Il Silenzio e le voci

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Il Silenzio e le voci
Il Silenzio e le voci
Marisa Ferrario Denna
Il Silenzio e le voci
Marisa Ferrario Denna
Ad aprire la nuova collana di Poesia
di Nomos Edizioni è questo libro: Il
silenzio e le voci di Alida Airaghi,
e mai autore e testo sono parsi così
significativi per una inaugurazione.
In primo luogo, perché la voce di
Alida Airaghi è ormai riconosciuta
nella sua limpida chiarezza e nella
sua estrema profondità di indagine
e di ricerca intorno alla parola e, in
secondo luogo, perché questa raccolta ne è ulteriore e positiva conferma. Qui tutto si gioca e tutto ruota sulla parola, sulle sue possibilità
e incapacità, sulle sue sfumature e
smagliature, sui suoi sensi, ora percepibili ora appena sfiorati, perché
Alida Airaghi ha, come suo peculiare tratto, un estremo, profondo pudore della parola, che mai è toccata
dall’abuso, dalla sovrabbondanza,
dalla futilità.
Quattro sono le sezioni che compongono il testo, in un percorso che
– dal silenzio – va orientandosi verso l’alto, in un cammino di vera e
propria ascesi. La prima sezione – Il
silenzio, le voci – ci trasporta all’origine stessa della parola, al suo “prima”: Prima della parola, e dopo / è
l’indicibile [...] Prima della parola,
e dopo: / l’inaccessibile, sì che bisogna ascoltare il silenzio, svuotare
le parole, far tacere le voci, perché
il silenzio circonda la parola, / è il
suo orizzonte, e insieme, il suo invalicabile confine, ma anche lo spazio abissale in cui poter riconoscere
la parola, perché non abbia paura
di restarsene lì, irrimediabile, sola.
Così, dal silenzio, la parola – nata
– entra e scava nell’anima (seconda sezione), essa stessa immagine
dell’invisibile e dell’indicibile. Solo
l’anima, infatti, sa distinguere come
le voci di fuori / non sono importanti ma rumori distanti; solo la
capacità di toccarsi l’anima sa farsi assoluta preghiera, che cancella
il nostro io, misurando l’assenza e
la distanza di tutto ciò che è semplicemente umano, per innalzarsi
come allodola a puntare verso la
luce. Nella terza sezione, Passeggiate
nel bosco, la parola si volge al mondo esterno, esemplificato, appunto,
dalle passeggiate nel bosco, a dire il
rifiuto di tutto ciò che è urlato, massificato, consumato, esibito. Il bosco
si fa luogo di riflessione e introversione attraverso le voci della natura,
i rumori più lievi delle fronde, degli uccelli: Pestiamo foglie marce,
marroni / come la terra, a terra. E
ancora: Forse è la lepre / che corre
lontana e sbadata: / ci fa trasalire. E
noi siamo noi, / sospesi, ingenui a
sperare / un improvviso segnale. In
questo luogo l’anima, in compagnia
di se stessa, può, finalmente, passeggiare semplicemente, nella ritrovata
capacità di gustare e sentire le realtà
più umili: Dalle tasche tiriamo fuori
/ due arance. / Mangiamo agrumi,
aria, / assenza di rumori. L’anima
cammina, a passi brevi, lentamente, verso un traguardo lontano, ora
presente a se stessa. La quarta sezione chiude il testo e il percorso – dal
silenzio a Dio – operando un attraversamento del libro della Genesi,
come a voler rintracciare la parola
nel suo primo farsi dal primo uomo,
dall’origine dell’umanità, quasi a ri-
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cercare nel “sacro” il proprio senso
più profondo e più autentico. E allora le figure di Adamo, Abele, Abramo, Rachele, Lot, Sara, ci entrano
nella pelle, si fanno presenza viva,
perché: La parola di Dio è come il
fuoco, / come un martello che spacca la roccia, e la parola di Isacco, che
sommessamente osserva: “Qui c’è il
fuoco e la legna, ma l’agnello dov’è?”,
ci fa tremare fino alle ossa, perché
qui i personaggi, quando parlano,
parlano con Dio, gli rispondono, gli
disobbediscono o si piegano al suo
volere, in una sequenza di vicende
ove parola dell’uomo e parola di Dio
sembrano di volta in volta sfidarsi,
intrecciarsi, contrapporsi, amalgamarsi, fondersi. A questo percorso
del testo corrisponde una poesia ove
rime, assonanze, allitterazioni, reiterazioni di singole parole o di versi si
alternano e si succedono, come si
alternano versi liberi, sonetti, distici in endecasillabi, senari o settenari dall’andamento cantabile, in una
scrittura colta e sapiente, raffinata
ed elegante, ma insieme tenera e
semplice come una carezza, luminosa come un bagliore improvviso,
spietata e secca come una lama, che
separa ciò che è necessario, da ciò
che è inutile dire.
Riprendendo le parole di Filippo
La Porta, in un suo intervento sulla
poesia di Alida Airaghi, si può con
gioia affermare che “Ancora una
volta il linguaggio della poesia, per
quanto socialmente marginale, si
scopre come l’unico spazio rimasto
per dire senza reticenza e in modo
sintetico delle verità apparentemente banali, per farle risuonare dentro
di noi fino al punto in cui ci rivelano
una dimensione altrimenti inesplorata dell’essere”. Un libro, dunque, di
intensa bellezza e profondità e, insieme, di esemplare chiarezza, che è,
come già sosteneva Antonia Pozzi,
un canto al pudore della parola e
alla sacralità della poesia.
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Ravie – Luigi Giavini,
Poesia Contemporanea, Marisa Ferrario Denna,
Al Fantastico Abisso,
Alida Airaghi.
Arte e scrittura nell’opera di A.M. Pecchini.
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