AIDS in Africa aspetti medici e sociali

Transcript

AIDS in Africa aspetti medici e sociali
AIDS IN AFRICA: ASPETTI MEDICI E SOCIALI
Fredy Suter e Franco Maggiolo
Si stima che nel 2003 4,8 milioni di persone si siano infettate con il virus dell’HIV. Un
numero in espansione di anno in anno. Oggi 37,8 milioni di persone vivono con
l’infezione da HIV, che solo nel 2003 ha ucciso 2,9 milioni di persone e che dal 1981
ha causato più di 20 milioni di vittime.
Distribuzione geografica dell’infezione da HIV (fonte rapporto UNAIDS 2004)
L’epidemia rimane estremamente aggressiva e virtualmente nessun Paese ne è
indenne, mentre esistono profonde differenze da Paese a Paese. Nel mondo
occidentale (Europa, USA, Canada…) si stima che nel solo 2003 si siano infettate
64000 persone. Il discorso è completamente diverso in altre parti del mondo ed in
particolare nell’Africa sub-sahariana. In questa area vive circa il 10% della
popolazione globale, ma si concentrano i 2/3 delle persone con infezione da HIV. Si
ritiene che proprio questa parte del continente Africano contribuisca alle drammatiche
statistiche dell’AIDS con circa 3 milioni di nuovi infetti e 2,2 milioni di morti all’anno.
Esistono differenze tra le diverse nazioni africane, ma alcune caratteristiche
dell’epidemia sono costanti.
L’infezione si sta gradualmente trasformando in un problema generalizzato che
interessa l’intera popolazione e non è confinato a particolari gruppi a rischio.
Interessa sia le zone urbane che quelle rurali e colpisce sempre più le donne ed i
giovani.
Nell’Africa sub-sahariana la trasmissione sessuale dell’infezione è di gran lunga la
modalità predominante di contagio, ma non esiste una giustificazione unica in grado di
spiegare perché l’infezione da HIV sia così in espansione.
La povertà e l’instabilità sociale che favoriscono la disgregazione dell’unità familiare,
l’alta prevalenza di molte altre patologie a trasmissione sessuale, il bassissimo status
economico/sociale delle donne, le violenze sessuali, la carenza di programmi di
prevenzione e di cura, l’inesistente leadership politica sono solo alcune delle possibili
concause.
Prevalenza dell’infezione da HIV in alcuni Paesi dell’Africa sub-sahariana (fonte
rapporto UNAIDS 2004)
Le
conseguenze
dell’epidemia
da
HIV
in
Africa
vanno
aldilà
delle
semplici
considerazioni di tipo sanitario. L’epidemia ha o avrà nel prossimo futuro un impatto
negativo su molti aspetti economici e sociali:
Impatto dell’AIDS sulla popolazione e sulla struttura sociale: in Paesi come lo
Swaziland, lo Zambia o lo Zimbabwe si sta osservando una progressiva riduzione della
aspettativa di vita che, in assenza di adeguata disponibilità di terapie per contrastare
l’AIDS, scenderà a 35 anni nel prossimo decennio. Ciò comporta fin da ora una
riduzione della capacità produttiva, anche in termini di sussistenza.
In molti Paesi le donne sono i guardiani, i gestori e il supporto della vita familiare. Ciò
significa che esse affrontano con il
massimo impatto l’infezione da HIV. Quando
l’uomo di casa si ammala, le donne invariabilmente devono farsi carico anche dei suoi
compiti. Le famiglie spesso sono costrette a ritirare le figlie dalla scuola perché si
prendano cura dei familiari ammalati. Le giovani vedove dell’AIDS divengono
responsabili di ogni sostentamento e, non essendo di solito in grado di affrontare
questo compito aggiuntivo,
possono andare incontro alla perdita dei pochi beni
posseduti dalla famiglia. Le donne più anziane si ritrovano in molti casi costrette a
farsi carico della crescita dei nipoti rimasti orfani a causa dell'AIDS.
Impatto dell’AIDS sulla povertà: studi in Sud Africa e Zambia, condotti su famiglie
affette dall’infezione da HIV, hanno mostrato come il dover fronteggiare l’AIDS causa
una riduzione del reddito, già bassissimo, del 66-80%. In Zambia il prodotto interno
lordo pro-capite è sceso tra il 1980 e il 1999 da 505$ a 370$. Ciò si è
immediatamente riflesso anche sulla disponibilità quotidiana dei singoli con un calo
delle calorie medie ingerite giornalmente da 2273 a 1934.
Non è una questione di
agio, è un problema di sopravvivenza. In Zambia molte famiglie contano sul reddito
quotidiano esclusivamente per procurarsi il cibo. Quando la malattia colpisce una
famiglia, vengono a mancare anche i mezzi di sostentamento minimi ed aumenta la
malnutrizione. Si innesca un circolo vizioso: scarsità di cibo, malnutrizione, patologie
infettive, AIDS.
Impatto dell’AIDS sulla capacità produttiva:
l’AIDS compromette la sicurezza
economica e lo sviluppo in quanto colpisce in primo luogo la popolazione giovane in
età lavorativa. L’epidemia erode la crescita economica attraverso l’impatto sulla forza
produttiva, i risparmi, la capacità di erogare i servizi essenziali. Le persone ammalate
perdono il lavoro e il guadagno e, di conseguenza, sono costrette a ridurre i consumi.
Fattorie, fabbriche, mercati, uffici governativi divengono meno produttivi, riducono i
profitti, il gettito fiscale e quindi gli investimenti.
Per il benessere di una nazione a basso reddito è fondamentale un settore agricolo
sano e produttivo. L’agricoltura assicura il cibo ed un assetto sociale accettabile. Nel
2000 il 56% degli Africani (430 milioni di persone) lavoravano nell’agricoltura. L’AIDS
colpisce alla base questo sistema eliminando prematuramente molti lavoratori agricoli.
Si stima che almeno 1/5 dei contadini sarà sterminato dall’AIDS entro il 2020. Questa
perdita di forza lavoro è critica. Le comunità rispondono coltivando campi sempre più
piccoli e limitando ogni lavoro complementare (mantenimento del territorio e delle
infrastrutture, dei canali di irrigazione e del bestiame). Tutto ciò si traduce in un
degrado e nell’erosione del territorio agricolo, in una minore capacità produttiva e in
un accresciuto rischio di malattia per gli animali, già vulnerabili a causa dei predatori
e dei ladri.
Impatto dell’AIDS sull’educazione: gli insegnanti appartengono alla classe di età
più colpita dall’infezione da HIV. In Zimbabwe il 19% degli insegnanti di sesso
maschile ed il 28% di quello femminile sono positivi per l’HIV. Nelle aree rurali dove
l’istruzione può dipendere da uno o due insegnanti, le conseguenze possono essere
devastanti. Formare insegnanti esperti per compensare le perdite è attualmente aldilà
delle capacità dei sistemi educativi dei Paesi colpiti.
Molte famiglie colpite dall’AIDS ritirano i loro figli dalla scuola per compensare le
perdite lavorative, per prendersi cura del familiare ammalato o semplicemente perché
non possono più permettersi i costi dell’istruzione. La perdita di insegnanti capaci e la
ridotta frequenza scolastica si traduce in generazioni future di lavoratori meno
professionali e quindi in produzioni qualitativamente sempre più carenti e meno
remunerative.
Impatto dell’AIDS sul settore sanitario:
strategie efficaci per affrontare l’AIDS
abbisognano di sistemi sanitari organizzati, efficaci e flessibili. Purtroppo l’epidemia ha
colpito Paesi in cui la riduzione delle spese pubbliche, per riparare il debito nazionale e
conformarsi alle richieste internazionali, aveva già messo a dura prova l’efficienza dei
servizi
sanitari.
In
aggiunta
l’epidemia stessa
ha
rapidamente
contribuito
al
deterioramento dei servizi sanitari aggiungendo all’equilibrio già precario un nuovo
carico di lavoro e falcidiando gli operatori sanitari. In Zambia la proporzione di
malattia e di morte negli operatori sanitari si è accresciuta di 5-6 volte nel 2001 e
l’AIDS costituisce dal 19 al 53% delle cause di morte tra gli operatori del sistema
sanitario nazionale.
Impatto dell’AIDS sui bambini: i bambini resi orfani dall’AIDS sono diffusi in tutti i
Paesi, ma le dimensioni del problema assumono aspetti angoscianti nell’Africa sub-
sahariana, dove 12 milioni di bambini hanno perso uno od entrambi i genitori a causa
dell’infezione. In assenza dell’ambiente protettivo delle loro famiglie i bambini orfani
sono a maggior rischio di malnutrizione e di cattiva cura da parte di chi “si occupa” di
loro;
nei
casi
peggiori
possono
correre
il
rischio
di
essere
arruolati
come
soldati/bambini, di essere sfruttati al lavoro in stato di semi-schiavitù, di essere
avviati alla prostituzione o di venire ad ingrandire le fila dei così detti bambini di
strada.
Bambini orfani dell’AIDS in alcune regioni dell’Africa sub-sahariana (Fonte rapporto
UNAIDS 2004)
L’iniquità di questa situazione consiste nel fatto che l’andamento dell’epidemia da HIV
potrebbe di fatto essere modificato. Oggi esistono numerosi farmaci antivirali in grado
di controllare la replicazione del virus e di impedire l’evoluzione dell’infezione verso la
malattia conclamata.
La disponibilità diffusa di terapie antivirali ha ridotto in modo drastico la mortalità per
HIV nei Paesi industrializzati ed ha addirittura indotto il falso convincimento che l’AIDS
sia una malattia guaribile. Se ciò non è, in realtà, vero e però certo che le aspettative
e la qualità di vita di una persona HIV positiva -che assuma regolarmente la terapiasono decisamente migliorate negli ultimi anni. A fronte di questo si è generato un gap
enorme tra il nord ed il sud del mondo per quanto riguarda
l’infezione e i danni
devastanti da essa provocati.
Le difficoltà connesse alla gestione della terapia antiretrovirale sono certamente
diverse e si moltiplicano nei Paesi in via di sviluppo. Il problema non risiede infatti solo
nella disponibilità dei farmaci e nel loro costo, ma anche, e forse ancor più,
nelle
difficoltà connesse alla gestione della terapia. Per poter eseguire la terapia, infatti, si
deve
avere
a
disposizione
personale
preparato
sia
in
campo
medico
che
infermieristico; devono essere anche disponibili adeguati laboratori per il monitoraggio
dell’efficacia e della tollerabilità dei farmaci che richiedono una assunzione a tempo
indeterminato.
Si deve consentire inoltre agli ammalati la accessibilità ai servizi
(trasporti, costi, discriminazioni).
Da anni le organizzazioni internazionali e moltissime ONG stanno portando avanti
programmi educazionali e, più recentemente, interventi terapeutici nei Paesi dell’Africa
sub-sahariana. L’Organizzazione Mondiale della Sanità in cooperazione con il Global
Fund ha lanciato l’operazione “Three for Five”
con l’obiettivo dichiarato di rendere
disponibile la terapia antiretrovirale per 3 milioni di persone entro il 2005. Lo stesso
Kofi Annan, nel corso della Conferenza Mondiale sull'AIDS, tenutasi a Bangkok nel
Luglio 2004, ha però dovuto riconoscere che esistono gravi ritardi nel progetto e che
difficilmente si potrà raggiungere questo obiettivo ambizioso.
Nell’Africa sub-sahariana resta ancora moltissimo da fare e molte, troppe persone
sono
escluse da qualsiasi
nostro non dovrebbero
disumana.
terapia per l’AIDS.
Paesi ricchi e “progrediti” come il
consentire all’infinito questa ingiustizia e questa tragedia