Itano e il suo tendine distrutto

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Itano e il suo tendine distrutto
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Natur Vet
IL BENESSERE DEL CAVALLO
Itano
e il suo tendine
distrutto
A piccoli passi, con l’aiuto delle erbe
e con la pazienza di amorevoli
proprietari, ecco la storia di Itano, che
si è riguadagnato la qualità della vita
Dott. Stefano Morini
Q
Qualche tempo fa mi fu
chiesto di visitare un cavallo
con un grave problema all’anteriore destro.
Andai subito anche perché
mi dissero che stava su tre
zampe ed era in cattive condizioni generali.
Itano, un bell’Anglo-Arabo
di 11 anni, sauro con tanto di
balzane, mostrava il peggio di
sè nel paddock di casa. Era
magro e sparuto, evidentemente sofferente, con l’arto anteriore destro alzato, ma nonostante questo cercava di allungare il collo verso il contenitore del fieno, castigando
i 2 compagni di merenda che
aveva al fianco. I proprietari
pur quasi rassegnati alla
sconfitta, mi fecero un completo resoconto di quello che
era accaduto. Sembra che
quattro anni prima Itano
avesse subito un grave trauma distrattivo al flessore
profondo del dito, arto anteriore destro, e che due anni
dopo si fosse ripetuto lo stiramento quasi nello stesso
punto. Era fermo ormai da undici mesi. Alla parola “macello”, maldestramente sussurrata dai presenti, lui scartò
improvvisamente a sinistra,
allontanandosi da tutti. Scacciai questa miserabile immagine e mi misi al lavoro.
Il tendine flessore superficiale era enormemente gonfio, duro e dolente: al tatto si
percepivano nettamente due
zone vicine, dure, che individuai come le parti del tendine che avevano direttamente
subito i traumi. Controllai i reperti radiografici ed ecografici dei colleghi e non potei che
essere assolutamente d’accordo con loro. La diagnosi era
corretta: tenite acuta, poi di-
ventata cronica, del flessore
superficiale del dito, detta anche “tenonco”. Le due lesioni erano localizzate circa a
metà del tendine, vicine come spesso succede in questi
casi. Pensate ad un buco in una
maglia lisa, al quale applicate una toppa di tessuto nuovo. In caso di stiramento della parte, lo strappo avviene vicino alla zona della toppa.
Spiegazione certo non
scientifica, ma spero efficace.
Poichè Itano era su tre zampe da molto tempo, l’anteriore
sinistro, soprattutto spalla e
garrese, era sovraffaticato e
dolente, quindi urgeva fare appoggiare quella benedetta
zampa.
Innanzitutto usai la digitopressione per cercare di ammorbidire quel tronco che era
diventato il suo tendine e dopo un po’ lui cominciò a sbadigliare e a socchiudere gli occhi: si stava rilassando, buon
segno. Poi feci la stessa cosa
a garrese, spalla e al resto dell’anteriore sinistro.
Il malato tentò di appoggiare a terra il piede destro,
poi si ricordò che era quello
della zampa malata e lo sollevò di nuovo. Un po’ alla volta. Proverbio cinese: “Lungo
viaggio comincia da piccolo
passo, grande muro da piccolo mattone”
In effetti era iniziato un lungo viaggio che terminò qualche mese dopo con la completa
guarigione di Itano. Feci
In alto, il povero tendine di Itano
“prima della cura”.
A sinistra, l’Anglo-Arabo in un
atteggiamento complessivo che
ne evidenzia la ripresa
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somministrare per via orale
Perna Canaliculus in compresse, cartilagine di squalo
e glucosamina in capsule, un’estratto concentrato di Equiseto
sommità con l’obiettivo di
sfiammare e ricostruire il tendine. A questo aggiunsi una
preparazione galenica a base di acido acetilsalicilico, fenacetina e ibuprofene, per velocizzare l’effetto antinfiammatorio. Un altro imperativo
terapeutico era ammorbidire
il tendine, indurito dalla fibrosi
dovuta alla cronicizzazione delle lesioni, quindi usai Artiglio
del Diavolo, Ribes Nero foglie
e gemme,Olmaria,, Salice
Bianco, Frassino, Partenio, Vite Canadese e Vite Rossa, assieme in soluzione estrattiva,
per bocca. Di grande effetto,
a mio parere, fu la terapia locale. Iniziai col prescrivere un
cataplasma a base di argilla
verde ventilata associato ad
una miscela di erbe chiamata Amaro Svedese (\ non è un
amaro da dopo cena!) con lo
scopo di richiamare sangue
sul tendine lesionato e, contemporaneamente, di diminuire l’edema. Successivamente, dopo altre manipolazioni del tendine, passai ad un
successivo cataplasma fatto
con guaiacolo,glicolepropilenico, creta silicea, caolino e
metilsalicilato che pensavo
avrebbe terminato l’opera, seguendo il concetto trainante
che va curato il malato e non
la malattia e che unendo terapie fitoterapiche e farmaci
si ottengono risultati superiori.
Ci mise qualche giorno, poi
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Itano poggiò il suo regale piede a terra e da lì tutto andò
in discesa. Visto poi che non
ci ci facciamo mancare nulla, Itano si procurò una sobbattitura con tanto di ascesso, risolta solo con argilla localmente.
Ci furono momenti di rassegnazione e impazienza da
parte dei proprietari, data la
lentezza iniziale dei progressi, ma alla fine ci fu un risultato certo. Come dice il proverbio? “Il male arriva a cavallo, ma torna indietro a piedi”. Così è stato.
Vorrei sottolineare un fatto che reputo interessante. Dopo la guarigione il nostro cavallone tentava di zoppicare
ancora, mantenendo così un
atteggiamento che per tanto
tempo era stato la sua quoti-
dianità. Nel tempo quell’abitudine è scomparsa, ma è molto frequente in casi cronicizzati e guariti in tempi lunghi.
Ricordo, a questo proposito,
un setter inglese afflitto da artrite acuta. Una volta terapizzato e guarito, il proprietario mi chiamò lamentandosi
che il suo Ramses zoppicava
ancora. Andai a vederlo e lui
lo chiamò in tono diabetogeno: «Dai Ram, fai vedere al dottore come ti fa male la zampina, tesoro…» Al ché, il piccolo re arrivò da noi con l’occhio triste e zoppicando tragicamente… dopo una sana
visita la cosa non mi convinceva ancora. Tornai il giorno
dopo con una finta lepre da
cinodromo, andammo in un
prato e gliela mollai davanti
al muso. La lepre partì a raz-
I tempi di recupero di Itano sono
stati lunghi, ma la pazienza dei
suoi proprietari è stata premiata
zo e Ram dietro di lei, in piena velocità! In dialetto reggiano
si dice che “al caveva la gera!”, cioè il movimento delle
zampe era così vorticoso e potente che “faceva volare via i
granelli di ghiaia del terreno”!
L’ultima volta che lo vidi,
Itano si abbuffava di fieno nel
solito contenitore. Gli feci uno
scherzo da prete e dissi: «Bè,
adesso andiamo al macello»!
Alzò maestosamente il nobile capo, mi guardò con premurosa attenzione. Sembrava che mi dicesse: «Ma sei fuori? Vacci tu».
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