessione che tiene in considerazione il seguente quadro globale: SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 21 - una utenza potenziale che si avvale dei media più avanzati del villaggio globale oltre che di approcci e metodologie glottodidattiche evolute; - una lingua, l’italiano, che da “lingua di immigrati”, si è trasformata, nella percezione collettiva, in lingua colta, (seconda lingua) al pari di tedesco, francese e spagnolo (mantenendo, com’è ovvio, l’inglese, il ruolo di lingua internazionale per eccellenza); - le problematiche dell’immigrazione in Italia richiedono figure specifiche che nella scuola dell’obbligo e in altre strutture sappiano affrontare e rispondere alle esigenze dell’inserimento e della integrazione di immigrati bambini e adulti. Il Master di 1° livello ha lo scopo di formare sul piano glottodidattico e include due percorsi, uno orientato verso la didattica dell’italiano a stranieri in Italia (percorso L2), e uno orientato verso la didattica dell’italiano all’estero (percorso LS). Il Master di secondo livello ha lo scopo di qualificare ulteriormente sul piano glottodidattico; oltre a dare delle conoscenze più approfondite nel campo dell’insegnamento e della formazione vuole dare una preparazione nei ruoli nuovi che richiedono conoscenze e competenze di tipo organizzativo e progettuale soprattutto nell’ambito della ricerca-azione e del monitoraggio. I Master danno accesso principalmente a due professioni: esperto nell’insegnamento della lingua e cultura italiane a stranieri ed esperto per la promozione della lingua e cultura italiane e del suo insegnamento, in possesso di specifiche competenze professionali e metodologiche. I Master ITALS sono organizzati secondo una logica modulare, in quadrimestri al cui interno si distribuiscono vari moduli e seminari residenziali a Venezia, due per il 1° livello e uno per il 2° livello. Gli incontri a Venezia hanno la durata di una settimana. Ciascun modulo, seguito sotto la guida di un tutor, comporta lavoro per 75 ore di studio; ciascun modulo in autoapprendimento comporta lavoro per 25 ore. Il carico orario complessivo è di 1500 ore di formazione per un totale di 60 C.F.U. (Crediti di Formazione Universitaria). 22 GRAZIANO SERRAGIOTTO La frequenza da parte degli iscritti a tutte le attività formative del Master ITALS di 1° e 2° livello è obbligatoria. Nel caso dei moduli frontali sono permesse assenze giustificate in misura del 10% delle ore complessive. Nel caso dei moduli on-line, la frequenza viene attestata mediante il controllo delle attività svolte e il superamento della verifica finale di modulo. La valutazione ha un triplice aspetto: a. autovalutazione: lo studente potrà valutare il progresso durante lo studio del modulo; b. valutazione a distanza alla fine di ogni modulo in cui lo studente è invitato a rispondere a una serie di quesiti per poter passare al modulo successivo. Dato il carattere interattivo e collaborativo del modello di formazione nella valutazione finale di ciascun modulo verrà presa in considerazione anche la partecipazione attiva e propositiva alle attività del forum di discussione; c. verifica in praesentia durante il seminario intermedio e quello finale che ogni corsista deve frequentare, sia del lavoro di tesina, che di tutto il Master. I Master ITALS comprendono anche uno stage presso scuole convenzionate e la redazione di una tesina finale. Tale stage è considerato come un momento di tirocinio all’interno di strutture riconosciute dai Master ITALS. Lo stage del Master di primo livello è organizzato in tirocinio indiretto, con relazioni sulla situazione della didattica dell’italiano nella Scuola e nella regione, e diretto, della durata complessiva di 30 ore divise in tirocinio osservativo e collaborazione didattica. Nel Master ITALS di 2° livello, lo stage è considerato come il momento centrale dell’attività formativa durante il quale realizzare il proprio progetto di Ricerca Azione sotto la guida di tutor esperti che seguiranno i progetti a distanza. La tesina è intesa come prodotto finale del progetto di Ricerca Azione sviluppato durante l’intero arco del Master ITALS di 2° livello. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 23 La struttura dei corsi del Master ITALS di 1° livello è la seguente: 1° quadrimestre: I moduli vengono svolti on-line, secondo diverse metodologie. 2° quadrimestre: I moduli vengono svolti on-line, secondo diverse metodologie. 3° quadrimestre I moduli vengono svolti on-line secondo diverse metodologie. Stage Seminario in presenza 4° quadrimestre Discussione finale Formazione delle competenze di base È composto di 6 moduli, 4 in tutorato e 2 in autoapprendimento È diviso in due periodi: a) Rafforzamento delle competenze di base: comune a tutti gli indirizzi, con 3 moduli in tutorato. b) Percorsi specifici: da questo punto il Master si divide in due percorsi: L2 - italiano lingua seconda LS - italiano lingua straniera. Entrambi i percorsi prevedono la frequenza di 1 modulo tutorato e 1 in autoapprendimento. Competenze Specifiche Il percorso LS - italiano lingua straniera si suddivide ulteriormente in due indirizzi: - didattico - organizzativo. Il percorso L2 – italiano lingua seconda rimane unico. Entrambi i percorsi sono composti da 3 moduli tutorati. Frequenza dello stage in strutture convenzionate. Alla fine del terzo quadrimestre è prevista la frequenza del primo seminario in presenza a Venezia, con conferenze, seminari, incontri operativi. Durante questo seminario viene anche decisa la tesina di fine corso Redazione della tesina finale Si tratta di un quadrimestre dedicato ad una ricerca, di solito di carattere sperimentale, in cui si applicano le competenze acquisite durante la frequenza del Master Universitario ITALS. Scopo della ricerca è la redazione di una tesina, individuale o di gruppo. La tesina finale viene discussa a Venezia dallo studente (o dal gruppo di studenti) durante il seminario conclusivo. GRAZIANO SERRAGIOTTO 24 La struttura dei corsi del Master ITALS di 2° livello è la seguente: 1° blocco I moduli vengono svolti on-line, secondo diverse metodologie. 2° blocco I moduli vengono svolti on-line, secondo diverse metodologie. 3°blocco I moduli vengono svolti on-line secondo diverse metodologie Moduli a frequenza obbligatoria e avvio percorso di Ricerca-Azione È composto di 5 moduli tutorati. Sotto la guida di tutor esperti i corsisti iniziano ad elaborare i propri progetti di Ricerca Azione. Moduli a scelta (3 moduli) e monitoraggio percorso di Ricerca-Azione È composto di 3 moduli tutorati a scelta dei corsisti. I moduli vengono avviati con un minimo di 12 iscritti. Tutor esperti effettuano il monitoraggio dei progetti di Ricerca Azione elaborati dai corsisti. Completamento percorso di Ricerca-Azione e discussione tesi finale Con l’aiuto di tutor esperti i corsisti concludono i propri progetti di Ricerca-Azione. La tesina finale viene discussa a Venezia dal corsista (o dal gruppo di corsisti) durante il seminario conclusivo. 1.2.4 Formazione totalmente on line Due corsi ITALS on line dedicati alla didattica dell’italiano sono : - Il Progetto ALIAS (Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri) ideato nel 1998-1999 e nato dalla collaborazione tra l’Università Ca’ Foscari e il Ministero della Pubblica Istruzione; si occupa delle tematiche e delle problematiche legate all’insegnamento dell’italiano come lingua seconda a studenti stranieri (bambini, ragazzi e adulti) inseriti in contesto di scolarizzazione in Italia e organizza, oltre a corsi in presenza, corsi completamente a distanza. La sua offerta include corsi di livello base, avanzato e di approfondimento. - Il Progetto FILIM (Formazione degli insegnanti di lingua italiana nel mondo) che organizza corsi dedicati alla formazione e all’aggiornamento di tutti coloro che insegnano italiano o vogliono in- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 25 segnarlo, in contesto di italiano come lingua straniera, perciò come lingua insegnata all’estero. 1.2.5 Il web per informare e comunicare con gli insegnanti ITALS al fine di mantenere attivi i contatti con gli insegnanti ed avere la possibilità di informare costantemente sui temi della didattica, ha realizzato una serie di risorse online che rappresentano una modalità veloce e facilmente usufruibile per reperire informazioni e discutere su di esse. Le risorse di tipo informativo riguardano: le FAQ relative ai temi principali della glottodidattica: si tratta di un elenco di domande che frequentemente sono poste ai formatori ITALS, le quali trovano risposta in uno spazio web ; alcuni video su You tube, cioè brevi spezzoni video in cui docenti/formatori illustrano i concetti fondamentali della didattica dell’italiano a stranieri. Le possibilità, invece, di interazione tra docenti e interessati all’insegnamento dell’italiano avviene attraverso spazi quali blog e wiki che offrono la possibilità di condividere una piattaforma che funge da mezzo di comunicazione istantaneo, in cui i partecipanti possono iniziare e sviluppare discussioni, scambiarsi informazioni, pareri e progetti. Tali modalità di comunicazione e informazione perseguono in maniera ottimale la filosofia del Laboratorio ITALS, che mette a disposizione risorse e conoscenze per la formazione continua dell’insegnante, la quale si realizza anche attraverso il costruttivismo delle interazioni online. Tutte le risorse sono raggiungibili dal portale di ITALS. 1.3 Dalla “formazione dei docenti” alla “comunità dei docenti formati” In presenza ed on line i docenti in formazione costituiscono quella che nella letteratura sull’e-learning si definisce una learning community, ma la filosofia di ITALS ritiene che la formazione sia una 26 GRAZIANO SERRAGIOTTO processo lifelong e quindi ci si è sforzati di trasformare progressivamente le learning community in practice community¸in modo che i docenti formati potessero continuare a condividere i loro processi e la loro crescita secondo la logica costruttivistica cui abbiamo fatto riferimento nel paragrafo1. Per consentire questo processo si sono messe in atto due iniziative: il postmaster e L’ADMIS, Associazione dei diplomati dei master in italiano a stranieri. 1.3.1 Il post-master Il Postmaster è un progetto rivolto a tutti coloro che hanno finito il Master ITALS con lo scopo di continuare a fornire una formazione permanente e di sviluppare una comunità di apprendimento. Inoltre il progetto vuole essere un ponte fra formazione e lavoro. A partire da questi scopi si sono individuate varie azioni da sviluppare per rafforzare il progetto: a. si sono resi disponibili on line i moduli del Master che possono completare il percorso formativo parziale dell’indirizzo scelto dal corsista durante il master. Per ogni modulo si attiva un percorso tutorato che parte quando ha raggiunto un minimo di 15 iscritti oppure le persone vengono inserite nelle classi del Master; b. vengono raccolti e pubblicati i curricola di quelli che hanno conseguito il master: si chiede loro di specificare in modo particolare su quali argomenti potrebbero fornire formazione per essere inseriti nei nostri progetti formativi in Italia e all’estero; c. chi degli iscritti vuole, può inviare materiali di vario genere, elaborati (per esempio, schede d’osservazione, test d’ingresso o in uscita, unità didattiche, griglie, ecc.) che verranno pubblicati nel Bollettino ITALS e resi disponibili nel sito per tutti gli iscritti. Il Postmaster diventa quindi una continuazione della formazione iniziata con ITALS, dà la possibilità che vengano riconosciute e pubblicizzate le proprie competenze, diventa un canale per offerte e ri- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 27 chieste di lavoro e dà la possibilità di valorizzare la propria personalità anche con delle pubblicazioni. 1.3.2 ADMIS, Associazione dei diplomati dei master in italiano a stranieri Nell’ottica del Life Long Learning, ITALS ha dato vita all’ADMIS, Associazione dei diplomati dei master in italiano a stranieri. Si tratta di un’iniziativa più ambiziosa di quella del post master ITALS perché ha voluto raccordare non solo chi ha avuto un master di primo o secondo livello presso ITALS, ma anche i titolari di una formazione omologa nei 12 master italiani che, negli ultimi anni, hanno iniziato a formare personale per l’insegnamento della didattica a italiani, e cioè Master Universitari di primo livello di Bolzano, ChietiPescara/Roma 3, Genova, Milano “Cattolica”, Milano “Statale”, Perugia “Stranieri”, Siena “Stranieri”, Udine, Urbino, Venezia, nonché i Master Universitari di secondo livello di Padova, Roma “Tor Vergata”, Venezia. L’idea dell’ADMIS è una naturale conseguenza all’impegno di ITALS nel creare delle comunità di apprendimento che siano in costante aggiornamento in un campo sempre in espansione come quello della didattica delle lingue. L’apprendimento continuo è un punto basilare per chi si occupa di insegnamento e il raggruppamento dei diplomati dei master dedicati all’italiano a stranieri in un’associazione che mantiene i contatti e porta avanti iniziative d’interesse comune è la realizzazione pratica di un filo di comunicazione che unisce professionisti che necessitano di un continuo contatto tra loro. L’uso della rete è una garanzia in più che questo contatto sia perseguito e sempre attivo: grazie agli appuntamenti on line, infatti, le comunicazioni giungono a tutti e tutti posso giungere alle informazioni. L’ADMIS, perciò, è assolutamente innovativa come logica: si tratta (ed è a nostra conoscenza il primo caso) di un’associazione: 28 GRAZIANO SERRAGIOTTO - totalmente on line, in quanto on line avvengono le elezioni, le riunioni del Consiglio Direttivo; - senza quote di iscrizione, in quanto non ha spese, se non quelle della gestione del sito e del coordinamento, garantito da ITALS; - con la possibilità di espansioni “fisiche” in sezioni locali; - affidata all’autogestione degli iscritti, riservando al consiglio scientifico costituito dai responsabili dei 12 master solo una funzione di consulenza, di suggerimenti, ecc. L’ADMIS, associazione senza fine di lucro, è stata istituita il 1 gennaio 2007 ed ha sede legale presso il Laboratorio ITALS del Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il suo scopo di creare una “comunità di pratica”, a partire dalla “comunità di studio” dei vari master universitari dedicati alla didattica e diffusione dell’italiano a stranieri, è stato raggiunto con la: - creazione di una rete telematica che ospita la comunità dei soci; - creazione di un sito che contiene un bollettino periodico, materiali di formazione, informazioni professionali, i forum di cui all’art. 6; il sito è presente, tramite link, nei siti di tutte le istituzioni che partecipano all’ADMIS, nonché di altre istituzioni che si occupano della didattica e promozione dell’italiano a stranieri; - organizzazione di convegni di studio e formazione, sia in Italia sia all’estero, per valorizzare le competenze maturate; - istituzione di gruppi di ricerca e pubblicazione dei loro risultati su carta, Cdrom, documenti web, ecc. - coordinamento delle azioni per il riconoscimento e la valorizzazione del titolo di master sia in Italia sia in paesi stranieri. 1.3.3 RAIM, Rete di associazioni di italianisti nel mondo La rete di associazioni di italianisti nel mondo, è un’altra iniziativa del Laboratorio Itals sorta allo scopo di far comunicare in maniera semplice e diretta, chi si occupa di lingua e cultura italiana nel mondo. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 29 La rete, infatti, riunisce tutte le associazioni di italianisti e le scuole di italiano a livello mondiale, allo scopo di promuovere la lingua e la cultura italiana e di migliorare la qualità dell’insegnamento della stessa, attraverso un’organizzazione che fa circolare informazioni sulla didattica e sulla promozione dell’italiano. La sede legale è presso il Laboratorio Itals del Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia; la rete ha inoltre uno statuto e un rappresentate ufficiale. 1.3.4 BIG, Biblioteca italiana di glottodidattica Altra iniziativa che rispecchia l’attenzione all’aggiornamento continuo dei docenti è la BIG, Biblioteca italiana di glottodidattica. Si tratta di una raccolta on line di schede e recensioni di testi di glottodidattica italiana dal 1995 in poi. I commenti riguardano testi, saggi su riviste e raccolte, singoli capitoli di libri intesi come saggi monografici. La BIG è disponibile nel sito del Laboratorio ITALS e la ricerca dei testi è effettuabile per parole chiave riguardanti gli autori o le tematiche del pezzo. 1.4 La certificazione didattica e l’accreditamento dei docenti e delle scuole Alla fine dei suoi corsi ITALS rilascia, secondo quanto dispone la legge italiana, diplomi (nel caso dei master) o attestati nel caso di altri corsi di formazione. Tuttavia, anche per la pressante richiesta di certificazione didattica in una situazione che non prevede l’abilitazione per i docenti di italiano a non nativi, ITALS ha proposto due iniziative: la CEDILS e una sua variante, CEFILS, che “certificano” una competenza didattica di partenza, secondo un modello inaugurato da Balboni nel suo periodo di lavoro all’Università per Stranieri di Siena (la DITALS) e l’accreditamento dei docenti di italiano. 30 GRAZIANO SERRAGIOTTO 1.4.1 CEDILS e CEFILS La certificazione CEDILS e la certificazione CEFILS sono dei titoli culturali che dipendono dal prestigio dell’istituzione che li rilascia e che non hanno valore legale, anche perché attualmente non esiste una abilitazione per insegnare italiano a stranieri (a parte la SSIS Veneto che ha attivato in via sperimentazione un’abilitazione per insegnare italiano come lingua seconda, ma non come lingua straniera). La certificazione CEDILS è una certificazione della competenza in didattica dell’italiano lingua straniera o lingua seconda da ormai una decina di anni cerca di concretizzare in Italia e nel mondo l’idea di insegnante di “qualità”. Rappresenta, come si è già detto, un titolo culturale che viene rilasciato dal Laboratorio ITALS dell’Università Ca’ Foscari di Venezia in seguito al superamento di un esame sostenibile a Venezia e in sedi convenzionate sia in Italia che all’estero. Inoltre è stata attivata la certificazione CEFILS per la necessità di formare delle persone specializzate in grado di insegnare l’italiano come lingua seconda. Tale figura, definita come “facilitatore linguistico e dell’apprendimento”, si occupa di accoglienza, inserimento e formazione di persone straniere per quanto concerne la lingua e la cultura italiana. Non necessariamente devono conoscere lingua e cultura d’origine degli immigrati con i quali si trovano ad operare ma devono avere precise conoscenze dei processi legati all’apprendimento dell’italiano come L2, devono essere in grado di attivare le risorse di un gruppo eterogeneo e di rispondere in maniera professionale e consapevole alle esigenze dell’apprendente straniero e alla complessità del gruppo plurietnico. Per maggiori informazioni riguardo alle certificazioni consultate l’appendice. 1.4.2 L’accreditamento dei docenti e delle scuole Il Progetto sperimentale “ITALS per la qualità didattica” è un accreditamento didattico delle istituzioni e dei docenti che operano SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 31 nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano a studenti stranieri all’estero o/e in Italia. Si tratta di una sorta di marchio di qualità che attesta la conformità delle strutture, delle risorse umane, dei processi secondo le indicazioni che l’organo valutatore ha indicato come prioritarie per essere riconosciuti come istituzioni e/o docenti che esercitano con professionalità e qualità l’insegnamento e la promozione dell’italiano come lingua straniera o seconda. Tale progetto nasce dalla filosofia di miglioramento continuo verso l’eccellenza e si propone, oltre di accreditare gli interessati, di fornire indicazioni su come progredire e/o migliorare il proprio percorso di formazione finalizzata alla competenza nella didattica dell’italiano. Si rivolge a istituzioni impegnate nell’insegnamento della lingua italiana, siano esse scuole, università, enti, associazioni, ecc. di diritto pubblico o privato e a docenti singoli che in autonomia desiderano accreditarsi. L’organismo preposto al rilascio dell’accreditamento ha sede presso il Laboratorio ITALS; questo organo ha il compito di istruire le pratiche ed espletare le procedure relative alle richieste di accreditamento e gestire i rinnovi. L’accreditamento ha durata triennale, dopodiché si può richiedere il rinnovo. Per quanto riguarda gli ambiti presi in considerazione per l’accreditamento, essi riguardano: le istituzioni e i docenti. Il progetto ITALS Qualità esamina gli elementi relativi ai due ambiti al fine di assegnare una sorta di valutazione sulla qualità di persone e istituzioni che si occupano dell’italiano, in modo da fornire anche un riconoscimento che può essere riconosciuto come garanzia di un elevato livello di professionalità da chi si rivolge al docente o all’istituzione. 1.5 Esperienze di formazione condotte dal 1998 al 2008 dal Progetto ITALS Nell’ambito della formazione dei docenti ITALS ha formato con corsi di almeno 30 ore i seguenti docenti: 32 GRAZIANO SERRAGIOTTO Master ITALS 1° livello, nove cicli 1° livello, per formatori (1 ciclo, 2004-05) 2° livello 2 cicli Corso di perfezionamento in presenza. 10 cicli Scuola di formazione. 7 edizioni Certificazione Cedils, in Italia e all’estero Corsi propedeutici alla certificazione Cedils Progetto Alias. 7 anni, corsi telematici corsi in presenza presso scuole Corsi all’estero. 7 anni, presso Enti ed Istituzioni Formazione dei lettori di italiano per conto del MAE Corsi FSE e Grundvig TOTALE DI DOCENTI FORMATI iscritti 1310 30 64 612 199 913 350 621 2485 2135 54 128 8901 1.5.1 Corsi di formazione all’estero Il Laboratorio ITALS ha predisposto una serie di proposte formative che si rivolgono alle istituzioni. I corsi sono di 15 o di 30 ore e sono tenuti da due docenti. In alcune sedi sono stati ripetuti più volte. Argentina – Rosario, Viedma, Mar del Plata, Bariloche, Buenos Aires, Cordoba, La Plata Armenia – Erevan Australia – Sydney, Brisbane, Cairns Austria – Innsbruck Belgio – Bruxelles Brasile – Rio de Janeiro, Belo Horizonte, Porto Alegre, Florianopolis, Curitiba Bulgaria – Sofia Canada – Toronto, Montreal Cechia – Praga Cile – Santiago Cina – Pechino Equador – Quito Formosa – Taiwan Francia – Nizza, Lione Germania – Colonia, Berlino, Saarbrucken, Stoccarda Grecia – Atene, Salonicco Marocco – Casablanca, Rabat Messico – Città del Messico Moldavia – Chisenau Polonia – Varsavia, Cracovia Portogallo - Lisbona Siria – Damasco, Aleppo SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI Stati Uniti – Washington, Chicago, Boston, Miami, New York, Houston Sudafrica – Johannesburg, Durban, Cape Town, Pretoria 33 Svizzera – Losanna, Basilea, Berna Turchia – Istanbul Uruguay – Montevideo Venezuela – Caracas Vietnam – Hanoi 1.6 Il sillabo presentato in questo volume La seconda sezione di questo volume è un “sillabo”, cioè la descrizione dei contenuti degli interventi formativi per una serie di argomenti che risultano tra i più richiesti nella formazione. Si tratta di schede di riferimento, che servono a. a chi intende affidare a ITALS la formazione personale o della propria struttura, per sapere che cosa si “celi” in realtà dietro ai titoli. Quando un ente o una persona si affida a ITALS per la formazione su un dato tema, attraverso queste schede può sapere quale sarà il contenuto dei ogni singolo modulo o lezione; b. alla struttura ITALS che, dotandosi di un sillabo ufficiale, ha uno strumento per garantire che non ci sia una sostanziale differenza, se non quella legata ai tratti personali, sui contenuti offerti dai diversi formatori; c. agli stessi corsisti a vedere come saranno sviluppati i vari argomenti degli interventi, acquisendo una consapevolezza della formazione in atto e permettendo loro di interagire nell’organizzazione e nello sviluppo di ogni singolo intervento. Non offriamo una bibliografia specifica per ogni tema perché questo “fisserebbe” il progetto formativo ad una data, 2008, ignorando quel che verrà pubblicato in seguito dalla ricerca italiana ed internazionale; in appendice è comunque presente una bibliografia delle pubblicazioni concepite nell’ambito ITALS, necessariamente limitata alla data di questo volume, ma continuamente aggiornata nel sito ITALS. 34 GRAZIANO SERRAGIOTTO 2. Un sillabo per la formazione degli insegnanti di italiano a stranieri In questo capitolo si esploreranno le coordinate teoriche che regolano i nostri progetti di formazione dei docenti e si vedranno le tipologie di formazione che si sono proposte in questi anni: solo alla luce di queste riflessioni il sillabo presentato nella seconda parte del volume assume infatti significato e non si riduce ad una lista di titoli e di argomenti. 2.1 Italiano L2, LS, LE: elementi comuni e punti di divergenza Definiamo anzitutto i termini, utilizzando il Dizionario di glottodidattica on line che si trova nel sito ITALS e che quindi costituisce il punto di riferimento terminologico (il che, in un impianto scientifico, significa anche il punto di riferimento concettuale) per tutti coloro che offrono e chiedono formazione al nostro Laboratorio. Lingua Straniera (LS) L’aggettivo “straniero” indica l’italiano studiato in un contesto, un paese, in cui essa non è normalmente presente, a differenza della lingua “seconda” che invece è presente. È “straniero” l’italiano studiato in contesti in cui la nostra lingua non è parlata non solo dalla popolazione, ma neanche da una comunità di emigranti italiani o di loro discendenti (in tal caso, come vedremo, è lingua etnica). A differenza dell’italiano lingua seconda, cioè studiato in Italia, l’input linguistico in italiano LS è fornito (direttamente o con tecnologia didattica) dall’insegnante, che quindi lo organizza e lo gradua come crede. Molte attività didattiche di LS rischiano di tradursi in falsi dal punto di vista pragmatico, perché si deve usare una lingua estranea, l’italiano, tra due parlanti che invece hanno un’altra lingua in comune. Molta attenzione va quindi posta, nella LS, all’uso di tutte quelle forme di comunicazione autentica che possono essere svolte attraverso internet, skype, you tube, i blog, ecc. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 35 Seconda lingua (L2, ital2) Malgrado in inglese americano si usi spesso second come sinonimo di foreign, la lingua “seconda” è quella che lo studente può trovare anche fuori della scuola, come nel caso di un immigrato in Italia. A differenza della lingua straniera, la situazione di italiano lingua seconda (sempre più spesso definito “ital2”) prevede che molto dell’input linguistico su cui si lavora provenga direttamente dall’esterno, spesso portato a scuola dagli stessi studenti, per cui l’insegnante lavora in gran parte prendendo spunto da materiali e domande impreviste, non programmate: l’insegnante sa che dovrà intervenire sulla scelta degli ausiliari essere e avere, ma mentre quello di LS sa quando lo farà, quello di L2 non può prevedere quando arriverà spontaneamente la richiesta da parte di uno studente, o quando troverà lo spunto ed il tempo per farlo. Nella situazione di lingua seconda la motivazione è di solito immediata, strumentale, quotidiana (tranne in casi di situazioni bilingui problematiche per ragioni storico-ideologiche, come quella italianotedesco a Bolzano), mentre nella situazione di LS la motivazione va costruita quotidianamente, visto che l’italiano è una lingua “inutile”, come vengono percepite tutte le linge diverse dall’inglese. Lingua etnica (LE) Si definisce “etnica” la lingua della comunità d’origine di una persona quando questa lingua non è la sua lingua materna, ma è comunque presente nell’ambiente degli immigrati. È il caso, ad esempio, dei figli di immigrati italiani che spesso crescono in quartieri a fortissima percentuale di italiani, e quindi possono sentire l’italiano parlato in casa e tra gli amici dei genitori e in stazioni televisive locali ma senza per questo configurarsi come italiano lingua seconda. In America si tende a stabilire un’ulteriore differenza, per cui la lingua etnica può essere family language, se si tratta di famiglie immigrate e stanziate in zone in cui non ci sono altri immigrati della stessa provenienza, e community language, quando c’è una vera e 36 GRAZIANO SERRAGIOTTO propria comunità per cui la lingua etnica è effettivamente usata anche fuori di casa. Vediamo ora più in dettaglio ciò che caratterizza queste tre dimensioni; utilizziamo come base lo studio comparativo di Balboni (2006) sulle differenze tra italiano L1 ed L2. a. Processo di acquisizione e di apprendimento Lingua seconda Lingua etnica Si mira all’acquisizione Si mira all’acquisizione di una lingua che viene di una lingua che viene sentita e vissuta anche vissuta all’interno della in ambiente extrascola- comunità degli emigranstico, e che va anche ti; la componente metaappresa in termini for- linguistica è fondamentamali. le per far cogliere la differenza tra i dialetti, che spesso costituiscono la vera lingua etnica, e la lingua standard. b. Pre-conoscenze dello studente Lingua etnica Lingua seconda Il gruppo è teoricamenIl gruppo è disomogete omogeneo (anche se neo. Ogni studente conosce la dialettofonia degli una o più lingue e spes- emigranti complica il so un alfabeto diverso quadro), ma in realtà si hanno differenti livelli da quello latino, e ciò interferisce sull’italiano di competenza, e articolazioni tra competenza da acquisire. ricettiva e produttiva. Lingua straniera Si mira all’acquisizione di una lingua ignota; la componente metalinguistica è quindi poco approfondita e funge da sostegno cognitivo. Lingua straniera Il gruppo è omogeneo o nella mancanza di conoscenze pregresse sulla nostra lingua, o nella competenza dovuta a corsi precedentemente seguiti. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI c. Idea di conoscenza, di scuola Lingua seconda Lingua etnica Anche se ha un’idea Vivendo all’estero ha originaria di scuola le- l’idea locale di scuola e gata alla cultura di pro- di conoscenza, ma quevenienza, la frequenza sta può essere integrata di scuole italiane omo- da informazioni sulla geneizza nel tempo scuola italiana da parte delle famiglie e della l’atteggiamento degli comunità. studenti. d. Motivazione Lingua seconda Si basa essenzialmente sul bisogno di comunicare e sulla volontà di integrarsi in Italia Lingua etnica Può essere dovuta all’obbligo delle famiglie oppure alla libera ricerca delle radici culturali, con esisti ovviamente opposti. e. Autonomia dello studente Lingua etnica Lingua seconda Lo studente acquisisce Lo studente non è autonomo nell’acquisizione autonomamente fuori dall’aula e quindi porta perché le comunità in classe i suoi proble- spesso non parlano itami sull’italiano. liano ma dialetti, quindi in classe chiede “lumi” su queste due realtà linguistiche in contatto 37 Lingua straniera Vivendo all’estero ha l’idea locale di scuola e di conoscenza e ritiene che l’insegnamento dell’italiano debba essere coerente con il suo modo di considerare la conoscenza Lingua straniera Può essere dovuta all’obbligo delle famiglie o del curricolo locale oppure alla libera ricerca delle radici culturali, con esisti ovviamente opposti. Lingua straniera Lo studente ha l’autonomia minima di chi studia una lingua straniera e deve dipendere in toto dal modello offerto dal docente e dai materiali, anche se può avere autonomia di riflessione metalinguistica GRAZIANO SERRAGIOTTO 38 f. Supporto della famiglia Lingua seconda Lingua etnica Le famiglie spesso sono Lo studente può subire un freno, pongono linee una dannosa influenza culturali invalicabili, della varietà o del diache rallentano il lavoro letto familiare, nonché autonomo dello studen- dell’idea obsoleta che te. questi hanno dell’Italia e dell’italiano Lingua straniera Lo studente è autonomo di fronte al compito di imparare l’italiano. g. Italiano standard, italiano regionale, dialetto Lingua seconda Lingua etnica Lingua straniera Lo studente è esposto Lo studente può subire Lo studente è esposto a alla varietà regionale e una dannosa influenza materiali in italiano all’eventuale dialetto, della varietà o del dia- standard. ma dai mass media riletto familiare. ceve anche input in italiano standard. h. Ruolo del video Lingua seconda La visione, soprattutto guidata, di film e programmi televisivi costituisce fonte di acquisizione e di riflessione, ma non è necessaria per dare un’idea della cultura italiana nella quale lo studente è immerso quotidianamente. Lingua etnica Lo studente può trarre da film e programmi televisivi informazioni sulla lingua e cultura italiana d’oggi, che vanno a sostituire le visioni spesso obsolete della comunità italiana all’estero. Lingua straniera Film e televisioni integrano il corso di lingua con gli elementi culturali dell’Italia d’oggi, oltre a fornire campioni autentici di lingua. Come si vede, le differenze sono molte e sostanziali – ma ci sono anche elementi comuni: dal concetto di curricolo a quello di modelli operativi (modulo, unità didattica, unità d’apprendimento) alle linee per sviluppare la dimensione cognitiva delle varie abilità, al ruolo SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 39 della relazione all’interno della classe, al tipo di metodologie utilizzate, al concetto di verifica e valutazione, all’elaborazione di un testing, all’uso degli audiovisivi, ecc. Organizzare la formazione dei docenti in presenza di un quadro di tale complessità è possibile solo se ogni tema viene affrontato secondo due piani: a. anzitutto lavorando su quei principi e processi glottodidattici che accomunano le varie situazioni di insegnamento – non solo dell’italiano, ma di ogni lingua non nativa; b. innestando sulla parte precedente il contributo dei corsisti in formazione, che di solito provengono da realtà diverse e quindi consentono di portare ad una scoperta induttiva delle caratteristiche che abbiamo visto nello schema sopra. Un caso particolare è costituito dai corsi all’estero, in quanto gli insegnanti svolgono spesso un’azione duplice di lingua etnica e di lingua straniera – complessità di cui di solito non sono pienamente consapevoli e che quindi costituisce uno dei punti nodali di ogni progetto di formazione all’estero. Di solito partendo, prima di tutto, dalla loro esperienza personale, si riesce a fare una mappatura dei loro bisogni, si sistematizza ciò che per anni è stato fatto in modo intuitivo e che in molti casi è stato efficace, e quello che è sicuramente importante è il fatto che si rafforza la motivazione dell’insegnante: può trovare degli aiuti, delle risposte concrete ai suoi reali bisogni e in molti casi grazie ai suoi colleghi, ma quello che può essere gratificante per lo stesso insegnante è il fatto che egli stesso può diventare fonte e ricchezza per gli altri colleghi grazie all’esperienza maturata. 2.2 L’epistemologia glottodididattica di riferimento Se è vero, come abbiamo visto nel secondo paragrafo, che molte sono le differenze tra le situazioni didattiche in cui i corsisti si trovano o si troveranno ad operare, altrettanto vero è il fatto che solo in 40 GRAZIANO SERRAGIOTTO una epistemologia comune, in un’idea fondante del concetto di “insegnamento di una lingua non nativa” si possono trovare gli elementi di forza per impostare una formazione di base, preordinata rispetto all’operatività in situazione di L2, LE ed LS. L’idea di fondo della Scuola Veneziana di Glottodidattica è che questa scienza sia teorico-pratica, che quindi ci sia un’interazione continua tra la dimensione teorica e l’operatività, e che essa risulti nel punto di incontro di quattro grandi aree scientifiche: si tratta di una scienza interdisciplinare che si rifà alle scienze psicologiche, alle scienze del linguaggio, a quelle della cultura e a quelle della formazione. In riferimento alla persona che apprende avremo in modo particolare la neurolinguistica che studia come funziona il cervello (hardware), la psicologia che si occupa di come questo hardware si mette in moto, la psicolinguistica che studia come è organizzata la lingua (software) per l’acquisizione linguistica. Rispetto alla lingua che viene insegnata abbiamo la linguistica che è una scienza teorica e che mira a conoscere la natura della lingua assieme ad altre scienze del linguaggio; l’antroprologia e altre scienze della cultura e sociali, come la sociolinguistica, la pragmalinguistica, l’etnolinguistica e la comunicazione interculturale si occupano degli aspetti sociali, pragmatici, culturali legati alla lingua e alle persone, perché insegnare una lingua non significa dare solo uno strumento linguistico in astratto ma considerare il contesto in cui sono inseriti i parlanti di tale lingua. Inoltre la glottodidattica per gli aspetti legati alla natura della comunicazione, agli eventi comunicativi e alla competenza comunicativa si rifà alle scienze legate alla comunicazione, dalla semiotica alla etnografia della comunicazione. Quello che è importante sottolineare è che la glottodidattica, pur avendo un carattere fortemente interdisciplinare, non è la semplice somma delle varie aree delle scienze delle quali abbiamo sopra accennato: diventa a pieno titolo una scienza che è nuova e indipendente e trae forza proprio per il suo carattere di interazione con le altre scienze. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 41 È questa dimensione epistemologica (comune tra l’altro anche all’insegnamento della lingua materna e delle lingue classiche, quindi all’intero complesso dell’educazione linguistica) che offre il punto comune a tutte le esperienze di formazione di ITALS. Un secondo modello teorico proprio della Scuola Veneziana è quello che differenzia i tipi di conoscenza necessari in glottodidattica: Teorie di riferimento delle idee Approccio Metodo Metodologia didattica area dell’azione area della ricerca La ricerca, che l’insegnante deve conoscere, anche se spesso non la conduce in proprio, si articola in approccio, cioè una filosofia dell’educazione linguistica (che cosa è la lingua, codice formale o strumento di comunicazione?, che rapporto c’è tra norma e uso? Che cosa è lo studente: un vaso da colmare o una persona che pensa, scopre, sistematizza?, e così via), e metodo, cioè la traduzione degli assunti fondamentali dell’approccio in modelli operativi: curricolo, programmazione, ecc. L’insegnante deve conoscere il metodo che usa e cercare poi, nel grande repertorio delle tecniche didattiche, delle metodologie di gestione della classe, e così via, quel che gli serve in quella classe, in quella scuola. L’approccio di riferimento di Itals è quello comunicativo, che porta ad una definizione del sapere la lingua come raggiungimento della competenza comunicativa in italiano; essa risulta composta da quattro elementi fondamentali che, nello schema di Balboni (2008), sono: GRAZIANO SERRAGIOTTO 42 mente mondo competenza linguistica competenza extralinguistica padronanza delle abilità, saper “fare” lingua mente competenza padronanza socio-pragmatica delle abilità, e culturale, saper saper “fare con “f la”lingua” li mondo Se a livello di approccio non ci sono differenze tra i vari tipi di situazioni didattiche dell’italiano, queste emergono di più nei metodi proposti per raggiungere la competenza comunicativa, dove trovano diversa amalgama elementi che provengono dai metodi situazionali e da quelli nozionali-funzionali, con una forte componente delle metodologie umanistico-affettive, della glottodidattica ludica, degli impianti costruttivistici e collaborativi. Specifiche per le diverse situazioni sono invece le tecniche didattiche, nonché l’uso che si può fare dei materiali didattici e delle glottotecnologie. 2.3 Il profilo e la formazione dell’insegnante di lingue Accanto alle linee progettuali della formazione che si derivano dalla epistemologia glottodidattica di riferimento, che abbiamo visto SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 43 al punto precedente, altre linee provengono dalla riflessione sul profilo di un insegnante di qualità, sia nell’accezione propria degli studi di scienza della formazione sia da quella sviluppatasi in questi anni nell’ambito delle ricerche del Consiglio d’Europa che hanno condotto ad elaborare il Profilo dell’insegnante di lingua (Kelly M., Grenfell M., Allan R., Kriza C.,McEvoy W.) . Riferendoci in modo particolare al docente di italiano, a parte una conoscenza linguistica e metalinguistica, egli dovrà conoscere la cultura dell’Italia contemporanea, saper scegliere, adattare, integrare ed usare i materiali didattici, saper creare materiali didattici partendo da varie tipologie di testi autentici e avere la consapevolezza delle azioni fatte, anche attraverso le procedure della “ricerca-azione”, intesa come strumento d’intervento didattico e di autovalutazione del docente stesso e come strumento per creare e testare autonomamente materiali didattici. Nello specifico dovrà essere in grado di progettare piani educativi e attività didattiche, assumendo quindi funzioni varie e diversificate come manager, leader, tutor, guida e regista all’interno di una classe. In particolare, l’insegnante di italiano L2 dovrà gestire l’accoglienza e l’inserimento di studenti o lavoratori stranieri nei diversi contesti e conoscere i principi dell’educazione e della comunicazione interculturale. Come emerso, insegnare una lingua straniera o seconda richiede un molteplice impegno da parte dell’insegnante, il quale non deve essere solamente a conoscenza delle lingua, ma deve anche possedere gli strumenti per insegnarla. Considerando poi, che la lingua non è una realtà statica, ma in continua evoluzione, sia dal punto di vista della forma, ma anche del suo ruolo all’interno della società, il docente necessita di essere puntualmente aggiornato sulle strategie e metodologie che gli permettano di rispondere in maniera appropriata alle esigenze educative. Da qui deriva la basilare importanza di una formazione continua, che porti ad avere docenti esperti. L’insegnante di lingue di qualità è, difatti, un insegnante esperto di glottodidattica. 44 GRAZIANO SERRAGIOTTO Come indica Balboni (2002, 2006), la glottodidattica è caratterizzata dal suo collocarsi all’intersezione tra quattro aree disciplinari (scienze del linguaggio e della comunicazione, scienze psicologiche, scienze della cultura e della società, scienze dell’educazione e della formazione) dalle quali l’insegnante deve saper cogliere l’interdisciplinarietà e le implicazioni adatte al suo lavoro. Per riuscire a comprendere questa operazione l’insegnante necessita di essere guidato nella conoscenza degli elementi fondamentali delle suddette discipline legati all’insegnamento delle lingue e alla loro applicazione più efficace nella didattica quotidiana. Il ruolo del formatore consiste proprio in questo, ovvero nel portare concetti fondamentali teorici e analizzare il loro utilizzo nell’ambito della didattica quotidiana, mettendo a disposizione degli insegnanti la propria ricerca, le proprie esperienze e le sperimentazioni sul campo. Si deduce, quindi, come la glottodidattica sia una scienza pratica e non prettamente teorica, in quanto interdisciplinare e fondata sia su scienze teoriche che pratiche dalle quali ricava informazioni e implicazioni utili alla risoluzione dei problemi ipotizzati (in questo caso: come insegnare una lingua). Le scienze pratiche si distinguono, infatti, per la ricerca di soluzioni a problemi che necessitano una risposta scientifica. Come spiegato da Balboni, “nella prospettiva della glottodidattica come scienza pratica interdisciplinare il soggetto è un glottodidatta (lo studioso o l’insegnante), il quale definisce il problema (“devo insegnare l’italiano”) e per poterlo risolvere si rivolge a più scienze (teoriche, applicate, pratiche) per coglierne le implicazioni utili alla soluzione. Il suo scopo non è quello di “conoscere” ma quello di “risolvere”, anche se per risolvere deve conoscere, così come il medico non si limita a conoscere l’anatomia o la chimica ma le usa per curare, per risolvere il problema della persona malata o per evitare che si ammali”. Sempre riprendendo Balboni, “le quattro (e, ripetiamo, tutte e quattro, non una scelta a piacere) grandi aree di conoscenza che abbiamo sintetizzato sopra divengono “glottodidattica” nel momento in cui vengono integrate, non solo giustapposte l’una accanto all’altra. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 45 Formare insegnanti di italiano come lingua seconda significa fornire loro le mappe concettuali di queste aree, presentare loro l’intero panorama delle conoscenze disponibili.” La formazione degli insegnanti di lingua, ha il compito di trasmettere conoscenze fondamentali riguardanti gli aspetti più peculiari che entrano in gioco in un processo di insegnamento/apprendimento di una lingua, attraverso anche la condivisione di metodologie, strategie, strumenti e materiali che forniscono un supporto importante all’acquisizione dei discenti. L’obiettivo dell’insegnante di lingua è, infatti, quello di formare studenti competenti, autonomi, che siano in grado di agire attivamente con la lingua e di instaurare degli scambi relazionali attraverso il linguaggio, in maniera tale da autopromuoversi nel campo dell’educazione, del lavoro e dell’inserimento sociale. Lo scopo dell’insegnamento riflette, perciò, la politica linguistica europea, la quale mira ad avere cittadini attivi che sviluppino tra loro relazioni. L’Unione Europea già da tempo ha riconosciuto il ruolo fondamentale delle lingue (vedi il White Paper: “Teaching and Learning: Towards the Learning Society”, 1995) e di conseguenza della formazione dell’insegnante. Ricerche finalizzate all’argomento, come “The Training of Teachers of a Foreign Language: Developments in Europe” del Directorate-General for Education and Culture hanno riportato che: the quality of language teacher education could be improved by giving language teachers access to a common core of knowledge, skills and values. It envisaged a shared body of concepts, terms and analytical tools for language teacher education. Per arrivare a ciò e per essere, quindi, competenti in Europa, gli insegnanti di lingue hanno assoluto bisogno di essere aggiornati sulle conoscenze e sugli strumenti che gli permettano di raggiungere tali obiettivi con i propri studenti; la formazione continua rappresenta, di conseguenza, una realtà sentita e necessaria. 46 GRAZIANO SERRAGIOTTO Tale concetto di partecipazione attiva, fa trasparire un’interpretazione della competenza linguistica incentrata sulla comunicazione e sull’agire con le proprie competenze; il ruolo dell’insegnante richiede, perciò, la padronanza delle strategie per fornire agli studenti gli strumenti e le strategie per usufruire in maniera attiva delle proprie abilità e competenze. Naturalmente l’insegnante per riuscire a dare indicazioni sulle strategie e gli strumenti adeguati, deve perseguire un’attenta analisi dei bisogni dei discenti. La formazione dell’insegnate di lingua, prevede anche la condivisione di linee guida per attuare analisi dei bisogni appropriate che portino, poi, alla scelta di metodologie didattiche adatte. Il formatore deve essere in grado di indicare agli insegnanti cosa prendere in considerazione nell’analisi dei bisogni e come tenere conto delle esigenze e delle variabilità dei discenti in funzione del progetto formativo da attuare. La formazione dell’insegnante di qualità riguarda, per cui, ogni aspetto del processo di insegnamento/apprendimento, dall’analisi dei bisogni e la programmazione iniziale, alla valutazione degli apprendimenti nonché dei processi e dei progetti che hanno portato all’apprendimento. Formare docenti di lingua comprende, difatti, l’indirizzare verso la realizzazione di progetti (come ad esempio percorsi CLIL) che coinvolgano particolari metodologie ed obiettivi per lo sviluppo delle competenze; la formazione riguardante progetti comprende l’indicazione di linee guida per l’attuazione degli stessi e per la valutazione degli esiti. Tale percorso formativo può inoltre proseguire con il monitoraggio dei processi realizzati, risultante in una loro analisi, valutazione e revisione. È chiaro come più aspetti concorrano nella sfera d’azione dell’insegnante di lingue e come costui debba essere in grado di gestire diverse aree dell’insegnamento per educare cittadini attivi. La semplice conoscenza della lingua non basta, sono necessarie ulteriori competenze per affrontare con successo un percorso di insegnamento efficace e qualitativamente importante. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 47 Come sostiene Margiotta (2008), difatti, il profilo dell’insegnante deve essere costituito dall’integrazione di più dimensioni: - la dimensione culturale - la dimensione psico-pedagogica - la dimensione metodologica e didattica - la dimensione della pratica riflessiva - la dimensione relazione e sociale - la dimensione organizzativa. Attraverso l’azione trasversale a queste dimensioni, l’insegnante può creare un ambiente di apprendimento favorevole ad una acquisizione costruita, pensata, collaborativa ed attiva. Si percepisce, da quanto detto, come la formazione sia fondamentale per l’insegnante di lingue, il quale, per realizzare i suoi obiettivi deve essere competente in più campi; la figura del docente di lingua è, perciò, una figura complessa da formare, che richiede competenze specifiche in più aree. La complessità di tale ruolo è ancora più marcata se si considera il fatto che l’insegnate usa la lingua come obiettivo e come mezzo per portare il discente a conoscere un’altra cultura. Un obiettivo prioritario riguarda, infatti, l’educazione al plurilinguismo, all’apertura all’intercultura attraverso la lingua e il docente è tenuto a fornire i mezzi affinché tale traguardo sia raggiunto. Di più, l’insegnante di italiano oltre a possedere una competenza specialistica e saper collegare lingua e cultura, deve essere in grado, nel caso dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda in ambito scolastico, di veicolare le discipline. L’insegnante di italiano L2 deve lavorare in interdisciplinarietà, occupandosi di far acquisire allo studente le competenze necessarie per la comunicazione di base prima e per la lingua dello studio poi. Come afferma Balboni, un docente di qualità di lingue, deve fungere da interprete tra Italia ed altri paesi, in modo che lo scambio non sia sol linguistico, ma rivolto anche ad altre aree disciplinari, onde trasformare la lingua straniera in strumento veicolare. Anche in questo caso la formazione del docente si rende necessaria, in modo da informare sugli strumenti specifici per questa partico- 48 GRAZIANO SERRAGIOTTO lare situazione, in cui egli è chiamato a fornire agli studenti la chiave d’accesso prioritaria per l’inserimento scolastico. Il contesto dell’italiano come lingua seconda richiede, perciò, l’utilizzo di specifiche metodologie sulle quali l’insegnante necessita di essere formato. Sia in ambito di lingua straniera che di lingua seconda le conoscenze che caratterizzano l’insegnante di qualità si rivelano piuttosto specifiche e decisamente fondamentali e, per questo motivo, i percorsi di formazione si dimostrano particolarmente utili, se non necessari. Il fine è quindi quello di formare professionisti in grado di proporre un insegnamento competente, basato sulla padronanza di teorie, metodologie e strumenti che supportino in maniera valida il processo di apprendimento linguistico. Il Laboratorio ITALS condivide tale scopo e mira con le sue proposte di formazione, alla diffusione di docenti di qualità, rispettando così anche le indicazione europee riguardanti il Profilo Europeo dell’insegnante di lingue, il quale, nato con lo scopo di “summarise the principles of foreign language teacher education, focusing on the structure, content and values of teacher education” indica le competenze e gli ambiti di competenza di un insegnante di lingue elencando: - The core linguistic, pedagogical and methodological skills required for language teachers to be effective in a European context. - Other aspects of professional competence, for example, European citizenship, the psychology of learning, the philosophy of education, the teacher as manager, and ICT. - The characteristics of a good foreign language teacher and effective classroom teaching strategies to promote learner motivation and take account of differences between learners and different learning contexts. - Teachers’ career development from newly qualified to advanced and expert status. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 49 Alcuni aspetti essenziali in esso inclusi, considerati come competenze irrinunciabili per l’insegnante, riguardano: - studi accademici - esperienze - aggiornamento/formazione continua con modalità modulari e flessibili - insegnamenti sull’approccio interculturale e multiculturale - scambio internazionale di esperienza e informazioni - partecipazione a progetti educativi - specializzazione in glottodidattica - uso delle nuove tecnologie per l’insegnamento, l’aggiornamento e la ricerca di risorse - formazione nella valutazione. Il Laboratorio ITALS si ritrova nei concetti evidenziati dal Consiglio d’Europa e in particolar modo condivide, come si evince dalle convinzioni ed esperienze esplicitate in questo volume, la descrizione del profilo dell’insegnante di lingue tracciata dall’EAQUALS – European Association for Quality Language Services (North B., Malateva G., 2007). Tale profilo è descritto attraverso tre stadi di competenza, i quali riflettono il percorso di un’insegnante professionista e vanno da una conoscenza globale degli aspetti legati all’insegnamento ad una padronanza approfondita e una specializzazione in alcune aree tematiche. Il profilo è inoltre diviso in quattro categorie fondamentali che rappresentano le conoscenze e competenze fondamentali che contraddistinguono un docente di qualità, esse riguardano: - lingua - formazione - competenze fondamentali - abilità complementari. I tre stadi descritti si intersecano con queste quattro categorie in quanto un docente può avere un alto livello di competenza che deriva 50 GRAZIANO SERRAGIOTTO dall’esperienza di classe, ma una formazione ancora non ben definita o viceversa. Per quanto riguarda la lingua, gli indicatori inseriti nel profilo, includono la padronanza della lingua, che ovviamente riguarda i parlanti non nativi, ma anche la conoscenza delle strutture della lingua, che include parlanti nativi e non nativi. Nella formazione rientrano: studi specifici, tirocinio ed esperienza di insegnamento. Le competenze riguardano: conoscenze e abilità metodologiche, progettazione di lezioni e corsi, gestione dell’interazione in classe e controllo delle attività, valutazione. Tali competenze sono sviluppate soprattutto con l’esperienza e la partecipazione a corsi di formazione, per questo l’EAQUALS propone agli insegnanti di autovalutarsi con l’ausilio di un portfolio che includa le voci principali riguardanti le loro necessità, come ad esempio: - gestione della classe - sensibilità e consapevolezza interculturale - conoscenze linguistiche - progettazione corsi - delineazione obiettivi - caratteristiche dell’apprendimento - sensibilità verso le problematiche dei discenti - tecniche di insegnamento - valutazione - modalità di controllo e feedback. Riguardo le abilità complementari, esse fanno riferimento alla capacità dell’insegnante di sviluppare la sua formazione (con corsi, scambi con colleghi, gestione di gruppi di lavoro) e alla sua alfabetizzazione informatica in funzione dell’insegnamento. Anche per queste abilità l’EAQUALS suggerisce un’autovalutazione che includa anche altre voci, quali, ad esempio: - gestione delle persone - amministrazione scolastica - controllo e gestione della qualità - testing linguistico. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 51 Il profilo del docente di lingue tracciato dall’EAQUALS, riflette molto l’idea di insegnante sviluppata da ITALS, che si propone, con la sua formazione, di far raggiungere agli insegnanti questi standard di qualità che fanno la differenza nel valore della loro professione. Le competenze, conoscenze e abilità descritte, riguardano e coincidono inoltre con ciò che la certificazione CEDILS proposta dal Laboratorio ITALS (vedi paragrafo 1.4.1) mira a verificare nei candidati a cui è somministrata. È chiaro quindi, come alla luce delle ricerche ed esperienza maturate a livello europeo (le quali come abbiamo visto sono in accordo con quelle delineate dal gruppo ITALS) il docente di lingue abbia la necessità di una formazione mirata ed approfondita se desidera inserirsi in un’ottica di qualità e professionalità. 2.4 La formazione online Molti dei punti sopraelencati riguardanti il Profilo dell’insegnante di lingua delineato dalla Commissione Europea, si realizzano nella formazione online proposta dal Laboratorio ITALS. La fruizione della rete per la formazione dei docenti si è rivelata una strategia vincente, grazie ai numerosi vantaggi ad essa collegati, primo fra tutti quello di superare le distanze, fornendo corsi modulari e flessibili basati sull’interazione tra docenti dislocati in tutto il mondo. La formazione online permette, infatti, di riunire a livello mondiale docenti/corsisti in una comunità virtuale caratterizzata dell’approccio costruttivista, in cui i corsisti, partendo dal materiale di studio e dagli stimoli di riflessione forniti dai tutor, interagiscono scambiandosi opinioni ed esperienze, dando vita così ad una costruzione del sapere basata sullo scambio di relazioni. Tale collaborazione riflette la necessità, delineata dal Consiglio d’Europa, di uno scambio internazionale di esperienze e informazioni, reso possibile, in questo caso, da un apprendimento realizzato online. L’utilizzo delle nuove tecnologie, auspicato anche dalla Commissione Europea, è entrato a far parte delle pratiche dell’insegnante già 52 GRAZIANO SERRAGIOTTO da tempo, prima attraverso i materiali didattici, poi per le offerte formative e la reperibilità di materiali autentici. La familiarità con questi mezzi ha aumentato notevolmente le possibilità del docente, rendendolo più autonomo nella ricerca di materiali, nella partecipazione a forum o liste di discussione e nella frequenza dei corsi di formazione. Come spiegato da Balboni (Balboni, Margiotta 2008) “l’impianto formativo è duplice, da un lato trasmissivo, ad esempio nelle raccolte di studi; dall’altro costruttivistico, laddove gruppi di insegnanti interagiscono partendo da un saggio o da un “evento scatenante” (per riprendere lo schema di Garrison, usato da Celentin 2007 per analizzare le dinamiche nella formazione online di docenti di lingue) e poi confrontando e mettendo in comune il loro modo di affrontare quel particolare problema, fino a giungere ad una posizione che realizza appieno l’idea di G. Trentin di una particolare “condivisione delle conoscenze” che è resa possibile proprio dai meccanismi comunicativi che si attuano in rete (Trentin 2004)”. I compiti principali dell’insegnante saranno perciò, come delineato da Dolci (2008): a. sviluppare i contenuti come oggetto di studio, b. fornire gli strumenti relazionali e di mediazione che consentono la partecipazione a una comunità . Considerato, poi, che l’obiettivo dell’insegnante di lingue è quello di avere studenti attivi all’interno di una comunità, è fondamentale che egli ne faccia parte, almeno per un periodo. Tale facilitazione tecnologica supporta notevolmente il processo di life long learning dell’insegnante di lingue, in quanto vengono messe a disposizione una serie di proposte formative usufruibili continuamente, grazie alla possibilità di scegliere il periodo più adatto, rispetto alle proprie esigenze, per collegarsi alla rete e frequentare uno o più corsi. La formazione continua rappresenta un mezzo per arrivare alla qualità e l’online si propone come potente supporto per tale processo. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 53 La flessibilità, la modalità e anche la convenienza di questo strumento garantiscono una soddisfazione delle esigenze dell’insegnante, che necessita di essere libero negli orari di lavoro, nella distribuzione nel tempo della sua formazione e dell’investimento per essa. Tale concetto di libertà assume un significato ancora più ampio, se interpretato anche come libertà di spazio, in quanto, come precedentemente accennato, la rete supera le distanze permettendo al corsista da una parte di scegliere un ente di formazione lontano dalla sua locazione e, dall’altra, di riunirsi e interagire con colleghi che operano in tutto il mondo. Questo scambio di conoscenze ha un valore basilare per il docente di lingue, che, come già affermato, utilizza la lingua per far conoscere una cultura e, perciò, è assolutamente utile che sperimenti un approccio multiculturale in prima persona; inoltre le piattaforme online offrono le possibilità di lavorare in gruppo, dando vita ad un approccio collaborativo che, come noto, fortifica la costruzione della conoscenza. La formazione online, inoltre, migliora le competenze informatiche del docente, che al giorno d’oggi è continuamente chiamato ad utilizzare le tecnologie se desidera condividere e usufruire dei mezzi più conosciuti dai suoi studenti e che costituiscono un supporto non solo didattico, ma anche motivante e accattivante. Come riassume Celentin (2008), i maggiori cambiamenti introdotti dalle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione riguardano: - il passaggio da un sapere oggettivo a un sapere costruito - il passaggio da una società industriale a una società conoscitiva. L’aumento della diffusione via web di offerte formative registrato negli ultimi anni dimostra come i vantaggi elencati siano stati fortemente percepiti dagli insegnanti che spesso prediligono questo mezzo per il loro aggiornamento rispetto a prolungati corsi in presenza. L’esperienza di ITALS nella formazione online testimonia la validità di questo mezzo che, in alcuni casi, ha sostituito la formazione in presenza. 54 GRAZIANO SERRAGIOTTO I risultati ottenuti in termine di acquisizione delle competenze, fanno trasparire l’utilità e la qualità delle modalità adottate; il numero di insegnanti annualmente coinvolti in questo tipo di formazione palesa i vantaggi di fruizione di questo sistema. Questo deriva anche dal fatto che le figure coinvolte nella progettazione e nella gestione dei corsi online all’interno del Laboratorio ITALS sono esperte di glottodidattica e di formazione online, le quali costruiscono percorsi ad hoc per l’aggiornamento e la specializzazione degli insegnanti di lingue. La formazione online condivide le finalità di formazione descritte precedentemente: avere docenti esperti è, perciò, l’obiettivo prioritario per un ente serio, che rifletta la politica linguistica europea. PARTE SECONDA SCHEDE TEMATICHE PER LA FORMAZIONE 1. Il contesto politico e istituzionale 1.1 La politica linguistica dell’unione europea PAOLO E. BALBONI La storia dell’intervento europeo (inteso sia come Consiglio d’Europa, sia come Commissione) nel settore delle lingue si articola in una serie di interventi precisi che mostrano l’esistenza di una politica coerente da almeno 40 anni, e che costituiscono una cornice potenzialmente favorevole alla diffusione dell’italiano. Le sei iniziative principali della politica linguistica europea sono: a. il Progetto Lingue Moderne, portato avanti dal Consiglio d’Europa negli anni Sessanta-Ottanta, è indirizzato al mondo dei glottodidatti: progettisti di curricoli, autori di materiali didattici, insegnanti; è un progetto datato, ma la creazione di Livelli Soglia continua ancor oggi; b. l’art. 126 (oggi 149) del Trattato di Maastricht: si prende atto del valore della pluralità linguistica e si stabilisce che ogni cittadino europeo ha diritto all’istruzione nella propria lingua materna e in due lingue straniere – con l’eccezione del Regno Unito e della Repubblica d’Irlanda che possono limitarsi ad una sola lingua straniera; il “diritto” di cui parla il Trattato è un diritto costituzionale, in quanto il Trattato è stato inserito in ogni costituzione degli Stati Membri; c. i libri Bianco e Verde di Delors e Cresson sono testi strategici della Commissione degli anni Novanta; vi si disegna il futuro europeo in termini di “società della conoscenza” e si mettono le basi per l’accordo di Bologna, fondamentale per l’integrazione della formazione universitaria europea, e per la “Dichiarazione di Lisbona”, che traccia le linee – utopiche? – di sviluppo europeo: sono tutti documenti in cui il problema linguistico è fondamentale e viene definito indispensabile per il raggiungimento degli obiettivi strategici; d. negli stessi anni Novanta, il Consiglio d’Europa lavora al Quadro Comune, che rispetto al Progetto Lingue Moderne di vent’anni prima ha una fondamentale differenza: il problema della forma- 58 GRAZIANO SERRAGIOTTO zione plurilingue dei giovani cittadini europei viene allargato divenendo un problema politico e sociale, riguarda tutti, dal genitore al Ministro dell’Istruzione; e. le iniziative recenti, in cui la Commissione avoca sempre più a sé la politica linguistica, che gli stati membri sembrano riottosi ad applicare, visti i costi e le difficoltà di realizzazione: il Piano d’Azione 2004-2007, promulgato dalla Commissione Europe nel luglio del 2003, indica una serie di punti da raggiungere, che vengono abbondantemente finanziati ma sui quali gli stati dovranno rendicontare dettagliatamente, pena multe economiche; la “Nuova generazione “ di programmi europei per il 2007-2013, decisa dalla Commissione nel luglio del 2004: Erasmus, Socrates, Leonardo, Comenius, ecc. sono iniziative con cui si forma una classe dirigente plurilingue e interculturale; il Quadro Strategico per il Multilinguismo nel novembre del 2005 in cui si afferma che la differenza linguistica e culturale è valore fondante dell’Unione, che non ci sarà un melting pot europeo, e si indicano tappe, processi, finanziamenti per la diffusione delle lingue intese non solo come problema educativo (e come tale lasciato alla gestione riottosa dei singoli stati) ma come problema economico e giuridico (e quindi affidato alla Commissione). È il totale cambiamento di prospettiva: Bruxelles avoca a sé la gestione della politica linguistica 1.2 Il quadro comune europeo e il portfolio MARCO MEZZADRI Il Quadro comune di riferimento per le lingue, documento promosso dal Consiglio d’Europa, ha aperto nuovi orizzonti all’insegnamento delle lingue straniere a livello internazionale, oltre i confini dell’Unione europea. Esso sta dando un contributo di storica importanza alla possibilità di inquadrare l’apprendimento-insegnamento delle lingue come sistema, abbracciando tutti gli operatori del settore: dagli studenti e SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 59 docenti, ai responsabili delle politiche linguistiche, dagli autori di testi e materiali didattici a chi si occupa di certificazione. Il Quadro non è uscito dal cilindro di un prestigiatore, ma è frutto di decenni di ricerca nell’ambito della didattica delle lingue e di programmazione delle linee di politica linguistica in Europa. Oggi questo documento si pone come un punto di riferimento per tutti coloro che si occupano di apprendimento-insegnamento delle lingue straniere. L’italiano insegnato in Italia o all’estero come L2 o LS non fa eccezione. Grazie al Quadro, inoltre, ciò che si fa in Italia o all’estero per l’insegnamento dell’italiano o per l’insegnamento di un’altra lingua straniera diventa più trasparente: si può parlare con un collega che insegna la stessa lingua o un’altra lingua e capirsi meglio. Capire ad esempio un po’ meglio i riferimenti ai livelli di competenza linguistica raggiunta dagli studenti, ecc. Il programma di formazione che si propone può essere articolato in una o più lezioni e mira a dare le coordinate di base su che cos’è il Quadro, oltre a sviluppare riflessioni su un suo possibile utilizzo all’interno dell’istituzione scolastica o accademica e quindi della classe. A seguire elenchiamo i contenuti del programma di formazione: a. il contesto politico-educativo del Quadro; b. competenze generali e competenze linguistico-comunicative; c. contesto d’uso della lingua, temi, compiti e scopi della comunicazione; d. attività e strategie di comunicazione linguistica; e. i processi di apprendimento linguistico; f. le coordinate metodologiche del Quadro; g. scenari curriculari e il Quadro; h. i livelli comuni di riferimento e la valutazione; i. le certificazioni internazionali e il Quadro; j. il Quadro in classe: riflessioni su una fruizione didattica del documento. 60 GRAZIANO SERRAGIOTTO 1.3 Storia dell’italiano L2 in Italia ALBERTA NOVELLO L’interesse dell’italiano come lingua seconda nasce con il convegno “L’italiano come lingua seconda in Italia e all’estero”, tenutosi a Roma nel 1982. Tale congresso aveva lo scopo di rendere noti i risultati di una ricerca sui pubblici d’italiano come lingua straniera nel mondo, la quale fu commissionata dal Ministero degli Affari Esteri all’Istituto per l’Enciclopedia Italiana. Fu di seguito istituita la Commissione Nazionale per la Lingua e la Cultura Italiana che, come prima iniziativa, propose l’elaborazione di una certificazione della lingua italiana. Le Università per Stranieri di Siena e Perugia e l’Università Roma Tre realizzarono ognuna un proprio modello di certificazione e, nel 1994, le tre università furono riconosciute dal Ministero degli Affari Esteri come Enti certificatori ufficiali, ai quali, dal 2001, si è aggiunta anche la Società Dante Alighieri di Roma. Il Ministero degli Affari Esteri nel 1997 ha proposto il documento “Sistema coordinato delle Certificazioni dell’Italiano per Stranieri” per esporre le corrispondenze tra il livello linguistico richiesto e alcuni ruoli professionali ed educativi; a questo progetto hanno partecipato le tre università riconosciute nel 1994 le quali hanno affiancato ad ogni ruolo proposto il livello di certificazione richiesta. Attualmente, in Italia le certificazioni ufficiali di italiano come lingua straniera sono quattro: - CILS, rilasciata dall’Università per Stranieri di Siena; - CELI, rilasciata dall’Università per Stranieri di Perugia; - PLIDA, rilasciata dalla Società Dante Alighieri di Roma; - IT, rilasciata dall’Università Roma Tre di Roma. Tali certificazioni sono riconosciute dal Ministero degli Affari Esteri e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica. I destinatari delle certificazioni sono tutti i cittadini stranieri (compresi gli italiani residenti all’estero e gli immigrati in Italia) in- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 61 teressati a un documento ufficiale che attesti la loro competenza nella lingua italiana. La certificazione CILS dell’Università per Stranieri di Siena, certifica sei livelli di competenza linguistica, corrispondenti a livelli delineati dal Quadro comune europeo di riferimento del Consiglio d’Europa. Gli esami di livello intermedio e avanzato (da B1 a C2) sono divisi nei moduli: adulti in Italia adulti all’estero ragazzi all’estero; mentre i livelli A1 e A2 sono suddivisi per più moduli e cioè: - immigrati adulti in Italia - bambini, figli di immigrati in Italia, di età compresa tra i sei e gli undici anni - ragazzi, figli di immigrati in Italia, di età compresa tra i dodici e i quindici anni - stranieri adulti con tipologie linguistiche lontane dall’italiano (asiatici) - ragazzi, figli di emigrati italiani all’estero, di I e II generazione, di età compresa tra gli otto ed i quindici anni - ragazzi stranieri di origine italiana, di III, IV e V generazione, di età compresa tra gli otto e i quindici anni. Anche il CELI, Certificato di conoscenza della lingua italiana dell’Università per Stranieri di Perugia, certifica sei livelli di competenza linguistica che corrispondono ai sei livelli del Quadro comune europeo di riferimento. Il LIVELLO A1 si divide in due tipologie di certificazione: “italiano generale” e “immigrati adulti con scarsa scolarizzazione”. La certificazione PLIDA, della Società Dante Alighieri di Roma attesta la competenza della lingua italiana secondo una scala di sei 62 GRAZIANO SERRAGIOTTO livelli che vanno, come per le due precedenti certificazioni, dal livello A1 al livello C2 del Quadro comune europeo di riferimento. È stato inoltre aggiunto il certificato PLIDA JUNIORES, Certificazione della Lingua Italiana per Adolescenti, destinato a ragazzi di età compresa tra i tredici e i diciotto anni. L’Università di Roma Tre rilascia, invece, tre tipologie di certificazione: - Ele.IT, che corrisponde al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento; - Int.IT, che certifica la competenza linguistica a livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento; - IT, corrispondente al livello C2 del Quadro comune europeo di riferimento. 2. Lo sviluppo della competenza comunicativa 2.1 La competenza comunicativa PAOLO E. BALBONI Si deve subito notare che il concetto di “competenza” supera quello mero di “conoscenza”. Lo scopo dell’insegnamento dell’italiano non è sviluppare la conoscenza della nostra lingua (scopo che può invece essere proprio di uno studioso di linguistica, che vuole sapere come funziona questa lingua particolare, magari per compararla con altre lingue della stessa famiglia romanza), bensì raggiungere la competenza nella comunicazione in italiano: saper usare la lingua, non saper parlare della lingua – scopo specifico solo per livelli alti, in cui alla competenza si aggiunge la riflessione metalinguistica. Quindi la competenza comunicativa costituisce la meta glottodidattica, mentre la conoscenza dell’italiano è una meta di linguistica teorica. Le “mete” sono le finalità dell’educazione (da non confondere con gli “obiettivi” dell’istruzione): nell’educazione generale esse so- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 63 no legate all’io (autopromozione), alla relazione (socializzazione), al rapporto con il mondo (culturizzazione); nell’educazione linguistica abbiamo due mete specifiche: la Competenza Comunicativa e la Competenza Matetica, meglio nota come “imparare ad imparare”. La Competenza Comunicativa è visualizzabile con una piramide a quattro facce: a. saper fare lingua, quindi saper realizzare le due abilità ricettive, le due abilità produttive, l’abilità internazionale e tutte le abilità integrate. Ogni abilità ha due livelli: un livello profondo (ad esempio i meccanismi di comprensione, di pianificazione dei testi, ecc.: si tratta di sviluppo cognitivo, non linguistico) e un livello di superficie, linguistico; lo sviluppo della comprensione o della produzione in italiano sono compiti del docente di questa lingua, mentre lo sviluppo profondo delle abilità è compito dell’intero sistema educativo; b. saper fare con la lingua, cioè tutta la dimensione sociopragmatica, quella delle funzioni (personale, interpersonale, regolativa, referenziale, poetico-immaginativa, metalinguistica), ciascuna delle quali si realizza in atti linguistici (salutare, ringraziare, ecc.), spesso svolti in registri differenti; c. sapere la lingua, cioè le grammatiche: fonologica, ortografica, morfosintattica, lessicale, testuale. Le grammatiche non vanno viste come sistemi di regole, di norme, ma come meccanismi di funzionamento della lingua italiana; d. sapere i linguaggi non verbali che accompagnano spesso la lingua: cinesica, prossemica, oggettemica, vestemica, ecc. In alcuni casi può essere necessario informare gli studenti del differente valore di gesti, vestiti, status symbol, ecc., ma più che altro si tratta di sensibilizzare al valore di questi linguaggi, spesso trascurati in quanto l’attenzione si focalizza sulla lingua. Questo modello di Competenza Comunicativa richiede, perché la piramide non si frantumi, uno sviluppo graduale ed armonico di tutte le componenti: ad esempio, non si può lavorare sull’aspetto funzionale e pragmatico dimenticando che ogni funzione privilegia alcune grammatiche rispetto ad altre, certo lessico, e così via. 64 GRAZIANO SERRAGIOTTO 2.2 Curricolo di italiano per stranieri; sillabo, programma, curricolo PAOLO E. BALBONI Si tratta di una lezione che fa da quadro di riferimento in classi di livello avanzato oppure in contesti in cui il curricolo di italiano come L2, LS o LE è ancora in fase di definizione. La lezione tratta anzitutto la differenza tra i termini presenti nel titolo: a. sillabo, che è un elenco di contenuti; b. programma, che è spesso una filosofia, un manifesto pedagogico o glottodidattico, spesso accompagnato da un sillabo; c. curricolo, che è un progetto glottodidattico che indica mete, obiettivi, metodologie, contenuti come “competenze” (vedi Competenza comunicativa) oltre che come “conoscenze”. È la traduzione base di un “approccio”, di una filosofia glottodidattica, in un “metodo”, un progetto operativo per l’insegnamento di una lingua. Un curricolo di italiano per stranieri è quindi un testo che indica: a. le mete dell’educazione in generale, che non possono essere negate o inficiate o rallentate dall’attività glottodidattica – anzi: vanno sostenute anche nell’insegnamento/apprendimento dell’italiano: esse sono legate all’io (autopromozione, ad esempio diventando autonomi nella riflessione linguistica, nell’imparare ad imparare lingua), alla relazione (socializzazione, con tutta la dimensione comunicativa dell’italiano), al rapporto con il mondo (culturizzazione, con quel che questo significa di conoscenza della e atteggiamento verso la cultura italiana e il suo rapporto con quella d’origine); b. le mete dell’educazione linguistica, cioè quelle glottodidattiche: le varie componenti della competenza comunicativa in italiano; c. la progressione dell’approfondimento delle varie componenti della competenza comunicativa per ogni periodo del corso (moduli, livelli, anni, ecc., a seconda dei modelli organizzativi); d. le metodologie consigliate per acquisire, sviluppare, verificare la competenza raggiunta; SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 65 e. il contributo delle tecnologie glottodidattiche e di altri aspetti peculiare della didattica delle lingue straniere, agli scambi virtuali a quelli reali, all’uso veicolare dell’italiano per insegnare altre materie e così via. Un curricolo è quindi un progetto complesso où tout se tient, ed è molto più indicativo della natura di un corso di quanto non sia il semplice sillabo. 2.3 Abilità di comprensione: natura, tecniche MADDALENA ANGELINO Insegnare a comprendere una lingua straniera significa sia rendere consapevoli gli studenti dei processi che sottostanno alla comprensione sia guidarli nell’uso delle strategie di comprensione adeguate. La comprensione scaturisce dall’interazione di tre fattori: a. la expectancy grammar: il termine è stato da coniato da Oller (1979), indica la capacità di prevedere globalmente e simultaneamente quanto può essere detto o scritto in una determinata situazione attraverso la formulazione di un’ipotesi che verrà poi confermata, modificata o smentita attraverso l’ascolto o la lettura. La expectancy grammar consente di fare previsioni anche in relazione al lessico che può essere usato parlando di certi argomenti, al tipo di testo (narrativo, istruttivo ecc.) e al genere comunicativo (barzelletta, conferenza ecc.) che sta per realizzarsi; b. l’enciclopedia: la conoscenza del mondo condivisa dai parlanti, organizzata in script (copioni di comportamento) e campi semantici prevedibili; c. la competenza comunicativa legata al grado di sviluppo dell’interlingua. Gli scopi di chi ascolta o legge sono determinanti nell’attivazione delle strategie di comprensione. A seconda degli scopi che ci si prefigge conviene attivare la: - comprensione estensiva, globale, skimming; 66 GRAZIANO SERRAGIOTTO - comprensione mirata e selettiva, scanning, per ricavare i dettagli che interessano; - comprensione intensiva, parola per parola. Durante la lezione vengono analizzate ed esemplificate le tecniche didattiche che aiutano lo studente ad attivare l’expectancy grammar – quindi ad utilizzare il cervello in maniera bimodale e secondo la direzione globalità Æ analisi (principalmente il cloze e le tecniche di accoppiamento e incastro) – e le tecniche per guidare, esercitare e verificare la comprensione (in particolare la scelta multipla, la griglia, la transcodificazione, la domanda aperta). Si vede anche come programmare in ogni intervento didattico attività di pre-ascolto/lettura (per motivare gli apprendenti, elicitare le loro conoscenze, stimolare inferenze, introdurre gli elementi fondamentali per la comprensione), attività durante l’ascolto/lettura (di tipo cognitivo e operativo), attività dopo l’ascolto/lettura (per fissare e reimpiegare il materiale linguistico presentato, verificare la comprensione). La lezione può prevedere una parte pratica di tipo laboratoriale durante la quale è possibile valutare e didattizzare testi audio e di lettura, autentici o creati ad hoc. 2.4 Abilità di produzione e manipolazione: natura, tecniche MARA SALVALAGGIO Le abilità primarie di produzione orale (saper parlare in monologo) e scritta (saper scrivere) ricoprono un ruolo fondamentale nell’educazione linguistica poiché: a. favoriscono nell’allievo la percezione della comunicazione come sistema: contesto, attori, ruoli, canali, scopi, ecc. determinano e richiedono scelte linguistiche, paralinguistiche ed extralinguistiche adeguate; b. inducono l’allievo a considerare il testo, e non la frase, come unità di base della comunicazione; SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 67 c. obbligano l’allievo a riflettere sulle regole di carattere costitutivo e di carattere culturale dei vari generi testuali. Nel corso della lezione si presentano quindi varie tipologie testuali su cui lavorare e numerose tecniche che possono essere impiegate efficacemente per conseguire tali obiettivi: a. progettazione di testi (sia orali che scritti): analisi del contesto situazionale, analisi del tipo di testo e del genere testuale, definizione della scaletta (brainstorming, clustering), stesura di un testo coerente e coeso e revisione del testo (scritto) o presentazione orale; b. creazione di testi per destinatari diversi e con scopi diversi (sia orali che scritti); c. lavoro sui generi comunicativi (attività di trasformazione di genere, completamento, esclusione, incastro, ecc.); d. transcodificazione, ecc.; e. sviluppo e potenziamento delle strutture morfosintattiche e lessicali (cloze, riempimento, esclusione, ecc.). Le abilità integrate di manipolazione testuale, cioè riassumere, prendere appunti e parafrasare, e di traduzione, sia scritta che orale, implicano una complessa interazione di operazioni cognitive e attività linguistiche che rappresentano alcune delle finalità più rilevanti dell’educazione linguistica in quanto essenziali per studiare. Diverse sono le tecniche per insegnare e sviluppare tali abilità: esecuzione di parafrasi di testi e creazione di perifrasi, contrazione e riduzione del testo, riassunto a incastro, ecc. Ogni tecnica viene esaminata in base a parametri: a. formato: procedura di realizzazione e possibili varianti; b. pertinenza: in riferimento all’aspetto specifico da sviluppare, rafforzare o verificare; c. accettabilità: come viene accolta dagli studenti e come influisce sulla loro motivazione; d. informatività: in relazione alle informazioni che si possono ottenere ai fini della verifica; e. economia: preparazione dei materiali e somministrazione; 68 GRAZIANO SERRAGIOTTO f. glottotecnologie: possibilità di impiego delle tecnologie didattiche. Le tecniche sono analizzate mediante esemplificazioni pratiche e riflessioni con metodo induttivo. 2.5 Abilità di produzione e manipolazione: natura, tecniche MARA SALVALAGGIO Per abilità di interazione si intende l’integrazione di comprensione e produzione sia orale (dialogo) che scritta (e-mail, chat, ecc.). Il dialogo, inteso come risultato di una negoziazione continua sul piano semantico, linguistico e sociolinguistico comporta l’interazione di competenze linguistiche, extralinguistiche, socio-pragmatiche di notevole complessità. Saper dialogare implica infatti: a) definire gli scopi primari e secondari (solo i secondi potranno essere oggetto di negoziazione); b) analizzare il genere e le sue regole (ad es. dialogo con l’interlocutore in presenza o a distanza); c) analizzare il contesto in cui avviene lo scambio comunicativo; d) scegliere l’atteggiamento psicologico che si vuole trasmettere (disponibilità, ironia, ecc.); e) produrre testi principalmente efficaci ed appropriati. Per lo sviluppo di tale abilità si utilizzano tecniche quali roleplay (nelle varianti role-taking, roleplay, role-making), scenario, drammatizzazione, dialogo aperto, ecc.;si possono proporre attività di problem solving con tecniche che si basano sull’information gap (jigsaw, ecc.). Le difficoltà che si incontrano nell’insegnamento dell’abilità di interazione orale sono di vari tipi, alcune delle quali sono comuni alle attività per l’abilità primaria di produzione orale: a. di natura affettiva, che si ricollegano alla richiesta precoce di produzione linguistica e rimandano alla DOP (Delayed Oral Practice) di matrice umanistico-affettiva; SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 69 b. di natura linguistica, che si riferiscono soprattutto alla carenza di lessico e inducono ad analizzare le strategie (di tipo affettivo, esplicativo, ecc.) attivate per superarle, quali il ricorso alla cinesica, alla perifrasi o alla parafrasi, all’uso di sinonimi, di parole inventate, alla richiesta di aiuto, ecc.; c. di gestione della classe (creazione delle coppie, tempi diversi di realizzazione del dialogo, ecc.); d. di valutazione (scelta dei parametri: fluency, efficacia, appropriatezza, accuratezza, ecc.). Per quanto riguarda l’interazione scritta, l’utilizzo delle tecnologie diventa essenziale per attività (reali o simulate) di scambi comunicativi. 2.6 La teoria delle intelligenze multiple PAOLO TORRESAN Si prevede una presentazione induttiva della teoria, mediante attività ludiche che mettono alle prova le diverse intelligenze. Presentiamo alcuni esempi qui di seguito, relativi ad alcune intelligenze (è possibile pensare altri compiti in alternativa, oppure compiti indirizzati ad altre intelligenze): a) dare un calcolo da fare a mente (intelligenza matematica); b) chiudere gli occhi e visualizzare quello che c’è fuori della stanza (intelligenza spaziale); c) dividere il gruppo in due squadre: una rimane in classe e una va fuori. Le due squadre ascoltano due musiche diverse. Al ritorno tutti i membri dovranno svolgere una attività che vale da distrattore (per esempio un mimo, che vale a rappresentare l’intelligenze cinestesica), quindi dopo un po’ di tempo ci si confronta a coppie: un membro della squadra A ripete a un membro della squadra B l’aria della musica ascoltata, e viceversa. GRAZIANO SERRAGIOTTO 70 Teoria A. Descrivere la teoria di Gardner: le otto intelligenze. a) linguistica b) logico matematica c) spaziale d) cinestesica e) musicale f) interpersonale g) intrapersonale h) naturalistica B. Chiarire lo statuto privilegiato della intelligenza linguistica: a) è espressione di una straordinaria connettività di funzioni neurologiche (per dire: se io sento la parola ‘colpo’ non è che si attivino solo le aree deputate alla comprensione linguistica ma anche quelle relative alla motricità). b) vanta una preminenza semiologica. Si parla infatti di metalingua, intesa come capacità di descrivere gli altri linguaggi, di rappresentare il contenuto degli altri codici. Freddi avvisa però (1990: 59-60): Questa straordinaria proprietà che ha la lingua di codificare in parole l’intero universo semantico provoca spesso, in coloro che si occupano di educazione linguistica, ingiustificati atteggiamenti totalizzanti. Il sofisma che alimenta queste tentazioni può essere così sintetizzato: poiché la lingua ha la capacità di rendere i contenuti degli altri linguaggi, l’educazione linguistica dovrà estendere la sua area di competenza alla musica, al disegno, alla mimica, ecc. finendo quasi per coincidere con l’educazione generale del bambino. Si tratta di una pretesa illegittima poiché ogni linguaggio possiede una sua specificità non trasferibile ad altri linguaggi: la lingua può rendere i contenuti dei linguaggi non verbali ma non può sostituirsi ad essi. La proposta metodologica che Freddi deriva consiste nel definire le basi di didattica multisensoriale (Freddi 1990: 107, il corsivo è nostro): SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 71 La multisensorialità della comunicazione, che è poi il risvolto visibile della sua natura integrata sui piani neurologico, neuropsichico e semiotico, deve condurre alla valorizzazione dei diversi linguaggi (verbale, gestuale, musicale, corporeo, mimico) nella loro specificità e nei loro rapporti con la lingua. Qui può nascere una didattica proprio a base multisensoriale semioticamente e psicologicamente fondata, e tale da risultare una proposta nuova. Una didattica che si raccorderà con l’azione e si esprimerà in forme di gioco. La didattica multisensoriale cui allude Freddi passa attraverso una serie di attività ludiche, estese alla classe, che implicano il ricorso a più modalità sensoriali. La didattica individualizzata (che è quello cui deve tendere il glottodidatta che si ispira alla teoria di Garnder) è, nel dirla in breve, una didattica multisensoriale a base allargata, dal momento che riguarda anche le intelligenze personali, l’intelligenza naturalistica e quella logica; oltretutto ha un’attenzione rivolta al profilo del singolo individuo. Laboratorio Nel laboratorio si possono prevedere varie attività che comportano: La musica (intelligenza musicale) Per esempio utilizzare una colonna sonora (senza la visione del video) per stimolare la produzione scritta Le immagini (intelligenza spaziale) Per esempio: transcodificazione lingua-immagine) Il confronto con un compagno (intelligenza interpersonale) Una qualsiasi attività cooperativa relativa alla comprensione di un brano (di confronto tra pari) La comparazione in insiemi (intelligenza naturalistica) Una qualsiasi attività di insiemistica (tipo odd man out) 72 GRAZIANO SERRAGIOTTO Un’attività metacognitiva (intelligenza intrapersonale) Un questionario relativo all’analisi delle strategie attivate Il movimento (intelligenza cinestesica) Tecniche di total physical response: l’insegnante dà delle consegne a voce, gli studenti eseguono; quindi sono gli studenti stessi che si impartiscono degli ordini reciprocamente ed eseguono gli ordini dei compagni La logica (intelligenza logica) Una mappa concettuale oppure una timeline che dispone gli eventi in sequenza 2.7 Insegnamento della grammatica MICHELA ANDREANI L’accezione del termine grammatica fa riferimento ad un’ampia gamma di significati che variano a seconda del contesto e dell’ambito di utilizzo. Quello che costituisce oggetto di lavoro nella formazione dei docenti è il concetto di grammatica pedagogica, finalizzata all’acquisizione dell’italiano. In primo luogo è necessario superare la concezione comportamentista della grammatica, in base alla quale ad ogni azione corrisponde una reazione, ad ogni stimolo una risposta, per sostituirla con una pratica di tipo induttivo e con procedure di tipo euristico. Ciò significa andare verso una metodologia centrata sulle ipotesi: sulla loro elaborazione prima e verifica poi, per fare in modo che la regola diventi il risultato di un ragionamento provato; ma significa anche andare incontro alle diverse strategie di apprendimento ed elaborazione delle conoscenze e degli stili di chi apprende; significa in altre parole applicare un approccio costruttivista. La regola in questo modo non sarà più una imposizione neutra e calata dall’alto, ma una conquista della mente e la vincita di una sfida lanciata al discente. Una grammatica così concepita insegna la lingua perché diventa ri- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 73 flessione sulla lingua, non si limita a descriverla e potrebbe in ultima analisi indurre un’idea di grammatica come piacere della scoperta. Ecco allora che la grammatica non viene più ad avere solo un obiettivo di tipo linguistico, descrittivo, ma viene anche ad avere una valenza metalinguistica, di riflessione sulla struttura della lingua, e quindi diviene di occasione di maturazione cognitiva: si consapevolizzano i discenti rispetto ai processi che essi hanno costruito nel corso della loro esperienza sulla lingua, con l’obiettivo di sviluppare le loro capacità di osservazione e di analisi. In questo processo si realizza una delle mete educative per eccellenza, l’autopromozione (cognitiva, in questo caso) dello studente. La grammatica dovrebbe allora diventare una grammatica degli esempi e delle regolarità, più che delle regole, dovrebbe orientarsi solo su ciò che serve della lingua e non riportare asetticamente tutto quello che la lingua comprende, facendosi sempre meno grammatica descrittiva e sempre più grammatica pedagogica; dovrebbe rappresentare i fatti linguistici in modo tale da renderli accessibili al discente (tenendo conto di problemi pratici e a partire da un approccio sociolinguistico). In tale prospettiva l’oggetto sono i fatti linguistici e non le regole: ciò comporta che uno studente non soltanto costruisca la sua grammatica, ma anche la sua maniera di formarsi dei concetti al riguardo e questo processo sarà la risultante delle sue risorse cognitive, delle sue esperienze, delle strategie che egli avrà attivato e, non meno, delle sue scelte, dei suoi bisogni, delle sue motivazioni. 2.8 Sviluppo del lessico MARIO CARDONA La natura, l’acquisizione, la padronanza del lessico sono temi complessi e di estrema importanza. Vi si può dedicare un incontro di alcune ore, un’intera giornata di lavoro con laboratorio per la creazione di materiale didattico oppure si può programmare un intero corso incentrato sull’approccio lessicale e le sue applicazioni in classe e nella programmazione didattica. 74 GRAZIANO SERRAGIOTTO In ogni caso, gli aspetti fondamentali sui quali focalizzare gli incontri sono: a. sviluppo della competenza lessicale che si articola nelle seguenti sottocompetenze: - competenza linguistica: conoscere la forma delle parole, ossia le caratteristiche morfosintattiche, dell’ortografia e della pronuncia; la posizione ossia il ruolo delle parole nel contesto delle frasi, la struttura delle unità lessicali; la funzione ossia la frequenza d’uso e appropriatezza; il significato e quindi le associazioni ed i rapporti di significato (polisemia, sinonimia, antonimia, iponimia e iperonimia ecc.); - competenza discorsiva: conoscenza dei rapporti logico-semantici tra le unità lessicali; conoscenza delle co-occorrenze e delle collocazioni; conoscenza delle regole di coerenza e coesione all’interno del testo; - competenza referenziale: riguarda la conoscenza del mondo, l’enciclopedia, le informazioni depositate nella memoria semantica a lungo termine che consentono di attivare reti semantiche, prototipi, schemi e script che sono alla base dell’attività inferenziale della mente e permettono di attivare il lessico relativo a varie categorie e domini dell’esperienza; - competenza socioculturale: si riferisce alle scelte di registro in base ai diversi contesti comunicativi. Tale competenza si riferisce anche ai valori affettivi e connotativi delle parole in funzione dei paradigmi culturali specifici di ogni comunità linguistica; b. conoscenza dell’architettura del lessico mentale e delle principali caratteristiche della memoria rispetto all’organizzazione dei concetti e dei rapporti fra di essi; c. conoscenza dei principi metodologici e applicativi dell’approccio lessicale, con particolare riferimento ai chunks lessicali e al concetto di lessico-grammatica; d. laboratorio per la creazione di attività, tecniche e materiali didattici per sviluppare la competenza lessicale. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 75 2.9 Verifica e valutazione GRAZIANO SERRAGIOTTO La valutazione è uno dei momenti fondamentali ed irrinunciabili dell’azione didattica. Essa presenta da sempre una serie di criticità oggettive che partono dalla difficoltà a costruire, interpretare e utilizzare prove di verifica (testing) davvero utili e significative e dall’impossibilità di non tenere in giusta considerazione nel processo valutativo quei fattori che riguardano la sfera e l’universo personale dello studente e del docente stesso. Necessariamente, quindi, la valutazione implica l’esistenza di un progetto, di obiettivi e di mete che sono state fissate e che devono, esse stesse, essere verificate. Nell’azione didattica si verificano, alla fine, una serie di variabili di cui, quella dell’apprendimento da parte dello studente, ne costituisce solo una parte. La valutazione diventa il momento dell’interpretazione dei dati della verifica, dati resi leggibili e comparabili in quanto riconducibili ad una scala di valori numerici attraverso la misurazione. La verifica si pone come momento della “raccolta dei dati” relativi al raggiungimento o meno di un preciso obiettivo didattico, dati che poi vengono distribuiti lungo una scala di valori il più possibile oggettiva e comparabile. La valutazione è un insieme di attività, strategie e tecniche che devono accompagnare il processo formativo. Le attività valutative sono moltissime e molti sono gli approcci che il singolo adotta nell’azione del valutare. Ogni approccio teorico e metodologico alla valutazione riconosce la coesistenza di più attività valutative, ma in sostanza ne assume una sola come prioritaria e determinante rispetto alle altre. Le attività sono: a. l’accertamento o misurazione si basa sull’osservazione della situazione di insegnamento e/o apprendimento al fine di rilevare elementi significativi per la comprensione di tali situazioni. Questi elementi significativi potranno essere misurati, altri solo descritti; è l’attività di rilevazione degli obiettivi; 76 GRAZIANO SERRAGIOTTO b. il controllo è l’attività con cui viene controllata l’attendibilità, la validità e le procedure, ovvero tutti gli step, le fasi del processo che vengono messi in atto nella fase di realizzazione di un progetto; c. la verifica è il momento di raccolta dei dati; consiste nel mettere a confronto i risultati ottenuti e gli obiettivi prefissati in fase di progettazione; d. la valutazione è il momento di analisi interpretativa dei dati ottenuti nelle verifiche; in questo modo si otterranno informazioni sulle varie tipologie di apprendimento/insegnamento dei soggetti coinvolti nel progetto didattico. La valutazione è, dunque, una fase di sintesi tra dati ottenuti con le verifiche e interpretazioni; e. la metavalutazione costituisce la fase di riflessione durante la quale tutti gli attori con spirito critico riguardano le strategie, gli strumenti e le tecniche utilizzate nel corso del progetto; f. il monitoraggio, infine, riprende il concetto di osservazione, ma con questa attività si va ad osservare il progetto in itinere, nella sua concretizzazione e realizzazione. 2.10 Testing, analisi degli errori, interlingua GRAZIANO SERRAGIOTTO Il testing è essenziale per verificare gli apprendimenti e può essere condotto con prove strutturate, semistrutturate e non strutturate. Sono definite “prove strutturate” quegli strumenti di verifica di conoscenze, abilità e competenze costituite da una serie di domande o stimoli chiusi, ciascuno dei quali è corredato da due o più risposte chiuse. Le prove strutturate consistono in una serie di item (= domanda e risposta) che sono organizzati secondo diverse tipologie. Gli item più comuni sono: a. vero-falso/giusto-sbagliato; b. a completamento: all’allievo vengono presentate delle frasi, o dei periodi, o dell’espressione matematiche incomplete e gli si chiede di inserire le parole o i dati mancanti; SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 77 c. confronto-abbinamento: l’allievo deve indicare le corrispondenze corrette tra due liste di nomi, fatti, principi; d. a scelta multipla: l’allievo deve individuare la risposta corretta tra le alternative proposte (in genere, 3 o 4 o 5 alternative); e. a risposta multipla: l’allievo deve individuare le risposte corrette possibili tra più alternative; f. di riordino: ripristinare la sequenza corretta di lettere, parole o frasi; g. sostituzione e trasformazione: con le modalità degli esercizi strutturali; h. test performativi: in questo tipo di prova si richiede al discente di eseguire un compito (per esempio completare un disegno) in base a delle istruzioni che deve quindi essere in grado di comprendere; i. griglie: sulla base di un testo orale o scritto si predispone una griglia con elementi del testo da associare (per esempio: ora e luogo, persona ed azione, ecc.). Una parte importante del processo di valutazione è l’analisi degli errori. Essa era attribuita negli anni sessanta solo all’interferenza o transfert negativo, attualmente si riscontra una maggiore tolleranza verso l’errore, una necessità di studiare le cause delle devianze linguistiche, pragmatiche e culturali, in modo da distinguere gli errori referenziali, comunicativi o pragmatici e socioculturali. Importante diventa la differenza tra errore e sbaglio dove l’errore viene visto come incoerenza nell’applicare le regole apprese e lo sbaglio come scelta inadeguata di forme, usi, ecc. dovuta alla non conoscenza delle regole. Lo studente nel suo percorso di apprendimento passa per una serie di stadi che vengono definiti interlingua. L’interlingua è un continuum di sistemi linguistici provvisori, personali e parziali, è un sistema intermedio tra la lingua madre e la lingua d’arrivo, è un sistema linguistico indipendente sia dalla lingua madre sia dalla lingua d’arrivo. L’interlingua ha il suo spazio all’interno all’apprendimento considerato come processo con stadi naturali, studiati dalla linguistica acquisizionale. 78 GRAZIANO SERRAGIOTTO 2.11 La creazione di materiali didattici PAOLO E. BALBONI Questo tema può essere affrontato in maniera tangenziale, in una sessione di tre ore, oppure può costituire il nucleo forte di un intero corso; qui privilegiamo la prima ipotesi, in quanto quella più diffusa, ma la seconda è facilmente deducibile da questa per espansione dei tempi dedicati alla realizzazione laboratoriale di materiali. Ci sono quattro aspetti da considerare: a. tipologia dei materiali didattici: si tratta di affrontare l’opposizione tra il materiale preconfezionato da “adottare” e la necessità di “adattare” il materiale alle realtà locali; inoltre, in molte tradizioni l’insegnante crea personalmente i suoi materiali: si deve far notare che questi sono per forza inferiori a quelli prodotti da équipe di specialisti e insegnanti, con strumenti editoriali che consentono registrazioni sonore di alto livello e stampa a colori (laddove questi sono funzionali, non solo decorativi). Quindi: se da un lato i materiali preconfezionati (libri di testo, eserciziari, ecc.) presentano la necessità di un loro adattamento alle caratteristiche del singolo gruppo di studenti, dall’altro va riconosciuto che sul piano della qualità glottodidattica questi materiali sono indubbiamente superiori a quelli creati dal singolo docente, che di professione fa appunto il docente e non lo studioso sulle caratteristiche dei materiali didattici; b. differenza tra materiali autentici ed editoriali: la natura dei primi è spesso contestata: un testo autentico ha una sua funzione pragmatica originale, ma è ancora “autentico”nel momento in cui assume funzione didattica e viene deconstestualizzato? C’è poi il problema della difficoltà e non gradualità dei testi autentici: ma in questo caso si può usare un testo difficile facilitando e graduando attentamente le attività proposte. Tra i principali testi autentici ci sono quelli recuperati in internet, dai giornali da leggere (quindi senza mutarne molto la natura) ai moduli o agli ordini da compilare (in tal caso simulando acquisti, ecc.); SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 79 c. variabili da considerare: si tratta di separare ed alternare attività (di uso della lingua) da esercizi (sull’uso della lingua); di avere attenzione; inoltre, ogni batteria di materiali deve contenere attività adatte ai principali tipi di intelligenza (quanto meno analitici e globali, linguistici e visivi) e di strategie d’apprendimento (dal dettaglio al generale e viceversa); di ogni materiale va considerato il tipo di motivazione attivato, per esaltarlo nella consegna o nella guida alla realizzazione; per ogni attività o esercizio si considerano gli elementi PACE: Pertinenza nel lavorare davvero su quel che si intende sviluppare; Accettabilità da parte degli studenti, Comparabilità di quanto fatto, sia ai fini della elaborazione in coppie o gruppi, sia in termini di correzione collettiva o individualizzata, Economia dei tempi e delle risorse per eseguire le attività, riprodurre i materiali, ecc. d. scelta delle tecniche: le singole tecniche non sono intercambiabili, rispondono ciascuna ad una filosofia, hanno oggetti specifici su cui lavorano, attivano strategie diverse: la scelta delle tecniche da utilizzare per i materiali non è neutra e va pensata pour cause. 2.12 Valutazione dei materiali didattici GRAZIANO SERRAGIOTTO La valutazione dei materiali didattici da parte di un insegnante è un momento molto importante e per questo si devono fissare alcuni parametri essenziali. Prima di tutto è necessario mettere in evidenza alcune caratteristiche, quali il titolo, la data e luogo di pubblicazione, i destinatari del testo. Per quanto riguarda i destinatari considereremo l’età/fascia d’età, la lingua materna e la conoscenza della lingua italiana. Un altro aspetto da considerare è l’organizzazione del testo e dei suoi contenuti: a) divisione per moduli/unità/capitoli; b) indice: (chiaro, diviso per argomenti,…); c) istruzioni/consegne: (facili/difficili…); 80 GRAZIANO SERRAGIOTTO d) prerequisiti: (esplicitati/non esplicitati; per ogni modulo/unità; concetti che devono essere introdotti prima di ogni modulo/unità; elementi non conosciuti/collegati di ogni modulo/unità); e) obiettivi: (esplicitati/non esplicitati; per ogni modulo/unità); f) input: (sufficienti, diversificati, pochi; la forma: chiara, sequenziale, testi troppo brevi/lunghi…); g) progetto grafico/layout: (stimolante/poco stimolante, aiuta a memorizzare); h) simboli utilizzati: (chiari, facili da capire). Altro aspetto riguarda l’approccio utilizzato, le abilità singole e/o integrate sviluppate e lo sviluppo del lessico: introduzione di nuovi vocaboli: (in modo armonico…), tecniche grafiche usate: (grassetto, in evidenza, …), riutilizzo di vocaboli: (da altri moduli/unità per fissazione/collegamento), descrivere la tipologia degli esercizi lessicali. Si prenderà in esame come le strutture grammaticali vengono introdotte: nuova formazione di parole e tempi verbali, nuova strutturazione di frasi, altre difficoltà grammaticali, tipologia esercizi/fase dell’unità didattica – obiettivo. Inoltre verrà fatta un’analisi dei testi presenti: autentici, pedagogici, ecc. e del registro utilizzato: informale, formale. Un altro elemento da considerare è la cultura: quantità delle informazioni presenti, qualità delle informazioni e collegamento con le altre attività proposte. Si focalizzerà l’attenzione anche sulle attività comunicative proposte e sulla tipologia di esercizi per la ricezione della lingua orale (ascolto globale/analitico), la produzione orale (monologo, annuncio, discorso), la interazione orale (dialogo, roleplay, discussione, intervista, ecc.), la ricezione scritta (lettura e comprensione testuale), la produzione scritta (saggio, relazione, scrittura creativa) e la interazione scritta (appunti, messaggi, note, testi epistolari). Merita dare un’attenzione particolare anche alle strategie di apprendimento: strategie di lettura: (quesiti ogni tanto, riassunti, schemi, completamenti, …), prendere appunti, abilità di riferimento: (ascolto, lettura, scrittura, parlato, mediazione), competenze: (esplici- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 81 tate/non esplicitate; alla fine di un percorso: modulo/unità), autovalutazione/feedback, mappe/grafici/tabelle, ecc. Inoltre si vedrà il tipo di materiale integrativo presente per il recupero/rinforzo o per degli approfondimenti, si analizzeranno le modalità di lavoro presenti: attività di gruppo/a coppie/individuale; se ci sono link ad altri materiali o siti e si considererà anche il peso e il prezzo dei materiali. 2.13 Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo MATTEO SANTIPOLO Nell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera o seconda una tra le competenze più frequentemente trascurate rientra quella sociolinguistica. A giustificazione di questa carenza didattica vengono spesso addotte, tra le altre, ragioni relative alla presunta eccessiva complessità della materia con la conseguente opinione che l’insegnamento di questi aspetti dovrebbe rientrare solo nell’ambito di corsi avanzati (dal B2 in su). In realtà, lo sviluppo della competenza sociolinguistica andrebbe perseguito, pur nei modi, nelle misure e nei tempi adeguati al livello di conoscenza della generale e all’età dei destinatari, fin dalle prime fasi di studio. Infatti, l’errore sociolinguistico (si pensi all’uso delle parolacce, oppure alla scelta dei registri, solo per citare due casi), può talvolta compromettere l’efficacia comunicativa in modo più grave dell’errore sintattico o morfologico. La sociolinguistica è quella branca della linguistica che studia il rapporto tra la lingua e la società. La competenza sociolinguistica può quindi essere definita come la capacità di impiegare la lingua e le sue varietà in modo adeguato ai diversi contesti. Si tratta di una sottocompetenza della più vasta competenza comunicativa e in quanto tale deve essere perseguita tra gli obiettivi glottodidattici, specie quando s’insegna l’italiano, estremamente variegato, a stranieri. La parola-chiave della sociolinguistica è variazione, che può avvenire nel tempo (diacronica), nello spazio (diatopica), attraverso la struttura della società (diastratica), dei contesti (diafasica) e del mez- 82 GRAZIANO SERRAGIOTTO zo impiegato per comunicare (diamesica). Per ciascuno di questi tipi di variazione si forniscono esempi relativi all’italiano. Ma la complessità del repertorio linguistico degli italiani è oggi tale che non si possono trascurare: a) le minoranze linguistiche (storiche – ad esempio, germanofone, francofone, albanesi, croate, sarde, friulane, ecc. – e recenti – arabofone, cinesi, rumene, slave, ecc.); b) gli aspetti strutturali più recenti dell’italiano contemporaneo; c) il rapporto tra lingua nazionale e dialetto, ancora così vitale in molte regioni. La lezione affronta poi sia da un punto di vista teorico, sia operativo, il problema dell’insegnamento degli aspetti sociolinguistici illustrati, in una classe di italiano lingua straniera o seconda. A partire quindi dal concetto di consapevolezza linguistica si passa attraverso quello di consapevolezza sociolinguistica fino ad arrivare a quello della relativa competenza, presentando i vantaggi che lo sviluppo di questa comporta ai fini dell’efficacia comunicativa. Mediante l’esame di materiali autentici, si procederà quindi alla realizzazione del cosiddetto approccio socio-glottodidattico, in cui il focus dell’attenzione è appunto incentrato sugli aspetti sociolinguistici. 2.14 Insegnare le microlingue ELENA BALLARIN Nella linguistica e nella sociolinguistica italiana ed internazionale si trovano riflessioni sulla natura delle microlingue, perché la linguistica applicata si è orientata verso gli aspetti descrittivi (la microlingua della medicina, quella dell’economia, ecc.), la glottodidattica, invece, verso quelli operativi. In ambiente internazionale, poi, è diffusa la definizione Language for Specific Purposes (LSP), che pone l’accento sugli obiettivi specifici da trasformare in obiettivi glottodidattici, inoltre, Freddi ha anche osservato come la definizione di microlingue si stia definendo come Language of Science and Techno- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 83 logy (LST) come se solo in questo ambito di ricerca e di attività umana si possano identificare delle microlingue. Appare, tuttavia, chiaro come anche il linguaggio giuridico o filosofico, quello della critica letteraria ed artistica non possano essere certamente esclusi dal novero delle microlingue, poiché le microlingue, pur differenziandosi per settori, sono tutte caratterizzate dal punto di vista formale: è, perciò, possibile distinguere le microlingue dalla lingua comune, analizzando aspetti fonologici, morfosintattici, lessicali e testuali. La riflessione sulla didattica delle microlingue può essere distinta in due parti. La prima parte si prefigge di illustrare i processi di insegnamento e apprendimento dell’italiano come LS/L2 attraverso l’approfondimento della didattica delle microlingue e descrive la teoria della microlingua: a. la sua definizione e natura; b. il ruolo ricoperto dall’insegnante e dall’allievo; c. la sua programmazione curricolare e la sua scansione in unità di acquisizione. La seconda parte si avvicina ad una fase più operativa procedendo all’analisi dei vari tipi di microlingue. Saranno, inoltre, illustrati i processi di insegnamento che caratterizzano la didattica delle microlingue e avranno luogo workshop tematici nei quali sarà possibile esercitarsi nella didattica di alcuni tipi di microlingua. Queste due fasi di riflessione possono essere realizzate in due incontri di 3 ore ciascuno, ma si ottiene un approfondimento maggiore con due incontri di 6 ore ciascuno in cui vi sia una parte dedicata al workshop. È parimenti possibile realizzare seminari di studio più lunghi (da 12 fino a 25 ore) in cui si effettua un’analisi più approfondita e puntuale della didattica differenziata secondo i vari tipi di microlingua. GRAZIANO SERRAGIOTTO 84 2.15 Didattica della cultura e civiltà ELISABETTA PAVAN La cultura può essere considerata uno dei tre ‘contenuti’ del processo glottodidattico, a fianco della lingua oggetto e dello sviluppo della capacità continuare ad apprendere le lingue. La natura della comunicazione varia da cultura a cultura: la lingua costituisce il codice con cui si definisce la realtà che ci circonda, un sistema simbolico per la comprensione del mondo e l’elaborazione dell’esperienza. Nella lingua il condizionamento della cultura appare evidente nel lessico, tuttavia le implicazioni legate alla didattica della cultura superano il campo linguistico e sono strettamente collegate ai concetti di identità, valori, attitudini e prodotti. La comunicazione non avviene nel vuoto, sarà importante imparare a riconoscere il contesto in cui avviene la comunicazione, così come atteggiamenti, scopi e aspettative. a. Cultura e civiltà, competenza interculturale Si consideri che i concetti di “cultura” e “civiltà” vanno distinti in merito alla didattica della cultura nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, straniera o etnica, così come il termine cultura va inteso nel suo significato ‘classico’ e ‘antropologico’. Riflessione sui concetti di inculturazione e acculturazione, implicazioni legate alla didattica dell’italiano a parlanti non nativi, cultura e sviluppo delle abilità, modelli culturali e way of life, analisi culturale contrastiva. Presentazione del concetto di competenza interculturale in generale: - valori alti (tempo, gerarchia, rispetto, senso dell’“altro”, ecc.); - linguaggi non verbali: cinesica, prossemica, vestemica, oggettemica; - alcuni eventi: pranzo (alcol, ruolo dei padroni di casa, ecc.), riunione formale, ecc. - problemi linguistici: fonologici, morfosintattici, testuali; SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 85 b. Modelli operativi Presentazione di una griglia in cui appaiono i principali modelli culturali e si avvia un percorso di riflessione/analisi culturale contrastiva con il paese di riferimento (nel caso di italiano lingua straniera) o in riferimento alle esperienze degli insegnanti presenti. Uso di video, cinema, materiali autentici nell’insegnamento della cultura. Laboratorio su problemi interculturali tra il paese di riferimento e gli italiani. 2.16 Insegnare la letteratura PAOLO E. BALBONI Con questo titolo si intendono di solito due cose: l’educazione alla cultura italiana, vista (anche) attraverso la sua espressione letteraria, di solito in una logica storica; lo sviluppo della capacità di leggere testi letterari, in cui “leggere” e “testo letterario” assumono il loro senso più esteso: la seconda prospettiva, quella glottodidattica, è quella specifica della formazione ITALS. a. leggere il testo letterario Intendiamo qui non solo la capacità di leggere, cioè di cogliere sia il significato letterale sia quello più implicito, inferenziale (la “morale” della favola; il “messaggio” del romanzo; la “visione della vita” di A Silvia, ecc.), ma anche la capacità di - cogliere le ragioni linguistiche (e cioè fonologiche, grafemiche, lessicali, morfosintattiche, testuali) che rendono quel teso “letterario”, che lo differenziano da un testo quotidiano; - collocare il testo nel contesto socio-culturale che lo ha espresso: questo non significa che i testi vadano presentati in sequenza cronologica, da Cielo d’Alcamo a Camilleri, ma che non si può cogliere il testo di Cielo d’Alcamo senza collocarlo nella Sicilia provenzalizzata, grande potenza mediterranea, e non si può cogliere Camilleri senza collocare il suo testo nella Sicilia sfruttata per secoli, dilaniata dall’emigrazione, umiliata dalla mafia; 86 GRAZIANO SERRAGIOTTO - giudicare il testo sia in termini critici, sul piano della letterarietà e del suo apporto culturale, sia in termini emozionali, di proprio piacere di lettura e di coinvolgimento emotivo (emisfero destro del cervello). b. modelli operativi Abbiamo visto che i modelli operativi che realizzano un curricolo sono di tre livelli di ampiezza, e tale principio vale anche per l’insegnamento della letteratura: - modulo: un modulo è un blocco compatto, concluso in sé, certificabile, della durata operativa di un paio di mesi; in letteratura possiamo avere moduli metodologici (ad esempio: imparare ad analizzare testi letterari; ITALS ne ha realizzato un esempio), moduli tematici (la natura, la posizione della donna, amore e morte, ecc.), moduli di genere (il teatro italiano), moduli storici (il romanticismo italiano); - unità didattiche, secondo le quali l’insegnante organizza il suo lavoro; ad esempio, un modulo sul Romanticismo può avere unità didattiche quali “il pre-romanticismo”, “Foscolo”, “Leopardi”, “Manzoni”; - unità d’apprendimento, quelle percepite dallo studente come le unità di lavoro: in letteratura, è di solito il lavoro su un singolo testo, per la durata di una o due ore. 3. Le metodologie 3.1 La dimensione neuro-psicologica MICHELE DALOISO I risultati delle più recenti ricerche in ambito neuro-psicologico offrono indicazioni utili all’insegnante per operare in classe conoscendo più a fondo i processi mentali e cerebrali che sottendono all’apprendimento linguistico. Lo scopo di questa lezione è dunque quello di portare gli insegnanti a conoscere ed a tenere in conto: SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 87 a. i meccanismi cerebrali che determinano l’apprendimento: si descriveranno le funzioni che gli emisferi cerebrali svolgono nell’elaborazione del linguaggio e si farà riferimento alla didattica bimodale di Danesi, che propone un insegnamento delle lingue che attivi entrambi gli emisferi, secondo un percorso che va dall’emisfero destro a quello sinistro, e cioè dalle modalità contestualizzanti e sensoriali a quelle più formali e meccaniche; b. i meccanismi psicolinguistici che sottendono all’apprendimento: secondo la teoria chomskiana ognuno possiede un Language Acquisition Device, cioè un meccanisimo di acquisizione innato che consente di formulare ipotesi, analizzando e rielaborando gli stimoli linguistici; l’insegnamento delle lingue deve far leva sul LAD, offrendo ciò che Bruner definisce LASS, ossia un ambiente di supporto all’apprendimento basato sull’interazione tra insegnante e allievi; c. il ruolo dell’affettività e delle emozioni: la decisione di trasferire le informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine viene presa spesso su base emozionale; per questo la metodologia umanistico-affettiva insiste sul concetto di filtro affettivo, che viene innalzato in situazioni d’ansia e stress e blocca l’acquisizione. Si descriveranno quindi i meccanismi psicobiologici delle emozioni e le relative implicazioni glottodidattiche; d. la motivazione ad apprendere: partendo da alcuni modelli teorici sulle dinamiche della motivazione (in particolare quelle di Titone, Schumann, Balboni), si offriranno indicazioni metodologiche, ad esempio relativamente alla scansione dei diversi momenti di un’unità didattica; e. le intelligenze multiple: lo psicologo Gardner afferma che ognuno ha una molteplicità di intelligenze (linguistica, logico-matematica...), manifestando una preferenza verso alcune di esse; conoscere i diversi tipi di intelligenza consente di riflettere su come rispettare e promuovere le diverse propensioni intellettive degli allievi in sede di apprendimento linguistico; f. gli stili d’apprendimento: si descriveranno alcune modalità preferenziali che gli studenti possono avere quando apprendono le lin- 88 GRAZIANO SERRAGIOTTO gue (dipendenza-indipendenza dal campo; riflessività-impulsività, stile globale-analitico...). 3.2 Modulo, unità didattica, unità d’apprendimento PAOLO E. BALBONI Il sillabo che si intende sviluppare va tradotto in progetto didattico attraverso la fase di programmazione. I modelli operativi sono tre, collocati gerarchicamente: a. modulo È una sezione (a) conclusa in sé, autosufficiente; (b) corposa, significativa; (c) certificabile, nel senso che si può rilasciare una dichiarazione che attesta che lo studente sa fare una data cosa. Sono facilmente individuabili moduli in alcune materie (nella letteratura, ad esempio: il romanticismo, il decadentismo, il secondo novecento, ecc.; facile anche nelle microlingue: la corrispondenza commerciale, la contrattualistica, la negoziazione, ecc.); meno facile è discipline che si acquisiscono in progressione, come la lingua (moduli tipici sono: prima sopravvivenza; entrare in relazione con colleghi e amici; ecc.). I moduli quindi si applicano male alla didattica della lingua perché spezzano un percorso unitario, ma sono necessari in molti casi per la mobilità degli studenti; b. l’unità didattica È la tradizionale organizzazione del docente e di molti materiali didattici: è una sezione di un modulo ed è composta di una fase introduttiva, in cui si motivano gli studenti al nuovo passo e si presenta quel che si farà nelle ore successive; di una serie di unità d’apprendimento (che tradizionalmente vengono svolte in successione, ma in classi plurilivello ce ne possono essere alcune solo per gli eccellenti, altre per chi ha problemi, alcune che si rimandano all’unità successiva, ecc.); una sezione conclusiva con un test formale, eventuale or di recupero e di lavoro specifico per gli eccellenti, un’eventuale ora di SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 89 stacco, di uso libero e creativo della lingua (film, canzoni, giochi, ecc.); c. l’unità d’apprendimento L’espressione “unità d’apprendimento” nasce nel 2001 ad opera di Roberto Dolci, e indica un blocco unitario di percezione di un problema (linguistico, nel nostro caso), che viene percepito dapprima globalmente, affidando il lavoro all’emisfero destro, poi analiticamente nell’emisfero sinistro, per approdare alla sintesi e alla riflessione conclusiva. È l’unità minima di acquisizione considerata dal punto di vista dello studente che apprende, mentre l’unità didattica è quella secondo cui organizza il proprio lavoro l’insegnante; se ci mettiamo dal punto di vista dello studente, è l’unità d’apprendimento che ci interessa analizzare, in modo da organizzare poi, come conseguenza le unità didattiche in maniera rispettosa delle unità d’apprendimento; nella percezione dello studente risponde alla domanda “che cosa ho imparato in questa ora (sessione, lezione, due ore, attività, ecc.)?”. 3.3 L’analisi dei bisogni BARBARA D’ANNUNZIO L’insegnamento dell’italiano L2 ad alunni non italofoni e per lo sviluppo di abilità di tipo BICS e/o CALP deve partire dall’allievo, dalla sua biografia linguistica, dalla sua situazione di apprendente migrante e dalla situazione in cui si opera (la scuola italiana in generale e lo specifico Istituto in cui si trova l’allievo). In un percorso in italiano L2 a scuola, il punto di partenza deve essere costituito dall’allievo, e da un’analisi puntuale dei suoi bisogni. Quando si parla di “bisogni” dello studente non italofono si fa riferimento sostanzialmente a due tipi di bisogni: a) bisogni oggettivi, legati strettamente alla lingua da apprendere e alle strategie necessarie perché gli allievi la possano acquisire; GRAZIANO SERRAGIOTTO 90 b) bisogni soggettivi, legati biografia scolastica pregressa, ai percorsi affettivi, cognitivi e identitari della migrazione che chiamano in causa aspettative e proiezioni di famiglie a allievi rispetto alla scuola. 3.4 La metodologia umanistico-emozionale PAOLO E. BALBONI Si tratta di una metodologia, non di un “approccio” come spesso si dice: un approccio infatti integra aspetti linguistici e antropologici, oltre a quelli psico-pedagogici che costituiscono lo specifico di questa metodologia. Le due parole chiave vanno scisse: a. umanistica: la psicologia umanistica di Rogers (e, in Italia, di Titone e poi tutto il gruppo freddiano e della Scuola di Venezia) vede l’uomo nella sua totalità e nel suo modo naturale di “funzionare come macchina che apprende”: quindi la metodologia umanistica richiede il rispetto - della bimodalità del cervello; - della direzionalità dal contesto al testo; dal globale all’analitico; dal multisensoriale, in particolare il visivo, al linguistico; - per i tipi di intelligenza e gli stili d’apprendimento diversi da quelli strettamente razionali, analitici. Ne deriva un modello di unità d’apprendimento basato su queste caratteristiche proprie del homo discens, la persona che impara: sono la metodologia e il curricolo che si piegano all’uomo, che impara, non viceversa; b. emozionale (o affettiva, come tradizionalmente si dice): si riprende l’insegnamento di Goleman che riafferma il ruolo dell’intelligenza emotiva, superando la tradizione greco-latina che privile- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 91 gia il pensiero logico e razionale su quello analogico ed emotivo. Ne derivano: - una forte attenzione alla motivazione basata sul piacere, oltre che sul bisogno razionale e sul senso del dovere; - un’accentuazione delle attività di impianto ludico; - un atteggiamento non violento nei confronti dell’errore; - una forte attenzione per le dinamiche relazionali tra gli studenti e tra questi e il docente. Questa lezione è di solito introduttiva al corso e ne delinea la filosofia di fondo – filosofia che la Scuola Veneziana di Glottodidattica ha posto alla base delle sue ricerche e delle sue proposte metodologiche per l’insegnamento di tutte le lingue (materne, seconde, straniere, etniche e classiche), ma che è particolarmente rilevante per l’insegnamento dell’italiano nel mondo, il cui studio non è quasi mai dettato da bisogni materiali impellenti, e quindi deve essere uno studio intrinsecamente motivante e che dà piacere. 3.5 L’apprendimento cooperativo SONIA RUTKA Il problema dell’insegnante, come afferma Comoglio, “non è più la gestione del singolo, ma la valorizzazione dell’eterogeneità, della diversità, in una classe di diversi”. In questa prospettiva l’apprendimento cooperativo propone un equilibrio nuovo tra insegnamento e apprendimento e concorre a fornire risposte efficaci alle problematiche complesse che interessano il mondo della scuola, una tra queste, l’integrazione degli studenti stranieri. Pur avendo la sua matrice teorica nella psicologia sociale, nell’apprendimento cooperativo si integrano in una sintesi naturale alcune interessanti prospettive da tempo più o meno recente all’esame della riflessione educativa: la centralità della persona che apprende (Rogers), la Zona di Sviluppo Prossimale e il tutoring (Vygotskij), il co- 92 GRAZIANO SERRAGIOTTO struttivismo sociale e la cognizione situata, l’apprendimento significativo e l’insegnamento individualizzato. L’Apprendimento Cooperativo è un vasto movimento educativo e al contempo metodo a mediazione sociale, in cui si propone un modello di apprendimento focalizzato sulla relazione interpersonale tra pari, considerata il perno intorno a cui ruotano tutte le altre variabili coinvolte nel processo di apprendimento (aspetti motivazionali, affettivo - emotivi, cognitivi, sociali, ecc.). Gli studenti apprendono in piccoli gruppi, in un clima di aiuto reciproco per raggiungere obiettivi condivisi e l’interdipendenza positiva è la struttura di relazione che creando un alto livello di corresponsabilità, permette il raggiungimento del proprio e dell’altrui apprendimento. Il conseguimento degli obiettivi è determinato dall’uso consapevole di competenze sociali indispensabili per sviluppare e mantenere un livello di cooperazione qualitativamente alto. Questo tema può essere affrontato in una sessione di tre ore con l’obiettivo di creare interesse verso un modo nuovo di fare scuola, ma preferibilmente può costituire il tema di un intero corso. Applicare l’Apprendimento Cooperativo richiede infatti all’insegnante una profonda riflessione: a. sul mutato ruolo che è chiamato ad assumere; b. sulla necessità di acquisire o potenziare specifiche competenze nella guida e gestione del gruppo classe; c. sulla necessità di condividere con i colleghi valori, idee e pratiche didattiche (cooperative teaching) per porre le basi di una scuola intesa come Comunità di Apprendimento. Nell’attività formativa gli insegnanti apprendono il “metodo attraverso il metodo” diventando protagonisti del processo di apprendimento e lavorando a coppie e gruppi. Il tempo di lezione frontale è usato per dare indicazioni di carattere teorico-pratico, a partire dalle attività svolte. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 93 3.6 La metodologia ludica FABIO CAON La glottodidattica ludica è una metodologia che realizza i principi fondanti della pedagogia umanistico-affettiva e dell’approcciocomunicativo, usando il gioco come modalità strategica per il raggiungimento di obiettivi formativi e linguistici. I principi a cui si fa riferimento sono: a) la centralità dello studente; b) l’attenzione alle componenti psico-affettive e motivazionali che influenzano il processo di apprendimento: attenuazione di situazioni che possano generare ansia o stress negativo negli studenti (ipotesi filtro affettivo di Krashen); c) l’attenzione ai bisogni comunicativi dello studente; d) l’interesse per la componente sociale della comunicazione e l’uso della lingua come strumento di interazione. Perché il gioco come “modalità strategica”? Perché nel gioco si integrano potenzialmente: impegno cognitivo, divertimento, uso autentico della lingua, sviluppo di relazioni sociali, abilità personali (linguistiche, psicomotorie, ecc). Ma il gioco inteso come esperienza complessa e formativa non basta a giustificare una proposta glottodidattica. Risulta fondamentale che il docente finalizzi questi fattori all’apprendimento linguistico e che quindi riesca a mantenere l’aspetto coinvolgente, motivante e sfidante del gioco libero armonizzandoli con obiettivi linguistici ed educativi. Per promuovere questo valore formativo del gioco didattico il docente deve necessariamente porsi come obiettivo la creazione di un ambiente di apprendimento caratterizzato da motivazione profonda, intrinseca, da coinvolgimento multisensoriale e da piacere della sfida, valorizzare la cooperazione e ridurre le situazioni di stress intraed inter-personale che possono sorgere in attività di tipo competitivo. Deve quindi porre attenzione sia ai games (ovvero alle tecniche didattiche ludiche che mantengano il carattere impegnativo, sfidante e piacevole del gioco libero ma che siano pensate sulla base di obiettivi d’apprendimento) che al play (ossia al clima di classe). 94 GRAZIANO SERRAGIOTTO La metodologia ludica quindi non è la proposta estemporanea di giochi intesi come passatempo, riempitivo tra momenti “seri” della lezione, bensì la creazione di un ambiente significativo d’apprendimento caratterizzato da ludicità diffusa, in cui si integrano forti spinte motivazionali con aspetti affettivo-emotivi, cognitivi e sociali dell’apprendente. 3.7 La metodologia CLIL GRAZIANO SERRAGIOTTO L’acronimo inglese CLIL (Content and Language Integrated Learning ) significa l’apprendimento integrato di lingua e contenuti. Tale denominazione mette in risalto come ci sia un equilibrio tra l’apprendimento delle varie discipline e quello della lingua italiana. Il CLIL è sicuramente un approccio innovativo che ha come obiettivo il plurilinguismo; favorisce l’integrazione curricolare e comprende una varietà di modi di insegnare e di situazioni talmente flessibili che ogni docente o gruppo di docenti può decidere il percorso da seguire e le modalità più adatte per la propria classe, decidendo anche eventuali modifiche da fare in itinere per migliorare l’apprendimento. Lo scopo glottodidattico è sicuramente diverso tra l’insegnamento della lingua italiana e l’uso veicolare di quest’ultima: nel primo caso il docente insegna la lingua italiana, nel secondo egli promuove la lingua italiana; nel primo caso lo studente impara le abilità e apprende ad usare la lingua italiana, mentre nel secondo caso lo studente usa le abilità acquisite e usa la lingua italiana per apprendere. È molto importante focalizzare la nostra attenzione sui termini “insegna” versus “promuove” e “impara” versus “usa” dove il ruolo della lingua non viene ad essere metalinguistico ma serve da tramite per acquisire dei contenuti non linguistici. In questo modo l’acquisire una lingua non viene visto come fine a sé stesso ma può essere il mezzo che permette di arrivare ad altri contenuti. Usando il CLIL come approccio didattico si vengono a creare una serie di situazioni favorevoli determinate da alcuni fattori: SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 95 a) un aumento della quantità di esposizione all’italiano: l’italiano non verrebbe utilizzato soltanto nelle ore canoniche di insegnamento della lingua italiana, ma verrebbe usato anche nell’orario di altre discipline e questo favorirebbe i livelli di competenza nella lingua italiana; b) una maggiore qualità di esposizione all’italiano: l’insegnamento integrato di lingua italiana e contenuti può favorire un insegnamento di tipo interattivo e assicurare un certo livello qualitativo perché molto spesso è richiesta una profondità di rielaborazione che non si avrebbe in un insegnamento tradizionale; c) una maggiore motivazione all’apprendimento: diventando il contenuto della materia il focus dell’attenzione anche gli allievi che non presentano un’attitudine particolare per l’apprendimento linguistico o che non amano in modo particolare le lingue possono seguire la logica cognitiva delle discipline e allo stesso tempo potrebbero potenziare l’italiano o altre lingue straniere con attività che possono essere considerate incidentali, proprio perché non sono state costruite primariamente per questo scopo. Nella progettazione di un percorso CLIL dovremmo considerare delle variabili in base alla classe: livello, tipo di studenti e di insegnanti coinvolti; al modello operativo CLIL: una lezione, alcune unità didattiche, un modulo, gli insegnanti lavoreranno in sinergia o in copresenza; all’area curricolare/extracurricolare: verranno analizzati i temi e gli argomenti del percorso; alla competenza chiave del contenuto (obiettivi): conoscenze, concetti, fatti; al lessico chiave: individuare il lessico e scegliere le tecniche per farlo memorizzare e riutilizzare; alle abilità linguistiche attivate, alle abilità di studio coinvolte e ai processi cognitivi; alla metodologia e ai materiali usati. 3.8 La ricerca-azione MARIA DE LUCHI Nata negli Stati Uniti degli anni ’40 come metodo di analisi nel campo delle scienze sociali, la Ricerca Azione (RA) si è sviluppata 96 GRAZIANO SERRAGIOTTO come approccio metodologico che consente agli insegnanti di operare un’analisi approfondita delle situazioni reali che si creano in classe e operare dei cambiamenti. La RA presuppone che i docenti siano disponibili a riflettere criticamente sulle loro azioni e su ciò che esse rappresentano non solo agli occhi di chi le progetta, ma anche di chi le vive come studente o come osservatore esterno, ossia il docente o esperto incaricato di realizzare un ciclo di osservazioni dirette nella classe di progetto. La riflessione, da procedimento centrato sul sé, diventa quindi un’operazione “plurale”, determinante per lo sviluppo di un’autentica maturità professionale. La RA ha una dimensione collaborativa: il docente d’aula lavora con i colleghi del gruppo di progetto e con l’osservatore esterno alla costruzione di adeguati strumenti di raccolta dati, sia di tipo soggettivo (diari, interviste, note sul campo, questionari) e oggettivo (schede di osservazione, registrazioni audio e video) e alla successiva analisi e valutazione del percorso. Scopo della RA è migliorare la prassi educativa; è quindi legata ad un contesto specifico ed è orientata al cambiamento. Il gruppo di progetto non parte da un’ipotesi pre-definita, ma esplora il contesto naturale e culturale, raccoglie dati grazie all’utilizzo di strumenti idonei e li interpreta mediante descrizioni ed analisi di tipo qualitativo-interpretativo, la cui validità è assicurata dalla correlazione (triangolazione) tra dati provenienti da diversi punti di vista. In tal modo, ad esempio, le risposte ad un questionario proposto al docente verranno messe a confronto con le risposte fornite dagli studenti in un questionario parallelo e correlate con le osservazioni realizzate in classe dall’osservatore esterno. La RA non mira alla generalizzazione degli esiti della ricerca e segue un percorso rigoroso e sistematico, che si sviluppa secondo le seguenti fasi: a. ricognizione, prima esplorazione e messa a fuoco del problema; b. pianificazione, progettazione di contenuti e azioni con l’obiettivo di migliorare l’azione; c. azione, messa in atto del piano; d. osservazione e monitoraggio dell’azione nel suo svolgersi, mediante utilizzo di strumenti appositi; e. riflessione condivisa e valutazione dei dati raccolti e del processo, a cura del gruppo di pro- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 97 getto. Il percorso ha un andamento ciclico a spirale, in quanto la fase finale può comportare l’esigenza di rivedere il piano generale e avviare una nuova azione. 3.9 Le classi plurilivello ad abilità differenziate FABIO CAON L’intervento mira a fornire agli insegnanti le coordinate teoriche e soprattutto delle proposte operative per insegnare in contesti complessi quali le CAD (Classi ad Abilità Differenziate) e soprattutto le CAD plurilingue e multilivello. La nuova realtà delle classi con presenza di studenti stranieri, infatti, ha posto gli insegnanti di fronte a nuove sfide tanto sul piano glottodidattico quanto su quello educativo ed interculturale. Una identificazione sia dei nodi critici di una classe plurilivello che delle potenzialità di un gruppo di studenti ad abilità differenziate rappresenta quindi la base su cui rendere consapevoli i docenti per poi proporre strategie e tecniche finalizzate a valorizzare i singoli studenti e le dinamiche relazionali. Da tale prima identificazione dei fattori di differenziazione in classe e dei fattori di differenziazione in una classe multiculturale e plurilivello si passa a trattare il problema centrale della comprensione linguistica. Il processo di comprensione infatti è fondamentale perché ad esso è collegato non solo lo sviluppo dell’interlingua, il miglioramento della competenza comunicativa, cognitiva e metacognitiva ma anche il miglioramento dello stato psicologico dello studente. Infatti, da interviste condotte su studenti migranti e concernenti il loro inserimento nella scuola italiana, abbiamo potuto evincere che la non comprensione della comunicazione scolastica (sia in termini propriamente linguistici che in termini culturali) ha profonde ripercussioni sulla loro percezione psicologica. Da questi questionari è emerso infatti che essi si sentono spesso non accolti per non dire apertamente rifiutati. 98 GRAZIANO SERRAGIOTTO Tale sensazione di rifiuto, anche se spesso non motivata, ha comunque gravi ricadute sull’autopercezione e sul senso di autoefficacia e genera demotivazione allo studio e alla partecipazione alla vita sociale della classe, determinando infine, in un circolo vizioso, un rallentamento nel processo di apprendimento della L2 e nella socializzazione. Una volta delineato il problema e inquadrate le possibili differenze in una classe, ci si concentra sulla differenza in classe: è da considerarsi risorsa o problema? Sulla base di questa domanda si articola quindi una riflessione metodologica che ovviamente possa rendere la differenza una risorsa e non un problema. Lo scopo di questa riflessione è di giungere al concetto di facilitazione dell’apprendimento per gli studenti eccellenti e in difficoltà e, in modo particolare, per gli studenti migranti. A tal scopo verranno proposte delle tecniche didattiche per l’apprendimento linguistico in CAD che si inseriscono negli approcci costruttivista e umanistico-affettivo e che si basano sulla metodologia cooperativa rielaborandola e adattandola a tali specifici contesti di insegnamento/apprendimento. Da questa presentazione di tecniche didattiche si giungerà quindi a proporre il modello operativo progettato e sperimentato nelle CAD: l’Unità Stratificata e Differenziata. Il modello verrà presentato attraverso delle USD già elaborate in modo da farne risaltare l’applicabilità in classe e nello stesso il rigore scientifico della sua elaborazione. La proposta delle strategie di stratificazione e di differenziazione (altri concetti chiave, insieme alla cooperazione, nel modello) attraverso la presentazione di esperienze già effettuate nelle classi e nei laboratori di italiano L2, vuole, da un lato dimostrare la realizzabilità di percorsi differenziati (in ottemperanza a quanto richiede la normativa concernente gli studenti migranti –DPR 394, 31/8/99); dall’altro presentare un possibile percorso sostenibile per poter gestire efficacemente l’apprendimento linguistico per tutti gli studenti (eccellenti ed in difficoltà) e per potenziare nel contempo le dinamiche positive di cooperazione, di aiuto e tutoraggio reciproco tra gli studenti e la relazione significativa tra docenti e studenti. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 99 3.10 Il laboratorio di italiano L2 BARBARA D’ANNUNZIO Il laboratorio può essere inteso in modi differenti, può assumere diverse modalità organizzative e la metodologia didattica può variare in funzione del contesto scolastico in cui viene implementato e dei bisogni linguistico-formativi degli studenti. Fatta questa doverosa precisazione, noi definiamo il laboratorio di Italiano L2 come uno spazio all’interno della scuola in cui gruppi di allievi non italofoni (ma, nel caso di laboratori interculturali o di studio disciplinare, possono essere coinvolti attivamente anche allievi italofoni) di differente età, lingua, etnia, competenza in L2 e tempo di permanenza in Italia possono imparare l’italiano in un contesto connotato da una attenzione non solo alla didattica specifica della lingua seconda ma anche – e soprattutto – agli aspetti psicologici (affettivi ed emotivi), psicomotori, neurolinguistici e sociopragmatici legati all’apprendimento. A questo, va aggiunta un’attenzione all’insegnamento della cultura italiana in una prospettiva interculturale, di valorizzazione delle diverse culture in quanto apportatrici di saperi nuovi. Nel laboratorio, dunque, è l’intera persona – non solo l’apprendente – che sta dietro all’allievo ad essere al centro del processo matetico. In questo processo, assumono rilevanza i bisogni formativi e gli interessi personali degli studenti, le loro aspettative, i loro investimenti affettivi, le loro peculiarità caratteriali, il loro vissuto personale, la loro esperienza pregressa, la loro biografia linguistica e culturale, il loro stile cognitivo. La lingua, in laboratorio, si lega quasi sempre all’esperienza concreta, alla sperimentazione diretta, all’interesse dell’allievo (sia quello di conoscere i compagni e il nuovo mondo che lo circonda o quello di comprendere un capitolo di storia per ottenere un successo scolastico); essa deve essere presentata in modo accessibile rispetto alle sue competenze pregresse, motivante e piacevole rispetto agli scopi scolastici e personali, sfidante rispetto allo sviluppo cognitivo. La classe di laboratorio è multietnica e presenta un alto livello di eterogeneità. Per comprendere il contesto “laboratorio” è fondamen- 100 GRAZIANO SERRAGIOTTO tale, dunque, presentare sinteticamente le caratteristiche principali di una classe plurilivello e multietnica. Infatti, ogni classe è in realtà composita, “plurilingue” poiché plurimi sono gli “alfabeti” degli studenti, i loro saperi personali, il loro bagaglio d’esperienze, le loro motivazioni allo studio, i loro stili cognitivi e d’apprendimento, le loro competenze linguistiche e relazionali. Essa, allora, amplifica la complessità poiché, oltre alle differenze individuali proprie di ogni studente, aggiunge quelle derivanti dalla differenza linguistica, dalla cultura d’appartenenza e quelle di ordine psicologico legate alla condizione di migrante. Tali complessità, mettono il docente di fronte alla necessità di ripensare la propria pratica didattica anche attraverso la rinuncia all’idea che ci possa essere un’unica soluzione metodologica; le soluzioni sono molte ed ogni volta diverse poiché esse vengono determinate in buona parte nella relazione con gli studenti. Il docente deve essere in grado di costruirsi una metodologia personale che, pur attingendo da indicazioni teoriche precise (approccio umanistico affettivo e comunicativo, costruttivismo sociale, ad esempio) dovrà poi essere adattata e costruita a partire dal contesto in cui si trova ad agire, nello sforzo creativo di mediazione tra indicazioni del programma, realtà psicologica dei suoi studenti e caratteristiche dell’ambiente in cui si trova ad operare. 3.11 Tecnologie glottodidattiche PAOLA CELENTIN Questo tema può essere affrontato in maniera tangenziale, in una sessione breve, oppure può costituire il nucleo forte di un intero corso; qui privilegiamo la prima ipotesi, in quanto quella più diffusa, ma la seconda è facilmente deducibile da questa per espansione dei tempi dedicati alla realizzazione laboratoriale di materiali. La lezione vuole dare un inquadramento generale al ruolo delle tecnologie nell’insegnamento delle lingue straniere o seconde. Si tratterà in particolar modo del computer, dell’uso di Internet e della posta elettronica. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 101 L’autonomia del discente è un concetto che ha sempre maggiore diffusione, nella convinzione che prendendo le redini della propria attività di apprendimento, si riesca effettivamente ad acquisire una lingua straniera in modo definitivo ed efficace. Il contesto di apprendimento diviene quindi centrato sullo studente. Ciò significa sostanzialmente promuovere il long life learning. Le tecnologie glottodidattiche permettono di potenziare notevolmente l’autonomia di apprendimento dello studente, ovviamente se opportunamente sfruttate. Le tecnologie devono essere considerate come uno strumento che permette di aggiungere possibilità e risorse all’insegnamento tradizionale ma è scorretto e irreale sia pensare che possano sostituire l’insegnante, sia utilizzarle per svolgere attività che possono essere fatte più agevolmente con carta e penna. Per quanto riguarda l’uso del computer si vedrà: a. l’uso di software specifico per la didattica dell’italiano a stranieri (caratteristiche dei materiali e modalità d’uso in classe, in laboratorio multimediale, a casa); b. l’uso di software generico (come sfruttare i software normalmente presenti sui computer scolastici per l’apprendimento/insegnamento dell’italiano). Per quanto riguarda Internet si vedrà: a. il valore pragmatico-comunicativo di Internet e le sue implicazioni glottodidattiche; b. alcune attività didattiche realizzate a partire da siti Internet non dedicati all’apprendimento dell’italiano (web-quest, cacce al tesoro, ecc.) c. alcuni siti per l’insegnamento/apprendimento dell’italiano. Per quanto riguarda la posta elettronica si vedrà: a. l’uso della posta elettronica in esperienze di tipo Tandem b. la correzione dell’errore nello scambio via posta elettronica. La sessione breve ha carattere prevalentemente teorico, mentre il corso incentrato sulle tecnologie glottodidattiche (realizzato in ambiente idoneo, attrezzato con computer e connessione ad Internet) 102 GRAZIANO SERRAGIOTTO prevede momenti teorici alternati a fasi pratiche in cui vengono concretamente messe in atto le indicazioni sopraesposte. 3.12 Uso della canzone FABIO CAON Si prendono le mosse dalla capacità della musica leggera di emozionare, di legarsi “naturalmente” alla memorizzazione dei testi grazie alla ripetizione del cantato, di attivare processi affettivi, d’identificazione in un gruppo sociale, quindi di rappresentare un profondo fattore motivazionale per lo studio dell’italiano. Non vanno dimenticate nemmeno le indicazioni fornite in ambito psico- e neurolinguistico sulla valenza della musica nell’attivazione di entrambi gli emisferi e della possibilità di garantire stati di rilassatezza o di concentrazione che migliorano in modo decisivo i processi cognitivi. La canzone d’autore, in particolar modo, in virtù della specifica attenzione posta dai suoi principali esponenti nell’uso ricercato della lingua italiana, oltre che strumento per l’insegnamento della lingua e della cultura, può risultare anche un valido strumento per avvicinare gli studenti all’analisi del testo letterario. La musica leggera presenta potenzialità positive per l’apprendimento linguistico poiché essa: a. facilita l’attivazione di una motivazione basata sul piacere; b. permette di sviluppare collegamenti mentali con altre canzoni sia sull’asse sincronico che diacronico; c. permette di sviluppare percorsi di educazione storica ed interculturale; d. permette di sviluppare percorsi interdisciplinari; e. permette di lavorare su contenuti culturali; f. favorisce la memorizzazione di fonemi, lessico, strutture; g. può permettere di lavorare efficacemente sulla pronuncia; h. può favorire lo sviluppo in classe di dinamiche sociali positive, legate alla condivisione di interessi, di conoscenze, di passioni; i. presenta evidenti aspetti di ludicità, utili per l’apprendimento significativo; SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 103 j. è uno stimolo polisemico, che può essere mono- o multisensoriale, può permettere quindi un lavoro complesso, a più dimensioni. Se non sono accompagnate da un’attenta proposta pedagogica, le potenzialità restano tali e possono rivelarsi non solo poco “produttive” in termini di sviluppo di competenze, ma addirittura controproducenti: gli aspetti culturali impliciti possono impedire la comprensione e l’isoritmia, ossia il rapporto di identità o differenza tra il ritmo del “parlato” e quello del “cantato”(può creare problemi se non è limitato con la scelta di canzoni in cui ci sia una pronuncia chiara e ben scandita, di un cantato che abbia un’accentuazione e una durata delle parole simili a quelle del parlato). 3.13 Uso del cinema e della tv MARIO CARDONA Non si tratta solo di un sussidio, ma di un catalizzatore in quanto consente di impostare il percorso didattico in modo nuovo sfruttando le potenzialità del mezzo multimediale, oggi integrate nei percorsi ipermediali e ipertestuali consentiti dal computer e dalla rete. L’uso di materiale audiovisivo in classe presenta vantaggi di diversa natura: a. neurolinguistica: l’input multimediale consente di elaborare l’informazione attraverso la modalità visiva e uditiva il che dà un maggior consolidamento della traccia mnestica e la creazione di connessioni profonde a livello della memoria semantica a lungo termine. La maggior stabilità del ricordo consente un’acquisizione linguistica più stabile e profonda, tenendo conto che in presenza di uno stimolo di tipo audiovisivo l’attività cerebrale coinvolge entrambe gli emisferi; b. linguistici: una sequenza audiovisiva consente di visualizzare il contesto sociolinguistico nel quale avviene l’evento comunicativo, di lavorare sugli aspetti gestuali, oggettuali, cinesici, prossemici, vestemici, cronemici ecc. Si tratta dunque di percorsi di- 104 GRAZIANO SERRAGIOTTO dattici molto utili a sviluppare la competenza sociopragmatica, la competenza culturale ed interculturale; c. motivazionali: il materiale autentico contenuto nella sequenza audiovisiva consente un alto livello di motivazione. L’importante è scegliere il documento che per contenuti e caratteristiche si avvicini ai bisogni degli allievi e susciti la loro curiosità e attenzione. L’insegnante ha a disposizione un’ampia gamma di possibilità, dalla pubblicità, al videoclip, dalla sequenza di un film, al dibattito, dal documentario al telegiornale ecc. Sulla base delle caratteristiche descritte e per sfruttare appieno le ampie possibilità didattiche del materiale audiovisivo, è importante che gli insegnanti sappiano: a. selezionare il materiale in base agli obiettivi linguistici ed alle mete culturali; b. analizzare la sequenza audiovisiva nelle sua componenti linguistiche ed extralinguistiche per saperne trarre i maggiori vantaggi didattici; c. predisporre attività didattiche a partire dal documento multimediale (sfruttando anche le possibilità di blocco immagini, visione senza suono ecc.) che consentano comprensione profonda e riflessione sulla lingua; d. contestualizzare il percorso didattico incentrato sul video all’interno di una programmazione organica e coerente e non considerarlo solo come un’attività occasionale. 3.14 Insegnare ad adulti PAOLA BEGOTTI Si deve definire anzitutto il concetto di “adultità” ponendo il problema di quali parametri adottare per poter definire una persona “adulta”. Si offrono poi i lineamenti teorici sulla formazione degli adulti: a. La necessità di una formazione per tutto l’arco della vita: il Lifelong Learning (LLL) e b. Lifewide Learning (LWL); SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI c. d. e. f. g. 105 le caratteristiche dell’adulto in rapporto alla formazione; Knowles e il modello andragogico; Rogers e la psicologia umanistica; Maslow e la piramide dei bisogni; Demetrio e le teorie dell’identità e le pedagogie dello sviluppo. Si dovranno considerare le problematiche legate alla glottodidattica destinata ad adulti: a. quale tipologia di adulti necessita di formazione linguistica; b. la motivazione e i bisogni linguistici degli adulti; c. i Progetti Europei per l’insegnamento delle lingue straniere ad adulti. In particolare si porranno in evidenza le tematiche strettamente correlate all’insegnamento dell’italiano come LS o L2 ad adulti, quindi: a. le istituzioni che offrono corsi di italiano a stranieri adulti in Italia e all’estero; b. il ruolo e le caratteristiche di un docente di lingua per studenti adulti; c. approcci, metodi e tecniche adatte a destinatari adulti in base anche alle loro conoscenze linguistiche pregresse e ai loro stili cognitivi e di apprendimento; d. l’utilizzo delle tecnologie con lo studente adulto; e. la valutazione e l’autovalutazione dello studente adulto; f. indicazioni del Common European Framework of Reference per la glottodidattica ad adulti. Questa lezione può essere introduttiva di un corso monografico destinato a docenti che lavorano esclusivamente con studenti adulti e può essere collegata a lezioni sulle microlingue, sulla letteratura, sull’uso della canzone, del cinema e della TV, sui problemi interculturali. 106 GRAZIANO SERRAGIOTTO 3.15 Insegnare a bambini MARIA CECILIA LUISE Sono ormai consolidate e riconosciute le numerose motivazioni che giustificano un insegnamento precoce di una lingua straniera: ma insegnare l’italiano come lingua straniera (all’estero), seconda (in Italia) o etnica (cioè l’italiano della comunità di emigranti, che spesso sono all’estero da due o più generazioni) a studenti molto giovani richiede attenzioni metodologiche specifiche, che tengano conto delle caratteristiche cognitive e di personalità di soggetti ancora in formazione. I tradizionali modelli metodologici e operativi utilizzati nell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera e come lingua seconda, spesso pensati per studenti adulti o per un indifferenziato pubblico di destinatari, devono quindi essere adattati quando sono rivolti a bambini. In particolare l’attenzione va posta su: a. la dimensione affettiva, i bisogni non solo comunicativi, le caratteristiche di personalità e le esperienze pregresse dei bambini; b. l’accentuazione della dimensione formativa accanto a quella utilitaristica dello studio di una lingua: un bambino non possiede infatti la nozione di “bisogno” linguistico, a meno che non si tratti di italiano L2 in Italia dove l’urgenza integratoria è fondamentale; c. la cura per la crescita cognitiva e delle funzioni psicologiche superiori legata all’acquisizione di una lingua in soggetti in età di sviluppo; d. la valorizzazione e la realizzazione sistematica di percorsi interdisciplinari: la dimensione dell’educazione linguistica integrata costituisce l’ambiente più produttivo per l’insegnamento delle lingue a bambini; e. la centralità della dimensione ludica, cioè di una didattica basata sul gioco inteso non solo come svago o divertimento, ma soprattutto come modalità privilegiata per imparare una lingua, per sperimentarla, per fare cose con la lingua; f. la necessità di un approccio sistematico, induttivo, concreto, ludico alla riflessione linguistica e alla dimensione metacognitiva, da- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 107 to che è accertato che anche con i bambini non si può basare un curricolo di lingua straniera solo sulle abilità di uso della lingua, ma che vanno considerate anche quelle sull’uso della lingua. Sul piano della pratica glottodidattica, insegnare una lingua a bambini comporta un adattamento del modello dell’Unità di Acquisizione, con la dilatazione delle fasi di motivazione e globalità, e l’utilizzo di una grande varietà di tecniche glottodidattiche, che vanno proposte in chiave esperienziale, pratica, operativa, concreta, ludica, multisensoriale. L’argomento può essere affrontato non solo sul piano della riflessione teorica, ma anche su quello pratico e laboratoriale, attraverso l’analisi dei materiali didattici non solo cartacei a disposizione dell’insegnante di lingua a bambini, la creazione di percorsi e materiali ad hoc, e attraverso l’approfondimento di argomenti e metodologie specifiche quali per esempio lo storytelling e il Total Physical Response. 3.16 L’accostamento all’italiano in età prescolare MICHELE DALOISO A seguito di numerose sperimentazioni e ricerche glottodidattiche in ambito italiano ed internazionale è stato riconosciuto che se i bambini entrano in contatto con una seconda lingua fin dalla più tenera età ne trarranno benefici sia in termini di acquisizione linguistica sia di sviluppo cognitivo, culturale, semiotico. Per quanto riguarda l’italiano all’estero, a fronte di una crescente tendenza ad anticipare l’accostamento all’italiano fin dalla più tenera età, è necessaria una formazione glottodidattica specifica su: a. le peculiarità acquisizionali dei bambini in età prescolare, ossia la conoscenza dei meccanismi neuropsicologici che vengono attivati per l’acquisizione delle lingue in questa fascia d’età (neurosensorialità, tipi di memorizzazione, strategie cognitive, ecc.); b. il linguaggio dei bambini piccoli, i quali possiedono un certo livello di competenza linguistica in lingua madre (tipo di lessico, 108 GRAZIANO SERRAGIOTTO funzioni comunicative privilegiate) su cui è possibile far leva per accostarli ad una nuova lingua; c. le teorie e le metodologie psicopedagogiche e glottodidattiche specifiche per l’infanzia, al fine di acquisire competenze mirate per la programmazione didattica, la selezione dei contenuti linguistici ed educativi, la scelta di tecniche ludiche adeguate all’età degli allievi; d. i possibili modelli organizzativi, che dovranno mirare alla piena integrazione dell’italiano nel contesto scolastico prescolare (attraverso, ad esempio, lo svolgimento di alcune routine scolastiche in italiano, la programmazione di percorsi interdisciplinari, ecc.), affinché esso sia percepito dai bambini come parte integrante della scuola. Oltre a quanto sopra descritto, nel contesto dell’italiano lingua seconda sono necessarie alcune riflessioni specifiche su: le caratteristiche linguistiche, paralinguistiche ed extralinguistiche che deve avere l’input rivolto a bambini piccoli per facilitare la comprensione e la comunicazione; il legame tra sviluppo dell’italiano lingua seconda e crescita complessiva del bambino straniero; la necessità di programmare percorsi congiunti di acquisizione dell’italiano e sviluppo psicomotorio, cognitivo, ecc. secondo le indicazioni dei Campi di Esperienza; i modelli operativi e le tecniche praticabili in un contesto di presenza simultanea di allievi stranieri e italofoni molto piccoli. 3.17 Letteratura per l’infanzia in chiave glottodidattica MICHELE DALOISO I bambini amano ascoltare storie e imparare filastrocche e poesie. Raccontare fiabe e proporre filastrocche in italiano, dunque, può rappresentare uno strumento efficace sia per favorire l’acquisizione linguistica facendo leva su un tipo di attività potenzialmente motivante e familiare agli allievi, sia per promuovere una prima forma di educazione letteraria, favorendo un rapporto affettivo con il testo letterario. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 109 Proporre la letteratura per l’infanzia in contesto di lingua straniera o seconda, tuttavia, richiede che il docente possegga competenze specifiche su: a. le tipologie di testi che appartengono alla letteratura per l’infanzia: da un lato i testi per bambini condividono caratteristiche comuni (coinvolgimento, melodia, rapporto ricorrenza/cambiamento, ecc.) dall’altro ogni tipologia testuale presenta alcune peculiarità; le fiabe, ad esempio, hanno una struttura narrativa ben definita e spesso utilizzano meccanismi linguistici che favoriscono la comprensione (ritornelli, dialoghi ricorrenti, ecc.), ma al contempo vanno adattate al livello linguistico e cognitivo degli allievi; b. i criteri per la selezione e l’adattamento dei testi per bambini: raramente è possibile proporre una fiaba per bambini italiani in un contesto di lingua straniera o seconda senza intervenire sul testo o predisporre supporti per facilitare la comprensione; è fondamentale quindi conoscere le possibili strategie glottodidattiche che favoriscono l’accessibilità al testo, tenendo presenti le competenze sia linguistiche sia narrative degli allievi; c. le tecniche per il racconto di una storia in lingua straniera/seconda: i bambini, specialmente se piccoli, si aspettano che una storia venga raccontata e interpretata dall’adulto, non semplicemente letta; per tale ragione è fondamentale che l’insegnante conosca le strategie linguistiche, paralinguistiche ed extralinguistiche che può attivare per favorire la comprensione della storia; d. le tecniche glottodidattiche associabili ai testi per bambini: le fiabe, le filastrocche e le poesie per bambini devono costituire il punto di partenza per attività più propriamente glottodidattiche finalizzate allo sviluppo della competenza comunicativa in italiano. Specialmente nel contesto di italiano lingua seconda, inoltre, la letteratura per l’infanzia può rappresentare un ottimo strumento sia per gestire le differenze linguistiche (attraverso un’accorta diversificazione di consegne, compiti, materiali, versioni dei testi, ecc.) sia per educare all’interculturalità, progettando percorsi di scoperta e 110 GRAZIANO SERRAGIOTTO condivisione degli elementi transculturali che accomunano le fiabe provenienti da tradizioni culturali diverse. 3.18 Didattica dell’italiano L2 per la comunicazione di base PAOLA CELENTIN Questa lezione ha carattere generale introduttivo alla complessa tematica dell’insegnamento/apprendimento dell’italiano come L2. La lezione ha carattere teorico-pratico in quanto collega nozioni provenienti dagli ambiti della linguistica acquisizionale, della pedagogia interculturale e delle neuroscienze a strategie di intervento glottodidattico. L’organizzazione della lezione è di natura interattiva: il formatore stimola la riflessione degli insegnanti sulla propria esperienza di insegnamento a stranieri e cerca di incanalare le loro esperienze nel solco delle linee guida proposte. Il percorso tipo di questa lezione prevede: a. la definizione del concetto di successo scolastico per gli studenti stranieri; b. la definizione del concetto di competenza comunicativa e la declinazione della stessa nelle sue sottocompetenze; c. la distinzione fra L2, LS, LM e LE; d. la presentazione della “teoria dell’iceberg” di Cummins e l’evidenziazione dell’importanza del mantenimento della lingua e della cultura d’origine dello straniero; e. la presentazione della dicotomia teorizzata da Cummins fra Basic Interpersonal Communication Skills (BICS) e Cognitive Academic Language Proficeincy (CALP), riflettendo sulla complessità dei compiti richiesti agli studenti; f. differenziazione fra italiano semistandard e italiano standard, in abbinamento alla dicotomia di Cummins citata al punto precedente; g. l’introduzione della nozione di interlingua e la definizione di interlingua basica; SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 111 h. la presentazione di alcuni materiali per la rilevazione delle competenze (non solamente linguistiche) in ingresso e in itinere degli studenti stranieri; i. l’indicazione di alcune tecniche per la facilitazione della comprensione dei messaggi orali trasmessi dall’insegnante durante le proprie lezioni; j. il suggerimento per un percorso metodologico dell’insegnamento dell’italiano come L2 nella scuola. A completamento del percorso formativo della lezione il formatore indica normalmente materiali didattici di varia natura che possano offrire al formando un primo orientamento nel settore. In particolare si sottolinea la necessità di intervenire in primo luogo attraverso strumenti diagnostici di rilevazione delle competenze e delle conoscenze, sia iniziali che in itinere, andando così a presentare alcuni principi fondamentali della Ricerca - Azione (vedi lezione specifica). La lezione si rivela particolarmente significativa nei contesti in cui non sia ancora stato fatto alcun intervento specifico nell’ambito della formazione del corpo docente alle tematiche della didattica dell’italiano come L2 in quanto ha carattere di sensibilizzazione e di problematizzazione. 3.19 La facilitazione e la semplificazione dei testi in italiano L2 MARIA CECILIA LUISE Oltre la lingua della comunicazione, oltre l’aspetto espressivo e interattivo della lingua quotidiana, quando si opera in contesto scolastico con studenti che non possiedono la lingua dell’istruzione come lingua materna, diviene necessario aiutarli ad introdursi come parte integrante nella scuola, fare in modo che possano seguire le lezioni, studiare, leggere i libri di testo, sviluppare le loro capacità cognitive superiori, in nome di un’integrazione che permetta a tutti gli studenti di appropriarsi di strumenti culturali e concettuali. 112 GRAZIANO SERRAGIOTTO La facilitazione e semplificazione dei testi disciplinari si pone come una delle strade per ridurre la distanza tra allievi non italofoni e contenuti ad alto impegno cognitivo e linguistico quali sono quelli propri delle materie scolastiche. I punti chiave dell’argomento sono: a. le teorie di Jim Cummins relative alle difficoltà che incontrano nell’affrontare il curricolo scolastico gli studenti non nativi: il modello della matrice di Cummins fornisce un quadro concettuale per le azioni di facilitazione che la scuola deve mettere in atto con questi studenti che hanno bisogni linguistici specifici e che necessitano di comprendere e acquisire i concetti e le conoscenze disciplinari; b. gli studi sulla leggibilità, sulle tecniche di scrittura controllata e sui testi ad alta comprensibilità, che permettono di analizzare i testi della scuola per valutarne le difficoltà ed eventualmente trattarli al fine di renderli più comprensibili; c. l’analisi del concetto didattico generale di facilitazione, che introduce alle metodologie che accompagnano l’utilizzo in classe di testi semplificati; d. la revisione delle strategie comunicative e della lingua italiana orale che si usa per le spiegazioni, le esposizioni, le istruzioni riguardanti i compiti e le attività scolastiche. Il tema può costituire l’oggetto di un unico incontro, oppure può essere l’argomento di un percorso più lungo, fino ad un intero corso; in questo caso il tema può essere trattato anche sul piano più pratico e laboratoriale, prevedendo attività di analisi di testi disciplinari facilitati e di trattamento di testi disciplinari in chiave facilitante. Un ulteriore approfondimento prevede la creazione di percorsi didattici per la presentazione di testi semplificati in lingua straniera o seconda e per il lavoro degli studenti su di essi, andando quindi a creare, accanto ad uno o più testi, un apposito apparato didattico caratterizzato da flessibilità e stratificazione di obiettivi e attività in funzione di diversi gruppi di livello di destinatari. L’argomento è collegato in modo diretto alle metodologie didattiche specifiche per classi ad abilità miste, alle metodologie di facilita- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 113 zione atte a creare un contesto motivante, quali l’apprendimento cooperativo e la didattica ludica, all’applicazione della metodologia CLIL . 3.20 Bisogni, vissuti e modalità di acquisizione dell’italiano L2: simulazione e riflessione PAOLA CELENTIN Operando da anni nel settore della formazione degli insegnanti di italiano come L2/LS e, in maniera più ampia, con gli insegnanti italiani che hanno a che fare con gli studenti stranieri, ci siamo resi conto che i presupposti teorici e metodologici che stanno alla base del nostro impianto formativo possono essere recepiti e elaborati dagli insegnanti solo se vi è in essi un atteggiamento favorevole, affettivamente positivo e emotivamente coinvolto. Abbiamo quindi provato a premettere ai “tradizionali” corsi di formazione una lezione definita “Bisogni, vissuti e modalità di acquisizione della L2: simulazione e riflessione”, durante la quale cerchiamo di far provare agli insegnanti la condizione vissuta dagli studenti stranieri in una classe italiana, simulando una lezione in una lingua completamente sconosciuta agli insegnanti (cinese, russo, per esempio), costruita in modo da provocare in essi reazioni “forti” e per questo motivo “significative” ai fini formativi. Il modello da noi utilizzato per la simulazione si definisce analogico, cioè un modello che rappresenta la realtà come se, ricreando una particolare situazione e facendo interpretare ai partecipanti i diversi ruoli che la situazione richiede. La “lezione” si sviluppa attraverso le fasi seguenti e dura nel complesso tre ore: 1) stipula di un patto formativo fra formatore e insegnanti; dato l’alto impatto emotivo della simulazione è importante che questo patto fra adulti sia esplicitato chiaramente all’inizio; 114 GRAZIANO SERRAGIOTTO 2) avvio della simulazione vera e propria: il formatore fa lezione per la durata di 50’ in lingua cinese o russa cercando di ricreare il più possibile le condizioni di classe; l’intervento è strutturato come un percorso che da una dalla lezione rigidamente frontale (eminentemente verbale) passa progressivamente ad una lezione più interattiva, attraverso facilitazioni di tipo mimico-gestuale e grafico; 3) conduzione di un debriefing approfondito sull’esperienza condotta, soffermandosi in particolar modo su: a. sensazioni e reazioni dei partecipanti; b. fattori psicologici legati alla condizioni di apprendente di una L2; c. fattori facilitanti e inibenti l’apprendimento di una L2; d. ruolo del vissuto nell’apprendimento di una L2; e. implicazioni culturali e interculturali; f. elementi metodologici nella costruzione e nella conduzione della lezione; g. collegamenti alla didassi quotidiana. La simulazione ricrea l’ambiente della classe che per definizione è un sistema. Il formatore che conduce la simulazione diventa parte di questo sistema e di conseguenza, per svolgere fino in fondo il suo ruolo, entra nella dinamica di trasformazione del sistema stesso. Per poter rilevare con coerenza e obiettività quanto accade in classe è necessario che vi sia un formatore che fa da osservatore esterno e che rileva, attraverso strumenti adeguati, le dinamiche e le interazioni della classe. In questo modo è possibile, in fase di riflessione, triangolare le osservazioni e dare loro una dimensione oggettiva. 3.21 Apprendere lingua attraverso lo sport di squadra FABIO CAON Nella prima parte dell’intervento si presentano le motivazioni e i presupposti scientifici che sostengono l’efficacia dell’attività sportiva per l’apprendimento significativo di una lingua. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 115 In particolare si focalizza l’attenzione sulla multisensorialità e la psicomotricità come aspetti strategici individuandone i collegamenti con i più recenti apporti provenienti dalla neurobiologia del linguaggio e dalla psicopedagogia. Alla trattazione delle teorie di riferimento che offrono la cornice entro cui inquadrare le proposte operative, si fa seguire una loro puntuale declinazione metodologica. Il legame è quello con le metodologie “a mediazione sociale” che hanno cioè nel gruppo al risorsa fondamentale per l’apprendimento. L’interazione tra pari e la valorizzazione delle diverse competenze di cui sono portatori gli studenti, unita all’azione di facilitazione dell’apprendimento svolta dal docente attraverso la creazione di contesti sereni dal punti di vista emotivo e sfidanti dal punto di vista cognitivo, sono le basi di queste proposte metodologiche. Il cooperative learning, il peer tutoring e la didattica ludica opportunamente applicate ed adattate allo sport rappresentano le coordinate metodologiche di riferimento. Il piano eminentemente operativo, ossia quello delle tecniche didattiche, conclude l’intervento formativo. La proposta delle tecniche avviene in modo esperienziale e fortemente coinvolgente per i docenti. Si sperimentano insieme delle tecniche e quindi si unisce l’esperienza concreta “sulla propria pelle” con le teorie scientifiche di riferimento individuando il filo rosso che lega in modo coerente teoria e prassi. Oltre alla dimensione esperienziale si utilizzeranno dei video didattici che mostrano come l’apprendimento della lingua attraverso lo sport si possa poi realizzare operativamente in classe con gli studenti. I video offrono l’occasione per poter poi ragionare con i docenti non solo sugli aspetti metodologici ma anche su quelli organizzativi in modo da offrire strumenti efficaci per la proposta in classe e nelle scuole dei laboratori di apprendimento linguistico attraverso lo sport di squadra. La ricchezza delle esperienze condotte nel settore e l’ampiezza dei materiali didattici prodotti permette di gestire questo intervento formativo in modo flessibile, partendo cioè da una lezione di 3-4 ore 116 GRAZIANO SERRAGIOTTO per poter poi arrivare ad un intero corso di 30 ore basato fortemente formativo nel settore. 4. Problemi interculturali 4.1 Società e scuola multi- ed inter-culturale PAOLO E. BALBONI Il problema non è la differenziazione tra i due concetti, che nel mondo della ricerca è chiara, ma la sua distinzione nella percezione dei non specialisti – e tali sono insegnanti, studenti, famiglie – visto che nei mezzi di comunicazione di massa “multiculturale” ed “interculturale” vengono usati come sinonimi. a. multiculturale versus interculturale Le parole sono chiare, se solo le si osserva con attenzione: la prima prospettiva, quella multiculturale, descrive una società in cui ci sono molte culture, ma queste rimangono “molte”, separate, come macchie d’olio: talvolta si rispettano (ma sono guardinghe l’una verso l’altra), in altre occasioni una goccia d’olio assorbe le altre con cui viene in contatto, come è successo nella goccia WASP americana quando ha assorbito e fuso nel melting pot le gocce di immigrazione italiana, tedesca, polacca, ucraina, ecc. Una società interculturale, invece, è basata sul contagio, sulla contaminazione, sul contatto (tre parole da osservare: iniziano tutte con il prefisso con-, e non a caso): è una società che non ha paura di parole come “bastardo”, “meticcio” e in cui “contagio” e “contaminazione” perdono la connotazione negativa. È una società in cui il prefisso inter-, “fra”, riprende tutto il suo valore pieno. Certamente una società multiculturale è più semplice da gestire, purché le barriere tra le varie gocce d’olio siano ben sicure: si impedisce il conflitto alzando muri sociali, di rispetto, ma anche muri fisici, fatti di cemento o di filo spinato. Una società interculturale invece è aperta ai vantaggi ma anche ai problemi del contagio: è continua- SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 117 mente chiamata a chiedersi se e quale e quanto contagio accettare, quanto opporsi, quanto mescolarsi, quanto vaccinarsi. b. relativismo, tolleranza, rispetto, interesse Sono i vari modelli di interazione nelle società composite: Il relativismo culturale ha la sua origine recente nell’antropologia culturale soprattutto post bellica, come reazione al totalitarismo culturale che aveva dominato la prima parte del secolo breve: è un modello affascinante – ma dichiarare che ogni cultura è ugualmente valida significa che l’infibulazione è una brutta cosa, ma che va rispettata nell’Alto Nilo… La tolleranza è un concetto ben meno nobile, è la buona azione compiuta da chi si sente superiore – ma se è vero che il tollerante si sente gratificato dalla sua tolleranza, è altrettanto vero che per ogni “tollerante” ci sono molti che sono “tollerati” – e prima o poi il tollerato si ribella. Il rispetto è un modello di interazione più complesso e alto, ma spesso viene utilizzato in maniera ipocrita: “io rispetto te [nel tuo quartiere degradato] e tu rispetti me [nella mia villa con piscina]”. L’interesse è un concetto etimologicamente chiaro: inter esse, “essere in mezzo”. In una società multiculturale basta un rispetto superficiale, formale; una società interculturale richiede un rispetto nutrito di interesse e di attenzione per l’altro, di studio reciproco, pretende la disponibilità ad essere contagiato non solo dai modelli superficiali (il cous cous magrebino, magari precotto e mangiato insieme alle salsicce di maiale), ma anche dai valori profondi, dal senso della vita (con il rischio di un miscuglio acritico come la religiosità new age). Chiarire a noi e agli altri quale dei quattro modelli relazionali visti qui ispira le nostre azioni può essere un buon modo di prevenire l’asprezza nei conflitti e per gestire la differenza. 118 GRAZIANO SERRAGIOTTO 4.2 Problemi interculturali nella classe multietnica ELISABETTA PAVAN Spesso la realtà in cui il docente si trova ad operare è quello di una classe multietnica, in cui stili di insegnamento e di apprendimento assumono un ruolo di somma importanza, da qui la necessità di introdurre strategie di insegnamento/apprendimento diversificate in rapporto al gruppo classe che si ha di fronte, affrontare le materie in un’ottica interculturale e avviare percorsi di riflessione sui problemi che possono emergere dal contatto con persone di culture diverse. Questo modulo può essere affrontato autonomamente, tuttavia sono auspicabili dei prerequisiti relativamente alla riflessione sulle implicazioni legate alla distinzione dei due termini ‘multiculturale’ e ‘interculturale’ e sulla didattica della cultura. Lo scenario legato alla classe multietnica deve considerare vari fattori, tra i quali i valori legati alla cultura di appartenenza degli studenti e i diversi stili cognitivi, Si esaminano le culture di appartenenza e si verifica quanto queste possano influenzare la formazione degli stili di apprendimento degli studenti. Relativamente al docente si presenta quanto quest’ultimo debba tenere in considerazione questi elementi in relazione al suo stile di insegnamento e alla programmazione del corso, utilizzando i diversi metodi in maniera consapevole e finalizzata all’armonizzazione con gli stili cognitivi e le culture di appartenenza degli studenti. Un adeguato sviluppo di una prospettiva interculturale nell’insegnamento deve prevedere inoltre una adeguata riflessione anche in relazione alle discipline insegnate e alla valorizzazione dei saperi, ripensando le implicazioni legate a materie quali l’educazione linguistica e letteraria, storia, educazione artistica ecc. e al loro insegnamento anche attraverso testi semplificati. Si presentano dei modelli operativi sia in relazione alla didattica interculturale nella classe multietnica che in relazione a come affrontare le varie discipline con una diversa chiave di lettura. Tra i problemi da considerare si vedano gli stili legati alla conversazione, esposizione, ascolto, livello di attenzione, rapporto con il SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 119 docente e con i compagni, approccio alla disciplina, rapporto con il tempo, rispetto delle regole, contatto fisico con docenti e compagni, alimentazione, competenza cinesica, prossemica, oggettuale, ecc. 4.3 L’approccio al sapere degli studenti stranieri: cultura e stili cognitivi FRANCESCA DELLA PUPPA Insegnare l’italiano a stranieri significa considerare la cultura dello studente non solo dal punto di vista sociale, ma anche relativamente allo stile cognitivo e di apprendimento. Ogni cultura influenza la costruzione che il bambino fin dall’età di 4/5 anni si fa dell’immagine di sé come soggetto apprendente. Per creare le condizioni che permettano il raggiungimento del successo nell’acquisizione dell’italiano è importante approfondire il rapporto fra stile di apprendimento dello studente e stile di insegnamento del docente. a. Cultura e stile di apprendimento Ogni individuo si comporta nel modo richiesto dalla cultura in cui si trova a vivere. Fino ai cinque anni biologia e cultura cooperano per la formazione delle teorie di fondo, delle simbolizzazioni, delle categorizzazioni del bambino nei confronti della realtà che lo circonda. Inoltre, in questo stesso periodo, il bambino sviluppa una teoria di sé come agente impegnato nell’apprendimento. Tutto ciò concorrerà a creare in lui delle aspettative, a creare nella sua mente un copione di “apprendimento”. Fino ai cinque anni, inoltre, la cultura stessa, interviene in modo specifico trasmettendo al bambino, tramite gli adulti che lo circondano, il grado di importanza attribuito alle varie competenze intellettuali. Per competenze intellettuali si intende lo sviluppo delle intelligenze multiple e degli stili percettivi della realtà (PNL) che per ogni individuo hanno prevalenze diverse e si combinano in modo diverso. L’ambiente culturale influisce molto sulla formazione e lo sviluppo 120 GRAZIANO SERRAGIOTTO di queste combinazioni nel bambino, valorizzandone alcune e atrofizzandone altre. b. Sistemi scolastici a confronto: metodi, didattica e cultura del sapere Ogni società ha costruito un suo sistema scolastico che può privilegiare, attraverso scelte di contenuti, metodologie e esperienze, lo sviluppo di alcune abilità e competenze rispetto ad altre. Ci sono culture basate sul praticantato, altre in cui prevale una trasmissione orale, altre ancora in cui la tendenza è l’apprendimento attraverso la scrittura e la tecnologia, in cui la realtà è molto più virtuale. Queste differenze condizionano la formazione dell’approccio al sapere da parte degli studenti che, nel momento in cui si trovano ad essere inseriti in un sistema scolastico diverso, possono subire un vero e proprio shock culturale la cui conseguenza spesso è un distacco, una frattura, fra studente e scuola. L’insuccesso scolastico di una parte di studenti stranieri nelle scuole italiane è dovuto non necessariamente ad una competenza limitata in italiano, ma nel rifiuto o nell’incomprensione del sistema scuola, e un problema simile può avvenire nel contesto LS quando vi opera un docente italiano. 4.4 Educazione interculturale e italiano L2 FRANCESCA DELLA PUPPA Saper accogliere uno studente straniero nelle classi della scuola italiana implica una preparazione da parte dei docenti dal punto di vista sia glottodidattico per l’insegnamento dell’italiano L2 sia interculturale per agire sul clima di classe e della scuola quali ambienti di apprendimento in cui lo stendente di inserisce. Se per apprendere una lingua sono essenziali le condizioni in cui lo studente la impara, fra queste condizioni sono da inserire anche tutti quegli aspetti relazionali che caratterizzano il gruppo classe multiculturale. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 121 I fondamenti dell’educazione interculturale in Italia: storia e basi pedagogiche L’educazione interculturale in Italia nasce intorno al 1989 facendo sintesi di quanto altre educazioni già avevano cercato di portare nella scuola: l’attenzione alla pace, allo sviluppo, alla non violenza, alla mondialità. Argomenti intesi nell’ottica della ricerca di una convivenza pacifica fra popoli, culture e differenze. La scuola ha assunto in sé queste spinte educative traducendo in indicazioni pedagogiche precise il movimento di pensiero che si era formato, attraverso la pubblicazione di alcune Circolari Ministeriali, in particolar modo nel 1990 e nel 1994. Oggi questo percorso trova compimento nelle linee guida pubblicate a marzo 2006. Parallelamente si è sviluppata un’ampia letteratura in campo pedagogico che ha dato all’educazione interculturale una sua base epistemologica precisa, individuando anche gli aspetti didattici che la caratterizzano. Non si tratta, dunque, solo di un approccio, ma anche di una metodologia con tecniche didattiche specifiche. La scuola così interessata dall’educazione e dalla pedagogia interculturali, soprattutto in un’epoca di grandi flussi migratori e di arrivi di alunni stranieri nelle classi, ha dovuto mettere in discussione organizzazione scolastica e metodi didattici per riprogettarsi come sistema capace di accoglienza e di offerta formativa mirata a rispondere ai bisogni di una società sempre più multiculturale. I punti cardine di questo nuovo progetto sistemico che la scuola può elaborare al suo interno per rispondere con qualità ed efficacia a queste attuali esigenze sociali sono: a. un piano organizzativo: la scuola individua ruoli e funzioni di tutti i suoi attori; organizza nei particolari il percorso di inserimento di ogni allievo straniero; elabora dei sussidi informativi plurilingue; acquisisce testi specialistici per ampliare lo “scaffale interculturale” della biblioteca; agisce in termini di autonomia sull’organizzazione di percorsi didattici di insegnamento dell’italiano L2; rafforza i collegamenti con gli enti pubblici e il volontariato locali 122 GRAZIANO SERRAGIOTTO b. un piano metodologico: organizza formazione per gli insegnanti, compie delle scelte collegiali di fondo sull’orientamento metodologico da seguire per la gestione della classe multiculturale. c. un piano didattico: attua percorsi individualizzati, adatta e riduce i contenuti nella programmazione disciplinare, elabora materiali di supporto per gli insegnanti e di utilizzo per gli studenti, istituisce laboratori di italiano L2, istituisce gruppi di lavoro per la semplificazione dei testi e per l’individuazione di strategie efficaci di facilitazione all’apprendimento disciplinare. Il piano didattico: obiettivi e tecniche specifici della pedagogia interculturale Educare alla transitività cognitiva e all’intelligenza relazionale sono due obiettivi fondamentali della pedagogia interculturale che si raggiungono attraverso tecniche quali: la didattica dei punti di vista, le tecniche di mediazione al conflitto, le tecniche di decentramento, la didattica laboratoriale improntata al Cooperative Learning. Obiettivi e tecniche si pongono trasversalmente alle discipline scolastiche e non costituiscono un percorso contenutistico a sé, vanno ad agire sul metodo attraverso cui gestire la normale programmazione di classe. 4.5 Cinema ed educazione interculturale RICCARDO TRIOLO La lezione inizia chiedendosi che cosa sia la situazione audiovisiva. Si conclude che è la trasmissione di immagini in movimento e suoni registrati ci pone in una condizione particolare come spettatori. Siamo soggetti della visione, attivi in un area di relazione circolare e ricorsiva i cui attori sono soggetto, testo, situazione, contesto. In questa situazione si producono processi di significazione: i significati non sono fissi e predeterminati e il soggetto della visione partecipa al processo di significazione tanto quanto gli altri attori della situazione audiovisiva. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 123 La situazione audiovisiva è quindi: ambiente di costruzione della conoscenza, dispositivo di formazione, area di trasformazione dell’immaginario individuale e collettivo. Discussa la situazione audiovisiva, si muove all’analisi del suo uso per l’insegnamento dell’italiano. La “visione” è un’attività complessa e coinvolge: a. sfera sensoriale: vedere e udire b. sfera psicologico-emotiva: l’audiovisivo è una macchina simulatoria della psiche umana e ci costituisce come individui c. sfera culturale: il visibile è il grado di riconoscibilità di un’immagine sul piano socio-culturale La situazione audiovisiva è quindi particolarmente fertile negli interventi di educazione interculturale. 4.6 Lo studente di origine slava PAOLA CELENTIN Nelle Linee Guida del M.I.U.R. emanate nel febbraio 2006 per l’integrazione degli studenti stranieri viene sottolineata a più riprese (pag. 19 e pag. 23) la necessità di fornire agli insegnanti “informazioni sulla scuola nei paesi di origine” e di promuovere “un approccio pedagogicamente fondato alla conoscenza delle più qualificate espressioni e conquiste artistiche e scientifiche dei diversi popoli, anche nell’ottica di una valorizzazione delle civiltà e dei valori umani universali”. La lezione Lo studente di origine slava ha lo scopo di avvicinare gli insegnanti e gli operatori dell’ambito educativo alla realtà linguistica, sociale e culturale alcuni degli Stati abitati dai popoli di origine slava e facenti parte dell’area d’influenza dell’Ex-Unione Sovietica (in particolare Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Federazione Iugoslava, Federazione Russa, Polonia, Ucraina). La comune origine slava delle lingue parlate in questi paesi permette di compiere alcune generalizzazioni, ma vengono sempre sot- 124 GRAZIANO SERRAGIOTTO tolineate le specificità di ciascun popolo al fine di non cadere in facili quanto illusorie semplificazioni. L’intervento è strutturato a partire da una contestualizzazione più ampiamente antropologico-culturale, per andare verso lo specifico linguistico e scolastico, sottolineando in maniera particolare i punti di attrito (ma anche di coincidenza) che possono esservi con il sistema culturale, linguistico e culturale italiano. In particolar modo si vedranno: a. una panoramica generale della realtà sociale, economica e culturale dei paesi in esame (chi sono gli slavi, quali paesi abitano, quali sono le differenze “forti” all’interno di questo ceppo); b. i rapporti reciproci fra italiani e abitanti dei paesi slavi presi in esame, visti da entrambe le parti, cercando di evidenziare gli stereotipi più comuni; c. le caratteristiche e la distribuzione dell’immigrazione slava in Italia (scomposizione del nucleo familiare, fenomeno delle “badanti”, adozioni internazionali da orfanotrofi); d. una panoramica del sistema scolastico dei paesi in esame, durante il periodo sovietico e nell’epoca attuale; e. un’analisi contrastiva fra lingue di ceppo slavo e lingua italiana (solo alcune nozioni); f. una discussione sulle caratteristiche dell’inserimento nelle classi italiane degli studenti provenienti da quest’area (risorse e problemi); g. alcune proposte didattiche rivolte a facilitare l’inserimento nel gruppo classe e l’apprendimento della lingua italiana. L’intervento viene condotto prevalentemente in modalità interattiva, partendo dalle conoscenze dell’uditorio e cercando di legare costantemente la parte teorica all’operare quotidiano in classe. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 125 4.7 L’allievo cinese BARBARA D’ANNUNZIO I migranti cinesi in Italia, costituiscono una realtà importante che ha condotto studiosi e ricercatori ad attivare studi specifici sulle comunità cinesi presenti sul nostro territorio. Negli ultimi anni, è cresciuto notevolmente l’interesse nei confronti di alcuni aspetti della presenza cinese in Italia e soprattutto nei confronti dell’inserzione economica dei migranti cinesi. Ricerche condotte a livello nazionale (Fondazione G. Agnelli, Comune di Prato) hanno indagato l’inserzione economica, le aspirazioni, le abitudini e le motivazioni dei cinesi che vivono in Italia. Molti esperti linguisti, hanno inoltre studiato e approfondito i meccanismi di apprendimento della lingua italiana all’interno di comunità sinofone. Gli studi a disposizione ci costringono a modificare convinzioni e rappresentazioni che non ci aiutano a conoscere il fenomeno cinese nella sua specificità. Questo sforzo di comprensione profonda ci porta a considerare più da vicino la situazione sociale economica e culturale dei migranti cinesi in Italia, ci porta ad indagare le rapide trasformazioni che stanno cambiando la Cina. Altro aspetto importante da approfondire attraverso l’analisi di dati messi a dispostone dal MIUR e da alcune ricerche, è la partecipazione alla vita scolastica dei minori cinesi che si trovano in Italia. È questo il gruppo etnico che vanta un preoccupante primato: il più alto tasso di insuccesso scolastico. Molti i fattori che determinano tale situazione e cha val la pena approfondire per poter progettare interventi mirati agli alunni cinesi che frequentano le nostre scuole. Incide sicuramente la forte distanza tipologica esistente tra cinese e italiano, ma incidono anche fattori legati all’appartenenza socioculturale, alla quantità e qualità di risorse di cui dispongono i bambini e ragazzi cinesi. Per comprendere più da vicino le difficoltà di inserimento degli alunni cinesi nelle nostre scuole, è necessario addentransi nei meccanismi della lingua d’origine, riconoscerne l’unicità e le specificità, ma è importante allo stesso tempo, conoscere i processi di 126 GRAZIANO SERRAGIOTTO scolarizzazione che ogni alunno ha vissuto in Cina per rintracciare quegli elementi culturali che condizionano i processi di sviluppo della lingua e che favoriscono o ostacolano il personali percorsi di integrazione. 4.8 Lo studente di origine araba FRANCESCA DELLA PUPPA La prospettiva è quella di inquadrare lo sfondo culturale e linguistico nel quale può essere cresciuto uno studente di origine araba per sottolineare le implicazioni che ne derivano a livello glottodidattico. Si fa riferimento agli aspetti di lingua e cultura attraverso i quali sia intessere legami per progettare un’accoglienza costruttiva dello studente in classe sia comprendere eventuali difficoltà di inserimento sociale e apprendimento della lingua italiana. Dall’arabo all’italiano: sociolinguistica e grammatiche fra lingue in contatto Dopo un breve excursus storico sulla genesi della lingua araba e sul significato che nella storia ha assunto, si espongono i principali aspetti della lingua. Dal punto di vista sociolinguistico ha una particolare rilevanza il ruolo della diglossia nei paesi di lingua araba per cui si parla di paesi che hanno una lingua/tante lingue per comunicare in ambiti diversi e per scopi diversi. Particolarmente interessante è l’uso della lingua locale solo orale e non scritto. Dal punto di vista strutturale, senza la pretesa di addentrarsi in modo troppo approfondito nella lingua araba, si ritiene opportuno uno sguardo panoramico su alcuni elementi di fonetica, grafemica, morfosintassi, stile del discorso con lo scopo di porre l’accento sulle caratteristiche che si discostano maggiormente dall’italiano e che, dall’analisi di testi di studenti arabofoni, spesso sono fra le cause di errori nella produzione orale e scritta. Tali errori sono stati riscontrati sia in studenti di italiano Lingua Straniera che in alunni immigrati inseriti nelle scuole italiane dove imparano l’italiano come Lingua Seconda. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 127 In questo percorso non solo si analizzano i dati per individuare il problema, ma si formulano soluzioni per risolvere il problema stesso, pertanto sono state progettate schede didattiche con esercizi specifici che hanno come scopo l’educazione alla consapevolezza dell’errore da parte dello studente e la correzione dello stesso. Cultura arabo-islamica Parlare di “cultura” è racchiudere il tema in una cornice stretta e fuorviante: l’approccio all’argomento è interculturale. Preferiamo parlare al plurale per rendere verbalmente il carattere di molteplicità e complessità che riveste quanto ha a che fare con le culture altre. Il mondo arabo-islamico è un mosaico di aspetti che vanno considerati nel contesto specifico in cui si sono formati: i paesi arabi sono 21 e si differenziano al loro interno, i musulmani nel mondo sono quasi un miliardo e mezzo e non risiedono tutti nei paesi arabi. È importante saper attribuire ad ogni aspetto culturale di una civiltà, di un popolo, di una nazione, il significato che ha nel suo ambiente e saper discernere fra stereotipo e dato di fatto. L’islam ha un forte ascendente sulla formazione della cultura dei paesi arabi e contemporaneamente vi è un dibattito interno a questi paesi che sta portando a cambiamenti molto incisivi nella vita sociale. Conoscere l’islam è conoscere le radici, conoscere quale tipo di evoluzione il rapporto fra religione islamica e società ha avuto nei paesi arabi in modo da non fermarsi allo stereotipo. Parlando di società ci si riferisce anche all’organizzazione del vivere legato all’ambito familiare, alla concezione del tempo e dello spazio che si traducono sia nei gesti di ogni giorno, sia nella “cultura animi”: musica, cinema, teatro, letteratura. In tutto questo quadro culturale di riferimento gli obiettivi prioritari nell’educazione delle giovani generazioni e il sistema scolastico hanno avuto un loro ruolo nella storia e hanno subito influenze e cambiamenti. Per comprendere lo studente di origine araba è importante conoscere anche la storia che il sistema educativo-scolastico ha avuto in questi paesi e come oggi si configura. 128 GRAZIANO SERRAGIOTTO 4.9 L’allievo di origine albanese RICCARDO TRIOLO La glottodidattica dell’italiano L2 ci impone rispondere ai bisogni linguistici dell’apprendente senza disattivare l’osservazione: a. del contesto di provenienza dell’allievo; b. del suo vissuto personale. Per questo dobbiamo chiederci: da dove viene un allievo albanofono? L’albanese non si parla solo nella Repubblica d’Albania, ma anche nella regione del Kossovo, in Montenegro, in Macedonia. La penisola balcanica è un coacervo di culture e lingue, una terra oggetto di rivendicazioni irredentiste, attraversata da conflitti. Gli albanesi derivano dagli Illiri. L’albanese non è una lingua slava, con ogni probabilità è un’emanazione diretta dell’antico illirico. Una lingua unica al mondo che si è conservata nell’area albanese, il cui territorio risulta impenetrabile anche agli Ottomani, che per cinque secoli lo hanno dominato. La storia recente dell’Albania ci insegna le ragioni degli ultimi flussi migratori. L’albanese si divide in due dialetti: ghego (nord) e tosco (sud). La lingua letteraria nazionale albanese è stata codificata recentemente, sintesi dei due dialetti ma modellata essenzialmente sul tosco. Le differenze tra i due dialetti dimostrano perché in alcuni casi un allievo di Pristina non comprende a pieno un allievo si Scutari, pur parlando entrambi in lingua madre. L’alfabeto albanese, scritto in caratteri latini, si compone di 36 lettere e dà origine a una serie di interferenze grafico-fonetiche con l’italiano. Alcuni esempi spiegano nel dettaglio il perseverare di determinati errori. Altri punti critici dell’incontro tra lingua albanese e lingua italiana sono: a. accenti; b. articoli determinativi; c. tempi composti del verbo; d. preposizioni. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 129 Il confronto tra sistemi scolastici italiano e albanese, consente di comprendere meglio il livello di scolarizzazione dell’allievo immigrato e dimostra il lungo cammino di democratizzazione della scuola albanese, tra le aree a maggiore tasso di analfabetismo in Europa. Il laicismo storico albanese si spiega da una parte in relazione all’ateismo di stato imposto dal regime comunista di Hoxha, dall’altra in relazione alla coesistenza, anche sotto la dominazione turca, di diversi culti. Tra i tratti culturali albanesi, un posto di rilievo spetta alla legge consuetudinaria del Kanun, tuttora in vigore tra le popolazioni dell’entroterra montano. L’esame di alcune caratteristiche generiche del “comportamento albanese” facilita, infine, la comunicazione interculturale. Bibliografia ITALS La seguente sezione contiene materiali bibliografici e materiali sitografici che evidenziano una ricerca finalizzata alla formazione dei docenti fino al 2008. Un aggiornamento continuo di questa bibliografia, che serve anche per vedere l’attività di ricerca dei formatori ITALS, è presente nel sito www.itals.it. In questi materiali la dimensione della ricerca di teoria glottodidattica si unisce a sezioni pensate per l’insegnante oppure è declinata in maniera specifica per la formazione, che quindi unisce ricerca e divulgazione; i volumi sono evidenziati in nero, con indicazione dei saggi contenuti in quelli a più mani e sono elencati in ordine cronologico. 1. Ricerca glottodidattica nell’ambito dell’italiano In questa sezione raccogliamo ricerca glottodidattica relativa all’italiano o che comunque include sezioni dedicate anche all’italiano. Dividiamo tra volumi (in volumi a più mani, si riportano gli studi condotti da membri del Laboratorio ITALS) e saggi su riviste o volumi a più mani diversi da quelli suddetti. 1987 BALBONI P.E., 1987, “Una mappa dell’insegnamento dell’italiano all’estero” e “Corsi e materiali per l’insegnamento dell’italiano come lingua straniera: uno schedario ragionato”, in G. FREDDI (a cura di), L’insegnamento della lingua-cultura italiana all’estero, Firenze, Le Monnier. 1989 BALBONI P.E., 1989,”Il gioco delle parti: l’insegnante di lingua straniera che insegna italiano all’estero”, in Il Forneri, 1. BALBONI P.E., 1989, “Linee per un curricolo di italiano ‘lingua etnica’”, in G. COLUSSI ARTHUR, V. CECCHETTO, M. DANESI (a cura di), Current Issues in Second Language Research and Methodology, Canadian Society for Italian Studies. 132 GRAZIANO SERRAGIOTTO 1993 BALBONI P.E., 1993, “Un modello didattico complesso: l’insegnamento dell’italiano lingua seconda a studenti adulti con docenti di madrelingua”, in Educazione permanente, 1-2. BALBONI P.E., 1995, “Natura, fini, struttura e limiti del curricolo” e “Tecniche didattiche per la realizzazione e la verifica del curricolo”in AA.VV. Curricolo di italiano per stranieri, Roma, Bonacci. 1994 BALBONI P.E., 1994, Didattica dell’italiano a stranieri, Roma, Bonacci. 2000 BALBONI P.E. (a cura di), 2000, ALIAS: Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri Torino, Theorema. Include: BALBONI, P.E., “Approccio alla lingua italiana per allievi stranieri” e “Problemi interculturali nei rapporti con allievi stranieri e con le loro famiglie” D’ANNUNZIO B., “L’allievo di origine cinese” DELLA PUPPA F., “L’allievo di origine araba” LUISE M.C., “Metodologia glottodidattica per bambini” 2001 MEZZADRI M., 2001, Internet nella didattica dell’italiano: la frontiera presente, Perugia, Guerra. BALBONI P.E., 2001, “La formazione degli insegnanti di Italiano L2: una ricognizione”, in L.e.N.D. 3. 2002 BALBONI P.E., 2002, “Problemi di comunicazione interculturale tra Italiani e parlanti di italiano in Nord America”, in Italica, 4. BALBONI P.E., 2002, “Didattica e linguistica dell’italiano a stranieri: una prospettiva integrata”, in Rivista ITALS, 1. CARDONA M., 2002, “L’errore linguistico in una prospettiva umanisticoaffettiva. Valutare l’errore nell’insegnamento dell’italiano come lingua SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 133 straniera”, in P. GUARAGNIELLA (a cura di), Cultura italiana, educazione linguistica, università europee, Lecce Pensa Multimedia. LUISE M.C., 2002, “Un modello di formazione in rete: il progetto Alias”, in In.It, 2/3. 2003 BALBONI P.E., SANTIPOLO M. (a cura di), 2003, L’italiano nel mondo. Mete e metodi dell’insegnamento dell’italiano nel mondo. Un’indagine qualitativa, Roma, Bonacci. Include: BALBONI P.E., “Natura, scopi e metodologia della ricerca” e “Cosa insegna e come è l’insegnante ideale” DOLCI R., “Le glottotecnologie” e “La formazione degli insegnanti” CARDONA M., LUISE M.C., PAVAN E., “L’esperienza del Laboratorio ITALS” SANTIPOLO M., “Approccio e impianto glottodidattico” e, “Le tecniche glottodidattiche” CELENTIN P., 2003, “L’immigrazione straniera in Italia: come cambia l’insegnante”, in SELM,. 3. LUISE M.C., 2003, “Mesimi i italishtes si giuhe e dyte; linja didiktike” in Kurrikula dhe shkolla 2, Istituti i Studimeve Pedagogjike, Tirana, 2003. LUISE M.C., 2003, “Insegnare l’italiano in classi ad abilità miste” in: AA.VV., Argomenti e didattiche a confronto, Pietas Iulia, Pola. LUISE M.C., 2003, “Studiare in un ambiente facilitante: l’approccio ludico e cooperativo per la lingua dello studio” in GRASSI R., VALENTINI A., BOZZONE COSTA R. (a cura di), L’italiano per lo studio nella scuola plurilingue: tra semplificazione e facilitazione, Guerra, Perugia. MEZZADRI M., 2003, “Dall’insegnante ideale all’insegnante dell’eccellenza”, in In.it, 11. SANTIPOLO M., 2003, “Per una ridefinizione del repertorio linguistico degli italiani: dalla descrizione sociolinguistica alla selezione glottodidattica”, in Rivista Itals, 1. SERRAGIOTTO G., 2003, C.L.I.L. Apprendere insieme una lingua e contenuti non linguistici, Perugia, Guerra. SPINELLI B., 2003, “Analisi del discorso nell’utilizzo di sequenze video per scopi didattici”, in Rivista Itals, 2. 134 GRAZIANO SERRAGIOTTO 2004 CAON F., 2004, “Linguaggio e comunicazione nella fase d’inserimento di uno studente immigrato”, in G. IANNI, D. SENSI (a cura di), Diversità e cittadinanza: una sfida e un’opportunità per le scuole, Firenze, Cappelli. DELLA PUPPA F., 2004, “Leggere, scrivere e far di conto. Il rapporto col sapere visto dalla parte degli allievi stranieri”, in GHEZZI C., GUERINI F., MOLINELLI P. (a cura di), Italiano e lingue immigrate a confronto: riflessioni per la pratica didattica, Perugia, Guerra, 2004. DOLCI R., SPINELLI B., 2004, “Idiocultural Issues of a Virtual Learning Community”, in E-Learn. GRACCI S., 2004, “I Tamil e l’acquisizione della morfosintassi italiana. Uno studio nella comunità di Bologna”, in Rivista ITALS, 5. LUISE M.C., “L’italiano L2 nella scuola”, in SERRAGIOTTO G., 2004, Le lingue straniere nella scuola: nuovi percorsi, nuovi ambienti, nuovi docenti, Torino, UTET Libreria MEZZADRI M., 2004, “Utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica dell’italiano L2: implicazioni metodologiche”, in L. MADDII (a cura di), Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, Atene, Edilingua. MEZZADRI M., 2004, “Per una didattica integrata della lingua comune e della microlingua.”, in Rivista ITALS, 4. SANTIPOLO M., TOSINI M., TUCCIARONE S., 2004, La comunicazione interculturale in ambito socio-sanitario, Venezia, Cafoscarina. SANTIPOLO M., 2004, “Semi-dialettofonia e semi-italofonia degli immigrati in Veneto: una prima descrizione socio-pragmatica tra emozioni e atteggiamenti”, in LEONI, F. A. et al. (a cura di), Il Parlato Italiano, Napoli, D’Auria. 2005 BALBONI P.E., 2005, “L’intercomprensione tra le lingue romanze: un problema di politica linguistica”, in A. BENUCCI (a cura di), Le lingue romanze. Una guida per l’intercomprensione, Torino, UTET Libreria. CAON F., 2005, Un approccio umanistico affettivo all’insegnamento dell’italiano a non nativi, Cafoscarina, Venezia. CAON F., 2005, “Insegnare l’italiano L2 nella classe plurilingue: la glottodidattica si rinnova”, in B. IORI (a cura di), L’Italiano e le altre lingue, Franco Angeli, Milano. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 135 GRACCI S., 2005, “The Acquisition of Italian Questions by Tamil Speakers”, in MUNARO N. et alii, Incontro di Grammatica Generativa, Venezia, Cafoscarina. GRACCI S., 2005, “Il caso della comunità tamil di Bologna. La formazione di un lessico interlinguistico”, in MARCATO G. (a cura di), Dialetti in città, Padova, Unipress,. MEZZADRI M., 2005, “Insegnare le abilità primarie”, in LEPSCHY A. L. e TAMPONI A. R., Prospettive sull’italiano come Lingua Straniera, Perugia, Guerra. PAVAN E. (a cura di), 2005, Il “lettore” di italiano all’estero, Roma, Bonacci. Include: BALBONI P.E., “L’acquisizione di una LS da parte di giovani adulti” e “I modelli operativi di una didattica umanistico-affettiva” BEGOTTI P., “Analisi dei materiali didattici per l’italiano LS a universitari” CAON F. “Per una didattica umanistico-affettiva della letteratura” CINQUE G., “Linguistica tipologica e insegnamento dell’italiano nel mondo” GRACCI S., “Glottodidattica acquisizionale: percorsi naturali di acquisizione linguistica in prospettiva del docente di italiano all’estero” PAVAN E. “Aspetti interculturali dell’insegnamento/apprendimento dell’italiano come LS” SANTIPOLO M., “Le dimensioni socio- e micro-linguistica nell’insegnamento dell’italiano LS” SERRAGIOTTO G., “Valutazione e certificazioni dell’italiano LS” TORRESAN P., “Le tecnologie, modalità solistica di apprendimento” 2006 CAON F. (a cura di), 2006, Insegnare italiano nelle classi ad abilita differenziata, Perugia, Guerra. Include: ANDREANI M., “UDS in un laboratorio di italiano L2 nella scuola secondaria “ CAON F., “Che cos’è una CAD” e “Metodologia ludica per la classe CAD” CELENTIN P., “Dalla classe plurilivello alla classe inclusiva: l’uso delle attività flessibili” D’ANNUNZIO B., DELLA PUPPA F., “Un modello operativo: l’unità differenziata stratificata” DELLA PUPPA F., “Culture e stili di apprendimento: il rapporto col sapere visto dalla parte degli allievi stranieri” 136 GRAZIANO SERRAGIOTTO DELLA PUPPA F., “UDS in un laboratorio di italiano L2 nella scuola primaria” DOLCI R., “Una concezione costruttivista del rapporto insegnamentoapprendimento” LUISE M.C., “Strumenti di individualizzazione per la classe plurilingue: una applicazione della matrice di Cummins” MINELLO R., “Il quadro pedagogico di riferimento per un modello operativo”, “Dalla mediazione insegnante alla mediazione sociale in ambito L1, L2” e “La valutazione formativa e la costruzione del profilo dell’allievo” RUTKA S., “Metodologia cooperativa per classe CAD” TORRESAN P. “Le intelligenze multiple nella CAD” VETTOREL P., “Uno, nessuno, centomila: come riconoscere e valorizzare le differenze individuali in classe” DALOISO M., 2006, “Lingua straniera e sviluppo dei processi di memoria nel bambino”, Rassegna Italiana di Linguistica Applicata, 2-3. DALOISO M., 2006, “Le dinamiche interazionali negli ambienti virtuali del Progetto Incontro”, in Rivista ITALS, III, Suppl. 9. DOLCI R., SPINELLI B., 2006, “Developing a multilevel language learning in a powerful environment”, in Mosaic Revue, 2. LUISE M.C., 2006, Italiano come lingua seconda. Elementi di didattica, Torino, UTET Università. LUISE M.C., DALOISO M. et al., 2006, “Italiano a stranieri. Una ricerca su usi e consapevolezza dei parlanti”, in Rivista ITALS, 10. SANTIPOLO M. (a cura di), 2006, L’italiano: contesti d’insegnamento, in Italia e all’estero, Torino, UTET Università. Include: BALBONI P.E., “La formazione degli insegnanti di italiano L2: l’azione dello Stato” CAON F., “Una glottodidattica specifica per i migranti” GRACCI S., “L’acquisizione dell’italiano L2” SANTIPOLO M., “Italiano L2 e italiano LS: due facce della stessa medaglia” e “Aspetti sociolinguistici dell’immigrazione in Italia e alcune considerazioni glottodidattiche” SANTIPOLO M., TUCCIARONE S., 2006, “Dalla semidialettofonia di ritorno al bilinguismo consapevole: un’ipotesi di evoluzione sociolinguistica in Veneto”, in TEMPESTA I., MAGGIO, M. (a cura di), Lingue in contatto a scuola. Tra italiano, dialetto e italiano L2, Milano, Franco Angeli, 2006. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 137 SPINELLI B., 2006, “Developing a multilevel language learning in a powerful environment: a case study”, in Mosaic revue, 9. 2007 CELENTIN, P., 2007, Comunicare e far comunicare in Internet – Comunicare per insegnare, insegnare a comunicare, Venezia, Cafoscarina (analisi comunicativa del Master Itals 1). CELENTIN, P., 2007, “Applicazioni didattiche del video”, in CARDONA, M. (a cura di), Vedere per capire e parlare, Torino, UTET Università. DALOISO M., 2007, “La selezione dei contenuti linguistici per l’accostamento precoce all’italiano come lingua straniera”, in Rivista ITALS. DOLCI R., SPINELLI B., 2007, “La dimension idioculturelle des microcommunautés d’apprentissage en ligne”, in Lidil, 36. LUISE M.C., BORELLO E. (a cura di), 2007, L’offerta linguistica in Italia, Torino, UTET Università. Include: LUISE M.C., “Il consumo di italiano per stranieri”, parte seconda del volume CELENTIN P., “L’italiano per stranieri on line” MEZZADRI M., 2007, “Italiano L2: dall’emergenza alla promozione della qualità”, in In.it, 20. PAVAN E., 2007, “The inaudible and noiseless foot of time. Come dar voce alla cultura italiana attraverso i media”, in The Image of Italy in Canadian Media and Press, Waterloo (Ontario), Lauriel University. TORRESAN P., 2007, “Principi di programmazione di un corso di lingua per adulti, ispirati ad un approccio comunicativo e in particolare ad una didattica umanistico-affettiva” in Italiano sem fronteras. Heranças culturais e novas perspectivas. 2008 SANTIPOLO, M. “Le microlingue italiane: una prospettiva didattica” in LEDGEWAY A., LEPSCHY A. L. (a cura di), Didattica della lingua italiana: testo e contesto, Perugia, Guerra, 2008, pp. 155-68. MEZZADRI M., 2008, Italiano L2: progetti per il territorio.Modelli di formazione per alunni e insegnanti, Uni.nova, Parma. 138 GRAZIANO SERRAGIOTTO 2. Ricerca finalizzata alla formazione dei docenti Questa sezione contiene materiali bibliografici (i volumi sono evidenziati in nero, con indicazione dei saggi contenuti in quelli a più mani) e materiali sitografici. In questi materiali la dimensione della ricerca di teoria glottodidattica si unisce a sezioni pensate per l’insegnante (è il caso di molti dei volumi dell’editore Guerra di Perugia) oppure è declinata in maniera specifica per la formazione, che quindi unisce ricerca e divulgazione. 2.1 Materiali a stampa 1999 CAON F., 1999, “Bambini stranieri nella scuola elementare e media”, in Scuola e Lingue Moderne, 8. 2002 DELLA PUPPA F., 2002, “Roli i këngëve dhe vjershave në mësimin e gjuhëve të huaja në moshat e mitura” (“Il ruolo della canzone e delle filastrocche nell’insegnamento precoce dell’italiano come lingua straniera”) Kurrikula dhe shkolla, 2. MEZZADRI M., 2002, “La correzione degli errori”, in In.it, 12. MEZZADRI M., 2002, “Imparare giocando”, in In.it, 12. 2003 CAON F., 2003, “La formazione dei docenti di ItaL2”, in In.It, IV, 1. DOLCI R., CELENTIN P. (a cura di), 2003, La formazione di base del docente di italiano a stranieri, Roma. Bonacci. Include: ANGELINO M., “Lo sviluppo delle abilità produttive” BALBONI P. E., “Per una didattica umanistico-affettiva dell’italiano” BALLARIN E., “Lo sviluppo delle abilità ricettive” BEGOTTI P., “La didattica delle microlingue” CARDONA M., “Il Lexical Approach e i processi della memoria: alcune convergenze” CELENTIN P., “Software nella didattica dell’italiano LS”, “L’importanza della formazione permanente” DE LUCHI M. “La Ricerca-Azione” DOLCI R., “La figura e la formazione dell’insegnante di italiano LS” SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 139 LUISE M.C., “Insegnare italiano all’estero: cenni per una glottodidattica a misura di bambino” MEZZADRI M., “Internet per la didattica dell’italiano LS” MINELLO R., “La valutazione degli apprendimenti linguistici” PAVAN E., “La cultura e la civiltà italiane e il loro insegnamento in una prospettiva interculturale” SALVALAGGIO M., “L’offerta editoriale per i docenti di italiano LS” SANTIPOLO M., “Sociolinguistica applicata e didattica dell’italiano come LS” SERRAGIOTTO G. “L’italiano come lingua veicolare: insegnare una disciplina attraverso l’italiano” SPINELLI B., “L’utilizzo dei materiali autentici nell’insegnamento dell’italiano come LS” TORRESAN P., “L’utilizzo del video nella didattica dell’italiano LS” LUISE M.C. (a cura di) 2003, Italiano lingua seconda. Fondamenti e metodi, 3 voll., Perugia, Guerra. Include: ANZALONE F., LUISE M.C., “Le risorse in rete per l’insegnante di italiano L2” BALBONI P.E., “Conflitti culturali in una classe con studenti immigrati” CAON F., D’ANNUNZIO B., “Il laboratorio di italiano lingua seconda” CAON F., RUTKA S., “Didattica ludica e italiano lingua seconda” CELENTIN P., “Lingua e cultura dello studente di origine russa” COONAN M.C., “Ricerca-azione per insegnanti di italiano L2” D’ANNUNZIO B., “Il mondo cinese tra innovazione e tradizione”, “Bibliografia ragionata per insegnanti di allievi cinesi” DELLA PUPPA F., “Educazione interculturale e discipline scolastiche”, “Lingua e cultura dello studente di origine araba”, “Bibliografia ragionata per insegnanti di allievi arabi” e “Scheda per il rilevamento del comportamento linguistico e relazionale degli allievi stranieri” GRASSI R., “Compiti dell’insegnante disciplinare in classi plurilingue: la facilitazione dei testi scritti” LUISE M.C., “L’italiano per lo studio e per il successo scolastico: la semplificazione dei testi” SERRAGIOTTO G., “Peculiarità dell’insegnamento andragogico dell’italiano come lingua seconda” TRIOLO R., “Lingua e cultura dello studente di origine albanese”, “Il cinema in prospettiva interculturale: coordinate per l’analisi di film” 140 GRAZIANO SERRAGIOTTO LUISE M.C., 2003, “L’italiano come lingua seconda nella scuola”, in: AA.VV., La scuola a/ha più voci: per una cultura dell’intercultura, Centro di Documentazione Raccontainfanzia, Ferrara. MEZZADRI M., 2003, “I materiali didattici”, in AMBROSI RANDIC, N. et al. (a cura di), Argomenti e didattiche a confronto, Pietas Iulia, Pola. MEZZADRI M., 2003, “Insegnare la grammatica”, in In.it, 14. 2004 BALBONI P.E., 2004, “Cultura, civiltà, comunicazione interculturale”, in L. MADDII (a cura di), Insegnamento e apprendimento dell’italiano L2 in età adulta, Atene, Edilingua. BALBONI P.E., 2004, “La comunicazione interculturale nella classe con immigrati”, in M. FIORUCCI a cura di), Incontri. Spazi e luoghi della mediazione interculturale, Roma, Armando. BEGOTTI P., SERRAGIOTTO G., 2004, “Analisi dei dati emersi dagli incontri e panoramica della Regione Veneto”, in SANTIPOLO M., TOSINI M., TUCCIARONE S., La comunicazione interculturale in ambito sociosanitario, Venezia, Cafoscarina. CAON F., 2004, “Il laboratorio di Italiano L2”, in Scuola e Lingue Moderne, 7-8. CAON F., RUTKA S., 2004, La lingua in gioco, Perugia, Guerra. CARDONA M., 2004, “Il lexical approach nell’insegnamento dell’italiano”, in In. It, 14. CELENTIN P., 2004, “Le risorse in Internet per l’insegnamento dell’italiano L2”, in Scuola e Lingue Moderne, 7-8. DELLA PUPPA F., 2004, “L’educazione interculturale come progetto sistemico della scuola”, in Scuola e Lingue Moderne, 7-8. LUISE M.C., 2004, Curatrice del dossier “La presenza di allievi stranieri nella scuola italiana”, in Scuola e Lingue Moderne, 7-8. SERRAGIOTTO G. (a cura di), 2004, CEDILS. Certificazione in didattica dell’italiano a stranieri, Roma, Bonacci. 2005 BALLARIN E., 2005, “Scelte Didattiche per il rafforzamento dell’abilità di produzione scritta”, in Scuola e Lingue Moderne, 4-5. BALLARIN E., 2005, “Il giornale di classe: un “ambiente” di esercitazione dell’abilità di produzione scritta per l’italiano L2”, in Bollettino Itals, 12. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 141 CAON F., D’ANNUNZIO B., 2005, “Laboratorio di geometria e matematica per alunni non italofoni”, in L’italiano per studiare, Comune di Venezia. CARDONA M., 2005, “Applicazioni del lexical approach nell’insegnamento dell’italiano come lingua straniera”, in Babylonia, 3. CELENTIN P., COGNIGNI E., 2005, Lo studente di origine slava, Perugia, Guerra. D’ANNUNZIO B., DELLA PUPPA F., 2005, “Insegnare la storia in italiano L2: il laboratorio”, in AA.VV., L’italiano per studiare, Comune di Venezia. DELLA PUPPA F., 2005, “Insegnare italiano come L2: approcci teorici e metodi glottodidattici”, in AA.VV. L’italiano per studiare, Comune di Venezia. DELLA PUPPA F., 2005, “Il ruolo della canzone e delle filastrocche” in In.It, 16. MEZZADRI M., 2005, “Insegnare con le nuove tecnologie: un invito alla riconsiderazione del curricolo di italiano per stranieri”, in In.it, 16. TRIOLO R., 2005, Vedere gli immigrati attraverso il cinema, Perugia, Guerra. 2006 BALBONI P.E., 2006, Insegnare la letteratura italiana a stranieri, Perugia, Guerra. BEGOTTI P., 2006, L’insegnamento dell’italiano ad adulti stranieri, Perugia, Guerra. CAON F. (a cura di), 2006, Una glottodidattica ludica per insegnare l’italiano, numero monografico di In.it, 19. Include: CAON F., “La glottodidattica ludica: fondamenti, natura, obiettivi” MOROSIN M.S., “Emozioni e apprendimento: il cervello che sente e impara” RUTKA S., “Non solo giochi: il concetto di ludicità” TORRESAN P., GATTA L., “Didattica ludica nel web” DALOISO M., 2006, “La metodologia ludica per l’insegnamento dell’italiano a giovani adulti. Dai fondamenti teorici all’esperienza in classe”, in Bollettino ITALS, 2006. DELLA PUPPA F., 2006, Lo studente di origine araba, Perugia, Guerra. MEZZADRI M., 2006, Una proposta di utilizzo didattico di Internet: la webquest, in In.it, 18 142 GRAZIANO SERRAGIOTTO 2007 CELENTIN P., 2007, “Giocando a imparare l’italiano”, Atti del convegno Bilinguismo di Colonia, in corso di stampa. 2008 DELLA PUPPA F., 2008, “Analisi del contatto arabo-italiano L2 su testi scritti in contesto di insegnamento formale”, in Itals. Didattica e linguistica dell’italiano, 16. TORRESAN P., 2008, Intelligenze e didattica della lingua, Bologna, EMI. D’ANNUNZIO B., 2008, L’allievo di origine cinese, Perugia, Guerra. D’ANNUNZIO B., LUISE M.C., 2008, La lingua dello studio, Perugia, Guerra. 2.2 Pubblicazioni on line Si indicano qui le pubblicazioni presenti nel sito www.itals.it, registrate nel supplemento elettronico alla rivista Itals. Didattica e linguistica dell’italiano a stranieri dell’editore Guerra di Perugia. I materiali vengono indicati in ordine alfabetico. 2.2.1 Materiali per i Master Itals BALBONI P.E., 2007, Didattica della letteratura BALLARIN E., BEGOTTI P., 1999, La didattica delle Microlingue BALLARIN E., 2007, La didattica delle microlingue (secondo livello) BEGOTTI P., CAON F., 2004, La didattica della letteratura, del cinema, della storia dell’arte e della musica BERALDO R., 2007, E-learning e italiano L2/LS CARDONA M., 2000, La valutazione linguistica CELENTIN P., SERRAGIOTTO, G., 2000, Didattica dell’italiano in prospettiva interculturale CELENTIN P., 2007, Analisi delle interazioni comunicative e glottodidattica DALOISO M., 2007, Aspetti neuro-psicologici dell’apprendimento delle lingue DE LUCHI M., 2007, Metodologia della ricerca nella didattica delle lingue DELLA PUPPA F., 2002, Insegnamento dell’italiano lingua seconda in prospettiva interculturale DELLA PUPPA F., 2007, Educazione interculturale e italiano L2 SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 143 LUISE M.C., 2000, Storia della glottodidattica del 20° secolo LUISE M.C., 2002, Didattica dell’italiano come lingua seconda nella scuola LUISE C., SERRAGIOTTO G., 2004, Andragogia e didattica per bambini MEZZADRI M., 1999, “Internet e la glottodidattica”, nel modulo Glottodidattica e tecnologie MEZZADRI M., 2007, Il Quadro Comune Europeo e l’italiano L2/LS PAVAN E., 2000, La comunicazione mediatica PAVAN E., 2007, Didattica dell’italiano LS in prospettiva interculturale SANTIPOLO M., 2001, Princìpi di sociolinguistica SERRAGIOTTO G., 2004, CLIL: Apprendimento integrato di lingua straniera e contenuti non linguistici SERRAGIOTTO G., 2004, La valutazione SERRAGIOTTO G., 2007, Apprendere lingua e contenuti: la metodologia CLIL TORRESAN P., 2007, Imparare ad imparare: metacognizione e strategie di apprendimento 2.3.2 Materiali del progetto Alias Sono anche in questo caso i materiali sono supplementi della rivista Itals e sono di libera consultazione nel sito del Laboratorio. L’indicazione segue l’ordine alfabetico. BALBONI P.E., 1999, Problemi di comunicazione interculturale BALLARIN E., BEGOTTI P., 1999, La didattica umanistico affettiva e funzionale. CAON F., RUTKA. S., 2002, Metodologia ludica e lingua seconda CELENTIN P., 2001, L’allievo di origine russa CELENTIN P., COGNIGNI E., 2004, L’allievo di origine slavo-orientale CELENTIN P., TRIOLO R., 2005., Audiovisivi, intercultura e italiano L2 DELLA PUPPA F., 2001, L’allievo di origine araba DELLA PUPPA F., 2001, Educazione interculturale e discipline scolastiche DELLA PUPPA F., 2001, Bibliografia ragionata per chi opera con bambini di lingua e cultura araba DELLA PUPPA F., VETTOREL P., 2005, Stili di apprendimento, culture e stili cognitivi LUISE M.C., 2000, Modelli operativi LUISE M.C., 2000, L’italiano come lingua seconda 144 GRAZIANO SERRAGIOTTO LUISE M.C., 2001, L’italiano per lo studio e per il successo scolastico SERRAGIOTTO G., 2002, Insegnamento dell’italiano lingua seconda agli adulti 2.3.3 Materiali per il progetto MIUR sull’italiano L2 Il Laboratorio ITALS è stato coinvolto nel progetto pilota del MIUR iniziato nel 2003, con la collaborazione di 21 università italiane; a ITALS è stata delegata la formazione dei 110 tutor italiani che hanno poi gestito il progetto nelle varie regioni; sempre a Venezia è stata commissionata la creazione e la gestione della piattaforma didattica che ospita i moduli didattici. Alcuni di questi moduli sono stati scritti da membri del Laboratorio ITALS: BALBONI P.E., 2003, La programmazione glottodidattica BALBONI P.E., 2003, Le tecniche glottodidattiche CAON F., D’ANNUNZIO B., DELLA PUPPA F., 2003, Approcci didattici interculturali: area espressiva DOLCI R., 2003, “Le tecnologie glottodidattiche”, nel modulo Materiali e tecnologie glottodidattiche LUISE M.C (a cura di), 2004, Guida per il tutor on line. Include: BALBONI P.E., “Scrivere per il web” CAON F., “Il tutor on-line: tipologie, rischi e qualità” CELENTIN P., “Guida agli approfondimenti” D’ANNUNZIO B., “La gestione quotidiana del forum didattico” DELLA PUPPA F., “La valutazione” LUISE M.C, “La formazione a distanza” RUTKA S., “Il primo contatto” TRIOLO R., “Le relazioni nel gruppo nell’aula virtuale” 2.3.4 Materiali per i corsi FILIM Il corso FILIM è presente sul sito del laboratorio ed è finalizzato dall’italiano come LS. I materiali sono supplementi della Rivista Itals. BALLARIN E., 2007, Didattica delle microlingue SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 145 BEGOTTI P., 2007, Didattizzazione di materiali autentici e analisi di manuali di italiano per stranieri BEGOTTI P., 2007, L’acquisizione linguistica e la glottodidattica umanistico-affettiva e funzionale BERALDO R., CELENTIN P., 2007, Letteratura e didattica dell’italiano LS CAON F., 2007, L’uso delle canzoni come documento di lingua, cultura e letteratura CAON F., RUTKA S., 2007, La glottodidattica ludica CELENTIN P., DA ROLD R.., SERRAGIOTTO. G., 2007, Didattica dell’italiano in prospettiva interculturale CELENTIN, P., TRIOLO R., Audiovisivi, intercultura e italiano LS, 2007 D’ANNUNZIO B., 2007, Modelli operativi e Tecniche didattiche per abilità ricettive e per abilità produttive D’ANNUNZIO B., SERRAGIOTTO G., 2007, Valutazione e analisi dell’errore DELLA PUPPA F., VETTOREL P. 2007, Stili di apprendimento e culture in classe LUISE M.C. 2007, Insegnare la grammatica LUISE M.C., SERRAGIOTTO G., 2007, Insegnare italiano a bambini e ad adulti LUISE M.C., VOLTOLINA M, 2007, Il ruolo dell’italiano della cucina NOVELLO A., 2007, Modelli operativi TORRESAN P. 2007, Tecnologie per l’apprendimento dell’italiano TRIOLO R., Uso del cinema nell’insegnamento dell’italiano a stranieri 2.3.5 Materiali per altri siti DALOISO M., 2007, Insegnare italiano L2 a bambini stranieri. Linee-guida per la programmazione curricolare, Ministero Esteri, sito Indire. DELLA PUPPA F., 2007, “Dall’analisi del contatto arabo-italiano L2 ale implicazioni glottodidattiche”, in www.glottodidattica.net, 3. SERRAGIOTTO G., 2000, Comunicare con gli oggetti: diverse prospettive nelle diverse culture, http://server2.cired.unive.it/unipa, Fondo Sociale Europeo, 2000. 146 GRAZIANO SERRAGIOTTO 3. Strumenti e materiali a disposizione dei docenti Si indicano qui, in ordine alfabetico per autore, pubblicazioni di carattere operativo, utilizzabili da parte dei docenti di italiano per sperimentazioni didattiche, per esperienze di ricerca-azione, per rilevazioni glottodidattiche, per valutazione. Inoltre, si indicano i materiali didattici predisposti da membri dello staff Itals, come concretizzazione del principio di sintesi ed interazione tra teoria e pratica che governa l’azione del Laboratorio. 3.1 Strumenti BALLARIN E., 2000, “Quant’è bella giovinezza !”, in In.It, II, 1. BALLARIN E., 2005, “Test di autovalutazione linguistica (italiano L2)”, in AA. VV., Il Ponte, CD rom a cura del Centro Linguistico Interfacoltà di Venezia, Ca’Foscari. BEGOTTI P., 2003, “Strumenti di osservazione delle competenze linguistiche dell’alunno straniero. Analisi dell’interlingua e strategie di apprendimento /intervento” in Italiano come L2, CD-rom dell’Università di Udine. BEGOTTI P., 2004, “Criteri metodologici adottati nell’ideazione del materiale reso comprensibile ad alunni stranieri”, CD-rom Unità didattiche semplificate, Rete di Istituti di Verona. BEGOTTI P., 2005, “Criteri metodologici adottati nell’ideazione del materiale reso comprensibile ad alunni stranieri”, CD-rom Unità didattiche semplificate, Rete di Istituti Superiori di Conegliano Veneto. BEGOTTI P., 2005 “Criteri metodologici adottati nell’ideazione del materiale reso comprensibile ad alunni stranieri”, CD-rom Italiano L2, la lingua per studiare. Testi ad alta comprensibilità per alunni stranieri, Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto e CSA di Treviso. DELLA PUPPA F., 2000, “Shreita: un gioco marocchino da fare in italiano”, in Scuola e lingue moderne, 4, 2000. DELLA PUPPA F., 2001 “Il laboratorio linguistico: esperienza di un’attività come unità di apprendimento per classi ad abilità miste”, in ILSA, La gestione della classe plurilingue nella scuola dell’obbligo, ILSA, Firenze. DELLA PUPPA F., 2001, “Scheda di rilevazione del comportamento linguistico di bambini stranieri in classe”, in Scuola e Lingue Moderne, 3. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 147 PAVAN E., 2004, “La ricerca glottodidattica italiana nel 2003: una mappa”, Rivista Itals, 4. PAVAN E., 2004, “La ricerca glottodidattica italiana nel 2004: una mappa”, Scuola e Lingue Moderne, 9. SERRAGIOTTO G., 2004, “Scheda di analisi per i manuali di lingua italiana”, in In.it, 13. SERRAGIOTTO G., 2005, “Tecniche di semplificazione dei testi disciplinari per alunni stranieri: la contestualizzazione”, in Italiano come L2, la lingua per studiare, CD-rom, Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto e CSA di Treviso. 3.2 Materiali didattici di lingua italiana BALBONI P.E., 1999, Grammagiochi, Roma, Bonacci. BALBONI P.E., 2006, Grammallegra, Grammatica Italiana per la Scuola Media, Firenze, La Nuova Italia, 2006. Contiene sezioni di membri di ITALS: ANDREANI M., BEGOTTI P., CAON F., D’ANNUNZIO B. BALBONI P.E., TORRESAN P. (a cura di), 2003, L’italiano di Dio, la lingua dei testi religiosi, Perugia, Guerra. Comprende sezioni di membri ITALS: BALLARIN E., BEGOTTI P. BALLARIN E. - BEGOTTI P., 1999, Destinazione Italia. L’italiano degli operatori turistici, Roma, Bonacci. DELLA PUPPA F., LUISE M.C., 2001, Facile!, Milano, Theorema, 4 volumi. DELLA PUPPA F., LUISE M.C., 2003, Fonemi e grafemi, Perugia, Guerra, 3 volumi. DELLA PUPPA F., LUISE M.C., 2007, Teniamoci in contatto, Perugia, Guerra. MEZZADRI M., 2000, Grammatica essenziale della lingua italiana. Con esercizi, Perugia, Guerra; include CD-ROM Grammatica interattiva della lingua italiana. Supplemento in giapponese con ISHIKAWA M., ZAMBORLIN C., 2003; supplemento in greco, con RAPACCIUOLO M., TEODOSSOPULOS A. R., 2005. MEZZADRI M., 1998, Dizionario per immagini, Perugia, Guerra, 1998; include Eserciziario, 1998; CD-ROM 2003; MEZZADRI M., BALBONI P.E., 2000ss., Rete!, Perugia, Guerra. Vol 1, 2000; vol. 2, 2001, vol. 3, 2001; include Guida docenti e materiali in DVD; edizione ridotta, Rete Primo Approccio, 2005; edizione specifica per 148 GRAZIANO SERRAGIOTTO adolescenti: Rete Junior, 2005. Videocorso di livello A1/A2, 2006 e B1/B2 cds. MEZZADRI M., PELIZZA G., 2002, L’italiano in azienda, Perugia, Guerra. MEZZADRI M., 2003, L’italiano essenziale, Perugia, Guerra; include versioni in albanese, arabo, croato, esperanto, francese, greco, inglese, polacco, portoghese, rumeno, russo, tedesco. MEZZADRI M., PEDERZANI L.,CAPPELLETTI A., 2003ss, Girotondo, l’italiano nel mondo, Perugia, Guerra. Vol. Primo Approccio, 2003, Vol. 1, 2004; vol. 2, 2005; vol. 3, 2006; include Guida docenti;edizione specifica per bambini non alfabetizzati Girotondo5-6 anni. MEZZADRI M., 2006, Cantagramma - Apprendere la grammatica italiana con le canzoni, Vol. elementare (A1-A2); Vol. intermedio (B1/B2), Guerra, Perugia. 3.3 Materiali didattici di Cultura e Civiltà italiana ANGELINO M., 2004, Quaderni del cinema italiano: Il Gattopardo, Perugia, Guerra. ANGELINO M., BALLARIN E., 2006, L’italiano attraverso la storia dell’arte, Perugia, Guerra. BALBONI P.E. (a cura di), 1994ss, “Classici della Letteratura Italiana per Stranieri”, Roma, Bonacci: Leopardi: Poesie (1994); Pirandello: Così è se vi pare (1995), Manzoni: Poesie (1995) BALBONI P.E. (a cura di), 1995, “Libretti d’Opera per Stranieri”, Roma, Bonacci: Mascagni, Cavalleria Rusticana. BALBONI P.E., 2005, Quaderno di introduzione alla letteratura italiana, Perugia, Guerra. BALBONI P.E., CARDONA M. (a cura di), 2002, Storia e testi della letteratura italiana per stranieri, Perugia, Guerra. BALBONI P.E., SANTIPOLO M., 2003, Storia italiana per stranieri, Perugia, Guerra. BALBONI P.E., VOLTOLINA M., 2005, Geografia italiana per stranieri, Perugia, Guerra. BALBONI P.E., DALOISO M., 2007, Civiltà Italia, Perugia, Guerra. BEGOTTI P., SERRAGIOTTO G., 2002ss, Quaderni del cinema italiano: Nuovo Cinema Paradiso (2002), La vita è bella (2003), Perugia, Guerra. BEGOTTI P., SERRAGIOTTO G., TORRESAN P., 2004, Quaderni del cinema italiano: Mediterraneo, Perugia, Guerra. SILLABO DI RIFERIMENTO PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI 149 CELENTIN, P., CAON F., 2002, L’italiano dei giochi, Guerra Edizioni, Perugia. DALOISO M., 2007, Quaderni del cinema italiano: Io non ho paura, Perugia, Guerra. DALOISO M., 2008, Insegnare italiano a bambini stranieri attraverso le fiabe, Perugia, Guerra. LUISE M.C. (a cura di), 1995ss, “Classici della Letteratura Italiana per Stranieri”, Roma, Bonacci: Foscolo: Sepolcri e Sonetti (1995); D’Annunzio: poesie (1995); D’Annunzio: novelle (1995); Goldoni: La Locandiera (1997) MEZZADRI M., PEDERZANI L., 2007, Civiltà punto it, Perugia,Guerra. TORRESAN P., PAULETTO F., 2004, Quaderni del cinema italiano: Le notti di Cabiria e La strada Perugia, Guerra. TORRESAN P., FERENCICH R., 2005, Giochi senza frontiere. Attività ludiche per l’insegnamento dell’italiano, Firenze, Alma. .