Fauna ittica

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Fauna ittica
UN PIANO PER LA PIANA: IDEE E PROGETTI PER UN PARCO
Atti del Convegno
EVOLUZIONE DELLA FAUNA ITTICA DELLE ZONE UMIDE DELLA PIANA
Manuela GUALTIERI1, Massimo MECATTI1, Roberto BERTI2
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Dipartimento di Scienze Zootecniche - Via delle Cascine 5, Firenze
Dipartimento di Biologia Evoluzionistica “Leo Pardi” - Via Romana 17, Firenze
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Introduzione
L’area presa in esame nel presente studio è la cosiddetta Piana di Sesto, cioè la porzione
orientale della più vasta pianura che da Firenze si estende, in riva destra del fiume Arno, verso Prato
e Pistoia. Essa risulta delimitata dal corso del Torrente Termine a est, del Canale di Cinta a nord,
del Fiume Bisenzio a ovest e del Fiume Arno a sud.
Fino ai primi decenni del secolo scorso quest’area, pianeggiante e leggermente depressa, presentava
ampie aree di ristagno stagionale delle acque, in grado di sostenere una rigogliosa vegetazione
palustre e la fauna caratteristica di tale habitat. E’ nel primo dopoguerra che la Piana di Sesto
diviene oggetto di una trasformazione profonda, a seguito di un’opera di bonifica concepita per
assecondare la vocazione sostanzialmente agricola del territorio.
I principi di fondo del progetto di bonifica prevedevano sia azioni di bonifica delle aree
montane e pedecollinari, sia la realizzazione di opere idrauliche per la bonifica delle aree di pianura.
Se da un lato si procedette a un’intensa opera di rimboschimento delle pendici di Monte Morello e
alla regimazione dei relativi corsi d’acqua, dall’altro fu completamente ridisegnato l’assetto
idraulico della Piana. Fra gli interventi di maggiore importanza vanno ricordati la realizzazione del
Canale Nuovo Garille, che convogliò nel Torrente Marina le acque del bacino del Torrente
Chiosina, e soprattutto lo scavo del Canale di Cinta, con i due rami Orientale e Occidentale.
Quest’ultima opera, intercettando le acque drenate dai bacini montani e convogliandole nel Fosso
Reale, permise la separazione delle “acque alte” provenienti dalle colline dalle “acque basse” di
origine interna, che vennero fatte confluire nel Collettore Principale.
Il risultato fu un sostanziale prosciugamento dell’area, funzionale a una realtà economica di
natura quasi esclusivamente agricola. Nonostante la bonifica, il territorio era ancora soggetto ad
estesi allagamenti stagionali, che almeno temporaneamente mantenevano le caratteristiche tipiche
dell’ambiente umido originario. Pratiche di gestione agricola non intensive e solo in parte
meccanizzate, unitamente allo scarso inquinamento delle acque, permettevano peraltro il
mantenimento di una buona biodiversità tanto che da quanto risulta dalla tradizione orale anche la
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fauna ittica, che per la sua natura non può prescindere da qualità e quantità della risorsa idrica,
riusciva in qualche modo a superare, nei fossi di scolo dei campi, i mesi di maggiore siccità.
L’espansione degli insediamenti urbani e industriali, che si è verificata a partire dagli anni ‘60,
ha pesantemente inciso sul territorio della Piana, con conseguenze che possono essere così
riassunte:
-
apertura di cave per l’approvvigionamento degli inerti necessari a soddisfare le esigenze
dell’edilizia;
-
maggior prelievo di risorsa idrica;
-
aumento delle superfici impermeabili;
-
riconversione dell’economia della Piana, con un’agricoltura diventata attività marginale o
sopravvissuta solo adottando pratiche intensive e meccanizzate.
L’effetto combinato dei fattori sopra elencati ha fatto sì che l’equilibrio ambientale del territorio
venisse in breve a mancare. A ciò si aggiunga l’esigenza di garantire gli insediamenti, per quanto
possibile, dal rischio di alluvione, che si è concretizzata con interventi di ampliamento e/o
cementificazione degli alvei di alcune opere (Fosso Reale, Fig. 1; Canale Nuovo Garille, Fig. 2) che
hanno velocizzato lo scorrimento delle acque.
Fig. 1 - Lavori di ampliamento del fosso Reale nell’ambito della bonifica della Piana di Sesto Fiorentino
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Fig 2 - Canale Nuovo Garille. Adeguamento della sezione d’alveo (fine anni ’70)
Il reticolo idrografico
Un’indagine sullo stato attuale della fauna ittica della Piana non può ovviamente prescindere da
una valutazione, ancorché sommaria, dell’entità e dello stato della risorsa indispensabile
all’esistenza stessa di tale fauna, e cioè della disponibilità di acque in quell’area. Attualmente,
dell’originario ambiente umido della Piana di Sesto non sopravvivono che pochi elementi fra loro
isolati, costituiti da qualche torrente e da alcuni specchi d’acqua (stagni, laghetti, laghi di caccia)
dovuti per lo più a interventi di rinaturalizzazione e di ripristino ambientale. Di seguito descriviamo
le caratteristiche ambientali e i popolamenti ittici delle acque correnti della Piana e degli specchi
d’acqua concepiti e gestiti a fini protezionistici, tralasciando di prendere in esame quelli gestiti con
finalità di fatto incompatibili con qualsiasi ipotesi di recupero e ripristino di un’ittiofauna autoctona
come, probabilmente, l’attività venatoria (Stagno di Peretola, Stagni di Gavine, Stagno di Padule) o
ricreativa (sport acquatici e pesca sportiva: Renai di Signa, Lago dell’Interporto di Prato).
Fiume Bisenzio. E’, fra i principali corsi d’acqua della Piana, l’unico di origine naturale. Scorre
pensile nella Piana, da cui riceve, in sponda sinistra, la Gora del Ciliegio, il Torrente Marinella di
Travalle, il Collettore Acque Basse di Crucignano, il Torrente Marina, il Collettore Acque Alte, il
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Fosso Macinante, il Collettore Principale Acque Basse. Corso d’acqua dalla buona portata anche in
periodo estivo, fu responsabile delle alluvioni di Signa e Campi Bisenzio nel 1966 e di Campi
Bisenzio nel 1991. Lavori di adeguamento dell’alveo e la realizzazione di arginature in
calcestruzzo, hanno contribuito a velocizzare la corrente e a degradare dal punto di vista
naturalistico e ambientale il corso del fiume (Fig. 3), che, invece, presenta una discreta valenza
naturalistica a monte della Città di Prato.
Fig. 3 - Fiume Bisenzio a San Mauro
Gora del Ciliegio. Si origina dalla zona dell’interporto di Prato e si getta nel Bisenzio. Nel
tratto terminale è pensile e di nessuna valenza naturalistica, mentre più a monte scorre fra terreni
incolti, caratterizzati da una tipica vegetazione palustre. E’ soggetta a prosciugamento nel corso dei
mesi estivi.
Torrente Marinella di Travalle. Nel tratto della Piana il torrente scorre pensile, fra arginature
in pietra e calcestruzzo, fino al suo sbocco nel Bisenzio. Ciononostante, l’ambiente circostante sta
riacquisendo una certa valenza naturalistica da quando il Comune di Campi Bisenzio ha istituito il
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Parco fluviale della Marinella. Il corso d’acqua è esposto al rischio di prosciugamento nel corso dei
mesi estivi.
Collettore delle Acque Basse di Crucignano. Raccoglie le acque di scolo della piana compresa
fra l’interporto pratese e il Torrente Marina. L’immissione nel Bisenzio, in località Crucignano,
avviene grazie all’omonimo impianto dotato di paratoie mobili e di idrovore di sollevamento. La
qualità delle acque non sembra essere delle migliori, ma è in qualche modo compatibile con la
crescita di specie vegetali (Fig.4) tipiche di ambiente umido.
Fig. 4 - Collettore delle acque basse di Crucignano
Torrente Marina. Scende dai monti della Calvana e penetra nella Piana all’altezza di
Calenzano, che attraversa per poi sboccare nel Bisenzio in località Crucignano, in riva sinistra
dell’omonimo Collettore delle Acque Basse e a fianco dell’impianto idraulico di sversamento. La
portata, notevole nei mesi di maggiore piovosità, cala praticamente a zero in estate. Nel tratto
montano il corso del torrente si presenta di notevole pregio naturalistico e con acque di ottima
qualità, classificate a salmonidi; nella parte a valle l’ambiente appare molto degradato, con l’alveo
che scorre fra arginature in pietra e in calcestruzzo. Alcune centinaia di metri a monte della foce
riceve, in sponda sinistra (Fig. 5), le acque del Canale Nuovo Garille.
Canale Nuovo Garille. Raccoglie le acque del Torrente Chiosina, che ha il suo bacino
idrografico sul versante di sud-ovest del Monte Morello, e le convoglia nel Torrente Marina dopo
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aver attraversato il territorio della Piana. Nel tratto della Piana scorre pensile fra due arginature in
calcestruzzo. La valenza naturalistica, buona nel bacino del Chiosina, viene a mancare nella Piana.
La portata estiva si riduce a zero.
Fig 5 - Torrente Marina (a sinistra nella foto) alla confluenza del Canale Nuovo Garille
Collettore delle Acque Alte o Fosso Reale. E’ uno dei principali corsi d’acqua della Piana,
alimentato da due Canali di Cinta (Occidentale e Orientale) che a loro volta raccolgono le acque dei
torrenti che scendono dal versante meridionale del Monte Morello. Questi sono: il Torrente Gavine,
il Torrente Rimaggio, il Torrente Zambra, la Gora di Quinto, il Fosso del Termine e il Fosso di
Castello. Mentre i bacini montani di questi corsi d’acqua presentano buone valenze naturalistiche
(Figg. 6 e 7), il Fosso Reale, che scorre pensile fino allo sbocco nel Bisenzio, pur potendo contare
su una certa portata d’acqua anche in estate, ha una valenza naturalistica nulla (Fig. 8).
Collettore delle Acque Basse. E’ uno dei principali corsi d’acqua della Piana, alimentato dalle
acque raccolte dai canali di bonifica e dai fossi di scolo dell’area compresa fra il corso del T.
Marina e del F. Bisenzio a ovest, dei Canali di Cinta a nord, del T. Terzolle a est e, infine, dal corso
del T. Mugnone e del F. Arno a sud. Il Collettore, di origine artificiale, scorre pensile nella piana e
sbocca nel F. Bisenzio in località Renai, nel Comune di Signa. Le acque sono di scarsa qualità, la
portata diviene minima in estate, la valenza naturalistica nulla.
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Fig 6 - Torrente Rimaggio alle pendici di Monte Morello
Fig. 7 – Torrente Zambra nel tratto collinare
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Fig. 8 - Paratoia del Collettore delle Acque Alte, o Fosso Reale. A fianco del Collettore si possono notare i due
colatori, destro e sinistro.
Fosso Macinante. Canale artificiale scolmatore del F. Arno. Si origina a Firenze in
corrispondenza della Pescaia di Santa Rosa e si getta nel Bisenzio a San Mauro a Signa. Le acque
non sono di pessima qualità e alimentano alcuni stagni della Piana.
Oasi di Focognano. Si tratta di un’area protetta che si estende per 64 ettari nel Comune di
Campi Bisenzio. L’area è alimentata dall’apporto idrico del Canale Vecchio Garille, ed è in buona
parte occupata da stagni e allagamenti di piccole dimensioni. Sono presenti anche cinque laghetti
più grandi, che da soli occupano la metà circa della superficie complessiva. E’ presente la
vegetazione tipica dell’ambiente palustre, così come una ricca erpetofauna con numerose specie
autoctone. L’Oasi di Focognano rappresenta un’importante area di sosta per le specie ornitiche
migratrici, e numerose specie di uccelli acquatici vi trovano l’habitat ideale per svernare e
nidificare.
Podere La Querciola. E’ un’area protetta posta nel Comune di Sesto Fiorentino,
dell’estensione di circa 50 ettari, cinque dei quali di proprietà comunale. La risorsa idrica è garantita
dalle acque del Canale Acqualunga, ed è sufficiente ad alimentare tanto uno stagno didattico creato
nella parte pubblica dell’area, quanto lo Stagno di Padule, un chiaro di caccia di 7 ettari esistente
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nella parte privata. Nonostante il disturbo provocato dall’attività venatoria, nei periodi in cui la
caccia è chiusa l’habitat costituisce un importante punto di sosta e di alimentazione per numerose
specie di uccelli. Nello stagno didattico sono frequenti le nidificazioni. E’ presente una ricca fauna
ad anfibi.
Oasi erpetologica Val di Rose. E’ collocata nell’area del Polo Scientifico dell’Università di
Firenze, nel Comune di Sesto Fiorentino. Occupa una superficie di due soli ettari, ciononostante,
seppur di piccole dimensioni, rappresenta una realtà protezionistica interessante, in quanto
specificatamente studiata e realizzata in funzione della tutela e la protezione della fauna erpetologia
degli ambienti umidi. Con una vegetazione tipicamente palustre, oltre ad anfibi e rettili l’oasi ospita
anche uccelli di varie specie.
La fauna ittica
L’ittiofauna che un tempo popolava le acque della Piana era probabilmente costituita da specie,
tipiche del distretto zoogeografico Tosco-laziale, in grado di risalire naturalmente dall’Arno al
Bisenzio e, da questo, ai vari affluenti (Marina, Chiosina, Rimaggio, Zambra, Termine) ed
eventualmente, tramite accessi disponibili anche solo temporaneamente, alla rete dei fossi e agli
stagni. Le specie autoctone in grado di compiere migrazioni o spostamenti per necessità trofiche o
per la ricerca di siti idonei alla riproduzione non sono molte, sicuramente sono riconducibili
all’anguilla (Anguilla anguilla L.), al cavedano (Leuciscus cephalus L.), al barbo comune (Barbus
plebejus Bonaparte), alla scardola (Scardinius erythropthalmus L.) e alla tinca (Tinca tinca L.). E’
inoltre possibile che, almeno per il fiume Bisenzio, lo sbocco in Arno potesse costituire un richiamo
per la cheppia (Alosa fallax Lacépède), la lampreda di mare (Petromyzon marinus L.) e quella di
fiume (Lampetra fluviatilis L.), specie anadrome che un tempo risalivano il corso dell’Arno.
Elencare le specie ittiche attualmente presenti nelle acque della Piana risulta compito non facile
per la mancanza di dati sulla eventuale presenza di popolamenti stabili, di natura sia autoctona che
alloctona, nei corsi d’acqua o nelle aree umide di più o meno recente realizzazione. La
sopravvivenza dell’ittiofauna non è stata certamente favorita né dagli interventi che, nel corso del
secolo scorso, hanno ridisegnato il reticolo idrografico né dalle opere di adeguamento che hanno
ripetutamente interessato l’alveo di torrenti e canali. D’altra parte, non è stato di aiuto il carattere
temporaneo che ha contraddistinto stagni e laghetti, sottratti o riguadagnati all’attività agricola a
seconda delle necessità e delle convenienze economiche. Anche le aree umide attuali, comprese
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quelle di maggiore valenza naturalistica, sono di fatto artificiali e necessitano di un apporto di acque
superficiali finalizzato al mantenimento di aree perennemente allagate.
Il susseguirsi, negli ultimi decenni, di ripetuti eventi di transfaunazione hanno contribuito a
incrementare notevolmente il numero di specie alloctone presenti nelle acque del bacino dell’Arno,
come evidenziato dalla Provincia di Firenze nella sua Carta Ittica del 2002. Ragioni di interesse
alimentare, alieutico e di lotta biologica, insieme a carenti controlli sul materiale ittico da
ripopolamento, hanno reso possibile l’attuale predominanza di specie alloctone, che rappresentano
più del 60% di quelle censite.
La Carta Ittica della provincia manca del tutto di dati relativi alle specie presenti nei torrenti che
attraversano la Piana. Anche per questo le informazioni disponibili in proposito sono estremamente
limitate e riassumibili nei termini seguenti.
I campionamenti ittici eseguiti, nel 2005 e nel 2007, dal Dipartimento di Scienze Zootecniche
dell’Università di Firenze nella parte collinare del Torrente Rimaggio, a monte di Sesto Fiorentino,
hanno permesso di rilevare la presenza del cavedano, della rovella (Rutilus rubilio Bonaparte) e
degli alloctoni carassio (Carassius carassius L.), ghiozzo padano (Padogobius martensi) e
pseudorasbora (Pseudorasbora parva).
Dall’esame di catture effettuate da pescatori sportivi e da sopralluoghi effettuati dagli autori, la
fauna ittica del Torrente Marina, nel tratto a monte dell’abitato di Calenzano, risulta essere
composta, oltre che da cavedano, barbo comune, rovella e vairone (Leuciscus souffia Risso), anche
da alborella (Alburnus alburnus L.), carpa (Cyprinus carpio L.), carassio, carassio dorato
(Carassius auratus L.), pseudorasbora, rodeo amaro (Rhodeus sericeus), persico sole (Lepomis
gibbosus L.), persico trota (Micropterus salmoides Lacépède) e trota iridea (Oncorhynchus mykiss
Walbaum). La presenza di un numero così elevato di specie alloctone si spiega probabilmente con il
loro accidentale rilascio da parte dei laghi privati di pesca sportiva a pagamento esistenti nella parte
montana del bacino idrografico del torrente. L’ipotesi di una colonizzazione proveniente dalla parte
valliva del corso d’acqua è infatti da escludere vista la presenza di salti d’acqua invalicabili dai
pesci.
Ad un trascinamento passivo di fauna ittica da parte di eventi di piena si deve imputare il
rinvenimento sporadico nelle acque vallive di rovelle e vaironi, specie discretamente diffuse nelle
aree collinari circostanti. L’esistenza di popolazioni residenti di tali specie è del tutto da escludere,
dato che ben difficilmente potrebbero sopravvivere nella Piana dove, soprattutto nel periodo estivo,
l’acqua non corre ed è soggetta a forti innalzamenti della temperatura e del tasso di inquinamento.
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Altri dati utili ai fini di una stima delle specie presenti nella Piana sono quelli relativi ai
popolamenti ittici di alcuni laghi di caccia, esistenti in riva destra del Bisenzio in un’area limitrofa a
quella in oggetto e del tutto paragonabili, per caratteristiche ambientali, a quelli della piana di Sesto.
Un’indagine condotta nel 2000 vi ha censito prevalentemente specie alloctone, come la carpa,
presente anche nella varietà a specchi (Cyprinus carpio var. specularis), il carassio, il carassio
dorato, il pesce gatto (Ameiurus melas Rafinesque), il persico sole, la gambusia (Gambusia
holbrooki G.), oltre al gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii Girard); tra le specie
tipiche dell’ittiofauna autoctona solo l’anguilla (Anguilla anguilla L.) e la scardola (Scardinius
erythrophthalmus L.) sono risultate presenti.
Infine, varie fonti riferiscono della passata presenza, nelle acque della Piana, dello spinarello
(Gasterosteus aculeatus L.), ma nessuna cattura di esemplari di questa specie, di indubbio interesse
per la sua valenza ecologica, risulta essere mai stata documentata. Un’indagine, condotta
consultando le guardie ittiche volontarie e i pescatori locali, fa risalire ad almeno un decennio fa gli
ultimi probabili avvistamenti: il rinvenimento della specie nelle acque della Piana rivestirebbe,
pertanto, una notevole importanza per l’area e le relative scelte gestionali.
Gli unici dati certi sulla odierna ittiofauna della Piana sono quelli relativi al popolamento ittico
del Fiume Bisenzio. Nel tratto a valle della città di Prato, zona a vocazione tipicamente ciprinicola,
risultano presenti carpa, carassio, pseudorasbora, alborella e cobite (Cobitis taenia L.), oltre alle
specie autoctone cavedano, rovella e barbo comune.
Proposte di intervento
Preso atto delle condizioni idrografiche e idrologiche dell’area, della fauna ittica storicamente
presente e della composizione dei popolamenti attuali, emerge la necessità di operare alcuni
interventi per favorire il ripristino di condizioni minimali di sopravvivenza per l’ittiofauna
autoctona. Nell’immediato questi potrebbero consistere in:
-
rimozione degli ostacoli che impediscono le migrazione interne ai corsi d’acqua e fra corsi
d’acqua diversi;
-
favorire la rinaturalizzazione degli alvei con tecniche di ingegneria naturalistica;
-
intervenire sulle arginature in calcestruzzo, con la sostituzione di questo materiale con altro
più idoneo a favorire il ripristino della biodiversità delle sponde;
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-
creazione di pools in siti strategici del reticolo idrografico per la sosta temporanea della
fauna ittica in migrazione, e per la sopravvivenza nei periodi di forte magra o di secca degli
alvei;
-
attivazione di una rete di collegamento tra canali e fossi, da mantenere con un livello
minimo di acqua adeguato alla sopravvivenza dell’ittiofauna.
-
realizzazione di stagni per la creazione e lo sviluppo di biocenosi autoctone e tipiche delle
acque ferme.
Tali interventi, che porterebbero alla realizzazione di una rete ecologica per i pesci della piana
fiorentina, sono da ritenere prioritari non solo e non tanto per il mantenimento delle popolazioni
attuali ma anche e soprattutto per dare avvio a corrette e sostenibili azioni di reintroduzione della
fauna ittica autoctona.
La creazione di stagni perennemente allagati permetterebbe la reintroduzione di specie
autoctone tipiche degli ambienti palustri, quali tinca e scardola. Ad esse, con opportuni
collegamenti, anche solo stagionali, al resto del reticolo idrografico, si potrebbe aggiungere
l’anguilla.
Tra i pesci di urgente e opportuna reintroduzione è però da annoverare, senza alcun dubbio, lo
spinarello, specie certamente presente, anche se già estremamente rarefatta, fino a una decina di
anni fa. La reintroduzione dello spinarello richiederebbe la creazione di un ambiente idoneo, che
potrebbe essere realizzato ricostituendo una rete di fossi e canali rinaturalizzati, in grado di
trattenere per tutto l’anno una certa quantità di acqua. Un tale assetto del reticolo idrografico
sarebbe peraltro funzionale anche alla gestione degli stagni e delle altre zone umide esistenti che,
essendo di natura artificiale, devono far fronte al rischio di prosciugamento con la derivazione o la
captazione dai canali e dai fossi circostanti.
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Ringraziamento
Gli autori ringraziano il Direttore del Consorzio di Bonifica Area Fiorentina, Ing. Iacopo
Manetti, per le informazioni e le immagini fornite.
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