La balotta continua di Valerione

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La balotta continua di Valerione
AICS Bologna
La balotta continua di Valerione
mercoledì 05 maggio 2010
IL MARZIANO
Il Resto del Carlino 5 maggio 2010
La balotta continua di Valerione
Speriamo che Monteventi trovi un lavoro. Inseguiva il comunismo e, oggi, pratica il pauperismo socialista. Non compra
nulla e teorizza il baratto. Non sapendo che fare, ha inventato la Bcc (Brigata cuciniera della Cirenaica). Un gruppo di
cuochi che cucinano per i lavoratori delle fabbriche in crisi. Insomma, Valerione è senza lavoro e si sbatte per chi sta per
perderlo. Il manifesto politico della Bcc inizia con lo slogan “Beati i primi” (perché i secondi costano
troppo). I cuochi solidali condividono il motto di Lenin “Ad ogni cuoca insegneremo a dirigere lo Stato” e
contestano la frase di Mao “La rivoluzione non è un pranzo di gala”. Sono già in tredici. Fra loro, un giovane
maestro di sfoglia. Queste scelleratezze gastronomiche si consumeranno al Vag 61e altrove. Bologna, più che alle sorti
di Fini (Gianfranco), si appassiona al futuro della Fini (Compressori). Venerdì scorso, cena di solidarietà per i
cassaintegrati di Zola. C’è anche Tiziano Loreti, un’avanguardia operaia, licenziato dalla Fini due anni fa.
Antonietta cucina il farro di Pescomaggiore, paese terremotato. Poi, polpette con melanzane e con ricotta e ortica.
Valerio ha le mani violacee; ha lavato 15 fasci di ortica biologica, che irrita anche se tagliata. E’ prevista la musica
ska dei “Balotta continua”. Ma il chitarrista, inaspettatamente, scappa in Polonia e, in sostituzione,
suonano “I macellai ubriachi”. I macellai hanno il kilt e cerco di scoprire se è vero che gli scozzesi lo
indossano senza mutande. Purtroppo, il batterista è l’unico con i jeans. Prossimamente, dopo “Balotta
continua”, suoneranno “Latta comunista”, “Ghermire il popolo” e “Godere
operaio”. E ora, un omaggio ai cuochi. Non i fighetti delle ricette televisive e dei grandi ristoranti. Ma i cuochioperai anonimi delle trattorie di provincia, delle mense aziendali, dei ristoranti sull’autostrada. Cuochi irascibili,
intrattabili, eroici, forti bevitori, misantropi e forse licantropi. Mario Cervi, amico di Montanelli, ha raccolto nel libro
“Gli anni del piombo” i suoi ricordi di giornalista. Nel luglio ‘60, l’Italia fu insanguinata dagli
scontri contro il governo Tambroni. Mario Cervi fu inviato a Genova, per il congresso del Msi. La città era una polveriera. I
giornalisti facevano la spola fra la Camera del lavoro e l’hotel Columbia, dove lo stato maggiore missino era
praticamente assediato. Ad un pranzo del Columbia, i missini invitarono anche il marito di Titina De Filippo. Un attimo
prima che iniziasse a mangiare, gli si avvicinò un cameriere napoletano che gli sussurrò: “Dottò, non bevete il
consommè perché il cuoco ci ha pisciato dentro”.
Serafino D’Onofrio
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