Sì al solare ma con ombre Patrimonio non sfruttato

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Sì al solare ma con ombre Patrimonio non sfruttato
Anno IV - Supplemento al Numero 2
Reporter
15 Ottobre 2010
nuovo
Fotovoltaico
Sì al solare
ma con ombre
Biomasse
Patrimonio
non sfruttato
*****************
Oro Blu
Una plastica
ci seppellirà
Bottigliette
Quei mille km
per un sorso
LE ENERGIE
DEL FUTURO
SOLE, VENTO, ACQUA: LE ALTERNATIVE SOSTENIBILI PER SALVARE IL PIANETA
Rinnovabili / In Italia
Successo del fotovoltaico: in tre anni decuplicati i pannelli. Il parere degli addetti ai lavori
Sì al solare, con qualche ombra
«I costi di installazione recuperati in 6 anni». I condomini frenano
Jacopo Matano
“Sole sul tetto dei palazzi
in costruzione, sole che batte sui campi di pallone”,
cantava Francesco De Gregori nella “leva calcistica di
classe ‘68”. Era il 1980. Trent’anni dopo i palazzi non
sono più in costruzione, ma
il sole che arriva ancora sui
loro tetti può trasformarsi in
un buon affare.
Il fotovoltaico, infatti, non
è soltanto quel metodo di
produzione di energia pulita e alternativa al carbone e
al petrolio che utilizza i raggi solari, fonte rinnovabile
per eccellenza: dietro ai pannelli di silicio e cadmio installati sugli edifici c’è la
possibilità di un vantaggio
economico per industrie, famiglie e intere palazzine.
Che può arrivare a far dimenticare la bolletta e - in alcuni casi - a far guadagnare
più di qualche euro.
Il meccanismo è quello
del do ut des: si costruiscono i pannelli, ci si allaccia
alla rete del Gse (Gestore dei
servizi energetici) e si comincia a immettere l’energia
prodotta, usufruendo per
vent’anni di uno sconto sui
kw consumati e di un reddito derivato dal surplus
prodotto. Gianmarco Rinaldi - responsabile della direzione energia di una ditta romana di costruzioni che sta
investendo nel solare - fa
qualche conto: «Un impianto, in media, costa 15 mila
euro. Il costo si può recuperare in 6-7 anni. Restano
quasi tre lustri di energia a
costo zero». Ci si crede?
«Quando raccontiamo i vantaggi le persone si chiedono
se si tratti di una truffa. Noi
rispondiamo: il contratto si
fa con il Gse, che è un ente
statale. Non vi fidate dello
Stato?».
A questa domanda in tanti, in tutta Italia, hanno risposto sì. Il numero degli impianti è decuplicato in poco
più di tre anni (si è passati
dai 7.647 del 2007 ai 71.284
di fine 2009), e la produzione è triplicata negli ultimi
due. Con Roma in testa. Il
territorio della capitale, infatti, è secondo solo alla provincia di Brescia per numero di pannelli, e rappresenta il 3,6 per cento della quota nazionale. E se la visuale
dall’alto di molti quartieri residenziali di Roma - dai giar-
2
15 Ottobre 2010
IL PARERE DI GIANLUCA COMIN
GEOTERMICO
L’impianto di
Nuova San
Martino
in Toscana
I tre grandi obiettivi del colosso Enel
Quando si parla di energia viene subito in mente Enel, l’ex ente statale leader del mercato elettrico. Dal 2008
l’azienda è impegnata nello sviluppo delle rinnovabili attraverso il suo “lato” verde Green Power, società che all’inizio di
novembre verrà quotata in borsa. La fonte principale dell’energia prodotta da
Enel, però, rimane il carbone. Reporter
Nuovo ha sentito Gianluca Comin, direttore Relazioni esterne.
Comin, negli ultimi due anni l’azienda ha scommesso sul solare. Sta funzionando?
«Crediamo molto nello sviluppo
del fotovoltaico e l’andamento di questo mercato nel nostro Paese ci dà ragione. Tanto da voler coprire l’intera “filiera” e insieme con leader di settore
come Sharp e STMicroelectronics stiamo realizzando a Catania quella che sarà
la più grande fabbrica italiana di pannelli
fotovoltaici e, in prospettiva, d’Europa».
Ma una volta acquistati i pannelli,
qual è la convenienza per un privato
nell’allacciarsi alla rete e usufruire
del Conto Energia piuttosto che rimanere fuori?
«Senza l’allaccio alla rete il proprio
impianto fotovoltaico, quando il sole
non c’è si rimane al buio. E poi soltanto collegandosi si può usufruire dello
“scambio sul posto” e degli incentivi».
L’Enel che investe nel “green power”
è la stessa azienda che punta sulla riconversione a carbone delle vecchie
centrali e il primo produttore di CO2
in Italia. Una contraddizione?
«No. La riconversione da olio a carbone delle nostre vecchie centrali porta a una riduzione media dell’80 per cento delle emissioni e del 18 per cento di
CO2 rispetto ai precedenti impianti,
come nel caso di Civitavecchia, una delle centrali più all’avanguardia nel mondo. Tra il 2000 e il 2008, le emissioni di
CO2 delle centrali Enel sono scese di
ben il 35 per cento».
Ma si può rendere pulito il carbone?
«Enel è in prima linea per lo sviluppo dei sistemi di cattura e sequestro della CO2, la tecnologia attraverso cui sarà
possibile costruire centrali a carbone senza emissioni».
In Italia si parla di ritorno al nucleare. E’ una scelta alternativa alle rinnovabili?
«Le fonti non sono in competizione
tra loro, ma complementari. Fanno
parte della soluzione dell’“equazione
energetica”: energia in abbondanza, a
basso costo e sostenibile. Sulle rinnovabili Enel investe molto, ma bisogna
dire che quell’energia non è costante né
prevedibile. Per produrre l’equivalente
di un reattore di terza generazione ci vorrebbero circa 15 mila ettari di pannelli
fotovoltaici, 20 mila campi da calcio. Un
mix equilibrato? 25 per cento rinnovabili, 25 per cento nucleare, e il resto distribuito tra carbone pulito e gas».
J. M.
dini dell’Aventino alle villette
di Casal Palocco, dove il
pannello è un must – cambia rapidamente, è ancora
lontana la vera sfida del solare: i condomini. «Negli ultimi due anni abbiamo installato venti impianti su altrettanti palazzi, e gli inquilini sono soddisfatti», testimonia Rinaldi. Ma l’Aneci,
l’associazione amministratori di condominio, sul tema
è diffidente. «I problemi
sono tanti, a cominciare dallo spazio in cui collocare i
pannelli», afferma Carlo Parodi, responsabile del centro
studi nazionale dell’associazione, che spiega come nessuno dei “suoi” seicento amministratori abbia ancora
deciso di proporre il solare
nel proprio condominio «nonostante due convegni e
molti colloqui con gli istituti bancari e le aziende del settore». I costi rappresentano
il freno maggiore. «Le banche vogliono troppe garanzie. Sulla carta sono disponibili, ma non concedono facilmente il finanziamento»,
lamenta Parodi. Per i palazzi, dunque, bisognerà aspettare ancora qualche anno.
Ma se il tempo non spaventa amministratori e produttori, non spaventa nemmeno
i consumatori. Il cliente tipico del contratto a vent’anni, infatti, ha una villetta
privata e più di 65 anni.
Pensa al risparmio che maturerà quando sarà molto
anziano. O forse - e questa è
un’ottima notizia - pensa anche un po’ all’ambiente.
Fino a 2000 euro di risparmio l’anno con le sovvenzioni del Conto Energia
Incentivi per inseguire l’Europa
Eloisa Moretti Clementi
La spinta decisiva per
l’espansione del fotovoltaico in
Italia è arrivata ad agosto, con
un decreto che prevede incentivi tra i più alti del mondo: chi decide di installare un
impianto connesso alla rete
elettrica può ricevere fino a un
massimo di 0.47 euro per ogni
kilowattora prodotto per ben
20 anni. Il progetto si chiama
Conto Energia e arricchisce il
decreto ministeriale del 2007
che disciplina la materia. Se la
precedente normativa era appesantita da tortuosi passaggi
burocratici, le modifiche hanno invece snellito le lungaggini
e ampliato gli incentivi, con
l’obiettivo di avvicinare l’Italia
ai Paesi all’avanguardia nel
settore.
All’inizio sembra complicato. In realtà, il concetto chiave è che il proprietario dell’impianto guadagna due volte: da una parte in modo indiretto, risparmiando sulla
bolletta e a volte azzerandola.
Dall’altra, attraverso gli incentivi diretti che riceve in proporzione alla sua produzione,
ma solo per la quantità destinata all’autoconsumo. Per il
privato, infatti, il surplus diventa oggetto del cosiddetto
“scambio sul posto”, che prevede il saldo annuo tra l’elettricità immessa in rete e quella prelevata, con la possibilità
di depositare dei “crediti” per
gli anni futuri. La vendita dell’extra produzione, invece, è riservata ai soli possessori di partita Iva.
Per 20 anni e a cadenza
mensile, il proprietario che
produce energia fotovoltaica
viene remunerato tra 0,346 e
0,470 euro per kilowattora, in
un range che premia gli impianti più piccoli e maggior-
mente integrati all’edificio. Ad
esempio, moltiplicando la tariffa di un impianto medio per
la sua remunerazione stimata,
si prevede che un utente milanese riceva mediamente
1480 euro l’anno di sovvenzioni, mentre il proprietario siciliano avrà un ritorno di 1903
euro. A pagare non sarà l’Enel,
ma Gse, il Gestore dei servizi
energetici nazionale.
Sembra fantascienza: un
guadagno di circa 40-50 mila
euro in due decenni. Ma attenzione, l’impianto va innanzitutto installato, e la spesa è interamente a carico del
proprietario. Il costo dell’operazione è ingente, oscillando
dai 17.500 euro del Nord Italia ai 13.500 del meridione,
dove è sufficiente una struttura
meno potente. La scappatoia
per non pagare, però, c’è: quasi tutti gli istituti bancari hanno predisposto un finanziamento che consente di partire a costo zero, mentre il recupero del prestito con i relativi interessi avviene attraverso gli incentivi erogati dal
Gse. Un’offerta allettante ma da
valutare in fretta, visto che i
vantaggi termineranno quando in Italia saranno installati i
1200 megawatt totali richiesti
dall’Unione Europea. Ad oggi,
disseminati nel Paese ce ne
sono già 700.
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Rinnovabili / Nel mondo
Dal 2004 a oggi il paese asiatico ha fatto passi da gigante nel settore dell’energie rinnovabili
La Cina leader dei pannelli solari
Ma è la Germania a produrne di più. La Spagna è ferma al secondo posto
La produzione di energia solare
ha dovuto rivedere al ribasso il pianon conosce battute d’arresto. Nel
no di incentivi varato negli anni pre2009 gli impianti fotovoltaici nel
cedenti. Dai 0,42 centesimi per
mondo sono stati in grado di prochilowattora, il governo ha tagliadurre ben 20 gigawatt di elettricità.
to la quota del 25 per cento, porUno dei paesi leader nel settore neltandola a 0,32 euro. Il paese iberila produzione di impianti fotovolco si conferma comunque al setaici è la Cina. Il gigante asiatico, gracondo posto nella classifica dei
zie alle sue imprese produttrici di
produttori di energia solare.
pannelli solari, è riuscita a immetSTATI UNITI - Anche oltreotere sul mercato elettrico 4,3 gigaceano la quota di energia elettrica
watt di energia. Un grande salto in
prodotta con i pannelli fotovoltaici
avanti se paragonato ai soli 0,1 gicontinua a salire. Complice l’elegawatt di appena cinque anni fa. Nel
zione di Barack Obama, favorevole
2004, infatti, la quota di mercato soallo sviluppo dell’energia pulita,
lare cinese era meno del dieci per
negli Stati Uniti si stima che l’anno
cento della produzione mondiale.
prossimo saranno operativi imIl merito di questo grande salto
pianti per una potenza complessiva
di qualità appartiene principaldi 2.000 megawatt. Nel 2015 però
mente alla grande capacità produtsi raggiungerà una potenza pari a
tiva delle aziende cinesi. La Suntech,
12.000 megawatt, che, nelle intenuna delle aziende leader del settozioni del governo americano, salirà
re, è in grado di produrre 1.800 pan- FOTOVOLTAICO La Suntech è l’azienda cinese leader nella produzione di pannelli solari
a 21.500 entro il 2020.
nelli fotovoltaici in dodici ore di laGIAPPONE - Anche il Giapvoro e si stima che entro la fine del- un piano di incentivi per la produ- gawatt di energia elettrica prodotIl successo del fotovoltaico in pone ha deciso di varare un piano
l’anno i tempi di produzione si zione di energia fotovoltaica. Gli im- ti da tutti gli impianti di produzio- Germania è stato reso possibile dal di sviluppo per il settore fotovolpossano accorciare ad appena una pianti saranno sovvenzionati al 50 ne fotovoltaica nel mondo. Già nel sistema di incentivi garantiti a chi taico. Il governo ha deciso di inmattinata. La forte competitività per cento se connessi alla rete elet- 2000 il parlamento tedesco si era produce energia solare. L’anno scor- trodurre l’anno scorso un piano di
delle aziende cinesi ha fatto breccia trica nazionale. Gli incentivi salgo- mostrato sensibile al tema delle so questo sistema ha subito un ta- incentivi per la realizzazione di imanche in California.
no al 70 per cento energie rinnovabili, approvando glio del 15 per cento,
pianti solari. Sono
Nel 2007, lo Stato ha
dove il collegamento una legge con cui le aziende elet- in seguito alle misuprevisti sconti fiscali
avviato un progetto
I cinesi forniscono non sia possibile. Gli triche venivano obbligate ad ac- re di contenimento Nel 2010 gli Stati sia per i produttori
di solarizzazione e il
impianti devono es- quistare energia “verde” al prezzo della spesa pubbliche per gli acquirenti.
alla California
Uniti avranno
43 per cento dei pansere attivi entro un di 60 centesimi a chilowattora. ca.
In questo modo verrà
nelli solari era fabanno,
rimanere
funNei
piani
del
governo
tedesco,
SPAGNA
Noil 42 per cento
impianti solari pari abbattuto il prezzo fibricato negli Stati
zionanti per venti e chiunque possedesse una centrale nostante il calo degli
nale del 50 per cento.
dei pannelli solari devono produrre più fotovoltaica o aveva un pannello so- incentivi deciso dal a 2.000 megawatt Il paese del Sol LeUniti, mentre solo il
due per cento provedi 300 kilowatt di po- lare sul tetto di casa avrebbe avuto governo tedesco,
vante vuole infatti inniva dalla Cina. Dopo
tenza. Secondo stime profitti. L’esperimento si è rivelato non c’è però stato il
crementare la produappena due anni, la situazione si è governative, grazie a questo piano superiore alle aspettative. Si pre- sorpasso della Spagna, altro paese zione di energia da fotovoltaico a
ribaltata. I cinesi forniscono infat- nel prossimo triennio la quota di vedeva che nel 2010 la quota di leader nella produzione di energia quota 1,4 gigawatt entro il 2020,
ti alla California il 42 per cento dei energia solare salirà di almeno 500 energia prodotta da fonti rinnova- solare. Nel 2008 il paese iberico ha portandola a 5,6 gigawatt entro il
pannelli, mentre gli americani sono megawatt di energia nel prossimo bili sarebbe stata pari al 10 per cen- sviluppato nuovi impianti per un 2030. Lo sviluppo dell’energia fofermi al 15.
triennio.
to, mentre invece si è assestata al 16. totale di 2,6 gigawatt contro gli 1,3 tovoltaica è una delle conseguenIntanto il governo cinese, dopo
GERMANIA - Il paese leader in Forte di questo successo, il gover- della Germania. Nello stesso anno, ze del piano di abbattimento delil crollo delle vendite di pannelli fo- Europa e nel mondo nella produ- no Merkel pensa di incrementare la la capacità produttiva spagnola si è le emissioni di gas serra, che in
tovoltaici a causa dalla recessione zione solare è la Germania. È qui quota di energia “verde” al 30 per arrestata sui 3,7 gigawatt contro i Giappone dovranno essere abbateconomica, ha deciso di avviare che si producono dieci dei venti gi- cento entro il 2020.
5,2 dei tedeschi. Anche la Spagna tute del 60 per cento entro il 2050.
L’Africa investe sul solare e punta a esportare elettricità nei paesi europei
Il fotovoltaico verrà dal deserto
FUTURO In Africa si produrrà
gran parte dell’energia solare
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nuovo
Non sono solo i paesi più
industrializzati a investire
sull’energia solare. La Grecia,
dopo aver rischiato il tracollo economico, ha deciso di
varare un piano di incentivi
per l’installazione di pannelli solari sia sui tetti delle
abitazioni sia sugli edifici
commerciali. La potenza non
deve essere superiore ai 10
kilowatt e la tariffa ammonta a 0,55 euro per ogni chilowattora prodotto per un periodo di 25 anni. È previsto
l’adeguamento del prezzo al
tasso di inflazione annuo,
ma già dal 2012 la tariffa ver-
rà decurtata del cinque per
cento. Chi decide di installare
i pannelli fotovoltaici non pagherà imposte, ma soltanto
l’Iva, fissata al 19 per cento.
È previsto inoltre che le abitazioni, debbano sfruttare il
sole anche per la produzione
dell’acqua calda, pena l’impossibilità di ricevere l’incentivo.
Importanti passi avanti
nell’energia verde anche in
Nepal. L’energia elettrica prodotta nel piccolo paese himalayano dipende pressoché
totalmente dalle forniture di
benzina che arrivano dall’India. I ritardi nei rifornimenti sono la causa principale delle interruzioni di corrente
nel paese. Talvolta, in alcune
zone, le interruzioni possono
durare anche 16 ore al giorno, con notevoli disagi. Il
governo ha quindi deciso di
spendere ben 13 milioni e
400 mila dollari per l’installazione di pannelli solari nel
paese. Saranno sistemati nei
centri urbani e ogni famiglia
verrà incoraggiata dal gover-
Pagina a cura di Andrea Pala
no a installarne uno.
Anche nel continente africano la produzione di energia
solare sta iniziando a intensificarsi. In Algeria sono partiti due anni fa, nel Sahara, i
lavori per la realizzazione di
una centrale ibrida in grado
di sfruttare non solo il gas ma
anche il sole. I pannelli, una
volta ultimati i lavori, occuperanno una superficie di
180 mila quadrati e produrranno 20 megawatt di energia. Gli algerini vorrebbero
vendere anche l’energia solare prodotta dall’impianto attraverso cavi sottomarini. Al
momento però mancano partner europei pronti a investire nel progetto.Analogo progetto in Marocco. Nel deserto il governo vuole sviluppare una centrale in grado di
produrre 490 megawatt di
energia, di cui 20 grazie ai
pannelli solari. Anche Egitto,
Tunisia e Libia hanno intenzione di progettare impianti
dello stesso tipo. I governi
africani sono infatti convinti che i paesi europei non potranno raggiungere l’obiettivo del 20 per cento di energia pulita con il solo mercato interno e dovranno quindi rivolgersi all’estero per acquistare l’energia di cui hanno bisogno. E solo il mare separa l’Africa dall’Europa.
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Rinnovabili / Le alternative
Energie pulite. Ne parliamo con Andrea Molocchi dell’associazione Amici della Terra
Biomasse, patrimonio non sfruttato
In particolare incentiverebbe lo sviluppo delle rinnovabili termiche
EOLICA
Sulle pale
non si discute
Regione Toscana
all’avanguardia
Dai mulini a vento che trasportavano acqua o muovevano macine per triturare cereali si è passati alle centrali eoliche di nuova generazione. Queste utilizzano macchine di due tipi: i generatori ad asse verticale, indipendenti dalla direzione del vento, e
quelli ad asse orizzontale, in cui il rotore si
orienta in perpendicolare al vento. La loro costruzione però non riceve unanime consenso
a causa dell’impatto paesaggistico, del rumore e della pericolosità delle pale per i volatili. In Italia lo sfruttamento dell’energia eolica prevede una produzione centralizzata in
impianti posti in luoghi alti e ventilati e un decentramento energetico che consente ad
ogni comune di avere centrali di piccola taglia, composte di 1-3 turbine da 3-4 megawatt, in grado di produrre l’energia necessaria agli abitanti. Il tempo di installazione di
un impianto eolico è più breve rispetto a quello delle centrali idroelettriche o termoelettriche: fatti i rilievi sul campo per misurare velocità del vento e potenza elettrica producibile, occorre solo trasportare le pale e fissarle
al suolo. Secondo molti esperti, è l’energia
rinnovabile con il miglior rapporto fra costi e
rendimento ma la mancanza in Italia di una
legge quadro o testo unico in materia ne rallenta la diffusione rispetto all’estero.
Si basa sulla produzione di calore natrale della Terra, è la specialità di Islanda e California, grazie a fiordi e geyser, ma il primo
uso per produrre energia elettrica è merito di
un italiano, il principe Piero Ginori Conti. Nel
luglio 1904, sfruttando il vapore, sperimentò
il primo generatore geotermico a Larderello,
Pisa, dove ancora oggi si produce energia
elettrica al pari della zona di Siena e Grosseto.
Questa energia costituisce meno dell’1 percento della produzione mondiale tuttavia il suo
potenziale, se ben sfruttato, sarebbe davvero elevato: secondo alcuni studi, potrebbe
soddisfare il fabbisogno energetico planetario per i prossimi 4000 anni. I giacimenti geotermici sono posti spesso a profondità così
elevate da impedirne il pieno sfruttamento,
così occorre creare prima serbatoi dove il calore terrestre è stipato a bassa profondità. Esistono diversi sistemi geotermici, ma attualmente vengono sfruttati a livello industriale
solo i sistemi idrotermali, costituiti da formazioni rocciose permeabili, in cui l’acqua piovana e fluviale viene scaldata da rocce ad alta
temperatura. L’uso di questa energia comporta vantaggi come l’inesauribilità in tempi
brevi, se sfruttato in modo razionale, e un basso inquinamento ambientale, soprattutto
grazie a verifiche annuali.
BIOMASSE
Non solo da foreste
anche da coltivazioni
Oltre alla legna, è possibile produrre
energia termoelettrica anche attraverso altri prodotti organici che in più limitano le
emissioni di Co2. La biomassa forestale,
prodotta da legna, pellet e cippato, è utilizzata per alimentare caldaie ad alto rendimento che forniscono acqua calda per riscaldamento e sanitari. Ma esistono anche
l’agroenergia, ottenuta da piante erbacee,
arbustive e arboree, e i biocarburanti, quali etanolo, diesel, metanolo, dimetiletere,
idrocarburi sintetici, idrogeno e oli vegetali, derivati da canna da zucchero, barbabietole, mais, girasole, colza e soia e utilizzati come combustibile per motori endotermici, in sostituzione della benzina, riscaldamento e produzione di energia elettrica. In Italia esistono impianti di teleriscaldamento, che utilizzano la segatura delle segherie e il cippato di legni di scarso valore commerciale, soprattutto in Val Pusteria, ma anche centrali a biomassa a Dobbiaco e in altre località dell’Italia settentrionale e meridionale, che producono energia
termoelettrica per imprese e cittadini. Lo
sfruttamento delle biomasse, oltre al potere calorifico moderato, è limitato però anche
dalla scarsa disponibilità fuori stagione delle materie prime e dalla carente resa per ettaro rispetto ai combustibili tradizionali.
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BIOTERMICA
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L’ALTERNATIVA Nello stesso contesto le quattro differenti sorgenti di energia pulita
«I
l Piano d’azione nazionale per le fonti
rinnovabili, pubblicato lo scorso giugno dal
ministero dello Sviluppo economico, è superato». A sostenerlo è Andrea Molocchi,
responsabile del Settore Studi dell’associazione ambientalista Amici della Terra. «Gli
obiettivi indicati nel piano e
riguardanti i macrosettori
dell’elettricità, del riscaldamento/raffreddamento e dei
trasporti – prosegue lo studioso – non corrispondono a
quanto il piano stesso prevede circa la necessità di riequilibrare gli interventi sulle
fonti rinnovabili. Si basa su
numeri che derivano da una
vecchia impostazione, troppo
elettrocentrica, orientata a
promuovere le rinnovabili
per la generazione elettrica».
Su cosa si dovrebbe puntare invece per migliorare la
situazione?
«Occorrerebbe sviluppare
le biomasse, soprattutto da recupero di residui, e le rinnovabili termiche. Queste tecnologie in particolare sfruttano l’energia a bassa temperatura dispersa nel suolo,
come nel caso della geotermia, o nelle acque e nell’aria,
tramite pompe di calore. Inoltre costano meno rispetto
alle tecnologie per la generazione elettrica e, a parità di risultato, incidono in misura
inferiore sui costi degli utenti e sulle casse dello Stato».
Questo ritardo sul rinnovabile è più un problema
di malgoverno o di mentalità
dei cittadini?
«C’è soprattutto una responsabilità di sistema. Siamo contenti che l’Italia sia
riuscita a realizzare in tempo
un piano nazionale in attuazione della legislazione
europea, ma purtroppo è stato uno sforzo organizzato
male: nel piano mancano
completamente le valutazioni economiche. Non c’è
un’analisi trasparente di
quanto costano le varie tipologie di fonti rinnovabili e
quindi non c’è neanche
modo di stabilire il giusto incentivo da dare agli utenti per
l’acquisto e lo sviluppo di
Costano meno rispetto
alle tecnologie
per produrre elettricità
queste fonti».
Come giudica la situazione italiana rispetto a
quella di altri paesi europei?
«Questa sottovalutazione
del potenziale delle rinnovabili termiche accomuna tutti i paesi europei. Ci sono nazioni in cui il potenziale è
maggiore o semplicemente
studiato meglio e altre in cui
la situazione è peggiore: l’Italia non è isolata in questo
frangente. Alcune fonti rinnovabili, come le pompe di
calore elettriche, però, sono
più idonee all’Italia e alla sua
fascia climatica rispetto ad alPagina a cura di Marco Maimeri
tri paesi europei e quindi andrebbero incentivate di più».
Il suo giudizio sullo sviluppo in Italia delle energie
rinnovabili è abbastanza negativo. Esistono realtà virtuose sul nostro territorio?
«Il nostro paese continua
a perseguire una politica
miope e settoriale, non integrata all’efficienza e al risparmio energetico: un’attenzione maggiore verso questi aspetti permetterebbe invece la riduzione di emissioni di Co2 e costi esterni dell’inquinamento. Sul territorio
ci sono realtà virtuose ma il
merito va alle politiche locali. Per quanto riguarda, ad
esempio, il sistema delle detrazioni fiscali al 55 percento sui piccoli interventi nell’edilizia a scopo di efficienza energetica, i cittadini del
Nord spendono di più rispetto a quelli del Sud, ma
questo non dipende da un fenomeno di maggior convenienza climatica, quanto dalla non conoscenza, da parte
degli utenti meridionali, delle opportunità di risparmio
energetico offerte dalle nuove tecnologie. Puntando sull’efficienza energetica, è possibile ammortizzare negli
anni i costi per la costruzione degli impianti, eppure il
consumatore medio questo
non lo sa e quindi, non avendo una percezione precisa dei
vantaggi, tende a non investire in tecnologie che alla
fine gli farebbero risparmiare energia e denaro».
POMPE DI CALORE
Ottime per uffici
e abitazioni private
Le più note sono i refrigeratori e i condizionatori d’aria: si parla spesso di pompa di
calore intendendo i condizionatori a valvola reversibile in grado di cambiare direzione di scorrimento del fluido refrigerante così
da permettere di estrarre e riversare calore
all’interno o all’esterno di un edificio, a seconda della stagione. In comune hanno il fatto di trasferire calore da un corpo a temperatura più bassa a un altro a temperatura più
elevata, utilizzando energia perlopiù elettrica. Le pompe di calore funzionano grazie a
diversi principi fisici ma sono classificate in
base alla loro applicazione: si distinguono per
trasmissione, fonte e dispersore di calore oppure per essere macchine refrigeratrici.
Quando si confrontano le prestazioni di una
pompa di calore, non si parla di efficienza ma
di resa, misurata dal coefficiente di prestazione che indica il rapporto fra energia
resa ed energia consumata. In genere, risulta
più efficiente nel riscaldamento che nel raffreddamento, dato che spreca sempre una
parte dell’energia in calore e questa può essere recuperata come calore di riscaldamento. Per questo motivo, le pompe di calore commerciali, ad aria o geotermiche,
stanno diventando una valida scelta per il riscaldamento di uffici e abitazioni private, insieme alle caldaie termiche.
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Oro Blu / Il fenomeno
L’Italia è la prima
in Europa:
12 miliardi di litri
l’anno. Utilizzate
350 mila tonnellate
di Pet.
Per produrle oltre
660 mila tonnellate
di petrolio
DOVUNQUE Bevande in bottiglie di plastica, per tutti e in tutto il mondo. Le foto sono tratte da “Safe Water”, servizio di un blog Usa.
Una plastica ci seppellirà
Sono alti i costi sociali: rifiuti e inquinamento atmosferico
Vito Miraglia
Sono stati più di 12 i miliardi di litri d’acqua imbottigliata nel 2008 in Italia. Di
questi 11 miliardi sono destinati al consumo interno. Siamo tra i primi utilizzatori al
mondo di minerale in bottiglia. Con noi gli americani,
che in più consumano litri e
litri di bibite gassate. Per le associazioni che tutelano l’ambiente però, dietro la quantità di litri di acqua in bottiglia
si nascondono costi sociali
molto alti: valanghe di rifiuti
e inquinamento atmosferico.
Nel 2008, gli statunitensi
hanno mandato giù 26 miliardi di litri d’acqua che diventano 28 miliardi di bottiglie di plastica. In Italia invece, per gli oltre 12 miliardi di
acqua consumata, si sono utilizzate 350 mila tonnellate
di plastica, senza contare gli
imballaggi, e oltre 660 mila
tonnellate di petrolio per produrla. Da aggiungere l’inquinamento imputabile al trasporto dal luogo di produzione a quello di consumo.
ECCO COME SI È RIDOTTO L’OCEANO PACIFICO
DISCARICA La superficie marina invasa da bottiglie di plastica, in uno scatto del 2004
Dai supermercati italiani escono 15 miliardi di bottiglie in
Pet ogni anno e solo il venti
per cento è riciclato. Oggi
l’Italia è il primo paese in Europa in termini di consumo
pro capite di acqua in bottiglia.
Sono 194 i litri bevuti dagli italiani in un anno, secondo
l’Annuario Bevitalia (dati del
2008). Poco più di mezzo litro
al giorno. Nel 1985 erano circa 65 litri. In più di vent’anni
la quantità è triplicata. Nel nostro paese oltre il 90 per cento delle famiglie beve in bottiglia e il ritorno al rubinetto
sembra ormai un traguardo
lontano. In base a un’indagine
di Mineracqua, l’associazione
di produttori di acque minerali
infatti, più della metà degli intervistati ritiene che l’acqua minerale sia fondamentale per la
salute fisica.
In un primo momento, di
fronte alla presa d’atto dei
problemi legati al consumo di
acqua minerale, le aziende
hanno ignorato le critiche
per poi cavalcare l’ondata di
sensibilizzazione. È stato lanciato il consumo responsabile che ha vestito la ricerca del
profitto con un abito ecologico. Ed ecco quindi le “bottiglie verdi” e il trasporto ferroviario per diminuire l’impatto sulla qualità dell’aria.
Solo uno tra i più importanti produttori di acqua minerale ha sostituito la plastica derivata dal petrolio con la plastica derivata dall’amido di
mais. Una plastica biodegradabile al cento per cento in ottanta giorni.
“Nella vostra casa non fate
mai mancare, per voi e per i
vostri bambini, Acqua San
Pellegrino!” raccomandava
un Carosello televisivo degli
anni 60. L’Italia stava cambiando e con lei le nostre
abitudini alimentari. La pubblicità dettava i nuovi consumi: da quarant’anni stiamo
riempiendo le discariche di
plastica perché l’acqua del
rubinetto non ci piace più.
Le multinazionali più forti e le etichette più vendute, da Nestlè a Coca Cola
Nel mondo una cascata di miliardi
Enrico Messina
I MARCHI Evian è il più prezioso, Aqua quello più venduto
Reporter
nuovo
Vale circa 25 miliardi di euro il business mondiale dell’acqua in bottiglia. Ed
è destinato a crescere: negli ultimi dieci anni si è incrementato con un ritmo
medio del sette per cento all’anno. A spartirsi l’enorme torta, le multinazionali del
settore alimentare: Nestlè e Danone
sono rispettivamente al primo e al secondo posto nel mercato mondiale. Altre protagoniste di questo florido business sono Pepsi, Coca Cola, San Benedetto, Ferrarelle, Cogedi.
Nestlè waters, la “divisione acque” del
colosso svizzero, possiede un quarto del
mercato mondiale e ha fatturato nel 2009
quasi 6 miliardi di euro. È proprietaria
del marchio Perrier, che vale da solo 673
milioni di dollari, e dei marchi Pure life
e Poland spring, che sono in seconda e
in quinta posizione tra le marche di acqua in bottiglia più vendute e valgono
455 e 355 milioni di dollari, cioè sono
il quarto e il settimo brand del settore tra
i più “quotati” del pianeta. È ancora Nestlè a chiudere questa classifica, con i
marchi Lievissima, Vittel e Contrex,
che valgono rispettivamente 331, 303 e
271 milioni di dollari.
Dal canto suo, la Danone water division ha fatturato nel 2009 2,6 miliardi di
euro e possiede circa l’8,5 del mercato
globale. È proprietaria del marchio
Evian, che è il brand più prezioso: vale
768 milioni di dollari ed è la nona acqua
più commercializzata. Danone imbottiglia anche la più venduta al mondo:
Aqua, che la multinazionale francese destina al mercato indonesiano. Sono della Danone, inoltre, il marchio Volvic e il
marchio Bonafont, rispettivamente il
quarto brand più prezioso (vale 510 milioni di dollari) e l’ottava bottiglietta più
comprata del pianeta.
Pepsi e Coca Cola seguono a distanza. Pepsi possiede i marchi Aquafina (terzo brand più valutato del settore: 633 milioni di dollari) e Electropura, che sono
la terza e la quarta marca tra le più vendute. Coca Cola è proprietaria di Ciel e
Dasani (sesto brand per valutazione: 447
milioni di dollari), al sesto e al settimo
posto nella classifica vendite.
NUOVI TREND
Minerali
anche
à la carte
La nuova frontiera della commercializzazione
delle bottigliette d’acqua
è l’acqua-bar. Raffinati e
accoglienti, le “acquateche” sono nate da circa
un decennio e sempre
più si vanno diffondendo
nel mondo. Dentro si
possono trovare acque
provenienti da tutte le
parti del pianeta. Se chiedi al gestore, ti dirà che
ognuna ha un sapore diverso e, se ti mostri confuso davanti all’infinito
elenco di marche disponibili, non esita a indicare quella che fa al caso
tuo, magari abbinandola
al pasto che hai ordinato.
A Tokyo, il Sibu Ikebucuro produce ghiaccetti realizzati con le acque più particolari, con i
quali allungare i cocktails.
A Parigi, il Bar a Bulles offre etichette provenienti
da otto paesi europei,;
mentre nel Water bar de
chez Colette il cliente
deve scegliere fra più di
100 marche da abbinare
al pasto che sta consumando. A Montreal, da
Exos, l’acqua diventa cosmetico: è possibile acquistare il prezioso profumo realizzato con l’acqua del Mar Morto. A
Kansas l’acqua è la protagonista degli “aperitivi
salutisti”.
Anche Roma non si è
fatta mancare la sua acquateca. Anzi, la Città
eterna è stata pioniera:
l’“Aquastore” accanto alla
stazione Termini è nato
dieci anni fa. Dentro al
negozio si trova un touch
screen: introduci i tuoi
dati (età, sesso, abitudini…) e il computer ti
indica qual è l’acqua che
fa per te.
E. M.
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Oro Blu / Fonti e trasporto
Da nord a sud il lungo viaggio delle minerali per raggiungere i punti vendita in tutta Italia
Quasi 1000 chilometri per un sorso
L’odissea della Lilia: dal Vulture a Torino in Tir. E i prezzi lievitano
Cosa c’entra l’acqua minerale
con l’inquinamento atmosferico?
Presto detto. Stappate una bottiglia.
Versate l’acqua nel bicchiere e giù
tutto d’un fiato. Un gesto semplice.
Proprio come bere un bicchiere
d’acqua. Eppure senza accorgervene avete prodotto, se pur indirettamente, polveri sottili. Prima di approdare sulle nostre tavole, infatti,
l’acqua compie un vero e proprio
viaggio. Dalla sorgente all’imbottigliamento, per poi essere caricata sui
camion e spedita in tutta Italia. E il
trasporto su gomma è uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico. In particolare, i veicoli pesanti che trasportano le bottiglie rappresentano il 23 per cento
delle emissioni di PM10 nell’atmosfera. Dai dati raccolti da Legambiente nel rapporto «Un paese in
bottiglia», prendendo in esame gli
studi di Mineracqua e Altreconomia, si evince che l’82 per cento dell’acqua minerale italiana si sposta
lungo la rete autostradale, mentre il
restante 18 per cento viaggia su ferrovia.
Solo per fare qualche esempio. La
Levissima, dall’arco alpino di Cepino Valdisotto, provincia di Sondrio, raggiunge i supermercati di Napoli dopo 894 chilometri. Non è da
IN BOTTIGLIA
Nel nostro Paese si
contano 189 fonti e
304 marchi, che
immettono sul
mercato 12 miliardi
di litri d’acqua
minerale
imbottigliata
all’anno. L’82 per
cento viene
distribuita nei punti
vendita attraverso la
rete autostradale
determinando un
incremento dei
prezzi delle bottiglie
meno l’acqua Lete, che da Pratella,
vicino Caserta, risale a bordo dei tir
861 chilometri per essere venduta a
Milano. La San Pellegrino, dalle
omonime Terme in provincia di
Bergamo, viaggia per 627 chilometri prima di approdare sulle tavole
dei romani. E ancora 432 chilometri per la Rocchetta, da Gualdo Tadino (Pg) a Genova, e 419 chilometri
da Riardo a Firenze per la casertana
Ferrarelle. Ma il dato più eclatante
è quello dell’acqua Lilia, che dalle
fonti del Vulture in Basilicata, percorre ben 978 per arrivare a Torino.
Un’odissea rispetto ai chilometri
zero degli acquedotti cittadini. In Italia si contano 189 fonti e 304 marchi, che immettono sul mercato 12
miliardi di litri d’acqua imbottigliata. Se moltiplichiamo il fenomeno
per i 154 miliardi di litri prodotti in
tutto il mondo ci si può rendere facilmente conto delle ripercussioni
sulla qualità dell’aria.
A risentirne, però, non è solo la
salute, ma anche le tasche dei consumatori. Difatti, la principale voce
di costo nel prezzo dell’acqua è
proprio quella del trasporto. Un litro di minerale in bottiglia praticamente vale circa quanto mille litri di
acqua del rubinetto. E il guadagno
è tutto per le aziende produttrici,
considerando le cifre irrisorie che pagano per le concessioni di prelievo.
In assenza di una legge nazionale in
materia (dopo il Regio decreto n.°
1443 del 1927, che fissava un canone
Dopo quella minerale e di sorgente, arrivano l’acqua potabile e da tavola
annuo pari a 5 lire per ogni ettaro,
il Decreto del presidente della Repubblica n.° 61 del 1977 ha demandato le competenze alle regioni) ogni amministrazione regionale
legifera in modo autonomo. Ma il
quadro normativo è carente. Solo
otto regioni prevedono un pagamento proporzionale agli ettari in
concessione e ai litri prelevati o imbottigliati: Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte,
Umbria e Veneto. Anche se per lo
più si tratta di cifre molto basse, fino
a un massimo di due euro per il Lazio e tre euro per il Veneto. Nelle resto d’Italia, invece, si paga o solo in
base ai volumi d’acqua o solo in base
agli ettari, a volte con canoni forfettari. Tranne in Campania, Friuli
Venezia Giulia, Molise, Sardegna e
Valle d’Aosta, dove il canone è ancora regolato dal Regio decreto.
Peggio ancora in Molise, dove non
è previsto alcun tipo di tassazione.
A fronte degli incassi delle società
imbottigliatrici, in un mercato in grado di generare un volume d’affari di
2,2 miliardi di euro, alle regioni spetta solo una piccola fetta della torta:
circa lo 0,6 per cento. Un “obolo”
non sufficiente neanche per pagare
le spese di gestione amministrativa
delle concessioni.
LA NORMATIVA
Ogni bottiglia ha le sue regole
Dettate dall’Unione Europea
le direttive più importanti
Si fa presto a dire acqua. In
fondo dentro al bicchiere le acque sembrano tutte uguali. Al
massimo il consumatore medio
riesce a distinguere quella liscia
da quella “con le bollicine”. Eppure dietro a ogni singola goccia c’è un complesso apparato
di norme che, nel corso degli
anni, sono state redatte dal legislatore europeo e poi recepite dai singoli stati membri.
Da una prima denominazione che distingueva le acque
“minerali” da quelle “potabili”,
si è passati a una classificazione più complessa che individua
quattro categorie: acqua minerale, acqua di sorgente, acqua
potabile e acqua da tavola. Secondo il Decreto legislativo
105/92, in attuazione della direttiva europea 80/777/CEE
relativa all’utilizzazione e commercializzazione delle acque
minerali naturali, sono considerate acque minerali naturali «le acque che, avendo origine da una falda o giacimento
sotterraneo, provengono da
una o più sorgenti naturali o
perforate e che hanno caratte-
■ Circolare n. 17 ministero della Sanità 13/09/1991
Analisi microbiologiche di acque minerali naturali.
■ Decreto legislativo 25 gennaio 1992 n. 105
Attuazione della direttiva 80/777/CEE su utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali.
■ Decreto ministeriale 12 novembre 1992 n. 542
Criteri di valutazione delle acque minerali naturali.
■ Circolare n. 19 ministero della Sanità 12/05/1993
Vigilanza su utilizzazione e commercializzazione.
■ Decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 339
Disciplina delle acque di sorgente.
■ Decreto 11 settembre 2003
Attuazione della direttiva 2003/40/CE della Commissione relativa all’etichettatura delle acque minerali e di sorgente.
■ Decreto 29 dicembre 2003
Attuazione della direttiva n. 2003/40/CE della Commissione
sui criteri di valutazione e sui trattamenti
■ Direttiva 2003/40/CE della Commissione del 16 maggio 2003
Limiti di concentrazione e indicazioni di etichettatura.
■ Decreto 24 marzo 2005
Gamme delle acque minerali naturali e di sorgente destinate alla somministrazione.
■ Decreto 13 gennaio 1993
Metodi di analisi delle caratteristiche microbiologiche.
■ Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009
Utilizzazione e commercializzazione.
■ Circolare del ministero della Salute del 17 dicembre 2007
Revisione della Circolare n. 80 dell’8 novembre 1980 recante
“indicazioni per le sperimentazioni cliniche delle acque minerali naturali”.
Fonte: Fondazione Amga
6
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ristiche igieniche particolari e,
eventualmente, proprietà favorevoli alla salute». Con il termine «acqua di sorgente», invece, il D. Lgs 339/99 individua
le «acque destinate al consumo
umano, allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente che,
avendo origine da una falda o
giacimento sotterraneo, pro-
usi domestici o semplicemente per dissetarsi. Non deve
«contenere microrganismi e
parassiti, né altre sostanze, in
quantità tali da rappresentare
un potenziale pericolo per la salute umana». L’acqua da tavola, ultima nata nel panorama
normativo italiano, è l’acqua potabile imbottigliata, spesso in
Nel 2003 i decreti che stabiliscono l’obbligo di
specificare i componenti sull’etichetta e i valori
massimi consentiti
vengano da una sorgente con
una o più emergenze naturali
o perforate». Con il più recente D. Lgs 31/2001, infine, sono
state introdotte altre due denominazioni: l’acqua potabile e
quella da tavola. La prima è definita «acqua destinata al consumo umano», quella cioè che
esce dal rubinetto di casa e dalle fontanelle pubbliche, per la
preparazione dei cibi, per altri
boccioni o servita in caraffe nei
ristoranti. In quest’ultimo caso
deve essere indicata come «acqua potabile trattata o acqua potabile trattata e gassata».
La legislazione in materia di
acque ha messo nero su bianco la diversificazione dell’offerta,
senza però curarsi dei diretti interessati: i consumatori. «La
svolta è arrivata solo nel 2003
– spiega Giorgio Temporelli, co-
Pagina a cura di Alessio Liverziani
ordinatore scientifico per le
attività della Fondazione Amga,
istituto che studia l’acqua in tutte le sue declinazioni – con i
Decreti numero 11 del settembre 2003 e numero 29 del
dicembre 2003», in attuazione
della Direttiva europea
2003/40/CE del 16 maggio
dello stesso anno. «Le norme
hanno definito i valori massimi consentiti per i componenti delle acque minerali e hanno
finalmente sancito l’obbligo di
specificarli attraverso l’etichettatura delle bottiglie». L’etichetta diventa così una vera e
propria “carta d’indentità” dell’acqua. Dovrà indicare, infatti, oltre al nome commerciale e
alla sorgente, il grado di “frizzantezza”, determinato dal
quantitativo di anidride carbonica, e la composizione analitica con i componenti caratteristici. «Ad esempio – conclude Temporelli – quando la
concentrazione di fluoro supera
1,5 mg/l è obbligatorio indicare che il consumo continuativo non è opportuno per i neonati».
Reporter
nuovo
Oro Blu / Pubblicità e salute
Le minerali si sfidano a colpi di testimonial in spot che gonfiano i prezzi
Tutti i volti noti dell’acqua
Miss, calciatori e comici in Italia, David Bowie in Francia
Ilaria Del Prete
Bere acqua è una necessità fisiologica, quale acqua
bere invece è frutto di una
scelta precisa. Accantonato il
dilemma acqua del rubinetto
o imbottigliata, poniamo che
si propenda per quest’ultima.
I più pratici scelgono in base
al prezzo, a seconda delle
offerte del supermercato o
della disponibilità del momento, altri hanno bisogno di
un incentivo per preferire
una marca all’altra.
Ad aiutare gli indecisi, interviene la pubblicità, forte discriminante nelle variazioni di
prezzo tra un’acqua e l’altra.
E così i brand con meno visibilità sono quelli più economici, mentre tra gli altri si
combatte una guerra a base di
spot e rincari.
Le martellanti campagne
insistono sulle proprietà del
prodotto, da quelle terapeutiche a quelle nutritive. E
non sono poche le aziende
che per sortire un maggiore
effetto si affidano ai volti noti
dello spettacolo, puntando
in parte sull’identificazione tra
il consumatore e la star di turno, in parte sulla garanzia di
un nome conosciuto.
Nel panorama italiano il ricorso al volto noto è una
pratica utilizzata da tempo e
SETE Nello spot per la Terrier Dita von Teese si esibisce in uno strep tease bollente
da marchi diversi.
In principio fu il volto
barbuto e rassicurante dell’alpinista Reinhold Messner,
che entrava nelle case dei telespettatori e li trasportava in
alta montagna per testimoniare la bontà dell’acqua che
da più di vent’anni è associata allo slogan “altissima, purissima, Levissima”.
Dal capostipite dall’accento tedesco, si è passati attraverso una lunga lista di
nomi famosi. Tra i più noti, la
coppia testimonial delle “ac-
que della salute” Uliveto e
Rocchetta, entrambe proprietà della finanziaria Cogedi, formata dalla bionda
Miss Italia Cristina Chiabotto e dal campione della nazionale di calcio Alessandro
Del Piero. Di volta in volta ai
due, che mostrano una forma
fisica invidiabile, si sono affiancate suore, bambini e
passerotti parlanti. Dai battibecchi della televisione, però,
Rocchetta si è trovata ad affrontare problemi ben più
seri in relazione ad uno spot
in particolare. Nel maggio
del 2009, per un breve periodo, è circolata una pubblicità in cui alla Chiabotto alta, snella, bellissima- era affiancata una donna normale,
bassina e rotondetta, che ovviamente non beveva acqua
Rocchetta. Lo spot fu ritenuto non solo umiliante, ma anche mistificatore, in quanto
l’acqua in questione non contiene proprietà dimagranti.
Per tanto l’associazione Media&Diritto, che si occupa dei
rapporti tra difesa dell’im-
magine e comunicazione,
presentò un esposto al Comitato di Controllo presso
l’Istituto per la Autodisciplina Pubblicitaria, ottenendo di
fatto il ritiro della pubblicità
ingannevole.
Abbandonata la coppia
della salute, si passa ad un altro esempio di invidiabile fisicità, il ballerino italiano di
fama internazionale Roberto
Bolle. Nello spot per acqua
Fiuggi, il virtuoso della danza classica piroetta in compagnia di una bottiglia, volendo simboleggiare il benessere che il prodotto garantisce.
Ricade invece sull’umorismo la scelta pubblicitaria
di Brio Blu, la variante frizzante di Rocchetta. L’ultima
testimonial è Paola Cortellesi, mentre andando indietro
nel tempo si trovano i comici Adolfo Margotta e Max
Tortora.
Ma l’abitudine alla star
non è solo italiana, e dalla
Francia arrivano due esempi
di riguardo. È recente il discusso spot Perrier in cui la
specialista del burlesque Dita
von Teese placa i bollenti
spiriti con la minerale; di
qualche tempo fa, la pubblicità Vittel in cui il rocker David Bowie sfugge ai suoi cloni.
Estrogeni presenti nelle bottiglie di plastica, ma anche cloro e arsenico nel rubinetto
Ormoni e veleni, le insidie nel bicchiere
Federica Ionta
Bottiglia contro rubinetto.
Nell’eterno dibattito su quale acqua bere, nessuna delle
due opzioni sembra essere
buona per la salute. Il nemico numero uno delle minerali
imbottigliate è il bisfenolo A,
o Bpa, un composto organico utilizzato nella sintesi delle plastiche. Numerosi studi
internazionali hanno documentato la presenza di questa
sostanza, dagli effetti tossici
e cancerogeni, nelle bottiglie
e nei biberon in policarbonato. Anche l’Unione Europea e l’Efsa, l’agenzia comunitaria per la sicurezza alimentare, sono intervenute
sull’argomento e oggi l’Italia
ammette la presenza di Bpa
nelle bottiglie di plastica sulla base di uno studio, che fissa a 0,05 milligrammi per chi-
Reporter
nuovo
lo di peso corporeo la soglia l’Italia – spiega l’avvocato stata richiesta per alcune aree
di tollerabilità per l’uomo.
Cristina Tabano del Coda- geografiche delle regioni
Ma quali sono gli effetti cons – perché esiste una nor- Campania, Lazio, Lombarpiù pericolosi di questa so- mativa comunitaria che re- dia, Toscana, Trentino Alto
stanza? Il Bpa mima l’azione gola la presenza di sostanze Adige e Umbria ma, fa notare
degli estrogeni e quindi agi- pericolose nell’acqua pota- l’avvocato, «dovrebbe essere
sce come un ormone esterno bile ma sei regioni italiane concessa solo per consentiall’organismo umano: intro- continuano a chiedere delle re alle regioni di adeguarsi
dotto in quanalla legge e
tità elevate
non
per
Il Codacons: «L’acqua in bottiglia è un costo temporegpuò alterare
l’attività delgiare». Anin più per il cittadino,
l’apparato encora più
docrino e inche già paga l’acqua del rubinetto in bolletta» grave la
terferire con lo
mancata insviluppo sesformazione
suale della persona. Tra i più deroghe per superare questi da parte delle stesse regioni:
temuti effetti del Bpa ci sono limiti». Tra le sostanze sotto «Le leggi nazionali e comuil ritardo nello sviluppo ce- accusa ci sono il cloro, il so- nitarie prevedono che sia
rebrale del feto e l’infertilità dio e l’arsenico, la cui inge- fatta informazione alla pomaschile.
stione per periodi continua- polazione sui livelli delle soNon sempre, però, prefe- tivi può portare al cancro ai stanze pericolose presenti
rire l’acqua di rubinetto fa polmoni, alla pelle, al fegato nell’acqua – spiega l’avvocabene alla salute. «E’ attual- e ad altri organi interni, al- to – ma ciò non avviene».
mente in corso un procedi- l’iperpigmentazione e a diSe l’acqua in bottiglia è una
mento di infrazione contro sturbi circolatori. La deroga è spesa in più per i consuma-
tori, perché si somma al costo della bolletta, anche il business delle caraffe che depurano l’acqua del rubinetto
costituisce un aggravio. «Tutto questo senza contare il
discorso del chilometro zero,
cioè dei costi per l’inquinamento che provoca l’acqua
confezionata per le operazioni di trasporto e stoccaggio», prosegue Tabano.
Nel caso specifico della
minerale imbottigliata, cosa
fare se si avvertono alterazioni nell’odore o nel sapore? «In questi casi è buona
norma recarsi alla Asl di
competenza con un campione, affinché le analisi chimiche verifichino l’eventuale presenza nell’acqua di sostanze tossiche – conclude
Tabano – L’aspetto economico del risarcimento danni
è successivo».
SPONSOR
Ferrarelle
si dà
alla cultura
Prendendo le distanze
dalle concorrenti, che sponsorizzano manifestazioni
sportive, Ferrarelle si dà alla
cultura. È l’acqua ufficiale
del Teatro alla Scala di Milano e spesso si lega a eventi artistici, l’ultimo è la mostra
“Ulysses Sindrome”.
Per Perrier
la manna
dal tennis
La minerale francese è
dal 1928 sponsor del torneo
di tennis Roland Garros, vetrina internazionale ma anche grosso mercato: durante gli open, ogni due settimane si vendono 57 mila
bottigliette verdi agli spettatori, a cui si aggiungono le diciottomila degli atleti.
Con Uliveto
non solo
la nazionale
Ricca di sali minerali, Uliveto punta sullo sport, ma
non è solo l’acqua ufficiale
della nazionale di calcio italiana: da anni sostiene la
campagna di prevenzione
e di protezione della salute
digestiva promossa da
A.I.G.O., Associazione Italiana di Gastroenterologia.
Placa la sete
di 14 team
di baseball
L’americana Acquafina è
“assetata di baseball”, è infatti l’acqua ufficiale della
MLB, la lega professionistica
nordamericana nonché il
campionato di più alto grado
al mondo. Quattordici i team
preferiti, tra cui i New York
Mets e i Los Angeles Angels.
Limpida
dal cuore
azzurro
Lete si riconferma main
sponsor della SSC Napoli
per la stagione 2010/2011. Il
marchio campeggia sulle
uniformi sia nelle competizioni nazionali che in Europa
League. Tra gli impegni sportivi, anche il Giro d’Italia e la
Coppa del Mondo di sci.
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Oro Blu / Le alternative
Dall’Australia agli Usa le città riscoprono l’acquedotto. Nonostante le campagne sul web
Contro la plastica, il rubinetto
In Italia la parola d’ordine è “Imbrocchiamola”. Ma c’è anche la Coop
Davide Maggiore
La rivolta (democratica)
contro la plastica ha un nome:
Bundanoon. La cittadina australiana, 2500 abitanti, ha
deciso da oltre un anno di
bandire l’acqua nelle bottiglie di Pet dagli scaffali dei suoi
negozi. All’assemblea che ha
preso il provvedimento hanno partecipato circa in quattrocento: solo due hanno votato contro. Comprensivi i
negozianti, che comunque
hanno già un’alternativa: sempre acqua, ma in vetro. E soprattutto, proveniente dall’acquedotto pubblico. La stessa che scorre già nei rubinetti degli abitanti di “Bundy”.
Nonostante una contro-campagna su Internet, l’esempio
che viene dall’Australia è stato seguito perfino negli Stati
Uniti. Dove gli uffici pubblici di San Francisco faranno a
meno delle bottiglie di plastica, escluse anche dagli empori
di Concord, Massachussets.
All’estero, insomma, si scopre la bellezza del rubinetto,
e anche in Italia le iniziative
per promuovere l’ “acqua del
sindaco” fioriscono ormai da
qualche anno. Coinvolgendo
magari chi il sindaco, lo fa (o
l’ha fatto) davvero. Il primo
cittadino di Verona, Flavio
Tosi, è andato sulle tv locali a
raccontare la bontà della “sua”
acqua. E anche Massimo Cacciari, quando amministrava
Venezia, apparve su manifesti
analoghi, barba da filosofo e
caraffa in mano.
Proprio la caraffa è protagonista di una delle più im-
BARCACCIA
Una turista
beve alla fontana
di Piazza
di Spagna
a Roma.
A sinistra il logo
della campagna
lanciata
dalla rivista
Altreconomia
portanti e fortunate iniziati- perfettamente potabile. Come gici, poiché tutte le fasi del cive nostrane per favorire l’uso mostra il dossier 2010 di Le- clo di distribuzione sono ad
dell’acqua di rubinetto. Si gambiente (partner di Altre- impatto zero. Tra gli obiettiintitola “Imbrocchiamola”, conomia nell’iniziativa), evi- vi di “Imbrocchiamola” ane l’ha lanciata la rivista Al- denziando come l’acqua del che l’eliminazione delle bottreconomia. Sul cui sito, oltre rubinetto debba superare fino tigliette dalle mense scolaa molti dati, si può trovare (e a 5 controlli all’anno, che stiche e la diffusione di una
aggiornare)
corretta inun elenco di
formazione
L’ “acqua del sindaco” è sicura, economica ed sulla quetutti i ristoranti italiani
stione.
anche ecologica, secondo i dati
che, al posto
L’ a r g o contenuti nell’ultimo dossier di Legambiente mento delle
dell’acqua minerale, mettoalternative,
no nella brocinsomma, è
ca quella dell’acquedotto: prendono in considerazione diventato sensibile, al punto
1400, in poco meno di tre 62 parametri. Ma i vantaggi da interessare persino chi
anni, quelli certificati. I pro- sono anche economici (i 200 dell’acqua ha sempre fatto
motori della campagna fanno metri cubici, 200 mila litri, una voce di bilancio, come la
notare che nessuna legge ob- consumati in media al mese, grande distribuzione. È il
bliga a servire acqua confe- non solo per uso alimentare, caso della Coop, che, pur imzionata e che, anzi, in quasi costano alle famiglie italiane bottigliando e vendendo una
tutta Italia quella corrente è meno di 20 euro) ed ecolo- propria minerale, ha lancia-
Inaugurata a Parigi ‘La pétillante’, un progetto sviluppato in Italia
Fontanelle con le “bollicine”
Eloisa Moretti Clementi
È stata inaugurata a settembre e ha fatto impazzire
i parigini, che da un mese si
mettono in fila per il piacere di bere acqua frizzante dai
suoi rubinetti. La nuova fontanella pubblica si chiama La
pétillante, la ‘frizzante’, e si
trova a Parigi nel Jardin de
Reuilly. La prima in Francia,
distribuisce gratuitamente
acqua temperata o fresca,
ma soprattutto con le bollicine. Frutto della collaborazione tra imprese pubbliche
europee riunite nella rete
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Aqua Publica Europea, il
progetto francese si è ispirato a un’innovazione tutta
italiana: il concetto della
Casa dell’Acqua, sviluppato
a Milano.
In Italia quella delle fontanelle – che a Roma chiamano “nasoni” – è un’antica
tradizione che conta oggi circa 215 esemplari, mentre in
Francia si tratta di una novità che attira tanti curiosi. La
fontana parigina è stata ingabbiata in un elegante chiosco e funziona gratuitamente nelle ore di apertura del
parco, fornendo in media
3500 litri d’acqua al giorno, di
cui «circa la metà è frizzante,
permettendo così di risparmiare 2300 bottiglie di plastica da 1,5 litri al giorno»
spiega il portavoce di Eau de
Paris. Per ora la fontanella del
Jardin de Reuilly è l’unico
esemplare parigino, ma Anne
Le Straat, collaboratrice del
sindaco socialista Bertrand
Delanoe, ha espresso la volontà del municipio di Parigi di moltiplicare i punti d’acqua frizzante nella capitale:
«Molti parigini mi hanno
detto che consumerebbero
più acqua se fosse gassata».
In Italia non mancano, invece, le iniziative in tal senso. Dalla Toscana, alla Sardegna, dal Parco delle Cinque
Terre alla Lombardia, dal Lazio all’Umbria, sono numerosi
i Comuni che offrono, gratis
o a costo simbolico, acqua depurata e gassata ai cittadini.
Nel milanese, accanto alle
fontanelle e ai ristoranti che
offrono acqua del rubinetto,
consultabili nella mappa del
sito Inborraccia.org, è disponibile da fine agosto un servizio di erogazione gratuita di
acqua naturale e frizzante
targato Ikea.
to una campagna intitolata
“Acqua di casa mia”, costo un
milione di euro. L’obiettivo è
sempre quello, incentivare
l’uso dell’acqua di rubinetto
per ridurre l’impatto ambientale. Ma, fanno notare i
puristi, la grande catena ha
anche pensato agli affari: sugli scaffali mette infatti in
vendita una “caraffa filtrante
a uso domestico”. L’alleanza
involontaria ecologisti-supermercati, in effetti, suona
strana, ma preoccupa i signori della bottiglia, che oltre alle battaglie civili ora
devono affrontare anche un
avversario che punta a strappare preziose quote di mercato. E il consumatore, forse
un po’più consapevole, attende nel mezzo.
DAGLI USA
“Nuova” idea:
nel tetrapak
Si usa per succhi di
frutta, latte, addirittura
vino. Allora, perché non
mettere nel tetrapak anche
la minerale? L’idea è di un
gruppo di giovani imprenditori del Michigan
che hanno fondato nel
2009 la compagnia Boxed Water. I vantaggi dell’acqua “inscatolata” da
una sorgente del Minnesota? Il contenitore è riciclabile e per ogni albero
abbattuto per il tetrapak se
ne pianta un altro. In più,
il 20 per cento dei profitti degli oltre 80 punti vendita in cinque Stati Usa andrebbe a iniziative ambientaliste. In realtà, anni
fa, l’acqua in bric era già
comparsa in Italia, senza
troppo successo. Forse
andrà meglio agli emuli
americani, su cui però
qualcuno ha già dei dubbi. Le strutture per riciclare il tetrapak, notano gli
ecologisti, non sono ovunque e in più, proprio come
per le bottiglie in plastica,
non se ne possono ottenere nuovi contenitori.
Ma l’obiezione più forte è
la solita e arriva dai blog
della Rete: perché pagare
se dal rubinetto si beve
bene e quasi gratis?
D. M.
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