Interpretazioni di Leonardo da Vinci artista-scienziato

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Interpretazioni di Leonardo da Vinci artista-scienziato
Interpretazioni di Leonardo da Vinci artista-scienziato
a cura di Nadia Campadelli
Premessa
Una necessaria ricognizione sulla documentazione originale e la letteratura
storiografica inerenti a Leonardo da Vinci, pur esse conservate nella Biblioteca di
storia delle scienze matematiche e fisiche "Carlo Viganò", mette in luce soprattutto la
componente per così dire 'scientifica' dell'attività e del pensiero di una personalità
umana e professionale che peraltro la stessa documentazione mostra fortemente
segnata dalla componente 'artistica'.
Come conseguenza oserei dire logica dello studio di questi documenti e ricerche è
facile giungere alla decisione di studiare in modo esplicito e peculiare il preciso
rapporto che nelle attività professionali e nella personalità culturale di Leonardo da
Vinci è intercorso proprio tra 'arte' e 'scienza', come lo visse ed espresse lui stesso o
quantomeno come è stato visto e interpretato dagli autorevoli studiosi che lo hanno
voluto considerare.
Infatti, una volta scelta l'ampia tematica del cosiddetto 'rapporto tra arte e scienza in
Leonardo', com'era facilmente immaginabile subito si constata che già diversi
specialisti vinciani e molti storici dell'arte o della scienza l'avevano trattata più o
meno ampiamente e approfonditamente.
A quel punto, tra le opere della sezione bibliografica della Biblioteca "C.Viganò" si
debbono studiare in maniera più diretta e sistematica quelle che afferiscono a quella
tematica, considerata in generale o in alcuni suoi aspetti peculiari.
Da questa ricognizione e da questo studio ci si possono fare certe idee più puntuali e
concrete intorno agli approcci messi in atto e ai risultati più cospicui ottenuti da tal
genere di letteratura.
Inoltre, dai frequenti riferimenti all'importanza e alla basilarità del tema 'spazio e
tempo' nella scienza e nella filosofia, consapevole che esso aveva pure una sua
rilevanza nell'arte, è immediato pensarne d’indagarne la presenza e la pregnanza in
Leonardo da Vinci.
Arte e scienza in Leonardo da Vinci secondo la storiografia
All'esplicita considerazione del tema dei rapporti intercorrenti tra scienza e arte nella
originalissima figura culturale e professionale di Leonardo da Vinci si sono dedicati
diversi studiosi: dagli specialisti leonardiani agli storici dell'arte e delle scienze.
Le valutazioni e le considerazioni da essi espresse al riguardo attestano uno spettro
assai vasto di differenze.
Pur senza la pretesa di esplorare la corrispondente vastissima letteratura in maniera
esauriente, sembra sufficiente e comunque significativo fare un abbastanza ampio
riferimento ad alcune almeno delle posizioni adottate, sia in passato che nei tempi
recenti, da alcuni tra i più qualificati studiosi.
Si può iniziare col ricordare che sia Gerolamo Cardano (1501-1576), per quanto
riguarda la storia della scienza, sia Giorgio Vasari (1511-1574), per quanto riguarda
la storia dell’arte, mostranrono una decisa incomprensione per la sintesi leonardesca
tra arte e scienza.
Il Vasari, in particolare, nella sua vasta ricognizione storiografica sugli artisti del suo
tempo individua proprio nel superamento della regola matematica e sull'affermazione
della 'licenza' la possibilità di conseguire l'ideale specifico di tutte le arti.
Ben più sagacemente il filosofo moderno Ernst Cassirer (1874-1945) saprà
riconoscere la pregnanza della complementarietà tipicamente leonardiana tra scienza
e arte: "Dalla fusione delle due facoltà fondamentali che caratterizzano Leonardo,
cioè dalla libertà e dalla vivacità della fantasia estetica e dalla purezza e dalla
profondità della speculazione matematica, si origina il nuovo concetto di esperienza"
(E.Cassirer, Storia della filosofia moderna. Il problema della conoscenza nella
filosofia e nella scienza, ed. orig. 19102, trad. it. Torino, Giulio Einaudi, 1978, vol. I,
tomo 2, p. 368).
In verità, secondo le risultanze storiografiche più recenti, si può ben dire che – da un
certo punto di vista – Leonardo avrebbe costituito il momento culminante di un
ambizioso progetto, che vide impegnati gli artisti del Rinascimento, inteso a dare basi
scientifiche alla pittura, ovvero, più in generale, a realizzare una sintesi tra arte e
scienza.
Celebre è al riguardo un passo leonardiano: "Quelli che s'innamorano della pratica
senza la scienza, sono come i nocchieri che entrano in naviglio senza timone o
bussola, che mai hanno certezza dove si vadano. Sempre la pratica deve essere
edificata sopra la buona teorica, della quale la prospettiva è guida e porta, e senza
questa nulla si fa bene" (Trattato della pittura, n. 77).
Si vedano anche : Jacques Mesnil, La perspective linéaire chez Léonard de Vinci,
“Revue Archéologique”, a. XVI-1922; estr. Parigi, E.Leroux, 1922, pp. 22 e ill.
("L'union de l'esprit scientifique et de l'esprit artistique est l'une des caractéristiques
des artistes italiens de la Renaissance; cette union s'est réalisée de la manière la plus
complète chez Léonard de Vinci", p. 19) [Viganò: FM.LV-44]; Amedeo Agostini, Le
prospettive e le ombre nelle opere di Leonardo da Vinci. Pisa, Domus Galilaeana,
1954, pp. 43 (ove vengono riportati integralmente i passi che trattano di prospettiva
contenuti nei vari codici leonardiani) [Viganò: FM.LV-46]; Kim H. Veltman,
Visualizzazione e prospettiva, in Leonardo e l'età della ragione, a cura di E.Bellone e
P.Rossi, Milano, Scientia, 1982, pp. 211-223; Charles Bouleau, La geometria segreta
dei pittori (ed. orig. Parigi 1963), trad. it. Milano, Electa, 1988, pp. 85, 91-93, 117,
209 [Viganò: FM.SM-149]; Martin Kemp, La scienza dell'arte. Prospettiva e
percezione visiva da Brunelleschi a Seurat (ed. orig. London 1994) trad. it. FirenzeMilano, Giunti, 2005, pp. 55-64, 189-192, 295-300, 359 [Viganò: FM]; Fritjof Capra,
La scienza universale. Arte e natura nel genio di Leonardo (ed. orig. 2007), tr. it.,
Milano, Rizzoli – RCS Libri, 2007, pp. 412 [Viganò: FM]; Martin Kemp, Immagine e
verità. Per una storia dei rapporti tra arte e scienza ( ed. or. 1999), ed. it. a cura di
Marina Wallace e Luca Zucchi, Milano, il Saggiatore-Net (Quality Paperback, 285),
20062, pp. 288 [Viganò: FM].
Il passaggio dall'empirica medievale «perspectiva communis o naturalis» (ovvero la
scienza della visione o ottica) alla più rigorosa rinascimentale «perspectiva artificialis
o pingendi» (ovvero la scienza della rappresentazione pittorica) può essere fatto
iniziare con Filippo Brunelleschi (1377-1446), passando poi a Leon Battista Alberti
(1404-1472), sino a giungere a Piero della Francesca (1416c.-1492) e allo stesso
Leonardo da Vinci (1452-1528): cfr. Giorgio T. Bagni e Bruno D'Amore, Alle radici
storiche della prospettiva, con Prefazione di Umberto Bottazzini, Milano,
FrancoAngeli, 1994. pp. 39-77 [Viganò: FM].
Ma il modello geometrico del fenomeno della visione, che era un’astrazione
matematica, anche se poteva risultare utile come strumento schematico iniziale,
risultava poi incapace di spiegare moltissimi aspetti di quel complesso e anche
soggettivo fenomeno; così quel modello pose esso medesimo le radici e le condizioni
sia per un suo più appropriato uso in campo artistico (mettendo capo alla ricerca di
modelli fisico-matematici più adeguati) sia per un suo avanzamento e progresso in
campo scientifico (nascita della geometria proiettiva).
Fu in effetti su base euclidea che dagli artisti e in particolare dai pittori del
Rinascimento venne messa a punto una scienza matematica della prospettiva, la quale
però, quando avesse cessato di rappresentare un problema tecnico-matematico,
avrebbe necessariamente cominciato a costituire in misura tanto maggiore un
problema artistico: "Perché la prospettiva è per natura un’arma a doppio taglio: essa
crea una distanza tra l’uomo e le cose, ma poi elimina questa distanza, assorbendo in
certo modo nell’occhio dell’uomo il mondo di cose che esiste autonomamente di
fronte a lui; essa riduce i fenomeni artistici a regole ben definite, anzi a regole
matematicamente esatte, ma d’altro canto le fa dipendere dall’uomo, anzi
dall’individuo, in quanto queste regole si riferiscono alle condizioni psicofisiche
dell’impressione visiva, e in quanto il modo in cui agiscono viene determinato dalla
posizione, che può essere liberamente scelta, di un 'punto di vista' soggettivo" (Erwin
Panofsky, La prospettiva come “forma simbolica” e altri scritti, a cura di G.D. Neri e
con una nota di M. Dalai, Feltrinelli, Milano 1999, p. 72).
E in effetti così accadde. Leonardo infatti man mano superò la riduttiva idea di
utilizzare la sola matematica (ovvero la 'prospettiva lineare') quale strumento per dare
rigore formale all'idea di bellezza, cioè all'estetica, per approdare ad una concezione
in cui tanto la forma geometrica quanto la luce e le ombre e i colori possono
contribuire a dare alla rappresentazione artistica consistenza fisica e afflato poetico:
"(Della prospettiva de' colori) D'un medesimo colore posto in varie distanze ed eguali
altezze, tale sarà la proporzione del suo rischiaramento quale sarà quella delle
distanze che ciascuno di essi colori ha dall'occhio che li vede" (Trattato della pittura,
n. 195).
Per quanto riguarda le arti visive, per Leonardo dunque non era solo rilevante la
geometria, ma lo erano anche la fisica, la biologia e la psicologia.
"È così segnata la fine alla prospettiva astratta del Quattrocento; la geometria cessa di
essere la chiave dell'universo e vi si sostituisce una concezione empirica-fenomenica,
che tiene conto delle sensazioni e persino della psicologia" (Giunta Nicco Fasola, La
nuova spazialità, in Leonardo. Saggi e ricerche, con Presentazione di Achille Mazza,
Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1954, p. 301 [Viganò: FM.LV-14].
L'armonia e le proporzioni matematiche rappresentavano soltanto volumi entro lo
spazio; la fisica invece esigeva che si desse consistenza di solidità ai diversi materiali
raffigurati (tessuti, oggetti, edifici, ecc.); a sua volta la biologia studiava struttura e
funzioni della fisiologia dell'occhio; ma dovevano risultare espressi anche gli stati
d'animo dei soggetti raffigurati.
Questa 'rappresentazione globale' del mondo non poteva inoltre trascurare di cogliere
gli aspetti dinamici, cioè i movimenti e i processi che avvengono nel mondo fisico, e
ancor di più quelli meccanici ovvero quelli delle macchine.
Lo studio leonardiano degli "elementi machinali" è argomento perfettamente
simmetrico e complementare a quello euclideo degli "elementi geometrici", ove per
'elementi' in ambedue i casi si intendono i princìpi e i fondamenti. Leonardo compie a
questo riguardo lo sforzo di effettuare una matematizzazione integrale del sapere
concentrando la sua attenzione sui processi dinamici e sugli strumenti meccanici
attraverso i quali essi si realizzano.
Ma è stato fatto notare che dopo il 1500 è l'uomo che diventa il campo di
esercitazione preferito della scienza meccanica vinciana, anche se in diversi luoghi
affiora la chiara consapevolezza di un'irriducibile distinzione tra l'uomo e la
macchina.
E comunque la nominata leonardiana 'rappresentazione globale' del mondo comporta
la considerazione dei processi e delle funzioni, cioè degli elementi funzionali e
dinamici, che sono tipici dei fenomeni vitali e in specie di quelli umani, a cominciare
dalla rappresentazione delle età della vita.
"L'interesse di Leonardo sempre più si portò sugli uomini, ma viventi in azione. Alla
geometria si stava sostituendo la dinamica nella considerazione sia della natura sia
dell'uomo ... La dinamica è la nuova scienza, e Leonardo l'estende all'idea dello
sviluppo degli esseri, dei mutamenti che essa porta alle membra e alle loro
proporzioni" (G.Nicco Fasola, La nuova spazialità, p. 297).
Lungo tale via egli realizza il recupero della dimensione temporale entro la visione
del mondo, nel suo divenire cioè e nelle sue trasformazioni.
"Una linea del pensiero di Leonardo è filosofica e si fonda sull'interesse per il
rapporto fondamentale tra mutamento e tempo. Per Leonardo le testimonianze del
mutamento sono le testimonianze del tempo. Nel Codice Leicester/Hammer/Gates
egli si sofferma a lungo sull'analisi delle variazioni che si verificano con il trascorrere
del tempo negli organismi viventi: nelle piante, negli animali, negli esseri umani e
nella terra stessa ... Così, secondo Leonardo, la terra, come cronaca dei suoi stessi
diluvi sequenziali, fornisce una cronologia relativa di questi eventi. In questo contesto
diventa una documentazione del tempo, un 'panorama del tempo' ... Accanto alla
stratificazione geologica e a volte in combinazione con essa, un altro sistema per
misurare il tempo determinando la storia della terra è lo studio del processo di
crescita degli animali e delle piante ... Così come accade nel versante scientifico della
sua ricerca, Leonardo trova sostegni anche nelle sue meditazioni filosofiche sul
tempo" (Donald S. Strong, Il trionfo di Monna Lisa: la scienza e l'allegoria del
tempo, in Leonardo e l'età della ragione, a cura di E.Bellone e P.Rossi, Milano,
Scientia, 1982, pp. 284-285).
Ma sarà soprattutto la valorizzazione dell'udito - cioè della declamazione poetica
come pure delle armonie musicali, del canto e delle grida umane o dei rumori sia
della natura sia delle macchine - che indicherà il recupero effettivo della scansione
temporale nella concezione scientifico-artistica del mondo che fu di Leonardo: "Ed al
poeta accade il medesimo come al musico ... come la proporzionalità armonica della
pittura, composta di diverse membra in un medesimo tempo" (Trattato della pittura,
n. 28).
"Riconosceva Leonardo la parentela della poesia con la musica: anche la parola è
musica, ma resta vinta dalla vera musica, perché non può fare armonia di più voci in
un solo istante e – più – non può esprimere cose invisibili con tale grado di eccellenza
... Tale estasi nella bellezza, egli non manifesta neppure per la stessa pittura. Tutti
sanno che fu musicista, suonatore di lira e cantore, e ascoltatore di rustici suoni o
casuali, e più di armonie naturali: intento al suono del corno dei pastori di Romagna
(Ms K 2r), intento alla fonte di Rimini che con le diverse cadute d'acque compone a
caso un'armonia che pensa di imitare (Ms L 78r), intento alle innumerevoli onde che
gli diventano musicali parole, alla pioggia, all'aria. Voglio fermarmi su Leonardo in
ascolto (nel ricordo) dell'eco; ma più ancora voglio evocare Leonardo che ascolta il
suono delle campane e fantastica: «Del sono delle campane, n' loro tocchi vi troverai
ogni nome e vocabulo che tu immaginerai» (Ms Ash. 1, 22v)" (Giuseppina
Fumagalli, Bellezza e utilità: appunti di estetica vinciana, in "Atti del Convegno di
Studi Vinciani (Firenze-Pisa-Siena 15-18 gennaio 1953), Firenze, L.S.Olschki, 1953,
p. 130 [Viganò: FM.LV-103]).
Eppure è inequivocabile in Leonardo, nella descrizione delle opere sia della natura
che dell'uomo, la perentoria affermazione della superiorità dell'occhio rispetto
all'orecchio, cioè del figurare e illustrare rispetto all'esposizione e alla descrizione
puramente verbale.
In effetti "il mondo di Leonardo, sia come artista che come investigatore, è sempre il
«mondo degli occhi», ma questo mondo non deve stargli davanti spezzettato e
frammentario, bensì nella sua totalità e sistematicità" (Ernst Cassirer, Individuo e
cosmo nella filosofia del Rinascimento, ed. orig. 1927, tr. it. Firenze, La Nuova Italia,
1974, p. 242).
La storiografia specialistica, accanto alle edizioni fotografico-critiche e antologicotematiche degli scritti di Leonardo da Vinci, ha per lo più percorso la via degli studi
monografici; ma vi è stato anche chi ha voluto quantomeno accennare al rapporto tra
le componenti artistiche e scientifiche della sua vita e delle opere.
Vengono presentate pertanto ora, in maniera più o meno dettagliata, alcune
significative considerazioni che sono state espresse a proposito precisamente di
Leonardo artista-scienziato.
Una chiara perorazione a favore dell'attività artistica leonardiana, rispetto alla
componente di 'indagine scientifica’, pure inequivocabilmente presente nei suoi
scritti, si legge nelle espressioni conclusive della "Prefazione" che nel 1914, da
Napoli, Angelo Borzelli volle scrivere per una sua riedizione del Trattato della
pittura di Leonardo da Vinci: "L'opera adunque di Leonardo resa, in una parola, più
compiuta, ci farà vedere l'importanza che Egli ha nella Storia dell'Arte, che qualcuno
quasi trascura per l'importanza che ha nella Storia della Scienza" (cfr. Trattato della
pittura di Leonardo da Vinci, a cura di A.Borzelli, ed. orig. Lanciano 1913, voll. 2;
rist. anast. Milano, Opera Universitaria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore,
1980, pp. XII-XIII [Viganò: FM]).
Invece decisamente rivolta a valorizzare il contributo arrecato da Leonardo alla
scienza rinascimentale risulta un corposo contributo storiografico dello storico delle
scienze fisico-matematiche Roberto Marcolongo.
In verità la sua intenzione era precisamente quella di valorizzare sia la componente
artistica che quella scientifica dell'attività leonardiana, come risulta da quanto si legge
proprio nelle prime righe della 'Prefazione' della prima edizione (Roma 1939) del suo
volume: "Letterati, artisti, critici e storici dell'arte hanno scritto molti pregevoli
volumi su Leonardo artista eccelso; in minor numero, dotti di ogni paese hanno
discorso di Leonardo promotore e precursore di ogni scienza; infine pochissimi sono
coloro che hanno considerato il geniale artista-scienziato nella sua intera
enciclopedica produzione. Il presente volume, frutto di lunga se non esauriente
preparazione, di molti anni di studi e di grande amore pel genio di Leonardo, vuole
appunto presentare la figura di Leonardo in tutta la sua poliedrica attività artistica e
scientifica" (R.Marcolongo, Leonardo da Vinci artista-scienziato, Milano, U.Hoepli,
19432, p. XIII [Viganò: FM.LV-183]).
Date però le competenze scientifiche del Marcolongo, era inevitabile che il suo
saggio storiografico riguardasse di più la storia della scienza che nemmeno la storia
dell'arte.
Le due prospettive risultano invece meglio integrate in un brevissimo intervento di
Ludwig Heinrich Heydenreich, Arte e scienza in Leonardo, Milano, E.Bestetti, 1945,
pp. 26 e tavv. [Viganò: FM.LV-130].
Ecco alcuni passaggi della sua conferenza milanese: "Colpisce fortemente non solo
l'universalità di Leonardo come tale, la sua prodigiosa facoltà di schiudersi di fronte a
tutti i fenomeni cosmici, ma anche la particolare natura di questa universalità – cioè
la compenetrazione di logica e di fantasia, astrazione e visione, arte e scienza che si
verifica in modo così fecondo nel pensiero di Leonardo" (pp. 5-6); "Leonardo viene
anzitutto a contatto con la scienza in qualità di artista, lo studio della natura è parte
del processo educativo per il pittore ... Se da principio la scienza serviva all'arte, in
seguito l'arte entra a servizio della scienza" (pp. 12-13); "Se si ricerca un principio
ordinativo nell'enorme massa di materiale di studio, sparso in migliaia di fogli, si
ricava l'impressone che Leonardo abbia mirato a realizzare un'enciclopedia del
sapere, che avrebbe presumibilmente abbracciato i seguenti campi principali: l'ottica,
come premessa di qualsiasi percezione, la meccanica come dottrina delle forze fisiche
fondamentali nella natura organica e inorganica, la biologia come dottrina delle leggi
d'evoluzione e di vita della natura organica, la cosmologia come dottrina delle forme
e delle forze della natura inorganica che governano le forme" (pp. 15-16).
Colpisce in questo intervento la volontà di individuare un nucleo ideale e tematico
unico all'interno della universalità enciclopedica vinciana, vedendo in esso la
realizzazione degli scambi di valore e di peso tra componente scientifica e
componente artistica negli viluppi della vita e dell'attività di Leonardo.
Un'analoga linea interpretativa sembra vengta perseguita in un abbastanza ampio
studio introduttivo dovuto ad un altro grande studioso leonardiano: Augusto
Marinoni, Introduzione. I - Arte e scienza in Leonardo da Vinci, in Leonardo da
Vinci, Tutti gli scritti. Scritti letterari, a cura di A.Marinoni, Milano, Rizzoli, 1952,
pp. 7-27 [Viganò: FM].
Un'iniziale breve carrellata sui dati biografici di Leonardo da Vinci evidenzia come
degne di nota alcune informazioni di massima, che fanno risaltare proprio la
complementarietà di arte e scienza nella formazione e nell'attività leonardiana.
Infatti, da fanciullo egli frequentò a Firenze la bottega del Verrocchio, ove ricevette
una formazione sia artistica che artigianale.
Col trasferimento a Milano l'attività leonardiana, anche per l'ingaggio peculiare da lui
richiesto e in effetti conferitogli dal Duca, riguardò principalmente l'architettura e
l'ingegneria militare, tuttavia egli si dedicò anche alla scultura e alla pittura; in questo
periodo si acuisce comunque in lui l'interesse per i problemi scientifici, che lo spinge
sia a ricercare libri di scienza che a progettarne di suoi.
Nel successivo periodo di instabili dimore Leonardo affrontò questioni di
fortificazioni e di idraulica, senza peraltro tralasciare del tutto la sua attività di pittore.
Fu allora che il Re di Francia lo nominò "peintre et ingénieur ordinaire".
Questi pur essenzialissimi riferimenti alle vicende biografiche di Leonardo
consentono al Marinoni di precisare, se si vogliono "almeno indicare le principali
caratteristiche del suo pensiero", che anzitutto per rendersi conto dei presunti
universali interessi e delle molteplici competenze e abilità sue, come pure della sua
ingegnosa originalità, si deve ricordare che nella bottega del Verrocchio – come in
generale in quelle dei pittori e degli artisti – non si imparava solo a disegnare e a
colorire, ma vi venivano insegnate anche le artes mechanicae, che ne facevano dei
veri e propri ingegneri per la loro epoca ovvero dei tecnici-artisti, come pure dei
ricercatori e degli sperimentatori.
Tutte queste competenze venivano trasmesse empiricamente, e se è pur vero che tale
formazione li differenziava rispetto alla cultura dei letterati e dei filosofi e li faceva
considerare come loro inferiori, nondimeno si deve ricordare che proprio allora e
soprattutto a Firenze "l'empirismo si stava armando di scienza: la matematica, che
l'ingegno acuto del Brunelleschi aveva applicato all'ottica, ricavandone le leggi della
prospettiva, andava permeando di sé tutta la scienza degli sperimentatori e
rinsaldando in essi il rigore del metodo; d'altra parte, il Ghiberti nei suoi Commentari
raccomandava al pittore di ammaestrarsi nella grammatica, geometria, filosofia,
medicina, astrologia, prospettiva, storia, anatomia, disegno e arismetrica" (p. 9).
Sia nei citati personaggi che in Leonardo ed in altri ancora le arti meccaniche e quelle
liberali risultano ravvicinate, e questo pose a loro – uomini vulgari o sanza lettere - il
tormentoso problema di darsi un'adeguata formazione letteraria, in particolare di
munirsi di una sicura conoscenza della lingua latina, che allora continuava ad essere
anche la lingua ufficiale della stessa scienza, onde fruire delle opere scritte ed edite
manoscritte o a stampa.
Alla loro sicurezza nell'osservazione della natura e nelle pratiche applicazioni delle
conoscenze acquisite, come pure alla loro elevata abilità manuale, poteva
temporaneamente sopperire l'intesa e la collaborazione con qualche letterato: come
accadde con Paolo dal Pozzo Toscanelli per Filippo Brunelleschi, con Mariano
Sozzini per Mariano di Iacopo detto il Taccola, e infine con Luca Pacioli per il nostro
Leonardo da Vinci.
Ma la cultura ufficiale del tempo continuava a dedicare anche allora - come del resto
da secoli faceva – assai scarsa considerazione ad attività che implicavano un lavoro
manuale e del resto anche a quella di chi praticava certe 'arti belle', come la pittura e
la scultura.
Per giunta, proprio e soprattutto a Firenze il dominio culturale esercitato
dall'Accademia Platonica, aristocratica ed estetizzante, faceva sì che i letterati non
fossero per nulla disposti ad apprezzare il lavoro dei ricercatori nel campo delle arti
meccaniche.
Da questo si comprende la ribellione di Leonardo contro i letterati, la sua polemica
affermazione della superiorità della natura sui libri (quale si ritrova nella prima parte
del cosiddetto "Trattato della pittura") e della fisionomia 'scientifica' di tutta la sua
attività, che quindi risulterà essere in certo senso anche il programma di lavoro di
tutta la sua vita. Comunque, una volta giunto a Milano, Leonardo poté muoversi più
liberamente nella fruttuosa conversazione con uomini di scienza e di lettere.
Ma non si deve tralasciare di riconoscere che l'influsso dell'accademia neoplatonica
rimase positivamente indelebile nel suo spirito, sostenendo l'unità del suo pensiero e
il senso di un arcano mondo spirituale che muove quello della natura; ma Leonardo
seppe anche riconoscere che permaneva pur sempre un'opposizione radicale tra il
mondo materiale e il mondo spirituale.
Più precisamente, l'unità del pensiero vinciano risulta evidente quando lo si vede
assorbito nella pura indagine – ad un tempo artistica, scientifica e filosofica – che
sempre più si concentra su un unico problema: i movimenti, materiale e spirituale,
ovvero sul crescere e diminuire dei corpi, sul loro farsi e dissolversi ad opera di
invisibili 'forze'.
I movimenti sarebbero infatti prodotti da forze (come sosteneva erroneamente l'antica
dinamica aristotelica: cfr. Arundel c.151v), intese però come 'virtù' o 'potenze' interne
ai corpi stessi (come sosteneva la medievale teoria dell'impetus: cfr. Atlantico c.
302vb e Arundel c.151r).
D'altro canto, la costanza dei processi naturali e l'immobilità delle leggi rivelano una
"mirabile necessità" (cfr. Atlantico c. 345vb) che reggerebbe la natura intera, per cui
il moto di per sé diventa armonia e bellezza, e si ha quindi il cosmo.
Da ciò deriva che la "pittura è filosofia" (cfr. Trattato della Pittura, Parte I, n. 5 e
Parte II, n. 65): tuttavia per Leonardo queste due forme di esperienza e di conoscenza
sono differenti e complementari (cfr. Trattato della Pittura, Parte I, n. 6), in quanto la
prima è sincronica (perché fissa le immagini quali si presentano nell'attimo della
visione, astraendole dal tempo e quindi rappresenta solo lo spazio) e la seconda
diacronica (perché riflette sul modificarsi delle immagini ricercandone le cause e
pertanto coglie il nascere, il crescere e il dissolversi dei corpi).
Questo spiega perché Leonardo per tutta la vita studiò e raffigurò i problemi del
movimento.
Il movimento riguarda sia il microcosmo umano che il macrocosmo naturale, che
pertanto appaiono a Leonardo legati da una profonda legge di analogia o similitudine.
Perciò non fa meraviglia trovarlo interessato sia agli spettacoli e ai fatti naturalistici
(studi di botanica, geologia, idraulica, ottica, aerologia), sia alla struttura del corpo
umano (studi di anatomia), sia allo studio dei più diversi tipi di macchine: sempre egli
è mosso dal bisogno di spiegare la natura del movimento e, al limite, della vita.
Gli elementi acqua e aria sono sembrati a Leonardo quelli che meglio potevano
rivelare il comportamento dinamico della natura, confermando allo stesso tempo la
sua fede nell'identità delle leggi fisiche con quelle estetiche: il vero e il bello non
sono diversi, perciò scienza e arte, filosofia e pittura sono una cosa sola.
Il punto d'arrivo del lungo viaggio di ricerca artistico-letteraria-scientifica di
Leonardo sarebbe stato individuato da L.Heydenreich (Leonardo, Berlino 1944,
capitolo sulla cosmologia) in alcuni fogli di Windsor, che descrivono e interpretano il
Diluvio universale, sia col disegno (cfr. cc. 12378 e 12383) che con le parole (cfr. cc.
12665r,v).
Dunque, che il rapporto arte-scienza sia fondamentale e pervasivo nella fisionomia
leonardiana può ritenersi una considerazione storiografica ormai acquisita; si tratta
ora di vedere in che cosa esso precisamente consista, distinguendo Leonardo dagli
altri, artisti o scienziati.
Questa problematica risulta in effetti chiaramente enunciata in uno scritto del 1953 di
A.Signorini: "Anche Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Pier della
Francesca, Andrea del Verrocchio ebbero viva e fattiva passione per le matematiche e
i problemi naturali, ma per nessuno di essi scienza ed arte possono porsi su di uno
stesso piano. Leonardo è l'Uomo che meglio di ogni altro ha potuto mostrare come la
fantasia di un grande scienziato confini con quella di un grande artista" (A.Signorini,
Leonardo e la Meccanica, in "Atti del Convegno di studi vinciani: Firenze – Pisa –
Siena 15-18 gennaio 1953", Firenze, L.S.Olschki, 1953, p. 342 [Viganò: FM.LV103]).
La rilevanza della scienza-tecnica nell'attività leonardiana costituirebbe il carattere
differenziale della fisionomia del rapporto tra arte e scienza che fu tipicamente sua,
anche rispetto ad analoghe impostazioni di altri artisti rinascimentali, secondo
l'opinione dello storico della scienza Paolo Galluzzi: cfr. P.Galluzzi, Introduzione, a
Gli ingegneri del Rinascimento da Brunelleschi a Leonardo da Vinci, a cura di
P.Galluzzi, Firenze, Giunti, 1996, pp. 47-85 [Viganò: FM] (N.B.: questo saggio si
ritrova anche, rielaborato, nell'articolo del medesimo P.Galluzzi, Leonardo da Vinci
ingegnere e naturalista, in Storia della Scienza. IV – Medioevo e Rinascimento,
Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2001, pp. 961-981 [Viganò: FM]).
Sin dall'inizio il Galluzzi esprime l'opinione secondo cui Leonardo, l'artistaingegnere, si sarebbe in effetti dedicato prevalentemente all'attività ingegneresca:
"L'enorme letteratura su Leonardo mostra ancora notevoli esitazioni nel proporre una
definizione precisa della sua personalità: artista, architetto, inventore, filosofo,
scienziato. La vastità degli interessi ha a lungo suggerito di riconoscere in Leonardo
l'incarnazione stessa della genialità, che ignora ogni delimitazione disciplinare
spaziando libera negli immensi territori del sapere. Eppure, quando si fermi
l'attenzione sul complesso rilevantissimo delle carte e dei codici autografi di
Leonardo che ci sono pervenuti, appare evidente che la maggior parte delle sue
energie fu assorbita da attività che oggi definiremmo tecnico-scientifiche" (p. 47).
E lo stesso Galluzzi conclude il suo ampio studio scrivendo: "Il trasferimento diretto
dell'analisi teorica e delle tecniche di raffigurazione dalla meccanica all'anatomia, nel
quadro di un programma che riduceva il conoscere al figurare, consente di affermare
che non è affatto inappropriato, né impreciso definire il complesso dell'esperienza
intellettuale di Leonardo come quella di 'un artista delle macchine'. Nessuno degli
altri artisti-ingegneri del Rinascimento potrebbe legittimamente fregiarsi di un tale
titolo" (p. 85).
Sinora dunque si è visto anzitutto che la storiografia vinciana è giunta alla condivisa
constatazione della rilevanza del rapporto 'arte-scienza' se si vuole comprendere in
profondità la personalità e il lavoro di Leonardo da Vinci. Si è notato anche che però
rimangono diverse le opinioni riguardo al peso che ciascuna delle due componenti,
artistica e scientifica, ha ricoperto per Leonardo.
Si è visto inoltre come un po' tutte le interpretazioni storiografiche hanno sottolineato
l'importanza di individuare un nucleo fondante che renda conto unitariamente della
irrisolta bipolarità di arte e scienza. E anche a questo proposito le opinioni degli
specialisti divergono.
Di questi due orientamenti adottati ultimamente dalla storiografia specialistica
vinciana sono autorevole attestazione due opere dovute a due tra i più autorevoli
studiosi vinciani: l'italo-americano C.Pedretti e l'nglese M.Kemp.
Anzitutto, alla rilevanza della nostra specifica tematica nell'ambito delle
interpretazioni globali della vita e del lavoro leonardiani è stato dedicato il saggio su
Leonardo: arte e scienza, con una Introduzione di Carlo Pedretti, Firenze-Milano,
Giunti, 2000, pp. 143 [Viganò: FM].
Ecco ora alcuni passaggi che connotano aspetti diversi della vita e dell'attività di
Leonardo da Vinci artista e scienziato.
La vita. "Il tirocinio presso il Verrocchio, nella città [Firenze] considerata a buon
diritto la culla del Rinascimento italiano. gli frutta un'educazione artistica pressoché
completa, con esperienze che vanno dalla scultura alla pittura e all'architettura, e
dallo studio assiduo della figura alle teorie dell'ottica e della prospettiva e quindi alla
geometria, alle scienze naturali – soprattutto botanica – e alla musica" (p. 14);
"Leonardo si presenta a Ludovico il Moro con una lettera in cui parla delle proprie
competenze, non escluse quelle di ingegnere civile e di costruttore di macchine
belliche" (p. 18); "A Milano Leonardo porta avanti con grande assiduità lo studio
della figura umana; e questo sotto ogni aspetto: l'anatomia, il moto, l'espressione (e
quindi la fisionomia), dal ritratto alla caricatura. Profili e grottesche affollano i suoi
fogli, avvicendandosi in un'incalzante successione di tipi e di caratteri. Personaggi
che popolano le strade, le piazze, i mercati, le chiese e i postriboli" (p. 20).
La pittura. "Per Leonardo la pittura è filosofia, cioè scienza: il linguaggio più
appropriato col quale comunicare la conoscenza del mondo sensibile" (p. 31);
"Leonardo è affascinato dalla prospettiva, ma commette errori" (p. 32); "Avverte la
necessità di una conoscenza approfondita della meccanica del corpo umano" (p. 34);
"Leonardo raffigura il carattere di una persona basandosi su considerazioni
scientifiche di anatomia e di fisiognomica" (p. 54); "Ciò che si sa degli studi
embriologici di Leonardo del 1510-1513 e di quelli di geologia dello stesso periodo è
che insistono sul concetto della vita umana rapportato a quello della terra" (p. 72).
L'anatomia. "Il corpus dei disegni anatomici di Leonardo, composto di circa duecento
fogli, è conservato nella Royal Library di Windsor. Sono disegni di grande interesse e
fascino realizzati in un mirabile equilibrio fra arte e scienza" (p. 111); "Una
testimonianza delle difficoltà, spesso repellenti [nell'esecuzione di dissezioni di
cadaveri umani], alle quali Leonardo si sottopose per amore della conoscenza: «E se
tu avrai l'amore a tal cosa ... forse ti mancherà il buon disegno, che si addice a tale
figurazione; o, se avrai il disegno, non sarà accompagnato dalla prospettiva; e, se lo
sarà, ti mancherà l'ordine della dimostrazione geometrica, o il calcolo delle forze e
della potenza dei muscoli»" (p. 114); "Leonardo rimase sostanzialmente legato agli
schemi della scuola galenica, rivisitata nel Medioevo" (p. 120); "L'esigenza di una
raffigurazione 'scientifica' del corpo umano ben si accordava con le altre conquiste
dell'arte rinascimentale: in uno spazio costruito secondo regole scientifiche
(aritmetiche e prospettiche), era logico e necessario che agisse un uomo costruito in
maniera altrettanto rigorosa. Ed è proprio questa integrazione tra nozioni anatomiche,
proporzionali e prospettiche al servizio della raffigurazione del corpo umano a
costituire la vera novità del Rinascimento, quando scienza e arte si trovano
strettamente collegate" (p. 125).
Scienza e tecnica. "Leonardo resta ancora oggi per il pubblico più vasto un
sensazionale 'precorritore', un uomo che ha intuito e realizzato con secoli di anticipo
le direzioni di sviluppo successive della scienza e della tecnica. Questa immagine
fortemente celebrativa è stata sottoposta negli ultimi decenni a una progressiva
revisione, tuttora in corso" (p. 128); "Negli ultimi anni si è venuta manifestando
sempre più intensa la tendenza a sottolineare le molteplici evidenze che attestano
l'attenzione che Leonardo prestò sistematicamente alle esperienze e alle ricerche più
avanzate della tecnologia del suo tempo; contemporaneamente si è preso atto che la
carriera di Leonardo è segnata da svolte molteplici e profonde ... Da un imponente
sforzo di 'riqualificazione' [scientifica] derivò anche un netto cambiamento
nell'impostazione stessa delle ricerche tecnologiche, che Leonardo tenta sempre più
tenacemente di derivare da fondamenti scientifici generali ... Aumenta
proporzionalmente la frequenza di dichiarazioni solenni sull'intenzione di dedicare
trattati generali a grandi sezioni di un'enciclopedia scientifica universale, che dovete a
un certo punto assorbire gran parte delle sue energie" (pp. 128 e 130); "Non deve
sfuggire che Leonardo cambiò a un certo punto radicalmente il modo stesso di
intendere ed esercitare la professione di ingegnere, proponendosi di sostituire a una
cultura fondata sulla pratica e destinata alla soluzione di casi particolari un complesso
di principi scientifici universali sui quali fondare sempre e rigorosamente ogni
soluzione tecnica particolare. Anche se i suoi drammatici sforzi si risolsero nella
sostanza in un fallimento, Leonardo va considerato egualmente un innovatore
straordinario. La sua originalità consiste proprio nella ricerca dei principi meccanici
generali che governano il funzionamento di ogni tipo di macchina, piuttosto che nelle
sensazionali invenzioni a lungo presentate come inauditi precorrimenti. E originale fu
anche Leonardo nei suoi disegni, grazie ai quali riesce a raffigurare non solo le
macchine nel loro complesso e i meccanismi fondamentali, ma anche gli schemi di
funzionamento. I questo campo Leonardo vanta un primato che non può essere posto
in discussione e che lo pone all'inizio della moderna illustrazione scientifica" (p.
132); "Per Leonardo, come per molti suoi contemporanei, il ritorno ad Archimede
costituì soprattutto la scoperta di un metodo di indagine geometrico-meccanica della
realtà dal quale sarebbe derivata una radicale trasformazione del modo stesso
d'intendere la conoscenza scientifica" (p. 137).
Invece alla ricerca di un nucleo centrale e fondativo del rapporto arte-scienza in
Leonardo da Vinci si è dedicato, con diversi contributi di studio Martin J. Kemp, del
quale in particolare si può menziono il bel volume intitolato Lezioni dell'occhio.
Leonardo da Vinci discepolo dell'esperienza, Milano, Vita e Pensiero, 2004, pp.
XVII, 358 e 130 ill. [BS, UCSC: J-III-DEP-1225]
L'Introduzione (pp. VII-XIV), col significativo titolo de "I principi dell'arte e della
scienza", porta come esergo la celebre sentenza leonardiana: "Non mi legga chi non è
matematico nelli mia principi" (Windsor, f. 19118r; Quaderni di Anatomia IV, c.
14v).
E così poi il Kemp inizia a commentarla: "Questa severa ingiunzione fu posta da
Leonardo intorno al 1513 in testa a una pagina di studi anatomici ... Leonardo, in
effetti, avrebbe potuto far precedere dalla stessa ingiunzione quasi ognuna delle tante
pagine in cui trattò dei principi base del funzionamento della natura e, per estensione,
dei principi su cui l'artista deve fondare il suo rifacimento della natura.
A muovermi alla ricerca nell'interpretazione di Leonardo è stata una convinzione: che
i suoi «princìpi» costituiscano il nucleo unitario che tiene insieme tutte le sue
apparentemente varie indagini. E credo che tale convinzione corrisponda
all'intuizione leonardesca che la prodigiosa varietà delle «mirabili operazioni della
natura e dell'uomo» rappresenti una multiforme espressione di una serie limitata di
«cause» centrali, suscettibili di essere definite in base alle incontestabili regole della
matematica" (p. VII).
Dopo avere studiato e riflettuto sulle precedenti indicazioni contenutistiche e
metodologiche espresse da alcuni tra i più cospicui studiosi in merito al rapporto tra
scienza ed arte nell'attività e nella mentalità di Leonardo da Vinci, ci è parso legittimo
esprimere al riguardo una nuova articolata proposta interpretativa.
Una proposta interpretativa del rapporto tra scienza e arte in Leonardo
da Vinci
Dalla precedente ricognizione consegue immediatamente che il rapporto tra 'arte e
scienza' in Leonardo da Vinci è stato significativo e anzi decisivo.
Egli infatti appare essenzialmente come un artista-scienziato, in parte figlio del suo
tempo e in parte originale e unico.
Oltre che per i metodi d'indagine e i risultati conseguiti, la vicenda di Leonardo
sembra contrassegnata da un progressivo dedicarsi ai 'fondamenti' del pensiero
scientifico.
Ciò risulta chiaramente dalle attestazioni leonardiane e dalle interpretazioni della sua
vicenda intellettuale e professionale che sin qui sono state riferite.
Da ciò è venuto lo spunto ad elaborare ed a proporre, sia pure sinteticamente, una
nuova interpretazione dei fondamenti e dell'articolazione basilare della concezione
scientifico-artistica che fu peculiare a Leonardo da Vinci.
L'interpretazione che ora viene proposta vuole offrirsi come una schematica
ricostruzione logica di una prospettiva che in Leonardo è venuta maturando nel corso
di lunghi anni di ricerca; per questo, dopo averla proposta, se ne mostrerà brevemente
la rilevanza.
Epistemologia e antropologia: spazio e tempo
Preliminarmente sembra legittimo dichiarare che, se si sostiene - come fanno molti
studiosi vinciani, dei quali non si può non condividere la proposta - che il rapporto tra
scienza e arte in Leonardo è fondato su taluni archetipi e concetti basilari, ciò è come
dire che quei concetti sempre sorreggono tanto l'immaginazione scientifica quanto
quella artistica; ovvero, in generale, significa riconoscere tanto gli scienziati quanto
gli artisti contribuiscono a forgiare la cultura del loro tempo.
Detto questo, preme sin dall'inizio precisare che il paradigma interpretativo che verrà
qui proposto si fonda su alcune recenti acquisizioni filosofiche e storiografiche,
conseguite precisamente da un canto dagli epistemologi o filosofi della scienza e
dall'altro dagli storici della cultura o antropologi.
Precisiamo ora brevemente questi due presupposti.
L'epistemologia, anzitutto, da tempo ormai è stata in grado di riconoscere nei terminiconcetti di 'spazio' e di 'tempo', così come con in quelli di 'materia' e 'energia' e in
pochi altri ancora, alcune delle nozioni basilari del sapere e della prassi tipicamente
scientifiche.
A sua volta, l'antropologia culturale ci informa da un canto che, presso tutti i popoli,
il concetto di 'spazio' potrebbe essere il frutto maturo da sempre e per sempre
connesso alla tipicità operativa della produzione umana nel campo delle 'arti visive':
dai graffiti sino alla fotografia, passando attraverso la pittura e l'architettura. La
rappresentazione spaziale si configura essenzialmente scandendo e articolando in
maniere affatto variegate il vuoto col pieno, la luce con le ombre o i vari colori.
Proprio di questi concetti-realtà si è occupata la scienza e ne ha fatto uso l'arte.
La stessa antropologia ci dice d'altro canto che il concetto di 'tempo' risulterebbe
invece culturalmente legato alla produzione tipica delle 'arti uditive': dalle nenie alle
sinfonie, passando attraverso tutte le forme ed espressioni musicali. Articolando i
suoni e i silenzi sono nate le armonie della musica, per una parte articolabili come
strutture logico-matematiche e per una parte emergenti come prodotti tipicamente
musicali.
Articolazioni dinamiche di spazio e tempo
Con l'evolversi delle culture umane e delle scienze si è assistito a tentativi vari di
combinare, in maniere affatto complesse e secondo diverse 'vie', i due basilari
archetipi di spazio e di tempo.
In ambito antropologico-culturale, una prima via è quella che è stata percorsa a
partire dai miti e dalle leggende sino alle più diverse forme di narrazioni: da essa è
gradualmente emersa la coscienza storica e la connessa produzione storiografica, che
considerano il protagonismo tipicamente umano nel tempo e nello spazio in
prospettive appunto sia diacroniche sia sincroniche, localmente ovvero
geograficamente connotate.
Un altro tragitto risulta essere individuato a partire dalla gestualità, che accompagna i
suoni verbali o non, e le danze, passando poi alla ritualità religiosa o civile, sino a
giungere alle canzoni recitate, le iconografie del vestiario e le scenografie delle
rappresentazioni pubbliche: tutto questo denota l'articolarsi della musica con le
figure, cioè ancora una volta del tempo e dello spazio.
A ciò risulta ricollegabile il fatto che anche nella produzione artistica si è cercato in
più modi di tenere presente il tempo nella rappresentazione prospettica dello spazio e
i suoni o i silenzi, che venivano evocati; giungendo infine alla realizzazione di quelle
fortunate sintesi di figure e di voci o suoni, di storie e di emozioni istantanee, che
risultano sia nei films che nei videogiochi.
Anche la scienza e la connessa epistemologia hanno percorso il loro bel cammino
onde stabilire una correlazione tra lo spazio e il tempo: sia elaborando teorie
dinamiche ed evolutive; sia configurando concezioni relativistiche delle loro
intrinseche relazioni; sia infine scoprendo la dimensione storica del sapere scientifico.
Ciò confermerebbe circa la bontà dell'idea secondo cui le vere 'rivoluzioni
scientifiche', a rilevanza culturale, di cui è intessuta la storia sarebbero legate ai
mutamenti intervenuti circa le comprensioni dello spazio e del tempo, e dei concetti
che ad essi risultano connessi.
Spazio, tempo e movimenti in Leonardo da Vinci
Il nostro paradigma interpretativo si caratterizza dunque come riconoscimento della
basilarità dei concetti di spazio e di tempo, e della loro dinamica coniugazione, sia
nella scienza che nell'arte e in generale nella cultura, ove vengono scanditi soprattutto
dai riferimenti rispettivamente alla vista e all'udito.
Vogliamo ora verificare sino a che punto tale paradigma può essere utilizzata nel caso
di Leonardo da Vinci e quali risultati storiografici essa ci consente di conseguire: una
prospettiva che non ci risulta sia mai stata presa in esplicita e sistematica
considerazione da altri studiosi.
Come primo cospicuo risultato derivante dall'assunzione del nostro paradigma
interpretativo emerge la valorizzazione congiunta sia dell'attività propriamente
artistica di Leonardo sia della sua produzione musicale, teatrale e letteraria, come
anche di quella storico-critica.
Queste ultime competenze leonardiane, legate alla vocalità e alla gestualità, che pure
hanno notevolmente segnato e caratterizzato il suo tragitto di vita, non ci sembra
siano state considerate adeguatamente.
Invece risultano particolarmente utili al fine di individuare la sua peculiare
concezione e attuazione del rapporto tra scienza ed arte: fondato in maniera affatto
originale sul rapporto tra interessi scientifico-tecnici da una parte, e competenze
uditivo-canore e visivo-iconografiche dall'altra.
A questo riguardo, come unico significativo esempio, ci possiamo riferire alle
rappresentazioni e alle riflessioni intorno ai 'Diluvi' offerte da Leonardo in diversi
codici: Windsor 12383, 12378, 12665r; G 6v; Atlantico 155rc e 354vb.
Ma, più in particolare, ci interessa quanto Leonardo ha scritto nel foglio Windsor
12665v, perché in esso il testo letterario sul diluvio si trova connesso ad un esplicita
sua dimostrazione in pittura.
"Vedeasi la oscura e nebulosa aria essere combattuta dal corso di diversi venti, e
avviluppati dalla continua pioggia e misti gravezza, li quali or qua or là portavano
infinita ramificazione delle stracciate piante, miste con infinite foglie dell'autunno.
Vedeasi le antiche piante diradicate e stracinate dal furor de' venti. Vedeasi le ruine
de' monti, già scalzati dal corso de' fiumi, ruinare sopra e medesimi fiumi e chiudere
le loro valli; li quali fiumi ringorgati allagavano e sommergevano le moltissime terre
colli lor popoli. Ancora aresti potuto vedere, nelle sommità di molti monti, essere
insieme ridotte molte varie spezie d'animali, spaventati e ridotti al fin dimesticamente
in compagnia de' fuggiti omini e donne colli lor figlioli. E le campagne coperte
d'acqua mostravan le sue onde in gran parte coperte di tavole, lettiere, barche e altri
vari strumenti fatti dalla necessità e paura della morte, sopra li quali era donne, omini
colli lor figliuoli misti, con diverse lamentazioni e pianti, spaventati dal furor de'
venti, li quali con grandissima fortuna rivolgevan l'acque sottosopra e insieme colli
morti da quella annegati. E nessuna cosa più lieve che l'acqua era, che non fussi
copperta di diversi animali, e quali, fatta tregua, stavano insieme con paurosa
collegazione, infra' quali era lupi, volpe, serpe e d'ogni sorte, fuggitori della morte. E
tutte l'onde percuotitrice de' lor liti combattevon quelli, colle varie percussioni di
diversi corpi annegati, le percussion de' quali uccidevano quelli alli quali era restato
vita.
Alcune congregazione d'uomini aresti potuto vedere, li quali con armata mano
difendevano li piccoli siti, che lor eran rimasti, con armata mano da lioni e lupi e
animali rapaci, che quivi cercavan lor salute. O quanti romori spaventevoli si sentiva
per l'aria scura, percossa dal furore de' tuoni e delle fùlgore da quelle scacciate, che
per quella ruinosamente scorrevano, percotendo ciò che s'oppone al su' corso! O
quanti aresti veduti colle proprie mani chiudersi li orecchi per ischifare l'immensi
romori, fatti per la tenebrosa aria dal furore de' venti misti con pioggia, tuoni celesti e
furore di saette!
Altri, non bastando loro il chiudere li occhi, ma colle proprie mani ponendo quelle
l'una sopra dell'altra, più se li coprivano, per non vedere il crudele strazio fatto della
umana spezie dall'ira di Dio.
O quanti lamenti, o quanti spaventati si gittavon dalli scogli! Vedeasi le grandi
ramificazioni delle gran querce, cariche d'uomini, esser portati per l'aria dal furore
delli impetuosi venti.
Quante erano le barche volte sottosopra, e quale intera e quale in pezze esservi sopra
gente, travagliandosi per loro scampo, con atti e movimenti dolorosi, pronosticanti di
spaventevole morte. Altri con movimenti disperati si toglievon la vita, disperandosi di
non poter sopportare tal dolore; de' quali alcuni si gittavano dalli alti scogli, altri si
stringeva la gola colle proprie mani, alcuni pigliava li propri figlioli e con grande
impeto li sbatteva in terra, altri colle proprie sue armi si feria, e uccidea se medesimi,
altri gittandosi ginocchioni si raccomandava a Dio. O quante madri iangevano i sua
annegati figlioli, quelli tenenti sopra le ginocchia, alzando le braccia aperte in verso il
cielo, e con voce composte di diversi urlamenti riprendevan l'ira delle Dei; altra, colle
man giunte e le dita insieme tessute, morde e con sanguinosi morsi quel divorava,
piegando sé col petto alle ginocchia per lo immenso e insopportabile dolore.
Vedeasi li armenti delli animali, come cavalli, buoi, capre, pecore, esser già attorniato
dalle acque e essere restati in isola nell'alte cime de' monti, già restrignersi insieme, e
quelli del mezzo elevarsi in alto, e camminare sopra delli altri, e fare infra loro gran
zuffe, de' quali assai ne moriva per carestia di cibo.
E già li uccelli si posavan sopra gli omini e altri animali, non trovando più terra
scoperta che non fussi occupata da' viventi; già la fame avea, ministra della morte,
avea tolto la vita a gran parte delli animali, quando li corpi morti già levificati si
levavano dal fondo delle profonde acque e surgevano in alto e in fra le combattente
onde, sopra le quali si sbattevano l'un nell'altro, e, come palle piene di vento,
risaltavan indietro dal sito della lor percussione. Questi si facevan basa de' predetti
morti. E sopra queste maladizioni si vedea l'aria coperta di oscuri nuvoli, divisi dalli
serpeggianti moti delle infuriate saette del cielo, alluminando or qua or là in fra la
oscurità delle tenebre" (citato in Leonardo da Vinci, Tutti gli scritti. Scritti letterari, a
cura di A.Marinoni, Milano, Rizzoli, 1952, pp. 175-177 [Viganò: FM])
L'uso dei verbi che qui viene fatto rivela immediatamente sia il ricorso al vedere, per
dare all'osservatore il senso della spazialità, sia il ricorso all'udire, onde esprimere i
momenti di durata qualitativamente diversa di differenti stati d'animo.
"Vedeasi", "aresti potuto vedere", "le campagne mostravan", "non bastando loro il
chiuder li occhi, ma colle proprie mani ponendo quelle luna sopra dell'altra, più se li
coprivano per non vedere", "i serpeggianti moti delle infuriate saette del cielo,
alluminando or qua or là in fra la oscurità delle tenebre": lo spazio come ambiente,
l'uomo che vede o che non vuol vedere, la luce e le tenebre sono la trama su cui è
costruita tutta quanta la scena.
A completamento del quadro, la narrazione consente di integrare la configurazione
spaziale con quella temporale che viene proprio evocata da grida, frastuoni e silenzi
che stanno ad indicare un evento che sembra infinito, come sin troppo durature
sembrano sempre i cataclismi (terremoti, alluvioni, ecc.) o le sciagure (incidenti o
malattie): "con diverse lamentazioni e pianti", "rumori spaventevoli si sentiva per
l'aria scura, percossa dal furore de' tuoni e delle fùlgore da quelli scacciate", "colle
proprie mani chiudersi li orecchi per ischifare l'immensi romori, fatti per la tenebrosa
aria dal furore de' venti misti con pioggia, tuoni celesti e furore di saette", "o quanti
lamenti!", "quante madri piangevano e con voce composte di diversi urlamenti
riprendevan l'ira delli dei".
In questo medesimo testo vinciano lo spazio e tempo risultano a loro volta congiunti
insieme, allorquando vengono indicati vari tipi e vari effetti di moto, sia fisico (e
anche fisiologico) che psichico (e anche spirituale): questa è propriamente la
fisionomia della 'natura' leonardiana, inquadrata in un universo a struttura e
configurazione ed a dinamiche fondamentalmente spaziotemporali.
Infatti, nel pur breve racconto vengono indicati movimenti dei fluidi (aria, acqua,
luce) e dei solidi (oggetti vari, animali, corpi): "avviluppati dalla continua pioggia",
"[i venti] or qua or là portavano infinita ramificazione delle stracciate piante, miste
con infinite foglie dell'autunno, ... e con grandissima fortuna rivolgevan l'acqua
sottosopra", "le grandi ramificazioni delle gran querce, cariche d'uomini, esser portati
per l'aria dal furore delli impetuosi venti", "dal fondo delle profonde acque surgevano
in alto", "aria coperta di oscuri nuvoli".
Come pure si trovano indicati i conseguenti movimenti psichici e spirituali, espressi
come stati d'animo (paura e disperazione soprattutto): "insieme ridotte molte varie
spezie d'animali, spaventati e ridotti al fin dimesticamente in compagnia de' fuggiti
omini e donne colli lor figlioli, ... spaventati dal furor de' venti", "altri con movimenti
disperati si toglievon la vita, disperandosi di non potere sopportare tal dolore".
Fin qui giunge la lezione che abbiamo potuto trarre dalla lettura di un significativo
passo leonardiano, interpretato alla luce della nostra chiave interpretativa costituita
dalla messa a fondamento dei concetti di spazio e di tempo. Concetti che ormai ci
appaiono non solo effettivamente operanti in Leonardo, ma anche connotati da talune
prerogative che li fanno essere espressione di una sensibilità unica e decisamente
'moderna'.
Il 'meccanicismo vitalistico' leonardiano
Siamo ora giunti al punto di poter formulare chiaramente, seppure schematicamente,
la nostra proposta di un 'paradigma interpretativo' dell'intrinseco rapporto tra arte e
scienza che a nostro avviso sarebbe stato tipico della personalità e dell'opera di
Leonardo da Vinci.
Quattro sono i fattori costitutivi del nostro paradigma (per usare una nota e fortunata
espressione kuhniana).
Due li abbiamo già indicati. Il primo si riferisce ai concetti di 'spazio' e di 'tempo',
legati come si è detto alle interazioni uomo-mondo di tipo rispettivamente ottico e
acustico: pertanto potremmo in una parola dire che essi riguardano la percezione
della 'forma'. Il secondo fattore è sostituito dalla messa in relazione dei suddetti due
concetti, che mette capo alla visione dinamica, evolutiva e in generale trasformativa
del microcosmo umano e del macrocosmo naturalistico: questa volta si può dire che
ciò attiene precisamente alla categoria di 'funzione'.
Aggiungiamo ora alle due componenti di forma e funzione gli altri due fattori che a
nostro giudizio fanno parte di un unico paradigma interpretativo dei processi mentali
e operativi leonardiani.
La terza componente sarebbe data dal 'macchinismo', che non è nient'altro che il
coniugarsi effettivo di struttura o forma e funzione. Mentre la quarta componente è
costituita dal 'vitalismo', col quale si rende conto delle energie che animano la natura.
Le quattro componenti del nostro paradigma sono pertanto le seguenti: forma,
funzione, macchinismo, vitalismo.
Se ora vogliamo configurare univocamente il paradigma che secondo noi spiega
razionalmente l'unità specificatamente leonardiana del rapporto tra arte e scienza
potremmo definirlo in questi termini: un meccanicismo di tipo vitalistico.
Si tratta ora di utilizzare tale paradigma e le sue quattro parti costitutive, quale
strumento ermeneutico per comprendere adeguatamente e specificatamente le opere
di Leonardo da Vinci, artista e scienziato.