L`opinione - Società Ticinese degli Ufficiali

Transcript

L`opinione - Società Ticinese degli Ufficiali
Sommario
3
Società Ticinese degli Ufficiali
Convocazione all’AGO STU 2012
4
Ufficiali promossi e prosciolti nel 2011
7
Attualità politica e militare
Sicurezza in Europa - Quo vadis?
dr. Gianandrea Gaiani
13
Esercito Svizzero
Speciale - Comando forze speciali:
strumento strategico e centro di competenza
Col SMG Laurent Michaud
21
Intervista al Col SMG Laurent Michaud
col Franco Valli
23
Dal “bat a tòcch” al bat fant mont 30
Div a d Francesco Vicari
Rivista Militare della Svizzera Italiana
26Promozioni
www.stu.ch
Redazione
col Franco Valli (redattore responsabile)
Collaboratori
cap Stefan Lehmann
Alessandra Isotta
Angioletta Isotta
Corrispondenti
dr. Gianandrea Gaiani
ing. Fausto de Marchi
27
L’opinione
Divagazioni
Magg Carlo Schirrmeister
30
Società Svizzera degli Ufficiali
Un nuovo presidente
30
L’ultimo appello del vecchio Presidente
Col SMG Hans Schatzmann
Editore - Inserzioni
Circolo Ufficiali di Lugano
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31
Corrispondenza
col Franco Valli
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36
Risoluzione
37
Varie
Aldo e Cele Daccò mecenati e filantropi
La donazione
Dr. Marino Viganò
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seconda e terza di copertina: fr. 2500.–
quarta di copertina: fr. 3000.–
per altri formati rivolgersi all’Amministratore RMSI
Il primo appello del nuovo Presidente
Br Denis Froidevaux
33
Intervista al Br Denis Froidevaux
Col SMG Peter Schneider
40
L’eco da palazzo federale
a cura dell’ing. Fausto De Marchi
Equipaggiamento e armamento
41 Equipaggiamento e armamento
ing. Fausto De Marchi
49Comitati
Le opinioni espresse dagli autori degli articoli
rispecchiano esclusivamente le idee personali
e non coinvolgono l’opinione della redazione.
La collaborazione è aperta a tutti.
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RMSI 2.2012 | 1
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Convocazione all’Assemblea Generale Ordinaria
della Società Ticinese degli Ufficiali (STU)
Sabato 12 maggio 2012 alle 0930, Spazio Officina Chiasso
Programma
Dalle 08.45, arrivo dei partecipanti e degli ospiti
•
Benvenuto del Presidente del Circolo Ufficiali del Mendrisiotto
Cap Daniele Pestalozzi
•
Saluto dell’autorità locale
•
Intervento del Consigliere di Stato Direttore del Dipartimento delle Istituzioni
On. Norman Gobbi
•
Relazione Presidente STU
Col SMG Marco Netzer
Rapporto finanziario 2011 e rapporto dei revisori
Rapporto attività SSU, Società Svizzera degli Ufficiali
Br Denis Froidevaux, Presidente
Eventuali
•
Proscioglimento degli Ufficiali 2011
(Sezione del militare e della protezione della popolazione)
•
Saluto agli Ufficiali neo-promossi
(Sezione del militare e della protezione della popolazione)
•
Relazione
“Sviluppo futuro dell’Esercito: Stato dei lavori”
Col SMG Alain Vuitel, Delegato del Capo dell’Esercito per lo Sviluppo futuro dell’Esercito
•
Aperitivo
Ricco buffet per tutti i partecipanti offerto dalla STU
preparato e servito dall’Associazione For.TI
Con la partecipazione della Musica Militare Ticinese
Tenuta
Per i soci obbligati al servizio: tenuta d’uscita
Per i soci non obbligati al servizio: abito civile o tenuta d’uscita
Organizzazione
Posteggi
Riservati in zona
RMSI 2.2012 | 3
Società Ticinese degli Ufficiali
Neopromossi e prosciolti 2011
dipartimento delle istituzioni, sezione del militare e della protezione della popolazione
Il 12 maggio prossimo, l’Assemblea ordinaria della Società Ticinese degli Ufficiali onorerà i nuovi ufficiali
promossi nel corso del 2011. Nel contempo saranno pure ringraziati gli ufficiali che sono giunti al termine
del loro servizio per la Patria.
La RMSI porge gli auguri ai giovani e i ringraziamenti agli ormai veterani contando sul loro attaccamento
alla STU e alla nostra Rivista.
Neo Ufficiali 2011
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Cavadini
Bernasconi
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Mattia
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Diego
Roberto
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Bttr DCA m 32/1
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Cp salv 3/3
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Bttr DCA m 32/1
Bttr dir fuoco art 49
Bttr SM DCA m 32
Cp fant mont 30/1
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Cp salv 3/2
Cp salv 3/3
Log Stabskp 101
Mil Spiel HE Ost
Mil Spiel Log Br 1
Ausb Inf
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Ausb Rttg
Bttr log art 49
Bttr log art 49
Cp appo fant mont 30/4
Cp appo fant mont 30/4
Cp appo fant mont 30/4
Cp fant mont 30/1
Cp fant mont 30/2
Cp fant mont 30/3
Cp SM fant mont 30
Cp SM fant mont 30
SM gr art 49
Trib mil 8
Agno
Origlio
Avegno
Osogna
Agno
Bidogno
Miglieglia
Gentilino
Riva S.Vitale
Massagno
Magliaso
Gambarogno
Stabio
Pregassona
Pazzallo
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Mendrisio
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Coldrerio
Pregassona
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Muzzano
Lugano
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Bellinzona
Vacallo
Società Ticinese degli Ufficiali
Ufficiali prosciolti 2011
Col
Magg
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Ten col
Magg
Cap
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Magg
Col
I ten
Ten col
Magg
Ten col
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I ten
Magg
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Col SMG
uff spec (cap)
Cap
Cap
I ten
Cap
Cap
Magg
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Cap
Magg
I ten
Magg
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I ten
Magg
I ten
Magg
I ten
I ten
I ten
I ten
Cap
Am Rhyn
Anselmi
Bacciarini Bakopanos Bisang Calanchini Calderari Canonica Canonico Cassis Castelli Caverzasio Conti Conti Da Dalt De Boni Dozio Filanti Galli Gandolfi Gottardi Haas Herrmann Herzig Jopiti Kistler Lardi Mion Moccetti Monti
Moriggia Mozzini Müller Petrocchi Pietra Prétôt Roth Rotta Rubeli Sciaroni Studer Suter Tanner Thoma Tomiello Tonella Tumminaro Züger Beat
Luciano
Luca
Emanuele
Daniele
Carlo
Michele
Daniele
Marco
Ignazio
Damiano
Daniele
Fabio
Michel
Vanino
Marzio
Adriano
Claudio
Giovanni Maria
Luca
Mattia
Daniel
Christian
Matthias
Enea
Nicola
Giovanni-Luca
Paolo
Nicola
Fabio
Curzio
Vincenzo
Marco
Simone
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Didier
Caspar
Gianfranco
Alain
Roberto
Stefan
Thierry
Daniele
Lorenzo
Antonio
Curzio
Enrico
René
Minusio
Sementina
Vacallo
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Montagnola
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Montagnola
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6
Attualità politica e militare
Sicurezza in Europa – Quo vadis?
dr. gianandrea gaiani
Dr. Gianandrea Gaiani
Chi l’avrebbe mai detto che avremmo rimpianto le certezze e la
“stabilità” che hanno caratterizzato per mezzo secolo l’Era della
Guerra Fredda? Quando la minaccia per l’Europa era rappresentata dal rischio di una guerra globale resa di fatto impossibile, perché avrebbe visto solo sconfitti e nessun vincitore, dagli
imponenti arsenali nucleari dei due blocchi. Un rimpianto che è
certamente una provocazione in un’epoca come quella attuale
che vede vacillare ogni certezza in termini di interessi globali,
europei, occidentali e nazionali. Un’epoca che vede la vecchia
alleanza, la Nato, sempre più allargata ma anche sempre meno
compatta mentre l’Unione Europea è riuscita a partorire una
“quasi dittatura” economico-finanziaria che addirittura si arroga
il diritto di intimidire o rovesciare governi democraticamente eletti ma non è ancora riuscita a darsi strumenti e obiettivi credibili in
politica estera e di difesa. Anzi, complice la crisi economica l’Europa sta rinunciando a investire nella Difesa e sta rapidamente
riducendo forze armate, stanziamenti e capacità operative. Con la
scusa della diffusa dottrina CoIn tipica delle guerre asimmetriche,
gli europei stanno improvvidamente indebolendo le capacità di
combattere guerre convenzionali ridimensionando le componenti terrestri più costose e pesanti (artiglieria, corazzati, blindati).
Così ci prepariamo a combattere domani le guerre di oggi senza
tenere conto che i prossimi conflitti potrebbero vederci impegnati contro Stati o blocchi di Stati in operazioni convenzionali…..
come durante la Guerra Fredda.
Eppure le minacce non mancano. I rapporti con Mosca non sono
certo quelli della Guerra Fredda ma non c’è dubbio che l’iniziativa
statunitense di portare avanti il programma di difesa antimissile è visto in Russia come una deterrenza contro il suo arsenale
missilistico al quale Mosca ha risposto, in stile Guerra Fredda,
schierando missili balistici a medio raggio a Kaliningrad. Allo
stesso modo la presenza della Nato e degli USA in Asia Centrale
che ha fatto seguito all’11 settembre 2001 è considerata una
presenza nel loro “giardino di casa” dai russi. Con Mosca non
mancano però le convergenze d’interessi. La disponibilità russa
al transito di mezzi logistici e ora anche armamenti e truppe della
Nato diretti in Afghanistan ben rappresenta la preoccupazione
RMSI 2.2012 | 7
Attualità politica e militare
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8
Voi e le vostre
Attualità politica e militare
del Cremlino che la minaccia jihadista di matrice afghano/pakistana possa puntare sui territori russi ed ex sovietici dopo il ritiro
di Isaf da Kabul. Sul “fronte interno” la minaccia terroristica di
matrice islamica in Europa resta alta, almeno sul piano teorico e
della prevenzione anche se non ha mai assunto i livelli paventati
dopo l’11/9. Del resto la penetrazione islamica in Europa non
sembra aver bisogno di utilizzare metodi terroristici su vasta scala
considerato l’ampio riconoscimento sociale, politico e finanziario
che i Paesi europei offrono anche alle forme di Islam più radicale.
La minaccia più rilevante per gli europei si palesa ancora una
volta nel Mediterraneo come è già accaduto più volte in passato.
La cosiddetta ”primavera araba” che gli osservatori più attenti
già definiscono un rigido inverno, sta determinando la nascita di
un blocco di Paesi, dalla Tunisia alla Libia all’Egitto, dominati da
movimenti islamisti e jihadisti: dai Fratelli Musulmani (che molti,
a Washington e nelle cancellerie europee si ostinano a definire
“moderati” ) ai Salafiti che negli ultimi anni hanno fornito molta
manovalanza ad al-Qaeda ed “esportato” molte cellule terroristiche in Europa. Il supporto politico e militare della Turchia unito a
quello finanziario di Arabia Saudita e Qatar hanno tolto di mezzo rapidamente i movimenti e le istanze liberali e libertarie che
hanno animato le rivolte contro i regimi di Ben Alì e Mubarak
facendo trionfare i movimenti più conservatori che vedono nella
sharia l’unico strumento di gestione politica e sociale. L’aspetto
paradossale è che questo repentino passaggio di poteri nel Mediterraneo meridionale e orientale è stato determinato anche da
un’Europa che sembra priva di una strategia definita, dominata
dagli interessi speculativi di alcuni singoli Stati e incapace di elaborare una visione autonoma rispetto agli Stati Uniti. Washington
e l’Europa hanno favorito il “regime change” nel mondo arabo
abbandonando leader certo autoritari ma che per molti anni sono
stati i migliori alleati dell’Occidente. Persino Muammar Gheddafi era stato “domato” e rappresentava un valido partner commerciale ed energetico che si era rivelato un prezioso alleato per
combattere l’estremismo islamico.
La guerra libica è forse il simbolo più eclatante di una situazione
che vede l’Europa determinare gran parte dei suoi problemi, presenti e futuri. Per carità di Patria, da italiano, mi limito a ricordare
che Roma ha fatto la guerra al suo principale fornitore di petrolio
e al terzo di gas! Le ambizioni franco-britanniche, coordinate con
alcuni esponenti del regime libico, hanno determinato una guerra
per molti versi atipica. Gheddafi, contro tutte le aspettative, ha
resistito più a lungo del previsto contro ribelli raffazzonati e appoggiati da una Nato poco efficace e ancor meno convincente.
Basti pensare che su 27 Paesi aderenti all’Alleanza Atlantica solo
una dozzina hanno partecipato all’operazione Unified Protector
e appena la metà hanno compiuto azioni belliche. Certo le guerre
si valutano dai risultati conseguiti: per questo possiamo definire
il conflitto libico fallimentare. Il Paese è oggi dominato dal caos e
dall’anarchia, “feudalizzato” da circa 70 milizie le più forti delle
quali sono islamiste e guidate da uomini che facevano parte del
Gruppo Islamico Libico Combattente, filiale cirenaica di al-Qaeda
che fornì molti kamikaze alle milizie che combatterono americani
e alleati in Iraq. A un’iniziativa di difesa europea che latita o viene
subordinata agli interessi (spesso contraddittori) delle “piccole
grandi potenze” del Vecchio Continente si aggiunge l’accentuarsi
della crisi della Nato soprattutto sotto il profilo della credibilità e
coerenza. Un’alleanza che combatte da dieci anni in Afghanistan
per impedire ai talebani di riportare la sharia a Kabul e bombarda
la Libia per portare la stessa sharia a Tripoli. Eppure l’Unione
Africana aveva avvisato che la caduta di Gheddafi avrebbe trasformato la Libia in una nuova Somalia. La lezione non sembra
essere stata appresa e oggi tutto l’Occidente si allinea con la
Lega Araba per far cadere il regime siriano di Assad, un dittatore
che anche Israele preferisce a un regime islamico o a una Siria in
preda alla guerra civile.
La crisi siriana assomiglia del resto a quella libica anche nella
campagna mediatica che da mesi mira a ingigantire stragi e repressioni attuate dal regime di Bashar Assad, che certo esistono
ma non bisogna dimenticare che tra i quasi 9 mila morti registratisi secondo l’Onu dall’inizio della rivolta, circa un terzo sono militari e poliziotti. In Siria si combatte una guerra civile con un esercito degli insorti armato e appoggiato da turchi, sunniti-libanesi e
qatarini, occidentali e….. l’inedito alleato al-Qaeda. Cioè più o
meno gli stessi che appoggiarono la rivolta contro Gheddafi. Per
comprendere le ragioni di una strategia che pare priva di senso
se non addirittura controproducente e antitetica rispetto ai nostri
interessi non basta ribadire l’assenza di una “vision” europea o
sottolineare la pochezza di leadership che confondono gli interessi nazionali con i contratti firmati dalle aziende energetiche
o dall’industria dell’hi-tech militare (più amministratori delegati
che statisti). Occorre piuttosto chiedersi “cui prodest”?
RMSI 2.2012 | 9
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della Svizzera Italiana
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10
Attualità politica e militare
Gli USA, abbandonata la strategia improntata alla stabilizzazione
che li ha contraddistinti prima e durante l’Amministrazione Bush,
sono divenuti oggi una potenza “destabilizzatrice”. Non a caso
l’abbandono dei regimi arabi tradizionalmente alleati di Washington ha spaventato soprattutto l’Arabia Saudita, monarchia medioevale che per non rischiare di fare la stessa fine ha puntellato
con le sue truppe il regno del Bahrein. Barack Obama, con i turchi
come alleati regionali che rappresentano oggi anche un punto
di riferimento ideologico per il Medio Oriente, punta a creare un
blocco sunnita omogeneo guidato dai Fratelli Musulmani e da
partiti affini in gradi di combattere o isolare l’Iran sciita e i suoi
alleati, incluso il regime alauita siriano e gli hezbollah libanesi. La
strategia di Obama prevede che gli statunitensi restino dietro le
quinte sul piano militare, fornendo supporto strategico e logistico
ma lasciando agli alleati regionali i compiti di prima linea come
è in parte accaduto in Libia e come potrebbe accadere presto in
Siria, campo di battaglia sul quale Qatar e Turchia premono per
mettere alla prova le loro capacità di leadership militare regionale.
Non si tratta solo di una scelta dettata dal logorio delle guerre
afghana e irachena o da ragioni finanziarie. Sembra esserci ben
di più. L’impressione è che gli Stati Uniti possano sperare di mantenere il loro primato globale nei prossimi decenni solo fomentando instabilità e disordine nel “cortile di casa” dei loro diretti
rivali militari, finanziari ed economici: Russia, Europa, Cina, India,
Giappone…..Se analizziamo attraverso questa lente le recenti iniziative di Washington si intravvede il disegno globale. Nel Pacifico
Obama mobilita gli alleati (e gli ex nemici come il Vietnam) per far
fronte all’espansionismo cinese. Vende armi a tutti e, a differenza
che in passato, non garantisce un ombrello di sicurezza ma esorta
gli alleati a spendere di più per la difesa, ovviamente acquistando
armi americane per compensare il calo delle commesse interne
all’industria militare. Se Cina, Taiwan, Corea del Sud e Giappone
saranno impegnati in una massiccia corsa al riarmo avranno meno
risorse da destinare allo sviluppo e a competere con gli States.
Anche le trattative in atto con i talebani in Qatar potrebbero indicare il tentativo di mediare un rapido disimpegno dall’Afghanistan magari in cambio della rinuncia al jihadismo. Un recente
rapporto della Nato ha rivelato che i pakistani tengono sotto
stretto controllo i talebani e si apprestano a riprendere Kabul una
volta partiti gli occidentali. Il presidente afghano Hamid Karzai ne
è consapevole e infatti nell’ottobre scorso ha stretto un accordo
strategico con l’India che impegna Nuova Delhi a rimpiazzare se
necessario con propri soldati le forze della Nato. Potremmo già
oggi immaginare l’Afghanistan come nuovo campo di battaglia
nel confronto tra India e Pakistan ma anche come una minaccia
alla sicurezza che coinvolgerà le potenze locali; non solo India
ma anche Russia e Cina (che hanno forti minoranze islamiche
già oggi turbolente), che verrebbe così distratta dallo sviluppo
navale che la sta proiettando nel Pacifico per far fronte a minacce
continentali. Non è un caso che Pechino sia oggi il primo partner
commerciale dell’Afghanistan del presidente Hamid Karzai e che
Mosca punti a difendere i suoi interessi regionali fornendo armi
a Kabul e proteggendo Damasco per fermare il dilagare della
deriva islamista.
Alla luce di questi rapidi mutamenti l’Europa sembra seguire ciecamente gli Stati Uniti i cui interessi non coincidono più con i
nostri che invece, paradossalmente, hanno molto in comune con
quelli di Mosca. Il sostegno alla destabilizzazione del mondo
arabo, che rischia in prospettiva di portarci verso una nuova Lepanto, potrebbe rappresentare un suicidio strategico. Anche perché nessuno a Bruxelles o nelle altre capitali europee è riuscito a
spiegare in che modo regimi islamisti radicati alle porte dell’Europa possano rientrare nei nostri interessi e contribuire alla nostra
sicurezza. Tra scelte politico-strategiche discutibili e strumenti militari in rapida riduzione la minaccia più imminente per l’Europa è
forse quella di cadere nell’irrilevanza. K
RMSI 2.2012 | 11
Anticipazioni nella RMSI 3/2012
Stagione delle Assemblee generali ordinarie della STU,
Circoli, Società e Associazioni
Messaggi dei presidenti
Marignano 2015
Un progetto per commemorare la battaglia dopo 500 anni
Scrivetemi le vostre:
Osservazioni
Reazioni
Contestazioni
Critiche
12
Franco Valli
[email protected]
Via C Ghiringhelli 15
6500 Bellinzona
Scrivetemi,
nell’interesse dei lettori della RMSI!
Esercito Svizzero
Honor Modestia Unitas
“Attualmente ogni esercito moderno deve affrontare tre sfide:
• la sempre maggiore vulnerabilità della propria società;
• le nuove minacce transfrontaliere che possono mutare rapidamente;
• la crescente pressione finanziaria dovuta alla scarsità di risorse.
Saper reagire alle crisi è un’altra necessità dello Stato. Servono strumenti flessibili che consentano, con un impiego minimo di risorse,
di fornire prestazioni efficaci e di garantire la libertà e l’incolumità della popolazione. L’esercito inteso come strumento genera valore
aggiunto soprattutto quando, acquisendo informazioni, inizia a controllare la situazione preferibilmente già prima di un’escalation,
garantendo così una maggiore libertà d’azione agli organi decisionali.
Il comando forze speciali rappresenta questo tipo di strumento per il Governo nazionale e l’esercito”.
Capo dello Stato maggiore di condotta dell’esercito, divisionario Jean-Marc Halter
Comando forze speciali:
strumento strategico e centro di competenza
colonnello smg laurent michaud, comandante forze speciali
Nella primavera 2010, il capo del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) ha
ratificato una decisione del Comando dell’esercito e ordinato la
fusione di tutte le unità speciali dell’esercito in una nuova organizzazione, ovvero il comando forze speciali (CFS).
Meno di due anni più tardi, dopo dei lavori di concretizzazione
condotti a livello di esercito e approvati dal capo DDPS, è stato
creato questo comando, operativo sia a livello d’istruzione che
d’impiego. È quindi ora possibile presentarlo più in dettaglio sulla
stampa militare specializzata del nostro Paese1.
Unire le forze
L’origine di questa procedura risale al 2009: all’epoca il Comando
dell’esercito aveva ordinato un’analisi approfondita dell’ambito
delle unità speciali per identificare delle misure d’ottimizzazione.
Da parte sua, in seguito al rifiuto del Parlamento di accettare la
partecipazione della Svizzera all’operazione «ATALANTA», il consigliere federale Ueli Maurer aveva incaricato il suo ispettorato di
esaminare il caso del distaccamento d’esplorazione dell’esercito
10 e delle altre unità speciali dell’esercito.
Queste attività d’analisi hanno portato alle stesse conclusioni:
solo la riunione di tutte le unità speciali sotto un unico tetto,
con subordinazione diretta al capo dello Stato maggiore di con-
RMSI 2.2012 | 13
Esercito Svizzero
dotta dell’esercito (C SMCOEs), consente di concentrare le forze
e le competenze, di consolidare le prestazioni, di aumentare le
sinergie e di realizzare dei risparmi, in particolare eliminando dei
doppioni nell’ambito dei compiti amministrativi e di condotta.
Concretamente, questa riunione attorno al comando dei granatieri 1 in vista della creazione del CFS ha implicato tre ristrutturazioni distinte.
In primo luogo, l’istruzione di base dei granatieri e degli esploratori paracadutisti è stata riunita nel nuovo Centro d’istruzione
delle forze speciali (CIFS) a Isone al fine di sfruttare appieno le
sinergie tra questi militari che hanno superato un’apposita selezione e dispongono di un’istruzione e un equipaggiamento speciali, volti alla condotta di operazioni particolari (OP). La fase di
consolidamento nel 2011 ha dimostrato la sua ragione d’essere
aumentando l’efficacia dell’istruzione, senza tuttavia indebolire
le interfacce essenziali con le Forze aeree, e di riflesso l’utilizzo in
tal senso dell’aerodromo di Locarno.
Nonostante il fatto che i granatieri e gli esploratori paracadutisti
abbiano delle modalità di reclutamento2, un modello di servizio3
e una cultura diversi, presentano comunque delle affinità per
quanto riguarda gli aspetti essenziali: i compiti da adempiere,
la priorità attribuita alla qualità e il carattere selettivo dell’istru-
zione di base. Nel quadro del CIFS, questi specialisti trovano un
ambiente ottimale per sviluppare le loro capacità individuali e
collettive, e sono la dimostrazione che un esercito di milizia è
perfettamente in grado di generare delle forze speciali.
In secondo luogo, il distaccamento d’esplorazione dell’esercito
10 (DEE 10) e il distaccamento speciale della polizia militare (dist
spec PM) sono stati oggetto di un’armonizzazione nel quadro del
CFS al fine di essere impiegati in modo congiunto, immediatamente e in maniera complementare. Questa fase di integrazione
non ha tardato ad essere messa in pratica con l’impiego deciso
dal Consiglio federale nel dicembre scorso di un distaccamento
creato a partire dalle due unità per proteggere l’ambasciata svizzera a Tripoli.
I profili di queste unità di professionisti sono diversi tra di loro: il
DEE 10 è una formazione militare orientata agli impieghi all’estero, mentre il dist spec PM è una formazione di polizia orientata
agli impieghi in Svizzera. Pur badando a non mischiare i compiti
di polizia con quelli militari, è comunque data una complementarità evidente per certi compiti, come per esempio la protezione
di persone e beni, in cui il fatto di disporre di profili diversi in
seno allo stesso comando costituisce un grande vantaggio a livello operativo.
In terzo luogo, al fine di garantire la condotta da un’unica fonte
di tutte le unità speciali dell’esercito, quest’ultime non sono più
ripartite tra le Forze terrestri, le Forze aeree e la Sicurezza militare,
ma riunite nel CFS in seno all’SMCOEs. Ciò ha permesso di semplificare i rapporti di subordinazione e di ottimizzare le attività
di condotta. Inoltre il numero dei comandi è passato da quattro
a due. Sono quindi stati realizzati dei risparmi non trascurabili
senza tuttavia ridurre le capacità operative.
14
Esercito Svizzero
In generale, da 20 anni a questa parte, nelle forze armate si registra la tendenza a riunire le unità speciali in vista del loro impiego, e in misura crescente nell’ambito dell’istruzione, per motivi
d’efficacia e malgrado le rivalità che oppongono le diverse componenti interessate. In base a una procedura coordinata a stretto
contatto con il Governo, il nostro esercito intraprende una strada
simile, in funzione dei propri bisogni.
Questa trasformazione concerne in primis i militari di professione delle organizzazioni interessate. Per la milizia sono fattori di
cambiamento soprattutto la fusione dell’istruzione di base e il
cambiamento di subordinazione. Per tale motivo, lo scorso 18
febbraio a Lugano si è tenuta una giornata informativa che ha
visto la partecipazione di 400 quadri del CFS. Lo scopo di tale
manifestazione era quello di illustrare in dettaglio le novità legate
alla costituzione del CFS.
Impiego e sviluppo
Il CFS rientra nei mezzi di primo intervento dell’esercito, ma può
essere impiegato in ogni tipo di operazione. Quale strumento
strategico al servizio degli interessi nazionali in ogni situazione,
esso è concepito per adempiere degli impieghi ad appannaggio
diretto della condotta politica e militare del Paese.
Questi compiti possono essere riassunti come segue:
• compiti di protezione e interventi in Svizzera a favore delle autorità civili o nell’ambito dell’esercito;
• esplorazione particolare e azioni dirette in Svizzera, su richiesta
delle autorità civili oppure, nel caso di difesa pura, a favore del
Comando dell’esercito;
• acquisizione di informazioni, consulenza, assistenza militare e
compiti di protezione all’estero, a favore della autorità civili o
nel quadro del promovimento della pace;
• salvataggio ed evacuazione di cittadini svizzeri minacciati all’estero, a favore delle autorità civili.
La maggior parte di questi compiti è effettuata in modo sussidiario. Ciò implica una domanda debitamente formulata quando
si verifica una situazione in cui le risorse civili si rivelano insufficienti. Può trattarsi di un governo cantonale, in vista dell’organizzazione di una conferenza internazionale per la quale sono
necessari specialisti nella protezione di persone, oppure del Dipartimento federale degli affari esteri, in vista dell’appoggio a
una rappresentanza svizzera all’estero.
Le missioni svolte all’estero o immediatamente competono esclusivamente alle formazioni di professionisti. L’impiego di formazioni di milizia è previsto in Svizzera, principalmente in caso di
situazione particolare o straordinaria.
Tuttavia, il CFS deve adempiere un altro compito importante al di
fuori degli impieghi: contribuire allo sviluppo permanente dell’esercito grazie all’elaborazione e all’insegnamento di nuove tattiche, tecniche e procedure nonché grazie all’introduzione di nuovi
oggetti d’equipaggiamento.
Prestazioni generali del comando forze speciali
RMSI 2.2012 | 15
Esercito Svizzero
Grazie alle esperienze acquisite durante impieghi e campagne di
allenamento particolarmente realistici, e grazie ai contatti e agli
scambi con le forze speciali di Paesi partner, il CFS dispone di un
know-how in permanente evoluzione che gli conferisce de facto
una funzione di laboratorio in seno all’esercito.
Organizzazione delle forze speciali
Al fine di assicurare la condotta da un’unica fonte di tutte le
unità speciali, sia di professione che di milizia, sia nell’impiego
che nell’istruzione, il CFS è concepito come una Grande Unità ed
è integrato direttamente nella condotta operativa.
A tale scopo il CFS funge da centro di competenza dell’esercito
per gli ambiti seguenti:
• tiro di precisione;
• servizio di lancio;
• vita e sopravvivenza in campagna;
• tecniche di elitrasporto (discesa con la fune);
• tecniche di penetrazione con esplosivi;
• tecniche d’infiltrazione anfibie;
• protezione di persone;
• intervento.
L’SMCOEs dispone anche di uno stato maggiore specializzato per
la condotta delle forze speciali, ovvero il Centro di operazioni
particolari interforze (JSOC), una struttura di milizia articolata
attorno a un nucleo professionista in grado di assicurare la pianificazione e la condotta delle OP a livello di quartiere generale
dell’esercito, e di riflesso il collegamento tra le decisioni prese a
livello strategico e le missioni svolte al livello tattico. Esso funziona quindi in stretto coordinamento con l’SM CFS.
Il ruolo del CFS con il suo centro d’istruzione e le sue unità professionistiche consiste nello sviluppare queste diverse competenze e nel trasmetterle al resto dell’esercito, in particolare mediante
moduli d’istruzione destinati ai militari di professione, e nel metterle a disposizione dei partner civili, come per esempio i gruppi
d’intervento dei corpi di polizia. Del resto, è previsto di ampliare
questa collaborazione.
Struttura delle forze speciali (con i nuovi badge)
16
L’SM CFS è uno stato maggiore di Grande Unità che comprende
tutti gli ambiti fondamentali di condotta, in una struttura di milizia anch’essa articolata attorno a un nucleo professionista. Il suo
compito principale è quello di assicurare la prontezza di base dei
subordinati del cdt CFS in tutti gli ambiti (personale, istruzione,
logistica e condotta) nonché di pianificare e condurre – se necessario in modo decentralizzato, a partire da una base operativa
avanzata o con uno scaglione di condotta – gli impieghi delle
forze speciali.
Esercito Svizzero
La compagnia di stato maggiore del CFS permette all’SM CFS
di adempiere i propri compiti assicurando e gestendo la relativa infrastruttura di condotta. Questa unità di milizia dispone
inoltre di un nucleo professionista e di un gruppo
di militari in ferma continuata al fine di fornire
sull’arco dell’intero anno le prestazioni necessarie non solo all’SM CFS, ma anche alle unità
di professionisti che non possono contare nel
loro organico su elementi logistici.
Tra queste unità, la più conosciuta è certamente il DEE 10. Creato in base a una decisione del Consiglio federale nel 2004, nel
quadro della concretizzazione di Esercito XXI, ha conosciuto da
quel momento uno sviluppo permanente e viene impiegato regolarmente fuori dai nostri confini per compiti che richiedono le
sue capacità specifiche, ovvero l’acquisizione di informazioni, la
consulenza e l’assistenza militare, la protezione di persone e di
beni, il salvataggio e l’evacuazione di cittadini minacciati e, nel
caso di una situazione straordinaria in Svizzera, le azioni dirette.
Da parte sua, il dist spec PM è il risultato della fusione nel
2008 di due unità specializzate della polizia militare, ed è un
partner riconosciuto dei gruppi d’intervento dei corpi di polizia, con i quali condivide i corsi e si allena regolarmente.
Interamente costituito da agenti della polizia militare, viene
impiegato in Svizzera – ma anche all’estero – per dei compiti
che prevedono la consulenza e perizie nell’ambito della sicurezza come pure la protezione di persone e di beni. Costituisce
inoltre il gruppo d’intervento della polizia militare e conserva
a pieno diritto la sua identità e il suo statuto di organo della
polizia militare.
Le formazioni di milizia raggruppano il grosso dei militari
del CFS. Si tratta, da un canto, dei battaglioni di granatieri
20 e 30, ai quali occorre aggiungere una formazione di
riserva (battaglione di granatieri 40), dei corpi di truppa comprendenti 6 unità4 e in grado di preparare ed
eseguire delle OP sotto forma di missioni d’esplorazione particolare e di azione diretta nonché
in appoggio alle formazioni di professionisti;
e dall’altro, della compagnia di esploratori
paracadutisti 17, un’unità di milizia senza
equivalenti, specializzata nell’esplorazione particolare dopo un inserimento
verticale, che raggruppa delle pattuglie d’esplorazione interamente
costituite da quadri.
Il CIFS assicura l’apporto di soldati,
sottufficiali e ufficiali alle formazioni di
milizia, ad eccezione della cp SM i cui specialisti provengono da altre truppe. Organizza inoltre dei corsi
di formazione tecnica per i futuri comandanti di compagnia o di
battaglione nonché per gli ufficiali di stato maggiore e dei corsi
tecnici per i quadri di milizia.
Complessivamente, il CFS comprende ca. 3000 militari raggruppati in 3 battaglioni di 6 unità ciascuno come pure in 4 unità
indipendenti. Il reclutamento specifico, il modello d’istruzione
unico e l’impiego nel quadro delle OP fanno sì che le forze speciali debbano formare un’Arma autonoma, mentre finora erano
ripartite tra la fanteria e le truppe d’aviazione.
Una condotta specifica
Visto che l’impiego delle forze speciali è il più delle volte legato
a interessi politici, la loro condotta è assicurata in modo specifico, se necessario, indipendentemente da altre attività militari,
per ragioni di efficacia come per esempio la tutela del segreto.
Del resto, le capacità operative particolari, gli effettivi delle unità
di professione come pure le loro attività concrete sono oggetto
di una classificazione più elevata e non sono comunicati apertamente al pubblico.
Queste specificità sono inoltre determinate dalla sincronizzazione
tra la condotta militare e le decisioni politiche. Un impiego delle
RMSI 2.2012 | 17
Esercito Svizzero
In alto i granatieri nell’impiego
A destra e in basso
il distaccamento specialisti della polizia militare (PM)
18
Esercito Svizzero
forze speciali all’estero, al servizio degli interessi nazionali, viene
svolto sulla base di un’ordinanza propria5, che prevede una decisione del Consiglio federale – la quale dev’essere confermata
dal Parlamento in occasione della seduta successiva, se la missione dura più di 3 settimane – e una delega della responsabilità
dell’impiego a un determinato Dipartimento. In seguito, quest’ultimo approva l’ordine operativo del capo dell’esercito e decide
l’inizio e la fine dell’impiego.
Tale procedura è stata applicata nel caso dell’impiego dell’esercito volto a proteggere l’ambasciata svizzera di Tripoli, che è effettivo a partire dallo scorso gennaio: una domanda congiunta
del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e del DDPS
è stata accettata dal Consiglio federale, e la missione è stata
messa in pratica secondo le direttive del DFAE dall’SMCOEs e
dagli elementi di professione del CFS, con un impiego congiunto
e complementare del DEE 10 e del dist spec PM.
La condotta delle forze speciali comprende un’altra particolarità: la separazione netta tra i compiti militari e quelli di polizia.
L’integrazione di un’unità di polizia militare e di ufficiali di stato
maggiore della polizia militare nel CFS non pone de facto alcun problema sul piano giuridico, a condizione che il loro impiego come agenti della polizia militare – e non come soldati – si
svolga sotto la responsabilità della Sicurezza militare, e dunque
mediante una subordinazione diretta per tutta la durata dell’impiego in questione.
Tale procedura è stata pure applicata con successo recentemente.
Il dist spec PM è stato infatti impiegato nel quadro del Forum
economico di Davos in appoggio alla Polizia cantonale grigionese
per compiti di protezione delle persone, assieme ai suoi omologhi
dei corpi di polizia civili. La Sicurezza militare dispone d’altronde
in permanenza di una competenza d’impiego immediato d’una
parte del dist spec PM come elemento d’intervento, per far fronte
a un’eventuale urgenza in ambito militare.
Ordinando la fusione sotto un unico tetto di componenti simili provenienti da organizzazioni diverse, il capo DDPS e il capo
dell’esercito così come il Comando dell’esercito hanno scelto di
favorire la concentrazione delle forze e gli aspetti economici. La
concretizzazione di tale decisione è giocoforza sempre accompagnata da incertezze. Tuttavia, il CFS così come è stato costituito
fa già parte degli elementi definiti nel quadro dello sviluppo permanente dell’esercito. K
Note
1
Questo articolo viene pubblicato nell’ASMZ, nell’RMS e nell’RMSI
Reclutamento con doppia incorporazione ed esame d’idoneità
complementare prima della SR per i gran, istruzione prima del
servizio mediante il programma SPHAIR per gli espl par.
3
25 settimane di SR per i gran (sdt); 43 settimane (suff) e 59
settimane (uff) per gli espl par.
4
1 cp SM, 3 cp gran, 1 cp gran espl, 1 cp gran appo.
5
Ordinanza del 3 maggio 2006 sull’impiego della truppa per la
protezione di persone e di beni all’estero.
2
colonnello SMG Laurent Michaud
Nato a Losanna nel 1965 , ha ottenuto la licenza in scienze
della ampelologia presso l’Università di Dijon. Granatiere a
Isone nel 1984 e in seguito ufficiale, ha poi frequentato la Scuola
militare superiore (ETH di Zurigo) nel 1990 ed passato a ufficiale
professionista.
Dopo aver servito presso le Scuole granatieri ha fatto parte della
cellula di pianificazione Eser XXI. Nel 2003 ha frequentato l’US
Army & General Staff College a Leavenworth e successivamente ha
ricoperto la funzione di ufficiale superiore addetto del comandante
Forze terrestri. Comandante delle Scuole granatieri e esploratori
paracadutisti dal 2006, il col SMG Michaud dal 01.01.2012 è
comandante delle Forze speciali.
Da ufficiale di milizia dopo essere stato comandante di compagnia,
ha svolto i propri servizi di capo operazioni della div camp 2 e di
comandante del bat fant 2.
Sposato e padre di due figlie è domiciliato a Echichens.
RMSI 2.2012 | 19
1962 – 2012
il 30 compie i 50
A seguito dell’organizzazione delle truppe del 1961, nell’anno 1962 fu costituito il battaglione fanteria
montagna 30.
Il raggiungimento del mezzo secolo è, per il battaglione ticinese, un traguardo di spicco raggiunto, passando attraverso le riforme Esercito ’95 e Esercito XXI, confrontato a cambiamenti anche radicali. Il 30 è
sopravvissuto con alcuni adattamenti importanti e nuove formazioni subordinate, ma è pur sempre il 30,
l’unico battaglione dell’Esercito svizzero completamente ticinese.
La RMSI intende proporre durante il 2012 una serie di dati, informazioni, testimonianze e magari anche
qualche episodio curioso e significativo per sottolineare l’avvenimento.
Invito tutti, ufficiali, sott’ufficiali e soldati già incorporati nel 30 e non solo o attualmente
attivi, a voler rovistare fra i loro ricordi, le fotografie e altre testimonianze facendone partecipe la nostra RMSI.
20
colonnello Franco Valli
Esercito Svizzero
Intervista al Col SMG Laurent Michaud
colonnello franco valli
Signor colonnello, dal 1. gennaio 2012 lei è il comandante delle Forze Speciali che riuniscono tutte le unità speciali sotto un unico tetto, quali compiti adempiono alla
sua persona?
Principalmente si tratta di creare le basi necessarie alla formazione e l’impiego di tutte le formazioni che compongo il comando.
Le attività di condotta in sostanza non si differenziano da quelle
che sono le attività di un altro comandante di grosse unità. La
gestione del personale, i necessari controlli e ispezioni presso la
truppa, la pianificazione e la condotta di operazioni in corso. Tutto ciò naturalmente con l’appoggio dello Stato Maggiore.
Come organizza la sua giornata tipo?
In realtà non ci sono delle giornate tipo, nel caso in cui vi siano
delle operazioni in corso queste hanno naturalmente priorità. Altre attività sono il contatto con la truppa, il disbrigo delle pratiche
e lo sviluppo di linee direttive nonché la cura delle relazioni con
i partner civili e militari. Per contatto con la truppa intendo principalmente i comandanti delle formazioni subordinate e il capo
di SM, ciò permette di condurre le discussioni inerenti i bisogni
e le proposte dei diretti subordinati. La comunicazione è responsabilità di ogni capo, per questo dedico abbastanza tempo nella
cura delle relazioni con i miei partner siano essi civili o militari, in
Svizzera o all’estero.
Il suo comando contempla contemporaneamente l’istruzione e la condotta, qual è il suo sistema organizzativo?
Il comando delle forze speciali è organizzato in modo da assicurare l’istruzione di base e d’avanzamento tramite il centro d’istruzione delle forze speciali di Isone, mentre la capacità di condotta
è assicurata permanentemente dallo stato maggiore professionista e in modo mirato dallo stato maggiore allargato di milizia.
più ampio rispetto alle formazioni di professionisti, dove possibili errori possono compromettere la riuscita di una missione.
Dove non viene fatto alcuno sconto a nessuno è nell’ambito
della selezione, ogni membro del cdo sia milite che quadro deve
adempiere ai requisiti richiesti per la sua funzione.
Scorrendo le formazioni a lei subordinate troviamo formazioni professioniste e di milizia, lei differenzia il trattamento delle due anime?
Come vede la sua organizzazione paragonata ad altre simili di altri eserciti stranieri?
Non vi sono favoritismi all’interno del comando, naturalmente
vi sono delle differenze per quel che riguarda le aspettative dal
punto di vista della prontezza all’impiego. I quadri e i militi
nelle formazioni di milizia, siano essi in formazione di base o
in corsi di ripetizione si trovano in una fase di apprendimento
o consolidamento, quindi dove il margine d’errore consentito è
È molto difficile paragonare il sistema svizzero ad altri eserciti, in
quanto soltanto il fatto di avere delle formazioni di milizia quali
membri delle forze speciali rappresenta già di per se una caratteristica di difficile comparazione.
Se però si prendono in considerazione le unità di professionisti
del cdo si può affermare che sulla base di esercizi svolti con for-
RMSI 2.2012 | 21
Esercito Svizzero
ze speciali di altri paesi, quelle svizzere sono ad un buon livello.
Naturalmente non abbiamo ancora il bagaglio d’esperienza del
quale possono approfittare altre organizzazioni.
Mantenete una collaborazione con le forze speciali straniere?
La collaborazione con altre forze speciali è di fondamentale importanza, per questo manteniamo delle relazioni molto strette
con le forze speciali di altri paesi. La collaborazione si sviluppa
principalmente nel campo dell’istruzione, del training nel quadro
di esercizi internazionali e dello scambio di esperienze. Posso dire
che negli ultimi anni abbiamo sviluppato delle tecniche particolari in ambito specifico, alle quali forze speciali di altri paesi sono
molto interessate e per questo inviano loro istruttori e operatori
presso di noi per essere istruiti dai miei specialisti.
Quali sono i problemi organizzativi per gli impieghi
all’estero?
La risoluzione di problemi è parte integrante del processo di
pianificazione e di condotta di impieghi siano essi all’estero che
in patria, per questo più che parlare di problemi organizzativi si
tratta maggiormente di fattori che semplificano o meno i processi
accennati.
L’elemento che attualmente tende maggiormente a rallentare il
nostro lavoro è il processo decisionale a livello politico, questa
problematica è stata attualmente discussa con il capo del DDPS
che è del medesimo avviso.
Il vostro motto è “HONOR, MODESTIA, UNITAS” come lo
mettete in pratica?
L’onore è inteso come la volontà di assumersi le responsabilità
delle proprie azioni, di avere uno spirito critico e di apprezzamento per quello che siamo, nonché di mantenere la parola data e di
essere d’esempio per chi ci circonda.
La modestia risiede nella ricerca della prestazione d’eccellenza
e nella precisione, rimanendo sempre umili non mettendosi in
primo piano, facendo sì che sia la riuscita del compito a guidare
le nostre azioni e non i propri bisogni personali.
L’unità è la consapevolezza che uniti possiamo gestire ogni situazione, riuscendo il compito assegnato apportando ognuno il suo
contributo nel suo ambito specifico. Questo implica la volontà di
impegnarsi a favore dei nostri camerati, subordinati e superiori.
Tutto ciò fa si che all’interno del comando delle forze speciali al
centro vi siano le persone con le loro caratteristiche specifiche,
persone che vengono selezionate in modo mirato e dove la qualità ha la precedenza sulla quantità. K
Errata corrige
Nella RMSI 1/2012 alla pagina 15 siamo purtroppo incorsi in un errore.
L’ufficiale della fotografia è il comandante della regione territoriale 3,
divisionario Marco Cantieni
e non il tenente colonnello Graziano Ragazzoni,
capo comunicazione regione territoriale 3.
Ci scusiamo con gli interessati e con i lettori.
22
Esercito Svizzero
Dal “bat a tòcch” al bat fant mont 30
A cinquant’anni dalla nascita del battaglione fanteria montagna 30
divisionario a d francesco vicari
Su invito del brigadiere Stefano Mossi i rappresentanti delle
autorità politiche cantonali - unitamente ad alcuni ufficiali
oramai prosciolti dagli obblighi militari e a diversi presidenti
delle società paramilitari ticinesi - si sono recati lo scorso 14
ottobre in visita al corso di ripetizione 2011 del battaglione
fanteria montagna 30. Alla caserma di Neuchlen, nel canton
San Gallo, sono stati simpaticamente e signorilmente accolti
dal comandante di battaglione, ten col SMG Marco Mudry,
che nel suo saluto non ha mancato di ricordare come quel
corso fosse il cinquantesimo dopo l’organizzazione 61 delle
truppe del nostro esercito.
È opportuno ricordare l’organizzazione del reggimento fanteria
montagna 30 prima della riforma 61:
-Stato maggiore di reggimento (14 ufficiali)1
-la compagnia informatori 30
- la compagnia granatieri 30
- la compagna difesa antiaerea 30 (di fanteria, dunque “verde”)
- la compagnia anticarro 30
- i tre battaglioni fucilieri montagna 94, 95 e 96
- la colonna treno II/9
- la colonna trasporti motorizzati II/9.
Anche se da allora più volte ristrutturato, il battaglione fanteria montagna 30 tiene oggi alta la tradizione delle truppe ticinesi, preservata attraverso le riforme Esercito 95 ed
Esercito XXI, sia nella denominazione che nel numero, superando qualche reticenza fra i pianificatori a Berna. Il fatto di aver conservato la denominazione “montagna” fino ai
nostri giorni, a tutti i livelli di comando dalla compagnia alla
brigata, deve essere salutato con soddisfazione in tempi nei
quali troppo sovente si tende a cancellare il passato da ogni
memoria.
Il comandante di reggimento doveva di conseguenza occuparsi
dei tre battaglioni e di ben sei unità a lui direttamente subordinate o regolarmente attribuite dal comando di divisione. In
un esercito di milizia nel quale istruzione, condotta e gestione
del personale richiedono un grande impegno, un numero così
elevato di subordinati diretti non era più ragionevole. D’altra
parte non era nemmeno possibile pretendere da una sola persona non professionista le competenze tecniche per controllare
l’addestramento e la condotta di unità così disparate.
Dando seguito all’invito del col Valli, redattore responsabile
di questa rivista, ho ritenuto doveroso portare il mio contributo, ricordando il periodo trascorso nei ranghi del bat fant
mont 30 quando questo veniva costituito. La sua nascita l’ho
vissuta negli anni 1960 e 1961 in prima persona, come tenente quartiermastro aggiunto di fresca incorporazione nello
stato maggiore del reggimento fanteria montagna 30 e come
quartiermastro nello stato maggiore del bat fant mont 30 durante il primo corso di ripetizione nel 1962.
Anno 1960
Il corso quadri e il corso di ripetizione si svolse dal 23 settembre
al 15 ottobre nei Grigioni. Il bat fuc mont 96, distaccato presso
la scuola di tiro di Walenstadt, venne sostituito nel reggimento
dal bat car mont 9. Le compagnie direttamente subordinate al
comandante di reggimento furono riunite nel bat 30 ad hoc
agli ordini del magg Bruno Soldati, allora comandante della
compagnia 17 del corpo delle guardie di fortificazione ad Andermatt. Io prestavo servizi di quartiermastro sia presso lo SM
di reggimento alla Lenzerheide (quale aggiunto del Qm di rgt,
magg Luigi Generali), sia presso il Bat 30 ad hoc agli accantonamenti della truppa di Coira di recente costruzione. Ricordo i
comandanti e alcuni ufficiali di quelle unità:
-la cp info 30 del I ten Piero Ferrari con il ten Giuliano Crivelli
-la cp gran 30 del cap Alfonso Bignasca, stazionata a Trimmis
- la cp ac 30 del cap Trees e del ten Arturo Schatzmann
- la col tr II/9 del cap Mario Stäger con i capisezione Pedretti,
Pfyl, Bassi, Gosteli e Pesciallo
- la col trsp mot II/9 del cap Aldo Sanvido.
Si ricorderà come, alla fine degli anni Cinquanta, accese furono le discussioni riguardanti la ricerca di una dottrina d’impiego del nostro esercito. Ciò malgrado il Consiglio Federale
licenziò il 30 giugno 1960 il messaggio per l’organizzazione
delle truppe 61, poi accettato dal Parlamento con una maggioranza risicata. L’impiego della truppa vi veniva sommariamente schizzato, lasciando al comandante in capo ogni decisione in merito. Dunque in vista del corso di ripetizione del
rgt fant mont 30, previsto nell’autunno di quell’anno, già si
sapeva come sarebbe stato costituito il futuro bat fant mont
30. Logicamente il comandante di reggimento, col Otto Pedrazzini, decise di anticipare i tempi e di riunire le unità, fino
ad allora direttamente a lui subordinate, in un “battaglione
ad hoc”, che nel linguaggio militare dialettale divenne un po’
ironicamente “a tòcch”, poiché appunto composto da “pezzi”
del reggimento.
La cp DAA 30 del cap Elmer con il ten Luigi Frasa non svolse
quel CR con il reggimento, avendo già assolto il corso di tiro nel
mese di marzo a Kandersteg e Grandvillars.
Ricordo la visita del comandante di corpo Züblin2 allo stato
maggiore del reggimento e del battaglione 30 ad hoc schie-
RMSI 2.2012 | 23
Esercito Svizzero
rato su un rango. Salutò gli ufficiali fino ai capitani, non
degnando di uno sguardo quelli subalterni; nemmeno volle,
come previsto dall’aiutante cap Berra, prendere posto per la
cena al nostro tavolo, rimanendo appartato con il suo autista.
Più che delusi ci sentimmo offesi dal comportamento dell’alto
ufficiale.
Dopo un fine settimana di copiose nevicate, il reggimento
svolse un esercizio di truppa con tempo splendido nell’incomparabile scenario della Bassa Engadina.
Con posto di comando a Guarda il reggimento venne opposto quale partito ROSSO alla brigata grigionese, attestata a
difesa del passo Flüela e dell’accesso a Samedan, partendo
dalla frontiera con l’ Austria e dalla Val Müstair. Alle manovre
partecipò pure una colonna trasporti del servizio complementare femminile ticinese, ovviamente integrata del nostro Bat
30 ad hoc.
Anno 1961
Dal 16 ottobre all’ 11 novembre tutte le truppe della fanteria
ticinese vennero istruite al fucile d’assalto 57 ed equipaggiate
con la nuova tuta mimetica. Prima del corso di ripetizione
vero e proprio si tenne un corso preparatorio di 4 giorni, al
quale parteciparono gli ufficiali incaricati di poi trasmettere
l’istruzione ai quadri delle rispettive unità durante il seguente
corso quadri. L’istruzione venne impartita dal ten Giacomo
Monaco ed ebbe luogo prevalentemente sulla piazza militare
di Gnosca dapprima e in seguito su varie piazze di tiro in
diverse località del cantone.
L’esperienza dell’anno precedente venne ripetuta e quindi le
compagnie reggimentali con i medesimi comandanti (salvo
la cp gran 30 affidata al cap Luciano Botta) furono di nuovo
riunite nel bat 30 ad hoc agli ordini del magg Walter Rutz,
stazionato al ristorante delle Alpi sul Monte Ceneri, con uno
stato maggiore completato dall’ aiutante (I ten Mario Grassi),
dal medico (cap Attilio Celio), dall’ufficiale auto (I ten Walter)
e da chi scrive quale quartiermastro, contemporaneamente
impiegato pure presso lo stato maggiore di reggimento alloggiato nella vicina caserma ufficiali. Le unità si trovavano
dislocate fra il Monte Ceneri e Rivera, con i granatieri nelle
baracche militari di Isone (ancora non esisteva la caserma).
Al termine del corso la nuova tuta mimetica e il fucile d’assalto furono presentate in occasione di sfilate alla popolazione.
Tre compagnie (informatori, anticarro e DAA) del battaglione
30 ad hoc sfilarono con il battaglione 95 a Cornaredo, mentre le altre unità si unirono al 94 a Biasca, al carabinieri 9 a
Bellinzona o al 96 a Locarno.
Anno 1962
La riforma 61 entra in vigore e il comando del reggimento fanteria montagna 30 passa al col Bruno Regli e assolve il corso
quadri e il corso di ripetizione fra 6 e il 29 settembre. Anche il
24
magg Mario Barazzoni
battaglione fanteria montagna 30 ha ora una nuova e definitiva struttura e assume con orgoglio pure la denominazione
“montagna”.
Il battaglione è condotto dal magg Mario Barazzoni, istruttore presso le scuole dei granatieri di Losone e dunque predestinato a condurre unità così disparate. Nello stato maggiore
viene coadiuvato dal I ten Mario Grassi (aiutante), dal I ten
Zanildo Cavadini, (uff info), dal I ten Angelo D’Alessandri
(medico), dal ten Renato Guidicelli (uff auto) e dal ten Francesco Vicari (Qm). Lo SM è alloggiato presso famiglie private
nel villaggio di Preonzo con il posto di comando nella vecchia
scuola del paese, mentre le unità sono dislocate in Riviera e
in Valle Malvaglia (i granatieri). La neocostituita compagnia
SM rgt fant mont 30 (con una sezione riparazioni, la fanfara e
la sezione sanitari) è agli ordini del I ten Ortelli, la compagnia
anticarro 30 è ora comandata del I ten Schatzmann, mentre
la cp DAA diventa compagnia difesa contraerea (DCA) 30.
Da notare che quest’ultima unità è nuovamente distaccata
dal battaglione per un corso tiro sulle solite piazze già citate.
Il bat fant mont 30 conta il seguente effettivo regolamentare:
-29 ufficiali, 108 sottufficiali, 552 soldati e 10 militi del servizio complementare;
-12 cannoni DCA 20 mm, 4 cannoni anticarro 9 cm e 8 can
58 senza rinculo
-ben 39 moschetti a cannocchiale nella cp gran mont 30
-e 137 autoveicoli.
I militi del reggimento, che l’anno precedente non erano stati istruiti al fucile d’assalto 57, vennero riuniti in una com-
Esercito Svizzero
pagnia ad hoc comandata da un giovane ufficiale istruttore, il ten Augusto Mordasini, e integrata a Biasca in questo
battaglione.
Il reggimento parteciperà a un esercizio di truppa – sempre
quale partito ROSSO – attaccando la brigata fortezza del
Gottardo da sud, dunque dalla Valle Maggia per i passi Cristallina, Naret, Sassello e Campolungo; il posto di comando
del reggimento sarà a Fusio, alla diga del Sambuco, e quello
del bat fant mont 30, che riuniva le retrovie del reggimento,
a Bignasco. Concluso l’esercizio gli ufficiali del reggimento furono convocati nella sala Uri della nuova caserma di
Bellinzona per l’inevitabile critica. L’ordine chiedeva agli ufficiali di presenziare con il binocolo; sembrò strano, ma la
ragione fu presto palese. Nella sala lunga e stretta, un centinaio di ufficiali potevano seguire le spiegazioni sulle carte
topografiche, appese alla parete più lontana, unicamente
usando un binocolo. Ricordo un col Regli affaticato e contrariato da un arbitraggio che aveva impedito al reggimento
di “espugnare” il San Gottardo … guai alla credibilità della
difesa nazionale se quel bastione fosse caduto nelle mani di
noi ticinesi!
Lasciando il bat fant mont 30 alla fine del 1962 non immaginavo nemmeno lontanamente, che la carriera di ufficiale
mi avrebbe portato un giorno a ritrovarlo, aggiornato e ben
istruito, come comandante del reggimento fanteria montagna
30. E nemmeno potevo pensare di vederlo oggigiorno, non
più formazione di sostegno e appoggio a truppe di fanteria
appiedata, ma vero e proprio battaglione di combattimento,
dotato di mezzi meccanizzati e di una rispettabile potenza di
fuoco. Resta comunque vivo il ricordo dei suoi primi anni e dei
tanti camerati di allora. K
Note
Lo SM del rgt fant mont 30 era così composto:
Cdt col Pedrazzini Otto
Uff sup add
ten col Pelli Ferruccio
Aiut
cap Berra Amilcare
Uff info
cap Poretti Pietro
Uff treno
cap Primavesi
Medico
magg Ricklin
(dal 1961 il magg Bianchi Giacomo)
Farmacista
I ten Varini Luigi
Qm
magg Generali Luigi
Qm add
ten Vicari Francesco
Uff auto
magg Viglezio Giacomo
Uff auto add
I ten Walter Hansruedi
Uff mun
magg Speziali Carlo
Cappellani
cap Tognetti Pierino
cap Storelli Ernesto
1
2
Il Cdt di C Georg Züblin era comandante del 3. corpo d’armata dal
1958 e assunse il comando del CA mont 3 dal 1962 al 1967
Da sinistra: col SMG Fulcieri Kistler, div Francesco Vicari, magg SMG Marco Mudry, attuale cdt bat fant mont 30,
div Jean-Daniel Mudry, col SMG Sergio Romaneschi
RMSI 2.2012 | 25
Promozioni
Promozioni
Il 2 marzo scorso, nella Pauluskirche di Lucerna il comandante della Scuola di stato maggiore generale, brigadiere Daniel Lätsch, ha
promosso a ufficialli di stato maggiore generale dell’Esercito 35 aspiranti. Fra di loro vi erano pure tre ufficiali ticinesi.
Si tratta dei (nella foto da sinistra con il Consigliere di Stato Normann Gobbi) magg SMG Marcello Lesnini, Ascona (brigata logistica
1), magg SMG Manuel Rigozzi, (brigata fanteria montagna 9) e magg SMG Matthias Fiala, Quartino (Stato maggiore di condotta
dell’esercito)
Promozioni 1. aprile 2012
maggiore Bianchi Nicola, Dongio
Crippa Claudio, Locarno
capitano
Howald Matthias, Genestrio
Lo Cicero Alessio, Vaglio
Maltauro Francesco, Locarno
26
primotenente
Bignasca Christian, Massagno
Bonacina Samuele, Morbio Inferiore
Canonica Alessandro, Carona
De Ry Siro, Bellinzona
Delorenzi Alessandro, Vezia
Disler David, Ruvigliana
Mainetti Aaron, Cresciano
Meier Paolo, Breganzona
Pedrotta Luca, Golino
Rossetti Andrea, Minusio
Solari Mirco, Bellinzona
L’opinione
L’opinione
Il maggiore Carlo Schirrmeister raccoglie nell’esposto “Divagazioni” alcune sue riflessioni
critiche nei confronti di comportamenti, affermazioni di autorità politiche che lesinano i valori
del nostro esercito e della politica di sicurezza in generale pure a livello europeo.
Il maggiore Schirrmeister esprime pure severi rimproveri alla Società Ticinese degli Ufficiali per
alcune decisioni e prese di posizione.
La RMSI pubblica l’opinione integralmente, garante della libertà di espressione e per dare la
possibilità di replica ai nostri lettori.
Divagazioni
maggiore carlo schirrmeister
Maggiore Carlo Schirrmeister
Nella RMSI 4/2011, nella rubrica “L’opinione”, è stato pubblicato un mio articolo dal titolo “Constatazioni ed esperienze a
partire dalla fine della seconda guerra mondiale”.
Ad un certo punto dello stesso affermai:”Considerando la politica in senso lato, si ha l’impressione (e ciò vale anche per gli altri
Paesi) che, per risolvere i problemi sempre più complicati, non ci
siano le personalità in grado di trovare le misure adeguate”.
Questa affermazione trovò riscontro anche nel nostro piccolo
contesto cantonale, per un caso per niente complicato, in occasione della votazione sulle armi del 13 febbraio 2011. Una candidata al Consiglio di Stato ed al Gran Consiglio pubblicò nella
stampa un articolo, nel quale sosteneva: “non è vero che il fatto
di lasciare l’arma di ordinanza al milite dopo la fine del servizio
sia una tradizione, in quanto ciò avviene solo da dopo il secondo
conflitto mondiale” ed inoltre:”non esiste un motivo strategico
per giustificare la presenza dell’arma presso il milite”.
Se queste affermazioni fossero veritiere, come si spiegherebbe il
fatto d’avere a casa fucile e pistola ricevuti da mio padre prima
del primo conflitto mondiale, oppure come si spiegherebbe la
possibilità di mobilitare il nostro Esercito in 48 ore?
Non so se tali affermazioni fossero dettate da scopi di sporca
politica elettorale o da completa ignoranza delle istituzioni nostre. In ambedue i casi è dimostrato, che quella persona non era
degna di assumere incarichi politici. Invece è arrivata al Gran
Consiglio ticinese. Per fortuna non al Consiglio Nazionale, per il
quale si era pure candidata.
Se è vero che il popolo ha il governo che si merita, allora siamo
serviti …
Non parliamo poi del comportamento remissivo del Consiglio
Federale quando all’estero qualcuno alza la voce contro la Svizzera.
Più oltre, parlando della Struttura dell’Esercito ad alto livello,
che sfocia per forza di cose anche nella politica federale, dissi:
“Se ne son viste di tutte i colori, tanto da domandarci, se siamo
ancora in grado di pensare ed agire seriamente, o se giocherelliamo con i problemi, creando telenovele, che nulla hanno a
vedere con un’organizzazione militare credibile”.
Questa seconda affermazione si rifaceva all’era dell’allora capo
RMSI 2.2012 | 27
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TIROTIRO
COMMEMORATIVO
COMMEMORATIVO
200 ANNI
MILIZIE BLENIESI
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MILIZIE
BLENIESI
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Stand
di tiro Puntiröi a Ponto Valentino
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6 bersagli Polytronic
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TIRO APERTO alle ASSOCIAZIONI, CIRCOLI MILITARI
(ASSU – STU – SOG – SUOV) e alla POLIZIA
TIRO APERTO
ASSOCIAZIONI,
Sabato, 26alle
maggio
2012 08:00 – 12:00 / CIRCOLI
13:30 – 18:30 MILITARI
(ASSU – STU – SOG – SUOV)
e alla POLIZIA
TIRO APERTO alle SOCIETÀ della FST
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Venerdì, 8 giugno 2012 15:00 – 18:30
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Sabato, 9 giugno 2012 08:00 – 12:00 / 13:30 – 18:30
Domenica, 10 giugno 2012 08:00 – 12:00
TIRO APERTO alle SOCIETÀ della FST
Programma
Armi solo armi d’ordinanza a 300 m
Bersaglio A
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Programma
2 colpi colpo
per colpo su A:5 in 1’
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

4 colpi in serie su A:10 in 2’
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5 colpi in
serie su A:10 in 2’
1 colpo su A:100 in 1’
Postazione i tiratori sparano dallo stallo di tiro posto sul terreno davanti
allo stand di tiro di Ponto Valentino (v. foto).
Tassa fr 210.00 per squadra di 6 tiratori.
(fr. 25.- per tiratore e fr. 60.- per il premio di squadra).
Distinzione Medaglia commemorativa
attivi a punti 163
J/JJ-V/VS a punti 160
Militari e Polizia a punti 160
elettronica, con Polytronic TG3000
Marcazione Concorso a squadre 6 tiratori licenziati della medesima Società o Associazione formano una squadra.
Una Società o Associazione può partecipare con più squadre.
Tiratori individuali tiratori individuali sono ammessi e hanno diritto unicamente
alla distinzione, senza classifica individuale.
Categorie d’età Tiro Militari e Polizia unica
Tiro FST U20 Attivi O60
Ranguers ogni squadra ha a disposizione 10’ per eseguire l’intero esercizio.
Il rangeur per squadra è di 15’.
Iscrizioni individuali e di squadra tramite formulario ufficiale, entro il:
Militari e Polizia 1° maggio 2012
Tiro FST 10 maggio 2012 a: Tiratori del Lucomagno - CP 4
6724 Ponto Valentino
e-mail: [email protected]
28
Info www.tiro-miliziebleniesi2012.ch
L’opinione
del Dipartimento militare della difesa. Indipendentemente da
ciò, pur considerando il fatto, che l’acquisto di nuovi velivoli
militari ha sempre sollevato reazioni più o meno logiche, più
o meno pertinenti, più o meno dettate dagli interessi di fabbricanti ed intermediari, si constata che l’attuale capo dello
stesso Dipartimento non è stato in grado, per quanto riguarda
“l’affaire Gripen” , di prendere subito una posizione chiara nei
confronti degli appunti sollevati, facendosi cogliere di sorpresa.
E ciò lascia la bocca alquanto amara.
In un altro punto del succitato articolo della RMSI affermai
pure: “Si constata inoltre, alla luce delle esperienze dell’Unione Europea che quei Paesi, proclamatisi finora paladini della
democrazia, in realtà questa non sanno nemmeno dove stia di
casa”.
Ciò è dimostrato anche da un fatto, citato più oltre nello stesso articolo, dove elenco possibili cause di eventuali conflitti e
cioè: “- l’asserzione di un Presidente francese, che preconizzava
la guida dell’Unione Europea da parte di pochi Stati direttori,
mentre gli altri avrebbero dovuto semplicemente seguire …”.
Ed un primo screzio, anche se non un conflitto, è sorto recentemente da parte inglese nei confronti di decisioni o disposizioni
prese da Francia e Germania nel campo monetario e finanziario,
senza esser state sottoposte agli altri Stati dell’Unione.
L’asserzione del Presidente francese non indicava una conoscenza approfondita nel campo della democrazia! Ma nemmeno l’agire di Francia e Germania!
Sotto il titolo “Futuro e conclusioni” scrissi: “Il nostro Esercito
è previsto oggi essenzialmente per contrastare o prevenire atti
di terrorismo e/o sommosse pilotate. Ho l’impressione, che la difesa vera e propria del territorio, per un caso di conflitto, venga
alquanto trascurata. Attualmente tale possibilità sembrerebbe
ampiamente inverosimile. A lungo, forse anche lunghissimo termine essa non sarebbe però da escludere, tenuto conto anche
di alcune premesse, che potrebbero sfociare in azioni belliche.
Non va poi dimenticata la caratteristica del genere umano che,
da quando esiste, non è mai stato un modello di tranquillità”.
Ed infine: “Tutto questo per dire, che nulla va sottovalutato e
che è quindi necessario mantenere in forma il nostro Esercito
anche per probabilità lontanissime. Se non lo si facesse, in caso
di bisogno “avremmo perso il treno”, a tutto scapito nostro!”.
A questo proposito vorrei proporvi di meditare su una recente
affermazione dell’amico Vladimir di Mosca che, se rinominato Presidente (ed è stato rinominato) vorrebbe riportare il suo
esercito allo splendore del periodo della “guerra fredda”!...
Abbandonando le divagazioni legate all’articolo RMSI, vorrei
esprimere la mia grande preoccupazione nel constatare come,
tra la nostra ufficialità, si sia fatta largo e predomini una grande
superficialità, con conseguente abbandono della ricerca dell’ordine e della precisione, ma con l’adozione della mentalità del
pressappoco, imperante al giorno d’oggi.
Tanto per restare nel nostro piccolo ambito cantonale, questa
superficialità l’ho riscontrata, per esempio, in occasione dell’adozione dei nuovi statuti della Società Ticinese degli Ufficiali.
Non dimentichiamo, che gli statuti sono il documento più importante per una Società.
Presso nessun’altra Associazione svizzera mi era capitato di
constatare come un’Assemblea si lasciasse togliere il diritto di
discutere gli articoli della proposta di statuti, con la scusa che
essa era stata posta in consultazione presso i Membri, né che
accettasse la stessa proposta, contenente clausole inaccettabili
(scusate il bisticcio di parole), con un’opposizione di soli 3 voti
e 22 astensioni, cioè quasi senza reazione!
Tenendo conto del fatto che l’Assemblea in questione era caratterizzata dalla presidenza di fior di avvocati, che avrebbero
dovuto conoscere la materia e le sue regole, nonché dalla presenza di fior d’ufficiali di Stato Maggiore Generale, che dovrebbero essere i primi nell’applicare logica e precisione, il fatto dà
alquanto da pensare e non fa presagire nulla di buono…
Si può solo sperare in un cambiamento di rotta ma, come dice
un famoso “adagio”, “chi vive sperando, muore di stenti”!
Cionondimeno spero ardentemente che, specialmente i giovani
ufficiali, siano in grado di cambiare mentalità…
Dopo aver terminato di buttar giù gli appunti concernenti le mie
divagazioni, mi sono messo a sfogliare il numero 1/2012 della
RMSI appena arrivatomi. Alla pagina 30, sotto il titolo
“STU – Rapporto di attività 2011 della Commissione politica
di sicurezza ed Esercito” trovo, espressa al secondo capoverso
del testo, la seguente opinione della stessa: “Dal punto di vista
geostrategico, la situazione internazionale attuale non giustifica più, per il momento, un Esercito che sia in grado di essere
mobilitato in 48 ore. Ai tempi della guerra fredda, l’”equilibrio
instabile” faceva sì che i nostri militi dovessero essere permanentemente equipaggiati ed istruiti. Da questo punto di vista,
la detenzione dell’arma a domicilio può non essere più giustificata”.
Resto semplicemente allibito in quanto, in altre parole, la suddetta Commissione ha fatto sua l’opinione di coloro, che avevano lanciato l’iniziativa sulle armi, respinta dal Popolo con la
votazione del 13 febbraio 2011, senza naturalmente rendersi
conto del pericolo, che la divulgazione di una simile opinione da
parte di una Commissione della STU possa causare! Ed inoltre
senza considerare il fatto che più la prontezza dell’Esercito è
rapida, in qualsiasi occasione e situazione, tanto meglio è!
Stando così le cose, con una Commissione della politica di sicurezza di questo stampo, mi domando : non sarebbe forse meglio
smettere la divisa, invece d’impegnarsi per l’Esercito ed andare
“a cavar sabbia e ghiaia dal torrente”, come si lamentava a suo
tempo il nostro professore di francese al liceo, quando dicevamo o scrivevamo qualche strafalcione.
Se non altro, si farebbe almeno del “fitness” a favore del proprio fisico! K
RMSI 2.2012 | 29
Società Svizzera degli Ufficiali
La Società Svizzera degli Ufficiali
ha un nuovo presidente
e alza la voce
Il 17 marzo scorso, a Lucerna, L’Assemblea dei delegati SSU ha tenuto i suoi lavori.
È stata l’occasione per salutare al termine del suo mandato di quattro anni il Presidente uscente, col SMG Hans Schatzmann, ufficiale
che ha saputo in questi anni svolgere un lavoro anche di lobbying non facile ma di sicuro effetto.
Alla carica gli è succeduto il br Denis Froidevaux, finora vicepresidente.
Tra le varie attività, anche l’approvazione all’unanimità di una importante risoluzione all’intenzione del Parlamento e del Consiglio Federale.
L’ultimo appello del vecchio Presidente
Opporre resistenza sin dagli inizi!
colonnello smg hans schatzmann, presidente della ssu fino al
17 marzo 2012
Nel suo rapporto sulla “Strategia della protezione della popolazione e della protezione civile 2015+” il Consiglio federale si
muove chiaramente nella direzione sbagliata, proponendo di
incorporare nella protezione civile anche persone idonee al servizio militare. In questo modo è in pratica aperta la porta all’obbligo militare generale. In vista dei futuri dibattiti sull’obbligo
militare generale, è inammissibile indebolire con tali proposte
i regolamenti ora in vigore. L’iniziativa del Gruppo di una Svizzera senza esercito (GsoA) mette in pericolo anche il sistema
di protezione della popolazione. Una tale iniziativa va rifiutata
categoricamente e senza scelta alcuna.
La difesa nazionale è il compito più difficile dell’esercito
nell’ambito della politica di sicurezza. Per detto compito, la
prima priorità assoluta è di garantire all’esercito le adeguate
risorse umane necessarie. Bisogna assolutamente evitare una
concorrenza da parte della protezione civile che promette eventualmente un periodo di servizio militare più corto, più semplice
e meno pericoloso.
La SSU osserva con grande preoccupazione la tendenza attuale a sottrarre all’esercito i mezzi di cui ha bisogno. Il budget
viene strumentalizzato in questo senso già da anni. L’evoluzione dell’esercito prevede già il dimezzamento degli effettivi, ed
ora dovrebbero passare alla protezione civile anche i militari
giudicati idonei al servizio militare. Si vuole inoltre anche equipaggiare la protezione civile con materiale pesante senza però
raddoppiare i mezzi d’impiego dell’esercito. Che cosa significa
tutto ciò concretamente? Che si vogliono ridurre i mezzi delle
truppe del genio e di salvataggio? Ci mancherebbe solo questo!
Con i suoi strumenti di politica di sicurezza, la Svizzera dispone di un sistema ben equilibrato. È certamente utile chiarire
la ripartizione delle competenze fra Confederazione e Cantoni
30
nell’ambito della protezione della popolazione. Bisogna però
anche ammettere che l’attuale ripartizione del personale fra
esercito e protezione civile ha sempre dato buoni risultati e non
va assolutamente cambiata. La SSU ha chiaramente espresso
questa sua convinzione nella sua presa di posizione sul rapporto di strategia. K
Società Svizzera degli Ufficiali
Il primo appello del nuovo Presidente
Obiettivi per la nostra strategia di sicurezza
brigadiere denis froidevaux, presidente della società svizzera degli ufficiali
Sono molto commosso ed orgoglioso per la fiducia che mi accordate affidandomi il destino della SSU. Farò tutto il possibile
per essere all’altezza delle vostre aspettative. Accetto questo
compito in perfetta coscienza dei tempi difficili per il nostro
esercito e per la nostra politica di sicurezza in generale.
Vivremo nei prossimi anni un periodo cruciale per il futuro della
nostra strategia di sicurezza.
Nell’ipotesi che mi accorderete la vostra fiducia, le mie tre priorità saranno come segue :
1. Difendere un esercito di milizia basato su un obbligo di servire rafforzato e modernizzato. Non esistono alternative credibili in questo paese considerando le condizioni quadro di
cui disponiamo.
2. Difendere la coerenza fra il profilo delle prestazioni, gli effettivi disponibili e le necessarie risorse. L’esercito è un sistema globale, le cui componenti sono tutte essenziali, terraaria-sostegno. È quindi assolutamente necessario difendere
questa coerenza che è sinonimo di credibilità. Abbiamo già
sofferto abbastanza per via di questo abisso fra il volere ed il
potere. Un esercito da M-Budget è una soluzione pericolosa
ed irresponsabile.
3.Per poter svolgere il suo ruolo di ponte fra gli ufficiali di
questo paese e la popolazione come pure con il Comando
dell’esercito, è necessario che le strutture della SSU vengano
modernizzate al fine di ottenere i mezzi e l’organizzazione
migliore per essere in grado di far fronte alle sfide future. A
questo proposito, il progetto SSU ’13 è fondamentale per il
futuro.
A questo proposito sono lieto dell’accettazione delle basi necessarie alla creazione della Fondazione per gli Ufficiali dell’Esercito svizzero ed al rafforzamento della segreteria per mezzo
della creazione di un posto di segretario generale.
Bisogna però anche riflettere su come migliorare la collaborazione fra le nostre diverse pubblicazioni (ASMZ, RMS, RMSI), le
cui linee redazionali dovrebbero contenere certi denominatori
comuni.
Sono profondamente convinto della necessità che la SSU conservi la più grande autonomia politica possibile perché ciò è
fondamentale per la sua credibilità. In effetti, la SSU deve mantenere il suo sguardo critico, ma in modo positivo e sempre
nello spirito del valore aggiunto.
Sono molto convinto che la lotta per il futuro del nostro esercito
non è soltanto una questione finanziaria del bilancio ma soprattutto una questione del significato, ed il significato non riguarda soltanto una certa élite, bensì ognuno di noi e noi tutti!
Spiegate, informate, orientate! Ne risulterà sempre qualcosa di
positivo! Il popolo svizzero è abbastanza maturo e responsabile
per capire i problemi che si nascondono dietro una politica di
sicurezza credibile.
La SSU svolge già attualmente, e svolgerà in futuro ancora di
più, un ruolo essenziale nella politica di sicurezza di questo paese. Ma non dimentichiamo però che noi siamo qui per servire
l’interesse pubblico e non la nostra causa.
Credibilità, coerenza e lealtà, sono i valori che io difenderò,
con voi, durante il mio mandato. La mia priorità è il rispetto
dell’impiego del personale di milizia che costituisce una ricchezza di cui non tutti ne hanno ancora apprezzato il vero valore.
In un momento in cui il termine di solidarietà viene utilizzato a
tutti gli scopi possibili, dobbiamo renderci conto che il sistema
di milizia è soprattutto e prima di tutto una vera e propria questione di solidarietà.
Vorrei cogliere l’occasione per esprimere il mio profondo rispetto e la mia gratitudine verso il mio camerata ed amico Hans
Schatzmann per il lavoro da lui svolto in questi quattro anni
come presidente. Mio caro Hans, tu sei un modello di ufficiale di
milizia, ma che dico, un modello di cittadino svizzero, all’origine
del successo di questo nostro paese!
RMSI 2.2012 | 31
Società Svizzera degli Ufficiali
Sempre disponibile – impegnato - sensibile alle realtà della nostra società – sempre pronto ad ascoltare – sempre rispettoso
degli altri, rispettoso delle minorità e dei Romandi in particolare! Hans non è soltanto un miliziano modello, bensì un modello
di ufficiale di milizia per eccellenza.
Ho lavorato con te spalla a spalla per cinque anni al comitato
della SSU ed ho imparato a conoscerti, a capirti, tu il Solettese
ed io il Vodese. Si potrebbe dire che tutto ci separi, invece non
è così. Tu ed io siamo uniti in un impegno disinteressato e di
grande valore per il nostro paese, quello di essere ufficiali in
un esercito di milizia, in un esercito del popolo e per il popolo.
Sono orgoglioso di divenire presidente della SSU e successore
di un uomo del tuo calibro anche se sono pienamente consapevole della sfida che ciò rappresenta.
32
Grazie Hans ! E grazie anche a tua moglie ed ai tuoi figli che
hanno acconsentito a tanti sacrifici. Buona fortuna!
Non voglio terminare questo primo editoriale senza ringraziare
anche tutti i nostri predecessori al Comitato della SSU, i vicePresidenti delle sezioni cantonali, il Comitato attuale e la nostra
segretaria, cap Irène Thomann, i Presidenti delle sezioni cantonali e delle società d’arma, come pure i redattori dell’ASMZ,
RMS e RMSI.
Senza tutte queste forze, senza tutta questa volontà, senza tutto questo impegno, niente sarebbe stato o sarebbe possibile.
Viva la SSU e viva il nostro esercito di milizia. K
Società Svizzera degli Ufficiali
L’intervista al nuovo Presidente,
brigadiere Denis Froidevaux
colonnello smg peter schneider, caporedattore allgemeine schweizerische militärzeitschrift
l’intervista è pure pubblicata nella asmz 5/2012
Monsieur le Brigadier, nous vous adressons nos félicitations les plus chaleureuses pour votre élection, le 17 mars
dernier à Lucerne, à la présidence de la Société Suisse
des Officiers (SSO). Quelles sont les raisons qui vous ont
conduit à vous mettre à disposition pour cette fonction,
après avoir assumé pendant de longues années le poste
de vice-président?
Je suis très heureux et fier d’avoir été élu conscient de la
responsabilité endossée et de la charge qui en découle. Pour
ma part il faisait sens de répondre à la demande du comité,
à savoir d’une part de reprendre la présidence en qualité de
romand. Et puis la SSO est une organisation à haute valeur
ajoutée pour laquelle il vaut la peine de s’engager. Je suis très
reconnaissant à tous mes prédécesseurs, à quelque niveau et
fonction que ce soit.
Sans eux nous n’en serions pas ici ce jour.
Je suis également reconnaissant à mes camarades alémaniques
et tessinois pour la confiance qu’ils me témoignent. Oui,
romands, alémaniques et tessinois, nous sommes différents,
mais pas comme une certaine presse voudrait le dire ou le
faire croire. Nos différences font notre richesse. L’armée à ceci
d’incomparable qu’elle est un formidable outil d’intégration à
l’échelon national et ça c’est une force!
Quelles sont vos exigences et demandes par rapport à la
politique en général et au Conseil fédéral en plus particulier?
La SSO n’est pas l’organe d’évaluation du Conseil fédéral et
encore moins celui du commandement de l’armée, loin s’en faut!
Tout comme c’est une évidence que le rôle de la SSO s’est
profondément modifié au cours des dernières années, aussi il est
pour le moins inquiétant de constater que le Conseil fédéral n’est
plus à 100% derrière SON armée, derrière l’armée du peuple.
Nous nous battrons en faveur d’une politique de sécurité gage
de stabilité et de développement harmonieux du pays.
Vouloir limiter la réflexion à l’horizon d’une législature est une
grave erreur qui semble être une pratique à la mode. Entre le
vouloir et le pouvoir, il y a le devoir!
De plus la SSO attend du Conseil fédéral qu’il applique le
principe: énoncé-déduction-conséquences, et ne limite pas son
approche sécuritaire à une approche essentiellement financière.
Il est temps de se poser les vraies questions: quels sont les
véritables intérêts stratégiques de ce pays, qu’entend-on faire
pour réduire l’exposition aux risques, respectivement quels sont
ces risques, que veut-on mettre en place pour protéger ces
intérêts, et à partir de là on pourra parler de moyens, d’effectif,
d’organisation.
Ne penser-vous pas que dans le fond vouloir aborder le
problème en se posant préalablement la question de
l’effectif de l’armée ou de son coût au fond représente
une faute intellectuelle? Et puis la Suisse doit maintenant
aborder les problèmes de sécurité en montrant les dents
et non la bouche en cœur, n’en déplaise aux idéalistes et
autres naïfs?
Il me semble que pourtant 4 quatre points essentiels méritent
d’être relevés :
- Les équilibres géostratégiques se modifient et la position de la
Suisse ne se renforce pas, au contraire; nous serons toujours
plus isolés et de plus en plus seuls.
RMSI 2.2012 | 33
Società Svizzera degli Ufficiali
- La raréfaction des ressources stratégiques et énergétiques vont
amener conduire à des choix difficiles et délicats pour notre pays.
- Le consumérisme et l’individualisme ainsi que le vieillissement
de la population vont déséquilibrer le système social dans son
ensemble.
- Les besoins fondamentaux (santé-sécurité) vont continuer
d’augmenter.
Que les marchands d’illusions qui vendent l’idée que la paix, la
stabilité et la sécurité sont des acquis pour l’éternité remballent
leurs stands, c’est faux! Dans cette situation, appuyons nous
sur nos forces et nos valeurs et faisons preuve de courage et de
solidarité!
Quels sont à l’avenir les dangers et problèmes les plus graves pour notre armée?
Je demande du respect vis-à-vis de l’engagement milicien, de
la crédibilité dans l’attribution des ressources nécessaires à
l’accomplissement de nos missions.
Il n’est pas admissible de demander à un citoyen-soldat de
remplir une obligation alors que le système ne lui permet de le
faire dans des conditions acceptables faute de moyens! C’est
inacceptable, d’autant que les économies réalisées ne semblent
pas avoir été réaffectées au profit de l’armée (900 millions en trois
ans!). Pensez par exemple aux difficultés logistiques connues en
2010, essentiellement dues à des ressources insuffisantes sous
le couvert d’économies au profit du TTE, du moins le croyait-on,
puisque on nous affirme aujourd’hui que ces économies seront
versées à la caisse générale. Si c’est exact, alors c’est inadmissible
et particulièrement pernicieux.
Les changements incessants des conditions-cadre ainsi que le
manque de cohérence entre le vouloir et le pouvoir sont néfastes
pour la confiance et l’envie de servir son pays. Beaucoup semblent
l’avoir compris et intégré dans leur stratégie.
Il faut absolument que ce qui a fait la force de cette armée soit
préservé, à savoir : - La milice fondée sur l’obligation de servir. La milice c’est la
solidarité dans ce qu’elle a de plus noble: servir son pays, ses
valeurs.
- L’armée est un système global avec des composantes terrestres,
aériennes, de support. Vouloir affaiblir une des composantes
c’est affaiblir l’armée dans son ensemble.
- La capacité à intégrer toutes les couches de la population,
toutes les provenances linguistiques et culturelles doit être
garantie, même si cela a un coût.
- La faculté d’utiliser la capillarité entre les mondes civils et
militaires, en particulier dans le transfert de compétences.
- La décentralisation; l’armée se construit du bas vers le haute
et non l’inverse.
34
- La capacité à assumer réellement les trois missions clefs :
Aider - protéger - combattre en sachant que la raison d’être de
l’armée est et restera combattre.
Et, last but not least, il faut se lancer dans la bataille du sens,
car chacun a besoin de donner du sens à son action. Il en va de
même pour le citoyen soldat.
La réduction des effectifs de l’armée conduira tôt ou tard à
une réduction des effectifs de la SSO et par la suite à une
réduction de son influence dans l’entourage politique et
social. Quelles mesures peut-on envisager pour maintenir,
voir renforcer la position de la SSO pour les questions de
politique de sécurité et d’armée?
Il va de soit que la réduction des effectifs est un souci permanent.
Depuis de nombreuses années nous menons une intense politique
de recrutement. Nous avons dans ce domaine besoin des cdt GU
qui pourraient soutenir nos actions en informant les officiers de
leurs EM de la valeur ajoutée que représente le fait d’être membre
de l’affiliation à la SSO. Nous allons aussi nous préoccuper des
officiers libérés de leurs obligations militaires qui devraient rester
parmi nous; officier un jour, officier toujours! Nous consacrons
de gros efforts au nos publications, en particulier l’ASMZ qui
constitue un investissement.
Quels changements envisagez-vous pour la SSO?
Nous travaillons depuis de nombreux mois à la modernisation de
ses structures.
-La création de la Fondation des officiers de l’armée suisse qui
nous permettra de bénéficier d’appuis pour nos actions, en
particulier dans le domaine financier. En effet nous ne voulons
pas nous baser sur les cotisations pour les futures actions
stratégiques à réaliser.
-Le renforcement des structures de conduite par la création
d’une fonction de secrétaire général, directement subordonné
au président. Le but est de permettre au président-milicien
de se concentrer sur les activités de conduite, de renforcer la
capacité d’action en termes de communication et de garantir
un travail de lobbying renforcé.
Quel est le rôle assigné à la SSO dans le cadre d’autres
organisations de politique de sécurité telles que l’AWM,
VSWW, Giardino, Pro Militia, etc.?
La SSO doit jouer le rôle qui est le sien, à savoir celui d’une
société représentative des cadres de milice et de carrières, de
tous grades, de toutes les générations et de toutes les armes. Il
ne m’appartient pas de juger l’action des autres sociétés.
Società Svizzera degli Ufficiali
Ceci étant, il est nécessaire de serrer les rangs et de garder
notre cohérence. Si le front de celles et ceux qui défendent une
politique de sécurité crédible et d’une armée à même de remplir
le rôle qui est le sien se fissure, nos difficultés grandiront encore.
Aussi soyons pragmatiques et rusés en sachant gommer nos
différences et valoriser ce qui nous rassemble.
Il s’agit de travailler en commun dans le respect de chacun mais
avec des buts atteignables et crédibles.
Au niveau de la SSO nous voulons l’armée dont nous avons
besoin et non l’armée dont on a envie!
Quels sont vos buts personnels en qualité de président de
la SSO?
Appliquer nos trois valeurs: crédibilité, cohérence et loyauté, tout
en conservant l’indépendance de la SSO et dans un souci de
garder unie notre noble société. Agir sur trois axes:
défendre l’obligation de servir, sauvegarder l’équilibre entre
prestations et ressources, et en dernier recours agir au
niveau politique par l’entremise de notre initiative. Travailler
dans un climat de confiance et de transparence vis-à-vis du
commandement de l’armée, du chef du DDPS et des sections.
Que souhaitez-vous de la part des membres de la SSO?
Merci monsieur le Brigadier pour cette interview.
C’est le secret de la réussite, s’engager, communiquer, expliquer,
convaincre par ses arguments et sa crédibilité et non par la
polémique stérile.
La SSO doit rester politiquement neutre, il en va de notre liberté
de manœuvre et de notre crédibilité.
Imaginez que chaque membre de la SSO puisse convaincre 20
personnes de la nécessité de disposer d’une armée digne de ce
nom: ce seront plus de 450’000 personnes qui se seront ralliées
à notre cause, et qui viendront s’ajouter à la majorité de la
population attachée à une armée crédible.
Je demande donc à chaque section, à chaque société cantonale
et des armes et des services dynamisme, courage et volonté, le
tout dans le respect de nos traditions empreintes de camaraderie
et d’amitié. Nous aurons besoin de chacun.
Quel est le futur des publications Allgemeine Schweizerische Militärzeitschrift ASMZ, Revue Militaire Suisse RMS et
Rivista Militare della Svizzera Italiana RMSI? Collaboration
plus étroite, plus d’échanges, «fusion»? Quelles sont vos
attentes par rapport à l’ASMZ, organe officiel de la SSO?
Ces trois revues sont des bijoux et font parties de notre force
de frappe en terme de communication. Je souhaite que certains
articles soient publiés dans les trois revues, qu’une plus grande
perméabilité soit instaurée entre les rédactions, le tout dans le
respect des sensibilités.
Il est clair que l’ASMZ, appartenant à la SSO, est au centre,
s’agissant du plus gros tirage, mais aussi du plus gros budget!
Aussi j’attends que l’on poursuive les efforts entrepris depuis
plusieurs années sous l’impulsion du président actuel de la
commission le Lt Col Peter Graf afin de disposer d’une information
claire, critique mais constructive et à haute valeur ajoutée.
Ceci étant, de manière plus vaste nous allons travailler sur la
réforme de notre communication dans son ensemble, au travers
de la modernisation de notre site internet, de l’usage des réseaux
sociaux, etc.
Il nuovo Presidente della Società Svizzera
degli Ufficiali si presenta
brigadiere Denis Froidevaux
nato nel 1960, coniugato
Formazione professionale
1996 formazione completa a ufficiale di polizia
1997 diploma in crimonologia
1998 diploma in amministrazione pubblica
2004 diploma in risk management et crisis management
Posizione professionale
Capo servizio della sicurezza civile e militare e capo dello
stato maggiore di condotta
Carriera militare
Brigadiere di milizia
Dal 2012
SM Forze terrestri incaricato per la Patrouille des glaciers
2008-2011
Cdt br inf mont 10
2006-2008
SM Forze terrestri, capo dell’ispettorato sicurezza militare
2004-2006
CEM li ter cant
2001-2004
Cdt rgt ter 15
1996-2001
Cdt bat fus 3
1987-1992
Cdt cp car I/1
RMSI 2.2012 | 35
Società Svizzera degli Ufficiali
Risoluzione
della Società Svizzera degli Ufficiali
La Società Svizzera degli Ufficiali esige da Consiglio Federale e
dal Parlamento:
1. Una politica di sicurezza credibile e coerente, che crei la
necessaria stabilità verso i rischi, pericoli e minacce di oggi e
domani.
2. Il chiaro riconoscimento dei compiti dell’Esercito, dell’obbligo generale del servizio e del sistema di milizia come
sono ancorati nella Costituzione federale.
3. Le sufficienti risorse per l’Esercito, per garantire nel lungo
termine l’equilibrio fra le prestazioni richieste e i mezzi a disposizione (personale, materiale e finanze).
Il Consiglio Federale e il Parlamento sono responsabili della sicurezza del Paese.
Le misure necessarie non possono basarsi solo su riflessioni finanziarie, ma essere proiettate su un lasso di tempo di 10 – 15 anni.
Bisogna ritrovare l’impostazione globale della politica di sicurezza.
Bisogna porre fine allo smantellamento della sicurezza collettiva
e in particolar modo dell’Esercito.
Il Consiglio Federale e il Parlamento devono disporre i mezzi per
il raggiungimento degli obiettivi.
Si tratta di garantire la sicurezza e la credibilità, in particolare
il futuro del nostro Esercito e quindi l’indipendenza e la libertà.
La Società Svizzera degli Ufficiali garantisce il proprio impegno
affinché i punti elencati siano realizzati. K
4. La considerazione per i risparmi effettuati finora dall’Esercito.
5. La realizzazione completa del decreto federale del 29 settembre 2011:
a) l’effettivo dell’Esercito di 100’000 militi
b) un budget annuale di spesa di 5 miliardi di franchi
c) colmare le lacune dell’Armamento e equipaggiamento
d) l’acquisizione nel corto termine dei velivoli da combattimento
Per saperne di più consultate
il sito della Società Svizzera degli Ufficiali
www.sog.ch
e il sito della Allgemeine Schweizerische Militärzeitschrift
www.asmz.ch
36
Varie
Aldo e Cele Daccò mecenati e filantropi.
La donazione
dottor marino viganò
La ricerca in Italia e in Svizzera deve molto ad Aldo Daccò
(Gaggiano, 1896 - Milano, 1975) e alla moglie Cele Pasquali
Daccò (Milano, 1919). Nipote di un garibaldino, Aldo – benché costretto dalla morte improvvisa del padre a interrompere gli studi liceali – raggiunge, con studio e tenacia, a soli
24 anni d’età, la direzione generale di un’azienda del ramo
metallurgico. Approfonditi i profili chimico-fisici della manifattura delle leghe metalliche antifrizione, fonda nel 1936,
nel paesino di Orago (Varese), la liasa (Leghe italiane antifrizione sa), industria specializzata nel produrre sofisticate
fusioni leggere, che raggiunge in breve larghissima notorietà
internazionale. Presidente del Comitato internazionale delle
associazioni tecniche di fonderia, laureato in chimica «honoris causa» dall’università di Ferrara, life fellow dell’American
society for metals, membro onorario della Société française
de métallurgie e del British institute of metals, Aldo è ricordato come campione motonautico, primatista mondiale assoluto nel 1930 e 1931. E quale filantropo, per avere fondato
il Centro medico «La Madonnina» a Jerago nel 1972 e avere
promosso e finanziato, sin dal 1986, il Centro di ricerche cliniche per malattie rare «Aldo e Cele Daccò» presso l’Istituto
di ricerche farmacologiche «Mario Negri», a villa Camozzi di
Ranica (Bergamo).
Insegnante e infermiera diplomata, la moglie Cele Pasquali
affianca Aldo Daccò in queste e in altre iniziative benefiche e
culturali. Mecenate a sua volta, nello spirito che ha animato il
marito si attiva a sostenere, con un cospicuo donativo annuo,
dal 1994 al 2006, la Facoltà di Teologia di via Nassa 62, a
Lugano. Da quest’impegno costante per l’istruzione, prende
avvio un’altra impresa di ampio respiro nel campo culturale
e della ricerca scientifica di Cele Daccò per il Cantone Ticino:
la costituzione dell’Università della Svizzera Italiana, il cui
campus con costruzione dei relativi edifici finanzia sin dal
1998, unica donatrice e per somme ingentissime, in accordo
con l’allora Consigliere di Stato Giuseppe Buffi. Assicurando
inoltre anche attualmente, tramite la Fondazione «Daccò» di
Lugano, l’aiuto economico alle facoltà dell’usi e della supsi,
alla Facoltà di Teologia luganese e a altri istituti per la ricerca, riconosciuti dal Sistema universitario svizzero, sempre con
sede nel Canton Ticino.
Con lettera in data 9 maggio 2010, Marino Viganò ha donato al Cantone Ticino, e più precisamente alla Biblioteca
Cantonale di Locarno, la propria biblioteca di storia e arte
delle fortificazioni fra il 1450 e il 1945.
Sono oltre 2.500 volumi, 3.500 saggi e 7.000 articoli, presi in
carico dal Consiglio di Stato con decisione del 21 settembre
2010, trasportati a Locarno durante il 2011, poi sistemati in
un fondo a sé alla Biblioteca.
La collocazione negli scaffali segue difatti un criterio geopolitico, quello dei confini di antichi stati italiani, europei,
extraeuropei e dipendenze coloniali. Ciascuna parte della
raccolta riunisce dunque, in modo ragionato, i materiali che
riguardano il singolo paese e disegna, anche nella disposizione di libri, saggi e articoli, una geografia storica oltre a una
collazione pressoché totale dei testi.
Anche per motivi famigliari, il donatore ha inteso intitolare questa donazione «Fondo Cele e Aldo Daccò - Marino
Viganò», per riunire la donazione sotto i nomi pure di due
altri promotori di iniziative culturali.
Aldo Daccò (Gaggiano, 1896 - Milano, 1975), industriale e
filantropo, e la moglie Cele Pasquali Daccò (Milano, 1919),
mecenate, hanno promosso e sostenuto il Centro di ricerche
cliniche per malattie rare dell’Istituto di ricerche farmacologiche «Mario Negri», presso Ranica (Bergamo).
Cele Pasquali Daccò ha finanziato e, si può dire, costituito
l’Università della Svizzera Italiana, dalla Facoltà di Teologia
– per la stima verso il vescovo Eugenio Corecco – e alla fondazione del campus usi.
In linea con questo spirito di investimento culturale in un
paese avvertito vicino, e in conseguenza delle ricerche svolte
fra il 2002 e il 2009 su un monumento locarnese, il donatore
Marino Viganò ha scelto di destinare la propria collezione
storica, raccolta in 30 anni, al Ticino e a Locarno.
RMSI 2.2012 | 37
Varie
Per i legami di lavoro e stima intercorsi fra i Daccò e il nonno
e il padre del donatore, Luigi e Franco Viganò, il donatore ha
stabilito inoltre di intitolare anche ad Aldo e a Cele Daccò,
oltre che a sé, questo tassello ulteriore dell’offerta culturalestorica italiana al panorama degli studi svizzeri. K
La collezione
Parte «italiana»
Opere di sintesi generali
Opere di sintesi per l’Italia
Piemonte e Savoia
Stato di Milano
Repubblica di Venezia
Repubblica di Genova
Ducato di Mantova e del Monferrato
Ducato di Parma, Piacenza e Castro
Ducato di Ferrara, Modena e Reggio Emilia
Ducato di Massa e principato di Carrara
Repubblica e principato di Lucca
Repubblica fiorentina, ducato e granducato di Toscana
Principato di Piombino
Repubblica di Siena
Stato dei presìdi
Stati dei Montefeltro e dei della Rovere
Stato pontificio
Regno di Napoli
Regno di Sicilia
Regno di Sardegna
Stati e feudi minori
Italia napoleonica
Italia absburgica
Regno lombardo-veneto
Regno d’Italia e Repubblica sociale italiana
Ingegneri e trattatisti italiani
Parte «internazionale»
Impero ottomano
Feudi dei cavalieri di San Giovanni
Repubblica di Ragusa
Principato di Monaco
Regno del Portogallo
Regno di Spagna
Regno di Francia e Repubblica francese
Paesi Bassi imperiali, Borgogna e Franca Contea
Paesi Bassi indipendenti e regno d’Olanda
Regno del Belgio
Confederazione elvetica
Ducato di Lorena
Ducato di Baviera
Ducato di Sassonia
Margraviato del Brandenburgo e regno di Prussia
Germania e Reich germanico
Regno di Polonia
Impero russo
Regno di Danimarca e Norvegia
Regno di Svezia e ducato di Finlandia
Regno di Scozia
Regno unito d’Inghilterra, Scozia e Irlanda
Impero absburgico
Ungheria e Transilvania
Regno di Romania
Impero portoghese
Impero spagnolo
Impero olandese
Impero francese
Impero britannico
Repubblica del Sud Africa
Stati Uniti d’America
India
Siam
Impero nipponico
Corea
Cina
Ingegneri e trattatisti stranieri
Marino Viganò
Nato a Varese nel 1961, diplomato in Scienze politiche all’Università Cattolica di Milano, si è specializzato alla
Società italiana per l’organizzazione internazionale. Dottore di ricerca in Storia militare all’Università di Padova,
ha conseguito una borsa di post-dottorato alla Accademia d’Architettura di Mendrisio.
Assistente per cinque anni alla cattedra di storia delle relazioni e istituzioni internazionali a Milano, lavora anche
per uno studio legale, poi in svariati ambiti culturali e di ricerca, fra i quali: la Fondazione del Centenario della
bsi - Banca della Svizzera Italiana, Lugano, la Bank Sal. Oppenheim jr. & Cie. (Schweiz), Zürich, la Fondazione
Internazionale «E. Balzan» Premio, Milano, il Politecnico di Torino.
Per concorso, mandatario per l’Italia della Commissione indipendente d’esperti Svizzera-seconda guerra mondiale
(cie), è nominato in seguito per decreto del presidente del Consiglio dei ministri membro della Commissione italiana dei «beni ebraici sottratti
nel 1938-1945», e partecipa a sessioni e ricerche.
Consigliere-segretario della Fondazione Trivulzio, Milano, lavora a un progetto storiografico con risvolti in Italia e in Svizzera.
38
Varie
Conoscete il Foyer Bedretto?
associazione degli ufficiali del foyer bedretto
Nel 1997 un gruppo di ufficiali delle disciolte Zona rispettivamente Divisione Territoriale 9 ha fondato un’associazione con lo
scopo di acquistare e gestirel’ex-campo militare di Cioss Prato in
Valle Bedretto, già luogo di servizio dei nostri padri e di altri militi
oramai veterani, per preservarlo dal definitivo degrado.
Grazie alla comprensione delle autorità cantonali, comunali e patriziali tutte le infrastrutture risultano oggi risanate. Uno sforzo
finanziario non indifferente, il lavoro dell’organizzazione della
protezione civile di Wohlen AG e di tanti volontari hanno permesso di realizzare un vero e proprio villaggio di vacanze, in un
incantevole bosco di larici poco sopra la strada cantonale che
porta da Ronco ad All’Acqua. Mantenendo il ricordo dei servizi
prestati dai nostri militi, la valle Bedretto si è così arricchita di una
rispettabile infrastruttura turistica.
Per ulteriori informazioni i lettori della Rivista Militare della Svizzera italiana possono visitare il sito www.foyerbedretto.ch e sono
cordialmente invitati a constatare personalmente quanto realizzato a Cioss Prato il mercoledì, 6 giugno 2012, a partire dalle
ore 1030 (posteggiare l’autovettura alla sciovia e passeggiare 5
minuti fino al Foyer). Per ogni ulteriore informazione è possibile
rivolgersi al presidente Vicari Francesco, Tel 091 966 37 91 o [email protected]. K
Oggi il “Foyer Bedretto” viene occupato, unicamente nei mesi estivi, da scouts del Ticino o della vicina Lombardia, da scuole e famiglie, società paramilitari e da veterani di varie unità e stati maggiori, nonché ovviamente dai membri della nostra associazione che,
essendone i proprietari, usufruiscono di condizioni di favore.
Il nostro comitato, nell’intenzione di garantire un futuro a quanto
fino ad oggi realizzato, ha ritenuto opportuno allargare la possibilità di divenire membri dell’associazione a tutti gli ufficiali, che
nel corso della loro carriera militare hanno prestato servizio in
una qualsiasi formazione inglobata nel Corpo d’Armata di montagna 3 o che attualmente sono incorporati nella Regione territoriale 3 o nella Brigata Fanteria di montagna 9. Ovviamente anche
ufficiali provenienti dalle Forze aeree sono ben accolti.
Oggi l’ “Associazione degli Ufficiali del Foyer Bedretto” conta 33
membri a vita – cioè quelle persone che hanno messo a disposizione il capitale iniziale – e 141 soci annuali, che si ritrovano a
Cioss Prato ogni anno all’inizio del mese di giugno per la loro assemblea ordinaria e per trascorrere alcune ore in sincera amicizia.
RMSI 2.2012 | 39
Eco da Palazzo Federale
L’eco da Palazzo federale
ing. fausto de marchi
Ing. Fausto De Marchi
•La Confederazione continua nella ricerca di possibili alloggi per
richiedenti l’asilo. Il DDPS metterà a disposizione del Dipartimento federale di giustizia e polizia (DFGP) alloggi adatti e
accessibili a breve termine. Gli alloggi, che per il momento non
sono stati ancora indicati, devono essere di grandi dimensioni,
utilizzabili per almeno sei mesi e accessibili tutto l’anno con
mezzi di trasporto. Il DDPS e il DFGP hanno tempo fino alla
fine del 2013 per adottare i provvedimenti necessari che permettano di utilizzare altri 2000 alloggi per almeno tre anni.
Le esigenze formative dell’esercito non dovranno risentirne.
Senza questi alloggi supplementari, la Confederazione sarebbe
costretta ad attribuire i richiedenti d’asilo ai Cantoni, già nella
fase iniziale della procedura. Un numero maggiore di alloggi
permette di ridurre la durata della procedura, garantirne una
rapida esecuzione e ridurre i costi. Attualmente le strutture federali hanno raggiunto il massimo livello di capienza in ragione
delle 2500 nuove domande d’asilo presentate ogni mese.
•Per il primo inizio di scuole reclute 2012, che ha avuto luogo
lunedì 12 marzo, sono entrati in servizio circa 7300 reclute,
tra cui anche 45 donne. Circa 900 reclute assolveranno il loro
servizio in un unico periodo, quali militari in ferma continuata.
Il totale di coloro che entrano in servizio rimane pertanto sui
livelli della SR primaverile dello scorso anno. Gli effettivi definitivi delle reclute e il numero di coloro che saranno licenziati
dopo la prima settimana di SR non potranno tuttavia essere
comunicati prima del 27 marzo. L’esercito vuole impedire che
persone potenzialmente pericolose per sé stesse, per il prossimo o per l’ambiente possano assolvere la scuola reclute. Per
tale ragione, dall’agosto 2011, il Servizio specializzato per i
controlli di sicurezza relativi alle persone esegue un’analisi dei
rischi concernente le persone soggette all’obbligo di leva. Da
allora, 456 persone non sono state incorporate nell’esercito.
Prima della SR primaverile è stata inoltre disposta la sospensione della chiamata in servizio per altre 84 persone. Questo
in considerazione di episodi accaduti dopo che avevano già
superato il reclutamento. Le reclute che hanno bisogno d’aiuto
possono beneficiare di una consulenza e assistenza medica,
spirituale, psicologica e sociale.
40
•La Confederazione Svizzera e l’Agenzia europea per la difesa EDA (Eurpean Defence Agency) intendono cooperare nel
settore degli armamenti. Il relativo accordo è stato firmato il
16.3.2012 a Bruxelles. L’accordo, che non comporta obblighi
giuridici, consente alla Svizzera di conoscere in anticipo gli sviluppi in atto nella politica in materia di armamenti e di avere
accesso alla cooperazione multilaterale nel settore in Europa.
Esso è stato sottoscritto per la Svizzera dall’ambasciatore Jacques de Watteville (capo della Missione svizzera presso l’UE)
e per l’EDA da Claude - France Arnould (chief executive EDA).
L’accordo è del tipo “framework for cooperation”, ossia è un
accordo-quadro giuridicamente non vincolante. La Svizzera
rimane libera di decidere autonomamente quali informazioni
scambiare in questo contesto e a quali progetti o programmi partecipare. La partecipazione del nostro Paese ai singoli
progetti presuppone la conclusione di un accordo specifico.
Lo sviluppo e la produzione di armamenti sono un compito
complesso e costoso. Anche per la Svizzera, la cooperazione
internazionale in questo ambito assume dunque una crescente
importanza, in particolare nel campo della ricerca e dello sviluppo. La firma dell’accordo da parte della Svizzera era stata
posta dal Consiglio federale lo scorso 15 febbraio.
Equipaggiamento e armamento
Equipaggiamento e armamento
ing. fausto de marchi
USA – Europa – Svizzera
Codice di condotta e progetti elvetici
per mitigare il problema dei detriti spaziali
Lo spunto per questo articolo è venuto da due recenti notizie di
stampa. La prima, di gennaio, riguardava un annuncio pressante
della Segretaria di Stato USA Hillary Clinton sull’urgenza del problema dei detriti spaziali preconizzando una più stretta collaborazione con l’Unione Europea. La seconda, di febbraio, è giunta
invece dal nostro paese, dal Politecnico federale di Losanna che
ha preso la decisione di contribuire attivamente alla eliminazione
dei detriti spaziali con un proprio progetto.
La situazione dei detriti spaziali è oggi drammatica. Il rischio di
collisioni con detriti orbitanti attorno alla terra sta minacciando
gravemente la sicurezza degli astronauti e l’integrità dei satelliti
artificiali non solo civili (dal valore spesso di svariati centinaia di
milioni di franchi), ma anche quelli militari di grande rilevanza
per la sicurezza di un paese. Inoltre cresce costantemente il pericolo che oggetti di grossi dimensioni cadano al suolo minacciando l’incolumità della popolazione.
veicoli spaziali in orbita e per attenuare il crescente problema
dei detriti orbitanti. “La sostenibilità a lungo termine del nostro
ambiente spaziale è a grave rischio. In risposta a queste sfide, gli
Stati Uniti hanno deciso di unirsi all’Unione Europea e ad altre
nazioni per sviluppare un codice di condotta internazionale per le
attività dello spazio” ha detto in un comunicato la Segretaria di
Stato USA Hillary Clinton. Questo codice dovrebbe stabilire delle
linee guida per mantenere la sostenibilità a lungo termine della
sicurezza. I paesi firmatari del codice s’impegneranno a mantenere la libertà di accesso e di utilizzo dell’ambiente spaziale per
scopi pacifici senza interferenze e nel pieno rispetto dell’integrità
degli oggetti spaziali messi in orbita dagli altri paesi.
Gli Stati Uniti sono impegnati ad unirsi allo sforzo Europeo di
sviluppare un “codice di condotta” spaziale che fissi regole per
Per la verità l’UE aveva già formulato alcuni anni fa un “codice
di condotta internazionale per le attività Outer Space”, ma gli
USA non vollero allora aderire alla proposta europea, come ha
spiegato la Sottosegretaria di Stato per il controllo degli armamenti e la sicurezza internazionale Ellen Tauscher. “Era evidente
fin dall’inizio che noi (USA) non avremmo firmato il documento in
quanto troppo restrittivo: esso avrebbe limitato la nostra sicurezza nazionale, le attività connesse allo spazio e la nostra capacità
di proteggere gli Stati Uniti e i nostri alleati“. Ora però è giunto il
momento di rilanciare una più stretta collaborazione con l’UE per
mitigare il rischio di collisione nello spazio.
Rappresentazione grafica realizzata dal computer
dei detriti in orbite basse (LEO)
Il primo lancio di un satellite (il russo Sputnik) avvenne nel 1957.
Da allora, nei 55 anni successivi, sono stati messi in orbita oltre
6500 satelliti, ma di essi poco più di 900 sono tuttora operativi, i
rimanenti sono per definizione oggetti inerti non più funzionanti, delle carcasse inutili. Nel lontano 1958 gli Stati Uniti misero
in una orbita il loro primo satellite della serie Vanguard. Rimase
operativo fino al 1964. Da allora ruota intorno alla terra come
il detrito più vecchio, e vi rimarrà per i prossimi 240 anni, se
non verrà un giorno rimosso. Tra il 1970 e il 1980 l’allora Unione Sovietica mise in orbite medio – alte numerosi satelliti della
serie Kosmos nel quadro del programma di ricognizione navale
RORSAT (Radar Ocean Reconnaissance SATellite). Tutti questi satelliti erano muniti di una piccola centrale nucleare per assicurare
l’approvvigionamento d’energia elettrica al radar di bordo, creando però nel contempo materiale altamente radioattivo. Molti
di questi satelliti conobbero guasti che li misero fuori uso. Due di
essi (Kosmos 954 e 1402) precipitarono sulla terra contaminando
il suolo. I rimanenti orbitano attorno alla terra e rappresentano
una vera spada di Damocle. Il pericolo maggiore è costituito dalla
possibilità che un detrito colpisca una di essi e perfori (ad esem-
RMSI 2.2012 | 41
Equipaggiamento e armamento
pio) il sistema di raffreddamento della centrale nucleare provocandone la fuoriuscita del liquido di raffreddamento radioattivo,
che ruotando attorno alla terra formerebbe una nube radioattiva
permanente. Un’eventualità remota, tuttavia secondo la NASA
(l’ente spaziale statunitense) non trascurabile, che stima attorno
al 8% la probabilità cumulativa per i prossimi 50 anni che si verifichi questo evento. Se ciò accadesse realmente l’uomo avrebbe
contaminato con materiale radioattivo anche lo spazio, dopo aver
contaminato la terra con i disastri di Chernobyl e Fukushima.
I primi stadi di un razzo che portano in orbita satelliti o missioni
spaziali umane non raggiungono in generale la velocità di fuga,
quindi ricadono sulla terra (o in mare) a combustione terminata.
Non è così per gli stadi successivi. Molti di questi secondi e terzi
stadi, ormai vuoti di propellente, ruotano inutilizzati attorno alla
terra: costituiscono i detriti più grossi e pericolosi. In passato sono
stati osservati anche esplosioni di alcuni vettori durante la fase
propulsiva. È accaduto ad esempio l’11 marzo 2000 a un vettore
cinese Chang Zheng-4 che è esplose in orbita creando una nuvola di detriti. Un incidente analogo si è verificato il 19 febbraio
2007 quando un razzo russo del tipo Briz-M è esploso in orbita
sopra l’Australia, generando migliaia di detriti e distruggendo
il suo carico utile, un satellite per le telecomunicazioni. Alcuni
astronomi ebbero la possibilità d’osservare da terra l’esplosione
del vettore.
Una causa importante per l’aumento improvviso dei detriti spaziali è la collisione di satelliti. Negli ultimi cinque anni si sono
verificati due eventi che hanno peggiorato drasticamente la già
precaria situazione dei frammenti spaziali. Nel 2007 la Cina ha
eseguito un test (purtroppo con successo) per verificare la propria capacità d’intercettare e distruggere un satellite artificiale
con un missile dal suolo. Bersaglio fu il satellite meteorologico
in disuso Fengyun-1C orbitante a circa 850 km d’altezza su un
orbita quasi polare (vedi RMSI-2007, No 2). È stato calcolato
che la sua distruzione ha prodotto 2’300 frammenti più grandi
di una pallina da golf, 35’000 pezzi con oltre 1 centimetro di
grandezza ma inferiori ai 10 cm e almeno 1 milione di frammenti inferiori a 1 cm. Il test cinese ha rappresentato la più
grande contaminazione dello spazio con frammenti di satellite
mai prodotta dall’uomo.
Il 10 febbraio 2009 il satellite statunitense Iridium 33 (dal peso
di 560 kg) si scontrò con il satellite russo in disuso Kosmos
2251 (di 950 kg). La collisione avvenne a 750 km d’altezza
circa sopra la Siberia, la velocità relativa all’impatto fu altissima, di 11.7 km al secondo pari a 42’120 km orari. Ambedue i
satelliti finirono letteralmente polverizzati all’impatto creando
una nube di frammenti difficilmente quantificabili in dimensioni, peso e in numero. Un disastro costato alle compagnie assicurative circa $ 20 miliardi.
È un circolo vizioso: più si verificano collisioni e distruzioni di
satelliti e più si creano detriti. La grafica sottostante mostra
l’aumento annuo dei detriti superiori ai 10 cm in orbite basse (chiamate LEO), comprese tra i 200 e i 2’000 km d’altezza,
dall’inizio dell’era spaziale (1957) fino al 2011.
42
Numero dei detriti superiori ai 10 cm in orbite basse (LEO)
tra il 1957 e il 2011.
È evidente il marcato aumento dei detriti causati dai due eventi
menzionati in precedenza.
Ha un po’ dell’incredibile, ma anche l’attività degli astronauti ha
creato dei detriti durante le missioni o “passeggiate” nello spazio. L’astronauta Michel Collins (missione Gemini 10) e la collega
Sunita Williams (missione STS 126) hanno “perso” ambedue le
loro camere TV nello spazio. L’altro astronauta Edward Tufte ha
perso un guanto. Per 15 anni di seguito tutti gli equipaggio russi
delle missioni Mir, prima del rientro a terra, si sono liberati dei
loro rifiuti accumulati durante la missione gettando sacchi nello
spazio circostante. Spazzatura che ancor oggi ruota attorno alla
terra. Durante i lavori di riparazioni ai pannelli solari della Stazione Spaziale Internazionale furono persi due pinze e l’astronauta
statunitense Heidemarie Martha Stefanyshyn-Piper ha perso addirittura l’intera valigetta d’attrezzi, sempre durante la missione
STS 126.
La fascia orbitale più contaminata da detriti è senz’altro quella
bassa compresa tra i 600 e i 1’200 km d’altezza, proprio dove
orbitano la maggior parte dei satelliti, come mostra la grafica
sottostante.
Distribuzione di satelliti e frammenti del Fengyun-1C
in orbite basse (LEO).
Equipaggiamento e armamento
In orbite più elevate (medio e alte), il pericolo di collisioni è
minore. L’orbita geostazionaria (a 36’000 km d’altezza sopra
l’equatore) è invece “gremita” di satelliti, tutti di grosse dimensioni. Vi sono satelliti geostazionari i cui “vicini” distano qualche
centinaia di metri uno dall’altro. Quando uno di esso smette di
funzionare per guasti o altro viene allontano dalla sua posizione
e parcheggiato su un’orbita più distante (una specie di binario
morto) per lasciare il posto al prossimo satellite pronto al lancio.
Il pericolo di collisione su questa orbita geostazionaria esiste, ma
si ritiene che le conseguenze sarebbero meno gravi di quello su
orbite basse, poiché le velocità relative all’impatto sarebbe molto
inferiore, dell’ordine di 1.5 km al secondo al massimo.
Molte sono quindi le fonti che generano i detriti spaziali. Secondo
stime fatte dalla NASA le percentuali dei detriti orbitanti attorno
alla terra si possono suddividere nelle seguenti quattro categorie:
lioni) nella categoria “piccoli”. La soglia dei 10 cm che separa i
detriti grandi da quelli più piccoli è importante, in quanto rappresenta la dimensione minima che i più moderni radar e sistemi
ottici riescono a “vedere” e a monitorare da terra. La NASA e la
ESA (l’ente spaziale europeo) tengono sotto osservazione circa
16’000 detriti “grandi”, specialmente in orbite basse. Controllando in permanenza le loro orbite sono in grado di prevenire gli
astronauti dal pericolo di collisioni. Ciò è successo in più occasioni, sia a equipaggi della Stazione Spaziale Internazionale sia a
quelli della navetta spaziale Space Shuttle. Allertati da terra essi
hanno dovuto compiere cambiamenti di rotta repentine per evitare pericolosissime situazioni. Ma collisioni con detriti più piccoli
sono successi molte volte in passato, come mostrato dalle due
fotografie qui di seguito, per fortuna finora senza conseguenze
per gli astronauti.
I paesi più “inquinanti” sono: Cina per il 42%, USA per il 27.5%,
Russia per il 25.5% e “altri” (Europa , India, Giappone, ecc.) per
i rimanenti 5%.
Il primo grave impatto di una navetta spaziale con un detrito
fu osservato nel 1994. La navetta spaziale Endeavour atterrò al
termine della missione con un vetro del cockpit rotto, perforato,
per fortuna solo per metà del suo spessore, da un oggetto grande
qualche millimetro, mai identificato. Nessun danno all’equipaggio
se non un grosso spavento. Un incidente analogo capitò alla navetta spaziale Challengers. Un vetro del cockpit fu colpito da un
grosso pezzo di vernice biancastra che produsse una cavità nel
vetro di 1 mm di profondità, anche in questo caso senza conseguenze per l’equipaggio.
Si sono catalogati i detriti secondo la loro grandezza. Se ne distinguono tre classi: grandi, medi e piccoli. Per detriti “grandi”
s’intendono oggetti di almeno 10 cm di grandezza, con un peso
tipico di 1 kg (ma ve ne sono di quelli grandi alcuni metri con
un peso di diverse tonnellate). Quelli “medi” si situano tra 1 e
10 cm di grandezza e quelli “piccoli” sono inferiori a 1 cm (in
generale attorno a 1 mm o ancora più piccoli). Esperti stimano che vi siano oggigiorno in orbiti terrestri (a qualsiasi quota)
19’000 detriti nella categoria “grandi”, 500’000 nella categoria
“media” e sicuramente oltre 10 milioni (alcuni parlano di 50 mi-
La pressione atmosferica, anche se estremamente rarefatta, e
quella pure debolissima delle radiazioni solari sono le cause principali per un lento ma costante rallentamento della velocità orbitale di ogni oggetto che ruota attorno alla terra, un spostamento
continuo su orbite sempre più basse che termina con il rientro
e la ricaduta sulla terra. Se per gli oggetti in orbite molto basse
(ad esempio a 200 – 300 km d’altezza) questo processo può
durare soltanto qualche decina d’anni (a dipendenza dalla loro
grandezza) per un satellite geostazionario esso dura decine di
migliaia di anni. Nella stragrande maggioranza dei casi gli oggetti
-
-
-
-
17% : razzi propulsori o parti di essi
19% : detriti causati dalle missioni spaziali
22% : satelliti artificiali o altri veicoli spaziali in disfunzione
42% : frammenti vari (batterie, pannelli solari, vernici, pezzi
metallici, elettronica ecc.)
Danni alle navette spaziali Discovery e Endeavour da collisione con
detriti orbitanti.
Sopra: parte inferiore dell’ala destra dello Discovery danneggiato da
diversi detriti durante missioni precedenti e riparata al suolo (alla bella
meglio) dalla NASA.
Foro d’uscita di alcuni centimetri causato da un detrito (forse un
bullone) ad un radiatore dello Endeavour durante la missione STS-118.
RMSI 2.2012 | 43
Equipaggiamento e armamento
che rientrano nell’atmosfera si surriscaldano per attrito con gli
strati densi dell’atmosfera fino a liquefarsi e a vaporizzarsi prima
dell’impatto al suolo terra, come le stelle cadenti. Ma non è sempre così. Oggetti metallici di grosse dimensioni possono giungere
a terra praticamente intatti. Essi rappresentando ovviamente un
pericolo per l’incolumità della popolazione civile, soprattutto se
contengono sostanze altamente tossiche e infiammabili, come ad
esempio l’idrazina, il liquido più ricco di idrogeno che si conosca,
spesso impiegato come combustibile per i razzi di controllo orbitale e d’assetto. Non esiste poi nessuna possibilità di deviare
la traiettoria dell’oggetto in caduta libera verso zone disabitate o verso il mare. L’unica possibilità è la previsione della zona
d’impatto, abbastanza attendibile, calcolata grazie a simulazioni
numeriche e modelli matematici con i computer. Ma queste previsioni si basano su misurazioni della traiettoria finale di volo, poco
prima del rientro dell’oggetto nell’atmosfera. Un lasso di tempo
in generale troppo breve per allarmare ed evacuare popolazioni
minacciate.
Serbatoio del vettore PAM-D precipitato in Arabia Saudita nel 2001.
Nel 1969 cinque marinai giapponesi, sulla loro imbarcazione,
furono feriti in alto mare da detriti piovuti dallo spazio, probabilmente resti di un satellite russo disintegratosi nell’atmosfera.
Più fortuna ebbe nel 1997 la signora Lotti Williams in Oklahoma,
sfiorata da un pezzo metallico di 10 x 13 centimetri giunto dallo
spazio. La US Air Force riconobbe più tardi questo frammento metallico proveniente da un razzo Delta lanciato l’anno precedente.
Il 21 gennaio 2001 precipitò, in una zona semidesertica
dell’Arabia Saudita senza conseguenze per la popolazione, un
serbatoio dell’ultimo stadio denominato PAM-D (vedi fotografia)
che aveva messo in orbita alcuni satelliti NAVSTAR, cioè quel
gruppo di satelliti facenti parte del sistema di navigazione satellitare GPS.
Il 27 marzo 2007 l’equipaggio di un aerea di linea Airbus A340
della compagnia aerea cilena LAN Airlines durante un volo sopra
l’Oceano Pacifico tra Santiago e Auckland vide un grosso oggetto
avvolto dalle fiamme passare davanti al velivolo a grande velocità
per inabissarsi nel mare. La distanza tra l’oggetto e l’aereo fu
stimata tra i 6 e gli 8 km. L’Airbus fu scosso poco dopo dall’onda
d’urto dell’oggetto che precipitava a velocità ipersonica. Si sup-
44
pone che l’oggetto fosse un grosso satellite spia russo al rientro
nell’atmosfera. Nell’aereo si trovavano 270 passeggeri.
La domanda ovvia che tutti si pongono è a sapere come possiamo proteggerci da collisioni orbitali e impatti al suolo con questi
detriti, soprattutto da quelli “grandi”. Purtroppo non esistono
oggigiorno metodi o sistemi efficaci, se non quello già ricordato
d’eseguire manovre evasive. Per gli impatti al suolo di grossi detriti dobbiamo sperare solo nella buona sorte.
Va detto che i detriti “piccoli”, inferiori al millimetro di grandezza, pur essendo numerosissimi, non rappresentano per fortuna
un grave pericolo: essi sono paragonabili a micro meteoriti da
sempre presenti nello spazio. Già i primi satelliti artificiali, 50 anni
fa, furono rivestiti da uno scudo protettivo chiamato scudo di
Whipple. Esso consiste nel ricoprire il satellite con una pellicola
d’alluminio posta a qualche millimetro dall’oggetto, in modo che
le micro meteoriti vengano polverizzate all’impatto con la pellicola, si trasformino in plasma e che si disperdano nello spazio tra
pellicola e satellite senza danneggiare quest’ultimo. Negli ultimi
anni la pellicola d’alluminio è stata sostituita con altri materiali,
ancora più leggeri e più efficaci, come fibre in ceramiche o fibre
sintetiche a più strati. Tuttavia vi sono parti importanti di un satellite o di stazioni spaziali che non possono essere ricoperte dallo
scudo di Whipple: ad esempio i pannelli solari, le lenti dei sistemi
ottici o le antenne radar.
Tutte le grandi agenzie spaziali (NASA ed ESA in primis) curano
dei programmi di ricerca per risolvere il più velocemente possibile
il problema dei detriti. Potrebbe venire però dalla Svizzera il primo
satellite “spazzino” per ripulire lo spazio dai detriti che si stanno
accumulando.
A metà febbraio l’ex-astronauta Claude Nicollier ha presentato
il progetto CleanSpace One della Scuola Politecnica federale di
Losanna (EPFL). Per la verità il progetto è curato da un’organizzazione spaziale elvetica che porta il nome di Swiss Space Center,
e che è localizzata nella EPFL di Losanna. Allo Swiss Space Center
collaborano diverse organizzazioni, Uffici statali, istituti di ricerca
e ditte private d’alta tecnologia. Tanto per citare i membri più
importanti: EPFL di Losanna, ETH di Zurigo, UNI di Neuchâtel,
RUAG Aerospace, Segretariato generale della Confederazione per
l’educazione e la ricerca, la Fachhochschule Nordwestschweiz,
CSEM di Neuchâtel e APCO Technology di Aigle.
Non si conoscono ancora i particolari del progetto. Nelle grandi
linee CleanSpace One dovrebbe comporsi di una serie di satelliti
di piccole dimensioni (un parallelepipedo di 30 x 10 x 10 cm),
dal basso costo unitario, capaci di selezionare i detriti più pericolosi, d’andare a cercarli e di “acchiapparli” e agganciarsi ad
essi, allontanarli dall’orbita dove si trovano per poi fare rientro
nell’atmosfera distruggendo (per surriscaldamento) sia il detrito
che il CleanSpace One.
La prima missione di CleanSpace One potrebbe avvenire fra cinque anni. Il progetto, attualmente allo studio, può contare su circa CHF 10 milioni di finanziamenti. I responsabili del progetto
Equipaggiamento e armamento
Il progetto è conosciuto negli Stati Uniti con il nome di “Airborne
Laser”. Nel mondo anglosassone un’arma di questo tipo è denominata DEW ovvero “Direct Energy Weapon” perché sfrutta
direttamente l’energia delle onde elettromagnetiche (tra le quali
si annoverano i raggi laser, impulsi radio, microonde ed altro) per
distruggere un bersaglio. Il missile balistico, lanciato da una nave
da guerra, è stato “illuminato” dal raggio laser durante alcuni
secondi, si stima tra i 5 e i 10 secondi. L’energia del raggio ha surriscaldato la struttura del missile balistico a tal punto da causare
l’esplosione dei serbatoi con il propellente. È stata tenuta segreta
l’informazione a quale distanza è avvenuta l’intercettazione. Il
test ha dimostrato il principio (se ce n’era ancora bisogno) che
un bersaglio aeromobile, anche di grosse dimensioni, può essere
distrutto da un raggio laser di grande potenza.
Il progetto CleanSpace One del Politecnico federale di Losanna
hanno dichiarato di voler dimostrare, nella prima vera missione
operativa, di essere in grado di “agganciare” allo CleanSpace
One i due micro-satelliti svizzeri e cioè lo Swisscube (10 cm di
lato, 820 gr di peso) e il ticinese TiSat in orbita nel luglio dal
2010.
Si possono facilmente intuire quali e quante difficili sfide tecnologiche il progetto dovrà superare. Ad esempio lo sviluppo di motori a razzo estremamente miniaturizzati e performanti, lo sviluppo
di un dispositivo per afferrare oggetti che volano a velocità molto
elevate, spesso a 7 km al secondo (a questo proposito si sta studiando il comportamento e le soluzioni applicate da certi animali
e vegetali per afferrare le loro prede). Oppure ancora essere capace in modo autonomo di cercare e identificare nello spazio il
detrito che si desidera eliminare. Tutti compiti molto semplice da
dirsi, ma molto difficili da realizzare. Un lavoro pioneristico che
dovrà avvalersi anche della collaborazione internazionale.
Una cosa è certa già finora: non verrà eliminato nessun detrito
(sia che provenga da un satellite civile sia da uno militare) se
non vi sarà l’approvazione preventiva da parte del proprietario
del satellite.
Su scala decisamente minore si è svolta, nel centro prove di
Ochsenboden (Canton Svitto) tra il 27 e il 28 settembre 2011,
una nuova dimostrazione come il raggio laser riesca a distruggere
anche altri bersagli volanti, in questo caso una (piccola) drone.
Il test è stato eseguito da specialisti del consorzio germanico
Rheinmetall (ex Oerlikon di Zurigo). L’apparecchiatura per produrre il raggio laser è stata installata su uno “Skyshield”, il mezzo
della contraerea abbinato a cannoni di 35 mm. Lo “Skyshield”,
con la munizione AHEAD, è considerato la più moderna arma
contraerea a cannone esistente sul mercato per combattere bersagli aeromobili di piccole dimensioni. Nella Bundeswehr tedesca
è conosciuto con il nome di “Mantis”: alcune batterie sono tuttora impiegate in Afghanistan. Lo “Skyshield” è dotato di un radar
di ricerca, un altro per l’inseguimento del bersaglio, una camera
TV pure per eseguire l’inseguimento automatico del bersaglio, un
distanziometro laser, sistemi ottici, ecc.
Nel dimostratore presentato a Ochsenboden soltanto i sistemi
ottici e il generatore laser si trovavano sulla torretta (girevole)
dello “Skyshield”: le rimanenti componenti del sistema, in particolare il generatore di corrente e il sistema di raffreddamento
erano montate sotto la torretta su parti fisse.
Per la precisione la Rheinmetall ha presentato a Ochsenboden
Fonti: Jane’s Defence Weekly, 25.1.2012 / en.wikipedia.org /
EPFL - Swiss Space Center / NASA Orbital Debris Program Office /
ESA Space Debris
Svizzera – Germania
La contraerea con il raggio laser
L’11 febbraio 2010 le Forze aeree statunitensi hanno distrutto
un missile balistico con un raggio laser. Si è trattato di un test
per verificare le capacità delle installazioni, imbarcate su un aereo commerciale del tipo Jumbo Jet, di colpire e distruggere un
missile balistico in volo, durante la fase propulsiva ascensionale.
Skyshield a raggi laser
RMSI 2.2012 | 45
Equipaggiamento e armamento
•Si può “dosare” la potenza del raggio laser in funzione del
tipo di bersaglio da combattere e della sua vulnerabilità.
•La fuoriuscita di un colpo di cannone dalla canna è accompagnata da un bagliore visibile a grande distanze. La fuoriuscita
del raggio laser è praticamente invisibile.
•L’autonomia al combattimento di un cannone convenzionale
dipende dal numero di colpi nei magazzini e dalla riserva.
L’autonomia di un “cannone laser” è praticamente illimitata.
Il servizio per la logistica della munizione risulta superflua.
•Il “cannone laser” non ha parti metalliche in movimento.
Quindi non è sottoposto all’usura di materiali come nel caso
dei cannoni. La manutenzione dei sistemi è quindi inesistente
o molto ridotta.
•Le contromisure che l’aeromobile potrebbe adottare sono di
difficile attuazione.
A questi evidenti vantaggi si contrappongono alcuni svantaggi,
tra i quali vanno annoverati i seguenti tre:
•la (limitata) potenza del raggio laser condiziona fortemente
la distanza massima d’impiego: per raggiungere e distruggere bersagli a grandi distanze (ad esempio 10 km e oltre) l’ingombro e il peso delle apparecchiature diventano importanti,
•in caso di particolari condizioni meteorologiche la propagazione del raggio laser nell’atmosfera risulta difficoltosa e il
raggio tende a divergere e quindi a disperdere la sua energia,
•per gli occhi degli operatori il raggio laser rappresenta un
continuo fattore di pericolosità.
L’abbattimento di una drone
due apparecchi laser. Il primo a bassa potenza (1 kW), montato
su un carro granatieri, il secondo più potente (10 kW) montato
appunto sulla torretta dello “Skyshield”. Ambedue hanno dimostrato la loro efficacia nel combattimento asimmetrico (ostacoli e
sbarramenti), nella distruzione della munizione RAM (Rocket, Artillery, Mortar), di piccole imbarcazioni su corsi d’acqua ed infine
appunto nell’abbattimento di una drone.
La tecnologia del raggio laser a scopi militari potrebbe rivoluzionare le armi convenzionali della contraerea usate finora. I vantaggi del laser sono evidenti ed importanti.
• Il raggio laser si sposta alla velocità della luce, percorre quindi
la distanza tra il generatore e il bersaglio in un lasso di tempo
praticamente nullo, scaricando tutta l’energia su una piccola
superficie del bersaglio. Il calcolo del punto d’impatto è estremamente semplice.
• La munizione convenzionale causa rinculi che richiedono un
riposizionamento continuo della piattaforma su cui è posata
l’arma: il raggio laser non conosce questi effetti.
• L’ottica dei laser è costituita principalmente di specchi, lenti e
prismi, con un peso complessivo molto ridotto. Ne consegue
che i motori elettrici per il posizionamento di questi sistemi
ottici sono leggeri e poco ingombranti: Ne risulta che il tempo
necessario per il cambio di bersaglio è breve e l’impiego contro
attacchi saturanti con più bersagli è potenziato.
46
La ricerca sulle armi laser in ditte e laboratori specializzati iniziò
circa trenta anni fa. Molti prototipi, dimostratori furono presentati a militari ed esperti in occasioni di mostre e meeting
aviatori. Tuttavia non vi è stata finora una vera affermazione
del raggio laser nel mercato delle armi per la contraerea. Ciò è
dovuto al fatto che le distanze massime d’impiego sono risultate insufficienti a causa delle potenze limitate dei generatori
laser. Secondo il parere di specialisti della Rheinmetall sono
però d’attendersi significativi progressi nei prossimi anni. Si dovrebbe passare dai 10 kW odierni (per una distanza sui 2 km)
ai 20 kW nell’anno prossimo e ai 100 kW nel 2016, ciò che
permettere una distanza d’impiego attorno ai 10 km.
Fonte: Schweizer Soldat, dicembre 2011
In breve
• Germania
Il consorzio tedesco Krauss-Maffei-Wegmann (KMW) ha presentato una nuova e più potente versione del veicolo ruotato
e blindato Dingo-2. Dal 2005 ad oggi la KMW ha creato non
meno di 15 varianti di questo mezzo per diversi i impieghi nei
seguenti sei eserciti europei: Germania, Belgio, Repubblica
Ceca, Lussemburgo, Norvegia e Austria.
Equipaggiamento e armamento
Tutti questi paesi impiegano il Dingo 2 in missioni all’estero
sotto il comando NATO, EU oppure ONU. Alla nuova variante
è stato dato il nome di Dingo 2 HD, dove la sigla HD sta per
Heavy Duty, a indicare un carico utile potenziato (fino a 3
tonnellate) nettamente superiore rispetto alle varianti precedenti. Le dimensioni esterne rimangono invariate. Il peso
complessivo è di 14.5 tonnellate. Il veicolo si basa su un telaio Unimog ed è spinto da un motore a 6 cilindri che eroga
225 kW con trasmissione completamente automatica. Un
sistema d’aria condizionata e filtri permettono un impiego in
condizioni climatiche estreme o in presenza di agenti chimici
o batteriologici. Per l’autodifesa il Dingo-2 HD è munito di
una mitragliatrice automatica e stabilizzata sui tre assi del
tipo FLW 100 (o 200), comandata dal tiratore all’interno
dell’abitacolo, con la possibilità di tiro anche in movimento.
Non sarà necessario alcun cambiamento all’organizzazione
della logistica. La protezione dell’equipaggio e la mobilità
sono i due punti di forza del Dingo-2 HD. La Germania impiega da anni il Dingo-2 in Afghanistan con piena soddisfazione
della Bundeswehr.
(Europäische Sicherheit)
• Medio Oriente
C’è molta apprensione in Israele. Come riportato dalla rivista
specializzata americana Aviation Week & Space Technolgy di
metà marzo, al termine del conflitto in Libia sono sparite nel
nulla molti armi acquistate a suo tempo dal regime del colonnello Gheddafi.
Tra queste vi è il sistema antiaereo portatile russo SA-24
“Grinch”, un missile ritenuto molto efficace e temuto da tutti i
piloti d’elicotteri e d’aerei da combattimento delle Forze aeree
israeliane. Il “Grinch”, a guida infrarossa e dal peso di circa
10 kg, è in grado d’abbattere aeromobili tra i 10 e i 3’500
m di quota e fino a 4 chilometri di distanza: ha inoltre un
ottima resistenza alle contromisure elettroniche. La presenza
degli SA-24 nel conflitto libico è stata accertata da fotografie
che ritraevano soldati intenti a scaricarli da navi nel porto di
Tripoli. Quante batterie di SA-24 siano state effettivamente
consegnate alla Libia non è dato sapere: fonti d’intelligence
israeliane parlano di oltre 400 missili, ma su questa cifra non
c’è alcuna certezza. È per contro probabile che molti “Grinch”
siano ora in mani d’organizzazioni non-statali o venduti sul
mercato nero delle armi. Il timore d’Israele è che questa arma
della contraerea appaia un giorno in Palestina, in Libano o
nella striscia di Gaza tra i combattenti di Hamas oppure tra
le milizie Hezbollah. Le vie per far giungere in queste regioni
mediorientali armi e munizioni sono ben note da tempo.
(Aviation Week & Space Technology)
• Arabia Saudita
La Defense Security Cooperation Agency degli Stati Uniti ha
notificato al Congresso americano una vendita importante
all’Arabia Saudita di mezzi per l’artiglieria.
Oltre agli obici verranno venduti radar, munizione ed equipaggiamento associato, mezzi per l’addestramento e la logistica.
Complessivamente una commessa da $ 886 milioni. Gli obici
richiesti dall’Arabia Saudita sono di due tipi: l’M777 (versione
A2) e l’M119 (pure nella versione A2); il primo ha un calibro
155 mm, il secondo di 105 mm.
Va notato che l’M777 ha molte parti in titanio (e non in acciaio), ed è quindi considerato un obice d’artiglieria “leggero”,
anche se il suo peso è di 3’750 kg. Ha una gittata massima di
30 km con la munizione convenzionale. L’M777 può essere elitrasportato con l’elicottero pesante UH-60 “Black Hawk”, già
in dotazione nel Regno saudita, che può trasportare un carico
utile massimo di poco oltre i 4’000 kg. Esperti ritengono che
il trasporto di un obice M777 con il “Black Hawk” in Arabia
Saudita può risultare problematico a causa delle alte temperature che si registrano solitamente nel paese. L’obice M119
(uno sviluppo successivo dello M102) ha un peso sui 2’150
RMSI 2.2012 | 47
Equipaggiamento e armamento
kg e una gittata massima attorno ai 15 km con la munizione
convenzionale e di 20 km con i razzi-assistiti.
L’entità dell’ordinazione saudita si compone come segue:
- 35 obici M777 (versione A2), con rispettiva munizione 155
mm, più precisamente:
- 17’136 proiettili M107 (HE) e 2’304 proiettili M549 razzoassistiti
- 54 obici M119 (versione A2), con la rispettiva munizione
105 mm: il quantitativo della munizione ordinata per gli
M119 è stato tenuto segreto
- 6 sistemi radar controfuoco AN / TPQ-36
- 24 sistemi elettronici AFATDS (Advanced Field Artillery Tactical Data Systems)
- 60 veicoli M1165 “Humvee”, e
- altri veicoli leggeri
Se non vi saranno difficoltà d’ordine politico da parte del Congresso (non attese) la vendita si effettuerà nell’ambito delle
solite procedure statunitensi FMV (Foreign Military Sale), ben
note anche in Svizzera.
(Defense Industry Daily)
• USA – Romania – Polonia – Paesi Bassi
Prende corpo il progetto di difesa dell’Europa dalla minaccia
dei missili balistici mediorientali (ed eventualmente dalla Corea
del Nord).
Il 13 settembre 2011 la Segretaria di Stato USA, Hillary Clinton, e il Ministro degli Esteri rumeno, Teodor Baconschi, hanno
firmato l’accordo che sancisce ufficialmente la nascita del sistema di difesa missilistico degli Stati Uniti in Europa centrale.
Questo accordo fa seguito alle decisioni del summit di Lisbona
nel dicembre 2010. L’intesa prevede il dislocamento di una
batteria di missili intercettatori SM3 nella base aerea rumena
di Deveselu, presso Caracal, entro il 2015, a cui seguirà l’installazione di un radar di tracciamento dei missili balistici.
Un secondo accordo è stato stipulato tra gli USA e la Polonia, appena qualche giorno dopo quello rumeno. Si prevede
d’installare sul territorio polacco un’altra batteria di missili
SM3 entro il 2018. Gli Stati Uniti hanno cercato, invano, di
coinvolgere la Russia in questo progetto, che da anni osteggia
la realizzazione dei piani di difesa in quanto teme che verrà
alterato l’equilibrio strategico nucleare. I Paesi Bassi sono il
primo paese della NATO a voler dare un significativo contribu-
48
to allo scudo difensivo. Il governo di Amsterdam ha deciso d’equipaggiare quattro fregate della propria Marina con radar di
sorveglianza Smart-L. Questi radar, prodotti dalla ditta Thales
Niederland, sono in grado di rilevare e tracciare missili balistici
a grande distanza, migliorando la precisione dei missili intercettatori. Il Ministro della Difesa olandese Hans Hillen ha però
puntualizzato che al momento non è previsto acquistare anche
gli SM3 dagli Stati Uniti. Resta il fatto che le fregate olandesi
già oggi dispongono di silos capaci di contenerli.
(Panorama Difesa)
• Israele
Il 16 febbraio u.s. il Ministero della Difesa israeliano ha annunciato d’aver scelto il nuovo addestratore per le proprie Forze
aeree, dopo oltre sei mesi di prove. Si tratta del jet bimotore
italiano M-346 prodotto dalla ditta Alenia Aermacchi (facente
parte del gruppo Finmeccanica) con sede a Venegono Superiore.
L’acquisto dovrà ancora essere approvato dal Parlamento d’Israele, ma non vi sono molti dubbi in proposito. Per la ditta
italiana si tratta del terzo successo sul mercato dell’esportazione, dopo le vendite dello stesso velivolo agli Emirati Arabi Uniti
e a Singapore. Non vi furono solo soddisfazioni in passato, vi
furono anche momenti di grosse preoccupazioni, soprattutto
dopo l’incidente del 18 novembre 2011 quando il primo prototipo di M-346, dopo aver partecipato all’Air Show di Dubai,
s’inabissò in mare durante il volo di ritorno (i due piloti si salvarono eiettandosi). Le Forze aeree israeliane potranno sostituire
con il jet italiano tutti i vetusti addestratori A4 “Skyhawk”
a partire dal 2015. La commessa vale circa $ 1 miliardo per
una trentina di M-346, che inizieranno ad essere consegnati
a Israele dal 2014. Alenia Aermacchi ha battuto la concorrenza sudcoreana che proponeva l’addestratore T-50 “Golden
Eagle”, prodotto dalla ditta d’aeronautica Korean Aerospace
Industries in collaborazione con la statunitense Lockheed Martin. In cambio l’Italia affiderà a società israeliane, attive nel
settore della difesa, contratti per un valore analogo a quello
della fornitura degli addestratori. Con questo acquisto Israele
potrà inoltre usufruire dei finanziamenti di Washington (attraverso i meccanismi della Foreign Military Financing), visto che
l’M-346 è spinto dal motore Honeywell F124 prodotto negli
Stati Uniti.
(www.aleniaaermacchi.it)
Comitati
Comitati
Società Ticinese
degli Ufficiali
Indirizzo: c.p. 439, 6802 Rivera
alla SSU; magg SMG Matthias Fiala, Delegato
www.stu.ch
STU alla SSU; ten col Silvano Petrini, Gestore
Presidente: col SMG Marco Netzer
sito internet STU; ten col Stefano Giedemann,
Via Prevagno 1 - 6933 Muzzano
Presidente Circolo Uff Bellinzona;
Tel. uff 091 986 68 68 - Fax uff 091 986 68 69
ten col Claudio Knecht, Presidente Circolo
e-mail: [email protected]
Uff Locarno; col SMG Roberto Badaracco,
Segretario: Iten Simone Leonardi
6781 Bedretto
e-mail: [email protected]
Membri di Comitato: col SMG Michele
Masdonati, Vicepresidente; ten col SMG
Stefano Laffranchini, secondo Vicepresidente;
ten col Fabio Conti, Capo Sezione militare e
protezione popolazione (SMPP);
uff spec Giancarlo Dillena, Capo comunicazione
STU; ten col Stefano Coduri, Delegato STU
Circolo Ufficiali di Lugano
Circolo Ufficiali
del Mendrisiotto
cap Daniele Pestalozzi, Presidente Circolo
Uff Mendrisiotto; col SMG Sergio Romaneschi,
Presidente Associazione ticinese
uff professionisti ; magg Nicola Ballabio,
Presidente AVIA Sez Ticino; col Riccardo Rondi,
Presidente Circolo Ippico Uff, ten col Giorgio
Krüsi, Presidente Società Ticinese d’artiglieria;
magg Raoul Barella, Presidente Società Ticinese
dei Genieri
Indirizzo: c.p. 5291, 6901 Lugano
Segretaria: uff spec Roberta Arnold
Presidente: col SMG Roberto Badaracco
Cassiere: Amministratore RMSI
Corso Elvezia 8, cp 5244, 6901 Lugano,
uff spec Omar Terzi
tel. 091 921 11 22, fax 091 921 11 10
Membri di Comitato: col Franco Valli redattore
[email protected]
responsabile RMSI, Iten Jeanpierre Mini,
Vicepresidente: ten col Heidi Kornek
Iten Federico Chiesa, magg SMG Andrea Gianola
Indirizzo: c.p. 2656, 6830 Chiasso
Vicepresidente: col Mirko Tantardini
[email protected]
Cassiere: cap Fabio Canevascini
http://www.cum-ti.ch
http://www.trofeosanmartino.ch
Presidente: cap Daniele Pestalozzi
via al Loi 10, 6852 Genestrerio
tel. 091 647 35 03
e-mail: [email protected]
Circolo Ufficiali
di Bellinzona
Presidente Circolo Uff Lugano;
Webmaster: Iten Andrea Chiesa
Membri di Comitato: col Rino Fasol,
magg Ercole Levi, Iten Ivan Inauen,
cap Alberto Cassina, cap Jonathan Binaghi,
ten Nicola Pestalozzi
Indirizzo: c.p. 224, 6517 Arbedo
Cassiere: cap Luca Guarino
e-mail: [email protected]
Via San Gottardo 221, 6648 Minusio
Presidente: ten col Stefano Giedemann
Membri di comitato: ten col Paolo Germann,
Salita Ciani 4, 6616 Losone
magg Michele Boggia, Iten Nicola Rauch,
Tel. uff 091 803 71 37
Iten Manlio Rossi-Pedruzzi, ten Davide Morisoli
e-mail: [email protected]
Vicepresidente: ten col SMG Stefano Brunetti
Segretario: Iten Igor Canepa
RMSI 2.2012 | 49
Comitati
Circolo Ufficiali
di Locarno
Indirizzo: c.p. 622, 6612 Ascona
Segretario: magg Luigi Bazzi
e-mail: [email protected]
Cassiere: Iten Tiziano Märki
Presidente: ten col Claudio Knecht
Membri di Comitato: magg Marco Lucchini,
Vicolo dei Tigli 3, 6616 Losone
tel. uff. 091 786 15 12
Iten Giovanni Giudici, magg Gian Pietro Losa
fax uff. 091 793 25 10
Vicepresidente: cap Giancarlo Vacchini
Circolo Ippico
degli Ufficiali
Indirizzo: c/o ten col Claudio Knecht
Segretario: ten col Claudio Knecht,
Vicolo dei Tigli 3, 6616 Losone
Cdt corsi equitazione: col Riccardo Rondi
Presidente: col Riccardo Rondi
Coordinatore: sgt Sandro Scossa
Piazza Grande 12, 6600 Locarno
tel. 091 751 90 77
Società Ticinese
d’Artiglieria
Responsabile ballo: cap Marco Canonico
Documentarista: magg Stefano Giedemann
Indirizzo: I ten Roberto Sciaroni
Cassiere: I ten Stefano Farei Campagna
Via del Sole 6, 6600 Muralto
Membri di Comitato: ten col Daniele Stocker,
[email protected]
cap Francesco Galli, cap Michele Fornara,
Presidente: ten col Giorgio Krüsi
cap Nicola Rauch, Iten Simone Gianini
tel. uff. 091 943 36 36
Segretario: I ten Roberto Sciaroni
Società Ufficiali AVIA
Svizzera Italiana
Indirizzo: c.p. 1, 6949 Comano
Segretario/cassiere: cap Patrick Rossetti
Presidente: magg Nicola Ballabio
Responsabile Web: cap Massimo Lafranchi
Viale Cassone 30, 6963 Pregassona,
Membri di Comitato: ten col Carlo Franchini,
e-mail: [email protected]
ten col Silvano Petrini
[email protected]
Vicepresidente: cap Edgardo Rezzonico
Società Ticinese
dei Genieri
Indirizzo: Via Vigna del Sasso 11, 6863 Besazio
Verbalista: Iten Gianluca Berti
[email protected] - http://www.genieri.ch
Responsabile Web: Iten Andrea Chiesa
Presidente: magg Raoul Barella
Membri di Comitato: cap Lorenzo Bassi,
Via Vigna del Sasso 11, 6863 Besazio
cap Ivano Caldelari, magg Roberto Jopiti,
Segretario/ cassiere: Iten Ignazio Odermatt
Iten Alessandro Achermann,
magg SMG Ryan Pedevilla
Associazione Ticinese
Ufficiali Professionisti
(ATUP)
50
Indirizzo: ccp 65-99738-3, 6929 Gravesano
Cassiere: ten col SMG Nicola Guerini
Presidente: col SMG Sergio Romaneschi,
Membri di Comitato: col Beat Am Rhyn
Via Istituto Rusca 13, 6929 Gravesano.
(Vicepresidente), col SMG Luigi Frasa,
tel. 091 605 16 89, cell. 079 211 69 82,
ten col SMG Renato Bacciarini,
e-mail: [email protected]
magg Nicola Reimann, magg Matthias Fiala,
Segretario: magg Alessandro Goldhorn
magg SMG Alan Bernasconi
Comitati
Ca
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Assu Ticino
ASSU Bellinzona
Presidente: sgt Achille Sargenti
Cassiere: Sgt Ostini Claudio
e-mail: [email protected]
e-mail: [email protected]
tel. 078 674 15 42
tel. 079 337 46 56
Vicepresidente: Horn Bruno
Membri di Comitato: Sgt Raveane Giordano,
e-mail: [email protected]
Sgt Roth Urs, Aiut suff Lorenzetti Floriano,
tel. 079 223 96 10
Sgt De Stefani Angelo, App Brenta Moreno
Alfiere: Sgt Borzone Marco
Presidente: sgt Achille Sargenti
Resp. cartoteca: sgt Moreno Caccia
e-mail: [email protected]
Membri di Comitato: aiut suff Tiziano Sassi,
[email protected]
sgt Roberto Geiler
tel. 078 674 15 42
Vicepresidente: sgt Claudio Ostini
Segretario: sgtm Aldo Rusconi
Presidente comitato tecnico: magg Paolo Baiardi
Membro: Iten Nicola Rauch
Resp mat e alfiere: sgt Fiorenzo Bettosini
Cassiere: cpl Christian Schweizerr
ASSU Mendrisiotto
e Basso Ceresio
www.assumbc.ch
Segretariato: sgt Bruno Crameri
Presidente: app Moreno Brenta
e-mail: [email protected]
Viale Breggia 17, 6834 Morbio Inferiore
Cassiere: sgt Mike Stadler
e-mail: [email protected]
Direttore tecnico: aiut suff Paolo Crameri
Vicepresidente: app Rolf Homberger
e-mail: [email protected]
Delegato Comitato TI: sgt Bruno Horn
Membri di Comitato: col Mirko Tantardini,
cpl Dario Cereghetti, sdt Marzio Canova,
Manuela Palmieri
ASSU Lugano
Presidente: aiut suff Floriano Lorenzetti
Segretaria/cassiera: sdt Noemi Bobbi
Vicepresidente: sgt Werner Walser
Membri di Comitato: Iten Stefano Rossi,
Alfiere: sgt Carlo Crivelli
sgt Enrico Notari, sgt Angelo De Stefani,
sdt Luca Conti, app capo Piergiorgio Bernasconi
ASSU Locarno
www.assu.ch
Direttore tecnico: sgt Urs Roth
Presidente: sgt Giordano Raveane
Responsabile web: fur Cosimo Lupi
Casella postale 630, 6600 Locarno
Vicepresidente: sgt Giorgio Rezzonico
Comitato Cantonale
ASSgtm STi
Presidente: Regazzoni Brenno
Segretario: Berti Romano
Vicolo Conventino 1, 6916 Grancia
Katzenbachstr. 71, 8052 Zürich
tel. uff. 041 268 33.14
[email protected]
tel. priv. 079 348 83 76
Cassiere-Contabile: Lubini Silvano
[email protected]
Madrano Nucleo 1, 6780 Airolo
Presidente C.T.: Kobel Hanspeter
[email protected]
Via Cantonale 110, 6526 Prosito
[email protected]
[email protected]
RMSI 2.2012 | 51
Agenda - Attività
L’agenda è incompleta, per informazioni rivolgersi ai propri circoli, società e associazioni
oppure consultare www.stu.ch
01 settembre
Tiro Lui e Lei, CULocarno, CUB, CIU,
Promilizia Ponte Brolla
03 maggio
AGO CULocarno, Locarno
5 maggio
AGO ATUP
1 settembre 2012
Giornata dell’arte svizzera e mostra temporanea
al Museo “Zeughaus Schaffhausen”
www.museumimzeughaus.ch,
Circolo Ufficiali Locarno
12 maggio
AGO STU, Chiasso
17 – 20 maggio
Viaggio a Parigi, CUB
02 giugno
Giornata famigliare, CUB, Monte Ceneri
3 giugno 2012
Scampagnata al fortino STA di Iragna,
Società Ticinese di Artiglieria
08-10 giugno
Tiro commemorativo,
200 Milizie Bleniesi, PontoValentino
5 settembre 2012
Incontro e cena informale a Zurigo, Società
Ticinese di Artiglieria
8 settembre 2012
Tiro pistola STA al Monte Ceneri, in collaborazione
con il CU di Lugano, Società Ticinese di Artiglieria
08 – 09 settembre
gita in montagna, ATUP
15 settembre 2012
Ass. generale+Sessione autunnale SOGART,
Società Ticinese di Artiglieria
6 luglio
Cena al grotto, CULocarno
13 luglio 2012
Cena al grotto (Locarnese), Circolo Ufficiali Locarno
15-16 settembre
Cerimonia 200 anni Milizie Bleniesi
Bellinzona
01 agosto
Serata CUM, da definire
6 ottobre
Gara d’Orientamento notturna CUdL, Mendrisiotto
6 ottobre 2012
Corsa d’orientamento notturna (CUdL)
Consegna dei contributi alla RMSI 2012 e data di pubblicazione
52
Termine
Pubblicazione
RMSI 3/2012
16 maggio 2012 fine giugno 2012
RMSI 4/2012
16 luglio 2012 fine agosto 2012
RMSI 5/2012 17 settembre 2012 fine ottobre 2012
RMSI 6/2012
5 novembre 2012 metà dicembre 2012