2012-10-14 Azzarino percorso mio foto testo

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2012-10-14 Azzarino percorso mio foto testo
in Lessinia, tra le contrade di Azzarino
alla ricerca di antiche colonnette votive
DOMENICA 14 OTTOBRE 2012
Il nostro itinerario si svolge nella suggestiva conca di Azzarino, uno dei XIII Comuni «cimbri», la cui indipendenza terminò
con l'avvento di Napoleone che lo accorpò come frazione a Velo, tra l'opposizione della popolazione che incendiò il
municipio di Velo. Si tratta in realtà di una serie di contrade molto antiche, citate in documenti del XIII e XIV sec. come
«Azerinum», in seguito (sec. XV, XVI e XVII) colonizzate in parte da popolazioni bavaro-tirolesi, poste in un territorio
isolato, con poche e difficili vie di accesso, fino al secolo scorso: da Selva lungo l'impervia valle dei Covoli, da Giazza lungo
il sentiero che sale a Pozze, da Velo per Croce o per Purga e da Camposilvano per Cuniche.
I vari nuclei abitati di Azzarino
sono posti in un territorio dalle
dolci ondulazioni protetto dai venti
del Nord dai rilievi che salgono al
Sengio Rosso ed al Monte
Bellocca. Il nome «Azzarino»
deriva dal latino «argen =
«argine» in quanto il territorio è
arginato da alture e da piccole
valli.
Dislivello: 400 m circa. Tempo di
marcia: ore 4,40 più un paio di
ore per la visita delle contrade Difficoltà: E, facile, il percorso è
in gran parte su carrarecce e
strade asfaltate - Cartografia:
Lessinia,carta
turistica
per
escursionisti 1:25.000, Comitato
Gruppi
Alpinistici
Veronesi.
Bibliografia: Le contrade di Velo
Veronese, C.T.G.. - Colonnette
alto veronese e vicentino,
Curatorium Cimbricum Veronese.
- La Lessinia ieri, oggi, domani, n.
29-2006.
Parcheggiamo a Camposilvano, m. 1157, sul piazzale davanti alla chiesetta dedicata a San Carlo Borromeo.
Che la leggenda vuole sia passato di qui per recarsi al Concilio di Trento. La prima cappellina sarebbe stata qui edificata
per conservare la vera di un pozzo su cui il Santo avrebbe lasciato lo stampo della mano. La prima costruzione risale al
1600, quattro anni prima che Carlo Borromeo fosse dichiarato Santo! Un ampliamento successivo venne fatto nel 1700,
mentre quello definitivo, con il campanile, è del 1907. La famosa vera del pozzo venne purtroppo persa durante le ricostruzioni. Di fronte alla chiesa una lapide ricorda che il 23 luglio 1911 «Camposilvano ebbe luce ed acqua
Ci dirigiamo a sud, passato l’incrocio della provinciale, entriamo nel recinto della casa per ferie di Don Calabria, per
ammirare una colonnetta in pietra.
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Stele di Camposilvano del 1759. Il manufatto raffigura quello che rimane di una crocifissione. Anche se di difficile
interpretazione è ancora leggibile la parte epigrafica posta sotto la figurazione ADORAMUA A TE – CHRISTE ET BENEDIC
– MUS TIBI QUIA PER – SANCTAM CRUCEM TUAM – REDEMISTI MUNDUM – S.C.F.F.S.D. E’ questa un’opera che
esula dal gusto ambientale e dimostra la presenza di un lapicida ben aggiornato sulle contemporanee espressioni urbane.
L’opera è stata collocata nell’attuale sito circa trenta anni fa, è incerto il luogo di provenienza.
Camposilvano chiesetta di San Carlo Borromeo.
Colonnetta di Camposilvano.
Croce del Gallo.
Ci incamminiamo ora per la stradina (segnavia 251) ad Est che fiancheggia prima il museo dei fossili di Camposilvano e poi
il campeggio, e, oltrepassata la cappellina sulla sinistra (edificata nel 1982 «per grazia ricevuta») troviamo la contrada
Cuniche o Kunech, m. 1160.
Poco più avanti un crocicchio chiamato «Strait».
A protezione di questo incrocio di strade vediamo sulla sinistra una croce in pietra con l'iscrizione: «INGRI C.G.E.F. F.A.
1890».
Continuiamo diritti e seguiamo la carrareccia che entra nel bosco e ci porta alla Croce del Gallo m. 1173, ore 0,15 .
Croce del Gallo, massiccia ed enorme, la croce, che reca scolpite le iniziali del committente (C C) e l'anno di realizzazione
(1864) doveva probabilmente sostituire una croce precedente fatta erigere forse a scopo apotropaico. Era credenza, nel
passato, che quando tre strade si incrociavano (come in questo caso), allo scoccare della mezzanotte, streghe, anguane e
orchi di qui passassero, facendo strage dei malcapitati che avevano la sfortuna di transitare a quell'ora.
Andiamo dritto sulla mulattiera (segnavia 253) che scende verso Sud-Ovest fino alla strada asfaltata che viene da Purga,
dove si incontra un cippo in rosso ammonitico con incisi i nomi delle località vicine: «LESSINE, AZZARINO E VELO», testimone del passaggio dell'antica «Via Cara» verso l'alpeggio de «le sine».
Teniamo la destra su asfalto poco dopo incontriamo un capitello del 1851
Con l'Immacolata e presentante la seguente scritta: «O PENTIRSI O DANARSI. MOLTE IND(ulgenze) SONO CONC(esse)
A CHI INNANZ(i) A QUEST(a) IM(magine) DI M(aria) V(ergine) RECITA ANCHE SOL(o) UN'AVE M(aria) FERARI
DOMENICA FF 1851».
Da qui ancora pochi minuti ed arriviamo ad un bivio poco prima della contrada Purga, m. 1120, ore 0,15-0,30, qui giriamo
a sinistra e prendiamo la mulattiera con lastre di pietra che scende ad Est nel bosco misto di faggi, abeti, larici e betulle
posto sul versante settentrionale del Monte Purga e passiamo sotto il Sengio de la Paicòal.
Carrareccia tra Purga e Croce.
Contada Croce:casa con i volti Barbari e edicola con Madonna.
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Croce è una contrada abbastanza ampia con interessanti architetture. Qui troviamo i cosiddetti «vòlti barbari», una sorta di
porticato gotico chiuso, risalente al XV sec. ed ampliato nel XVII sec., in cui vuole la tradizione si rifugiassero gli abitanti
con i loro animali in caso di assalti da parte di briganti o di lupi ed orsi. Di fronte abbiamo una stele in pietra con croce (con
la scritta INRI) da cui è derivato il nome alla contrada. Evidenti sono inoltre alcuni millesimi su case e stalle, in gran parte
del secolo scorso. La contrada possiede un baito del 1913, mentre interessante è una abitazione nella schiera posta più a
settentrione e raggiungibile tramite passaggi stretti tra le case: si tratta di un edificio della metà del secolo scorso (la data
1852 è incisa sulla pietra di una finestra), presentante una meridiana (del tipo di quella di contrada Viaverde) ed un affresco
di Madonna con Bambino, ormai sempre meno leggibili; sul tetto vi è un campaniletto a vela con campana benedetta che
veniva suonata all'avvicinarsi di temporali minacciosi (tale campana può far pensare anche ad una destinazione scolastica
dell'edificio in questione). Nella parte più bassa della contrada vi è anche una fontana, mentre nelle abitazioni ad oriente vi
è una casa ristrutturata con una lapide che attesta che don Giovanni Calabria (ora Santo), ha dormito in quella casa nel
settembre del 1915. Da notare è poi un grande edificio ad oriente della contrada, costruito nel 1923 in stile liberty, la cui
parte centrale fu restaurata negli anni quaranta.
Attraversiamo la contrada passando davanti alle case liberty , imbocchiamo la carrareccia a sinistra, poi per prato fino ai
ruderi, che si intravedono sotto gli alberi, di un mulino, con sorgente posto nell'impluvio. Prendiamo la mulattiera, poco
dopo al bivio teniamo la destra e scendiamo fino ad incontrare la strada asfaltata. Qui saliamo a sinistra ed subito dopo
incontriamo la contrada Rosaro, m. 950, ore 0,15-1,00.
Rosaro Il cui toponimo deriva dal dialetto veneto «rosaro»= «rosaio». La contrada è la prima del territorio di Azzarino che
incontriamo ed è formata da una stalla con una abitazione ristrutturata di 4 piani, presentante dinanzi una colonna in pietra
(usata come sostegno nelle stalle) con sopra una Madonnina.
Poche decine di metri lungo la strada ed arriviamo alla contrada Schiavoni, m. 957.
Schiavoni, preceduta da un artistico capitello della Madonna di Pompei posta tra San Domenico e Santa Caterina.
Sul timpano vi è la scritta: «DOLCE CUORE DI MARIA SIATE LA SALVEZZA MIA, INDULGENZA DI 300 GIORNI PIO IX
30 SETT. 1852». Nella parte più bassa vi è invece la seguente dedica: «FERMATI O PASSEGGER IL DESTRO PIEDE
INCHINA A SALUTAR DEL CIEL LA GRAN REGINA. POZZERLE ANCILLA E MARITO FE.FA.PE SUA MEMORIA 1902».
La contrada Schiavoni, il cui toponimo deriva dal veneto «s-cíaoní»= «schiavi» sembra essere stata abitata da un
funzionario veneziano incaricato di provvedere il legname per l'Arsenale. Schiavoni erano comunque denominati anche
degli schiavi dàlmati. La contrada presenta una schiera con due abitazioni, stalla e fienile. Su un dosso poco più in basso a
meridione vi è un baito del 1938.
Contrada Campe con la chiesetta di San Giuseppe ed edicola del 1871.
Proseguiamo ora sulla strada asfaltata che si innalza e volge ad Est fino a giungere alla contrada Campe, m. 1024, ore
0,20-1,20.
Campe, toponimo derivante dal latino «campus» = «campo». La contrada, citata ancora in documenti del 1566, presenta la
chiesetta ottocentesca di San Giuseppe con doppio rosone centrale, alcune schiere contrapposte, una fontana, un pozzo
ed un baito. Interessante è un capitello del 1871, in stile barocco, murato su di una abitazione, contenente una Madonna
con Bambino e recante l'iscrizione: «INDULGENZA DI 40 GIORNI A CHI DICE AVE MARIA». Sotto vi è la dedica: «A. M.
R. VERGINE PER M.D., M.T., E.F. A 1871». A destra del capitello vi è una stalla-tesa con un curioso particolare: lo spigolo
in pietra è incavato ed arrotondato e reca scolpita una mano per invitare a prestare attenzione al bordo superiore.
Procediamo ora lungo la strada bianca che si dirige a Nord incontrando un altro baito con la scritta:
«W LA SOCIETA CONCORDIA CAMPE COVEL RIUNITI ALLA BOTTOLI F. ANNO 1940».
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Dopo alcune decine di metri eccoci a Covel, m. 1021, ore 0,10-1,30.
Covel, Antica contrada attestata ancora nel 1570 ed il cui nome deriva dall'antico tedesco «kofel«cima di montagna», o
«kobel» = «gola di montagna scavata nella roccia», entrambi riferiti alle precipiti pareti verso la Val d'Illasi o alla presenza di
doline (la più prossima usata come discarica). La contrada è disabitata e presenta notevoli strutture architettoniche: in
particolare sono da ammirare i portali scolpiti, alcuni millesimi del 1730 e del 1810 ed i contorni di alcune finestre.
, in pietra con scolpiti in rilievo una crocefissione con i simboli della passione e recante la scritta «AN 1895 F(ece) F(are)
CANDIDO CASSTAGNA FRATELI P.S.D.».
Contrada Covel.
Colonnetta di Covel.
Dietro la contrada verso Nord, dove parte il sentiero per Giazza, si trova la stupenda colonnetta di Covel.
Colonnetta di Covel: Stele, interamente in pietra di un bel rosso ammonitico. Il tema iconografico è quello della
Crocifissione, caratteristico di questa zona della Lessinia. La figurazione, molto semplice, pone al centro il Cristo con ai lati
le Marie, dimensionalmente molto più piccole di Gesù e raccolte nei gesti. La drammaticità del Cristo è resa nella tensione
delle braccia e della parte superiore del corpo che sono volutamente e visibilmente sproporzionati rispetto al resto della
figura. Sopra la composizione sono riportati i simboli della Passione, mentre un ricercato cordone inquadra il bassorilievo.
In alto, sulla sommità superiore della stele, è posta una croce in ferro. Nella porzione inferiore dell'opera un'epigrafe recita:
A N 1855 - F F CANDI -DO. CASSTG - NA. FRATELI - P S D. Questo tipo di colonnetta vengono denominate le “colonnette
della Passione”
Davanti alla colonnetta prendiamo il sentiero che obliqua a destra, attraversiamo un cancelletto, entriamo nel bosco
(attenzione a non scivolare) in breve arriviamo ai piedi di una roccia dov'è posta una scultura popolare raffigurante la
Madonna dei Sette Dolori
Con la seguente scritta: «FERMATI O PASSEGIER FERMATI ALQUANTO/PER SALUTAR MARIA MADRE DEL
PIANTO/RIVA GIUDITA F.F. P.S.D. (per sua devozione) A.D. 1883».
Tornati alla contrada, prendiamo la mulattiera che da li parte verso Pozze. Al bivio andiamo a destra sul sentiero 251 per
Giazza , prima in leggera salita, poi cominciamo a scendere nella valle verso nord, oltrepassato un vajo, si notano dei
roccioni continuando ancora un po’ si arriva alla colonnetta delle Rive, ore 0,35-2,05.
Colonnetta delle Rive:il manufatto in pietra raffigura una crocifissione, nella parte inferiore è riportata l’epigrafe FERMA O
PASSEGERO IL – DESTRO PIEDE – A SALUTAR GESÙ CHE – QUI RISIEDE P.A. – PIETRO CAPPELLETTI – F.F.P
S.D. A.N.D. – 1846.
Colonnetta delle Rive.
Contrada Pozze.
Colonnetta di Pozze..
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Ritornati indietro fino al bivio di prima, giriamo a destra ed eccoci subito a Pozze, m. 1051, ore 0,25-2,30.
Pozze,toponimo derivante dal cimbro «puzze» che si rifà al latino «puteus» = «pozzo». La contrada, attestata ancora dal
1566, presenta una bella fontana ed alcune schiere di case e stalle-tese, alcune con tetto in «canel» sotto la lamiera,
nonché un baito della contrada
Entriamo nella contrada nella parte davanti, la attraversiamo, imbocchiamo la mulattiera più alta che passa davanti alle
stalle-tese andando verso ovest e dopo un po' incontriamo la colonnetta di Pozze.
Colonnetta di Pozze: Il manufatto, una bella stele in rosso ammonitico raffigura una classica Crocifissione con i segni della
Passione e le Marie poste in basso, ai lati della croce. Tra di loro è interposto il simbolo della morte. L'immagine della figura
principale mostra una capigliatura riccia e il lenzuolo che le cinge la vita è riccamente decorato. In alto sono scolpite le
lettere INRJ, mentre sotto la figurazione è riportata l'epigrafe 1749 - QESTA OPERA - FATTA IO VA - LENTIN FIIVO - DI
DOMENICO – POCERLE.
Seguiamo ancora per poco la carrareccia e poi obliquiamo a sinistra,sud-ovest,e per prato puntiamo alla contrada Riva, m.
1081, ore 0,10-2,40.
Riva, attestata ancora nel 1567 ed il cui nome deriva dal veneto «ria» =«terreno in pendio». Notevole è la stalla-tesa che fa
angolo sulla strada, con una croce in pietra murata e due «bocaròi» a semicerchio, nonché con il tetto di tegole. Quasi di
fronte sull'altro lato della strada vi è una stalla con fienile sospeso su di un passaggio pedonale e con una bella slitta in
legno appesa sotto.
Sul primo incrocio della contrada facciamo una piccola deviazione, a sinistra prendiamo la mulattiera che passa dietro ad
una stalla e subito dopo arriviamo alla colonnetta di Riva.
Colonnetta di Riva - La Crocifissione ha come tema la sola immagine del Salvatore. Questa iconografia si scosta
notevolmente dalle altre presenti nella zona. I segni della Passione e gli oranti non sono qui rappresentati e il Cristo, nella
sua complessità, è meno rigido e molto più plastico. In basso sono incise alcune scritte in parte illeggibili: ANO D 1661 IOC
MRA... EA RVFPV DECO.
Contrada Riva.
Colonnetta di Riva.
Contrada Foi, affresco dell’Ultima Cena
Ritorniamo in contrada e sulla strada asfaltata proseguiamo ora a Nord-Ovest ed arriviamo a Foi, m. 1078.
Foi, il cui toponimo deriva dal dialetto veneto «foi> = «faggi» è attestata ancora dal 1570 e testimonia la ricchezza di boschi
presenti in passato nella zona. Nel giungere alla contrada incontreremo una croce in pietra del 1840 con piedistallo
scolpito; presenta la seguente scritta: «RELIQUIA DMV AVM GBF FF A 1840 LFPBF». Su di una lunga schiera di
abitazioni vi sono i resti di una meridiana affrescata e di un'artistica «Ultima Cena» posta sotto la gronda (purtroppo ormai
in avanzato stato di degrado). Dietro questa schiera una grande stalla con il tetto gotico con croce, presenta un ingresso
doppio ed all'interno un grandioso arco in pietra che sostiene il tetto. La contrada conserva anche un capitello del 1983
eretto come impegno di pace in occasione dell'Anno Santo.
Continuiamo sulla strada, passiamo accanto a un tradizionale baito della contrada, giungendo all'incrocio con la strada per
Battisteri, m. 1080, ore 0,10-2,50.
Battisteri. Attestata con questo nome già dal 1623, la contrada è divisa in due schiere contrapposte di cui quella più a Sud
è probabilmente più recente. Sono comunque molto interessanti e ben conservate entrambe, anche se la schiera alta (la
più antica), presenta degli elementi architettonici più rilevanti, come ad esempio un piccolo arbietto (abbeveratoio) e l'ultima
casa a destra costruita interamente utilizzando solo sassi.
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Ora lasciamo la strada asfaltata per inoltrarci in una bella mulattiera contornata da muretti a secco, ad un certo punto
purtroppo bisogna abbandonarla perché invasa da rovi e sterpaglie, teniamo la destra e saliamo su prato fino ad incrociare
la carrareccia che arriva dal baito Lausen, ore 0,25-3,15.
Teniamo la sinistra e andiamo verso nord per un centinaio di metri dopo di chè passiamo un cancelletto e verso ovest
risaliamo la bellissima mulattiera con laste di pietra. Arrivati al bivio con una carrareccia svoltiamo a destra e poi più avanti
ancora a destra. Sempre su carrareccia oltrepassiamo con un tornante delle stalle-tese raggiungendo così la malga Sengio
Rosso Alto, m. 1293, ore 0,25-3,40.
Sengio Rosso Alto: Composto da un numero di costruzioni abbastanza anomalo per una malga (assomiglia di più ad una
contrada medio-grande): doveva sopportare un numero elevato di «paghe» (capi di bestiame) a giudicare dalle numerose
stalle presenti e dal grande baito situato nel lato Est della schiera vicino al pozzo. Molto belli e caratteristici i due «bocaròi»
(aperture che permettevano l'aerazione del fieno) ellittici posto sulla grande stalla centrale, sulla quale possiamo notare
incisa sopra la porta d'ingresso l'epigrafe del proprietario
Malga Sengio Rosso Alto.
Malga Sengio Rosso Basso con vista sule cime: Trappola, Carega e Terrazzo.
Proseguiamo ora verso Nord, finché giungiamo sulla strada, al culmine del dosso, e contempliamo il paesaggio, verso nord:
contro il cielo si staglia il profilo del Monte Tomba, Castel Gaibana con l'arrivo della seggiovia, Cima Trappola, il Carega, i
Monti della Lobbia...
Ora verso Ovest seguendo la strada fino a giungere a malga Nòrderi, m. 1130,.
Chiamata dagli abitanti di Velo «Nòrdar» anche qui ci troviamo in presenza di un toponimo di origine medio alto tedesca
(norder» = «settentrionale») che conferma chiaramente l'etimo: il terreno di questa malga è infatti rivolto a settentrione.
Formata da un piccolo baito e da una stalla, la malga è stata recentemente restaurata aggiungendo alla stalla originaria
una costruzione non in sintonia con gli elementi tipici.
Proseguiamo ancora sulla strada, per 50 m, fino a trovare, sulla sinistra, un ceppo funerario ormai coperto di licheni.
Eretto a ricordo di una morte orribile ma non rara su questi monti esposti facilmente e frequentemente ai temporali estivi,
porta scolpita sotto la croce un'epigrafe che recita: «ADÌ 16 7BRE 1839 QUI FÙ COLPITO DA FULMINE GIOVANNI
DALLA VALLE DI BOLCA. GIO BAT. POZZA E PIETRO FF (fece fare)».
Proseguiamo ancora finché giunti all'incrocio con la carrareccia che porta a Croce di Parparo, m. 1336, ore 0,15-3,550,
seguiamo a sinistra, oltrepassando il cancello, l'itinerario 253 percorrendo la dorsale Langhebech «El Langhèke»
(dal medio alto tedesco «lanc(g)» = «lungo» ed «ekke» = «dosso», dosso lungo) la dorsale ricalca in parte l'antica «Via
Cara» che segue rettilinea il crinale che forma il fianco destro orografico della Valsguerza: sguerza vuol dire guercia (cieca
da una parte) perchè in fondo la valle sembra chiusa da un dossetto a cupola e fa quindi un gomito.
La nostra carrareccia è delimitata a sinistra da un bel muretto in grossi blocchi di Rosso Ammonitico mentre a destra ne
rimangono solo le fondamenta: è stato infatti demolito alla fine del 1800 e con le sue pietre costruito il baito di Malga Buse
di Sopra, che vediamo alla nostra destra sormontato da un bel comignolo col "tabarro", cioè con i fori riparati da lastre
quadrate, a difesa dal vento .
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A sinistra sull'altro versante vediamo la stalla Prundeli (Brunne = sorgente dal nome del proprietario che veniva dalla
Contrada Prundele ) e in lontananza vediamo la Contrada Senoti (Senne = pascolo montano e Hutte = capanna). Sul dosso
pascolivo a cupola si intravedono buche da disboscamento testimonianza di un antico bosco di faggi tagliati in tempi
antichi.
Il tipo di roccia su cui camminiamo è detta Biancone e dagli abitanti locali "le scaie". L'erosione la rompe in piccole scaglie
bianche ed è ottima per il pascolo; infatti non dà affioramenti rocciosi a differenza del Rosso Ammonitico, roccia ricca di
fossili che potremo osservare più avanti.
Nella valletta a destra un bosco di faggi ben delimitato dal pascolo è la Riserva delle Buse (bosco conservato come riserva
di legna per le malghe vicine), mentre un grande faggio isolato che svetta contro il cielo a valle dei "Casotti" (grandi stalle di
recente ristrutturate), è detto "il fò dei afari": sotto questo grande albero si riuniva la comunità per decidere di questioni
locali.
Ritroviamo a destra i grossi blocchi del muro della Langhebech. Davanti a noi un avvallamento con un muretto a secco e un
cancelletto, noi prendiamo un sentierino a destra che scende nella Valle delle Sfingi.
La Valle delle Sfingi presenta una serie di grossi monoliti in calcare (rosso ammonitico ed oolite di San Vigilio), variamente
modellati dalla disgregazione e dall'erosione, allineati longitudinalmente sul fondovalle e regolarmente distanziati l'uno
dall'altro. Si sono originati per l'erosione e la dissoluzione di uno strato di rosso ammonitico che spesso poggia su di una
base di Dogger selciosa (più facilmente erodibile) composto di oolite di San Vigilio, formando così delle forme a fungo. Il
rosso ammonitico che compone i monoliti è stratificato in senso orizzontale mostrando così le varie fasi di sedimentazione
a cui è andato soggetto.
Valle delle Sfingi: Malga Buse di Sotto e i monoliti chiamati ”Sfingi”.
Incontriamo quindi nella valle la contrada Buse di Sotto, m. 1220, ore 0,25-4,15.
Costituita da due costruzioni immerse nel paesaggio suggestivo delle Sfingi. Una delle due costruzioni è crollata; l'altra
invece, rivolta a Sud, è il tipico edificio composto da casa a due piani, stalla (molto bella), fienile e un'altra piccola stalla,
forse un porcile. Dietro l'edificio crollato possiamo vedere una bella «giassàra» tonda, per la conservazione del ghiaccio,
molto ben conservata.
Continuando sulla strada passiamo attraverso il «Brutto», m. 1194, costituito da un edificio moderno e da una vecchia
stalla con fienile rimodernato.
Bisogna ricordare che il nome antico di questa parte della Valle delle Sfingi era appunto «Vajo del Brutto». Da qui
possiamo vedere un'altra delle tante formazioni carsiche di questa zona: davanti a noi si trova appunto il «fungo di Camposilvano» o, meglio, secondo la tradizione, «el sengio de l'orco», portato qui appunto da un orco per permettere alle
«fade» di legarvi un capo di corda per stendere il bucato...
Chiudiamo il nostro percorso scendendo brevemente per la strada asfaltata raggiungendo Camposilvano, ore 0,25-4,40.
PARTENZA DALLA SEDE ALLE ORE 8,30 CON MEZZI PROPRI
INFORMAZIONI: Graziano Maimeri 333-56.12.182
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