lurg ijka ruME - Moise Levy Editore
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Kitzùr Shulchàn Arùch • lurg ijka ruME • • • • • • • •• • • V Presentazione Barùch sheHecheyànu veKiyemànu veHighiànu laZemàn haZè, Benedetto Colui che ci ha mantenuto in vita e ci ha fatto arrivare a questo momento. nnunciata da anni, ecco la traduzione del Kitzùr Shulchàn Arùch, che vede la luce dopo molte traversie e molti rinvii: dal primo tentativo, fatto da rav Raffaele Grassini z.l. e rimasto incompleto, a questa edizione dovuta all’opera infaticabile di Moise Levy, sono passati molti anni. Non è un caso che il Kitzùr di Rav Shlomo Gantzfried sia stato tradotto in molte lingue: la sua sinteticità e la sua chiarezza nel presentare le varie norme ne hanno fatto un libro popolare che ha visto molte edizioni e traduzioni in varie lingue. La traduzione in italiano viene quindi a coprire un vuoto particolarmente sentito. Rispetto all’idea originaria, questa traduzione è arricchita da molti elementi, come si può vedere dal ricco sommario, che ne fanno un libro di studio di facile consultazione. La presenza in un unico volume di tutti questi elementi permette a chi lo consulta di non dover ricorrere ad altri testi ed enciclopedie: così viene facilitata la diffusione della conoscenza della Torà e delle norme che regolano la vita ebraica. Infatti, l’ebreo preso dalle molte attività e dai numerosi impegni quotidiani, finisce con il non avere il tempo e le conoscenze necessarie per accedere ai testi e alle fonti più complete del sapere ebraico. La necessità di disporre di strumenti di informazione adeguati e agili è sempre stata molto sentita in tutte le epoche, dalla chiusura del Talmùd in poi. Molti Maestri si sono cimentati nell’impresa di redigere un’opera di sintesi che tralasciasse una parte dei particolari, per i quali era poi necessario rivolgersi ad autorità competenti in materia. Lo Shulchàn Arùch – la tavola apparecchiata – è la sintesi a cui, in una forma o in un’altra, tutti si sono ispirati; scritto in ambiente sefardita nel XVI secolo a Safed da Rabbì Josef Caro, verrà poi integrato da Rabbì Moshè Isserles, contemporaneo dello stesso Rabbì Josef Caro, con la Mappà – la tovaglia – una serie di glosse ai singoli paragrafi, in cui vengono segnalati alcuni usi ashkenaziti dei paesi dell’Europa orientale. Rabbi Josef Caro si proponeva di presentare “in maniera sintetica, con un linguaggio chiaro e valido per tutti” le norme della halachà, in modo che le stesse fossero “correnti sulla bocca di ogni ebreo”. Ma i commenti che si sono via via aggiunti al testo originario, commenti contenenti anche lo sviluppo della halachà di fronte alle novità di un mondo e di una società in continua evoluzione, hanno fatto sì che lo Shulchàn Arùch divenisse di fatto inaccessibile alla maggior parte delle persone, consultato in pratica solo dagli specialisti, tradendo quello che era lo spirito originario dell’autore, che riteneva che il suo testo dovesse essere letto e completato mensilmente. Era quindi necessaria un’altra opera di sintesi. Una risposta a questa esigenza venne da Rabbi Shlomo Gantzfried, rabbino ungherese vissuto nel XIX secolo, che compose il Kitzùr Shulchàn Arùch, cioè Sintesi dello Shulchàn Arùch. A chi gli chiedeva perché insistesse a chiamare il suo libro Kitzùr – sintesi – mentre in realtà, nonostante le sue dimensioni ridotte, esso contenesse in maniera ampia e completa tutto ciò che era necessario per condurre una vita ebraica, Rabbi Shlomo Gantzfried rispondeva: “Nei salmi (26: 5) è scritto: Taaròch lefanài shulchàn, cioè prepara davanti a me un tavolo, e non è scritto Taarìch lefanài shulchàn, cioè A VI PRESENTAZIONE prolunga davanti a me un tavolo”. In effetti la tentazione di corredare i testi di commenti, chiose, note e chiarimenti è sempre stata molto forte ed era anche facile cedere al desiderio, per certi versi legittimo, di perfezionamento, e questo per il timore di aver dimenticato qualche particolare importante, la cui omissione avrebbe potuto indurre in errore il lettore: è questa la ragione per cui tutte le opere di sintesi – cbompresa la presente – rinviano a un’autorità competente per i casi in cui il comportamento da assumere sia b L’opera di Ganztfried è stata successivamente imitata da altri autori, ma nessuna ha avuto la sua fortuna: ancora oggi rimane il testo più consultato dalla maggior parte delle persone che vogliono conoscere in maniera rapida qual è la norma da seguire in questo o quel caso. Rabbi Shlomo Gantzfried si oppose a che venissero fatte delle aggiunte e delle note al testo che lo avrebbero appesantito, vanificando lo scopo per cui lui aveva intrapreso l’opera. In una traduzione italiana – che ho riletto paragrafo per paragrafo assieme al traduttore – era tuttavia inevitabile inserire alcune note che potessero chiarire il testo laddove potesse suscitare dei dubbi e indicare qual è la norma nei casi non contemplati nel testo stesso, stampato oltre centocinquant’anni fa. La traduzione di un testo di halachà è opera alquanto complessa: il testo ebraico a fronte – vocalizzato e quindi accessibile al pubblico italiano – e le note a piè di pagina, che nello spirito dell’autore sono state contenute, ne faciliteranno l’uso e lo renderanno utile strumento di studio. Mosè Levy, che ha tradotto integralmente ex novo il testo e ha portato a termine questa opera, mettendola a disposizione del pubblico italiano, ha certamente acquisito grandi meriti: sia quindi gradito al Signore che per merito di questa mitzvà, lo studio e l’applicazione della Torà non si allontanino dalla sua bocca e da quella dei suoi figli e dei figli dei figli, da adesso e per sempre. Rav Shalom Bahbout VII VIII v"c 12 novembre 2001 26 Kislèv 5762 IX XI Introduzione el 1864 rav Shlomo Gantzfried ha pubblicato il Kitrùr Shulchàn Arùch: allora come oggi è il manuale di riferimento di tutti gli ebrei osservanti della halachà. L’opera ha avuto grandissima diffusione; dopo le 14 edizioni curate direttamente dall’autore, il Kitzùr è stato tradotto in yiddish, inglese, francese, ungherese, tedesco, spagnolo ed è stato persino immesso in CD rom. Uno studio condotto nel 1986 stimava che a quel tempo fossero state pubblicate più di due milioni di copie del libro. Mancava però una traduzione in italiano e spero che questo libro possa degnamente colmare questa lacuna. Devo fare una breve premessa: rav Raffaele Grassini z.l. e io abbiamo naturalmente studiato sul Kitzùr Shulchàn Arùch quando, da ragazzi frequentavamo il collegio rabbinico di Torino diretto da rav Dario Disegni, z.l. Fin da allora avevo accarezzato l’idea di tradurre l’opera ma il lavoro e le vicende della vita mi avevano allontanato dal progetto. Pare che anche rav R. Grassini avesse avuto lo stesso desiderio, ma la sua prematura scomparsa glie lo ha impedito. A distanza di tanti anni ho realizzato quel sogno giovanile e oggi mi fa molto piacere dedicare il risultato alla sua memoria. Non è stato facile cercare di tradurre in un linguaggio scorrevole un testo normativo che è succinto per definizione (kitzùr) e da una lingua come l’ebraico, che è molto più essenziale della nostra. N Per questo motivo nel libro si possono trovare le seguenti novità, create allo scopo di facilitare il lettore: • Ognuno dei paragrafi dei 221 capitoli ha ora un titolo che ne descrive succintamente il contenuto. • Moltissime parole sono state traslitterate allo scopo di avvicinare chi non conosce la lingua ebraica a pronunciarle grazie alla traslitterazione adottata che non tiene conto della diversità tra consonanti ebraiche che hanno lo stesso suono, ma evidenzia in maiuscolo dove, all’interno di una parola, inizia il sostantivo, per differenziarlo da eventuali prefissi; inoltre, dopo ogni parola traslitterata, separata dal segno convenzionale ~ ho posto la traduzione letterale di quanto traslitterato; • Per il lettore che desiderasse invece sapere con precisione come è scritto il termine corrispondente ebraico, a fronte, nella stessa facciata, c’è il testo originale vocalizzato con una impaginazione realmente innovativa nel campo editoriale italiano. • Prima del Kitzùr Shulchàn Arùch, che è la sintesi di quanto tramandatoci dai nostri padri, si trova una breve storia della halachà con i nomi dei principali autori, alla quale segue una breve biografia e che è conclusa da una tabella sintetica in ordine cronologico. • Segue indice dei termini che sono stati traslitterati nella traduzione, nel quale sono illustrati i significati principali delle parole e dal quale è possibile risalire al capitolo ove sono trattati. • Un indice analitico realizzato raccogliendo gli argomenti più significativi, proposto da rav Shalom Bahbout mentre insieme revisionavamo tutta la traduzione per verificarne l’esattezza e inserivamo le note di riferimento al minhàg italiano. • Una tabella delle misure molto più ampia di quella esistente nell’originale ebraico, nella quale si potranno trovare i valori delle unità citate trasformati nelle unità odierne, oltre che tabelle di equivalenza tra le differenti unità, facilita la comprensione della materia. • Una sintetica tabella illustrata dei 39 lavori proibiti di Shabbàt, nella quale sono accennati anche XII INTRODUZIONE i principali lavori derivati, riassume chiaramente le regole cui attenersi. • Un calendario ebraico con le date più significative dell’anno ebraico e i capitoli di riferimento nel Kitzùr permette di poter reperire velocemente ulteriori particolari nel testo. • Un calendario di studio consente di seguire il contenuto del Kitzùr suddiviso nel tempo in modo da conoscere le normative di quel periodo, ma anche poter concludere tutti gli argomenti in un solo anno. • Una breve sezione iconografica, infine, illustra graficamente alcune mitzvòt per rendere più chiaro al lettore il modo corretto di compierle. Dietro questo mio lavoro c’è il supporto di persone, soprattutto rabbini, che hanno voluto esprimere la loro solidarietà all’opera prestandosi in differente maniera alla riuscita finale. In primo luogo desidero ringraziare rav Shalom Bahbout che mi ha sempre incoraggiato e sostenuto, rendendo ancor più valida l’opera con una attenta e puntale revisione di tutto il testo per emendarlo da eventuali errori interpretativi e suggerendo note esplicative ove queste fossero necessarie per il pubblico italiano. Vi è stato poi l’apprezzatissimo aiuto di rav Riccardo Di Segni, che ha iniziato a rivedere il capitolo dell’indice dei termini con il titolo di Direttore del Collegio Rabbinico italiano e prima ancora di terminare il lavoro ha ricevuto la nomina a capo rabbino della comunità di Roma; Mazàl Tov! Ringrazio rav Elia Richetti che ha rivisto la sezione storica e ha aggiunto importanti particolari nel calendario ebraico proprio nel periodo in cui da vice rabbino a Milano veniva nominato rabbino capo nella comunità di Venezia. Esprimo gratitudine a rav Roberto Della Rocca, già rabbino capo di Venezia e ora direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha sempre creduto nella validità del lavoro e ne ha seguito da vicino tutte le vicende appoggiandomi ogni volta che è stato necessario. Un ringraziamento a rav Alberto Somekh, rabbino capo della comunità ebraica di Torino che ha contribuito alla stesura di alcune sezioni della parte iconografica delle mitzvòt e che ha interessato al progetto il comitato G. De Levy affinché lo sostenesse anche con un concreto aiuto finanziario. Infine, ma è ultimo solo cronologicamente, grazie ai miei cari, a mia moglie Ester e ai miei figli Simone e Davide, cui sono debitore di tanto, tantissimo tempo rubato alla loro compagnia e utilizzato per portare a termine il lavoro. Augurandomi che lo sforzo di rendere agevole e chiaro questo testo si tramuti in un vero servizio alla comunità facilitando lo studio e l’applicazione delle normative ebraiche l’epoca in cui avrà termine questo nostro lunghissimo esilio dalla terra di Israele. Amèn. Mosè Levy XIII SOMMARIO GENERALE Presentazione V Introduzione XI Storia dello sviluppo della Halachà 1 Note biografiche su alcuni degli autori citati 9 Tabella degli autori e delle oper citate 29 KITZÙR SHULCHÀN ARÙCH 35 Tabelle delle unità di misura 1085 Indice dei termini 1091 Calendario annuale con i capitoli di riferimento al testo del Kitzùr 1139 Tabella delle manifestazioni di lutto del periodo Ben HaMetzarìm 1147 Schemi per illustrare la modalità di esecuzione di alcune mitzvòt 1151 Tabella dei 39 lavori proibiti di Shabbàt 1165 Indice analitico 1174 Calendario di studio per il Kitzùr Shulchàn Arùch 1199 KITZÙR SHULCHÀN ARÙCH CAP. 1 - 7 PARAGRAFI CAP. 7 - 8 Regole concernenti quanto va compiuto di primo mattino Regole concernenti le benedizioni del mattino CAP. 2 - 9 CAP. 8 - 8 PARAGRAFI Regole riguardanti la netilàt yadàim del mattino CAP. 3 - 8 36 40 PARAGRAFI Regole concernenti i tefillìn 48 CAP. 11 - 25 92 PARAGRAFI Regole riguardanti la pulizia di un luogo destinato a un’attività religiosa CAP. 6 - 11 80 PARAGRAFI Regole della mezuzà CAP. 5 - 17 70 44 PARAGRAFI Il comportamento in bagno e regole della benedizione ashèr yatzàr 66 PARAGRAFI Regole relative agli tzitzìt CAP. 10 - 26 CAP. 4 - 6 62 PARAGRAFI Cose vietate da quando si fa giorno fino a dopo la preghiera CAP. 9 - 21 PARAGRAFI Regole concernenti il modo di vestirsi e l’atteggiamento nel camminare PARAGRAFI CAP. 12 - 15 50 PARAGRAFI Alcune delle regole riguardanti le benedizioni e le norme di barùch hù uVarùch shemò e amèn CAP. 13 - 5 56 PARAGRAFI Regole concernenti la preparazione del corpo per la preghiera. Luoghi adeguati alla preghiera 100 PARAGRAFI Regole riguardanti la santità del Tempio e della casa di studio 106 STORIA DELLO SVILUPPO DELLA HALACHÀ STORIA DELLO SVILUPPO DELLA HALACHÀ Moshè Rabbènu~il nostro maestro Mosè, sul monte Sinai ha ricevuto la legge divina spiegata fin nei suoi minimi dettagli, come è scritto veEttenà lechà et luchòt haÈven vehatTorà vehaMitzvàh ashèr katàvti lehorotàm~e io ti darò le tavole di pietra e la Torà e il precetto che Io ho scritto così che li possiate insegnare (Esodo 24, 12). La Torà, cioè la legge scritta; il precetto, cioè la spiegazione di quella che Mosè ha ricevuto da D-o e che noi chiamiamo Torà sheBeàl pe~Legge orale 1. Al termine della sua vita, Mosè consegnò a ciascuna delle tribù di Israele un sèfer Torà, scritto di propria mano. Unaltra copia del sèfer Torà, anchessa scritta personalmente da Mosè, fu conservata nellAròn haKòdesh, nellArca Santa dove erano custodite, a testimonianza futura, le Tavole della Legge da lui ricevute da Mosè sul Monte Sinai, come è scritto lakòach et sèfer ha-Torà haZè veSamtèm otò miTzàd aròn berìt Hashèm Elokechèm~prendete questo libro della Legge e ponetelo da parte dentro lArca del patto del Signore vostro D-o (Deuteronomio 31, 26). Quanto alla Legge orale, non fu messa per iscritto da Mosè ma fu affidata ai saggi affinché la trasmettessero di generazione in generazione oralmente, a partire da Yehoshùa Bin Nun, discepolo di Mosè. I saggi dovevano poi insegnare ai figli di Israele in che modo avrebbero dovuto metterla in pratica et kol haDavàr ashèr Anochì metsavvè etchèm otò tishmerù laasòt, lò tosèf alàv veLò tigrà mimmènnu~tutto quello che Io vi comando, voi lo osserverete ed eseguirete, senza nulla aggiungervi o togliervi (Deuteronomio 13, 1). Yehoshùa Bin Nun trasmise la Legge orale ai saggi (Zekenìm) allepoca dei shofetìm~giudici che lo seguirono. Da maestro a discepolo, essa arrivò a 1-Shemuèl HaNavì2, il primo dei grandi neviìm~profeti. Le generazioni dei profeti che seguirono Shemuèl furono depositarie della Legge orale e gli ultimi la trasmisero a 2-Ezrà HaSofèr. Questi formò unassemblea dei maggiori saggi, chiamata Kenèsset haGhedolàh~la Grande Assemblea, depositaria della Legge, che in seguito fu rimpiazzata nel suo ruolo da unistituzione similare, il Sinedrio. Lultimo dei saggi della Grande Assemblea fu 3 Shimòn haTzaddìk. Il Sinedrio, che aveva una funzione educativa ed esercitava anche potere giudiziario, era composto da 71 membri e aveva sede in quella parte del Santuario chiamata lishkàt haGazìt~stanza dalla pietra squadrata. La Legge orale per le sei generazioni che segui- 1. Il talmùd, nel trattato Berachòt, 5b, spiega che Mosè sul monte Sinai non ricevette soltanto la Torà scritta e quella orale, ma che gli furono rivelati tutti i libri che ora sono in nostro possesso. Infatti, la frase sopra riportata viene così interpretata: luchòt haÈven~le tavole di pietra sono i Dieci Comandamenti; vehatTorà~e la Torà è il Pentateuco; vehaMitzvàh~e gli insegnamenti sono la mishnà; ashèr katàvti~che ho scritto, si riferisce ai profeti anteriori, ai posteriori e agli agiografi; lehorotàm~così che possiate insegnarli, si riferisce alla ghemarà, vale a dire agli insegnamenti che i rabbini dellepoca del talmùd hanno tratto dalla Torà e dalla mishnà con le loro dissertazioni. 2. Il segno convenzionale posto a fianco di alcuni nomi segnala i personaggi che sono presenti nel capitolo delle biografie e che sono citati nella tabella degli autori secondo il numero progressivo riportato a fianco. 3 11 NOTE BIOGRAFICHE SU ALCUNI DEGLI AUTORI CITATI NOTE BIOGRAFICHE SU ALCUNI DEGLI AUTORI CITATI 1 SHEMUÈL HANAVÌ [2830-2884/931-877 a.e.v.] Profeta e Giudice di Israele dei tempi biblici, figlio di Elkana e di Chana, della famiglia di Levi, è discendente di Kehàt. Dopo la morte del kohèn gadòl~sommo sacerdote Eli, Shemuèl fu lultimo dirigente appartenente al periodo dei Giudici e fu lui il messaggero divino inviato a istituire il regno di Israele. Riuscì infatti a riunire tutte le tribù di Israele in un solo popolo sotto ununica ideologia. Egli aspirò a realizzare il nostro ideale secondo il quale il popolo di Israele dispone di una forza divina che lo differenzia dalle altre nazioni e che lo rende un popolo eterno, impegnato ad adempiere alle direttive della nostra santa Legge. Shemuèl trasmise ai suoi discepoli la Legge ricevuta dai suoi predecessori e li addestrò a diventare i futuri dirigenti spirituali del popolo. I suoi discepoli furono chiamati benè HaNeviìm~i figli dei profeti. 2 EZRÀ HASOFÈR [3392-3448/369-313 a.e.v.] Appartenente a una famiglia di kohanìm, era il figlio minore di Serayà, ultimo kohèn gadòl del primo Bet haMikdàsh; dedicò tutta la sua vita allo studio della Legge. Nato a Gerusalemme, crebbe in esilio in Babilonia. Quando venne a sapere che gli ebrei che ancora vivevano in Èretz Israèl erano rimasti senza guida, decise di far ritorno nella terra dei suoi avi. Nellanno ebraico 3413 ottenne dal re persiano Artaserse III lautorizzazione di stabilirsi in Israele e di nominare dei giudici e dei responsabili di sua scelta. Al suo arrivo a Gerusalemme, Ezrà convocò tutto il popolo davanti al Bet haMikdàsh~Santuario e lanciò un vibrante e caloroso appello nel quale condannava le unioni matrimoniali con le popolazioni straniere, intimando inoltre a tutti di riparare allinfedeltà nei confronti di D-o. Il popolo rispose allappello con entusiasmo e accettò di modificare la propria condotta. Ezrà fondò una grande assemblea di 120 saggi, chiamata Kenèsset HaGhedolàh, il cui scopo era quello di interpretare la Legge e di insegnarla a tutto Israele. Per diffonderla preparò delle copie delle Sante Scritture e instaurò il costume, che è in vigore ancora oggi, di leggere la Torà in pubblico per tre volte alla settimana, in modo che il popolo conoscesse sempre meglio il suo contenuto. Fu lui che attribuì ufficialmente ai mesi ebraici i nomi babilonesi (Nissàn, Yiàr invece di primo, secondo ) allo scopo di commemorare nel tempo lesilio avvenuto in quelle terre. Lobiettivo di Ezrà fu sempre quello di mantenere il carattere distintivo di Israele in quanto popolo santo. Egli trasmise ai saggi della Grande Assemblea la Legge orale che aveva ricevuto dai profeti. 3 SHIMÒN HATZADDÌK~IL GIUSTO [3426-3488/335-273 a.e.v.] Figlio di Chònis, kohèn gadòl (secondo Giuseppe Flavio egli fu sommo sacerdote sotto il regno di Tolomeo I), fu un capo religioso ma divenne anche presidente della Kenèsset HaGhedolàh~Grande Assemblea e dirigente della nazione. Ai suoi tempi la Kenèsset HaGhedolàh, composta di 120 membri, si modificò fino a diventare il Sinedrio, formato da 71 componenti. La storia non ha conosciuto molti altri personaggi che si sono dedicati al bene del popolo come Shimòn haTzaddìk. Egli seppe dirigerlo con saggezza non soltanto in campo religioso, ma anche nella sua organizzazione più pratica: costruì una grande fortificazione attorno a Gerusalemme, effettuò delle riparazioni nel Bet haMikdàsh, fu un vero e proprio pastore che vuole bene al suo popolo e diffonde linsegnamento della Torà. Nel trattato dei Padri (Pirkè Avòt), egli enunciò un grande principio: «Il mondo poggia su tre pilastri: la Torà, il servizio divino e la pratica del bene». Shimòn haTzaddìk fu il primo dei Tannaìm e trasmise ai suoi discepoli la Legge orale che egli stesso aveva appreso dai suoi precedenti maestri. 4 HILLÈL HAZAKÈN [3696?-3769/65? a.e.v.-9 e.v.] I suoi genitori emigrarono da Èretz Israèl in Babilonia dove nacque Hillèl a cui si aggiunse il soprannome di Hillèl haBavlì~il babilonese. Da parte di madre egli era discendente del re Davìd. Visse ai tempi di Erode. Giovanetto, fece ritorno in Èretz Israèl dove studiò la Torà dai saggi Shemayà e Avtaliòn, i due grandi 31 REGOLE CONCERNEN TABELLA DEGLI AUTORI E DELLE OPERE CITATE Nome Soprannome/Titolo Date Opere 1 Shemuèl HaNavì 2830-2884/931-877 a.e.v. istituì il regno di Israele 2 Ezrà HaSofèr 3392-3448/369-313 a.e.v. fondò la Kenèsset HaGhedolàh 3 Shimòn haTzaddìk Tannà 3426-3488/335-273 4 Hillèl HaZakèn Tannà 3696?-3769/65? a.e.v.-9 fu Presidente del Bèt Dìn 5 Shammày Tannà 3715?-?/46? a.e.v.- ? fu Àv Bèt Dìn 6 Rabbì Yochanàn ben Zakài Tannà 3714-3834/47a.e.v.-70e.v. 7 Rabbì Yehudàh haNassì Rabbènu haKadòsh; Rabbì 3901-3971/141-211 mishnà [3949/189] AMORAÌM (O SAVORAÌM) 8 Rabbì Chijà Amorà tosseftà; baraitòt 9 Rabbì Oshayà Amorà 3949?-3995?/189?-235? tosseftà; baraitòt 10 Rav (ròsh yeshivà a Sùra) Amorà ?-4007/?-247 midràsh Sifrì 11 Shemuèl (ròsh yeshivà a Pumbadìta) Amorà, Yarchinà 3920-4017/160-257 12 Rabbì Yochanàn ben Napahà (in Èretz Israèl) Amorà 3940-4050/180-290 talmùd Yerushalmì [4050/290] 13 Ravina HaKadmòn (a Sùra) Amorà ?-4152/ ?-392 talmùd Bavlì [4235/475] 14 Rabbì Ashi (a Sùra) Amorà ?-4158/?-398 talmùd Bavlì [4235/475] a Pumbadìta dal 4349 al 4798 dal 589 al 1038 Responsa/ Gheònica a Sùra dal 4369 al 4703 dal 609 al 943 GHEONÌM 15 a Pumbadìta, 48 Gheonìm in 449 anni a Sùra, 36 in 334 anni shrpmbtd vnka hcrn QUrg i¨jkªJ rUM¦e Kitzùr Shulchàn Arùch di rav Shlomo Gantzfried Traduzione di Moise Levy con testo ebraico a fronte vocalizzato 40 CAPITOLO 2 - R EGOLE RIGUARDANTI LA NETILÀT YADÀIM DEL MATTINO Capitolo 2 9 PARAGRAFI REGOLE RIGUARDANTI LA NETILÀT YADÀIM DEL MATTINO 1/9 ² cap. 2 MOTIVO DELLA NETILÀ oiché luomo, quando si alza dal letto al mattiP no, è come un essere appena formato, al servizio del Creatore, benedetto sia il Suo Nome, per questo motivo deve santificarsi e lavarsi le mani con lacqua contenuta in un recipiente, come faceva il kohèn~sacerdote nel Santuario che ogni giorno, prima di prestare il proprio servizio [al Signore], si lavava le mani col contenuto del kiòr~catino [che si trovava nel Santuario]. Il riferimento alla netilà~abluzione si trova nella Bibbia, come è detto: «Laverò con purezza le mie mani e farò il giro attorno al Tuo altare, o D-o, per far sentire la voce del ringraziamento » (Salmi 26, 6-7). Cè unulteriore motivazione per questa abluzione: poiché nel momento del sonno, quando lanima santa si stacca dal corpo, uno spirito dimpurità pervade il corpo e, quando si risveglia, lo spirito dimpurità si ritira da tutto il corpo a eccezione delle dita, da queste ultime non si stacca fino a che non ci si versi sopra tre volte, alternativamente, dellacqua. È vietato percorrere una distanza di quattro ammòt1, senza netilàt yadàim~abluzione delle mani, se non per una necessità molto grave. 1 Quella citata è una misura di lunghezza corrispondente al termine italiano cubiti o braccia; quattro ammòt equivalgono a poco meno di 2 metri. Così pure, se si rimane svegli a letto, occorre lavarsi le mani seguendo la medesima procedura (Mishnà Berurà 1, 2). 2/9 ² cap. 2 INDOSSARE IL TALLÌT KATÀN B isogna indossare per prima cosa il tallìt katàn [vedi lIndice dei termini], in modo da non percorrere quattro braccia senza tzitzìt~frange [ai vestiti] e, siccome le mani in quel momento non sono state ancora lavate, non si dice la berachà~benedizione2. 2 Normalmente si esce dobbligo dalla benedizione del tallìt katàn nel momento in cui si dice la benedizione del tallìt gadòl. Colui che indossa il tallìt gadòl deve avere lintenzione di includere il tallìt katàn mentre recita la benedizione su di esso (vedi avanti cap. 9 § 9). 3/9 ² cap. 2 versa lacqua sulla destra. Poi si prende il recipiente con la destra e si versa lacqua sulla mano sinistra, procedendo così per tre volte. È bene versare [lacqua] sulle mani fino al polso; in caso di difficoltà, però, è sufficiente lavare le dita fino alle giunture. Ci si lava poi il viso, in onore del Creatore, come è detto kì beTzèlem Elokìm asà èth haAdàm~perché creò luomo a immagine di D-o (Genesi 9, 6). Ci si risciacqua anche la bocca, a causa della salivazione [notturna], giacché bisogna pronunciare il solenne Nome [di D-o] con santità e purezza. Quindi ci si asciuga le mani, facendo attenzione ad asciugarsi bene il viso. 26 Tishrì - hra, uf 4/9 ² cap. 2 REGOLE RELATIVE ALLACQUA DELLA NETILÀ isogna fare la netilàt yadàim~abluzione delle B mani esclusivamente sopra un contenitore. È vietato riutilizzare lacqua della lavatura, perché [dopo la netilàt yadàim] ha in sé uno spirito dimpurità. Occorre quindi versarla in un luogo dove la gente non passa3. 3 Questo non vale se la netilàt yadàim avviene sopra un lavandino. 5/9 ² cap. 2 PROIBIZIONE DI TOCCARE QUALSIASI COSA PRIMA DELLA NETILÀ rima dellabluzione non bisogna toccare né la P bocca, né il naso, né gli occhi, né le orecchie, né lano, né cibi , né eventuali punti di salasso 4 perché lo spirito dimpurità, che si trova sulle mani prima della netilà, può essere loro nocivo5. 4 A questo riguardo dovrebbero essere caute in modo particolare le donne, poiché sono principalmente loro che si occupano della preparazione del nostro cibo. Si deve inoltre prestare attenzione ai bambini, ai quali non deve essere permesso toccare il cibo prima di lavarsi le mani (Mishnà Berurà 4, 10). 5 Si deve stare attenti anche a non toccare i propri abiti prima di essersi lavate le mani (Shulchàn Arùch haRàv 1, 7). 6/9 ² cap. 2 PROCEDURA DELLA NETILÀ LA NETILÀ DI PRINCIPIO E IN CASI DI NECESSITÀ abluzione delle mani [che si effettua] al L mattino si esegue nel modo seguente: si afferra il recipiente contenente lacqua con la urante la netilàt yadàim del mattino è bene D prestare attenzione, affinché sia eseguita con un recipiente adatto, con dellacqua [pulita] e con mano destra, lo si passa alla sinistra, la quale kòach gavrà~azione attiva delluomo6, esattamen- o°h©s²h ,kh¦y±b ,Ifk¦v - c i¨nh¦x ohphg§x wy IcU 41 c i¨nh¦x o°h©s²h ,kh¦y±b ,Ifk¦v ifk 'In§J Q©rC§,°h t¥rIC©v ,©sIc gk v¨J¨s£j v²H¦rC InF tUv ,h¦r£j©J I,¨Y¦N¦n o¨e r¤J£tF o¨s¨t¨v¤J hpk /1 /I,¨sIc g o¤s«e rIHF©v i¦n oIh kfC uh¨s²h J¥S©e§n v²h¨v¤J i¥v«f InF 'hkF©v i¦n uh¨s²h k«Yk±u J¥S©e§,¦vk Qh¦rm kIeC g¦n§Jk wv W£jC±z¦n ,¤t vccIx£t³u hPF iIh¨E°bC .©j§r¤t" :r¨n¡t®B¤J t¨r§e¦N©v i¦n Iz vkh¦y±bk Q¤n¤x±u v¨tC v¨JIs§E©v I,¨n§J°b UB¤N¦n v¨eK©T§x°B¤J v²bh¥J ,g§JC¤J hpk ,t«z vkh¦y±bk og©y J¯h sIg±u /wudu "v¨sIT uh¨,IgCm¤t i¦n .Uj IpUD kF¦n v¨t§nªY©v ©jUr eK©T§x¦n I,²b§¦n rIg¯B¤JfU IpUD kg v¨rIJ±u v¨t§nªY©v ©jUr hkC ,IN©t gC§r©t Qkhk rUx¨t±u /ih°dUrh¥xC o°h©n oh¦ngP wd o¤vhk g QpI¤J sg o¤vhk g¥n rcIg Ibh¥t¤J /s«t§n kIs²D Q¤r«mk tO o¦t o°h©s²h ,kh¦y±b uh¨s²h ih¥t i°h©s g¤J hpkU /,hmhm hkC ,IN©t gC§r©t Qk¯h t¤J i¨y¨e ,hK©Y©v ,¤t iIJt¦r¨v JUCk©n JCk°h /2 /uhkg Q¥rc±h tO ,IH¦e±b s²h kg vK¦j§T QpIJ±u Ikt«n§Gk Ib§,Ib±u /Ibh¦n±h s³hC hkF©v ,¤t k¥yIb :v®z Q¤r¤sC th¦v ,h¦r£j©J o°h©s²h ,kh¦y±b /3 e¤rP sg ik§Yk cIy±u /oh¦ngP wd v¤G g³h if±u /kt«n§G s²h kg QpIJ±u Ibh¦nhC hkF©v ,¤t k¥yIb QF r©j©t±u 'ih¦n±h oh¦vO¡t okmC hF" :r©n¡t®B¤J 'IrmIh sIcfk uh²bP .¥jIr±u /uh¨,IgCm¤t h¥r§J¦e sg h©S e©j©S©v ,g§JC Q©t 'gIr±Z©v v¨ªs§eC kIs²D©v o¥©v ,¤t rhF±z©vk Qh¦rM¤J IfI,C¤J ih¦rh¦r¨v h¯bP¦n uhP .©j§r°h o³D±u '"o¨s¨t¨v ,¤t v¨Gg /vp²h uh²bP c¯D³bk r¥v²Z°h±u /uh¨s²h c¯D³b§n QF r©j©t±u 'v¨r¢v¨ycU 'o¤vhk g v¨rIJ vg¨r ©jUr¤J h¯bP¦n vkh¦y±B©v h¥N¦n ,Ib¨vk rUx¨t±u /hkF QI,k t¨e±u©S uh¨s²h k«Yk Qh¦rm /4 /ihfkIv o¨s¨t h¯bC ih¥t¤J oIe¨nC ofP§J°h±u hra, uf tO±u ',gC©Y©v hpC tO±u 'o°h³b±z¨tC tO±u 'o°h³bhgc tO±u 'o¤y«jc tO±u 'vPC tO vkh¦y±b o¤s«e g³D°h tO /5 /UK¥t oh¦rc§sk ,¤e®Z©n vkh¦y±b o¤s«e o°h©s²H©v kg v¨rI©v vg¨r ©jUr¤J h¯bP¦n /v²z¨E©v oIe§nC tO±u 'ihkfItC i¨n©ek) v¨sUg§xk o°h©s²h ,kh¦y±bC InF t¨rc³D ©j«fcU o°h©ncU hkfC ,h¦r£j©J o°h©s²h ,kh¦y±bC shP§e©vk cIy /6 kfcU rc¨S kF QIT¦n uh¨s²h kIY°hk kIf²h 'kKP§,¦vk vmIr tUv±u hUt¨rF Ik ih¥t¤J e©j©S©v ,g§JC Q©t '(wn i¨nh¦x IC kIC§y°h¤J r¥,Ih cIy 'r¨v²b uh²bpk J¯h o¦t±u ' "o°h©s²h ,kh¦y±b kg" Q¥rck kIf²h±u 't¨rc³D ©j«F tOcU o°h©n h¯bh¦n ,UH¦e±b kg" Q¥rch°u rc¨S v®zh¥tc uh¨s²h ©j¯b©e±h 'kkF o°h©n Ik ih¥t o¦t kc£t /dk¤C UKp£t It oh¦ngP wd uh¨s²h Q¥rc±h tO kc£t hUt¨rF uh¨s²h kIY°h 'oh°hUt§r¨v ohkf±u o°h©n QF r©j©t Ik i¥n©S±z°H¤Jfk±u /vKp§,k Ik h©s±u '"o°h©s²h /sIg te come durante la netilàt yadàim che precede il pasto (vedi avanti al cap. 40). In caso di necessità però, vale a dire se non si ha tutto il necessario secondo le norme e si desidera pregare, ci si può lavare con qualsiasi recipiente, con qualunque tipo di acqua, senza che ci sia latto di versare e si può dire la benedizione àl netilàt yadàim. Se si ha davanti a sé un fiume o anche della neve, è preferibile immergervi le mani per tre volte. Se però non si ha nessun tipo di acqua, si strofinano le mani con qualsiasi cosa e si dice la benedizione àl nekyiùt yadàim~sulla pulitura delle mani [e non sulla lavatura] e ciò è sufficiente per la preghiera. Quando poi capiterà di avere lacqua e il recipiente adatti, ci si laverà le mani ancora una volta secondo la procedura, senza però recitare unaltra benedizione. 6 Kòach gavrà è lazione attiva del versare. Questo viene a escludere lacqua che proviene da un rubinetto. In questultimo esempio, solo lacqua che esce appena si è aperto il rubinetto può essere considerata quale frutto della kòach gavrà~azione attiva delluomo. 42 CAPITOLO 2 - R EGOLE 7/9 ² cap. 2 QUANDO SI BENEDICE SULLA NETILÀ scritto: «Benedici, o anima mia, il Signore e È tutte le mie viscere [benedicano] il Suo Santo Nome » (Salmi 103, 1); giacché luomo deve be- nedire il Nome di D-o con tutte le proprie interiorità, è vietato pronunciare qualsiasi benedizione prima di aver liberato il proprio intestino dagli escrementi e dalle urine. Al mattino, appena alzati, ognuno deve normalmente fare i propri bisogni [corporali] o, per lo meno, orinare; perciò non si dice la benedizione àl netilàt yadàim, prima di essersi liberati il corpo7. Quindi ci si deve lavare le mani ancora una volta e poi si recitano le seguenti benedizioni: per la netilàt yadàim e quella ashèr yatzàr~che ha creato [luomo con sapienza], la benedizione per lo studio della Torà e la benedizione Elohài neshamà~o mio D-o, lanima [che hai posto in me]8. 7 Se uno non è in grado di liberarsi lintestino dagli escrementi subito dopo essersi alzato, è sufficiente che attenda finché non abbia orinato (Mishnà Berurà 6, 9). 8 Ci sono varie consuetudini concernenti lordine secondo il quale vanno recitate le benedizioni mattutine. Molti preferiscono che Elohài sia recitata dopo ashèr yatzàr. Oggi è consuetudine diffusa recitare Elohài al bet haKenèset. 8/9 ² cap. 2 LA NETILÀ PER CHI SI SVEGLIA DI NOTTE O PER CHI DORME DI GIORNO e ci si è alzati presto e si sono lavate le mani S secondo la regola quando è ancora notte e poi si rimane svegli fino allapparire della luce del giorno; o se ci si riaddormenta una seconda volta, mentre è ancora notte; e così pure, chi dorme durante il giorno per la durata di sessanta cicli respiratori (allincirca mezzora)9; e così, chi rimane sveglio per tutta la notte, senza dormire neanche per la durata di sessanta cicli respiratori; in tutti questi casi esiste il dubbio se sia necessario o no lavare le mani. Perciò ci si lavi le mani tre volte alternativamente (come è indicato sopra al § 3) senza però dire la benedizione10. RIGUARDANTI LA NETILÀT YADÀIM DEL MATTINO 9 Gli autori hanno opinioni discordanti a proposito di questa durata: alcuni dicono che deve superare le tre ore mentre altri la considerano inferiore ai tre minuti. Perciò, per quanto concerne il sonno durante il giorno, è necessario lavarsi le mani anche dopo un breve pisolino. Non è necessario però prendere alcuna precauzione per quanto riguarda la proibizione di percorrere la distanza di quattro ammòt senza labluzione delle mani. 10 Altre opinioni indicano che colui che rimane sveglio per tutta la notte deve recitare una benedizione. Comunque la consuetudine, ormai consolidata, impone di recitare una benedizione dopo aver usato il bagno o aver toccato le parti del corpo che sono generalmente coperte. 9/9 ² cap. 2 FATTORI CHE RENDONO NECESSARIA LA NETILÀT YADÀIM sono i casi nei quali è necessaria la Q uesti netilàt yadàim con lacqua: colui che si alza dal letto11, colui che esce dal gabinetto o dalla stanza da bagno12-13, chi si taglia le unghie13, chi si taglia i capelli13, colui che si toglie le scarpe14, colui che compie latto coniugale11, chi tocca un pidocchio11 e colui che esamina minuziosamente i suoi abiti [per cercare eventuali parassiti] anche se non ha toccato gli insetti13, colui che si lava o si tocca la testa14, colui che si tocca il corpo, nelle parti che sono generalmente coperte14, colui che esce dal cimitero15, colui che accompagna un morto o entra in un òhel~tenda (nel senso di sepolcro)15 e colui che causa una fuoriuscita di sangue [anche solo un prelievo]13. 11 In questo caso, lobbligo di lavarsi le mani è stato istituito per due ragioni: a) per eliminare lo spirito di impurità; b) per pulizia. Ne consegue che è vietato recitare qualsiasi benedizione o iniziare qualsiasi tipo di studio prima di essersi lavate le mani. Sarebbe bene, inoltre, lavarsi le mani nella modalità descritta al § 3 e, in questo modo, eliminare lo spirito di impurità. 12 A causa dello spirito di impurità, bisogna lavarsi le mani dopo essere entrati in questi edifici, indipendentemente dal fatto che si sia oppure no liberato lintestino o che si sia fatto il bagno (Mishnà Berurà 4, 40). 13 In questi casi la necessità di lavarsi le mani dipende dallo spirito di impurità e se non si possono lavare le mani nella maniera descritta al § 3, si possono comunque dire le benedizioni e studiare la Torà. In alcuni dei casi sopra descritti, qualcuno potrebbe aver toccato parti del corpo che sono normalmente coperte oppure degli oggetti che richiedono una lavatura delle mani. In tali circostanze ci si deve pulire le mani come descritto al § 6, se non è possibile lavarle. 14 Questa abluzione è stata istituita per pulizia perciò, se non vi è acqua disponibile, si possono pulire le mani con altre sostanze, come è descritto al § 6. Finché non si siano lavate le mani, è vietato recitare le benedizioni o (iniziare) lo studio della Torà. 15 Si intende in genere lingresso in qualsiasi ambiente coperto dove si trova un morto. o°h©s²h ,kh¦y±b ,Ifk¦v - c i¨nh¦x 43 kfC o¥©v ,¤t Q¥rck o¨s¨t¨v Qh¦rM¤J i²uhf±u '"IJ§s¨e o¥J ,¤t hc¨r§e kf±u wv ,¤t h¦Jp³b hf§rC" :ch¦,F /7 Qh¦rm tUv t¨n¨,§X¦n InUeC r¤e«CcU /o°hk±d©r h¥nU v¨tIM¦n o°hc¨r§e©v ,¤t v¤E³b±H¤J sg Q¥rck rUx¨t 'uhc¨r§e sg vkh¦y±b ,g§JC "o°h©s²h ,kh¦y±b kg" ,F§rC Q¥rc±h tO iF kg 'ih¦,§J©vk ,IjP©v kfk It uhf¨rm ,IG gk ,F§rc"U "rm²h r¤J£t"³u "o°h©s²h ,kh¦y±b kg" Q¥rc±h z¨t±u ',¨j¤t ogP sIg uh¨s²h .©j§r°h±u 'Inmg ,¤t v¤E³b±H¤J r©j©tk /wUf±u "v¨n¨J±b h©vO¡t" ,F§rcU "v¨rIT©v sIgC ,h°b¥J QF r©j©t i¥J²h v²h¨v¤J It 'oIH©v rIt sg rg v²h¨v±u Ibh¦sF vk±hk sIgC uh¨s²h k©y²b±u ohF§J¦v o¦t±u /8 ih¦T¦J i©J²h tO±u vk±hK©v kF rIg¯B©v if±u (vg¨J hm£j Q¤rgk tUv¤J) ih¦n§J°b ih¦T¦J oIHC i¥J²H©v if±u 'vk±hk khgk¦sF) ih°dUr¥xC oh¦ngP wd uh¨s²h kIY°h ifk 'tO It o°h©s²h ,kh¦y±b ihfh¦rm o¦t ep¨x J¯h UK¥t kfC 'ih¦n§J°b /o¤vhk g Q¥rc±h tO kc£t (wd ;hg¨x '.¨j§r¤n©v ,hC¦nU t¥XF©v ,hC¦n tmIH©v±u 'v¨Y¦N©v i¦n o¨E©v :o°h©NC o°h©s²h ,kh¦y±b ihfh¦rm oh¦rc§s UK¥t /9 ,¤t vkp§N©v±u 'v²BfC g¯dIB©v±u 'I,¨Y¦n J¥N©J§n©v±u 'uhkg±B¦n .kIj©v±u 'uh¨,Ir g©G ©jK³D§n©v±u 'uh²b§rPm k¥yIB©v±u ',Irc§E©v ,hC¦n tmIH©v±u 'oh¦xUf§N©v ,InIe§nC IpUdC g¯dIB©v±u 'IJt«r ;pIj©v±u 'v²BfC g³d²b tO UKp£t uh¨s²dC /o¨S zh¦e¥n©v±u ',¥N©v k¤v«tC x³bf°B¤J It ,¥N©v ,¤t v®Uk§n©v±u netilàt yadàim del mattino r¤s¥X©v ,³bf£v h¯bh¦S - jhe i¨nh¦x 657 Ud£v²b±u /oh²H©e v²h¨v J¨S§e¦N©v ,hC¤J i©n±zC ihch¦r§e©n Uh¨v¤J v²dh°d£j iC§r¨ek rf¯z s¨j¤t±u j©xP iC§r¨ek rf¯z s¨j¤t gIr±zC tUv QUrC JIs¨E©v ok¨t±D¤J rf¯zk 'gIr±z t¨r§e°B©v e¤rP¦n v®h§v°h±u 'r¨Gc v®h§v°h ihkh¦Jc©T©v i¦n s¨j¤t¤J iIJkc vmhc§S oU¦n 'vmhc v®h§v°h h°b¥©v±u /J¥t hkm v²h¨v¤J j©xpk rf¯z 'ohk¨j®D©v kg vkm°b v®h§v°h±u 'v²hUy±b ihC v²hUkm ihC vmhC©v ih¦GIg±u /t¨n§n«r§n tg¨r§sC t²b¨,²h e©rph¦nk t²b¨n£j©r hgc§S r©nIkF 'tghC h¦N©r£t k¥ch°u vkm°h ',C©J v²h¨v¤J It jf¨J o¦t±u /oIh sIgC cIy oIh c¤rg§n ik§ckU i¨,Ikmk Qh¦rm±u ,k¤c§n cIy oIhC okft«H±u ok§ch°u okm°h 'h¯b§J khkC if±u /iIJt¦r cIy oIhC ikfItk Qh¦rm kc£t 'vk±hKC o¨,It ,Ikhk h¥T§Jc hkm r¨GC ihkfIt ih¥t¤J hpkU /kIjk cIy oIH¦n tO±u 'Irc£jk cIy oIH¦n ihk§c§n ih¥t hF 'h°b¥J r©j©t V¨e§r²zk ih¥t 'cIy oIh c¤rgC i¨,It ihkIM¤JF ;¨t±u /oIHC t¨e±u©S gIr±Z©v ,¤t kIf¡tk Qh¦rm iF kg 'Uk¥t /okft«H±u ihk§c§N¤J kf£t©N©v QIT h°b¥J cIy oIhC V²b§T°h tk¤t 'QF UKp£t³u /Ikt«n§GC c¥x¨vkU ,IY©vk kfUH¤J ipItcU 'ITkf±h hpF ,It²b ,IgM©nC oIh sIgC¦n Ic¨JIn ihf²h /6 ,hc¦n ItIcC s³h¦N¤J h¥sF ' oIh sIgC¦n ihf²h v¨rg§E©v ,¤t o³D /o¨s¨t kF k¤J kt«n§GC c¥x²h 'r¥Y¦t tUv /cUFg hkC r¤s¥X©v ,¤t ,IG gk kfUh ,¤x®bF©v ,IC§r©vk cIy j©xP©v khkC oIe¨n kF¦n 'iC§r¨jk rf¯z oh¦t²b ohkfC yg¨nk cIy v²b¨©v kfC¤J hP kg ;©t /7 /,Ur¥jk rf¯z 'hIbk i¨jkª©v kg vp²h o¥r§S©x±h 'v¨sUg§Xk ihfh¦rm ih¥t¤J ohkF©v UKp£t³u /Ij«F hpF oh¦t²b ohkfC ,¤t ©jh°B©n ¨vhkg±u 'v¨t²b vP©n o¤vhk g x¥rIpU v¨rg§E©v kg ,IM©n Jk¨J ©jh°B©n :tUv QF v¨rg§E©v r¤s¥x /8 xP§rF /gIr±Z©v ,©j©T ,¤xIr£j /gm§n¤tC vf¨rck rIr¨N©v /kt«n«§¬¦n vmhC©v ,¤t±u 'IK¤J ih¦n²H©v s®d®b gIr±Z©v /rIr¨n xP§rF ,¤xIr£j rIr¨n vmhC gIr±z :v®zF /gm§n¤tC vfh¦rfk rIr¨nU /vmhC©v ,©j©T i¨xh°b th /,hghc§r ,IjP©v kfk Ueh°z£j³h±u 'vp²h ,Ij¨SªnU 'v¨nh°dP oUJ hkC ,Ink§J Uh§v°h ,IxIF©v /9 'IJcIk Ibh¥t ikmk t²b¨n£j©r kc¨t tUv¤J h¦nU /oIh sIgC¦n iF o³D Ibhfh°u ' k¤yh¦E©v ,¤t JICkk Ub¯d¨v±b¦n /10 ih°d£vIb 'cIy oIhC I,¥n rc¨E¤J iIdF 'cIy oIh o¤s«e kkF ,Ukc£t d©v²b tO o¦t e©r /c²H©j vc¥X©vC kc£t /cUH¦j tUv kK©v©v hF r¥nIt kK©v±u /c¥x¥n Ibh¥t¤J /Qh¦rm Ibh¥t 'IC¨r km¥t sh¦nk©T kc£t /vc¥X©vC c²H©j 'uhc¨t km¥t iC /11 betzà uovo zeròa zampa dagnello maròr erba amara charòset karpàs sedano oh°bh¦N©v r¨t§JU ckUk ,Ifk¦v - uke i¨nh¦x 757 /vkUxP z¨t±u ihkg¤v ih¦r§JIb 'ihgUbg°B©v h¥s±h kg It ckUK©v k¤t V¨,It ihc£jI,¤J ,©N©j¥n kgC Ik i©,²b UKp£t IF§rmk oh°bh¦N©v ,gC§r©t¥n s¨j¤t ikh¦t¨v i¦n InmgC k¥t¨r§G°H©v .«m§e°h t¤J r¥v²Zk Qh¦rm /7 /o¤v¥n j©E°h±u omm§e°h r¥j©t k¥t¨r§G°h It hId©v tK¤t ',UJ§r g©e§r©E©v v¨S´d£t iKF Uh§v°H¤J ckUK©v og o¨,It ih¦s±dIt±u (;h¦xIvk ih¥t±u) vc¨r g h¥Sc h¯b§JU x©s£v h¥Sc v¨Jk§J ih¦jeIk /8 e©r UKp£t QP©v§,°b o¦t¤J 'v¨Y©nk Q¨,£j©v oIe¨n Ubh±h©v§S 'i¨,kh¦s±D Q¤r¤sF oKF Uh§v°H¤J ©jh°D§J©vk ihfh¦rmU /,©j©t vc¨r g¨v ,¤t±u 'ckUK©v k¤t v¨r§s¦©v ih¦n²H¦n x©s£v©v ,¤t sId¡tk J¯h±u /tmIh Ibh¥t sc gh¦sC o³D s¨j¤t sC 'Ikt«n§G s®d®b vc¨r g¨v±u Ibh¦n±h s®d®b x©s£v©v v®h§v°h 'uh²bP s®d®b v¨r§s¦©v±u ckUK©v ,¤t kIy°h¤Jf¤J Ubh±h©v§S 'Ikt«n«§¬¦n x©s£v©v v®h§v°H¤J ,It§rk J¯h oIe¨n kF¦nU /oKF z©jt«h ckUK©v ,¤t kIY°h¤Jf¤J h¥sF 'oh°u¨J kF©v v¨Y©nk Uh§v°h±u ,IjP©v kfk x©s£v©v i¦n vk g©Nk ckUK©v i¦n v¨r§s¦©v tm¥T¤J ©jh°D§J©vk Qh¦rm±u /vc¨r g¨v i¦n ©VIc²D yg§n oh°bh¦N©v Uk¥t r©J¨E¤J v©n scK¦nU /v®z c³D kg v®z oh¦r¨J§e h¯b§J Ubh±h©v§S 'rUn²D r¤J¤eC s©j³HC oKF r¥JIe /jp¤y h¥sF r¤J¤e hkC v®h§v°h vk g©Nk ckUK©v i¦n r¥j©t jp¤y e©r ' oh¦r¨J§e v¨Jk§J ckUKC sIg v¤G g³h 's©j³hC t¥v±h t¤J sUd¦t¨v o¤s«e Irh¦X©vk Qh¦rm x©s£v©v kg QUrF yUj J¯h o¦t /ohgUbg°B©v ,g§JC IC xF§xfk ih°d£vIB¤J InF It 'vch°b gC tK¤t r¤J¤eC cIy oIhC v¨s±d¨tk rUx¨t 'cIy oIhC v¨S´d£t¨v v¨r§Tªv o¦t /vmhm£j /QUrF©v kUDg¨v QI,k vfh¦rF©v Jt«r ihc£jI,±u o¤vh¥,Ichc§x ohf§rIF¤J kUyk¦yC UKp£t oIH©v v¨rUx£t 'h°b¥J cIy oIhC ihC iIJt¦r¨v cIy oIhC ihC 'cIy oIhC v¨Jk§,°b§J vc¨r g /9 oIh k¨j o¦t Q©t /h°b¥J cIy oIhC v¨r¥JF iIJt¦r cIy oIhC v¨Jk§,°b o¦t±u /rUn²D vm§eªn th¦v hF 't¨nkgC - 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La stessa cosa avviene quando tra due edifici si trova unarcata in muratura, così come si fa per i portali dei cortili. E anche se non si trova una copertura sporgente che sovrasta la volta, limpurità passa da sotto il tetto della casa fino a sotto lar- A volte, tra due edifici è interposto un muro chiuso, senza porta, che però è ricoperto da un piccolo tetto sporgente; in questo caso limpurità si propaga da un tetto allaltro. In caso di necessità, però, si può trovare una soluzione [per evitare che limpurità si trasmetta per quel percorso] rimuovendo le tegole per un certo tratto, affinché si venga a creare una piccola interruzione, larga almeno un tèfach, che sia senza copertura. Occorre verificare con attenzione che non fuoriesca una sporgenza della larghezza di un tèfach [neppure] dallo stesso muro, poiché spesso nei muri vengono a crearsi delle sporgenze di questo genere. 1 Nel caso in cui non ci siano né una porta né una finestra aperte, limpurità non ha modo di entrare nella casa, come è spiegato al § 7. 6/16 ² cap. 202 NORME RIGUARDANTI LA PROPAGAZIONE DELLIMPURITÀ ATTRAVERSO LA PORTA DINGRESSO ostituisce halachà leMoshè miSinài~norma C insegnata a Mosè sul Monte Sinai quella che afferma che bisogna considerare la porta attra- cata. Talora larcata è costruita in modo tale che le si creano come dei supporti, dal terreno verso lalto. In questo caso, di solito, vicino alle pareti delle case esiste come [un muro che forma] una chiusura [che serve a collegare lentrata a volta con le pareti attigue delle case interessate]: se su codesta [parete di] chiusura non vi è una tettoia sporgente e se, a sua volta, il muro di chiusura laterale si estende oltre il tetto della casa che lo sovrasta, in questo caso limpurità non trova un passaggio per diffondersi, perché cè un breve verso la quale si farà uscire la salma dalla casa dove essa si trova come se fosse aperta, anche quando, in effetti, è chiusa e [afferma anche che] con questo transito la casa ritornerà a essere pura. Perciò al kohèn è vietato sostare sotto larchitrave di questa porta, malgrado essa possa essere chiusa dallinterno. Ugualmente, se in corrispondenza della porta esiste un tetto sporgente un tèfach~palmo, questo condurrà limpurità ovunque sia possibile, come se la porta fosse aperta. Se però si tratta di una porta [chiusa] che è rivolta su un lato differente [della casa, rispetto a quello dal quale si farà uscire il cadavere], oppure di una finestra [anchessa chiusa] che ha superficie di quattro tefachìm quadrati, in situazioni come questa la porta chiusa non verrà considerata come se fosse aperta e il kohèn potrà sostarvi vicino [a questa porta, o a questa finestra chiuse], purché limpurità non possa arrivare fino a lui attraverso una [qualche altra] porta o finestra aperte. 1087 REGOLE CONCERNEN 15 Elùl - kukt uy TABELLE DELLE UNITÀ DI MISURA E DEFINIZIONI DELLE DIMENSIONI DENOMINAZIONE EQUIVALENZE SHIURÈ TORÀ CHAZÒN ÌSH cm 2 cm 2,4 4 agudalìn o etzbà cm 8 cm 9,6 distanza tra il gomito e la punta del dito medio 6 tefachìm cm 48 cm 57,6 2000 ammòth~cubiti m 960 m 1152 4 mìl m 3840 m 4608 si intende uovo con il suo guscio g 57,6 g 100 Cè chi dice 1/2 keBetzà senza guscio g 27 g 50 circa Cè chi dice 1/3 keBetzà con il suo guscio g 17,3 g 30 144 keBetzà l 8,3 l 14,4 Quantità massima di impasto da cui è possibile prelevarla senza dire la benedizione g 1615 g 1200 Quantità minima di impasto da cui è necessario prelevarla dicendo la benedizione g 1667-1682 g 2250 Le opinioni variano da 1/3 a 2/3 oppure 4/9 di uovo con il suo guscio Da un minimo di g 19,2 al massimo di g 38,4 Da un minimo di g 33,3 al massimo di g 66,6 1 ammà x 1 ammà x la profondità di 3 ammòt = 40 seàh l 332 l 648 La lunghezza del dorso: 4 tefachìm cm 32-32,7 cm 39-40 etròg~cedro non meno di un keBetzà con il suo guscio g 57,6 g 100 hadàs~mirto Lunghezza dei rami deve essere almeno 3 tefachìm cm 24-24,5 cm 29-30 aravà~salice, sia per il lulàv che per la cerimonia a Hoshanà Rabbà Lunghezza dei rami deve essere almeno 3 tefachìm cm 24-24,5 cm 29-30 agudàl~-pollice o etzbà~dito tèfach~palmo ammà~cubito o braccio plurale ammòt mìl~miglio parsàh keBetzà~come un uovo misura applicabile sia a solidi che a liquidi. keZàit~come unoliva seàh challàh misura dellimpasto da cui eseguire il prelievo groghèreth (fico secco) più di un kzàit ma meno di un keBetzà mikvè lulàv~ramo di palma 1093 1 - REGOLE CONCERNEN INDICE DEI TERMINI NOTE SUI TERMINI UTILIZZATI NEL TESTO CON RIMANDI AI CAPITOLI DOVE SONO TRATTATI achèr altro un estraneo, escludendo i componenti della famiglia. Termine che nel testo del Kitzùr viene utilizzato a proposito delle leggi sullerùv quando indica quali persone possono compiere la procedura. 94, 7 achilà alimentazione Il termine viene utilizzato nel testo del Kitzùr nel senso stretto di ciò che la Torà permette di mangiare in quanto kashèr o conforme alle regole alimentari ebraiche. 64, 1 afikomàn Lultimo pezzo di matzàh che si mangia durante la sera del Sèder come dessert. 119, 3. 8. 11.12 agbaà elevazione del sèfer Torà che si fa per mostrare al pubblico il testo del brano che sarà letto o è stato letto in quella settimana. 23, 25 akedà legatura Episodio conosciuto meglio come sacrificio di Isacco nel quale, in effetti, il sacrificio non cè stato perché limitato al posizionamento di Isacco sullaltare e alla sua legatura. 129, 21 akiràh sradicare Il termine indica un importante concetto nel contesto delle norme che trattano dei 39 lavori proibiti di Shabbàt. Insieme a quello della hannachà, che significa deporre, lasciare, esso viene impiegato relativamente alle norme che proibiscono di Shabbàt di trasferire un oggetto da un dominio allaltro e di trasportarlo nel reshùt haRabbìm~nella proprietà pubblica. La violazione di questo precetto prevede infatti: 1) la akiràh che consiste nel sollevare un oggetto dalla sua posizione di riposo in una proprietà; 2) la hannachà che consiste nel deporre loggetto nel nuovo dominio. Secondo la Torà una persona non trasgredisce la norma se compie uno solo di quegli atti, mentre i Rabbini hanno stabilito che un trasferimento di un oggetto con questo sistema, ripartendo cioè le due azioni tra due persone, non è lecito. àl biùr chamètz per leliminazione del chamètz Benedizione relativa alleliminazione del chamètz che si esegue alla vigilia di Pésach. 111, 7 alòt salita dellalba Il Maghèn Avrahàm dice che, per quanto riguarda le ore haShàchar variabili con il periodo dellanno, si considera giorno il periodo compreso tra alòt haShàchar (letteralmente lalzarsi delloscurità, vale a dire lalba, la prima luce del mattino) e lapparizione delle stelle. Il Kizzùr Shulchàn Arùch si attiene a questo parere per la recitazione dello Shemà. 17, 1; 69, 2 amèn, kèn amèn, così sia il [Tuo] volere Formula con la quale si esprime un auguyehì ratzòn rio di conferma dellassistenza divina. Essa viene di solito recitata al termine della formula della benedizione sacerdotale. Si dice amèn quando la dice il kohèn, yehì ratzòn quando la dice lofficiante. 151, 5 82, 3 1141 5 - CALENDARIO ANNUALE CALENDARIO ANNUALE CON I CAPITOLI DI RIFERIMENTO AGLI ARGOMENTI DEL PERIODO IN QUESTIONE Mese Ricorrenza Capitoli di riferimento Attività del periodo TISHRÌ 30 giorni dal limite minimo del 5 settembre a quello massimo del 3 novembre 1 Tishrì Ròsh haShanà Cap. 129 shofàr, tashlìch1 2 Tishrì Ròsh haShanà Cap. 128 § 21 shofàr 3 Tishrì Digiuno di Ghedaliàh 2 Cap. 121 § 2 selichòt 4 Tishrì Giorni penitenziali Cap. 130 selichòt 5 Tishrì Giorni penitenziali selichòt 6 Tishrì Giorni penitenziali selichòt 7 Tishrì Giorni penitenziali selichòt 8 Tishrì Giorni penitenziali selichòt 9 Tishrì Giorni penitenziali Il sabato tra Ròsh haShanà e Kippùr è chiamato Shabbàt Shuvà Cap. 130 § 5 Kippùr Capp. 131,132,133 10 Tishrì selichòt. Da shachrìt non si dice più tachanùn fino al 2 Cheshvàn 3 11 Tishrì Preparazione della sukkà Preparazione del lulàv Cap. 134 Cap. 136 Inizio del periodo per dire il kiddùsh haLevanà, dal termine del Kippùr, fino al 14 del mese. 15 Tishrì 1° di Sukkòt Cap. 135 Non si dice tachanùn 16 Tishrì 2° di Sukkòt Non si dice tachanùn 17 Tishrì Chol haMoèd Non si dice tachanùn 18 Tishrì Chol haMoèd Non si dice tachanùn 19 Tishrì Chol haMoèd Non si dice tachanùn 20 Tishrì Chol haMoèd Non si dice tachanùn 12 Tishrì 13 Tishrì 14 Tishrì 1 2 3 Se è Sabato, si rinvia al secondo giorno. Ha inizio dallalba. Se cade di Sabato si rinvia al giorno successivo. Gli ashkenaziti si astengono dalla recita del tachanùn fino al giorno dopo Simchàt Torà. 1149 TABELLA DELLE MANIFESTAZIONI DI LUTTO DEL PERIODO BEN HAMETZARÌM~TRA LE RISTRETTEZZE Dal 17 Tammùz Da Ròsh Chòdesh Av Settimana del 9 Av Pomeriggio Vigilia 9 Av 10 Av Shabbàt CELEBRARE MATRIMONI ProA ProAS Pro Pro Per Pro RECITARE shehecheyànu Pro Pro Pro Pro Pro Per TAGLIO BARBA E CAPELLI ProA ProA ProAS^ Pro ProA Pro ASCOLTARE MUSICA Pro Pro Pro Pro Per Pro INAUGURARE UNA CASA NUOVA Per Pro Pro Pro Per Pro LAVARE ABITI E INDOSSARE ABITI LAVATI Per ProA ProAS^ Pro ProA Pro CONSUMARE CARNE E VINO Per Pro Pro Pro^ Pro° Per PRENDERE BAGNI COMPLETI Per ProA ProAS Pro^ ProA Pro STUDIARE TORÀ Per Per Per Pro Per Per A= S= ° = ^= ashkenaziti Pro = Proibito sefarditi Per = Permesso Fino a mezzogiorno, secondo tutti. Il divieto vero e proprio decorre solo da questo momento. Ogni astensione precedente è legata al minhàg~usanza locale. POSEKÌM ITALIANI: Lantico uso italiano, testimoniato dal Shibbolè haLèket (par. 264) era di astenersi dal prendere bagni completi già da Ròsh Chòdesh Av, come presso gli ashkenaziti. Secondo questopinione più rigorosa è proibito prendere un bagno completo anche il venerdì pomeriggio che precede Shabbàt Chazòn quindi ci si dovrà limitare a lavarsi viso, mani e piedi, a meno che non si adoperi esclusivamente acqua fredda. NOTA: Qualora il 9 Av cada di domenica, anche se posticipato dal Sabato, secondo lopinione prevalente le limitazioni della settimana precedente non hanno luogo. 1152 SCHEMI DI ESECUZIONE DI ALCUNE MITZVÒT NETILÀT YADÀYIM dal cap. 2 Il kelì~recipiente La netilàt yadàim deve essere eseguita usando un kelì che consenta di versare lacqua sulle mani miKòach gavrà~con azione attiva delluomo. Il kelì non deve avere buchi, fessure o altre imperfezioni. Il bordo superiore del kelì deve essere liscio e senza beccucci. Deve essere sufficientemente capiente da contenere almeno un reviìt (cc 86; secondo altri cc 150) di acqua in una volta sola, in quanto questa è la misura minima da versare per uscire dobbligo dalla netilàt yadàim. Normalmente, però, il kelì è molto più grande. È preferibile che il kelì sia dotato di due manici per evitare qualsiasi contatto fra una mano e laltra nel corso della netilàt yadàim. Le mani Si deve verificare che le mani e le dita siano completamente prive di anelli o altri rivestimenti, affinchè non vi sia alcuna chatzitzà~separazione fra la pelle e lacqua. Per luso di cerotti e fasce, si veda in seguito. Per la stessa ragione, le mani devono essere perfettamente pulite da qualsiasi sporcizia che abbia aderito alla loro superficie prima di eseguire la netilàt yadàim. sbrecciature fori nel contenitore contenuto cc 80 Lacqua Acqua che abbia mutato colore a causa di corpi o liquidi estranei caduti in essa non può essere adoperata per la netilàt yadàim, se nellacqua sono presenti semplicemente terra o sabbia, può essere adoperata anche se ha mutato colore. Se lacqua è stata nel frattempo adoperata per lavaggio di panni, stoviglie o altri lavori, non può essere adoperata neppure se ha mantenuto il suo aspetto originario. NETILÀT YADÀYIM DEL MATTINO dal cap. 2 netilàt yadàim shachrìt~del mattino È uso tenere il kelì e lacqua vicino al letto, in modo da non percorrere due metri senza aver compiuto la netilàt yadàim. Si prende il kelì tenendolo nella mano destra e così lo si riempie completamente dacqua (qualora non lo si sia già riempito dalla sera precedente). Si passa il kelì pieno dalla mano destra alla sinistra e non è necessario appoggiarlo. 1154 SCHEMI DI ESECUZIONE DI ALCUNE MITZVÒT TZITZÌT dal cap. 9 cm 60 esempio di tzitzìt applicato a un angolo con due fori esempio di tzitzìt applicato a un angolo con un foro soltanto cm 60 La misura minima del tallìt katàn è di una ammà di larghezza per due ammòt di lunghezza, senza però tener conto dello spazio ove cè il foro per la testa. primo doppio nodo dello tzitzìt ANGOLO DEL TALLÌT KATÀN ANGOLO DEL TALLÌT GADÒL foro unico del tallìt gadòl Fori attraverso i quali passano i fili degli tzitzìt cm 4 cm 6 cm 4 cm 6 cm 6 cm 6 cm 4 cm 4 1156 SCHEMI DI ESECUZIONE DI ALCUNE MITZVÒT PROCEDURA PER INDOSSARE IL TALLÌT GADÒL dal cap. 9 § 8 Dopo aver controllato, con il tallìt ancora ripiegato sulla propria spalla destra, che i quattro tzitziòt che pendono da un lato siano integri, si provvede, se necessario, a separare i fili uno dallaltro. 1) si apre il tallìt tenendolo sollevato con le due mani al di sopra del capo e si recita la benedizione lehitatèf baTzitzìt~di ammantarci con lo tzitzìt. 2) lo si appoggia sulla testa facendone ricadere sul davanti il margine anteriore. 3) si sollevano i quattro angoli del tallìt. Si ribaltando allindietro le estremità, dal lato sinistro (come nelle figure): prima quelli del lato destro e poi quelli del lato sinistro. Si rimane in questa posizione per il tempo necessario a percorrere quattro ammòt (1 metro e 90 centimetri secondo lo Shiurè Torà, equivalente a 2-3 secondi) e si recitano i versetti: màh yakàr ~quanto è caro... (Salmi 36, 8-11). Si dispone il tallìt sulle spalle e, a seconda degli usi, si tiene il capo coperto o lo si scopre. Nel caso sia mattina e si indossino anche i tefillìn, lastuccio della testa deve rimanere scoperto, per seguire il versetto che dice veRaù kòl ammè haÀretz kì shèm Hashèm nikrà alècha~e tutti i popoli della terra vedranno che il nome di Hashèm è su di te (Deuteronomio, 28, 10). In ogni caso, si deve badare che i quattro tzitziòt si dispongano in modo tale da cadere ai quattro lati del corpo, due davanti e due dietro, circondando la persona. È pertanto preferibile, quando possibile, usare un tallìt di forma squadrata. 1167 1 - REGOLE CONCERNEN TABELLA DEI 39 LAVORI PROIBITI DI SHABBÀT Le 39 categorie di lavori sono usualmente divise nei seguenti gruppi: 1-11 comprendono i lavori che servono alla preparazione del pane: arare, seminare, mietere, raccogliere in covoni, trebbiare, separare con laiuto del vento, selezionare, macinare, setacciare, impastare, cuocere. 12-24 comprendono i lavori necessari alla produzione di tessuti: tosare, scolorare, cardare/pettinare materiale grezzo, tingere, filare, montare il telaio, realizzare due briglie per la tessitura, tessere, sciogliere un intreccio di fili, annodare, snodare, cucire, strappare (con lintenzione di ricucire). 25-31 comprendono i lavori connessi alla lavorazione della pelle: cacciare, macellare, scuoiare, conciare, levigare, tracciare segni, tagliare secondo forme predefinite. 32-39 comprendono i lavori connessi alla costruzione: scrivere, cancellare, costruire, demolire, accendere, spegnere, dare lultimo colpo di martello, trasportare. LAVORO PRINCIPALE 1 Arare Charishà LAVORO DERIVATO (T) Torà, (D) deRabbanàn AZIONE ED EFFETTO Concimare un campo (T), sbriciolare le zolle (T), liberare un terreno dalle pietre o altro (T), trascinare un oggetto pesante sul terreno con conseguente formazione di una traccia (T), scavare una buca (T), giocare a biglie o scopare un terreno (D) in quanto contribuisce a livellarlo, se questo può essere adatto alla semina. Rendere adatto il terreno alla semina, fertilizzarla o togliere cose che in qualche modo impediscono la crescita di qualche prodotto. In tutti i lavori, lo scopo è quello di rendere migliore il terreno, di spianarlo o di rimuovere i dislivelli MISURA In qualsiasi misura 2 3 Seminare Zerià Mietere Ketzirà Scuotere alberi (perché ne cadano i semi), sfrondarli (facilita la crescita di nuovi rami), innaffiarli, gettare dei semi su di un terreno soffice (T), immergere una patata cruda in acqua (T), lavarsi le mani se lacqua residua cade su un prato (T), collocare dei fiori in un recipiente con dellacqua o cambiargliela (D). Staccare il raccolto con la mano. Staccare carne da ogni animale o una zampa da un insetto (T), alzare un vaso che ha un foro (in quanto è considerato attaccato al terreno tramite il buco) (T). Cavalcare un animale (D) (potrebbe portare a staccare un ramo per spronare la bestia), utilizzare direttamente un albero, per attaccarvi qualsiasi cosa o per salirvi (D), odorare frutta o fiori (potrebbe portare a staccarli dalla pianta) (D). Contribuire a che i semi germoglino o favorire la crescita dei germogli, sia nella terra che in vasi forati; coprire o mettere dei fiori in una serra per facilitarne la fioritura. Recidere una pianta da dove cresce o staccarla da dove trae nutrimento. Se per un uomo: nella quantità di un Groghèreth~fico secco Come cibo per un animale: quanto può riempire la bocca di un agnello Per alimentare un fuoco: quanto basta per cuocere la quantità di un Groghèreth. INDICE ANALITICO 1177 Adàr (Purìm e il mese di) ........................................................................................................................................................... cap. 141. 1 alènu leshabbèach (come recitare) ..................................................................................................................................... cap. 25, 6 alimentazione (carne e pesce) ............................................................................................................................................ cap. 33, 1-2 alimentazione (consigli nella) .......................................................................................................................................... cap. 32, 2-20 alimenti cotti da non ebrei (proibizione di) ........................................................................................ cap. 38, 1. 3-5. 9-15 alimenti liquidi che richiedono la netilàt yadàim ...................................................................................... cap. 40, 17-21 alzarsi al mattino e modèh anì ............................................................................................................................................ cap. 1, 1-4 amèn ........................................................................................................................................................................................................ cap. 6, 10-11 amèn alle benedizioni del maftìr ............................................................................................................................................. cap. 79, 3 amidà e modìm deRabbanàn ..................................................................................................................................................... cap. 20, 5 amidà e recitazione di anènu ..................................................................................................................... cap. 20, 8; cap. 127, 9 amidà e risposte nella ripetizione ............................................................................................................................... cap. 20, 11-12 amidà e sua ripetizione ................................................................................................................................................................... cap. 20, 1 amidà ed errori dellofficiante ................................................................................................................................................ cap. 20, 10 amidà (benedizione sacerdotale nella ripetizione della) ..................................................................................... cap. 20, 6 amidà (come fare quando va ripetuta la) ..................................................................................................................... cap. 19, 12 amidà (come leggere la) ............................................................................................................................................ cap. 18, 5-8. 10-11 amidà (come mettersi rispetto a chi sta recitando la) ............................................................................... cap. 18, 18-21 amidà (come va ripetuta la) ................................................................................................................................................... cap. 20, 2-3 amidà (conclusione della ripetizione della) .................................................................................................................... cap. 20, 7 amidà (cosa evitare durante la lettura della) ..................................................................................................... cap. 18, 9. 14 amidà (inizio del momento per recitare la) .................................................................................................................... cap. 18, 1 amidà (interruzione nel corso di Elohài netzòr) ..................................................................................................... cap. 18, 15 amidà (interruzione per necessità corporali) .................................................................................................... cap. 18, 16-17 amidà (passi da compiere per la lettura della) ................................................................................................ cap. 18, 12-13 amidà (preparazione alla lettura della) ....................................................................................................................... cap. 18, 2-4 amidà (se lofficiante sbaglia nella ripetizione della) ......................................................................................... cap. 19, 13 amidà (stato di ebbrezza e) ....................................................................................................................................................... cap. 18, 22 anènu nella ripetizione dellamidà ........................................................................................................ cap. 20, 8; cap. 127, 9 anènu (errori nella recitazione di) ...................................................................................................................................... cap. 19, 14 appartarsi come atto conclusivo del matrimonio ................................................................................ cap. 148, 1-4 angoli dei capelli e della barba (divieto di radere gli) .......................................................................... cap. 170, 1-2 arvìt (norme relative alla preghiera della sera o) ................................................................................................ cap. 70, 1-5 arvìt (alluscita dello Shabbàt) ............................................................................................................................................. cap. 96, 1-2 ashèr yatzàr ........................................................................................................................................................................................................ cap. 4 ashrè (regole sulla lettura di) .................................................................................................................................................... cap. 25, 1 attenzione a ciò che si fa e si dice ...................................................................................................................... cap. 33, 13-14 attività da evitare prima della preghiera del mattino ......................................................................... cap. 8, 1-6 avèl (tachanùn nella casa di un) .............................................................................................................................................. cap. 22, 5 avèl ha priorità per il kaddìsh dellorfano .................................................................................................................. cap. 26, 2-3 avrahà (funerale che avviene di Yom Tov e pasto di) ....................................................................................... cap. 205, 8 avrahà (norme di lutto e pasto di) ................................................................................................................................. cap. 205, 1-7 azioni vietate per le persone in lutto ................................................................................................................. cap. 209, 1-8 bamè madlikìn (quando si recita il brano) ................................................................................................................... cap. 76, 9 bar mitzvà (benedizione del padre quando il figlio diventa) .......................................................................... cap. 61, 9 barechènu nella ripetizione dellamidà ............................................................................................................................ cap. 20, 6 1201 1 - REGOLE CONCERNEN CALENDARIO DI STUDIO per il Kitzùr Tishrì Chesvàn Kislèv 1 cap. 133. 16 1 cap. 5. 17 1 cap. 20. 1 2 cap. 133. 22 2 cap. 6. 4 2 cap. 20. 8 3 cap. 133. 27 3 cap. 6. 10 3 cap. 21. 3 4 cap. 134. 2 4 cap. 8. 1 4 cap. 21. 9 5 cap. 134. 7 5 cap. 8. 6 5 cap. 23. 1 6 cap. 134. 13 6 cap. 9. 4 6 cap. 23. 10 7 cap. 135. 3 7 cap. 9. 10 7 cap. 23. 16 8 cap. 135. 7 8 cap. 9. 14 8 cap. 23. 23 9 cap. 135. 13 9 cap. 10. 1 9 cap. 24. 1 10 cap. 136. 1 10 cap. 10. 4 10 cap. 24. 7 11 cap. 136. 3 11 cap. 10. 13 11 cap. 25. 1 12 cap. 137. 1 12 cap. 10. 20 12 cap. 26. 3 13 cap. 137. 8 13 cap. 11. 1 13 cap. 26. 13 14 cap. 138. 2 14 cap. 11. 12 14 cap. 26. 22 15 cap. 98. 1 15 cap. 11. 21 15 cap. 28. 1 16 cap. 98. 8 16 cap. 12. 5 16 cap. 28. 11 17 cap. 98. 14 17 cap. 12. 11 17 cap. 29. 4 18 cap. 98. 22 18 cap. 13. 2 18 cap. 29. 11 19 cap. 98. 33 19 cap. 14. 4 19 cap. 29. 18 20 cap. 99. 3 20 cap. 15. 1 20 cap. 30. 4 21 cap. 100. 5 21 cap. 15. 7 21 cap. 31. 2 22 cap. 100. 11 22 cap. 16. 1 22 cap. 32. 2 23 cap. 100. 17 23 cap. 17. 1 23 cap. 32. 8 24 cap. 1. 1 24 cap. 17. 8 24 cap. 32. 16 25 cap. 1. 5 25 cap. 18. 3 25 cap. 139. 1 26 cap. 2. 5 26 cap. 18. 10 26 cap. 139. 5 27 cap. 3. 2 27 cap. 18. 15 27 cap. 139. 12 28 cap. 4. 1 28 cap. 19. 1 28 cap. 139. 20 29 cap. 5. 2 29 cap. 19. 8 29 cap. 32. 23 30 cap. 5. 9 30 cap. 33. 1