Sì al solare ma con ombre Patrimonio non sfruttato
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Sì al solare ma con ombre Patrimonio non sfruttato
Anno IV - Supplemento al Numero 2 Reporter 15 Ottobre 2010 nuovo Fotovoltaico Sì al solare ma con ombre Biomasse Patrimonio non sfruttato ***************** Oro Blu Una plastica ci seppellirà Bottigliette Quei mille km per un sorso LE ENERGIE DEL FUTURO SOLE, VENTO, ACQUA: LE ALTERNATIVE SOSTENIBILI PER SALVARE IL PIANETA Rinnovabili / In Italia Successo del fotovoltaico: in tre anni decuplicati i pannelli. Il parere degli addetti ai lavori Sì al solare, con qualche ombra «I costi di installazione recuperati in 6 anni». I condomini frenano Jacopo Matano “Sole sul tetto dei palazzi in costruzione, sole che batte sui campi di pallone”, cantava Francesco De Gregori nella “leva calcistica di classe ‘68”. Era il 1980. Trent’anni dopo i palazzi non sono più in costruzione, ma il sole che arriva ancora sui loro tetti può trasformarsi in un buon affare. Il fotovoltaico, infatti, non è soltanto quel metodo di produzione di energia pulita e alternativa al carbone e al petrolio che utilizza i raggi solari, fonte rinnovabile per eccellenza: dietro ai pannelli di silicio e cadmio installati sugli edifici c’è la possibilità di un vantaggio economico per industrie, famiglie e intere palazzine. Che può arrivare a far dimenticare la bolletta e - in alcuni casi - a far guadagnare più di qualche euro. Il meccanismo è quello del do ut des: si costruiscono i pannelli, ci si allaccia alla rete del Gse (Gestore dei servizi energetici) e si comincia a immettere l’energia prodotta, usufruendo per vent’anni di uno sconto sui kw consumati e di un reddito derivato dal surplus prodotto. Gianmarco Rinaldi - responsabile della direzione energia di una ditta romana di costruzioni che sta investendo nel solare - fa qualche conto: «Un impianto, in media, costa 15 mila euro. Il costo si può recuperare in 6-7 anni. Restano quasi tre lustri di energia a costo zero». Ci si crede? «Quando raccontiamo i vantaggi le persone si chiedono se si tratti di una truffa. Noi rispondiamo: il contratto si fa con il Gse, che è un ente statale. Non vi fidate dello Stato?». A questa domanda in tanti, in tutta Italia, hanno risposto sì. Il numero degli impianti è decuplicato in poco più di tre anni (si è passati dai 7.647 del 2007 ai 71.284 di fine 2009), e la produzione è triplicata negli ultimi due. Con Roma in testa. Il territorio della capitale, infatti, è secondo solo alla provincia di Brescia per numero di pannelli, e rappresenta il 3,6 per cento della quota nazionale. E se la visuale dall’alto di molti quartieri residenziali di Roma - dai giar- 2 15 Ottobre 2010 IL PARERE DI GIANLUCA COMIN GEOTERMICO L’impianto di Nuova San Martino in Toscana I tre grandi obiettivi del colosso Enel Quando si parla di energia viene subito in mente Enel, l’ex ente statale leader del mercato elettrico. Dal 2008 l’azienda è impegnata nello sviluppo delle rinnovabili attraverso il suo “lato” verde Green Power, società che all’inizio di novembre verrà quotata in borsa. La fonte principale dell’energia prodotta da Enel, però, rimane il carbone. Reporter Nuovo ha sentito Gianluca Comin, direttore Relazioni esterne. Comin, negli ultimi due anni l’azienda ha scommesso sul solare. Sta funzionando? «Crediamo molto nello sviluppo del fotovoltaico e l’andamento di questo mercato nel nostro Paese ci dà ragione. Tanto da voler coprire l’intera “filiera” e insieme con leader di settore come Sharp e STMicroelectronics stiamo realizzando a Catania quella che sarà la più grande fabbrica italiana di pannelli fotovoltaici e, in prospettiva, d’Europa». Ma una volta acquistati i pannelli, qual è la convenienza per un privato nell’allacciarsi alla rete e usufruire del Conto Energia piuttosto che rimanere fuori? «Senza l’allaccio alla rete il proprio impianto fotovoltaico, quando il sole non c’è si rimane al buio. E poi soltanto collegandosi si può usufruire dello “scambio sul posto” e degli incentivi». L’Enel che investe nel “green power” è la stessa azienda che punta sulla riconversione a carbone delle vecchie centrali e il primo produttore di CO2 in Italia. Una contraddizione? «No. La riconversione da olio a carbone delle nostre vecchie centrali porta a una riduzione media dell’80 per cento delle emissioni e del 18 per cento di CO2 rispetto ai precedenti impianti, come nel caso di Civitavecchia, una delle centrali più all’avanguardia nel mondo. Tra il 2000 e il 2008, le emissioni di CO2 delle centrali Enel sono scese di ben il 35 per cento». Ma si può rendere pulito il carbone? «Enel è in prima linea per lo sviluppo dei sistemi di cattura e sequestro della CO2, la tecnologia attraverso cui sarà possibile costruire centrali a carbone senza emissioni». In Italia si parla di ritorno al nucleare. E’ una scelta alternativa alle rinnovabili? «Le fonti non sono in competizione tra loro, ma complementari. Fanno parte della soluzione dell’“equazione energetica”: energia in abbondanza, a basso costo e sostenibile. Sulle rinnovabili Enel investe molto, ma bisogna dire che quell’energia non è costante né prevedibile. Per produrre l’equivalente di un reattore di terza generazione ci vorrebbero circa 15 mila ettari di pannelli fotovoltaici, 20 mila campi da calcio. Un mix equilibrato? 25 per cento rinnovabili, 25 per cento nucleare, e il resto distribuito tra carbone pulito e gas». J. M. dini dell’Aventino alle villette di Casal Palocco, dove il pannello è un must – cambia rapidamente, è ancora lontana la vera sfida del solare: i condomini. «Negli ultimi due anni abbiamo installato venti impianti su altrettanti palazzi, e gli inquilini sono soddisfatti», testimonia Rinaldi. Ma l’Aneci, l’associazione amministratori di condominio, sul tema è diffidente. «I problemi sono tanti, a cominciare dallo spazio in cui collocare i pannelli», afferma Carlo Parodi, responsabile del centro studi nazionale dell’associazione, che spiega come nessuno dei “suoi” seicento amministratori abbia ancora deciso di proporre il solare nel proprio condominio «nonostante due convegni e molti colloqui con gli istituti bancari e le aziende del settore». I costi rappresentano il freno maggiore. «Le banche vogliono troppe garanzie. Sulla carta sono disponibili, ma non concedono facilmente il finanziamento», lamenta Parodi. Per i palazzi, dunque, bisognerà aspettare ancora qualche anno. Ma se il tempo non spaventa amministratori e produttori, non spaventa nemmeno i consumatori. Il cliente tipico del contratto a vent’anni, infatti, ha una villetta privata e più di 65 anni. Pensa al risparmio che maturerà quando sarà molto anziano. O forse - e questa è un’ottima notizia - pensa anche un po’ all’ambiente. Fino a 2000 euro di risparmio l’anno con le sovvenzioni del Conto Energia Incentivi per inseguire l’Europa Eloisa Moretti Clementi La spinta decisiva per l’espansione del fotovoltaico in Italia è arrivata ad agosto, con un decreto che prevede incentivi tra i più alti del mondo: chi decide di installare un impianto connesso alla rete elettrica può ricevere fino a un massimo di 0.47 euro per ogni kilowattora prodotto per ben 20 anni. Il progetto si chiama Conto Energia e arricchisce il decreto ministeriale del 2007 che disciplina la materia. Se la precedente normativa era appesantita da tortuosi passaggi burocratici, le modifiche hanno invece snellito le lungaggini e ampliato gli incentivi, con l’obiettivo di avvicinare l’Italia ai Paesi all’avanguardia nel settore. All’inizio sembra complicato. In realtà, il concetto chiave è che il proprietario dell’impianto guadagna due volte: da una parte in modo indiretto, risparmiando sulla bolletta e a volte azzerandola. Dall’altra, attraverso gli incentivi diretti che riceve in proporzione alla sua produzione, ma solo per la quantità destinata all’autoconsumo. Per il privato, infatti, il surplus diventa oggetto del cosiddetto “scambio sul posto”, che prevede il saldo annuo tra l’elettricità immessa in rete e quella prelevata, con la possibilità di depositare dei “crediti” per gli anni futuri. La vendita dell’extra produzione, invece, è riservata ai soli possessori di partita Iva. Per 20 anni e a cadenza mensile, il proprietario che produce energia fotovoltaica viene remunerato tra 0,346 e 0,470 euro per kilowattora, in un range che premia gli impianti più piccoli e maggior- mente integrati all’edificio. Ad esempio, moltiplicando la tariffa di un impianto medio per la sua remunerazione stimata, si prevede che un utente milanese riceva mediamente 1480 euro l’anno di sovvenzioni, mentre il proprietario siciliano avrà un ritorno di 1903 euro. A pagare non sarà l’Enel, ma Gse, il Gestore dei servizi energetici nazionale. Sembra fantascienza: un guadagno di circa 40-50 mila euro in due decenni. Ma attenzione, l’impianto va innanzitutto installato, e la spesa è interamente a carico del proprietario. Il costo dell’operazione è ingente, oscillando dai 17.500 euro del Nord Italia ai 13.500 del meridione, dove è sufficiente una struttura meno potente. La scappatoia per non pagare, però, c’è: quasi tutti gli istituti bancari hanno predisposto un finanziamento che consente di partire a costo zero, mentre il recupero del prestito con i relativi interessi avviene attraverso gli incentivi erogati dal Gse. Un’offerta allettante ma da valutare in fretta, visto che i vantaggi termineranno quando in Italia saranno installati i 1200 megawatt totali richiesti dall’Unione Europea. Ad oggi, disseminati nel Paese ce ne sono già 700. Reporter nuovo Rinnovabili / Nel mondo Dal 2004 a oggi il paese asiatico ha fatto passi da gigante nel settore dell’energie rinnovabili La Cina leader dei pannelli solari Ma è la Germania a produrne di più. La Spagna è ferma al secondo posto La produzione di energia solare ha dovuto rivedere al ribasso il pianon conosce battute d’arresto. Nel no di incentivi varato negli anni pre2009 gli impianti fotovoltaici nel cedenti. Dai 0,42 centesimi per mondo sono stati in grado di prochilowattora, il governo ha tagliadurre ben 20 gigawatt di elettricità. to la quota del 25 per cento, porUno dei paesi leader nel settore neltandola a 0,32 euro. Il paese iberila produzione di impianti fotovolco si conferma comunque al setaici è la Cina. Il gigante asiatico, gracondo posto nella classifica dei zie alle sue imprese produttrici di produttori di energia solare. pannelli solari, è riuscita a immetSTATI UNITI - Anche oltreotere sul mercato elettrico 4,3 gigaceano la quota di energia elettrica watt di energia. Un grande salto in prodotta con i pannelli fotovoltaici avanti se paragonato ai soli 0,1 gicontinua a salire. Complice l’elegawatt di appena cinque anni fa. Nel zione di Barack Obama, favorevole 2004, infatti, la quota di mercato soallo sviluppo dell’energia pulita, lare cinese era meno del dieci per negli Stati Uniti si stima che l’anno cento della produzione mondiale. prossimo saranno operativi imIl merito di questo grande salto pianti per una potenza complessiva di qualità appartiene principaldi 2.000 megawatt. Nel 2015 però mente alla grande capacità produtsi raggiungerà una potenza pari a tiva delle aziende cinesi. La Suntech, 12.000 megawatt, che, nelle intenuna delle aziende leader del settozioni del governo americano, salirà re, è in grado di produrre 1.800 pan- FOTOVOLTAICO La Suntech è l’azienda cinese leader nella produzione di pannelli solari a 21.500 entro il 2020. nelli fotovoltaici in dodici ore di laGIAPPONE - Anche il Giapvoro e si stima che entro la fine del- un piano di incentivi per la produ- gawatt di energia elettrica prodotIl successo del fotovoltaico in pone ha deciso di varare un piano l’anno i tempi di produzione si zione di energia fotovoltaica. Gli im- ti da tutti gli impianti di produzio- Germania è stato reso possibile dal di sviluppo per il settore fotovolpossano accorciare ad appena una pianti saranno sovvenzionati al 50 ne fotovoltaica nel mondo. Già nel sistema di incentivi garantiti a chi taico. Il governo ha deciso di inmattinata. La forte competitività per cento se connessi alla rete elet- 2000 il parlamento tedesco si era produce energia solare. L’anno scor- trodurre l’anno scorso un piano di delle aziende cinesi ha fatto breccia trica nazionale. Gli incentivi salgo- mostrato sensibile al tema delle so questo sistema ha subito un ta- incentivi per la realizzazione di imanche in California. no al 70 per cento energie rinnovabili, approvando glio del 15 per cento, pianti solari. Sono Nel 2007, lo Stato ha dove il collegamento una legge con cui le aziende elet- in seguito alle misuprevisti sconti fiscali avviato un progetto I cinesi forniscono non sia possibile. Gli triche venivano obbligate ad ac- re di contenimento Nel 2010 gli Stati sia per i produttori di solarizzazione e il impianti devono es- quistare energia “verde” al prezzo della spesa pubbliche per gli acquirenti. alla California Uniti avranno 43 per cento dei pansere attivi entro un di 60 centesimi a chilowattora. ca. In questo modo verrà nelli solari era fabanno, rimanere funNei piani del governo tedesco, SPAGNA Noil 42 per cento impianti solari pari abbattuto il prezzo fibricato negli Stati zionanti per venti e chiunque possedesse una centrale nostante il calo degli nale del 50 per cento. dei pannelli solari devono produrre più fotovoltaica o aveva un pannello so- incentivi deciso dal a 2.000 megawatt Il paese del Sol LeUniti, mentre solo il due per cento provedi 300 kilowatt di po- lare sul tetto di casa avrebbe avuto governo tedesco, vante vuole infatti inniva dalla Cina. Dopo tenza. Secondo stime profitti. L’esperimento si è rivelato non c’è però stato il crementare la produappena due anni, la situazione si è governative, grazie a questo piano superiore alle aspettative. Si pre- sorpasso della Spagna, altro paese zione di energia da fotovoltaico a ribaltata. I cinesi forniscono infat- nel prossimo triennio la quota di vedeva che nel 2010 la quota di leader nella produzione di energia quota 1,4 gigawatt entro il 2020, ti alla California il 42 per cento dei energia solare salirà di almeno 500 energia prodotta da fonti rinnova- solare. Nel 2008 il paese iberico ha portandola a 5,6 gigawatt entro il pannelli, mentre gli americani sono megawatt di energia nel prossimo bili sarebbe stata pari al 10 per cen- sviluppato nuovi impianti per un 2030. Lo sviluppo dell’energia fofermi al 15. triennio. to, mentre invece si è assestata al 16. totale di 2,6 gigawatt contro gli 1,3 tovoltaica è una delle conseguenIntanto il governo cinese, dopo GERMANIA - Il paese leader in Forte di questo successo, il gover- della Germania. Nello stesso anno, ze del piano di abbattimento delil crollo delle vendite di pannelli fo- Europa e nel mondo nella produ- no Merkel pensa di incrementare la la capacità produttiva spagnola si è le emissioni di gas serra, che in tovoltaici a causa dalla recessione zione solare è la Germania. È qui quota di energia “verde” al 30 per arrestata sui 3,7 gigawatt contro i Giappone dovranno essere abbateconomica, ha deciso di avviare che si producono dieci dei venti gi- cento entro il 2020. 5,2 dei tedeschi. Anche la Spagna tute del 60 per cento entro il 2050. L’Africa investe sul solare e punta a esportare elettricità nei paesi europei Il fotovoltaico verrà dal deserto FUTURO In Africa si produrrà gran parte dell’energia solare Reporter nuovo Non sono solo i paesi più industrializzati a investire sull’energia solare. La Grecia, dopo aver rischiato il tracollo economico, ha deciso di varare un piano di incentivi per l’installazione di pannelli solari sia sui tetti delle abitazioni sia sugli edifici commerciali. La potenza non deve essere superiore ai 10 kilowatt e la tariffa ammonta a 0,55 euro per ogni chilowattora prodotto per un periodo di 25 anni. È previsto l’adeguamento del prezzo al tasso di inflazione annuo, ma già dal 2012 la tariffa ver- rà decurtata del cinque per cento. Chi decide di installare i pannelli fotovoltaici non pagherà imposte, ma soltanto l’Iva, fissata al 19 per cento. È previsto inoltre che le abitazioni, debbano sfruttare il sole anche per la produzione dell’acqua calda, pena l’impossibilità di ricevere l’incentivo. Importanti passi avanti nell’energia verde anche in Nepal. L’energia elettrica prodotta nel piccolo paese himalayano dipende pressoché totalmente dalle forniture di benzina che arrivano dall’India. I ritardi nei rifornimenti sono la causa principale delle interruzioni di corrente nel paese. Talvolta, in alcune zone, le interruzioni possono durare anche 16 ore al giorno, con notevoli disagi. Il governo ha quindi deciso di spendere ben 13 milioni e 400 mila dollari per l’installazione di pannelli solari nel paese. Saranno sistemati nei centri urbani e ogni famiglia verrà incoraggiata dal gover- Pagina a cura di Andrea Pala no a installarne uno. Anche nel continente africano la produzione di energia solare sta iniziando a intensificarsi. In Algeria sono partiti due anni fa, nel Sahara, i lavori per la realizzazione di una centrale ibrida in grado di sfruttare non solo il gas ma anche il sole. I pannelli, una volta ultimati i lavori, occuperanno una superficie di 180 mila quadrati e produrranno 20 megawatt di energia. Gli algerini vorrebbero vendere anche l’energia solare prodotta dall’impianto attraverso cavi sottomarini. Al momento però mancano partner europei pronti a investire nel progetto.Analogo progetto in Marocco. Nel deserto il governo vuole sviluppare una centrale in grado di produrre 490 megawatt di energia, di cui 20 grazie ai pannelli solari. Anche Egitto, Tunisia e Libia hanno intenzione di progettare impianti dello stesso tipo. I governi africani sono infatti convinti che i paesi europei non potranno raggiungere l’obiettivo del 20 per cento di energia pulita con il solo mercato interno e dovranno quindi rivolgersi all’estero per acquistare l’energia di cui hanno bisogno. E solo il mare separa l’Africa dall’Europa. 15 Ottobre 2010 3 Rinnovabili / Le alternative Energie pulite. Ne parliamo con Andrea Molocchi dell’associazione Amici della Terra Biomasse, patrimonio non sfruttato In particolare incentiverebbe lo sviluppo delle rinnovabili termiche EOLICA Sulle pale non si discute Regione Toscana all’avanguardia Dai mulini a vento che trasportavano acqua o muovevano macine per triturare cereali si è passati alle centrali eoliche di nuova generazione. Queste utilizzano macchine di due tipi: i generatori ad asse verticale, indipendenti dalla direzione del vento, e quelli ad asse orizzontale, in cui il rotore si orienta in perpendicolare al vento. La loro costruzione però non riceve unanime consenso a causa dell’impatto paesaggistico, del rumore e della pericolosità delle pale per i volatili. In Italia lo sfruttamento dell’energia eolica prevede una produzione centralizzata in impianti posti in luoghi alti e ventilati e un decentramento energetico che consente ad ogni comune di avere centrali di piccola taglia, composte di 1-3 turbine da 3-4 megawatt, in grado di produrre l’energia necessaria agli abitanti. Il tempo di installazione di un impianto eolico è più breve rispetto a quello delle centrali idroelettriche o termoelettriche: fatti i rilievi sul campo per misurare velocità del vento e potenza elettrica producibile, occorre solo trasportare le pale e fissarle al suolo. Secondo molti esperti, è l’energia rinnovabile con il miglior rapporto fra costi e rendimento ma la mancanza in Italia di una legge quadro o testo unico in materia ne rallenta la diffusione rispetto all’estero. Si basa sulla produzione di calore natrale della Terra, è la specialità di Islanda e California, grazie a fiordi e geyser, ma il primo uso per produrre energia elettrica è merito di un italiano, il principe Piero Ginori Conti. Nel luglio 1904, sfruttando il vapore, sperimentò il primo generatore geotermico a Larderello, Pisa, dove ancora oggi si produce energia elettrica al pari della zona di Siena e Grosseto. Questa energia costituisce meno dell’1 percento della produzione mondiale tuttavia il suo potenziale, se ben sfruttato, sarebbe davvero elevato: secondo alcuni studi, potrebbe soddisfare il fabbisogno energetico planetario per i prossimi 4000 anni. I giacimenti geotermici sono posti spesso a profondità così elevate da impedirne il pieno sfruttamento, così occorre creare prima serbatoi dove il calore terrestre è stipato a bassa profondità. Esistono diversi sistemi geotermici, ma attualmente vengono sfruttati a livello industriale solo i sistemi idrotermali, costituiti da formazioni rocciose permeabili, in cui l’acqua piovana e fluviale viene scaldata da rocce ad alta temperatura. L’uso di questa energia comporta vantaggi come l’inesauribilità in tempi brevi, se sfruttato in modo razionale, e un basso inquinamento ambientale, soprattutto grazie a verifiche annuali. BIOMASSE Non solo da foreste anche da coltivazioni Oltre alla legna, è possibile produrre energia termoelettrica anche attraverso altri prodotti organici che in più limitano le emissioni di Co2. La biomassa forestale, prodotta da legna, pellet e cippato, è utilizzata per alimentare caldaie ad alto rendimento che forniscono acqua calda per riscaldamento e sanitari. Ma esistono anche l’agroenergia, ottenuta da piante erbacee, arbustive e arboree, e i biocarburanti, quali etanolo, diesel, metanolo, dimetiletere, idrocarburi sintetici, idrogeno e oli vegetali, derivati da canna da zucchero, barbabietole, mais, girasole, colza e soia e utilizzati come combustibile per motori endotermici, in sostituzione della benzina, riscaldamento e produzione di energia elettrica. In Italia esistono impianti di teleriscaldamento, che utilizzano la segatura delle segherie e il cippato di legni di scarso valore commerciale, soprattutto in Val Pusteria, ma anche centrali a biomassa a Dobbiaco e in altre località dell’Italia settentrionale e meridionale, che producono energia termoelettrica per imprese e cittadini. Lo sfruttamento delle biomasse, oltre al potere calorifico moderato, è limitato però anche dalla scarsa disponibilità fuori stagione delle materie prime e dalla carente resa per ettaro rispetto ai combustibili tradizionali. 4 BIOTERMICA 15 Ottobre 2010 L’ALTERNATIVA Nello stesso contesto le quattro differenti sorgenti di energia pulita «I l Piano d’azione nazionale per le fonti rinnovabili, pubblicato lo scorso giugno dal ministero dello Sviluppo economico, è superato». A sostenerlo è Andrea Molocchi, responsabile del Settore Studi dell’associazione ambientalista Amici della Terra. «Gli obiettivi indicati nel piano e riguardanti i macrosettori dell’elettricità, del riscaldamento/raffreddamento e dei trasporti – prosegue lo studioso – non corrispondono a quanto il piano stesso prevede circa la necessità di riequilibrare gli interventi sulle fonti rinnovabili. Si basa su numeri che derivano da una vecchia impostazione, troppo elettrocentrica, orientata a promuovere le rinnovabili per la generazione elettrica». Su cosa si dovrebbe puntare invece per migliorare la situazione? «Occorrerebbe sviluppare le biomasse, soprattutto da recupero di residui, e le rinnovabili termiche. Queste tecnologie in particolare sfruttano l’energia a bassa temperatura dispersa nel suolo, come nel caso della geotermia, o nelle acque e nell’aria, tramite pompe di calore. Inoltre costano meno rispetto alle tecnologie per la generazione elettrica e, a parità di risultato, incidono in misura inferiore sui costi degli utenti e sulle casse dello Stato». Questo ritardo sul rinnovabile è più un problema di malgoverno o di mentalità dei cittadini? «C’è soprattutto una responsabilità di sistema. Siamo contenti che l’Italia sia riuscita a realizzare in tempo un piano nazionale in attuazione della legislazione europea, ma purtroppo è stato uno sforzo organizzato male: nel piano mancano completamente le valutazioni economiche. Non c’è un’analisi trasparente di quanto costano le varie tipologie di fonti rinnovabili e quindi non c’è neanche modo di stabilire il giusto incentivo da dare agli utenti per l’acquisto e lo sviluppo di Costano meno rispetto alle tecnologie per produrre elettricità queste fonti». Come giudica la situazione italiana rispetto a quella di altri paesi europei? «Questa sottovalutazione del potenziale delle rinnovabili termiche accomuna tutti i paesi europei. Ci sono nazioni in cui il potenziale è maggiore o semplicemente studiato meglio e altre in cui la situazione è peggiore: l’Italia non è isolata in questo frangente. Alcune fonti rinnovabili, come le pompe di calore elettriche, però, sono più idonee all’Italia e alla sua fascia climatica rispetto ad alPagina a cura di Marco Maimeri tri paesi europei e quindi andrebbero incentivate di più». Il suo giudizio sullo sviluppo in Italia delle energie rinnovabili è abbastanza negativo. Esistono realtà virtuose sul nostro territorio? «Il nostro paese continua a perseguire una politica miope e settoriale, non integrata all’efficienza e al risparmio energetico: un’attenzione maggiore verso questi aspetti permetterebbe invece la riduzione di emissioni di Co2 e costi esterni dell’inquinamento. Sul territorio ci sono realtà virtuose ma il merito va alle politiche locali. Per quanto riguarda, ad esempio, il sistema delle detrazioni fiscali al 55 percento sui piccoli interventi nell’edilizia a scopo di efficienza energetica, i cittadini del Nord spendono di più rispetto a quelli del Sud, ma questo non dipende da un fenomeno di maggior convenienza climatica, quanto dalla non conoscenza, da parte degli utenti meridionali, delle opportunità di risparmio energetico offerte dalle nuove tecnologie. Puntando sull’efficienza energetica, è possibile ammortizzare negli anni i costi per la costruzione degli impianti, eppure il consumatore medio questo non lo sa e quindi, non avendo una percezione precisa dei vantaggi, tende a non investire in tecnologie che alla fine gli farebbero risparmiare energia e denaro». POMPE DI CALORE Ottime per uffici e abitazioni private Le più note sono i refrigeratori e i condizionatori d’aria: si parla spesso di pompa di calore intendendo i condizionatori a valvola reversibile in grado di cambiare direzione di scorrimento del fluido refrigerante così da permettere di estrarre e riversare calore all’interno o all’esterno di un edificio, a seconda della stagione. In comune hanno il fatto di trasferire calore da un corpo a temperatura più bassa a un altro a temperatura più elevata, utilizzando energia perlopiù elettrica. Le pompe di calore funzionano grazie a diversi principi fisici ma sono classificate in base alla loro applicazione: si distinguono per trasmissione, fonte e dispersore di calore oppure per essere macchine refrigeratrici. Quando si confrontano le prestazioni di una pompa di calore, non si parla di efficienza ma di resa, misurata dal coefficiente di prestazione che indica il rapporto fra energia resa ed energia consumata. In genere, risulta più efficiente nel riscaldamento che nel raffreddamento, dato che spreca sempre una parte dell’energia in calore e questa può essere recuperata come calore di riscaldamento. Per questo motivo, le pompe di calore commerciali, ad aria o geotermiche, stanno diventando una valida scelta per il riscaldamento di uffici e abitazioni private, insieme alle caldaie termiche. Reporter nuovo Oro Blu / Il fenomeno L’Italia è la prima in Europa: 12 miliardi di litri l’anno. Utilizzate 350 mila tonnellate di Pet. Per produrle oltre 660 mila tonnellate di petrolio DOVUNQUE Bevande in bottiglie di plastica, per tutti e in tutto il mondo. Le foto sono tratte da “Safe Water”, servizio di un blog Usa. Una plastica ci seppellirà Sono alti i costi sociali: rifiuti e inquinamento atmosferico Vito Miraglia Sono stati più di 12 i miliardi di litri d’acqua imbottigliata nel 2008 in Italia. Di questi 11 miliardi sono destinati al consumo interno. Siamo tra i primi utilizzatori al mondo di minerale in bottiglia. Con noi gli americani, che in più consumano litri e litri di bibite gassate. Per le associazioni che tutelano l’ambiente però, dietro la quantità di litri di acqua in bottiglia si nascondono costi sociali molto alti: valanghe di rifiuti e inquinamento atmosferico. Nel 2008, gli statunitensi hanno mandato giù 26 miliardi di litri d’acqua che diventano 28 miliardi di bottiglie di plastica. In Italia invece, per gli oltre 12 miliardi di acqua consumata, si sono utilizzate 350 mila tonnellate di plastica, senza contare gli imballaggi, e oltre 660 mila tonnellate di petrolio per produrla. Da aggiungere l’inquinamento imputabile al trasporto dal luogo di produzione a quello di consumo. ECCO COME SI È RIDOTTO L’OCEANO PACIFICO DISCARICA La superficie marina invasa da bottiglie di plastica, in uno scatto del 2004 Dai supermercati italiani escono 15 miliardi di bottiglie in Pet ogni anno e solo il venti per cento è riciclato. Oggi l’Italia è il primo paese in Europa in termini di consumo pro capite di acqua in bottiglia. Sono 194 i litri bevuti dagli italiani in un anno, secondo l’Annuario Bevitalia (dati del 2008). Poco più di mezzo litro al giorno. Nel 1985 erano circa 65 litri. In più di vent’anni la quantità è triplicata. Nel nostro paese oltre il 90 per cento delle famiglie beve in bottiglia e il ritorno al rubinetto sembra ormai un traguardo lontano. In base a un’indagine di Mineracqua, l’associazione di produttori di acque minerali infatti, più della metà degli intervistati ritiene che l’acqua minerale sia fondamentale per la salute fisica. In un primo momento, di fronte alla presa d’atto dei problemi legati al consumo di acqua minerale, le aziende hanno ignorato le critiche per poi cavalcare l’ondata di sensibilizzazione. È stato lanciato il consumo responsabile che ha vestito la ricerca del profitto con un abito ecologico. Ed ecco quindi le “bottiglie verdi” e il trasporto ferroviario per diminuire l’impatto sulla qualità dell’aria. Solo uno tra i più importanti produttori di acqua minerale ha sostituito la plastica derivata dal petrolio con la plastica derivata dall’amido di mais. Una plastica biodegradabile al cento per cento in ottanta giorni. “Nella vostra casa non fate mai mancare, per voi e per i vostri bambini, Acqua San Pellegrino!” raccomandava un Carosello televisivo degli anni 60. L’Italia stava cambiando e con lei le nostre abitudini alimentari. La pubblicità dettava i nuovi consumi: da quarant’anni stiamo riempiendo le discariche di plastica perché l’acqua del rubinetto non ci piace più. Le multinazionali più forti e le etichette più vendute, da Nestlè a Coca Cola Nel mondo una cascata di miliardi Enrico Messina I MARCHI Evian è il più prezioso, Aqua quello più venduto Reporter nuovo Vale circa 25 miliardi di euro il business mondiale dell’acqua in bottiglia. Ed è destinato a crescere: negli ultimi dieci anni si è incrementato con un ritmo medio del sette per cento all’anno. A spartirsi l’enorme torta, le multinazionali del settore alimentare: Nestlè e Danone sono rispettivamente al primo e al secondo posto nel mercato mondiale. Altre protagoniste di questo florido business sono Pepsi, Coca Cola, San Benedetto, Ferrarelle, Cogedi. Nestlè waters, la “divisione acque” del colosso svizzero, possiede un quarto del mercato mondiale e ha fatturato nel 2009 quasi 6 miliardi di euro. È proprietaria del marchio Perrier, che vale da solo 673 milioni di dollari, e dei marchi Pure life e Poland spring, che sono in seconda e in quinta posizione tra le marche di acqua in bottiglia più vendute e valgono 455 e 355 milioni di dollari, cioè sono il quarto e il settimo brand del settore tra i più “quotati” del pianeta. È ancora Nestlè a chiudere questa classifica, con i marchi Lievissima, Vittel e Contrex, che valgono rispettivamente 331, 303 e 271 milioni di dollari. Dal canto suo, la Danone water division ha fatturato nel 2009 2,6 miliardi di euro e possiede circa l’8,5 del mercato globale. È proprietaria del marchio Evian, che è il brand più prezioso: vale 768 milioni di dollari ed è la nona acqua più commercializzata. Danone imbottiglia anche la più venduta al mondo: Aqua, che la multinazionale francese destina al mercato indonesiano. Sono della Danone, inoltre, il marchio Volvic e il marchio Bonafont, rispettivamente il quarto brand più prezioso (vale 510 milioni di dollari) e l’ottava bottiglietta più comprata del pianeta. Pepsi e Coca Cola seguono a distanza. Pepsi possiede i marchi Aquafina (terzo brand più valutato del settore: 633 milioni di dollari) e Electropura, che sono la terza e la quarta marca tra le più vendute. Coca Cola è proprietaria di Ciel e Dasani (sesto brand per valutazione: 447 milioni di dollari), al sesto e al settimo posto nella classifica vendite. NUOVI TREND Minerali anche à la carte La nuova frontiera della commercializzazione delle bottigliette d’acqua è l’acqua-bar. Raffinati e accoglienti, le “acquateche” sono nate da circa un decennio e sempre più si vanno diffondendo nel mondo. Dentro si possono trovare acque provenienti da tutte le parti del pianeta. Se chiedi al gestore, ti dirà che ognuna ha un sapore diverso e, se ti mostri confuso davanti all’infinito elenco di marche disponibili, non esita a indicare quella che fa al caso tuo, magari abbinandola al pasto che hai ordinato. A Tokyo, il Sibu Ikebucuro produce ghiaccetti realizzati con le acque più particolari, con i quali allungare i cocktails. A Parigi, il Bar a Bulles offre etichette provenienti da otto paesi europei,; mentre nel Water bar de chez Colette il cliente deve scegliere fra più di 100 marche da abbinare al pasto che sta consumando. A Montreal, da Exos, l’acqua diventa cosmetico: è possibile acquistare il prezioso profumo realizzato con l’acqua del Mar Morto. A Kansas l’acqua è la protagonista degli “aperitivi salutisti”. Anche Roma non si è fatta mancare la sua acquateca. Anzi, la Città eterna è stata pioniera: l’“Aquastore” accanto alla stazione Termini è nato dieci anni fa. Dentro al negozio si trova un touch screen: introduci i tuoi dati (età, sesso, abitudini…) e il computer ti indica qual è l’acqua che fa per te. E. M. 15 Ottobre 2010 5 Oro Blu / Fonti e trasporto Da nord a sud il lungo viaggio delle minerali per raggiungere i punti vendita in tutta Italia Quasi 1000 chilometri per un sorso L’odissea della Lilia: dal Vulture a Torino in Tir. E i prezzi lievitano Cosa c’entra l’acqua minerale con l’inquinamento atmosferico? Presto detto. Stappate una bottiglia. Versate l’acqua nel bicchiere e giù tutto d’un fiato. Un gesto semplice. Proprio come bere un bicchiere d’acqua. Eppure senza accorgervene avete prodotto, se pur indirettamente, polveri sottili. Prima di approdare sulle nostre tavole, infatti, l’acqua compie un vero e proprio viaggio. Dalla sorgente all’imbottigliamento, per poi essere caricata sui camion e spedita in tutta Italia. E il trasporto su gomma è uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento atmosferico. In particolare, i veicoli pesanti che trasportano le bottiglie rappresentano il 23 per cento delle emissioni di PM10 nell’atmosfera. Dai dati raccolti da Legambiente nel rapporto «Un paese in bottiglia», prendendo in esame gli studi di Mineracqua e Altreconomia, si evince che l’82 per cento dell’acqua minerale italiana si sposta lungo la rete autostradale, mentre il restante 18 per cento viaggia su ferrovia. Solo per fare qualche esempio. La Levissima, dall’arco alpino di Cepino Valdisotto, provincia di Sondrio, raggiunge i supermercati di Napoli dopo 894 chilometri. Non è da IN BOTTIGLIA Nel nostro Paese si contano 189 fonti e 304 marchi, che immettono sul mercato 12 miliardi di litri d’acqua minerale imbottigliata all’anno. L’82 per cento viene distribuita nei punti vendita attraverso la rete autostradale determinando un incremento dei prezzi delle bottiglie meno l’acqua Lete, che da Pratella, vicino Caserta, risale a bordo dei tir 861 chilometri per essere venduta a Milano. La San Pellegrino, dalle omonime Terme in provincia di Bergamo, viaggia per 627 chilometri prima di approdare sulle tavole dei romani. E ancora 432 chilometri per la Rocchetta, da Gualdo Tadino (Pg) a Genova, e 419 chilometri da Riardo a Firenze per la casertana Ferrarelle. Ma il dato più eclatante è quello dell’acqua Lilia, che dalle fonti del Vulture in Basilicata, percorre ben 978 per arrivare a Torino. Un’odissea rispetto ai chilometri zero degli acquedotti cittadini. In Italia si contano 189 fonti e 304 marchi, che immettono sul mercato 12 miliardi di litri d’acqua imbottigliata. Se moltiplichiamo il fenomeno per i 154 miliardi di litri prodotti in tutto il mondo ci si può rendere facilmente conto delle ripercussioni sulla qualità dell’aria. A risentirne, però, non è solo la salute, ma anche le tasche dei consumatori. Difatti, la principale voce di costo nel prezzo dell’acqua è proprio quella del trasporto. Un litro di minerale in bottiglia praticamente vale circa quanto mille litri di acqua del rubinetto. E il guadagno è tutto per le aziende produttrici, considerando le cifre irrisorie che pagano per le concessioni di prelievo. In assenza di una legge nazionale in materia (dopo il Regio decreto n.° 1443 del 1927, che fissava un canone Dopo quella minerale e di sorgente, arrivano l’acqua potabile e da tavola annuo pari a 5 lire per ogni ettaro, il Decreto del presidente della Repubblica n.° 61 del 1977 ha demandato le competenze alle regioni) ogni amministrazione regionale legifera in modo autonomo. Ma il quadro normativo è carente. Solo otto regioni prevedono un pagamento proporzionale agli ettari in concessione e ai litri prelevati o imbottigliati: Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Umbria e Veneto. Anche se per lo più si tratta di cifre molto basse, fino a un massimo di due euro per il Lazio e tre euro per il Veneto. Nelle resto d’Italia, invece, si paga o solo in base ai volumi d’acqua o solo in base agli ettari, a volte con canoni forfettari. Tranne in Campania, Friuli Venezia Giulia, Molise, Sardegna e Valle d’Aosta, dove il canone è ancora regolato dal Regio decreto. Peggio ancora in Molise, dove non è previsto alcun tipo di tassazione. A fronte degli incassi delle società imbottigliatrici, in un mercato in grado di generare un volume d’affari di 2,2 miliardi di euro, alle regioni spetta solo una piccola fetta della torta: circa lo 0,6 per cento. Un “obolo” non sufficiente neanche per pagare le spese di gestione amministrativa delle concessioni. LA NORMATIVA Ogni bottiglia ha le sue regole Dettate dall’Unione Europea le direttive più importanti Si fa presto a dire acqua. In fondo dentro al bicchiere le acque sembrano tutte uguali. Al massimo il consumatore medio riesce a distinguere quella liscia da quella “con le bollicine”. Eppure dietro a ogni singola goccia c’è un complesso apparato di norme che, nel corso degli anni, sono state redatte dal legislatore europeo e poi recepite dai singoli stati membri. Da una prima denominazione che distingueva le acque “minerali” da quelle “potabili”, si è passati a una classificazione più complessa che individua quattro categorie: acqua minerale, acqua di sorgente, acqua potabile e acqua da tavola. Secondo il Decreto legislativo 105/92, in attuazione della direttiva europea 80/777/CEE relativa all’utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali, sono considerate acque minerali naturali «le acque che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e che hanno caratte- ■ Circolare n. 17 ministero della Sanità 13/09/1991 Analisi microbiologiche di acque minerali naturali. ■ Decreto legislativo 25 gennaio 1992 n. 105 Attuazione della direttiva 80/777/CEE su utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali. ■ Decreto ministeriale 12 novembre 1992 n. 542 Criteri di valutazione delle acque minerali naturali. ■ Circolare n. 19 ministero della Sanità 12/05/1993 Vigilanza su utilizzazione e commercializzazione. ■ Decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 339 Disciplina delle acque di sorgente. ■ Decreto 11 settembre 2003 Attuazione della direttiva 2003/40/CE della Commissione relativa all’etichettatura delle acque minerali e di sorgente. ■ Decreto 29 dicembre 2003 Attuazione della direttiva n. 2003/40/CE della Commissione sui criteri di valutazione e sui trattamenti ■ Direttiva 2003/40/CE della Commissione del 16 maggio 2003 Limiti di concentrazione e indicazioni di etichettatura. ■ Decreto 24 marzo 2005 Gamme delle acque minerali naturali e di sorgente destinate alla somministrazione. ■ Decreto 13 gennaio 1993 Metodi di analisi delle caratteristiche microbiologiche. ■ Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2009 Utilizzazione e commercializzazione. ■ Circolare del ministero della Salute del 17 dicembre 2007 Revisione della Circolare n. 80 dell’8 novembre 1980 recante “indicazioni per le sperimentazioni cliniche delle acque minerali naturali”. Fonte: Fondazione Amga 6 15 ottobre 2010 ristiche igieniche particolari e, eventualmente, proprietà favorevoli alla salute». Con il termine «acqua di sorgente», invece, il D. Lgs 339/99 individua le «acque destinate al consumo umano, allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, pro- usi domestici o semplicemente per dissetarsi. Non deve «contenere microrganismi e parassiti, né altre sostanze, in quantità tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana». L’acqua da tavola, ultima nata nel panorama normativo italiano, è l’acqua potabile imbottigliata, spesso in Nel 2003 i decreti che stabiliscono l’obbligo di specificare i componenti sull’etichetta e i valori massimi consentiti vengano da una sorgente con una o più emergenze naturali o perforate». Con il più recente D. Lgs 31/2001, infine, sono state introdotte altre due denominazioni: l’acqua potabile e quella da tavola. La prima è definita «acqua destinata al consumo umano», quella cioè che esce dal rubinetto di casa e dalle fontanelle pubbliche, per la preparazione dei cibi, per altri boccioni o servita in caraffe nei ristoranti. In quest’ultimo caso deve essere indicata come «acqua potabile trattata o acqua potabile trattata e gassata». La legislazione in materia di acque ha messo nero su bianco la diversificazione dell’offerta, senza però curarsi dei diretti interessati: i consumatori. «La svolta è arrivata solo nel 2003 – spiega Giorgio Temporelli, co- Pagina a cura di Alessio Liverziani ordinatore scientifico per le attività della Fondazione Amga, istituto che studia l’acqua in tutte le sue declinazioni – con i Decreti numero 11 del settembre 2003 e numero 29 del dicembre 2003», in attuazione della Direttiva europea 2003/40/CE del 16 maggio dello stesso anno. «Le norme hanno definito i valori massimi consentiti per i componenti delle acque minerali e hanno finalmente sancito l’obbligo di specificarli attraverso l’etichettatura delle bottiglie». L’etichetta diventa così una vera e propria “carta d’indentità” dell’acqua. Dovrà indicare, infatti, oltre al nome commerciale e alla sorgente, il grado di “frizzantezza”, determinato dal quantitativo di anidride carbonica, e la composizione analitica con i componenti caratteristici. «Ad esempio – conclude Temporelli – quando la concentrazione di fluoro supera 1,5 mg/l è obbligatorio indicare che il consumo continuativo non è opportuno per i neonati». Reporter nuovo Oro Blu / Pubblicità e salute Le minerali si sfidano a colpi di testimonial in spot che gonfiano i prezzi Tutti i volti noti dell’acqua Miss, calciatori e comici in Italia, David Bowie in Francia Ilaria Del Prete Bere acqua è una necessità fisiologica, quale acqua bere invece è frutto di una scelta precisa. Accantonato il dilemma acqua del rubinetto o imbottigliata, poniamo che si propenda per quest’ultima. I più pratici scelgono in base al prezzo, a seconda delle offerte del supermercato o della disponibilità del momento, altri hanno bisogno di un incentivo per preferire una marca all’altra. Ad aiutare gli indecisi, interviene la pubblicità, forte discriminante nelle variazioni di prezzo tra un’acqua e l’altra. E così i brand con meno visibilità sono quelli più economici, mentre tra gli altri si combatte una guerra a base di spot e rincari. Le martellanti campagne insistono sulle proprietà del prodotto, da quelle terapeutiche a quelle nutritive. E non sono poche le aziende che per sortire un maggiore effetto si affidano ai volti noti dello spettacolo, puntando in parte sull’identificazione tra il consumatore e la star di turno, in parte sulla garanzia di un nome conosciuto. Nel panorama italiano il ricorso al volto noto è una pratica utilizzata da tempo e SETE Nello spot per la Terrier Dita von Teese si esibisce in uno strep tease bollente da marchi diversi. In principio fu il volto barbuto e rassicurante dell’alpinista Reinhold Messner, che entrava nelle case dei telespettatori e li trasportava in alta montagna per testimoniare la bontà dell’acqua che da più di vent’anni è associata allo slogan “altissima, purissima, Levissima”. Dal capostipite dall’accento tedesco, si è passati attraverso una lunga lista di nomi famosi. Tra i più noti, la coppia testimonial delle “ac- que della salute” Uliveto e Rocchetta, entrambe proprietà della finanziaria Cogedi, formata dalla bionda Miss Italia Cristina Chiabotto e dal campione della nazionale di calcio Alessandro Del Piero. Di volta in volta ai due, che mostrano una forma fisica invidiabile, si sono affiancate suore, bambini e passerotti parlanti. Dai battibecchi della televisione, però, Rocchetta si è trovata ad affrontare problemi ben più seri in relazione ad uno spot in particolare. Nel maggio del 2009, per un breve periodo, è circolata una pubblicità in cui alla Chiabotto alta, snella, bellissima- era affiancata una donna normale, bassina e rotondetta, che ovviamente non beveva acqua Rocchetta. Lo spot fu ritenuto non solo umiliante, ma anche mistificatore, in quanto l’acqua in questione non contiene proprietà dimagranti. Per tanto l’associazione Media&Diritto, che si occupa dei rapporti tra difesa dell’im- magine e comunicazione, presentò un esposto al Comitato di Controllo presso l’Istituto per la Autodisciplina Pubblicitaria, ottenendo di fatto il ritiro della pubblicità ingannevole. Abbandonata la coppia della salute, si passa ad un altro esempio di invidiabile fisicità, il ballerino italiano di fama internazionale Roberto Bolle. Nello spot per acqua Fiuggi, il virtuoso della danza classica piroetta in compagnia di una bottiglia, volendo simboleggiare il benessere che il prodotto garantisce. Ricade invece sull’umorismo la scelta pubblicitaria di Brio Blu, la variante frizzante di Rocchetta. L’ultima testimonial è Paola Cortellesi, mentre andando indietro nel tempo si trovano i comici Adolfo Margotta e Max Tortora. Ma l’abitudine alla star non è solo italiana, e dalla Francia arrivano due esempi di riguardo. È recente il discusso spot Perrier in cui la specialista del burlesque Dita von Teese placa i bollenti spiriti con la minerale; di qualche tempo fa, la pubblicità Vittel in cui il rocker David Bowie sfugge ai suoi cloni. Estrogeni presenti nelle bottiglie di plastica, ma anche cloro e arsenico nel rubinetto Ormoni e veleni, le insidie nel bicchiere Federica Ionta Bottiglia contro rubinetto. Nell’eterno dibattito su quale acqua bere, nessuna delle due opzioni sembra essere buona per la salute. Il nemico numero uno delle minerali imbottigliate è il bisfenolo A, o Bpa, un composto organico utilizzato nella sintesi delle plastiche. Numerosi studi internazionali hanno documentato la presenza di questa sostanza, dagli effetti tossici e cancerogeni, nelle bottiglie e nei biberon in policarbonato. Anche l’Unione Europea e l’Efsa, l’agenzia comunitaria per la sicurezza alimentare, sono intervenute sull’argomento e oggi l’Italia ammette la presenza di Bpa nelle bottiglie di plastica sulla base di uno studio, che fissa a 0,05 milligrammi per chi- Reporter nuovo lo di peso corporeo la soglia l’Italia – spiega l’avvocato stata richiesta per alcune aree di tollerabilità per l’uomo. Cristina Tabano del Coda- geografiche delle regioni Ma quali sono gli effetti cons – perché esiste una nor- Campania, Lazio, Lombarpiù pericolosi di questa so- mativa comunitaria che re- dia, Toscana, Trentino Alto stanza? Il Bpa mima l’azione gola la presenza di sostanze Adige e Umbria ma, fa notare degli estrogeni e quindi agi- pericolose nell’acqua pota- l’avvocato, «dovrebbe essere sce come un ormone esterno bile ma sei regioni italiane concessa solo per consentiall’organismo umano: intro- continuano a chiedere delle re alle regioni di adeguarsi dotto in quanalla legge e tità elevate non per Il Codacons: «L’acqua in bottiglia è un costo temporegpuò alterare l’attività delgiare». Anin più per il cittadino, l’apparato encora più docrino e inche già paga l’acqua del rubinetto in bolletta» grave la terferire con lo mancata insviluppo sesformazione suale della persona. Tra i più deroghe per superare questi da parte delle stesse regioni: temuti effetti del Bpa ci sono limiti». Tra le sostanze sotto «Le leggi nazionali e comuil ritardo nello sviluppo ce- accusa ci sono il cloro, il so- nitarie prevedono che sia rebrale del feto e l’infertilità dio e l’arsenico, la cui inge- fatta informazione alla pomaschile. stione per periodi continua- polazione sui livelli delle soNon sempre, però, prefe- tivi può portare al cancro ai stanze pericolose presenti rire l’acqua di rubinetto fa polmoni, alla pelle, al fegato nell’acqua – spiega l’avvocabene alla salute. «E’ attual- e ad altri organi interni, al- to – ma ciò non avviene». mente in corso un procedi- l’iperpigmentazione e a diSe l’acqua in bottiglia è una mento di infrazione contro sturbi circolatori. La deroga è spesa in più per i consuma- tori, perché si somma al costo della bolletta, anche il business delle caraffe che depurano l’acqua del rubinetto costituisce un aggravio. «Tutto questo senza contare il discorso del chilometro zero, cioè dei costi per l’inquinamento che provoca l’acqua confezionata per le operazioni di trasporto e stoccaggio», prosegue Tabano. Nel caso specifico della minerale imbottigliata, cosa fare se si avvertono alterazioni nell’odore o nel sapore? «In questi casi è buona norma recarsi alla Asl di competenza con un campione, affinché le analisi chimiche verifichino l’eventuale presenza nell’acqua di sostanze tossiche – conclude Tabano – L’aspetto economico del risarcimento danni è successivo». SPONSOR Ferrarelle si dà alla cultura Prendendo le distanze dalle concorrenti, che sponsorizzano manifestazioni sportive, Ferrarelle si dà alla cultura. È l’acqua ufficiale del Teatro alla Scala di Milano e spesso si lega a eventi artistici, l’ultimo è la mostra “Ulysses Sindrome”. Per Perrier la manna dal tennis La minerale francese è dal 1928 sponsor del torneo di tennis Roland Garros, vetrina internazionale ma anche grosso mercato: durante gli open, ogni due settimane si vendono 57 mila bottigliette verdi agli spettatori, a cui si aggiungono le diciottomila degli atleti. Con Uliveto non solo la nazionale Ricca di sali minerali, Uliveto punta sullo sport, ma non è solo l’acqua ufficiale della nazionale di calcio italiana: da anni sostiene la campagna di prevenzione e di protezione della salute digestiva promossa da A.I.G.O., Associazione Italiana di Gastroenterologia. Placa la sete di 14 team di baseball L’americana Acquafina è “assetata di baseball”, è infatti l’acqua ufficiale della MLB, la lega professionistica nordamericana nonché il campionato di più alto grado al mondo. Quattordici i team preferiti, tra cui i New York Mets e i Los Angeles Angels. Limpida dal cuore azzurro Lete si riconferma main sponsor della SSC Napoli per la stagione 2010/2011. Il marchio campeggia sulle uniformi sia nelle competizioni nazionali che in Europa League. Tra gli impegni sportivi, anche il Giro d’Italia e la Coppa del Mondo di sci. 15 Ottobre 2010 7 Oro Blu / Le alternative Dall’Australia agli Usa le città riscoprono l’acquedotto. Nonostante le campagne sul web Contro la plastica, il rubinetto In Italia la parola d’ordine è “Imbrocchiamola”. Ma c’è anche la Coop Davide Maggiore La rivolta (democratica) contro la plastica ha un nome: Bundanoon. La cittadina australiana, 2500 abitanti, ha deciso da oltre un anno di bandire l’acqua nelle bottiglie di Pet dagli scaffali dei suoi negozi. All’assemblea che ha preso il provvedimento hanno partecipato circa in quattrocento: solo due hanno votato contro. Comprensivi i negozianti, che comunque hanno già un’alternativa: sempre acqua, ma in vetro. E soprattutto, proveniente dall’acquedotto pubblico. La stessa che scorre già nei rubinetti degli abitanti di “Bundy”. Nonostante una contro-campagna su Internet, l’esempio che viene dall’Australia è stato seguito perfino negli Stati Uniti. Dove gli uffici pubblici di San Francisco faranno a meno delle bottiglie di plastica, escluse anche dagli empori di Concord, Massachussets. All’estero, insomma, si scopre la bellezza del rubinetto, e anche in Italia le iniziative per promuovere l’ “acqua del sindaco” fioriscono ormai da qualche anno. Coinvolgendo magari chi il sindaco, lo fa (o l’ha fatto) davvero. Il primo cittadino di Verona, Flavio Tosi, è andato sulle tv locali a raccontare la bontà della “sua” acqua. E anche Massimo Cacciari, quando amministrava Venezia, apparve su manifesti analoghi, barba da filosofo e caraffa in mano. Proprio la caraffa è protagonista di una delle più im- BARCACCIA Una turista beve alla fontana di Piazza di Spagna a Roma. A sinistra il logo della campagna lanciata dalla rivista Altreconomia portanti e fortunate iniziati- perfettamente potabile. Come gici, poiché tutte le fasi del cive nostrane per favorire l’uso mostra il dossier 2010 di Le- clo di distribuzione sono ad dell’acqua di rubinetto. Si gambiente (partner di Altre- impatto zero. Tra gli obiettiintitola “Imbrocchiamola”, conomia nell’iniziativa), evi- vi di “Imbrocchiamola” ane l’ha lanciata la rivista Al- denziando come l’acqua del che l’eliminazione delle bottreconomia. Sul cui sito, oltre rubinetto debba superare fino tigliette dalle mense scolaa molti dati, si può trovare (e a 5 controlli all’anno, che stiche e la diffusione di una aggiornare) corretta inun elenco di formazione L’ “acqua del sindaco” è sicura, economica ed sulla quetutti i ristoranti italiani stione. anche ecologica, secondo i dati che, al posto L’ a r g o contenuti nell’ultimo dossier di Legambiente mento delle dell’acqua minerale, mettoalternative, no nella brocinsomma, è ca quella dell’acquedotto: prendono in considerazione diventato sensibile, al punto 1400, in poco meno di tre 62 parametri. Ma i vantaggi da interessare persino chi anni, quelli certificati. I pro- sono anche economici (i 200 dell’acqua ha sempre fatto motori della campagna fanno metri cubici, 200 mila litri, una voce di bilancio, come la notare che nessuna legge ob- consumati in media al mese, grande distribuzione. È il bliga a servire acqua confe- non solo per uso alimentare, caso della Coop, che, pur imzionata e che, anzi, in quasi costano alle famiglie italiane bottigliando e vendendo una tutta Italia quella corrente è meno di 20 euro) ed ecolo- propria minerale, ha lancia- Inaugurata a Parigi ‘La pétillante’, un progetto sviluppato in Italia Fontanelle con le “bollicine” Eloisa Moretti Clementi È stata inaugurata a settembre e ha fatto impazzire i parigini, che da un mese si mettono in fila per il piacere di bere acqua frizzante dai suoi rubinetti. La nuova fontanella pubblica si chiama La pétillante, la ‘frizzante’, e si trova a Parigi nel Jardin de Reuilly. La prima in Francia, distribuisce gratuitamente acqua temperata o fresca, ma soprattutto con le bollicine. Frutto della collaborazione tra imprese pubbliche europee riunite nella rete 8 15 Ottobre 2010 Aqua Publica Europea, il progetto francese si è ispirato a un’innovazione tutta italiana: il concetto della Casa dell’Acqua, sviluppato a Milano. In Italia quella delle fontanelle – che a Roma chiamano “nasoni” – è un’antica tradizione che conta oggi circa 215 esemplari, mentre in Francia si tratta di una novità che attira tanti curiosi. La fontana parigina è stata ingabbiata in un elegante chiosco e funziona gratuitamente nelle ore di apertura del parco, fornendo in media 3500 litri d’acqua al giorno, di cui «circa la metà è frizzante, permettendo così di risparmiare 2300 bottiglie di plastica da 1,5 litri al giorno» spiega il portavoce di Eau de Paris. Per ora la fontanella del Jardin de Reuilly è l’unico esemplare parigino, ma Anne Le Straat, collaboratrice del sindaco socialista Bertrand Delanoe, ha espresso la volontà del municipio di Parigi di moltiplicare i punti d’acqua frizzante nella capitale: «Molti parigini mi hanno detto che consumerebbero più acqua se fosse gassata». In Italia non mancano, invece, le iniziative in tal senso. Dalla Toscana, alla Sardegna, dal Parco delle Cinque Terre alla Lombardia, dal Lazio all’Umbria, sono numerosi i Comuni che offrono, gratis o a costo simbolico, acqua depurata e gassata ai cittadini. Nel milanese, accanto alle fontanelle e ai ristoranti che offrono acqua del rubinetto, consultabili nella mappa del sito Inborraccia.org, è disponibile da fine agosto un servizio di erogazione gratuita di acqua naturale e frizzante targato Ikea. to una campagna intitolata “Acqua di casa mia”, costo un milione di euro. L’obiettivo è sempre quello, incentivare l’uso dell’acqua di rubinetto per ridurre l’impatto ambientale. Ma, fanno notare i puristi, la grande catena ha anche pensato agli affari: sugli scaffali mette infatti in vendita una “caraffa filtrante a uso domestico”. L’alleanza involontaria ecologisti-supermercati, in effetti, suona strana, ma preoccupa i signori della bottiglia, che oltre alle battaglie civili ora devono affrontare anche un avversario che punta a strappare preziose quote di mercato. E il consumatore, forse un po’più consapevole, attende nel mezzo. DAGLI USA “Nuova” idea: nel tetrapak Si usa per succhi di frutta, latte, addirittura vino. Allora, perché non mettere nel tetrapak anche la minerale? L’idea è di un gruppo di giovani imprenditori del Michigan che hanno fondato nel 2009 la compagnia Boxed Water. I vantaggi dell’acqua “inscatolata” da una sorgente del Minnesota? Il contenitore è riciclabile e per ogni albero abbattuto per il tetrapak se ne pianta un altro. In più, il 20 per cento dei profitti degli oltre 80 punti vendita in cinque Stati Usa andrebbe a iniziative ambientaliste. In realtà, anni fa, l’acqua in bric era già comparsa in Italia, senza troppo successo. Forse andrà meglio agli emuli americani, su cui però qualcuno ha già dei dubbi. Le strutture per riciclare il tetrapak, notano gli ecologisti, non sono ovunque e in più, proprio come per le bottiglie in plastica, non se ne possono ottenere nuovi contenitori. Ma l’obiezione più forte è la solita e arriva dai blog della Rete: perché pagare se dal rubinetto si beve bene e quasi gratis? D. M. Reporter nuovo Settimanale della Scuola Superiore di giornalismo “Massimo Baldini” della LUISS Guido Carli Direttore responsabile Roberto Cotroneo Comitato di direzione Sandro Acciari, Alberto Giuliani, Sandro Marucci Direzione e redazione Viale Pola, 12 - 00198 Roma tel. 0685225558 - 0685225544 fax 0685225515 Stampa Centro riproduzione dell’Università Amministrazione Università LUISS Guido Carli viale Pola, 12 - 00198 Roma Reg. Tribunale di Roma n. 15/08 del 21 gennaio 2008 [email protected] ! www.luiss.it/giornalismo Reporter nuovo