17. Tutela della vita umana e della salute in mare
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17. Tutela della vita umana e della salute in mare
PROGETTO LAMPEDUSA Parere del 30 agosto 2014 a cura del Gruppo di studio del Progetto Lampedusa “Todo Todo pasa y todo queda, pero lo nuestro es pasar, pasar pasar haciendo caminos, caminos sovre la mar. Caminante, son tus huellas el camino y nada mas. Caminante, no hay camino, se hace camino al andar”. andar Antonio Machado. TUTELA DELLA VITA UMANA E DELLA SALUTE IN MARE. PROFILI DI RESPONSABILITA’ Quadro normativo “La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”, afferma che: “ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona” persona”.. Questa affermazione, approvata nel corso della rivoluzione francese e inserita nei documenti di molti organismi nazionali e internazionali, come lo statuto dell’ONU, riconosce un carattere prioritario al diritto alla vita. Il diritto alla vita si identifica con la persona umana ed ha un valore assoluto, perché ogni persona che viene al mondo è titola titolare re esclusiva di questo diritto inviolabile. Inoltre, è il diritto alla vita umana che presuppone tutti gli altri diritti diritti,, la cui finalità è di rendere sempre più umana e preziosa la vita. Il diritto alla vita e, più in generale, alla salute dell’individuo, è tutelato dall’art. 2 Conv. Europea Dir. Uomo, dalla Carta Costituzionale, oltre che da una serie di norme del codice penale. Quindi, per costruire stabilmente l’edificio dei diritti umani è indispensabile porre a fondamento di esso il diritto alla vita, su cui edificare tutti gli altri diritti. Il fenomeno dell’ immigrazione clandestina via mare impone la necessità di fornire delle risposte adeguate e calibrate rispetto all’esigenza di salvaguardare la vita umana in mare. Tale PRESIDIO AVVOCATURA – LAMPEDUSA Tel. (h. 24) +39 334.8202183 – Tel. +39 331.2304819 Email: [email protected] fenomeno, infatti, presenta dei fattori di rischio elevati per la vita dei migranti in quanto il viaggio avviene attraverso imbarcazioni che non hanno standards di sicurezza rispetto alla navigazione che devono affrontare, in quanto sono poco più che relitti obsoleti. L’obbligo di tutelare la vita umana in mare costituisce un limite a tutte le azioni di contrasto dell’immigrazione clandestina ed è vigente nei confronti di tutti gli Stati, a prescindere dalla condizione giuridica del tratto di mare dove si realizza l’ intervento. In merito all’istituto del soccorso, in tutte quante le convenzioni internazionali, a partire dalla Convenzione internazionale sulla ricerca e salvataggio marittimo, siglata ad Amburgo nel 1979, alla Convenzione di Montego Bay del 1982 (UNCLOS), a quella sulla salvaguardia della vita umana in mare, chiunque deve intervenire, sia una nave da guerra, sia una nave civile. Quindi, le navi italiane, quando avvistino o abbiano notizia di una nave che sia, in pericolo di perdersi ovvero ci siano delle vite umane in pericolo, è in dovere di attuare il soccorso. Nella Convenzione di Londra del 1989, infatti, all’art. 10 par. 1, viene enunciato che ogni comandante è tenuto a prestare assistenza a qualsiasi persona che si trovi in pericolo di perdersi in mare, nella misura in cui ciò non arrechi gravi pregiudizi alla sua nave e alle persone che sono a bordo. Il pericolo deve essere serio e “al momento nel quale il soccorso viene richiesto, in corso ed imminente”. Anche la normativa nazionale individua una responsabilità di carattere penale (a prescindere dalla configurazione di altri reati) nell’art. 1158 cod. nav.1, a carico del comandante, posto che egli ha la responsabilità più ampia e completa di tutto ciò che accade sulla nave. Inoltre, gli artt. 69 e 70 cod. nav. sul “soccorso a navi in pericolo e a naufraghi” e sull’ “impiego di navi per il soccorso” prevedono che l’autorità marittima, che abbia notizia di una situazione di pericolo in mare deve immediatamente provvedere al soccorso o, in caso di bisogno, darne avviso alle altre autorità che possano utilmente intervenire, nonché “ordinare che le navi che si trovano nel porto o nelle vicinanze siano messe a loro disposizione con i relativi equipaggi”. L’assistenza medica nelle operazioni SAR. Le modalità del soccorso in mare sono stabilite dal Maritime Safety Commettee dell’IMO (International Maritime Organization) che, nella seduta del 20 maggio 2004, nello specificare e 1 Nello specifico, la norma prevede che il comandante di nave, di galleggiante o di aeromobile nazionale o straniera che ometta di prestare assistenza ovvero di tentare il salvataggio nei casi in cui ne ha l’obbligo a norma del presente codice, è punito con la reclusione sino a due anni; e al paragrafo 2, da uno a sei anni, se del fatto deriva una lesione personale; da tre a otto anni se ne deriva la morte. 2 limitare nel tempo l’obbligo del comandante di prestare assistenza ex. art. 98 (1) Montego Bay, ha adottato gli emendamenti alle convenzioni SOLAS e SAR. In particolare, l’art. 4.1-1 della convenzione SOLAS e l’art. 3.1.9 della Convenzione SAR, prevedono che alle persone in pericolo sia assicurata la salvezza e che il comandante della nave debba essere liberato dalla responsabilità dei profughi al più presto, attraverso il loro sbarco nel ‘luogo sicuro’2 e attribuiscono allo Stato responsabile della zona SAR l’incombente di fornire o di assicurare che venga fornito il porto sicuro in un tempo ragionevole. Le disposizioni così emendate danno la possibilità al Governo responsabile di considerare ogni situazione con flessibilità, in modo da poter essere utilizzate adeguatamente caso per caso. Nella stessa seduta il Comitato per la Sicurezza Marittima, sulla base dei predetti emendamenti, emetteva anche le relative linee guida con la risoluzione MSC. 167.(78) "linee guida sul trattamento delle persone salvate in mare". In Italia il Ministero dei Trasporti e della Navigazione ha approvato, con atto del 25 novembre 1996, l’edizione definitiva del Piano Nazionale per la Ricerca ed il Salvataggio in mare3. Il Piano nazionale trasferisce i contenuti della convenzione SAR in termini operativi e prevede: le situazioni operative e gli adempimenti per ognuno di esse, le autorità coordinatrici, le fasi di emergenza, il coordinamento in zona, i compiti delle altre autorità e le comunicazioni. Nel predetto piano, l’assistenza sanitaria è organizza tramite l’ASL, tenendo eventualmente informata la Prefettura competente, al fine di assistere i naufraghi che vengono trasportati a terra, provvedendo anche a richiedere tutti i mezzi terrestri, la struttura e il personale necessari. Viene disciplinato l’utilizzo dell’ International Areonautical and Maritime Search and Rescue Manual (IAMSAR Manual), redatto in tre volumi: 1) deve essere utilizzato dagli Stati nel predisporre il sistema SAR, 2) indirizzato ai punti di coordinamento delle operazioni ed esercitazioni SAR, detti RCC; 3) deve essere portato a bordo delle unità impegnate nella ricerca e soccorso per supportare le operazioni di salvataggio. La risoluzione si conclude esplicitando le obbligazioni per lo Stato e per gli RCC, i quali devono mantenere efficaci programmi operativi per la cooperazione ed il coordinamento. La prima assistenza sanitaria nelle operazioni di salvataggio in mare è un importante, se non imprescindibile, contributo all’opera di soccorso. 2 Luogo sicuro è dove la sicurezza o la vita dei sopravvissuti non è più minacciata e quindi, ai nostri fini, le necessità primarie, tra cui le cure mediche, possono essere soddisfatte. 3 Art. 2 D.P.R. del 28 settembre 1994, n. 662, in qualità di Autorità nazionale responsabile dell’esecuzione della convenzione SAR, adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979 e ratificata in Italia con legge del 3 aprile 1989, n. 147. 3 Su questo presupposto, l’IMO ha emesso la risoluzione MSC/Circ. 960 alla assemblea del 20 giugno 2000. L’ assistenza medica nel salvataggio è infatti pienamente coerente con il sistema SAR, che prevede il monitoraggio e la comunicazione delle situazioni di necessità, nonché la consulenza medica, la iniziale assistenza medica e la evacuazione medica. La risoluzione intende fornire supporto ai vari Stati-parte nella integrazione del sistema SAR attraverso l’elencazione di specifici adempimenti in materia di assistenza medica, che devono essere portati all’attenzione di tutte le parti coinvolte. La risoluzione è stata fatta propria dallo Stato Italiano con circolare del 1 settembre 2011 “Procedure per la assistenza medica in mare. Situazione di emergenza” emanata dal Ministero della Salute unitamente alla Capitaneria di Porto e al CIRM (Fondazione Centro Internazionale Radio Medico). L’attività di ricerca e soccorso (SAR) in mare è svolta istituzionalmente dal Corpo delle Capitaneria di Porto, che assicura l’assistenza sanitaria attraverso specifici accordi con enti specializzati nel pronto soccorso. In generale i cinque elementi su cui deve essere approntato il sistema efficace di assistenza medica, come dalla risoluzione IMO sopra citata, sono: la presenza di uno o più (Rescue Coordination Center) RCC, il servizio di assistenza telemedica, i mezzi di intervento in mare, gli accordi a terra (ad es. i protocolli con organizzazioni specializzate nel primo soccorso come la CRI) e le procedure standard operative. Nell’ambito dell’operazione “Mare Nostrum” le navi militari in pattugliamento costante per funzioni SAR conducono i migranti nei maggiori porti delle aree interessate, anche dopo vari giorni di permanenza di questi sulle unità. La protratta permanenza a bordo, che sottopone i migranti a condizioni difficilmente sostenibili, e che risulterebbe contraddire l’obbligo del Comandante di condurre al più presto il naufrago presso il cd “luogo sicuro”, è motivata dalla peculiarità dell’operazione medesima, nonché dal contenimento dei costi. Le navi militari, pronte ad intervenire in caso di avvistamento/segnalazione di altre imbarcazioni in difficoltà, costituiscono anche un temporaneo luogo sicuro a disposizione di altre unità coinvolte in Mare Nostrum o civili. Le navi della Marina Militare sono comunque dotate, oltre che della infermeria, di ospedale da campo e tenda di biocontenimento, di sale operatorie dove è possibile effettuare interventi medici di primo soccorso ed alcune operazioni più complesse. I medici e gli infermieri impiegati a bordo delle navi militari sono innanzitutto appartenenti alla Difesa. Sono inoltre presenti ginecologi, 4 ostetrici, infermieri volontari forniti dalla Fondazione RAVA, medici e infermieri della Croce Rossa Italiana. Sono altresì presenti medici, infermieri e soccorritori di CISOM, come meglio esposto in seguito. Per quanto riguarda il salvataggio delle persone potenzialmente affette da malattie contagiose4, il Ministero della Salute e quello della Difesa in data 21 giugno 2014 hanno concluso un accordo di collaborazione; detto accordo prevede che a bordo delle navi militari siano presenti fino al 31 agosto, salvo proroghe, medici USMAF5 che, in quanto dotati di “specifiche competenze in problematiche quarantenarie”, prima dell’arrivo in porto, effettueranno i controlli per l’individuazione di rischi infettivi. Con particolare riferimento al modello Lampedusa, l’assistenza sanitaria a bordo delle unità navali della Capitaneria di Porto-Guardia Costiera, deputate al servizio SAR, è garantita dal CISOM, corpo specializzato di medici, infermieri e soccorritori del Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta detto di Ordine di Malta6 . Tale collaborazione è stabilita da un protocollo di intesa tra i due Corpi sulla base dei seguenti atti: - Nel 1991 l’Ordine di Malta stipulò un accordo internazionale con la Repubblica Italiana in materia di assistenza in caso di gravi emergenze determinate da eventi naturali o dovute all’attività dell’uomo; - L’ istituzione del CISOM sotto forma di fondazione (con decreto magistrale n. 502/9860 a firma del Gran Maestro del 24 giugno 1970) e successiva iscrizione nell’elenco delle organizzazioni di rilevanza nazionale presso il dipartimento della protezione civile del Ministero dell’Interno (DPR n. 194 del 8 febbraio 2001, il cui art. 9 comma 11 dispone l’eventuale partecipazione delle organizzazioni di volontariato alle attività di ricerca, recupero e salvataggio in acqua) con conseguente riconoscimento quale ente pubblico melitense; 4 Art. 192 cod. nav. “imbarco di passeggeri infermi”: l'imbarco di passeggeri manifestamente affetti da malattie gravi o comunque pericolose per la sicurezza della navigazione e per l’incolumità delle persone a bordo è sottoposta ad autorizzazione data nei modi stabiliti da regolamenti speciali. 5 Ufficio sanitario marittimo frontiera la cui funzione è l’ordinaria vigilanza transfrontaliera. 6 Discende dall’antico Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, riconosciuto come ordine anche cavalleresco nel 1113 da Papa Pasquale II. Inizialmente, la congregazione era dedita esclusivamente alla cura dei pellegrini in Gerusalemme. In seguito, quando si trovarono a dover difendere tali presidi ospedalieri, divennero ordine militare cavalleresco, acquisendo un territorio e una forza armata. Nel corso della storia, persero e conquistarono le terre di Malta e di Rodi sino a rimanere privi del territorio con l’occupazione di Malta nel 1798 da parte di Napoleone. Attualmente l’Ordine è soggetto di diritto internazionale. A Roma, il Palazzo Magistrale e la Villa di Santa Maria di Priorato godono del regime di extraterritorialità. Oggi l’Ordine svolge solo attività mediche e umanitarie, tra cui appunto quelle di assistenza sanitaria attraverso la fondazione del CISOM. 5 - Dal 2007, con protocollo di intesa di carattere generale, rinnovato ogni tre anni, il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta ed il Corpo delle Capitanerie di Porto concludono accordi per la collaborazione nella ricerca e soccorso a Lampedusa. L’accordo prevede, tra le altre cose, la formazione del personale della Capitaneria per il primo soccorso sanitario, la fornitura di personale medico e infermieristico, con relative apparecchiature, equipaggiamento, materiale sanitario e farmaceutico nel periodo luglio-settembre. Il personale messo a disposizione dal CISOM si divide in 3 categorie: 1) personale a terra a disposizione H24 (fra cui un soccorritore con compiti di coordinamento logistico); 2) personale imbarcato sulle unità della Guardia Costiera; 3) personale imbarcato sulle navi della Marina Militare. Gli operatori del CISOM garantiscono la presenza di un medico ed un infermiere almeno su due delle unità in pattugliamento costante, ovvero le CP 900 e delle CP 940 (quest’ultima dotata di infermeria a bordo e astanteria con due lettini di degenza). Invece, per quanto riguarda le Motovedette SAR7 la presenza di operatori Cisom è garantita solo se c’è disponibilità di personale a terra. Se possibile le motovedette escono con un medico, un infermiere e un soccorritore; partono sprovviste di personale medico-infermieristico qualora tutto il personale sia già impegnato per altre chiamate o la chiamata per il soccorso arrivi nei mesi in cui non viene impiegato il personale CISOM. Inoltre, il CISOM ha un protocollo di supporto anche con la Guardia di Finanzia, con la quale opera nel caso in cui vi sia una esuberante disponibilità di personale. L’equipaggio è altresì costituito da 5 membri SAR e 2 rescue swimmer8. Per quanto riguarda le modalità operative, queste sono stabilite con disposizioni interne dalla Capitaneria e riguardano vari aspetti del soccorso. Le dotazioni mediche del CISOM sono sotto la responsabilità di medici e infermieri (ogni membro ha un proprio specifico zaino con l'equipaggiamento: zaino medico, infermieristico e soccorritore). Ad esempio, solo il medico porta con sé determinati medicinali, quali adrenalina e insulina, importanti salvavita che richiedono particolari accorgimenti per la conservazione. A bordo vengono sempre portati una bombola d’ossigeno ed un defibrillatore. In particolare, il personale sanitario osserva le LINEE GUIDA 2010 American Heart Association (AHA) e IRC. 7 Si tratta di navi particolarmente performanti che raggiungendo l’obiettivo alla velocità di 30 nodi, capaci di sostenere mare molto mosso e che e che possono trasportare circa 150 persone. 8 Figura professionale delle Capitanerie di Porto: sono sommozzatori altamente specializzati, ovvero gli unici che trasbordano i migranti fisicamente da una unità all’altra. 6 I soccorritori, come anche tutto il personale della Capitaneria di Porto, grazie alla formazione effettuata dal CISOM, sono BLS base (ovvero basic life support) e BLSD (ovvero basic life support – defibrillation). I casi più frequenti che conducono al possibile decesso dei naufraghi riguardano: - il sovraffollamento della nave e, in particolar modo, della stiva, ove i migranti vengono stipati in spazi decisamente insufficienti e privi della necessaria aereazione ; - il ribaltamento della imbarcazione provocato dal sovraffollamento e/o dalle condizioni psicologiche di paura e delirio che inducono i migranti a spostarsi tutti su un lato della barca determinandone lo sbilanciamento ed il ribaltamento; - le ustioni da motore o idrocarburi o la prolungata esposizione ai raggi solari. Il componente più formato (medico, infermiere, soccorritore, marinaio della capitaneria) effettua il TRIAGE che, durante il soccorso in mare, è di carattere parziale e limitato ad individuare i casi di pericolo di vita o di pericolo imminente di vita, attraverso l’attribuzione del codice rosso, giallo o verde. I controlli medici effettuati nel soccorso dei migranti sono tre: il primo allorquando viene prestato soccorso ed assistenza alla barca, il secondo allo sbarco nel porto o sulla nave Mare Nostrum ed il terzo è uno screening effettuato una volta giunti nei centri di accoglienza. La tipologia di TRIAGE utilizzato varia a seconda del tipo di evento, del momento in cui si interviene e in genere delle condizioni generali (guerra/pace; numero; condizioni meteo e del mare; cultura). Segnaliamo solo che alcuni sono effettuabili anche da personale non medico, come il SIEVE, mentre altri sono di competenza esclusiva di medici ed infermieri, come lo START (metodo adottato dal CISOM). Sulle navi della Marina Militare prestano invece servizio i medici e gli infermieri appartenenti alla Croce Rossa Italiana (oltre alle cd ‘crocerossine’) che, ai sensi dell’art. 2 dello Statuto CRI9 ha, tra i compiti istituzionali, l’assistenza sociale e sanitaria a rifugiati, profughi e popolazione migrante. Con ordinanza presidenziale n. 42 del 30.04.2014 la Croce Rossa dispone il coordinamento dei comitati CRI della Sicilia in sede di assistenza umanitaria dei migranti agli sbarchi attraverso attività di prima assistenza ed accoglienza e di supporto per i presidi sanitari, anche con gli Operatori Polivalenti di Salvataggio in Acqua. 9 Approvato con D.P.C.M. n. 97 del 6 maggio 2005. 7 Il ruolo della Croce Rossa nella assistenza sanitaria ai migranti è svolto anche nell’ambito del Progetto Praesidium: effettua il monitoraggio degli standards sanitari applicati ai migranti giunti in Italia via mare, nonché delle condizioni di assistenza relativamente agli aspetti psicologici e sanitari. COSA ACCADE IN CASO DI DECESSO A SEGUITO DI SOCCORSO? Doveri e responsabilità dei soggetti coinvolti Nei casi di emergenza sanitaria a terra, solitamente, dopo aver chiamato il 118, l'interessato viene trasferito in un tempo relativamente breve nel più vicino pronto soccorso ospedaliero. Quella che sembra un'assoluta normalità sulla terraferma non lo è invece per chi opera il soccorso in mare. Nel caso delle navi civili che si trovino ad effettuare il primo soccorso ai naufraghi, le convenzioni internazionali definiscono responsabilità ed obblighi, primo fra tutti quello di portare soccorso a chi si trova in difficoltà. In particolare, il Comandante di una nave in navigazione è obbligato a recarsi a tutta velocità per prestare assistenza alle persone in pericolo. Se è impossibilitato o, per le circostanze in cui si trova, giudica non ragionevole la manovra, egli deve provvedere immediatamente ad attuare le dovute comunicazioni e riportare nel giornale di bordo le ragioni che lo hanno indotto a non recarsi a soccorrere le persone in pericolo. Infatti, in Italia è intervenuta la Legge 23 settembre 2013, n. 11310 che regolamenta l’assistenza medica a bordo della nave e a terra (in base al tipo di nave, al numero di persone, alla natura e durata del viaggio) allo scopo di proteggere la salute dei marittimi e garantire il loro immediato accesso all'assistenza medica (farmacia di bordo, attrezzatura medica e guida medica, presenza del medico o, in mancanza, di un marittimo incaricato dell’assistenza medica e della amministrazione delle medicine) secondo le norme mediche raccomandate sul piano nazionale ed internazionale. Per ciò che attiene, invece, la flotta della Capitaneria di Porto, sono ipotizzabili azioni di ricerca e soccorso in mare con o senza personale medico a bordo, in quanto gli obblighi discendenti dalla Convenzione SAR e SOLAS, dalle consuetudini ed altri strumenti non ne impongono necessariamente la presenza. 10 Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 186 sul lavoro marittimo, con allegati, adottata a Ginevra il 23 febbraio 2006 nel corso della 94ma sessione della Conferenza generale dell'OIL, nonché norme di adeguamento interno. 8 1) DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE SAR NEL CASO DI MANCANZA DEL MEDICO A BORDO DELL’UNITA’. In caso di assenza di personale sanitario a bordo, a far parte dell’equipaggio vi saranno solo operatori BLS e BLSD (in quanto TUTTI i marinai della Capitaneria sono formati in tal senso). Pertanto, qualora gli stessi si avvedano, sulla base della proprie competenze basilari di soccorritori, che un naufrago necessiti di ausilio medico, il comandante, in quanto responsabile medico di bordo, è obbligato a chiamare il CIRM11, che effettua una diagnosi telefonica e suggerisce la possibilità medica di trasbordare gli ammalati e/o traumatizzati (MEDEVAC) e assiste le unità nel prendere una decisione appropriata in ordine ad un intervento concreto, praticabile dal soccorritore, prima del raggiungimento del ‘luogo sicuro’ o del presidio medico più vicino. Il CIRM, inoltre, fornisce alle organizzazioni mediche a terra le informazioni necessarie all’accoglimento del paziente. E’ buona prassi, infatti, l’utilizzo di una cartella clinica provvisoria che consenta la continuità con i responsabili delle strutture che si prenderanno cura a terra del migrante (artt. 35 TUI ed artt. 22 e 23 reg. att.), ai fini del miglior raccordo possibile con le stesse. Come da protocolli emanati dalle centrali operative, e come da regole proprie del vivere comune, il soccorritore che si trovi di fronte a situazioni complesse ed esorbitanti le proprie competenze e conoscenze dovrà chiedere aiuto e garanzia al personale preposto, evitando inutili rischi ed “assenza di copertura” (esempio dovrà, vista la criticità del quadro clinico del paziente, richiedere l’intervento del mezzo di soccorso avanzato o del mezzo infermieristico). 11 Tradizionalmente, infatti, la tutela della salute dei naviganti era affidata alla responsabilità del capitano, eccezione fatta per quei casi in cui era presente il medico di bordo; solo con lo sviluppo della radiotelegrafia dopo il 1897, vengono create le prime stazioni radio costiere e le navi vengono dotate di stazioni radio. Più tardi, nel 1920, si configura un servizio medico specificamente dedicato alle navi in navigazione, con la nascita dei centri per l'assistenza radio medica e l'istituzione di una sezione medica nell'ambito del Codice Internazionale dei Segnali. Nel 1958, poi, un documento ufficiale elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in collaborazione con l'International Labour Organization, (agenzia speciale dell’ONU) sancisce i principi di gratuità, disponibilità continua (24 ore su 24 durante tutti i giorni dell’anno) e possibilità di ottenere consulti specialistici per i marittimi imbarcati. In anni più recenti, con una normativa emanata nel 2000 dall’agenzia dell'ONU dedicata ai "problemi" del mare (International Maritime Organization), l'assistenza medica a distanza viene rivalutata con il coinvolgimento nelle attività relative dei centri di Coordinamento-Soccorso (RCC), affinché le persone che si trovano in mare, dove l'accesso ai servizi sanitari standard come medici, pronti soccorsi, ospedali è materialmente impossibile, possano usufruire di servizi di assistenza medica almeno di primo livello. Attualmente, nonostante i progressi della medicina e delle tecnologie dell'informazione e comunicazione, gli standard dell'assistenza medica in mare restano relativamente modesti. Proprio per potere ovviare a tale difficoltà sono stati sviluppati i TMAS, Telemedical Maritime Assistance Systems, con il compito di offrire un servizio di teleassistenza medica di alto livello ai naviganti con standard che si avvicinino, per quanto possibile, a quelli delle prestazioni sanitarie di cui usufruiscono i cittadini sulla terraferma. Questo anche per ovviare alla discriminazione che si verrebbe naturalmente a creare tra lavoratori di terra e di mare nel trattamento delle emergenze sanitarie e che, in un’epoca ricca di progressi tecnologici in medicina e nelle telecomunicazioni, non dovrebbe sussistere. L'aspetto dei costi per la tele assistenza medica, e quindi per l’attività dei TMAS, è gestito dai paesi marinari europei in autonomia, secondo criteri che variano a seconda dei sistemi giuridici di ognuno e delle differenze nella cultura dell’assistenza sanitaria. 9 Infatti, dinanzi ad emergenze sanitarie superiori alle loro competenze, non potrà pretendersi alcun comportamento specifico dai membri dell’equipaggio e, dunque, dal comandante, oltre quanto connesso alle operazioni di salvataggio ed alla allerta del CIRM, sopra descritta. Ciò in quanto a nessuno può essere richiesto un comportamento correlato a competenze che non ha secondo i noti principi del buon padre di famiglia e della diligenza professionale. Le predette linee guida dell’ MSC. 167.(8), al paragrafo 5, indicano specificamente le obbligazioni del Comandante della Nave nelle operazioni di salvataggio (checklist): 1. il comandante deve conoscere, anche se non è competente ad applicare, il diritto dei rifugiati; 2. fare tutto il possibile, entro le capacità e i limiti della unità navale, per trattare in maniera umana i sopravvissuti e rispondere ai loro bisogni primari ed immediati, tra cui vi è fornire acqua, cibo, riparo e cure mediche; 3. eseguire le obbligazioni di Search and Rescue previste dal Volume 3 del IAMSAR Manual, sopra citato; 4. contattare il RCC responsabile per l’assistenza necessaria e per fornire le informazioni fondamentali12. Pertanto, se il comandante adempie ai suoi doveri non potrà addebitarsi allo stesso alcuna responsabilità per il decesso. In caso, invece, di violazione degli obblighi ricadenti sul Comandante, così come delineati nelle guide lines sopra esposte, si avrà responsabilità per il decesso solo qualora detta violazione si ponga in relazione di causalità con l’evento. 2) DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE SAR NEL CASO DI PRESENZA DEL MEDICO A BORDO DELL’UNITA’. Nell’ambito del soccorso d’urgenza ed emergenza si ritiene doversi relegare in una componente puramente dottrinale l’elemento psicologico del dolo (concedendosi una esternazione colloquiale: chi mai cercherebbe volontariamente di provocare lesioni o, peggio ancora, il decesso di un naufrago che ha contribuito a salvare mettendo a repentaglio la propria stessa vita?), sicché si 12 Si tratta di quelle relative a la nave che presta assistenza, i sopravvissuti (ed in particolare il loro nome, età, genere, le apparenti condizioni di salute e mediche e qualsiasi speciale bisogno medico), la soluzione preferita dal comandante per lo sbarco dei sopravvissuti, qualsiasi aiuto necessario alla nave che presta assistenza e altre informazioni particolari. Inoltre il paragrafo 6.11 dispone che le comunicazioni su salute e sicurezza sulla nave che ha salvato persone comprendono: insufficienza di equipaggiamento di sicurezza, acqua, provviste e presidi medici, spazio per il numero delle persone a bordo e la salvezza dell’equipaggio e dei passeggeri, qualora una persona a bordo diventa violenta o aggressiva. 10 deve indagare solo la possibilità di decesso per colpa, distinguibile nelle note “gradazioni” della colpa cosciente e della colpa grave. La prima è prevista come aggravante del reato all’art. 61, n. 3 c.p.: “l’avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell’evento”. Si può affermare che tale previsione può trovare spazi nel soccorso extraospedaliero, lì dove l’agente “per leggerezza sottovaluta la probabilità del verificarsi dell’evento che ha previsto ovvero sopravvaluta le proprie capacità di evitarlo”. Il legislatore interviene per sottolineare la gravità della condotta di chi agisce senza interrogarsi sui rischi connessi13. Ecco che si ritorna alle valutazioni relative all’importanza delle guide lines nel soccorso, seguendo le quali il soccorritore, consapevole delle procedure da seguire in ogni intervento di urgenza ed emergenza, potrà agire ed evitare condotte colpose, con un grado di “protezione” assai elevato. Per ciò che attiene, invece, l’elemento soggettivo della colpa grave, essa si verifica per negligenza (quando non adotta tutte le dovute cautele), imperizia (quando non adotta tutte le conoscenze e capacità acquisite) o imprudenza (quando agisce con leggerezza o con scarso impegno ed attenzione). La giurisprudenza penale ci insegna che la casistica che rileva in materia di colpa grave nei casi di soccorso emergenziale è per lo più relativa alla ipotesi della imperizia, in quanto si è ampliato il campo di discrezionalità tecnica del professionista quando si tratti di problemi particolarmente difficili, la cui soluzione implica rischi di insuccesso. Volgendo uno sguardo al soccorso da terra, può evidenziarsi che per questo la struttura è stata fortemente gerarchizzata dal D.P.R. 27 marzo 199214. Partendo dall’unità “di base”, nell’ambito di ogni equipaggio di un mezzo di soccorso esiste la figura del caposervizio, ossia colui che coordina e “dirige” l’intervento. Cosa accade in alto mare? I membri dell’equipaggio sono investiti di conoscenze e profili professionali diversi. Così, per il campo medico potrà delinearsi una gerarchia (soccorritori, infermieri, medici), risalendo la quale è possibile attribuire al soggetto più qualificato la responsabilità della decisione, la quale resta però confinata nell’ambito sanitario. 13 [G. Marinucci, E. Dolcini. Manuale di Diritto Penale. Parte Generale. Giuffrè Editore. 2004. Pag. 212.]. Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza pubblicato sulla G.U. n. 76 del 31/3/92 - Serie Generale. 14 11 La eventuale responsabilità del decesso del naufrago ricade dunque in linea di principio sul medico, il quale risponderà dei reati previsti e puniti dal codice penale, nell’eventualità che si accerti la sussistenza di una colpa medica. Il medico e, più in generale, il professionista sanitario, inoltre, andrà comunque esente da responsabilità, ancorché il suo comportamento risulti non conforme alle regole di perizia, se dimostri: d’aver rispettato le comuni regole di diligenza e di prudenza, d’aver dovuto cimentarsi con problemi di particolare difficoltà, se l’imperizia non è grave, d’aver agito immediatamente stante la situazione di emergenza (requisito di creazione giurisprudenziale)15. Si pensi al caso dottrinale della non punibilità del medico che effettua un intervento chirurgico di carattere estremamente sofisticato e/o innovativo. Gli operatori CISOM sono indipendenti nella loro funzione, ciò significa che le decisioni di carattere medico sanitario vengono prese in maniera autonoma. Il medico, però, non affronta in solitudine il servizio di urgenza ed emergenza. Egli è parte di un equipaggio operante su un singolo mezzo di soccorso base, diretto dal Comandante di Vedetta, ovvero colui il quale, pur privo della professionalità medica del primo, avrà in capo a sé la responsabilità delle decisioni di carattere non prettamente sanitario e si troverà a cooperare con gli altri mezzi di soccorso avanzato (CP940, elisoccorso, ecc) ed a coordinarsi con gli altri operatori coinvolti nel salvataggio, come ampiamente illustrato innanzi. E’ indubbio pertanto che, per quelle che sono le proprie competenze, il medico avrà il dovere di esprimere le proprie richieste, ma il potere decisionale resterà in capo al comandante, anche nei casi in cui si appalesi necessario il trasferimento a terra o tramite elisoccorso ovvero il trasbordo sulle CP o sulle unità della Marina o ancora nel caso in cui venga richiesto l’utilizzo di determinate apparecchiature e/o procedure. Infatti, secondo l’art. 186 del cod. nav. (autorità del comandante) “tutte le persone che si trovano a bordo sono soggette all’autorità del comandante della nave” ed a norma dell’art. 187 cod. nav. (disciplina di bordo) “i componenti dell’equipaggio devono prestare obbedienza ai superiori”. Ed il personale CISOM è a tutti gli effetti “equipaggio”, in virtù di note disposizioni di servizio interne. Quo dixit, pertanto, nel caso in cui il decesso sia invece scaturito dalla mancata osservazione da parte del comandante delle richieste o “direttive” impartite dal sanitario? 15 [I delitti contro la vita e l’incolumità individuale. Tomo II. I delitti colposi. Cedam. 2003. - Paolo Veneziani. Op. Cit. Pag. 326]. 12 Non potendosi configurare una ipotesi di cd. “colpa medica”, a quest’ultimo certamente non potrà essere imputabile alcuna responsabilità. Il Comandante di Vedetta, invece, non essendo munito delle medesime conoscenze tecniche e sanitarie del medico, dovrà affidare a questi la valutazione del quadro clinico del paziente, assecondando le richieste di supporto e/o trasferimento presso un presidio infermieristico più avanzato, laddove possibile. E’ di tutta evidenza, infatti, che il ruolo direttivo del Comandante non può esaurirsi alla messa in atto di quanto richiesto dai sanitari. Egli potrà e dovrà esprimere il proprio dissenso sulle manovre richieste e/o negare l’autorizzazione a determinati trattamenti, dovendo calmierare l’esigenza medica del naufrago con le esigenze tecnico-nautiche del soccorso tutte, che in caso di naufragio di una nave carica di migranti saranno ben più complesse del salvataggio e recupero di un solo naufrago. Il comandante, inoltre, dovrà relazionare sulle motivazioni che lo hanno indotto a non seguire le indicazioni del sanitario quali, nei casi più frequenti: - l’impossibilità per via delle condizioni metereologiche o marine di effettuare il “collegamento” con l’elisoccorso; - l’impossibilità di raggiungere immediatamente una unità provvista di un presidio medico più adeguato e/o effettuare il trasporto a riva; - l’impossibilità di utilizzare i defibrillatori a bordo delle motovedette SAR, interamente in acciaio (che viene praticamente escluso in quanto, anche se opportuno ai fini del soccorso del naufrago, tale pratica metterebbe in pericolo la vita di tutto l’equipaggio). L’obbligo di porre in essere ogni operazione utile per la tutela della salute e della vita del naufrago, infatti, non deve in alcun caso comportare il pericolo di vita dell’equipaggio o degli altri naufraghi. Il medesimo principio, come anzidetto, è sancito sia nelle convenzioni internazionali, comunque traendo il fondamento dalle consuetudini (sopraccitata Conv. UNPLOS), sia nella normativa interna (489 – 490 cod. nav.). In mancanza, i reati addebitabili al Capitano di Vedetta, saranno quelli previsti e puniti dal titolo XII del codice penale (dei delitti contro la persona) e, in particolare, l’art. 589 (omicidio colposo). 13 A rendere meno difficile e pericolosa la posizione del soccorritore e, nel caso specifico, del Comandante di Vedetta, il Codice Penale prevede una norma definita “scusante” che elimina l'antigiuridicità della condotta. Tale norma va sotto il nome di “stato di necessità” (art. 54 c.p.) che prevede la non punibilità per l’essere stato l’agente costretto a compiere il fatto dalla necessità di salvare se stesso o gli altri da un pericolo attuale di danno grave alla persona. Per completezza, gli ulteriori profili che potrebbero rilevare da un punto di vista penale sono: - l'esercizio abusivo della professione, previsto e punito dall’art. 348 c.p., che si configura qualora un soccorritore espleti manovre che sono di stretta pertinenza infermieristica o medica ovvero qualora un infermiere espleti manovre di esclusiva pertinenza medica; - il rifiuto di atti d'ufficio o omissione, previsto e punito dall’art. 328 c.p., che si configura qualora il soccorritore violi l’obbligo di intervento che ricade sullo stesso, omettendo di utilizzare tutti i mezzi e servizi in dotazione. Da ultimo, fra gli obblighi del Comandante vi è la formazione degli atti di stato civile o i processi verbali nel caso di morte, mentre la constatazione di decesso e la scheda relativa alle cause di morte è responsabilità del medico di bordo (o, in sua assenza, del componente più formato). Il comandante dovrà, successivamente, consegnare copia degli atti e dei verbali al Comandante del porto di primo approdo, se questi sono in Italia, o all’Autorità consolare competente se all’estero. La disciplina giuridica applicabile all’operazione mare nostrum L’operazione militare umanitaria nel mar Mediterraneo meridionale prevede il rafforzamento del dispositivo di sorveglianza e soccorso in alto mare già presente, finalizzato ad incrementare il livello di sicurezza della vita umana ed il controllo dei flussi migratori. Ci si è posti due domande fondamentali: la disciplina giuridica applicabile ai militari in servizio in detta operazione e, in particolare, quella applicabile al personale delle Capitanerie di Porto. Il Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, infatti, è uno dei corpi tecnici della Marina Militare – Ministero della difesa16. Ad essa è affidata la gestione amministrativa, la 16 Le specificazioni sulla flotta della Marina Militare sono rinvenibili sul sito del Ministero della Difesa (www.difesa.it). Il punto chiave per la riuscita dell’ operazione “Mare Nostrum” è il massimo coordinamento di tutti i mezzi e dispositivi di sorveglianza e soccorso, anche attraverso l’integrazione dei dati in possesso della Marina Militare con quelli della Guardia Costiera e della Guardia 14 sicurezza della navigazione, la salvaguardia della vita umana in mare e, in genere, tutte le attività marittime connesse alla fruizione del mare nella più ampia accezione del termine17. Per quanto le Capitanerie di Porto - Guardia Costiera siano una espressione della Marina Militare italiana, in quanto Corpo organico alla stessa Forza Armata, queste svolgono compiti e funzioni di natura e fini prevalentemente civili e amministrativi, legati all'uso pubblico del mare nella più ampia accezione del termine, e vengono svolti in dipendenza funzionale da vari ministeri, con particolare dipendenza dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Inoltre, alle Capitanerie di Porto sono riconosciute competenze in materia di polizia militare e polizia giudiziaria militare per quanto attiene la sicurezza della navigazione, la sicurezza dei porti e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Il Corpo può essere incaricato delle medesime funzioni in ambito di missioni militari internazionali, sia per i porti in cui opera la Marina Militare, oppure nelle ipotesi in cui sia autorizzata ad operare in acque territoriali straniere, ove le competenze specifiche non esistano18. Il codice penale militare di pace (c.p.m.p.) ed il codice penale militare di guerra (c.p.m.g.), approvati in Italia con RD n. 303 del 1941, trattano dei reati commessi dai militari, fra i quali gli appartenenti alla Marina Militare e le persone appartenenti a corpi o reparti volontari autorizzati a prendere parte alla guerra. Per militari in servizio alle armi si intendono gli appartenenti all'Esercito Italiano, alla Marina Militare, all'Aeronautica Militare, alla Guardia di finanza e, ai sensi dell'art. 1 della legge 31 marzo 2000, n. 78, anche all'Arma dei Carabinieri e le persone che a norma di legge acquistano la qualità di militari, quali gli iscritti, nei ruoli del Corpo speciale volontario, ausiliario delle Forze Armate, della Croce Rossa Italiana (ai sensi dell'art. 29 RD 10 febbraio 1936 n. 484) e nei ruoli dell'Associazione dei cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta (ai sensi dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1938 n. 23), sempre che chiamati in servizio. Negli ultimi anni il codice è stato più volte riformato per estendere il concetto di "militare", in situazioni che "politicamente" tali non erano (si pensi alle operazioni di peace-keeping)19. Sulla di Finanza, nonché con lo scambio informativo derivante dall’impiego coordinato dei mezzi aerei e navali di tutti i Corpi dello Stato che, a vario titolo, concorrono al controllo dei flussi migratori via mare. 17 Con la riforma Bassanini di cui al D. Lgs. n. 300/1999, entrata in vigore nel 2001, il Corpo passa al neo istituito Ministero della Infrastrutture e dei Trasporti, che accorpa parte del Ministero dei lavori pubblici col predetto dicastero, da cui a tutt'oggi dipende. 18 Il codice dell'ordinamento militare (D. Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 - Gazzetta Ufficiale 106 dell'8 maggio 2010, serie ordinaria n. 84, all'art. 132, comma 1º lett. a), richiama letteralmente l’art. 32 ("Spettanze del Corpo delle capitanerie di porto") Legge 8 luglio 1926, n. 1178 (Gazzetta Ufficiale n. 162 del 15 luglio 1926), recante "Ordinamento della Regia Marina", che recitava: «concorrere alla difesa marittima e costiera, ai servizi ausiliari e logistici dell'armata, all'applicazione delle norme del diritto internazionale marittimo e all'esercizio della polizia militare, e si evidenziano i contenuti dal titolo "Funzioni di polizia militare", che salvaguarda espressamente detta competenza riguardo ai militari del Corpo. 19 Si veda la legge 31 gennaio 2002, n. 6 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º dicembre 2001, n. 421, recante disposizioni urgenti per la partecipazione di personale militare all'operazione multinazionale denominata «Enduring 15 scorta delle predette modifiche normative ed a mente dell’art. 9 c.p.m.g., è stato presentato in data 13.03.2014 l’ordine del giorno 9/02149/05420 al fine di chiarire lo status applicabile al personale militare coinvolto nell'operazione MARE NOSTRUM. A nostro avviso, preso atto che secondo quanto disposto dall'art. 3 c.p.m.g., per la sua applicazione è necessaria la dichiarazione dello “stato di guerra”, ai militari della Marina Militare sarà applicabile il c.p.m.p. Né tantomeno può rilevare l’art. 9 c.p.m.g., posto alla base del citato ordine del giorno, in quanto la Missione MARE NOSTRUM è dichiaratamente una MISSIONE MILITARE UMANITARIA, che non richiede e non prevede operazioni militari armate (talvolta legittimate nelle missioni cd. di peace-keeping, per le quali si palesò pertanto la necessità di emanare una specifica legge che derogasse alla applicazione del c.p.m.g.). Sul punto, peraltro, il legislatore è intervenuto con la Legge n. 247 del 4 agosto 2006, stabilendo che a tutte le missioni di corpi militari italiani all’estero fosse applicato il c.p.m.p.21. Dunque, deve concludersi, che nel corso dell’operazione Mare Nostrum ai militari impegnati nella stessa si applichi il codice penale militare di pace. Freedom»"; nonché con la legge 27 febbraio 2002, n. 15 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, recante disposizioni urgenti per la proroga della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali" e la legge 18 marzo 2003, n. 42 "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 gennaio 2003, n. 4, recante disposizioni urgenti per la prosecuzione della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali. Modifiche al codice penale militare di guerra". 20 Giovedì 13 marzo 2014, seduta n. 189 “La Camera, apprezzando il perdurante sostegno ai processi di stabilizzazione in atto nei teatri di crisi anche con gli strumenti della cooperazione allo sviluppo, assicurato anche dal decreto in esame; rilevando come, salvo un'eccezione di durata limitata, tra il 2002 ed il 2006, nei decreti-legge di autorizzazione e proroga delle missioni internazionali delle Forze Armate, sia stata sempre prevista una disposizione che rendeva applicabile al personale coinvolto il Codice Penale Militare di Pace; evidenziando come, proprio per il fatto di non esser stata contemplata da alcuna particolare disposizione, ai militari partecipanti alla missione nota come MARE NOSTRUM potrebbe intendersi applicato il Codice Penale Militare di Guerra, che in base al suo articolo 9 grava su ogni militare o unità all'atto di uscita dal territorio nazionale o imbarco, impegna il Governo ad assumere tutte le misure necessarie al chiarimento dello status applicabile al personale militare coinvolto nell'operazione MARE NOSTRUM”. 21 Un problema si era posto per l’applicazione delle disposizioni repressive delle violazioni del dir. Internazionale umanitario, che si trovano contemplate nel c.p.m.g. (reati contro le leggi e gli usi di guerra) ma non nel c.p.m.p. Le modifiche apportate dalle leggi 6/2002 e 15/2002 hanno infatti comportato che le disposizioni in questione abbiamo assunto una loro autonomia e trovino applicazione anche quando deve essere applicato il c.p.m.p. In tal modo vengono repressi sia i crimini internazioni commessi da militari italiani, sia quelli commessi dal nemico a danno di militari italiani. 16