Le battaglie tra questi insetti sono sorprendentemente

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Le battaglie tra questi insetti sono sorprendentemente
Mark W. Moffett è ricercatore allo Smithsonian
National Museum of Natural History, dove studia
il comportamento delle formiche. Moffett ha
viaggiato in America, Asia e Africa per documentare
le società di questi insetti e scoprire nuove specie.
comportamento animale
Le formiche
e l’arte
della guerra
Le battaglie tra questi insetti sono sorprendentemente
simili alle operazioni militari degli esseri umani
I
due eserciti nemici formano una nuvola caotica che copre il terreno. L’entità dello
scontro è quasi inverosimile, e la battaglia si espande oltre il mio campo visivo. Decine di migliaia di soldati si scagliano l’uno contro l’altro con determinazione suicida. Ligi al dovere, i combattenti non si ritirano mai da un duello, anche quando la
sconfitta è certa. Gli scontri sono rapidi e brutali. All’improvviso tre piccoli soldati afferrano uno dei nemici e lo tengono fermo mentre un quarto soldato più grande lo uccide con un fendente.
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Illustrazione di John Dawson
di Mark W. Moffett
Formiche razziatrici
del genere Pheidologeton attaccano
un membro di una colonia rivale,
strappandogli gli arti uno alla volta.
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Queste somiglianze sul piano bellico esistono nonostante le profonde differenze biologiche e sociali che ci separano dalle formiche.
Le colonie di questi insetti sono formate prevalentemente da femmine sterili che hanno il ruolo di operaie o di soldati, da alcuni maschi con vita breve che si occupano della fecondazione e da una
o più regine. I membri operano in assenza di gerarchie o di leader
permanenti. Sebbene siano al centro della vita della colonia perché ne consentono la riproduzione, le regine non guidano i soldati
e non organizzano il lavoro delle operaie. Le colonie sono strutture decentralizzate, in cui membri con scarsa conoscenza della situazione complessiva prendono decisioni che, pur senza supervisione, risultano efficaci a livello collettivo, come descritto dal modello
dello «sciame intelligente». Nonostante le differenze tra esseri umani e formiche, entrambi combattono i nemici per gli stessi motivi:
spazi vitali, territorio, cibo e in alcuni casi manodopera (alcune specie di formiche rapiscono i nemici per farne schiavi).
Le tattiche usate in guerra dalle formiche dipendono dalla posta in gioco. Alcune specie vincono battaglie andando costantemente all’attacco e ricordano il motto «la rapidità è l’essenza della
guerra», enunciato dal generale cinese Sun Tzu nel libro L’arte della guerra del VI secolo a.C. Nelle specie di formiche legionarie, diffuse in tutte le regioni calde del pianeta, e in vari altri gruppi, tra
cui le formiche razziatrici che ho studiato in Asia, centinaia o anche milioni di questi insetti procedono alla cieca in una falange
serrata, attaccando prede e nemici via via che gli si parano davanti. In Ghana ho visto uno sciame di operaie della specie Dorylus nigricans setacciare un’area larga 30 metri. Queste formiche legionarie africane (dette anche formiche scacciatrici se, come nel caso
di D. nigricans, si spostano in larghe colonne) trapassano i nemici
con mandibole simili a lame e possono sconfiggere avversari migliaia di volte più grandi. Sebbene i vertebrati riescano in genere a
fuggire in tempo, in Gabon ho visto una colonia di formiche scac-
ciatrici mangiarsi viva un’antilope bloccata in una trappola. Sia le
formiche legionarie sia quelle razziatrici possono appropriarsi delle risorse alimentari delle rivali: le dimensioni delle truppe sono
sufficienti a invadere qualsiasi colonia e controllarne i rifornimenti alimentari. Quasi sempre però le formiche legionarie cacciano in
gruppo per uno scopo più malvagio: assaltare le altre colonie per
impadronirsi delle larve e delle pupe con cui cibarsi.
Le falangi delle formiche legionarie e razziatrici ricordano le formazioni usate nei secoli dagli esseri umani, a cominciare dai Sumeri per arrivare fino ai battaglioni di oggi. Marciare in questo modo,
senza un obiettivo specifico, rende ogni spedizione un’incognita: le formiche potrebbero marciare senza trovare nulla. Altre specie inviano fuori dalla tana un piccolo gruppo di operaie chiamate
«esploratrici» alla ricerca di cibo. Visto che coprono un’area più ampia, mentre il resto della colonia rimane nel formicaio, le esploratrici hanno più probabilità di incontrare prede e nemici.
Tuttavia, le colonie che si servono delle esploratrici possono uccidere meno avversari perché un’esploratrice deve prima tornare al
formicaio e organizzare una spedizione, in genere grazie a sostanze
dette feromoni che sono depositate affinché le truppe ne seguano
le tracce. Nell’arco di tempo necessario a radunare i soldati, quindi, il nemico può organizzarsi o ritirarsi. Le operaie delle formiche
legionarie e razziatrici possono invece chiamare subito i rinforzi
perché numerose assistenti marciano alle loro spalle. Il risultato è
un’azione rapida che trova l’avversario impreparato.
Schierare le truppe
Non è solo il gran numero di soldati a rendere così letali le formiche legionarie e razziatrici. I miei studi sulle razziatrici hanno
mostrato che le truppe si schierano in modo da aumentare l’efficienza e ridurre il costo per la colonia. Lo schieramento di un
membro del gruppo dipende dalle dimensioni della femmina. Le
operaie razziatrici hanno una variabilità di dimensioni superiore a
quella di qualsiasi altra specie. Le piccole operaie minor (i soldati
semplici) si muovono lungo il fronte, la zona più pericolosa, dove
In breve
Alcuni tipi di formiche vivono in
colonie molto coese formate da
migliaia o milioni di membri che
entrano in guerra con altre colonie
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per il controllo di risorse come il
territorio o il cibo.
Le tattiche usate in combattimento
da questi insetti sono
sorprendentemente simili
alle strategie belliche degli esseri
umani e cambiano a seconda della
posta in gioco.
Sul campo di battaglia.
Formiche tessitrici, fortemente
territoriali, bloccano una formica
legionaria, molto più forte, e la
fanno a pezzi (1). Piccole formiche
del miele si ergono su un sassolino
per sembrare più grandi, riuscendo
a intimorire e costringere alla fuga
un nemico più grande (2). Operaia
minor di razziatrice trasportata
sulla testa da una major; le minores
bloccano i nemici, le majores
li uccidono (3). Formica kamikaze
si fa esplodere irrorando
l’avversario con una sostanza
collosa e tossica, provocandone
la morte istantanea (4).
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L’attitudine alla guerra delle
formiche è esasperata dalla fedeltà
assoluta di ciascun membro alla
colonia di appartenenza.
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Mark W. Moffett/Minden Pictures
Colpire e terrorizzare
1
Consulente: Stefan Cover, Museum of Comparative Zoology, Harvard University (pagine precedenti)
Ansimando nell’aria umida della foresta pluviale malese, indietreggio e ricordo a me stesso che i protagonisti di questa violenza
sono formiche, non esseri umani. Ho passato mesi a documentare
battaglie come questa con la mia macchina fotografica, tuttavia a
volte ancora dimentico che osservo solo insetti. In questo caso, una
specie di formica razziatrice nota come Pheidologeton diversus.
Da tempo sappiamo che alcuni tipi di formiche (e di termiti) formano società coese che possono arrivare a milioni di membri e
mostrare comportamenti complessi come il controllo del traffico,
l’igiene pubblica e l’agricoltura. Il comportamento più affascinante, però, è la guerra: lo scontro organizzato di due gruppi che mettono a rischio la loro sopravvivenza. In questo noi esseri umani
siamo senza dubbio più simili alle formiche che ai nostri parenti
più prossimi, le grandi scimmie antropomorfe, che formano società
molto più piccole. Ma solo di recente abbiamo potuto apprezzare
la grande somiglianza tra le nostre strategie belliche e quelle delle
formiche. In questi insetti, come negli esseri umani, la guerra prevede una varietà sorprendente di scelte tattiche sui metodi di attacco e di decisioni strategiche su quando e dove entrare in guerra.
colonie rivali e prede si incontrano per la prima volta. Una minor
non ha più possibilità contro il nemico di quante ne possa avere
un’esploratrice ugualmente piccola di una specie non legionaria.
Ma le loro truppe numerose lungo il fronte formano una barricata imponente. Nonostante alcune possano morire nelle prime fasi
dello scontro, le altre in genere riescono a rallentare o a bloccare
il nemico, in attesa che le operaie più grandi, dette mediae e majores, arrivino e diano il colpo di grazia. Queste ultime due categorie
di operaie sono meno numerose delle piccole, ma più letali. Alcuni
esemplari pesano 500 volte più di una minor.
I sacrifici compiuti dalle minores sulla linea del fronte permettono di risparmiare le vite delle mediae e delle majores, che necessitano di molte più risorse per crescere e sopravvivere. Far correre i
rischi più grandi ai soldati più facili da sostituire è una vecchia tecnica di guerra. Nella antiche società umane si faceva lo stesso con
i contadini, arruolati a forza e mandati in battaglia ad assorbire i
colpi più duri. Nel frattempo i soldati scelti, che avevano ricevuto
l’addestramento migliore, oltre alle armi e alle corazze più costose,
rimanevano relativamente al sicuro dietro di loro. E proprio come
nei conflitti umani si può sconfiggere il nemico per logoramento,
distruggendo le unità una alla volta invece di affrontare lo schieramento avversario in un unico scontro, anche le formiche razziatri-
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ci affrontano i nemici a piccoli gruppi via via che la colonna avanza, evitando di combattere il nemico in un’unica battaglia.
Oltre a uccidere prede e specie rivali, le formiche razziatrici difendono il nido e il cibo dalle altre colonie di razziatrici. Le operaie mediae e majores restano nelle retrovie, mentre le minores afferrano gli avversari per gli arti. Questi scontri possono durare ore,
e sono molto più letali di quelli con le altre specie non razziatrici.
Centinaia di piccole formiche si aggrovigliano su un’area di poche
decine di centimetri quadrati e cercano di farsi a pezzi a vicenda.
Questo combattimento corpo a corpo rappresenta la modalità
tipica di uccisione tra le formiche. La mortalità è altissima, e riflette l’abbondanza di manodopera nelle colonie più grandi. Ci sono però anche specie che cercano di minimizzare le perdite, impiegando armi a grande gittata e attaccando il nemico da lontano. Per
esempio le specie del genere Formica, diffuse nei boschi d’Europa e
del Nord America, colpiscono gli avversari con uno spray irritante,
mentre i membri di Dorymyrmex bicolor, diffuse in Arizona, scagliano piccoli sassi sulla testa dei nemici.
Le ricerche di Nigel Franks, oggi all’Università di Bristol, hanno scoperto che la violenza organizzata praticata dalle formiche
legionarie e razziatrici segue la legge quadratica di Lanchester,
una delle equazioni sviluppate durante la prima guerra mondiale dall’ingegnere britannico Frederick Lanchester per studiare le
possibili tattiche e strategie di due eserciti avversari. I suoi calcoli dimostrarono che, quando in un campo di battaglia si verificano molti scontri, la superiorità numerica è più importante delle
capacità di combattimento individuali. Tra le formiche razziatri-
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riore alle normali necessità, un po’ come fa il nostro corpo quando accumula tessuto adiposo da usare nei momenti di difficoltà. In
un articolo pubblicato nel 2007 su «Behavioral Ecology and Sociobiology», Raphaël Jeanson dell’Université «Paul Sabatier» di Tolosa
ipotizza che il lavoro delle singole formiche diminuisca all’aumentare delle dimensioni della colonia. Questa crescita consentirebbe
di crearsi un esercito di riserva capace di sfruttare in pieno la legge
quadratica di Lanchester. Analogamente, molti antropologi pensano che nelle società umane la guerra sia comparsa solo dopo l’invenzione dell’agricoltura e la successiva esplosione demografica.
Superorganismi e supercolonie
In definitiva, la capacità delle formiche di praticare forme di
guerra anche estreme è la conseguenza di una coesione sociale
molto simile alla coesione delle cellule in un organismo. Le cellule
estende da San Francisco al confine con il Messico e potrebbe avere mille miliardi di membri, uniti dalla stessa identità «nazionale».
Ogni mese milioni di formiche argentine muoiono su un fronte di
guerra che si estende per chilometri intorno a San Diego, dove sono in atto scontri con altre tre colonie. È probabile che questa guerra vada avanti da un secolo fa, quando la specie arrivò in Nord
America. La legge quadratica di Lanchester si applica alla perfezione a queste battaglie: le operaie argentine, che possono raggiungere una densità di alcuni milioni di membri in un giardino di medie
dimensioni, sono piccole, consumano poche risorse e possono essere sostituite da nuove leve. Dato che sono in superiorità numerica rispetto alle specie autoctone, le supercolonie controllano vasti
territori, uccidendo i competitori che trovano sul proprio cammino.
Ma che cosa spinge queste formiche argentine a combattere
senza fermarsi? In molte specie di formiche e in altri animali (com-
Chiudete la porta. Una formica del genere Stenamma (al centro) usa un sassolino per impedire a una legionaria (a sinistra) di entrare nel nido.
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ci, infatti, le operaie più grandi si gettano nel combattimento solo operaie. Le legionarie non agiscono in modo autonomo, sono conquando il pericolo è imminente (per esempio per difendere la tana centrate soprattutto sul fronte della colonna e quindi hanno meda un entomologo abbastanza incosciente da scavarla).
no necessità di scambiarsi comunicazioni, si scontrano con nemici
La legge di Lanchester però non è sempre valida, né per gli esse- e prede in modo disciplinato. Le tessitrici, invece, si muovono con
ri umani né per le formiche. Per esempio le schiaviste sono un’af- maggiore libertà e rispondono in maniera più flessibile sia alle opfascinante eccezione. Alcune specie di queste formiche rubano le portunità sia alle minacce. Le differenze tra le due specie ricordano
larve delle altre colonie per allevarle come schiave nella propria il contrasto tra la rigidità dell’esercito di Federico il Grande e la flestana. Le schiaviste hanno una corazza, o esoscheletro, molto ro- sibilità e la mobilità delle armate di Napoleone Bonaparte.
busta e mandibole simili a pugnali, che garantiscono la superioriMa ci sono anche tattiche comuni. Sia le legionarie sia le testà nei combattimenti, tuttavia sono in notevole inferiorità nume- sitrici producono un feromone che recluta le operaie vicine per
rica rispetto alle formiche delle colonie che invadono per ottenere un’aggressione letale. Ci sono anche altri segnali specifici per le
schiavi. Per evitare di essere massacrate, alcune specie schiaviste azioni di guerra. Per esempio quando un’operaia ritorna da una
producono sostanze che gettano la colonia bersaglio nel panico e battaglia urta le compagne che incontra per avvisarle che c’è un
impediscono alle operaie nemiche di organizzarsi. Franks ha di- combattimento in corso. Allo stesso tempo, produce un feromomostrato che in questo modo le formiche seguono un’altra strate- ne, depositandolo lungo il percorso in modo che le altre operaie
gia descritta da Lanchester, spesso valida anche nel caso di conflit- possano seguirlo e raggiungere il campo di battaglia. Inoltre, per
ti umani. Secondo questa legge lineare, quando le
sancire l’occupazione di uno spazio, le operaie debattaglie sono condotte sotto forma di scontri uno
fecano sul posto, in modo simile ai cani che marCome per gli
contro uno (proprio quello che le schiaviste ottencano il territorio con l’urina.
esseri umani,
gono con il rilascio di sostanze), l’esercito con le
Una questione di dimensioni
anche nelle
migliori capacità belliche ha maggiori probabilità di vittoria, anche se è in inferiorità numerica.
Per formiche ed esseri umani, la propensione alformiche la
Di fatto, però, spesso gli attacchi delle schiaviste si
la guerra è collegata anche alle dimensioni di una
propensione
concludono senza scontri e senza vittime.
società. Le colonie più piccole combattono di raI rischi a cui si espone un soldato dipendono da
do e lo fanno principalmente per autodifesa. Coalla guerra
quanto è prezioso per la colonia: più è sacrificame i cacciatori-raccoglitori umani, che spesso soè collegata
bile, più è probabile che finirà per farsi male. Nelno nomadi e tendono a vivere alla giornata, anche
le razziatrici, per esempio, in genere le guardie che
alle dimensioni le società più piccole delle formiche, composte da
affiancano la colonna sono formiche anziane o fepoche decine di insetti, non costruiscono un’infradi una società struttura stabile di sentieri, depositi di cibo e nidi
rite che spesso non riescono ad alzarsi sulle zampe posteriori durante gli scontri. In un articolo del
per cui valga la pena morire. Quando i conflitti con
2008 su «Naturwissenschaften», Deby Cassill della University of gli altri gruppi diventano troppo intensi, queste formiche, al pari
South Florida afferma che tra formiche del genere Solenopsis, det- dei loro omologhi umani, scappano invece di combattere.
te formiche di fuoco, solo le più anziane (con un’età di alcuni mesi)
In genere le società di grandezza media hanno più risorse da dipartecipano ai combattimenti, mentre quelle nati da poche settima- fendere, ma sono abbastanza piccole da evitare di mettere in perine fuggono e quelle con pochi giorni di vita si fingono morti. Vista colo la vita dei propri membri. Per esempio le formiche del miele,
da questa prospettiva, la pratica umana di mandare in guerra i più che vivono in colonie formate da alcune migliaia di insetti, hanno
giovani e sani potrebbe apparire insensata. Gli antropologi hanno sviluppato un modo per limitare il rischio. Una colonia di formiche
però notato che, almeno in alcune culture, i guerrieri vincitori ten- del miele potrebbe compiere un’azione preventiva verso un nido
dono ad avere una prole più numerosa. Sarebbe quindi la ricerca di vicino, in modo da tenere il nemico impegnato invece di rischiaun vantaggio riproduttivo a rendere accettabile il rischio di morire re battaglie letali. Durante questa azione gli avversari si alzano sulin combattimento per un giovane essere umano, vantaggio impen- le zampe e si minacciano a vicenda. Come hanno suggerito i biolosabile per le formiche operaie, che sono sterili.
gi Bert Hölldobler dell’Arizona State University ed E.O. Wilson della
Harvard University, questo comportamento è molto simile alle esiControllo del territorio
bizioni di forza rituali diffuse nei piccoli gruppi umani. Se sono forDallo studio delle cosiddette tessitrici emergono ulteriori somi- tunate, le formiche più piccole (in genere membri della colonia più
glianze con le strategie militari umane. Le tessitrici vivono nel- debole) potranno ritirarsi senza perdite. La colonia vincitrice, pele foreste tropicali africane, asiatiche e australiane, dove formano rò, potrebbe assaltare quella perdente, divorarne le larve e sequecolonie che arrivano a 500.000 membri (un numero elevato, con- strarne le operaie con l’addome rigonfio di cibo, che rigurgitano
frontabile con quello di alcune specie legionarie) distribuiti su più per sfamare le compagne. I vincitori trascinerebbero queste operaie
alberi. Tessitrici e legionarie hanno in comune un’estrema aggressi- nel proprio nido per tenerle come schiave. Per evitare questo destività, ma agiscono in modo diverso. Le legionarie non difendono il no, alcune operaie ricognitrici controllano l’azione preventiva e se
territorio, preferiscono spostarsi alla ricerca di altre colonie da sac- la propria squadra è in inferiorità numerica, organizzano la ritirata.
I conflitti veri e propri sembrano riguardare solo le specie che
cheggiare. Le tessitrici invece rimangono nella tana, che difendono.
Le tessitrici dominano enormi spazi tra gli alberi grazie al con- vivono in colonie formate da centinaia di migliaia di membri. Gli
trollo di alcuni punti chiave, per esempio il punto di contatto tra scienziati considerano queste grandi società inefficienti perché il
tronco dell’albero e terreno. Inoltre, sfruttando le foglie, queste numero di nuove regine e di maschi che producono è più basso riformiche costruiscono fortificazioni in punti strategici della chio- spetto a quello delle società più piccole. Io invece credo che siano
ma degli alberi in modo da distribuire i soldati dove sono più utili. tanto produttive da permettersi il lusso di investire non solo nella
Le tessitrici operaie sono più indipendenti rispetto alle legionarie riproduzione, ma anche nella creazione di una forza lavoro supe-
si riconoscono tra loro grazie a segnali chimici che si trovano sulla
superficie cellulare e quelle che emettono segnali sconosciuti vengono attaccate dal sistema immunitario. Nella maggior parte delle
colonie, le formiche si riconoscono a vicenda con segnali che si trovano sulla superficie del corpo, ed evitano o attaccano le straniere
con un odore diverso. Ogni formica, in pratica, indossa l’odore del
proprio nido come se si trattasse di una bandiera tatuata sul corpo.
Questo odore è permanente, quindi non è possibile che una colonia
ne conquisti un’altra per sottometterla: cambiare nazionalità sarebbe impossibile per un membro adulto. Fatte salve rare eccezioni,
ogni operaia è parte della società in cui è nata fino alla morte. (Ciò
non significa che gli interessi delle formiche e quelli della colonia
di appartenenza coincidano sempre: in alcune specie, a volte anche
le operaie tentano di riprodursi. Del resto, anche fra i geni di un organismo possono verificarsi conflitti di interessi.)
Dato che la società delle formiche è anonima, l’identificazione
con la colonia è tutto ciò che caratterizza i singoli membri: a parte riconoscere la differenza tra sé e un soldato o una regina, un’operaia non riconosce le proprie compagne come individui. La loro
assoluta dedizione alla collettività le rende più simili alle cellule di
un superorganismo, in cui la morte di un individuo ha le stesse trascurabili conseguenze di un taglio a un dito. Quanto più grande è la
colonia, tanto meno l’organismo si accorge del taglio.
L’esempio più clamoroso di fedeltà alla colonia è quello di Linepithema humile. Sebbene sia originaria dell’Argentina, questa formica si è diffusa in molte parti del mondo viaggiando sulle navi cargo. La più grande di queste colonie si trova in California, si
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preso l’uomo), quando il conflitto supera una certa durata si sviluppa una sorta di empatia con il nemico, i tassi di mortalità scendono e le due parti definiscono un confine stabile, spesso con una
striscia di «terra di nessuno» tra i rispettivi territori. Tuttavia, nelle pianure alluvionali dove si è evoluta la formica argentina, le colonie devono interrompere i combattimenti ogni volta che il livello
delle acque sale. Il conflitto, in pratica, non si risolve mai e le guerre continuano all’infinito.
La violenta espansione di queste supercolonie di formiche ricorda da vicino l’annientamento di popolazioni umane (dai nativi americani agli aborigeni australiani) attuata dalle superpotenze
coloniali. Per fortuna gli esseri umani non formano superorganismi nel senso appena descritto: la nostra fedeltà alla società d’origine può indebolirsi e permettere l’accesso di immigrati e la fusione tra nazioni. Sebbene per molte specie di formiche la guerra sia
un destino inevitabile, noi possiamo scegliere di ripudiarla.
n
per approfondire
Formiche. Hölldobler B. e Wilson E.O., Adelphi, Milano, 1997.
Individual Versus Social Complexity, with Particular Reference to Ant Colonies.
Anderson C. e McShea D.W., in «Biological Reviews», Vol. 76, n. 2, pp. 211-237,
maggio 2001.
Arms Races and the Evolution of Big Fierce Societies. Boswell G.P. e altri, in
«Proceedings of the Royal Society B», Vol. 268, n. 1477, pp. 1723-1730, 22 agosto
2001.
Supercolonies of Billions in an Invasive Ant. What Is a Society? Moffett M.W., in
«Behavioral Ecology» (in stampa).
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