tecniche a basso impatto ambientale per la
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TECNICHE A BASSO IMPATTO AMBIENTALE GESTIONE E LA DIFESA DEL TAPPETO ERBOSO PER LA 1 - Introduzione Al contrario della maggior parte degli sport, il golf non è limitato ad un campo da gioco circoscritto o ad uno stadio, e, a causa dell’impiego di superfici piuttosto vaste, deve avere una intima relazione con l’ambiente circostante. I percorsi di golf, quindi, hanno una funzione potenzialmente considerevole nella protezione ambientale, e possono essere parte integrante nella programmazione dell’uso del territorio e nelle politiche ambientali locali (Pern, 1999). Questa funzione è soprattutto svolta in ambito gestionale, con l’adozione di corrette strategie di difesa che possono preservare e conservare le caratteristiche ambientali peculiari dell’area. La gestione e la difesa dei tappeti erbosi dei percorsi di golf, che spesso richiede uno standard qualitativo elevato per esigenze di gioco soprattutto sui green, è ancora spesso legata all’impiego di agrofarmaci, al fine di mantenere l’uniformità, la levigatezza e la densità della superficie di gioco. È sempre più pressante da parte dell’opinione pubblica la richiesta di raggiungere i migliori risultati possibili nella gestione dei tappeti erbosi limitando i trattamenti chimici, soprattutto in ambiente urbano e suburbano dove spesso il tappeto erboso è impiegato. Questo ha portato alcune nazioni a valutare e limitare l’impiego degli agrofarmaci in aree urbane, fino al caso della Danimarca, che dal 1998 ha messo in atto un accordo volontario tra il governo e gli enti locali che ha raggiunto lo scopo di bandire dal 1 gennaio 2003 l’uso di prodotti chimici nelle aree pubbliche. Anche in nazioni in cui l’impiego del tappeto erboso è molto diffuso, come gli USA, la spinta a eliminare o ridurre l’impiego di agrofarmaci nella gestione del manto, soprattutto nei numerosissimi percorsi di golf, è sempre più forte, portando in alcuni Stati alla decisione di applicare esclusivamente strategie di lotta integrata nella gestione di tappeti erbosi di elevata qualità (Oatis, 2004). L’uso eccessivo di agrofarmaci potrebbe causare gravi rischi per l’ambiente naturale. Si rende perciò necessaria la conoscenza e l’applicazione di tecniche di difesa a basso impatto ambientale, prive di rischi per la salute di chi opera o usufruisce del tappeto erboso. L’impiego di mezzi chimici di lotta dovrebbe essere limitato a tappeti erbosi di particolare importanza, a seguito di un’accurata diagnosi e quanto più possibile in maniera localizzata. 2 – Qualità del tappeto ed influenza sul gioco del golf La qualità del tappeto erboso è un termine relativo, che varia a seconda del tipo di manto, del periodo dell’anno, della valutazione personale e dell’impiego che si fa del tappeto stesso. Questo parametro è perciò molto difficile da valutare, in quanto è un complesso di diverse caratteristiche e fattori (Beard, 1973). Le componenti fondamentali che determinano la qualità del tappeto erboso, e che sono essenziali anche da punto di vista golfistico sono: Ο Uniformità. Un tappeto erboso di qualità deve essere il più uniforme possibile. La presenza di infestanti, aree di suolo nudo, danni causati da malattie fungine o insetti dannosi possono ridurre l’uniformità del manto e quindi la qualità generale del tappeto. Dal punto di vista del gioco, l’uniformità è necessaria soprattutto sul green, per consentire un corretto rotolamento della pallina, e sul tee, per permettere un migliore appoggio del giocatore. Ο Densità. Questo parametro (valutato come numero di piante per unità di superficie) è uno dei più importanti, in quanto spesso un tappeto erboso è valutato visivamente di qualità elevata quando è particolarmente denso. Una elevata densità del tappeto erboso è anche ricercata attraverso pratiche di manutenzione ordinaria (aumento della frequenza di taglio, taglio ad altezze ottimali per le specie presenti, corretta gestione dell’irrigazione e della fertilizzazione, ecc…) al fine di aumentare la competizione del tappeto nei confronti delle infestanti e limitare quindi i trattamenti di diserbo. Tappeti più densi, inoltre, consentono un perfetto sostegno per la pallina, che può esser colpita più facilmente e con maggiore precisione. Ο Tessitura. La tessitura del tappeto è in funzione della larghezza della lamina fogliare. In genere, per tappeti erbosi di qualità, con tessiture medio o medio-fini, si considera una larghezza della lamina fogliare media (misurata nella parte mediana della seconda foglia completamente sviluppata) tra 1,5 e 3 mm. Anche questa caratteristica influenza la giocabilità della superficie di gioco: per superfici quali i greens dei percorsi di golf tessiture medio-fini, infatti, possono fornire una migliore corsa della pallina. La tessitura fogliare può essere influenzata dall’altezza di taglio mantenuta, dosi di fertilizzante, pratiche di topdressing. Ο Levigatezza. Questo parametro è fondamentale per la qualità dei greens, in cui non devono essere presenti danni, ostruzioni o depressioni che possono interferire sul rotolamento della palla. La palla, infatti, non deve “saltellare” sulla superficie di gioco (cosa che avviene ad esempio a seguito di malattie fungine o per presenza di infestanti), ma rispettare la linea di tiro decisa dal giocatore e le pendenze più o meno evidenti del green (Beard, 1973). Un percorso di golf in buone condizioni, quindi, consente al giocatore di gareggiare con un numero minimo di fattori che interferiscono il gioco, e la manutenzione quindi riveste un ruolo predominante. Soprattutto per mantenere l’uniformità e la levigatezza delle superfici di gioco di tees e greens, da cui tutti i giocatori partono ed arrivano e dove si svolge la parte di gioco di maggior precisione e delicatezza, e dove le pratiche di manutenzione sono più intense proprio per consentire lo svolgersi corretto del gioco, sono in alcuni casi necessari interventi di lotta chimica, specie nei confronti di malattie fungine e infestanti. Lo scopo di una corretta manutenzione è raggiungere un bilanciamento ragionevole tra i desideri del giocatore e le necessità agronomiche del tappeto erboso, nel massimo rispetto dell’ambiente circostante (Beard, 2002). Occorre anche ricordare che la superficie ad alta manutenzione in un percorso di golf ricopre solo in 3-4% dell’intera area (Federazione Italiana Golf, 1999), ed il numero di trattamenti effettuati in genere su queste superfici è di gran lunga minore rispetto a quelli impiegati in agricoltura. 3 – Sistemi di difesa alternativi alla lotta chimica In linea generale la difesa dei tappeti erbosi nei confronti delle avversità dovrebbe tendere a prevenire l’insediamento dei patogeni, creando soprattutto condizioni sfavorevoli all’attacco o utilizzando specie e cultivar meno sensibili o resistenti (Mocioni e Gullino, 2001). 3.1 – Lotta agronomica La lotta di tipo agronomico è basata sull’adozione di corrette pratiche manutentive, legate soprattutto a limitare gli stress del tappeto rendendolo più resistente alle principali avversità biotiche. Queste tecniche da sole, nella maggioranza dei casi, possono consentire di contenere in modo più che sufficiente gli attacchi dei principali parassiti nel casi di tappeti erbosi a media manutenzione (fairways). 3.1.1 - Impianto Le strategie di difesa agronomica partono già dalla scelta del momento ottimale per la semina, in modo da rendere il tappeto erboso più resistente ad attacchi di patogeni radicali o Pythium spp., ed aumentare la competizione nei confronti delle specie infestanti. Anche la dose di semina può influenzare l’incidenza degli attacchi, in quanto una dose eccessiva causa la formazione di plantule deboli, più facilmente colpite da patogeni fungini (Watschke e Schmidt, 1992). La semina, perciò, dovrà essere operata al termine dell’estate per le specie microterme o in primavera per le specie macroterme, per consentire un rapido insediamento del manto. Oltre a ciò, è essenziale scegliere le specie più adatte all’ambiente in cui si opera: ad esempio, le specie macroterme potrebbero essere impiegate con ottimi risultati anche nelle zone costiere italiane, con notevoli vantaggi per quanto riguarda il risparmio idrico e la resistenza ad eventuali attacchi di patogeni fungini (Croce et al., 2001). Anche la dose di semina può influenzare l’incidenza degli attacchi, in quanto una dose eccessiva causa la formazione di plantule deboli, più facilmente colpite da patogeni fungini (Watschke e Schmidt, 1992). Nella tabella 1 sono indicate le dosi ottimali di semina delle principali specie da tappeto erboso. L’impiego di miscugli di specie o di cultivar (denominati blend) di una stessa specie, consente indirettamente di migliorare la resistenza del tappeto erboso nei confronti dei patogeni fungini (Schumann et al., 1998), come è stato osservato per gli agenti di elmintosporiosi, ruggini e fusariosi (Vargas, 1981). Alcune delle specie più comunemente usate per tappeti erbosi possono essere infette da funghi cosiddetti “endofiti”, presenti sotto forma di micelio intercellulare, aventi diversi livelli di sistemicità nei tessuti di foglie, fusto, radici e semi. Questi funghi, appartenenti per lo più ai generi Epichloe, Balansia, Balansiopsis, Atkinsoniella, Acremonium, conferiscono talora resistenza nei confronti degli attacchi di alcuni insetti. Tabella 1 - Dosi ottimali di semina per le principali specie da tappeto erboso (modificata da Beard, 1973). Specie kg di seme/ha Agrostis stolonifera Cynodon spp. Festuca arundinacea Festuca rubra rubra Lolium perenne Poa pratensis Poa trivialis Paspalum vaginatum Zoysia spp. 50 - 60 70 – 80 300 – 400 170 – 200 300 – 400 70 – 80 70 – 80 180 – 360 100 – 150 3.1.2 - Taglio Passando alla manutenzione del tappeto erboso rispetto alla possibile diffusione di malattie fungine, una notevole importanza riveste il taglio, che è la pratica più frequente e comune. Mantenendo le appropriate altezze e frequenze di taglio il tappeto erboso tenderà ad essere meno sensibile ad attacchi fungini, oltre a risultare più resistente a stress abiotici ed al traffico. Per limitare la diffusione di molti patogeni fungini, come ad esempio Drechslera spp. e Bipolaris spp., è necessario che la superficie di taglio sia più netta possibile, al fine di favorire una rapida cicatrizzazione della ferita. Altezze di taglio troppo basse, inoltre, possono causare l’aumento della presenza di infestanti, legato al diradamento del tappeto stesso. Il taglio alle altezze corrette, al contrario, aumenta la densità limitando la necessità di compiere interventi di diserbo (Gullino et al., 2000). Non sono stati segnalati effetti diretti della presenza di residui di taglio rispetto alla diffusione di parassiti fungini, ma sembra che possano aggravare gli attacchi di Pythium spp. e Rhizoctonia solani, in quanto aumentano la quantità d’azoto presente e possono creare una specie di “camera umida” in cui questi patogeni possono svilupparsi rapidamente (Vargas, 1981). Le aree colpite da un patogeno fungino, inoltre, dovrebbero essere tagliate per ultime, al fine di evitare la diffusione di residui vegetali infetti in zone non ancora colpite (Schumann et al., 1998). Anche la frequenza di taglio può avere una certa importanza per la diffusione delle malattie fungine. Le ruggini, ad esempio, hanno un ciclo di circa 15 giorni dall’infezione alla produzione di spore: se il taglio avviene con frequenza settimanale, quindi, questi patogeni sono fortemente contenuti, in quanto non riescono a produrre corpi fruttiferi (Vargas, 1981). Alzare l’altezza di taglio su tappeto erboso attaccato da parassiti fungini può essere considerata una vera e propria misura di lotta: è stato osservato che tappeti erbosi in Poa spp. mantenuti ad altezze di taglio di 7,6 cm sono più resistenti all’attacco di M. poae rispetto a quelli tagliati a 3,8 cm, ed hanno maggiori capacità di recupero in caso di danno (Watschke et al., 1995). L’impiego di macchine leggere per il taglio, limitando il compattamento del suolo, hanno consentito di migliorare la resistenza del tappeto erboso nei confronti dei principali patogeni fungini (Landschoot, 2001). Buona parte delle specie infestanti, soprattutto dicotiledoni è fortemente limitata dalla frequenza di operazioni di taglio compiute sulle principali zone di manutenzione (green, tee e fairway) non adattandosi alle altezze di taglio mantenute. Il taglio, inoltre, ne previene la disseminazione attraverso il seme, favorendo una maggiore densità del tappeto. 3.1.3 - Fertilizzazione L’adozione di un piano di fertilizzazione equilibrato svolge un ruolo importante per mantenere il tappeto nelle migliori condizioni sanitarie. Concimazioni con quantità eccessive d’azoto, sbilanciate nel corso della stagione vegetativa, rendono più gravi gli attacchi di Pythium spp., R. solani, M. nivale e Colletotrichum graminicola, mentre le carenze di quest’elemento tendono a favorire L. fuciformis, S. homoeocarpa e ruggini. Sono state osservate anche interazioni tra le fonti di azoto impiegate e l’incidenza di attacchi di R. solani su L. perenne: alcuni autori hanno osservato che l’impiego di urea pellettata con zolfo (SCU), una fonte di azoto a lento rilascio, limita la diffusione della macchia bruna rispetto all’utilizzo di urea a pronto effetto, fatto però non confermato da indagini più recenti (Fidanza e Denoeden, 1996; Watkins et al., 2001). Al contrario, fonti d’azoto a pronto effetto sono stati maggiormente efficaci nel contenere gli attacchi di L. fuciformis rispetto all’impiego di prodotti a lento rilascio (Tredway et al., 2001). La somministrazione di nitrati, infine, favorisce gli attacchi di S. homoeocarpa, mentre l’impiego di azoto organico favorisce la comparsa del marciume rosa invernale e di danni causati da Pythium spp. (Courtillot, 1985). Anche il momento d’applicazione dell’azoto può influenzare la diffusione d’alcune malattie fungine: interventi in piena estate con fertilizzanti a pronto effetto possono favorire gli attacchi di Pythium spp., mentre applicazioni in tardo autunno possono aggravare i danni causati da M. nivale o Typhula spp. (Vargas, 1981). Elevati livelli azotati possono incrementare lo sviluppo e la fecondità di alcuni insetti defogliatori del tappeto erboso, mentre fertilizzazioni bilanciate, promuovendo la crescita delle radici, possono migliorare le capacità di recupero del manto a seguito di attacchi di insetti terricoli (Crutchfield et al., 1995). L’attività dei lombrichi può essere ridotta con l’impiego di fertilizzanti a reazione acida o di solfati, mentre al contrario può essere stimolata con l’impiego di compost o concimi organici (Potter et al., 2005). In tappeti erbosi in Agrostis stolonifera, la fertilizzazione può contribuire al contenimento di Poa annua, e sono da preferire leggere ma frequenti fertilizzazioni (con frequenza quindicinale) (Beard, 2002); per migliorare le capacità competitive di A. stolonifera, in combinazione con la fertilizzazione azotata sono indicate anche periodiche somministrazioni di ferro, che promuove una più rapida crescita degli stoloni. Oltre all’azoto, anche il potassio riveste un ruolo importante nella nutrizione vegetale, al fine di limitare la sensibilità del tappeto a stress di natura abiotica (in particolare caldo, freddo, calpestio), ma anche per contenere l’insorgenza di patogeni fungini (Schumann et al., 1998). È stato osservato che adeguati tenori di potassio, consentono di ridurre i danni causati da M. nivale (Mocioni et al., 1997), oltre che di S. homoeocarpa. Il fosforo ha una grande importanza al momento dell’impianto per favorire una rapida radicazione, ma in generale non ha una diretta correlazione sull’incidenza di malattie fungine. È stato però osservato che gli attacchi di G. graminis su A. stolonifera sono più gravi in condizioni di carenza di questo elemento nutritivo (Watschke et al., 1995). E’ stata inoltre verificata la relazione diretta tra il tenore di fosforo nel terreno e presenza di Poa annua. Il calcio, in generale, non crea gravi problemi di carenze e influenza marginalmente la sensibilità alle principali malattie fungine: è stato però osservato che, in caso di fertilizzazione non bilanciata per quanto riguarda l’azoto, la carenza di calcio può aumentare la sensibilità delle piante ad attacchi di S. homoeocarpa, M. nivale, Pythium spp. e Fusarium spp. (Muse e Couch, 1965; Couch, 1966). Anche l’interazione tra taglio e fertilizzazione è un fattore importante nel contenimento delle avversità: in un tappeto erboso in miscuglio, ad esempio, è stato osservato che, mantenendo una fertilizzazione azotata di 150 kg di azoto / anno con una altezza di taglio di 10 cm, è possibile ridurre la popolazione di Trifolium repens e Taraxacum officinale di circa il 75% rispetto al testimone non fertilizzato e mantenuto ad un’altezza di 5 cm, limitando in questo modo la necessità di interventi con erbicidi. 3.1.4 - pH Il pH del terreno dovrebbe essere mantenuto ad un livello ottimale per la crescita delle specie da tappeto erboso, in modo da evitare stress al manto. È stato osservato, però, che in condizioni di fertilizzazioni bilanciate, lo sviluppo delle principali malattie fungine è minore in condizioni di pH basico. Alti valori di pH, in particolare, favoriscono gli attacchi di G. graminis e M. nivale, in quanto in tali condizioni sembra essere sfavorita la microflora antagonistica (Watschke et al., 1995). In generale, mantenendo valori compresi tra 6 e 7, si ha una corretta attività microbica, necessaria per degradare la sostanza organica e mantenere una buona competizione nel terreno nei confronti di funghi patogeni. 3.1.5 - Feltro Il feltro è lo strato di materiale organico in via di decomposizione, principalmente composto da residui di culmi, radici e foglie (Panella et al., 2000). Uno strato eccessivo di feltro può causare danni diretti al tappeto erboso, in quanto determina la formazione di un apparato radicale superficiale, maggiormente sensibile a stress ambientali. Nel feltro, inoltre, tendono a sopravvivere gran parte dei patogeni fungini che possono attaccare il tappeto, poiché in questo strato trovano un ambiente favorevole per quanto riguarda l’umidità ambientale e le sostanze nutritive. Un contenimento preventivo del feltro o la sua rimozione quando in eccesso, quindi, possono consentire di ridurre il potenziale inoculo di molti patogeni nel terreno, limitando i possibili attacchi in particolare di R. solani e S. homoeocarpa (Turgeon, 2002; Schumann et al., 1998). 3.1.6 - Pratiche colturali L’intenso traffico di uomini e mezzi causa un compattamento superficiale del terreno, che comporta la diminuzione dello sviluppo dell’apparato radicale e limita i movimenti di aria ed acqua nel terreno. In queste condizioni sono favoriti gli attacchi di molti patogeni fungini, in particolare M. poae e C. graminicola (Watschke et al., 1995). Oltre a ciò, a causa della riduzione dell’ossigeno a livello delle radici, il tappeto risulta meno compatto, con il rischio di diffusione di alcune specie infestanti quali Poa annua, Elusine indica e Polygonum aviculare (Gullino et al., 2000). Le pratiche colturali, in particolare la carotatura e la vibroforconatura, consentono di sostituire lo strato superficiale, in cui il compattamento è maggiore, con sabbia silicea, che permette di migliorare gli scambi gassosi e aumenta lo sviluppo della massa di radici, in modo da ridurre i danni causati dalla maggior parte dei patogeni radicali (Smiley et al., 1992). Importante è il momento in cui si effettuano queste operazioni: per quanto riguarda le malerbe, tali interventi, che aprono il terreno, rischiano di promuovere la germinazione delle infestanti, per cui sono dannose quando il tappeto è in riposo vegetativo come in inverno: in queste condizioni il prato non recupera, lasciando spazio e tempo alle infestanti di insediarsi (Gullino et al., 2000). Anche il momento in cui si effettuano le pratiche colturali è importante: se la carotatura viene compiuta con temperature comprese tra 16 e 21°C a 2,5 cm di profondità si aumenta la popolazione di Poa annua in quanto i semi dell’infestante sono esposti alla luce e possono rapidamente germinare (Vargas e Turgeon, 2004). 3.1.7 - Irrigazione L’irrigazione, se eccessivamente frequente o abbondante, mantiene il tappeto erboso in condizioni di elevata umidità, che sono ottimali per lo sviluppo di molti patogeni fungini. Irrigazioni infrequenti causano la formazione di un apparato radicale superficiale, che è maggiormente sensibile a stress termici ed idrici, oltre ad aggravare gli attacchi di alcuni patogeni radicali (Watschke et al., 1995). La germinazione di alcune specie infestanti, come Plantago major, è favorita dalla presenza di un velo d’acqua sulla superficie del terreno, mentre in altre specie, come ad esempio Digitaria sanguinalis, la germinazione è favorita dall’alternanza di secco e umido negli strati superficiali e da un’elevata luminosità (Gullino et al., 2000). Per l’irrigazione sono preferibili le prime ore del mattino, in quanto consentono di limitare il periodo di bagnatura fogliare, che favorirebbe gli attacchi di S. homoeocarpa, Pythium spp. e L. fuciformis (Smiley et al., 1992). Per lo stesso motivo, è consigliabile irrigare quando è ancora presente la rugiada, in quanto anch’essa può favorire lo sviluppo di malattie fungine (Schumann et al., 1998). Tappeti erbosi molto irrigati possono attrarre femmine di grillotalpa, curculionidi e lepidotteri nottuidi, aumentandone l’infestazione, soprattutto se le aree all’esterno sono asciutte, ma una buona irrigazione può contribuire ad un buon recupero del tappeto attaccato da insetti terricoli (Crutchfield et al., 1995). 3.2 – Lotta biologica Per quanto riguarda la difesa biologica nei confronti della malattie fungine e delle infestanti del tappeto erboso siamo, purtroppo, ad uno stadio di ricerca, con pochi prodotti impiegabili, nessuno dei quali registrato in Italia. Maggiori applicazioni pratiche sono state realizzate per la lotta agli insetti dannosi. 3.2.1. – Malattie fungine Quando un organismo vivente è coinvolto nel reprimere o prevenire la crescita di un patogeno sia nel terreno che sulla pianta si può parlare di lotta biologica. L’organismo antagonista può essere introdotto nel tappeto erboso, o possono essere impiegate sostanze da esso prodotte che inibiscono o limitano la diffusione del fungo patogeno. Gli antagonisti possono evitare il contatto tra il patogeno e l’ospite occupando per primi gli spazi, competere con il parassita per gli elementi nutritivi o produrre tossine che limitano la crescita del patogeno (Schumann et al., 1998). Un indirizzo della ricerca per la lotta biologica alle malattie fungine ha riguardato l’impiego di ceppi avirulenti di alcuni patogeni, come nel caso di ceppi di Rhizoctonia spp. binucleate per ridurre gli attacchi di macchia bruna causati da ceppi multinucleati di R. solani su A. stolonifera (Burpee e Goulty, 1984). Numerosi studi sono stati condotti per isolare microrganismi antagonisti. Un ceppo di Enterobacter cloacae, impiegato in topdressing, ha fornito buoni risultati nei confronti di S. homoeocarpa su Agrostis stolonifera (Nelson e Craft, 1991), così come un isolato di Pseudomonas aureofaciens (Davis e Dernoeden, 2001). Di questo secondo ceppo si sta studiando la possibile distribuzione mediante un sistema di iniezione nell’impianto di irrigazione (Landschoot, 2001). Un ceppo di Trichoderma harzianum è risultato in grado di contenere gli attacchi di S. homoeocarpa su A. stolonifera per la capacità di colonizzare rapidamente la rizosfera e il filloplano, ed è risultato inoltre efficace nel contenere gli attacchi fogliari di Pythium spp. e di R. solani (Lo et al., 1997). Attualmente questo ceppo è commercializzato in formulazione granulare negli Stati Uniti (Schumann et al., 1998). Un terzo indirizzo di ricerca è volto allo sfruttamento del fenomeno della resistenza indotta. È allo studio il possibile impiego di ceppi avirulenti di Phialophora sp. e di G. graminis nella lotta a Gaeumannomyces patogeni su tappeto erboso per mezzo di resistenza indotta (Landschoot et al., 1993). Molto interessante è il possibile impiego di terreni repressivi, come già osservato nei confronti di G. graminis (Wong e Baker, 1984), e di compost, che, grazie a una composita flora microbica, consentono di limitare lo sviluppo di alcuni patogeni fungini. In particolare è stato osservato come applicazioni mensili di 5 kg/100 m2 di compost misto a sabbia possono limitare gli attacchi di S. homoeocarpa, R. solani, Typhula spp. e L. fuciformis e possono in parte contenere gli attacchi di Pythium spp.. Distribuzioni più pesanti di compost nel tardo autunno possono limitare i danni causati dal freddo e da malattie fungine invernali (Nelson, 1992). Resta da verificare la costante composizione nel tempo di questi ammendanti, e la loro efficacia in diverse condizioni ambientali e colturali (Liu et al., 1995). Oltre a ciò, la maturità del compost influenza la sua attività antagonistica: compost poco maturi da residui verdi, con alta concentrazione di cellulosa, sono stati osservati essere conduttivi nei confronti di R. solani, mentre compost simili, ma più maturi, consentono di limitare gli attacchi di questo patogeno (Nelson et al., 1994). Questi materiali possono essere impiegati come ammendanti del terreno o al momento dell’impianto del tappeto erboso, in particolare su substrato sabbioso, in modo da creare rapidamente una microflora antagonistica nei confronti delle principali malattie fungine. L’impiego di materiali compostati è stato stimolato anche dalla United States Golf Association, che ha inserito nella revisione del 2003 questi materiali come idonei per la costruzione di tappeti erbosi secondo l’USGA System. In generale, i risultati ottenuti sono incoraggianti, ma molto variabili a seconda della dose distribuita, del tipo di ammendante compostato impiegato, dalle diverse condizioni ambientali (Noble e Coventry, 2005). Nel caso, però, di un ammendante compostato applicato ogni tre settimane durante tutta la stagione vegetativa, si è osservato un contenimento degli attacchi di Sclerotinia homoeocarpa che non differiva statisticamente rispetto allo standard chimico di riferimento. Oltre a un’azione nei confronti di questo patogeno, l’applicazione di compost favorisce la ripresa vegetativa primaverile, il recupero del danni invernali, una colorazione verde più intensa e una maggiore densità del tappeto (Dinelli, 2004). Altri compost hanno contenuto efficacemente gli attacchi di R. solani su tappeti erbosi in microterme. Sono stati anche messi a punto metodi di induzione di repressività nel compost, con l’introduzione di ceppi di Bacillus subtilis, attivo nel contenere gli attacchi di Rhizoctonia solani (Nakasaki et al., 1998); percorsi di golf o parchi di grandi dimensioni, quindi, essendo in grado di produrre elevate quantità di compost soprattutto da fogliame o residui di potatura, potrebbero utilizzare questi metodi di compostaggio al fine di limitare l’impiego di prodotti di sintesi per la difesa da attacchi fungini. Per l’impiego su tappeto erboso è però necessaria un’attenta vagliatura e una lunga maturazione, in quanto, a causa delle basse altezze di taglio mantenute, materiali grossolani potrebbero danneggiare le macchine operatrici o essere allontanati dal tappeto erboso stesso. 3.2.2 – Insetti dannosi In Italia la lotta biologica contro gli insetti dei tappeti erbosi in generale prevede l’impiego di due antagonisti entomopatogeni: il batterio Bacillus thuringiensis varietà kurstaki (Btk) ceppo SA 11 ed alcuni ceppi di nematodi entomoparassiti. Il Btk è un batterio aerobico, Gram positivo, sporigeno a forma di un piccolo bastoncino. Nel corso della sua sporulazione produce dei cristalli proteici (protossine) che esplicano una attività insetticida dopo essere stati ingeriti dalle larve degli insetti sensibili. La tossina provoca la paralisi della bocca e dell’intestino medio entro circa mezz'ora dall’ingestione, per cui le larve intossicate non sono più in grado di nutrirsi. Il Btk ceppo SA 11 è particolarmente attivo per ingestione sugli stadi larvali dei lepidotteri più importanti, comprese le specie appartenenti alla famiglia dei nottuidi che, spesso preoccupano per i loro improvvisi attacchi agli apparati radicali delle graminacee dei tappeti erbosi dei campi da golf. Le larve giovani sono molto più sensibili di quelle mature, sia perché si alimentano con più voracità, sia per le loro ridotte dimensioni che rendono efficace anche una dose più bassa del bio-insetticida. Pertanto è consigliato intervenire sulle larve neonate o nelle prime età, comunque prima che queste si riparino sotto la cotica erbosa o si affondino nel terreno (Watschke et al., 1995). I nematodi entomopatogeni sono organismi normalmente presenti in natura. Essi si nutrono e si riproducono solo sulle larve degli insetti ospiti, pertanto risultano innocui per lombrichi, acari e insetti utili, uccelli e mammiferi. Sono particolarmente indicati per combattere gli insetti che vivono nel suolo o che vi trascorrono almeno una parte del loro ciclo, come le larve dei coleotteri curculionidi e scarabeidi. Nei tappeti erbosi il prodotto biologico a base di nematodi viene impiegato principalmente per contenere le infestazioni dei coleotteri curculionidi del genere Sphenophorus. I nematodi sono efficaci in tutti i tipi di suolo, anche se nei terreni argillosi gli spostamenti vengono notevolmente rallentati (Schumann et al., 1997). L’uso di prodotti cosiddetti naturali (sali, estratti vegetali, oli, acidi grassi,….) potrebbe trovare su tappeto erboso possibilità applicative. L’uso, ad esempio, di saponi è stato proposto per la lotta ad alcuni insetti. Attualmente non essendo questi prodotti registrati, il loro impiego è limitato alle tecniche di monitoraggio di specie che vivono nel terreno o nascoste nel feltro del tappeto. È stato da poco registrato su tappeto il principio attivo spinosad, già impiegato da alcuni anni in lotta biologica in orticoltura e floricoltura. Questo principio attivo si forma nel processo di fermentazione di un attinomicete (Saccharopolyspora spinosa), naturalmente presente nel terreno e agisce per ingestione e contatto a livello di trasmissione degli impulsi nervosi. Il prodotto ha bassa tossicità per uomo ed animali, ed è quindi non classificato, si degrada rapidamente nel terreno per via fotolitica e microbica e non è tossico per i lombrichi. Spinosad esplica la propria azione soprattutto nei confronti di larve di lepidotteri nottuidi. Negli USA sono stati commercializzati negli anni ’90 prodotti a base di Beauveria bassiana, fungo in grado di limitare gli attacchi di curculionidi, grillotalpidi e altri insetti terricoli; questi formulati hanno avuto però uno scarso successo, a causa degli insoddisfacenti risultati, legati molto alle condizioni ambientali, e al costo elevato, ed attualmente sono stati ritirati dal commercio (Potter, 2005). 3.2.3 – Infestanti Per quanto riguarda infine il ricorso a sostanze naturali ad azione erbicida non ci sono realizzazioni che abbiano portato a risultati concreti, se si fa eccezione per il glutine di mais che è commercializzato negli USA come erbicida di pre-emergenza. La farina di glutine è costituita dal 60% da proteine e contiene il 10% in peso di azoto. Il glutine è quindi un composto ideale per concimare e diserbare. Le sostanze ad azione erbicida contenute in esso sono numerose ma quelle attive sono costituite sostanzialmente da dipeptidi e da un pentapeptide. L’azione tossica si esplica a livello radicale ed è simile a quella di altri erbicidi antigerminello in quanto si verifica il blocco della mitosi senza però interferenza con l’apparato mitiotico come nel caso delle dinitroaniline (es. pendimethalin). Questo prodotto è attivo in particolare sulle graminacee estive che non devono avere già radicato. Per la sua azione l’epoca di distribuzione è il fattore critico, non deve infatti essere distribuito troppo presto in quanto i microorganismi del terreno lo degraderebbero in fretta, nè troppo tardi quando le graminacee hanno già radicato. L’epoca corretta coincide con quella di applicazione degli antigerminello classici e cioè 2-4 settimane prima dell’emergenza delle malerbe (Gullino et al., 2000). In sostituzione dei prodotti di sintesi, però, sono allo studio numerosi erbicidi che utilizzano antagonisti naturali o proteine prodotte da patogeni fungini o batteri attivi nei confronti delle infestanti. Recentemente buoni risultati sono stati ottenuti con ceppi di Pyricularia setariae, un fungo in grado di ridurre il peso fresco di Setaria viridis dell’80% in ambiente protetto con un’elevata specificità (Peng et al., 2004); l’impiego di proteine extracellulari prodotte da Fusarium oxysporum provoca un aumento di produzione di etilene nelle piante dicotiledoni, che causa la formazione di necrosi valutata tra il 60 e l’80% dell’intera superficie fogliare (Gronwald et al., 2004). Per il contenimento di Poa annua, è già disponibile negli Stati Uniti un formulato commerciale di Xantomonas campestris pv. poannua, agente di una malattia batterica che causa una avvizzimento dell’infestante. Questo prodotto ha fornito ottimi risultati in ambiente protetto, raggiungendo una percentuale di contenimento di oltre il 90%, ma con scarsi risultati in pieno campo, dove la percentuale scendeva al 15% (McCarty e Tucker, 2005). Una maggiore efficacia del prodotto si è ottenuta effettuando il trattamento subito dopo il taglio ed aumentando il numero di trattamenti (fino a 3 interventi alla settimana), cosa che rende però il prodotto difficilmente impiegabile su larga scala. 3.3 - Lotta chimica Nel caso di tappeti erbosi sottoposti ad intense pratiche di manutenzione, come i green dei percorsi di golf, l’adozione di strategie di lotta agronomica o biologica spesso non consente un adeguato livello di protezione nei confronti dei principali funghi patogeni, rendendo necessario l’intervento chimico (Gullino e Mocioni, 2001). Il numero di fungicidi registrati per questo impiego in Italia è piuttosto limitato (tabella 2), in quanto il tappeto erboso è considerato come coltura minore e quindi di scarso interesse per l’industria agrochimica. In altre Nazioni europee, come ad esempio la Francia, dove questo settore è in buona crescita, anche il numero di prodotti registrati per l’impiego è, seppure di poco, maggiore. In Paesi come gli Stati Uniti d’America l’interesse per il tappeto erboso crea un mercato tale da stimolare l’industria a considerare questo settore prioritario rispetto agli altri. I principi attivi registrati per l’impiego su tappeti erbosi in Italia consentono comunque di contenere in maniera efficace i principali patogeni fungini, ma, in particolare su tappeti erbosi ad elevata manutenzione, dove spesso i trattamenti sono ripetuti e purtroppo spesso ancora compiuti “a calendario”, il numero limitato di prodotti induce gli operatori ad un impiego ripetuto di fungicidi aventi lo stesso meccanismo d’azione, cosa che comporta il rischio di comparsa di ceppi di patogeni resistenti. Tabella 1 – Principi attivi registrati in Italia per la lotta alle principali malattie fungine del tappeto erboso al dicembre 2004. Principio attivo Attività % di p.a. Tolclofos metile Rhizoctonia spp. 50 Fosetil Alluminio Pythium spp. 80 Propiconazolo Sclerotinia homoeocarpa, malattie fogliari, 25 ruggini Iprodione Malattie fogliari, S. homoeocarpa, 26 Rhizoctonia spp. Tebuconazolo S. homoeocarpa, R.solani, M. nivale 25 Benalaxil Pythium spp. 5 Propamocarb Pythium spp. 66,5 Prochloraz Microdochium nivale 39,8 Metalaxyl M Pythium spp. 48 La resistenza è già stata segnalata in popolazioni di Pythium nei confronti di fenilammidi (Sanders, 1984), in M. nivale verso benzimidazoli (Huth e Schlosser, 1980) e dicarbossimidici (Resseler e Buchenauer, 1988; Pennucci et al., 1990), in S. homoeocarpa nei confronti di dicarbossimidici (Detwailer et al., 1983) e inibitori della biosintesi degli steroli, nei confronti dei quali sono stati osservati casi di resistenza incrociata (Hsiang et al., 1997). In Italia sono stati isolati ceppi di S. homoeocarpa resistenti ai benzimidazoli, cosa che indica un uso non autorizzato di questi prodotti, non registrati per l’impiego su tappeto erboso (Gullino et al., 1999). Nel caso dell’iprodione è stato osservato un fenomeno di calo d’efficacia nei confronti di S. homoeocarpa, per la selezione nel suolo di popolazioni batteriche in grado di degradarlo rapidamente (Nègre et al., 1997). 3.4 – Difesa integrata La lotta integrata è un complesso di strategie di difesa già usate da almeno 30 anni in agricoltura, in particolare in orticoltura od in coltura protetta per prevenire attacchi di insetti ed è in continua crescita, tanto che nel 2000 lo United States Department of Agriculture ha stimato che il 75% dell’intera superficie adibita ad usi agricoli venga coltivata secondo tecniche di lotta integrata. Queste strategie di difesa possono essere adattate per i tappeti erbosi anche ad alto livello di manutenzione, come quelli dei campi da golf, dove il rischio ambientale di un elevato numero di trattamenti chimici può essere notevole, in quanto spesso tali campi sono inseriti in aree protette o in parchi, o sono più frequenti i rischi di esposizione ai fitofarmaci. Nella lotta integrata, una volta individuato l’agente del danno, viene considerata una soglia economica di intervento (al di sotto della quale non è necessario agire), quindi sono valutate e successivamente attuate tutte le strategie di difesa - biologiche, colturali, chimiche, fisiche - che possono efficacemente limitare il parassita (Schumann et al., 1998). Alla base di un programma di lotta integrata sta un attento e continuo monitoraggio della diffusione dei patogeni, in quanto è necessario individuare precocemente il danno (Peacock e Smart, 1995; Landschoot, 2001). Per quanto riguarda il tappeto erboso, esso può quindi essere inteso come un “sistema globale” di lotta integrata, in cui tutte le fasi della costruzione e manutenzione (scelta delle specie e delle varietà, epoca e densità di semina, pratiche di manutenzione, concimazione, irrigazione, taglio ecc…) devono essere gestite in modo da minimizzare l’impatto degli agenti patogeni con vantaggi economici, ambientali e sociali. Le componenti basilari per attuare un piano di difesa integrato sono legate a: Ο Raccolta di dati storici (condizioni climatiche, pratiche colturali, eventuali trattamenti, ecc..) Ο Conoscenza dell’avversità, in modo da intervenire nel momento più opportuno Ο Diagnosi corretta Ο Monitoraggio continuo, per valutare la diffusione e l’intensità dell’attacco Ο Individuazione dei fattori predisponesti l’attacco Ο Determinazione della soglia di intervento Le “Linee guida per la manutenzione ecocompatibile dei tappeti erbosi” elaborate dalla Federazione Italiana Golf (1999), oltre quelle preparate dal progetto europeo “Impegnati nel Verde”, prevedono come basilare l’adozione di strategie di difesa integrata, atte a ridurre al minimo l’impiego di prodotti di sintesi nella gestione di tappeti erbosi dei campi da golf. 4 – Problemi ambientali legati all’impiego degli agrofarmaci In generale, ci sono 6 processi che influenzano il destino dei fitofarmaci applicati ad un percorso di golf: 1. Solubilità 2. Assorbimento e adsorbimento da parte delle particelle di terreno e della sostanza organica 3. Degradazione dei microrganismi 4. Degradazione chimica e fotodecomposizione 5. Volatilizzazione e evaporazione 6. Asporto da parte delle piante. L’importanza di ciascun processo varia in conseguenza di alcuni parametri ambientali, quali la temperatura, il contenuto idrico e il tipo di terreno (Kenna, 1995). Nell’ambito del progetto PHAROS, al fine di definire i rischi ambientali per ciascun prodotto registrato su tappeto erboso, ognuno dei processi è stato indicizzato in scala 1-3 (ad eccezione del GUS che è stato diviso in 5 classi). 4.1 – Solubilità La quantità di prodotto che si dissolve in un liquido è definita come solubilità. Sebbene questo sia un buon indicatore della mobilità di un fitofarmaco nel terreno, non è l’unico criterio da prendere in considerazione. La solubilità in acqua può essere considerata a rischio di contaminazione quando supera un valore di 300 ppm (mg/kg di terreno)(Balogh e Walker, 1992). Ad eccezione di alcuni erbicidi, quali dicamba e 2,4D, la maggior parte dei prodotti registrati in Italia per l’impiego su tappeto erboso ha una bassa solubilità in acqua. Il dilavamento di questi prodotti, comunque, non supera mai lo 0,5 - 1% anche in tappeti erbosi realizzati secondo il sistema USGA (Smith, 1995); il feltro, presente su tappeto erboso maturo, è in grado di trattenerne una buona parte. Anche una corretta gestione idrica nelle settimane dopo il trattamento può influire in modo positivo: irrigazioni con volumi d’acqua minori nel periodo dopo il trattamento possono ridurre la percentuale di prodotto dilavata (Horst et al., 1995). Le classi in cui la solubilità è stata divisa sono: Solubilità Valori di riferimento Classi solubile > 300 ppm 3 scarsamente solubile 1 - 300 ppm 2 insolubile <1ppm 1 4.2 – Assorbimento e adsorbimento da parte delle particelle di terreno e sostanza organica La tendenza di un fitofarmaco a percolare nel suolo o a ruscellare in superficie è strettamente legata alla interrelazione del prodotto con il terreno. L’adsorbimento è legato alla possibilità di un prodotto di essere trattenuto dalla superficie di una particella di terreno, mentre l‘assorbimento implica la penetrazione del prodotto all’interno della particella. La frazione di fitofarmaco assorbito od adsorbito è spesso riferita al residuo massimo ammesso e in genere non è disponibile per la degradazione microbica o la lotta alle avversità (Kenna, 1995). Fattori che contribuiscono all’assorbimento di un prodotto chimico sono: a) caratteristiche chimiche e fisiche del prodotto b) composizione del terreno c) natura della soluzione circolante In genere, suoli sabbiosi hanno una minore capacità di assorbimento, in quanto hanno minori superfici adsorbenti. Terreni contenenti una grande quantità di limo, argilla e sostanza organica, consentono una buona capacità di trattenuta, evitando il dilavamento. L’assorbimento e l’adsorbimento di un fitofarmaco è valutato con un coefficiente di ripartizione acqua/carbonio organico (Koc). Valori inferiori a 100 indicano una elevata mobilità del prodotto nel terreno; valori tra 100 e 1000 indicano che il fitofarmaco è relativamente mobile nel terreno, e la mobilità e determinata anche da altri fattori, come il tipo di terreno e la persistenza; valori di Koc superiori a 1000 indicano immobilità del fitofarmaco nel suolo (Branham et al., 1995). In genere i prodotti impiegati su tappeto erboso hanno valori piuttosto elevati di Koc, ad eccezione in particolare di 2,4D, dicamba, mecoprop e metalaxyl. Anche per il Koc sono state distinte tre classi: Mobilità Valori di riferimento Classi mobile Koc<100 3 scarsamente mobile Koc 100-1000 2 immobile Koc>1000 1 4.3 – Degradazione microbica I fitofarmaci sono degradati dai microrganismi nel terreno in una serie di reazioni che porta alla formazione di CO2, acqua e alcuni composti inorganici (azoto, zolfo, fosforo, ecc…). la degradazione microbica può essere diretta (i fitofarmaci sono utilizzati direttamente dai microrganismi come fonte di cibo) o indiretta (in questo caso i prodotti sono assorbiti passivamente perché legati ad altre fonti di cibo). La degradazione microbica è comunque un processo, dove i microrganismi trasformano i composti originali in uno o più nuovi composti, che differiscono per proprietà chimiche e fisiche, ed hanno un diverso comportamento nell’ambiente (Kenna, 1995). Il tasso di degradazione è influenzato da diversi fattori quali: a) concentrazione del fitofarmaco b) temperatura c) contenuto idrico d) pH e) presenza di ossigeno f) fertilità del terreno g) popolazione microbica La degradazione microbica è maggiore negli strati superficiali di suolo. La persistenza di un fitofarmaco è espressa come tempo di dimezzamento (DT50), che è definito come il tempo richiesto per la degradazione del 50% di un fitofarmaco in un altro prodotto. Valori inferiori a 30 giorni, indicano che il prodotto non è persistente, con poche possibilità del prodotto di raggiungere la falda, anche con un Koc è basso; valori compresi tra 30 e 120 giorni fanno considerare il prodotto moderatamente persistente; sopra i 120 giorni di DT50, il fitofarmaco è considerato persistente (Branham et al., 1995). In un percorso di golf, la presenza di molte variabili (temperatura del terreno, umidità, presenza di carbonio organico) causa una forte variazione del tempo di dimezzamento, e perciò questi valori possono essere dati come valori indicativi e non assoluti (Kenna, 1995). Tra i più persistenti sono da segnalare propiconazole, tebuconazole e prochloraz (Tomlin, 1994, UCR, 2004). Le classi per il DT50 sono: Persistenza Valori di riferimento DT50 Classi persistente > 120 gg 3 scarsamente persistente 30 - 120 gg 2 non persistente < 30 gg 1 4.4 – Degradazione chimica Questo processo è simile al precedente, ad eccezione che la degradazione non è causata a microrganismi. La più importante reazione di degradazione è l’idrolisi. Può anche avvenire una degradazione fotochimica (come nel caso del pendimethalin e del trifluralin). 4.5 – Volatilizzazione e evaporazione La volatilizzazione comporta la trasformazione di un fitofarmaco dallo stato liquido o solido a gas, che è solitamente espressa come pressione di vapore: maggiori sono i valori di pressione di vapore, maggiore è il rischio di perdite di volatilizzazione nell’ambiente, e quindi di inquinamento dell’aria o di deriva dei prodotti (Kenna, 1995). La pressione di vapore aumenta con l’aumentare delle temperature, e quindi le perdite minori per volatilizzazione si hanno se l’applicazione del prodotto è compiuta nel tardo pomeriggio o nelle prime ore della serata. La volatilizzazione è inoltre correlata ai movimenti dell’aria, e perdite maggiori possono esserci se i trattamenti sono compiuti in condizioni ventose. Le maggiori perdite per volatilizzazione avvengono nei primi 5 giorni dopo il trattamento, e sono nulle due settimane dopo il trattamento stesso. L’irrigazione dopo il trattamento con prodotti molto volatili consente di ridurre molto le perdite, che non sono più valutabili già il giorno seguente al trattamento (Cooper et al., 1995). In genere, comunque, il valore di volatilizzazione non supera l’1% (Yates, 1995). La volatilizzazione da suoli umidi è funzione del contenuto di umidità del terreno, dalla pressione di vapore del prodotto, dall’assorbimento e dalla solubilità in acqua. Questa volatilizzazione è descritta dalla costante della legge di Henry (Kh), che è definita come la concentrazione del fitofarmaco nell’aria divisa quella nell’acqua, e che indica la tendenza di un prodotto a muoversi tra l’aria e l’acqua del terreno. Valori alti di questa costante indicano la tendenza di un prodotto a volatilizzare da suoli umidi (Kerle et al., 1996). Tra i prodotti registrati su tappeto erboso, i valori più alti sono attribuiti a benfluralin, trifluralin e pendimethalin (Danish Environmental Protection Agency, 2004). Sia la pressione di vapore che la Costante di Henry sono state suddivise in tre classi di riferimento: Volatilità Valori di riferimento Classi volatile PV>0,003 mmHg 3 scarsamente volatile PV 0,003 - 0,0000003 mmHg 2 non volatile PV<0,00000003 mmHg 1 Volatilità in suoli umidi volatile scarsamente volatile non volatile Valori di riferimento Kh>1 Kh 1 - 0,001 Kh< 0,001 Classi 3 2 1 4.6 – Asporto da parte delle piante Le piante possono direttamente assorbire i fitofarmaci, o possono anche alterare il passaggio dell’acqua nel profilo di terreno. Tappeti erbosi con un maggiore tasso di traspirazione possono ridurre il dilavamento dei fitofarmaci idrosolubili. Trattamenti condotti quando il tappeto erboso non è in fase di crescita attiva o presenta un apparato radicale troppo superficiale, possono causare una maggiore migrazione del prodotto negli strati più profondi di terreno. 4.7 – Groundwater Ubiquity Score In base al Koc ed al tempo di dimezzamento del prodotto, si può calcolare il Groundwater Ubiquity Score, che indica la lisciviabilità dei diversi principi attivi. Questo indice è spesso usato per definire la dose di impiego di un fitofarmaco. Il calcolo è definito come: (logDT50)x(4-logKoc) I valori ottenuti sono valutabili secondo la seguente tabella (Kerle et al., 1996): Rischio di inquinamento Classi G.U.S della falda Inferiore a 0,1 Estremamente basso 0 0,1 – 1,0 Molto basso 1 1,0 – 2,0 Basso 2 2,0 – 3,0 Moderato 3 3,0 – 4,0 Alto 4 Superiore a 4,0 Molto alto 5 Rispetto ai sistemi agricoli è stato comunque evidenziato che il tappeto erboso: Ο Riduce il ruscellamento superficiale, soprattutto se il tappeto è particolarmente denso, limitando quindi i rischi di inquinamento di corsi d’acqua o laghi; Ο Aumenta l’adsorbimento per la presenza di foglie, sostanza organica nel terreno e soprattutto feltro; Ο Mantiene una elevata degradazione microbica e chimica; Ο Riduce la percolazione, grazie ad un apparato radicale esteso, ad un maggiore asporto da parte delle piante e ad un alto tasso di traspirazione (Kenna, 1995). 4.8 – Tossicità La tossicità dei diversi principi attivi è valutata dalla Dose Letale 50 (DL50), che è la dose di principio attivo necessaria per uccidere il 50% degli animali da laboratorio. Lo stesso parametro è impiegato per valutare la tossicità su uccelli (si esaminano quaglie, anatre e pollame), pesci (trote e carpe) e api. Come si può osservare dalle schede allegate, la maggior parte dei principi attivi registrati per l’impiego su tappeto erboso presenta una bassa tossicità per uomo e animali (Tomlin, 1994). Oltre a questo, i principi attivi sono ulteriormente diluiti nei formulati commerciali, che riducono quindi ulteriormente i rischi del principio attivi in quanto: Ο spesso le concentrazioni di p.a. sono molto basse (si arriva anche al 2%); Ο come coadiuvanti spesso sono inseriti dei bagnanti, che riducono l’effetto di ruscellamento superficiale, in quanto bloccano il prodotto sulla foglia, limitando i rischi di inquinamento di torrenti o corsi d’acqua Ο consentono una distribuzione più corretta del prodotto, in modo da evitare rischi di deriva o volatilizzazione per principi con elevato Kh. Anche per la tossicità nei confronti di uomini, uccelli, pesci, api, Daphnia sono stati forniti delle classi di riferimento, come indicato nelle seguenti tabelle: Toss. Uomo Valori riferimento Classi molto tossico DL50 <5ppm 5 tossico DL50 5 - 50 ppm 4 nocivo DL50 50 - 500 ppm 3 irritante DL50 500 - 5000 ppm 2 non classificato DL50 > 5000 ppm 1 Toss. Uccelli molto tossico tossico poco tossico Valori riferimento DL50 >100 mg/kg DL50 100 - 1000 mg/kg DL50<1000 mg/kg Classi Toss. Pesci molto tossico tossico poco tossico Valori riferimento DL50<1 mg/l DL50 1 - 10 mg/l DL50 >10 mg/l Classi Toss. Api molto tossico tossico poco tossico Valori riferimento DL50<0,1 mg/ape DL50 0,1 - 1 mg/ape DL50 >1 mg/ape Classi 3 2 1 3 2 1 3 2 1 Toss. Daphnia molto tossico tossico poco tossico Valori riferimento DL50<1 mg/l DL50 1 - 100 mg/l DL50 >100 mg/l Classi 3 2 1 In base a tali indici, è stato possibile dare un grado di pericolosità per tutti i principi attivi registrati su tappeto erboso, come riportato nella tabella: Volatilità Solubilità Mobilità Persistenza Prodotto Benalaxyl Benfluralin Benfuracarb Carbaryl Chlorthal dimetyl 2,4-D Dicamba Dicloran Fenoxaprop-p-etile Fluroxypyr Fosetyl Al Iprodione Isoxaben MCPA Mecoprop Metalaxyl Oxadiazon Pendimethalin Prochloraz Propamocarb Propiconazole Spinosad Tebuconazole Tolclofos methyl Triclopyr Trifluralin Trinexapac ethyl Toss. Api Toss. Pesci Toss.Toss. Uomo Uccelli Toss. Daphnia Rischioinambientale com Percolazione falda RischioValore tossicolo Volatilità in suoli umidi 2 2 1 1 2 2 2 2 1 2 1 2 2 2 2 2 1 2 2 3 2 1 1 3 2 2 2 2 1 2 2 1 3 3 2 1 2 3 2 2 3 3 3 2 1 2 3 2 2 2 2 3 1 3 2 2 1 1 2 1 1 1 1 2 1 1 2 1 1 2 2 2 3 2 2 1 3 2 2 2 1 2 1 1 2 1 3 3 2 1 2 3 2 1 2 3 3 1 1 2 1 2 1 2 1 2 1 2 2 3 2 1 2 2 1 2 1 1 2 1 1 1 1 1 2 3 2 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 0 2 1 3 5 2 0 3 0 2 2 2 4 5 1 1 3 0 2 0 3 1 3 1 2 12 10 7 9 9 14 15 11 5 12 10 10 10 11 14 16 9 10 14 10 11 6 12 10 13 8 11 2 1 3 2 4 3 2 2 2 2 1 2 1 2 2 1 1 2 2 1 2 1 2 1 3 1 1 1 1 3 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 3 3 2 2 2 1 2 3 1 1 2 2 1 1 1 2 3 2 1 2 2 2 2 1 3 1 1 1 3 3 1 1 1 2 1 1 1 2 2 2 2 3 1 2 2 2 2 3 1 2 2 3 3 3 2 3 2 1 1 2 2 1 1 3 2 1 1 1 2 3 2 1 2 2 2 2 1 3 1 9 9 14 11 10 8 6 9 9 6 5 10 8 8 8 8 7 11 9 6 9 9 8 8 8 11 7 21 19 21 20 19 22 21 20 14 18 15 20 18 19 22 24 16 21 23 16 20 15 20 18 21 19 2 18 5 – Soluzioni proponibili per l’impiego degli agrofarmaci Nei confronti di alcune avversità e in particolari aree di gioco, quindi, è necessario, quando il danno non può essere contenuto da strategie di lotta alternative, impiegare mezzi chimici di difesa, al fine di avere una qualità di tappeto erboso sufficiente a consentire il corretto svolgimento del gioco del golf. Possono però essere individuate soluzioni atte a limitare ulteriormente il possibile rischio di impiego di fitofarmaci, peraltro già limitato, come indicato nei precedenti capitoli. Nella “Second Conference on Golf and Environment: Charting a sustainable Future”, svoltasi nel marzo 1996, sono stati redatti da associazioni ambientaliste e organizzazioni golfistiche una serie di “principi ambientali” per i percorsi di golf, che riguardano: Ο impiego dei principi di lotta integrata, che prevede una serie di passi nel processo decisionale: i. attraverso un costante monitoraggio e raccolta di dati, identificare l’agente patogeno, analizzare le condizioni che lo favoriscono e determinare una soglia di danno sotto la quale il patogeno può essere tollerato; ii. utilizzare diverse metodologie per cambiare le condizioni per lo sviluppo del patogeno, al fine di prevenire o scoraggiare il ritorno della malattia. Ad esempio: utilizzare varietà migliorate, modificare le condizioni microclimatiche o cambiare il programma manutentivo; iii. se viene raggiunta la soglia di danno, scegliere una combinazione di strategie di difesa per limitare la popolazione del patogeno, con il minimo impatto sull’ambiente, per evitare il superamento della soglia stessa. Sono quindi comprese strategie di lotta biologica, colturale, fisica, meccanica e chimica. I metodi di lotta biologica devono essere compatibili con l’ambiente, e devono essere accuratamente valutati prima del loro impiego; iv. devono essere messe a punto strategie di lotta non chimiche, basate sulle pratiche colturali, favorendo la comparsa e lo sviluppo di nemici naturali (antagonisti, parassiti e predatori), utilizzando interventi mirati, migliorando la circolazione dell’aria e impiegando tecniche di coltivazione del tappeto erboso. L’impiego di metodi di lotta chimica deve essere utilizzato sono quando le altre strategie si sono dimostrate insufficienti. Ο Quando è impiegato un prodotti di sintesi, devono sempre essere applicate le seguenti indicazioni: a. leggere sempre le indicazioni riportate in etichetta, e effettuare il trattamento al momento opportuno, in modo di rendere massima l’efficacia del prodotto e minimo l’impatto ambientale. Devono essere impiegati trattamenti localizzati, solo dopo una corretta diagnosi del patogeno, al fine di impiegare i principi attivi più corretti e meno dannosi per l’ambiente. b. Immagazzinare e utilizzare tutti i fitofarmaci con attenzione, al fine di limitare l’esposizione per i lavoratori e gli utenti al prodotto e il rischio di inquinamento ambientale. c. Usare i prodotti che causano il minore rischio per la contaminazione delle acque superficiali e sottosuperficiali. d. Tutti i trattamenti devono essere effettuati da personale specializzato, formato per l’impiego di tali prodotti. e. Gli utenti devono essere informati sull’applicazione di fitofarmaci al tappeto erboso, con indicazioni alla buca 1 e 10 del percorso, in segreteria e negli spogliatoi. Tutte queste pratiche consentono di limitare al massimo il rischio di impiego dei fitofarmaci, sia per coloro i quali operano nella manutenzione del percorso, sia per l’ambiente naturale in cui il campo è inserito. Oltre a ciò, particolare attenzione deve essere inoltre portata a: Ο Salvaguardare gli specchi d’acqua naturale, i corsi d’acqua e le aree umide, realizzando delle fasce tampone di rispetto attorno a tali zone il più larghe possibile, favorendo lo sviluppo della flora naturale autoctona e in cui non devono essere effettuati trattamenti con principi attivi di sintesi. Queste aree dovranno essere interdette al gioco (ostacoli d’acqua o fuori limite) in modo da limitare l’accesso anche ai giocatori. Ο Limitare i trattamenti alle zone di maggior pregio (green e tee), e effettuare trattamenti sui fairways solo quando il rischio di perdere il tappeto erboso è elevato. Ο Contrarre il più possibile le zone soggette ad alta manutenzione, limitando soprattutto le zone di fairway, cercando di portare il rapporto tra superficie non giocata/aree di gioco non inferiore a 2. Ο Predisporre una piattaforma di lavaggio per le macchine operatrici e le botti dei trattamenti, in modo da evitare la dispersione nell’ambiente dei residui di taglio, delle piccole quantità non utilizzate di fitofarmaci o dell’acqua di lavaggio, che potrebbe contenere prodotti chimici. Possono essere impiegati, a questo scopo, impianti di fitodepurazione, già utilizzati in diversi percorsi di golf. Ο Evitare di impiegare insetticidi di sintesi, a maggior impatto ambientale, preferendo, se effettivamente necessario, utilizzare i prodotti biologici attualmente registrati per l’impiego su tappeto erboso in Italia. Ο Effettuare trattamenti erbicidi in post-emergenza, solo nelle zone in cui sono evidenti le infestanti e dove queste possono inficiare il gioco, scegliendo i prodotti con minore rischio di percolazione in falda (G.U.S. minore), sempre alle dosi indicate in etichetta. Ο Se necessario un trattamento fungicida, individuare correttamente l’agente di danno ed effettuare il trattamento localizzandolo alle aree dove il sintomo è evidente, o dove è molto probabile che si estenda. Ο Valutare il possibile impiego di compost, al fine di aumentare la microflora presente nel terreno e quindi la possibile attività antagonistica nei confronti delle avversità. Tutte queste pratiche, unite alla professionalità degli addetti alla manutenzione, consentiranno di limitare al minimo gli interventi fitosanitari, con un impatto bassissimo sull’ambiente naturale circostante, che va salvaguardato per il bene del golf stesso, di coloro i quali vi operano e dei fruitori del percorso. La speranza è che, con un monitoraggio attento e continuo, l’affinamento delle tecniche colturali e della professionalità degli operatori, la disponibilità di mezzi di lotta alternativi ai chimici sempre più efficaci, si possa raggiungere un livello di “impatto zero” nella gestione del percorso di golf. Lavori citati Balogh J.C., Walker W.J. (1992) Golf course management and construction: environmental issues, Lewis Publishers, Chelsea, MI, USA, 951 pp. Beard J.B. (1973) Turfgrass: science and culture, Prentice-Hall Inc, Englewood Cliffs, NJ, 658 pp. Beard, J.B. 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