le imprese italiane ed il finanziamento

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le imprese italiane ed il finanziamento
Bari economia & cultura, Trimestrale della Camera di Commercio di Bari, n.1/2014, pp.103-111.
ISSN: 2284-2756
LE IMPRESE ITALIANE ED IL FINANZIAMENTO
di Annalisa Di Clemente
Attualmente le condizioni complessive del credito rappresentano uno dei punti
critici dello scenario macroeconomico italiano.
Stime di Banca d’Italia (2013)1 indicano che il peggioramento delle condizioni
di finanziamento, considerando sia l’aumento dei tassi attivi (che dall’autunno del
2012 rimangono superiori a quelli medi dell’area euro) che la minore disponibilità di
credito per famiglie e imprese, avrebbe sottratto un punto percentuale alla dinamica
del PIL nel 2012.
Alla fine del 2012 la consistenza dei prestiti in sofferenza è salita al 7,2% degli
impieghi complessivi, dal 3,4% del 2007; quella degli altri crediti deteriorati al 6,3%,
dall’1,9% del 2007. Per le imprese, il flusso delle nuove sofferenze in rapporto agli
impieghi ha superato nel 2013, su base annua e al netto di fattori stagionali, il 4%, un
livello mai toccato negli ultimi venti anni2.
Nella prima metà del 2013 il calo degli impieghi alle imprese ha superato il 4%
su base annua; sono diminuiti anche i prestiti alle famiglie, pur se in misura minore
(pari all’1,6%). Il costo medio dei nuovi prestiti alle imprese e quello dei mutui alle
famiglie sono rimasti invariati, da inizio 2013, poco sopra il 3,5%. Il divario rispetto
ai tassi medi dell’area euro non ha subito variazioni di rilievo, attestandosi attorno ai
tre quarti di punto percentuale.
Nell’ultimo biennio 2012-2013 è proseguito il calo dei prestiti alle imprese
italiane, pari ad oltre il 9%, dopo un aumento di quasi il 14% tra la fine del 2007 e
l’autunno del 20113. La carenza di credito è destinata a proseguire anche nei prossimi

Professore associato di Economia degli intermediari finanziari, Università di Roma “Sapienza”.
1
Panetta F. (2013), “Il Credito e il Finanziamento alle Imprese”, Intervento del Vice Direttore Generale della Banca
d’Italia, Roma 21 giugno 2013.
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Per il complesso del credito il tasso annuo d’ingresso in sofferenza è salito al 2,8% nel 2013.
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Panetta F. (2014).
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mesi del 2014, dato che il deterioramento della qualità dei prestiti tende a prolungarsi
ben oltre l’avvio della ripresa congiunturale4.
La flessione dei prestiti riflette la debolezza della domanda di impieghi, a sua
volta connessa con la contrazione degli investimenti, con il deterioramento del clima
di fiducia dei consumatori e con le difficoltà del mercato immobiliare.
Il principale ostacolo all’offerta di prestiti è il peggioramento del rischio di
credito delle imprese5 che spinge al rialzo i tassi sui prestiti. Dalla metà del 2012,
l’incremento del tasso d’insolvenza delle imprese italiane ha compensato gli effetti
potenzialmente positivi della riduzione dei tassi ufficiali e della diminuzione dei
rendimenti dei titoli pubblici, avvenuta quest’ultima nel corso del 2013.6 Nei primi
tre mesi del 2013, il saldo tra il numero delle imprese che hanno avviato l’attività e
quello delle aziende che l’hanno cessata, pari a 7.700 unità, è stato di otto volte
inferiore a quello del triennio precedente la crisi7.
L’attuale contesto del mercato creditizio configura una condizione ben nota in
letteratura economica, in cui l’incertezza circa le prospettive dell’economia, l’alto
rischio d’insolvenza e le difficoltà a valutare la solidità di ciascun debitore generano
fenomeni di selezione avversa, innalzano l’avversione al rischio degli intermediari,
provocano l’adozione di politiche di erogazione del credito restrittive8. A differenza
di quanto rilevato in passato, la minore disponibilità di credito riguarda anche
imprese con condizioni finanziarie equilibrate e di grandi dimensioni, seppure con
minore intensità rispetto alle altre imprese meno virtuose9.
Inoltre, le innovazioni normative relative agli standard patrimoniali e di liquidità
delle banche (Basilea 3), pur conferendo a regime stabilità al sistema finanziario, nel
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Bofondi M. and T. Ropele (2011).
Il tasso d’ingresso in sofferenza dei prestiti alle imprese ha raggiunto il 4,7% nel secondo trimestre del 2013, rispetto
ad una media dell’1,5% nel periodo precedente la crisi. Nel complesso, i finanziamenti alle imprese su cui le banche
riscontrano difficoltà nei rimborsi hanno sfiorato (nel secondo trimestre 2013) il 22% delle consistenze, più del doppio
rispetto a quattro anni fa.
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Banca d’Italia, Considerazioni Finali del Governatore, Roma 31 maggio 2013.
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Panetta F. (2014).
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Stiglitz, J. and Weiss A. (1981).
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Panetta F. (2013).
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breve termine possono frenare l’erogazione di prestiti10. A tale proposito si stima, con
riferimento al 2012 per le banche italiane, una contrazione dell’8% degli impieghi
bancari e un aumento di due punti percentuali dei tassi attivi11. Anche le pressioni
provenienti dai mercati finanziari internazionali per la riduzione della dipendenza dai
finanziamenti all’ingrosso spingono le banche italiane a ridimensionare i propri
bilanci in modo prociclico.
Il potenziale impatto depressivo della riforma (Basilea 3) sulle piccole imprese
può comunque essere attenuato da alcuni fattori. Il primo, fa riferimento allo “sconto”
di capitale a copertura del rischio di credito, già previsto da Basilea 2 e confermato da
Basilea 3, per i prestiti bancari erogati alle piccole imprese (a parità di merito
creditizio della clientela). Quindi, per le imprese con fatturato annuo inferiore ai 50
milioni di euro, a parità di rischio, la riduzione in termini di requisiti di capitale
bancario, calcolato con i modelli interni, può arrivare fino al 20%. Il secondo fattore
di attenuazione è collegato al modello relazionale seguito dalle piccole e medie
banche italiane, radicate sul territorio e in stretto rapporto con la clientela. Queste,
disponendo di livelli di patrimonio mediamente superiori a quelli richiesti dalle nuove
regole, sono in grado di soddisfare, nel breve periodo, la domanda di credito delle
PMI locali.
Attualmente la cautela delle banche nella concessione del credito all’economia è
alimentata anche dalla transizione al sistema di vigilanza unica (Single Supervisory
Mechanism, SSM). Nel breve termine non è possibile escludere che l’incertezza circa
le modalità con cui sarà condotta la valutazione estesa dei bilanci bancari
(Comprehensive Assessment, CA) da parte della BCE e delle Autorità di vigilanza
nazionali possa comprimere ulteriormente l’offerta di credito12.
10
Si consideri che, per l’intero sistema bancario italiano, l’aumento di capitale di elevata qualità necessario a soddisfare
i requisiti patrimoniali previsti da Basilea 3 (e che andranno pienamente a regime nel 2019) era pari a 35 miliardi di
euro alla fine del 2010. A fine 2012, tale incremento di capitale si è ridotto a meno di 9 miliardi di euro. Nella prima
metà del 2013, secondo dati di Banca d’Italia (2013), gran parte degli intermediari maggiori italiani soddisferebbero i
nuovi standard prudenziali di capitale.
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Del Giovane P., A Nobili and F.M. Signoretti (2013).
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In Italia si è tentato di reagire al “fallimento del mercato”, alla base del
malfunzionamento del canale creditizio, potenziando i meccanismi di garanzie
pubbliche13 a favore delle imprese, attraverso sia un rafforzamento finanziario del
Fondo Centrale di Garanzia per le piccole e medie imprese14, che apportando
modifiche al suo finanziamento. I provvedimenti di attuazione dovrebbero consentire
infatti alle imprese con favorevoli prospettive di crescita di ricorrere al Fondo anche
in presenza di bilanci temporaneamente indeboliti dalla recessione. Le garanzie
pubbliche andrebbero condizionate all’effettiva erogazione dei prestiti, prevedendo
termini più favorevoli per le banche che presentano una dinamica più sostenuta del
credito complessivo15. La concessione delle garanzie dovrà tradursi in un effettivo
miglioramento delle condizioni del finanziamento, con la possibilità per le stesse
imprese di richiedere direttamente l’intervento del Fondo16.
Tra il 2009 e il 2012, sono stati garantiti prestiti per 31 miliardi di euro a favore
di 127.000 imprese, in prevalenza di piccole dimensioni. In termini di consistenza,
alla fine del 2012, i finanziamenti garantiti rappresentavano il 3,5% dei prestiti alle
aziende con meno di 20 addetti ed operanti nei settori di attività del Fondo. Nei primi
dieci mesi del 2013, i prestiti garantiti hanno raggiunto 8,5 miliardi di euro, il 23% in
più rispetto allo stesso periodo del 201217.
Ulteriori interventi a sostegno del credito sono stati effettuati sempre dal
segmento pubblico mediante la Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Dal 2009, la CPD ha
istituito un fondo a cui le banche possono attingere, a tassi di interesse contenuti, per
concedere prestiti a medio e a lungo termine alle PMI. Si tratta di una misura rivolta
13
Tra il 2009 e il 2012 sono stati pari a 60 miliardi i benefici finanziari per le PMI italiane derivanti dalle moratorie e
dagli interventi sia della Cassa Depositi e Prestiti che del Fondo Centrale di Garanzia (fonte: Banca d’Italia, 2013). Dal
2009 la Cassa Depositi e Prestiti ha istituito un fondo a cui le banche possono attingere, a tassi di interesse contenuti,
per concedere prestiti a medio e a lungo termine alle PMI. Si tratta di una misura rivolta principalmente ad attenuare
eventuali problemi di liquidità degli intermediari.
14
Un incremento della dotazione del Fondo di 3 miliardi consentirebbe la concessione di garanzie su un flusso di nuovi
finanziamenti dell’ordine di 40 miliardi.
15
Nello specifico, si è consentito alle banche di azzerare l’assorbimento di capitale relativamente alla quota di prestito
coperta dal Fondo (“ponderazione zero”).
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Visco I. (2013).
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principalmente ad attenuare eventuali problemi di liquidità degli intermediari. Il
plafond PMI, costituito nel 2009 con una dotazione di 8 miliardi di euro, è stato
interamente utilizzato. Il “nuovo plafond PMI”, attivato dal 2012, ha una dotazione di
10 miliardi che in buona parte non è ancora stata assorbita dalle imprese italiane.
Il 1° luglio 2013 l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e le associazioni di
categoria delle imprese hanno stipulato un nuovo accordo (la terza “moratoria” negli
ultimi quattro anni) che consente ai debitori in difficoltà di ottenere una sospensione
dei rimborsi di prestiti di medio e lungo termine, un allungamento della durata dei
finanziamenti e la concessione di nuovi prestiti in presenza di un aumento dei mezzi
patrimoniali dell’azienda.
Nella direzione di sostenere le PMI si è mosso l’avvio, il 18 marzo 2010, del
“Fondo Italiano di Investimento per le PMI”, finalizzato a favorire il rafforzamento
patrimoniale e i processi di aggregazione tra le piccole e medie imprese italiane in
fase di sviluppo con fatturato compreso tra i 10 e 100 milioni di euro. Il Fondo è stato
voluto dal Ministero del Tesoro ed istituito, inizialmente18, dall’Associazione degli
Industriali, assieme all’Associazione Bancaria Italiana, alla Cassa Depositi e Prestiti e
alle Banche Monte dei Paschi di Siena, Intesa SanPaolo e UniCredit. Banca d’Italia
ha autorizzato il 24 agosto 2010 la Società di gestione del Fondo (Sgr) ed ha
approvato pure il regolamento del Fondo: il Fondo, con una dotazione iniziale di 1,2
miliardi di euro, opererà per le piccole e medie imprese con una durata complessiva
fino a 14 anni, di cui 5 anni per l’investimento, 5 anni per il disinvestimento, più altri
eventuali 2 anni di proroga per ciascuna fase. Il Fondo si rivolge ad imprese non in
crisi ma con buone prospettive di sviluppo e con un fatturato compreso tra 10 e 100
milioni di euro. Si ritiene che circa 15.000 imprese italiane presentino queste
caratteristiche e che il 70% di queste appartengano al settore manifatturiero. Ogni
18
Rispetto al progetto iniziale, si è allargata la partecipazione del sistema bancario italiano al Fondo Italiano
d’Investimento con l’adesione dell’Istituto Centrale delle Banche Popolari, del Credito Valtellinese, della Banca
Popolare di Milano, della Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Ubi e Banca di Cividale.
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possibile investimento è valutato in base al merito del piano industriale, del progetto
di sviluppo e delle capacità del management di portarlo a termine.
Il Fondo, che per le sue dimensioni è divenuto un operatore di primaria
importanza nel settore del private equity italiano, ha finora rivolto la sua azione
prevalentemente a imprese di dimensione medio-grande, adottando modalità
operative più rispondenti alle caratteristiche delle imprese italiane (ossia, tempi
d’investimento più lunghi e minor condizionamento delle scelte strategiche delle
aziende)19.
Inoltre, tra il 2010 e il 2012 sono stati introdotti incentivi fiscali per chi investe
in fondi di venture capital e nel capitale di rischio di imprese in fase di avvio (startup innovative), avvicinando in questo modo la norma italiana a quella degli altri paesi
europei20.
Alla luce di quanto detto, un’azione di riequilibrio del bilanci delle imprese
appare condizione indispensabile per l’avvio di una crescita nel medio termine. Le
risorse necessarie per finanziarie gli investimenti dovranno assumere la forma
soprattutto di mezzi patrimoniali. Il capitale azionario è infatti più adatto del capitale
di debito a finanziare l’innovazione, elemento strategico per sostenere la produttività
e, conseguentemente, la crescita delle imprese. Il capitale di debito delle imprese, a
sua volta, dovrà avere scadenze più lunghe ed essere meno concentrato verso il
sistema bancario.
Nel corso del 2013, sulla spinta delle tensioni sul mercato creditizio (credit
crunch), sono sorte iniziative basate soprattutto sullo strumento del fondo chiuso
(credit fund) per incentivare gli investitori istituzionali ad investire in obbligazioni,
cambiali finanziarie e prestiti cartolarizzati emessi da imprese non quotate. Tali credit
funds prevedono un attento vaglio degli emittenti e una gestione attiva del portafoglio
crediti su un orizzonte di investimento di medio-lungo periodo, idonea a diversificare
19
Banca d’Italia suggerisce l’estensione dell’attività del Fondo ad aziende di minore dimensione, dato l’interesse
riscontrato nei confronti del Fondo da parte di imprese con fatturato inferiore al limite minimo di 10 milioni di euro
(Gobbi G., 2013).
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Gobbi G. (2013).
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i rischi idiosincratici degli strumenti di debito emessi da piccole e medie imprese21.
La cartolarizzazione consente anch’essa di aggregare i crediti alle piccole imprese,
contribuendo ad agevolarne il ricorso indiretto ai mercati dei capitali; mentre per le
banche rappresenta un efficace strumento per smobilizzare parti dell’attivo e liberare
risorse per nuovi prestiti.
Il successo di tali “nuove” tecniche di finanziamento richiede comunque un
elevato livello di trasparenza per consentire agli investitori finali una più efficiente
gestione del rischio di credito rispetto all’investimento diretto nelle singole emissioni.
Sono necessarie strutture semplici, un basso grado di leva finanziaria, una limitata
trasformazione delle scadenze22.
I margini per accrescere gli investimenti in obbligazioni private, prestiti
cartolarizzati e credit funds da parte degli investitori istituzionali sono molto ampi.
Per i fondi comuni aperti, le obbligazioni quotate emesse da società non finanziarie
rappresentano una percentuale molto contenuta del portafoglio complessivo e i titoli
non quotati sono molto al di sotto dei limiti normativi; le risorse prontamente
utilizzabili sono stimabili (a giugno 2013) in un intervallo tra i 6 e i 10 miliardi;
ammontari ben superiori sarebbero disponibili in presenza di un mercato liquido dei
titoli. Investimenti cospicui possono inoltre essere effettuati dalle compagnie
assicurative, dai fondi pensione, dai fondi chiusi23. In mancanza di un’adeguata
offerta di titoli da parte di aziende italiane, gli investitori istituzionali rischiano di
orientarsi in misura significativa verso i mercati esteri.
Il tema del finanziamento delle PMI è anche al centro dell’attività delle
istituzioni comunitarie. A marzo 2013 La Commissione Europea ha pubblicato una
consultazione (Libro verde sul finanziamento di lungo periodo dell’economia
europea) con l’obiettivo di individuare le possibili politiche per favorire il
21
Esperienze estere confermano le rilevanti potenzialità di tali credit funds. Ad esempio, il National Pensions Reserve
Fund irlandese ha annunciato nel gennaio 2013 la creazione di nuovi fondi indirizzati all’investimento nel segmento
delle piccole imprese nazionali per un importo di 850 milioni di euro.
22
Per un esame delle potenzialità insite nei processi di cartolarizzazione del credito, vedi per es. Di Clemente A. (2011);
Albertazzi U, G. Eramo, L. Gambacorta e C. Salleo (2011).
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Panetta F. (2013).
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finanziamento degli investimenti a lungo termine. Su richiesta del Consiglio, la
Commissione ha recentemente proposto nuovi meccanismi comunitari per la
concessione di garanzie sui prestiti alle imprese e per la strutturazione di operazioni
di cartolarizzazione (joint-garantee e joint-securitisation instruments). In questi
strumenti dovrebbero confluire le risorse dei programmi comunitari già esistenti
(COSME24 e Horizon 202025), le risorse del Gruppo BEI26 e parte dei fondi strutturali
europei dei paesi membri. L’iniziativa si propone di aumentare l’efficacia dei
programmi di sostegno finanziario alle PMI, riducendone la frammentazione e
sfruttando le opportunità di diversificazione del mercato europeo, così come di
rilanciare il canale di finanziamento bancario, attraverso l’offerta di garanzie
pubbliche e favorendo lo sviluppo di un mercato delle cartolarizzazioni, funzionale
nel medio termine al miglioramento della capacità di lending all’economia da parte
del sistema bancario27.
24
COSME è l’acronimo di Competitiveness of Enterprises and SMEs ed è un Programma dell’Unione Europea a
sostegno della competitività delle PMI europee per il periodo 2014-2020.
25
Horizon 2020 – Programma Quadro Europeo per la Ricerca e l’Innovazione 2014-2020 – è un sistema di
finanziamento integrato dell’Unione Europea destinato alle attività di ricerca.
26
Con Gruppo BEI s’intende la Banca Europea degli Investimenti (BEI) ed il Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI).
Il FEI è specializzato nell’erogazione di capitale di rischio e di strumenti di garanzia a favore dello sviluppo delle PMI
europee.
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G. Gobbi (2013).
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