L`allenamento della flessibilità

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L`allenamento della flessibilità
L’allenamento della flessibilità
Con particolare riferimento all’utilizzo dello
stretching
Alessandro Ruspantini
Preparatore Fisico CONI, FIGC, FIR, FIPAV, FIT, FIF, Combat Sports
Sports (CSEN)
Istruttore II Livello FITRI
Personal Trainer
[email protected]
Una premessa terminologica…
Estendibilità (o estensibilità) muscolare: la possibilità che ha un muscolo di
allungarsi
Mobilità articolare: è la capacità di compiere gesti con l’impiego della
escursione articolare più ampia possibile
Flessibilità: la somma della mobilità articolare e della estensibilità muscolare
(di fatto flessibilità può coincidere con mobilità articolare)
Elasticità: la capacità che ha un corpo di ritornare alla sua forma iniziale dopo
che sia stato deformato
Elasticità muscolare: la capacità del tessuto muscolare di riassumere la propria
posizione di riposo dopo che su di esso abbia agito una forza deformante (vale
anche per la altre componenti anatomiche come i tendini (creeping), i
legamenti ecc.)
ROM (Range Of Motion): escursione di movimento a livello articolare
La mobilità articolare può essere:
Attiva
Passiva
Anatomica
Schnabel et al., 1998
Mobilità articolare attiva
L’ampiezza che può essere raggiunta in
una articolazione o in un sistema articolare
attraverso l’attività dei muscoli interessati
ad un determinato movimento o ad una
posizione
Mobilità articolare passiva
L’escursione che può essere ottenuta per
azione di forze esterne
Differenza tra M. A. attiva e M. A. passiva:
RISERVA DI MOVIMENTO
(Frey, 1975 in Weineck, 2001)
Mobilità articolare anatomica
Rappresenta la possibilità anatomica di
mobilità dell’apparato motorio passivo.
Per i viventi è solo una misura teorica
La mobilità articolare può
anche essere:
9statica
9dinamica
Fattori limitanti intrinseci
¾ Fattori
costituzionali:
9 Superfici articolari
9 Estensibilità delle capsule articolari e dei legamenti
9 Estensibilità di muscoli e tendini (ponti acto-miosinici, titina,
tessuto connettivo, desmina, costameri, ecc.)
9 Massa muscolare
¾
Fattori condizionali-energetici:
9 Forza dei muscoli in movimento
¾
Fattori coordinativi (o neurali) legati a fattori
psico-vegetativi:
9 Coordinazione tra muscoli agonisti, antagonisti e sinergici
9 Tono muscolare
9 Riflessi muscolari o tendinei
Fattori limitanti estrinseci
¾ Sesso
¾ Età
¾ Temperatura
corporea e ambientale
¾ Momento della giornata
¾ Stato fisico e psichico
¾ Stato di affaticamento
Perché migliorare la flessibilità
per le prestazioni sportive?
È utile?
Può portare dei benefici?
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
¾
Miglioramento della fluidità, dell’armonia e dell’espressività del
movimento (Weineck, 2001)
Miglioramento della capacità di prestazione coordinativa e tecnica
(Meinel, 1984, Schnabel et al., 1998, Weineck, 2001)
Miglioramento del processo di apprendimento motorio (Schnabel et al.,
1998, Weineck, 2001)
Miglioramento dell’espressione di forza (Weineck, 2001)
Miglioramento dell’espressione della rapidità e della velocità
(Weineck, 2001)
Miglioramento della resistenza (economia dei gesti) (Weineck, 2001)
Prevenzione infortuni (ad esempio Sölveborn, 1983, Carminati,
Bozzetti, 1993, Anderson, 1994, Weineck, 2001) (?) (diretta? –
indiretta!)
“Cura” delle retrazioni muscolari (Weineck, 2001)
Ottimizzazione del recupero (Weineck, 2001) (?) – modulazione
Regolazione psichica (Knebel et al., 1993, Anderson, 1994, Balaskas,
Stirk, 1998, Weineck, 2001)
Mezzi per lo sviluppo della Flessibilità
M. A. statica
M. A.
passiva
M. A. dinamica
Stretching statico
(Anderson)
Stretching dinamico con
l’utilizzo di attrezzi
PNF
PNF
Stretching globale
attivo (posture)
Stretching statico con
M. A. attiva contemporanea
contrazione
dell’antagonista
PNF
Flessibilità dinamica (slanci,
torsioni, estensioni, ecc.)
Stretching attivo-isolato (P. &
J. Warthon)
Esercitazioni tecniche ai
limiti articolari
Mezzi per lo sviluppo della M. A. dinamica - passiva
Stretching dinamico con l’utilizzo di attrezzi
Movimenti eseguiti con l’ausilio di attrezzature per la riabilitazione o attrezzi (es. fune) che
consentono di eseguire passivamente dei movimenti fino ai limiti articolari
PNF
Esercizi di stretching che utilizzano l’inibizione dei corpuscoli del Golgi data dalla
precedente contrazione isometrica (che deve durare almeno 6 secondi per generarla,
Sölveborn, 1983; Bosco, 1990; McAtee, 1996) e l’inibizione reciproca degli antagonisti.
Caratterizzate dalla seguente procedura (Sölveborn, 1983; Bosco, 1990; McAtee, 1996;
Schnabel et al., 1998):
- il raggiungimento di una posizione di leggero allungamento, nella quale effettuare una
contrazione isometrica contro una resistenza esterna per 10–30 secondi;
- il rilassamento per 2-3 secondi;
- l’allungamento passivo dei muscoli precedentemente contratti della durata di 10-30 secondi,
con o senza la contemporanea contrazione degli antagonisti, che genererebbe una inibizione
reciproca (Bosco, 1990; Fox et al., 1995)
A questo gruppo appartengono una grande varietà di tecniche che utilizzano delle
combinazioni di contrazioni isotoniche ed isometriche (Alter, 1988, 1996): TRS (tension relax – stretch), CHRS (contract - hold - relax – stretch), repeated contractions, rhythmic
initiation, slow reversal, slow reversal-hold, rhythmic stabilization, contract-relax, holdrelax, slow reversal-hold-relax, agonistic reversal
Mezzi per lo sviluppo della M. A. dinamica - attiva
Flessibilità dinamica
Esercizi consistenti in contrazioni ripetitive dei muscoli agonisti con conseguente
allungamento degli antagonisti, quindi slanci, oscillazioni, ecc.
Stretching attivo-isolato
Le linee guida (Wharthon J., Wharthon P., 2001) per lo stretching attivo isolato
prevedono di:
- prepararsi ad isolare ed allungare un muscolo alla volta;
- contrarre attivamente il muscolo opposto a quello isolato;
- allungare delicatamente e velocemente, mantenendo l’allungamento per non più di 2
secondi. Quando il muscolo ha raggiunto il limite della sua escursione articolare, essa
può essere ancora aumentata grazie ad un aiuto esterno (partner o piccolo attrezzo), fino
a che si sente una certa irritazione, ma non dolore;
- rilasciare prima che il muscolo reagisca con una contrazione protettiva;
- ripetere per circa 10 volte ogni esercizio di stretching.
Esercitazioni tecniche ai limiti articolari
Esercitazioni della pesistica, esercizi con gli ostacoli, alcuni tipi di andature, ecc.
Mezzi per lo sviluppo della M. A. statica - attiva
PNF
Stretching globale attivo (posture)
La catena muscolare, considerata come fosse un elastico, deve
essere tirata dai due estremi, elasticizzando i muscoli in senso
contrario alla loro fisiologia, Lo stiramento deve essere
prolungato (fino a 10 minuti ed oltre), con una esecuzione
delicata, dolce e progressiva (Souchard, 1995)
Stretching statico con contemporanea contrazione
dell’antagonista
Gli esercizi dello stretching statico passivo, con
contemporanea contrazione del muscolo antagonista per
provocare l’inibizione reciproca
Mezzi per lo sviluppo della M. A. statica - passiva
PNF
Stretching statico
Si passa da una tensione “facile” della durata di 10-30 secondi, che serve
ad abituare il muscolo alla successiva tensione “di sviluppo”, che
permette l’effettivo incremento della flessibilità; dopo altri 10-30 secondi,
la tensione viene progressivamente diminuita per ritornare poi alla
normalità evitando movimenti bruschi; ogni esercizio viene ripetuto due o
tre volte (Anderson, 1994).
Nel metodo Esnault prima di eseguire l’allungamento si imprime un
movimento rotatorio all’articolazione, interno o esterno, che consente un
maggior coinvolgimento di fibre muscolari (Carminati, Bozzetti, 1993).
Con l’uso pratico si sono sviluppate molteplici varianti, per cui è difficile
stabilire una metodica univocamente accettata con risultati certi (Wydra,
2001).
Negli ultimi anni alcuni studi hanno messo in
dubbio molte certezze che il mondo dello sport
pensava di avere sull’utilizzo dello stretching,
ritenuto quasi una panacea per tutti i mali, ma che
ora sembra essere divenuto un mezzo
d’allenamento da cui prendere le distanze
¾
Lo stretching possibile causa di infortuni:
¾ Se eseguito fino ai limiti articolari rappresenta un carico eccessivo per
le strutture muscolari passive, generando microtraumi sulle miofibrille,
simili a quelli derivanti da esercitazioni di forza
¾ Effetto antalgico (“stretch-tolerance”): diminuzione della sensazione
dolorosa indotta dall’allungamento per un assopimento dei recettori del
dolore (Magnusson et al., 1998 in Cometti et al., 2004) (ma maggiore
per PNF), che permette di sopportare allungamenti di maggiore entità,
ma che può aumentare il rischio di traumatismi a livello muscolare
(Pope et al., 1998, Pope et al., 2000 in Cometti et al., 2004) perché si
rischia di oltrepassare i limiti della capacità di carico delle strutture
passive (Wiemann & Klee, 2000)
¾
Gli effetti a breve termine influenzerebbero il tipo di
prestazione
Stretching prima della seduta di allenamento
Di forza
¾
Massima:
‰ significativa diminuzione della forza massimale (Kokkonen et al., 1998 in Cometti et
‰
‰
‰
‰
‰
‰
al., 2004, Winchester et al., 2007)
potrebbe abbassare temporaneamente i livelli di forza statica (Staley et al., 1991)
un gruppo muscolare (flessori plantari), sottoposto a stretching passivo prolungato,
diminuisce per più di un’ora i livelli di forza volontaria (Fowles et al., 2000)
decremento significativo (12%) nella massima forza di contrazione volontaria (Behm et
al, 2001 in Nelson & Bandy, 2005)
diminuzione della forza massimale nell’esecuzione di 1RM su leg-press a 45° (Bacurau
et al, 2008)
gli esercizi di stretching statico della durata di 15” e 30”diminuiscono l’espressione
della forza (Brandenburg et al, 2006)
la massima forza volontaria diminuisce con l’aumentare della durata dello stretching
(60 sec. vs 30 sec.) (Ogura et al, 2007)
Stretching prima della seduta di allenamento
Di forza
¾
Esplosiva:
‰ diminuzione del 4% in prove di salto massimali (Henning & Podzielny, 1994 in Cometti et
‰
‰
‰
‰
‰
‰
‰
‰
‰
al., 2004)
diminuzione, anche se meno accentuata (Knudson et al., 2001 in Cometti et al., 2004)
diminuzione del 4% della performance di salto (Henning & Podzielny, 1994 in Cometti et
al., 2004, Alberti et al., 2007)
leggera diminuzione in salti verticali (Knudson et al., 2001 in Cometti et al., 2004)
influenza negativa su salto verticale e forza (Shrier, 2004 in Cometti et al., 2004)
altezze minori di salto sono state registrate dopo lo stretching (Baum et al, 1990, in
Turbanski, 2005)
riduzione delle prestazioni di salto dal 3,1% al 2,6% (Wiemeier, 2002 in Turbanski, 2005)
riduzione del 2,6% dell’altezza di salto (Wiemeier, 2003 in Turbanski, 2005)
peggioramento nella prestazione di salto verticale (Vetter, 2007, Hough et al, 2009)
prestazione nel salto verticale diminuita per 15 minuti (Bradley et al, 2007)
Stretching prima della seduta di allenamento
Di forza
¾
Reattiva (SSC):
‰ diminuzione della prestazione nel drop jump per 30 minuti (Güllich,
1996 e Güllich & Schmidtbleicher, 2000 in Wiemann & Klee, 2000)
‰ riduzione dell’altezza di salto e rallentamento del contatto al suolo
(Kunnemayer & Schmidtbleicher, 1997 in Turbanski, 2005)
‰ riduzione della prestazione di salto dall’8% al 10% (rilevata attraverso
l’indice di reattività)(Begert & Hillebrecht, 2003 in Turbanski, 2005)
‰ rallentamento dei tempi di contatto, altezze di salto minori dopo lo
stretching (Young & Elliot, 2001 in Turbanski, 2005)
‰ riduzione della stiffness muscolo-tendinea immediatamente dopo (Ryan
et al., 2007)
Stretching prima della seduta di allenamento
Di forza
¾
Resistente: significativa diminuzione del numero di
ripetizioni in un test di forza resistente (Kokkonen et al.,
2001 in Cometti et al., 2004)
¾
Isocinetica:
‰ diminuzione del 4% del picco di forza (Cramer et al., 2002)
‰ diminuzione del picco di forza a diverse velocità angolari, in seguito
ad esercizi di stretching statico della durata di 5 e 8 minuti (Zakas et
al, 2006)
‰ riduzione della forza massima, della potenza media e dell’ampiezza
dell’EMG dei muscoli vasto laterale e retto femorale, durante
contrazioni concentriche isocinetiche alla leg-exstension alle velocità
angolari di 60° e 300° (Marek, 2005)
Stretching prima della seduta di allenamento
Di velocità
¾
¾
¾
¾
¾
Peggioramento della prestazione di 0,14
sec. in sprint di 40m (Wiemann, Klee,
2000)
Effetto negativo a breve termine sprint
20m (Nelson et al., 2005)
Peggioramento significativo del tempo di
sprint in rugbisti (Fletcher & Anness,
2004)
Peggioramento nell’accelerazione, nel
picco di velocità e nel tempo dello sprint
di 30m (Sayers et al, 2008)
Tempo nei primi 20 metri
significativamente peggiore in chi aveva
eseguito stretching statico rispetto a chi
non lo aveva eseguito e differenza
presente anche sui 40 metri (Winchester
et al, 2008)
Stretching prima della seduta di allenamento
Di resistenza
¾
¾
¾
Nessun impatto sull’economia di corsa submassimale (Hayes & Walker, 2007)
Per sport in cui è richiesto un lento ciclo di
stiramento-accorciamento (SSC), come il jogging
o il ciclismo, non esistono dati scientifici che
dimostrino un effetto positivo dello stretching
sulla prestazione, sulla prevenzione degli infortuni
e sul recupero (Gremion, 2005)
Può diminuire la prestazione di endurance ed
aumentare il costo energetico della corsa (Wilson
et al, 2010)
Stretching prima della seduta di allenamento
Tecnico - coordinativa
¾
Secondo Capanna (2000) le stimolazioni in allungamento
prolungate e ripetute, necessarie per ottenere uno stabile
miglioramento della flessibilità generano, a livello inconscio
nel sistema nervoso, delle informazioni anomale verso il
muscolo che possono causare, se sono seguite da esercitazioni
tecniche o atletiche, delle risposte involontarie ostacolanti la
perfetta sincronizzazione fra contrazione e rilassamento
¾ Decremento significativo dei valori di equilibrio (Behm et al,
2004)
Stretching durante la seduta di
allenamento
¾
L’affaticamento, abbassando la sensibilità dei fusi neuromuscolari può
determinare un rischio di stiramento delle componenti muscolari
passive oltre i propri limiti (Harre, 1977, Weineck, 2001)
¾ Platonov (1996) afferma che è importante alternare esercizi di
stretching ad esercizi che hanno altri obiettivi, ed in particolare per la
forza, perché permettono di aumentarne l’efficacia
¾ Egger (1994) ha elaborato una particolare esercitazione in cui vengono
sviluppate contemporaneamente la forza e la flessibilità tramite
l’alternanza di stretching ed esercizi con sovraccarico
¾ Un’attività di stretching statico degli arti inferiori nel corso di periodi
di riposo tra gli sforzi può compromettere la capacità di ripetere sprint
(Beckett et al, 2009)
Stretching al termine della seduta di
allenamento
¾ Allo
stretching è riconosciuta una capacità di rilassamento psico-fisico (Knebel et al.,
1993; Anderson, 1994; Cerullo, 1997, Balaskas, Stirk, 1998; Weineck, 1998)
¾ Abbassando il tono muscolare, migliora la mobilità ed il muscolo viene messo in
condizioni di essere capace di rigenerarsi meglio dopo il carico
¾ Però, da un’analisi bibliografica di Herbert & Gabriel (2002 in Cometti et al., 2004) non
risulta nessun beneficio in termini di riduzione del dolore muscolare o di prevenzione dei
danni muscolari
¾ Lo stretching non determinerebbe nessun effetto significativo sulla riduzione del dolore
muscolare tardivo (Buroker, Schwane, 1989 e Wessel, Wan,1994 in Cometti et al., 2004)
¾ Per compiere un recupero attivo si può eseguire uno stretching sub-massimale con ritmi
di allungamento/rilasciamento piuttosto brevi (ad es. 10"/10") attivando così l’"effetto
spugna" (Mosca, 1994, Cerullo, 1997) in cui lo stiramento comprime anche i capillari,
ostacolando il flusso sanguigno locale, ma il successivo rilasciamento consente un
maggiore afflusso conseguente all'apertura dei lumi dei capillari
¾ Per incrementare la flessibilità, ma con la consapevolezza di un lavoro impegnativo
muscolarmente che si aggiunge a quello svolto nella sessione di allenamento
Per concludere…
¾
¾
Importanza della cura e dello sviluppo della capacità di flessibilità
La letteratura internazionale ha approfondito alcuni aspetti dello
stretching, sgretolando alcune certezze
¾ Concetto di modulazione della tensione nello stretching
¾ Stretching massimale (per lo sviluppo della flessibilità):
¾ sconsigliato prima e durante la maggior parte delle sedute di allenamento
¾ da eseguire in sedute apposite
¾ al termine delle sedute di allenamento, in mancanza di sedute apposite
¾
Stretching sub-massimale:
¾ nel riscaldamento quel tanto che basta per non sconvolgere le abitudini
dell’atleta
¾ al termine delle sedute di allenamento per integrare il defaticamento ed
agevolare il recupero
¾
C’è necessità di ulteriori studi per approfondire alcune problematiche
ancora esistenti sul corretto utilizzo dello stretching
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