Timo

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Timo
Timo
(Thymus vulgaris L.)
Famiglia: Labiatae
Descrizione botanica
È un piccolo arbusto perenne, con altezza variabile da 20 a 30 cm; lo stelo è ramificato e
tende a lignificare dopo 4-5 anni di vita. L’ apparato radicale è fascicolato e legnoso; le foglie
sono piccole, lanceolate, a margine intero e di colore verde cenerino. I fiori sono rosei o
bianchi raggruppati in spicastri all’ascella delle foglie, mentre il frutto è un tetrachenio, liscio
e di colore bruno. Il seme è di piccolissime dimensioni tanto che un grammo contiene circa
5000-6000 semi (Tuttolomondo T., La Bella S., Gaglio G., Virga G. 2006).
Diffusione e mercato
È originario della regione mediterranea occidentale in cui si può trovare spontaneo fino a
1500 m s.l.m.. In Italia si trova spontaneo nelle regioni occidentali fino al Lazio, dove è
possibile trovarlo su prati aridi. (Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P., 1986).
La superficie coltivata a timo in Italia si aggira intorno ai 20 ha ma è in continua espansione;
viene coltivato soprattutto in Piemonte, Emilia-Romagna ed in modeste superfici anche in
altre regioni. Di tale specie si ha una maggiore richiesta allo stato fresco da parte di laboratori
di prodotti salutari e cosmetici collegati ad erboristerie e/o farmacie (ISAFA, 2001).
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Esigenze pedoclimatiche
Il timo si adatta facilmente a tutti i climi, ma gli ambienti caldi, soleggiati e aridi aumentano il
contenuto di principi attivi aromatici, sebbene diminuiscano le rese. Tuttavia anche nel Nord
Italia la cura nella coltivazione può permettere di raggiungere contenuti in principi attivi
analoghi a quelli del Sud. È stata evidenziata anche una correlazione positiva tra il contenuto
in principi attivi e la quota di coltivazione quando questa non supera i 1000 m s.l.m.. Resiste
bene alle gelate ma teme gli inverni freddi e umidi, dove la specie si comporta come specie
annuale. Predilige suoli sciolti, asciutti, calcarei, ma si adatta anche a terreni argillosi e
“poveri” (Beldì F., Accorsi E., 2008).
Tecnica colturale
Propagazione – Avviene per seme, per talea e per divisione dei cespi. La semina viene
eseguita in semenzaio tra giugno e agosto e il trapianto in pieno campo si esegue in autunno o
nella primavera successiva. Si può seminare anche direttamente in pieno campo, dopo aver
opportunamente preparato il letto di semina, ricorrendo nei periodi di siccità ad irrigazioni
per facilitare la germinazione; in questo caso potrebbero essere necessari diradamenti se le
piantine sono troppo fitte.
La propagazione per talea, eseguita in primavera o estate inoltrata, permette di ottenere
impianti con sviluppo vegetativo e fioritura uniformi.
Sesto d’impianto – È di circa 35-50 cm nell’interfila e 20-35 cm sulla fila. Negli impianti
per la produzione di seme sarà bene adottare densità minori al fine di aumentare la fertilità
dei fiori; grandi densità di piante, infatti, portano ad un aumento della sterilità dei fiori
maschili.
Preparazione del terreno – L’impianto può durare 4-6 anni, ma normalmente dopo il quarto
anno viene rinnovato poiché la pianta tende a lignificare.
La preparazione del terreno si effettua mediante aratura e amminutamento del terreno; per il
controllo delle malerbe sono necessarie sarchiature perché le piantine faticano a chiudere la
fila o si ricorre alla pacciamatura. Si deve eseguire una leggera rincalzatura alla fine
dell’autunno per proteggere la base della pianta dai geli invernali e favorire il ricaccio
primaverile; tale operazione, se eseguita su piante adulte, permette di ottenere rami radicati
utilizzabili per la propagazione.
Irrigazione – Una buona disponibilità di acqua ed elementi nutritivi favorisce la produzione
di rametti e foglie e ne stimola il ricaccio e lo sviluppo vegetativo; quindi, subito dopo la
raccolta dei giovani rametti verdi, è importante intervenire con modesti, ma frequenti apporti
idrici.
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Concimazione – Si può utilizzare letame maturo o compost all’impianto. Il timo è una specie
rustica che non ha elevate esigenze nutrizionali, tuttavia, qualora si pratichino raccolte
continue e intensive, il concime azotato (70-80 kg/ha) che favorisce ed incrementa lo
sviluppo vegetativo va frazionato in più interventi da effettuarsi dopo le raccolte. Il potassio
(100-120 kg/ha) è importante per la realizzazione di un buon accestimento. In caso di
necessità si possono erogare anche 50-60 kg/ha di fosforo.
Avversità
I patogeni fungini più pericolosi per il timo sono due ruggini (Aecidium thymi e Puccinia
menthae) che provocano macchie rosso-giallastre sulla pagina inferiore delle foglie e che
devono essere controllati con metodi agronomici preventivi. Alla comparsa dei primi sintomi
della malattia bisogna eseguire uno sfalcio per rinnovare la vegetazione e diminuire la
concimazioni azotate.
Si possono avere attacchi di insetti minatori fogliari (Tortrix pronubana) contro i quali è
sufficiente uno sfalcio delle parti colpite per il loro allontanamento. La parte ipogea delle
piante può essere attaccata da nematodi, causando ingiallimenti fogliari che spesso
scompaiono con la ripresa vegetativa, dopo le concimazioni.
Raccolta, resa e utilizzazione
Del timo si utilizza la parte aerea e cioè i fusti fioriti. Vanno raccolti ad inizio fioritura per gli
usi erboristici o in piena fioritura per la distillazione. Per gli usi erboristici si riescono ad
effettuare 2 tagli l’anno (a inizio estate o in autunno). Il taglio deve essere eseguito lasciando
circa 5-7 cm di fusti legnosi per riuscire a raccogliere anche le foglie basali più ricche di
essenze. È molto importante rispettare le gemme basali per permettere il ricaccio e quindi la
produzione. La resa del prodotto fresco è 2-4 t/ha. Dopo l’essiccazione rimangono 0,4 t/ha di
fiori e foglie secche (prodotto commerciabile). La presenza in olio essenziale sul prodotto
fresco è 0,5-0,8%, pari ad una resa di 20-60 kg/ha (Beldì F., Accorsi E., 2008).
I principi attivi del timo hanno spiccate proprietà digestive, diuretiche, antisettiche e
antibatteriche, con azione disinfettante oltre che antiossidante. Le sue proprietà aromatiche ed
antisettiche ne fanno una pianta molto utile per la conservazione dei cibi. Viene utilizzato
dall’industria alimentare, cosmetica e liquoristica (Agrosarda, 2002).
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Bibliografia
Agrosarda (2002) – L’officina delle erbe: la valorizzazione delle specie vegetali officinali.
Osservatorio industriale della Sardegna.
Beldì F., Accorsi E. (2008) – Le magnifiche tre. Bio-agricoltura n.111/2008; pag. 50-52.
Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P. (1986) – Coltivazione delle piante
medicinali e aromatiche. Patron Editore; pag. 277-282.
ISAFA (2001) – Indagine sulla consistenza e le caratteristiche della produzione di piante
officinali in Italia. Comunicazioni di ricerca 2001/3.
Tuttolomondo T., La Bella S., Gaglio G., Virga G. (2006) – Caratterizzazione,
propagazione e tecniche colturali. Informatore agrario n. 50. Pag. 21-25.
Siti internet consultati:
www.pianteofficinali.org
www.ilgiardinodelleerbe.it
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