The red violin (Il violino rosso - Le violon rouge)
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The red violin (Il violino rosso - Le violon rouge)
FONDAZIONE GIORGIO CINI ONLUS THE LUDWIG VAN PICTURE SHOW n. 29 – 4 ottobre 2008 – ore 17 a Palazzo Cini The red violin (Il violino rosso - Le violon rouge) Un film di François Girard (1998-200) 132’ Oscar per la migliore colonna sonora nel 2000 (musiche di John Corigliano, primo violino delle orchestre di Bernstein), The red violin è un film ossessivamente incentranto sulle avventure (anche tragiche) di oggetto mitico. Un oggetto musicale, un violino secentesco. Realizzato dal regista canadese François Girard, il film è stato girato, nel 1989, in mezzo mondo: in Italia, in Austria, nella Cina degli anni delle guardie rosse, neli Stati Uniti, con gran dispendio di mezzi FONDAZIONE GIORGIO CINI ONLUS Vi recitano Samuel l. Jackson, Monique Mercure, Colm Feore, Greta Scacchi, Jason Flemyng, Christoph Koncz, Clothilde Mollet, Carlo Cecchi. La fotografia di Alain Dostie. La sceneggiatura contorta e astrusa è dello stesso Girard. La storia comincia a Cremona nel 1630; mentre la bella moglie è incinta del suo primogenito, il liutaio Nicolò Bussotti lavora a quella che dovrà essere la sua opera più grande, gemella del figliolo. Un meraviglioso violino di color rosso vivo, sanguigno. La sposa muore però di parto e l'omaggio preparato per festeggiare l'evento diventa per Bussotti (e per Girard) una vera ossessione. Sopraffatto dal dolore, Nicolò porta a termine la costruzione di un violino perfetto, dipinto con una vernice eccentrica, rossa, nella quale ha aggiunto tutto il sangue tratto dalle vene del cadavere della moglie. Il violino viene acquistato e venduto finché non giunge ad essere in possesso dei monaci di un castello alpino, in Austria, dove, attraverso il trascorrere di varie generazioni di orfani, arriva nel 1792 nelle mani di un wunderkind, il piccolo fanciullo prodigio Kaspar Weiss. Il ragazzino si sente male ogni volta che si separa dal violino rosso e, scelto per un'audizione a corte, il giorno della prova viene sopraffatto dall’ansia e muore soffocato. Sepolto assieme al ragazzo prodigio, il violino rosso, viene trafugato dalla tomba e passa di mano in mano attraverso varie generazioni di tzigani. In Inghilterra nel 1893 il signor Pope, compositore, lo sottrae ad alcuni zingari ottenendolo come pagamento dell'affitto del terreno abitato dalla turba dei nomadi. Il violino rosso fa allora da tramite alla passione erotica che allaccia Pope e la sua amante, la scrittrice Victoria Byrd. Quando Victoria parte per la Russia, Pope comincia ad assumere stupefacenti e vive nello stravizio, spesso e volentieri con il violino alla mano in performance erotiche e autoerotiche; Victoria ritornata dalla Russia, trova l'amante nudo insieme ad una voluttuosa zingara, spara, colpisce il violino, e scappa. Pope allora si uccide. Il suo domestico, disoccupato, trova lavoro in Cina, porta con sé il violino a Shanghai, lo vende ad un banco dei pegni, dove viene acquistato dalla madre della violinista Xiang Pei. Nel 1964 Xiang-Pei, divenuta funzionaria del partito comunista, viene redarguita pubblicamente per aver difeso i pregi di un violino, uno strumento occidentale e capitalista. Il suo vecchio maestro di musica nasconde il violino rosso contestato dalla turba in soffitta. La storia cinese si ingarbuglia non senza violenza. Ai giorni nostri, le nuove autorità cinesi spediscono a Montreal una serie di strumenti requisiti, per farli battere all'asta. L'esperto Charles Morritz si accorge della presenza del violino e, per impossessarsene, lo sostituisce con una copia ottocentesca del mitico violino Pope. Un ignaro magnate compratore è felice, quando l’asta gli assegna il pezzo falso; Morritz lo vediamo in fuga verso l'aeroporto, col rosso violino autentico di Bussotti sotto il braccio. La storia evidentemente non è finita. Il film sì. FONDAZIONE GIORGIO CINI ONLUS The red violin non ha avuto un’accoglienza positiva. Pur risultando opera virtuosistica, cinematograficamente gustosissima, a tratti geniale, specie nello specifico cinematografico linguistico, è stato trattato da ‘polpettonaccio’. Così Irene Bignardi sulla Repubblica nel settembre del 1998, prima della spettacolare premiazione americana dell’anno seguente: «Dobbiamo pensare di esserci sbagliati? Avevamo tanto amato la libertà, il gioco intellettuale, la carica inquietante dei Trentadue piccoli film su Glenn Gould di François Girard, ma, dopo una parentesi non propriamente eccellente dedicata al uno dei sei film ispirati a sei registi dal violoncellista Yo Yo Ma, il regista canadese ritorna con Il violino rosso, un copione tanto ambizioso quanto mal riuscito, che solo l'ironia e il gusto di Otar Iosseliani avrebbe potuto salvare dal Kitsch. Girard invece fa proprio sul serio, e percorre i secoli seguendo la storia di un violino rosso, capolavoro di un grande liutaio (immaginario), Nicolò Bussotti (Carlo Cecchi), la cui giovane moglie (Irene Grazioli) muore di parto. Ritroviamo il violino nel '700, in Austria, tra le mani di un orfanello: un bambino prodigio che gli è morbosamente legato (al violino), e che i buoni fraticelli a cui è affidato l’orfano, lo affidano a loro volta a un grande maestro (Jean-Luc Bideau) perché lo educhi - ma la conclusione della storia è malinconica. [Il bimbo muore]. Poi, alla fine dell'800, in Inghilterra il violino ricompare tra le mani di un compositore e violinista (Jason Flemyng) che lo usa per rendere più eccitanti i suoi incontri erotici con l'amante (Greta Scacchi). Quindi in Cina, durante la rivoluzione culturale che relegò i violini tra gli strumenti del diavolo occidentale. E infine a Montreal, dove il FONDAZIONE GIORGIO CINI ONLUS capolavoro di Bussotti sarà messo all'asta, di fronte a un pubblico di avidi appassionati - salvo che ci penserà Samuel Jackson, nel ruolo di un grande esperto, a complicare le cose. Dire che preferiamo Samuel Jackson con la pistola in mano anziché con la mutria fasulla dell'uomo di cultura suona male? Ma non è certo l'attore di Tarantino il problema di un film che aspira a comunicare intense e poetiche emozioni e che, per cattiva scrittura e sciatta direzione, sfiora spesso il comico involontario. Un peccato. Girard è uno sperimentatore, un regista fuori dagli schemi. Queste qualità qui non si vedono, a meno che non le rappresenti quella stravagante inquadratura dall'interno del violino rosso. Si vede solo un filmone a episodi polveroso e poco inventato, che potrebbe però, complice la musica, diventare di culto per ragioni paradossali: ha la palma la scena in cui Jason Flemyng, nudo su un letto, si accarezza il violino, piazzato tra le gambe».