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I:I 26/02/09 17:42 Pagina 1 Università degli Studi della Tuscia - Viterbo Facoltà di Lingue e Letterature straniere moderne Istituto di Studi Anglo-Germanici Studi Anglo-Germanici 3 (Collana diretta da Mirella Billi) I:I 26/02/09 17:42 Pagina 2 QUESTO VOLUME È STATO STAMPATO CON IL UNIVERSITÀ DELLA TUSCIA - VITERBO CONTRIBUTO DELL’ Edizioni sette città di Margarita Fernandez Via Mazzini, 87 01100 Viterbo Tel 0761303020 fax 0761304967 redazione Largo dell’Università snc 01100 Viterbo Tel 0761354620 Fax 0761270939 [email protected] http://www.settecitta.it Edito: Bruno Cenciarini Cover design: Bruno Cenciarini / Emanuele Paris I:I 26/02/09 17:42 Pagina 3 SANDRO MELANI LONTANI ALTROVE CONFIGURAZIONI DEL MONDO IN RUTH PRAWER JHABVALA, KAZUO ISHIGURO E BRUCE CHATWIN sette città I:I 26/02/09 17:42 Pagina 4 I:I 26/02/09 17:42 Pagina 5 INDICE p. p. 7 21 p. 59 p. 103 p. 179 p. 193 p. 203 Premessa Scoprire il mondo: l’India di Ruth Prawer Jhabvala Ricordare il Mondo: Il Giappone di Kazuo Ishiguro Cantare il mondo: l’Australia abo rigena di Bruce Chatwin Coda; occultare il mondo: il set televisivo di Peter Weir Bibliografia Indice dei Nomi I:I 26/02/09 17:42 Pagina 6 I:I 26/02/09 17:42 Pagina 7 7 PREMESSA Now I am free, enfranchised and at large, May fix my habitation where I will. What dwelling shall receive me? in what vale Shall be my harbour? underneath what grove Shall I take up my home? and what sweet stream Shall with its murmurs lull me to my rest? The earth is all before me. William Wordsworth, The Prelude, I, 9-15 Nel ripercorrere la vasta e complessa storia della mobilità umana dall’antichità ai giorni nostri e nel ricostruirne le molteplici forme – dalle epiche imprese dei nostri eroici progenitori, da sempre avvolte dal velo della leggenda e del mito, fino al ben più prosaico turismo di massa, ormai irreparabilmente immalinconito dalla scoperta che, per citare Claude LéviStrauss1, anche i tropici si stanno facendo sempre più tristi – Eric J. Leed2 ne individua, sotto la composita e variegata superficie, i tratti significativi ed emblematici. Tale individuazione gli permette da una parte di effettuare una 1 Cfr. Claude Lévi-Strauss, Tristes tropiques, Paris, Plon, 1955 [tr. it., Tristi tropici, Milano, Il Saggiatore, 1960]. 2 Cfr. Eric J. Leed, The Mind of the Traveler: From Gilgamesh to Global Tourism, New York, Basic Books, 1991 [tr. it., La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale, Bologna, Il Mulino, 1991]. I:I 26/02/09 17:42 Pagina 8 8 necessaria anche se forse schematica tipologizzazione della fenomenologia del viaggio e dall’altra di mettere in luce quanto sia mutato, nel lento passaggio dall’epoca antica a quella moderna, il modo di concepirlo, di affrontarlo e di viverne i momenti costitutivi, partenza iniziale e arrivo finale congiunti dalla fase intermedia del transito. Per gli antichi il viaggio era in genere un’imposizione, voluta da dei esigenti o da un fato imperioso, era un’ingiunzione a cui solo in teoria era possibile ribellarsi. L’allontanamento era per loro un’amara costrizione che per il fatto stesso di comportare, come tutte le partenze di qualsiasi epoca e di qualsiasi terra, un distacco dal rassicurante tessuto sociale e familiare a cui era legata a doppio filo la percezione dell’identità personale si faceva all’istante portatrice di una sofferenza e di un disagio profondi. L’unica consolazione poteva essere costituita dalla consapevolezza che, a meno che non si trattasse di un esilio inflitto a scopo punitivo, tale sofferenza e tale disagio avevano però un carattere transitorio e sarebbero cessati automaticamente al momento del ritorno e del conseguente rientro del viaggiatore all’interno del suo nucleo originario, sia politico che domestico. Come Leed rileva mettendo in evidenza la comune radice etimologica dei sostantivi travel e travail o dei verbi to fare e to fear, il viaggio veniva insomma avvertito come un “travaglio”, come una prova difficile e paurosa, come un cimento faticoso e irto di pericoli il cui sbocco, se l’esito I:I 26/02/09 17:42 Pagina 9 9 era felice, era la riconferma di una certa strutturazione e di una certa configurazione del mondo e la cui ripercussione sull’individuo consisteva nel riconoscimento da parte sua delle componenti irriducibili e inalienabili della sua personalità, nella chiarificazione del ruolo che egli avrebbe ricoperto entro le mura perimetrali del suo ambiente e, infine, nell’acquisizione della saggezza. A partire dal Gilgamesh dell’omonima epopea sumero-babilonese, la tradizione vuole infatti che dopo tante sofferenze e dopo tanti patimenti il viaggiatore si ritrovi invariabilmente un po’ più saggio e quindi più vicino di quanto lo fosse prima alla carismatica figura del filosofo. Con il passare del tempo il viaggio ha subito una radicale trasformazione. Ben lungi dall’apparire ancora come l’esplicazione della necessità o un mandato del destino, oggi rappresenta invece un’esperienza di libertà e una conquista di autonomia a cui si accompagnano la scoperta del proprio io e la definizione di una fisionomia personale da riconoscere al di fuori dei limiti imposti dalla matrice socioculturale di appartenenza. A partire dall’avvento dell’età moderna il viaggio si configura come il frutto di una scelta volontaria, caratterizzata dall’assenza totale di scopi strettamente utilitaristici. Se le peregrinazioni cavalleresche, primo nucleo germinativo del significato degli odierni viaggi, erano determinate principalmente dall’amore dell’avventura in sé e per sé e affermavano quindi l’assoluta emancipazione del soggetto viaggiante dall’ine- I:I 26/02/09 17:42 Pagina 10 10 luttabilità e dalle costrizioni, dal Rinascimento in poi viaggiare è il segno inequivocabile sia della volontà di conoscere il mondo e di soddisfare la propria insaziabile curiosità che del desiderio di muovere alla scoperta di se stessi e di mettere così in luce la propria individualità e la libertà che la contraddistingue. Viaggiare significa dunque confrontarsi e riconoscersi. È opinione diffusa che i viaggi – o almeno quelli, sempre più rari nell’era del turismo di massa, che non comportano l’acquisto di una delle tante offerte reclamizzate dalle agenzie turistiche e che da chi li intraprende pretendono un coinvolgimento interattivo e non soltanto la disponibilità a lasciarsi trasportare in una sorta di capsula mobile avulsa da tutto quanto la circonda – è opinione diffusa, dicevamo, che tali viaggi amplino e stimolino la mente e contribuiscano in larga misura alla formazione intellettuale e alla maturazione umana del soggetto, che viene in questo modo a trovarsi immerso in contesti culturali di cui non può non rilevare sia le evidenti diversità che le inevitabili somiglianze e a cui dovrebbe prestare, se non è affetto da una grave e patologica forma di provincialismo etnocentrico, il suo incondizionato rispetto. Al momento del distacco, inoltre, allorché, seppur per un periodo di tempo limitato e circoscritto, recide i legami protettivi con l’ambiente in cui è nato e cresciuto e sul cui sfondo giorno dopo giorno continua a essere inscritta e confermata la definizione della sua personalità sociale, il viaggiatore scatena un automatico meccanismo I:I 26/02/09 17:42 Pagina 11 11 di ridefinizione del proprio io che, seppur non sempre accompagnata da una piena consapevolezza di quanto sta accadendo, impegna a fondo tutte le sue energie. A contatto con un mondo sconosciuto e a volte intimorente e con un altrettanto sconosciuto e intimorente campionario umano, nell’ineluttabile decontestualizzazione successiva alla partenza, a cui può eventualmente far seguito una progressiva ma lentissima ricontestualizzazione all’interno delle nuove strutture, egli prende sempre più coscienza della realtà più profonda del suo essere, sulla quale è costretto a concentrarsi, dando così, in quella sorta di vacanza e di vacuum sociale che si sono venuti a instaurare, pieno spessore e chiari e nitidi contorni alla sua vera identità. Chiunque ben sa che nella sua più semplice definizione tecnica – uno spostamento da un luogo a un altro, effettuato servendosi di un qualsiasi mezzo di trasporto – il termine “viaggio” accetta come sinonimi vocaboli quali “cammino”, “itinerario”, “passaggio”, “percorso”, “tragitto”, o “transito”, ma è grazie alle sue implicite potenzialità trasformatrici che il viaggio si è potuto fare metafora dei momenti di transizione esistenziale da uno stato a un altro, da una condizione a un’altra, da un modo di vivere e di essere a un altro. Non è certo casuale che su questo piano figurato si sia potuto addirittura imporre come metafora archetipica degli eventi fondamentali dell’esistenza, lasciando un segno indelebile della propria fertilità semantica in una serie di eufemismi linguistici I:I 26/02/09 17:42 Pagina 12 12 che fanno parte del vocabolario quotidiano. Nascendo “veniamo alla luce” o “al mondo”, morendo compiamo un “trapasso”: l’intero ciclo vitale, dalla condizione prenatale del feto immerso nel liquido amniotico al bambino che giorno dopo giorno cresce e diventa uomo avvicinandosi così al momento della morte, non è che una transizione, nella spazio-temporalità esistenziale, da un qui a un là e da un adesso a un poi. La vita è insomma un viaggio. Date queste premesse, è allora naturale che nel corso del tempo il viaggio sia sempre stato oggetto di un’attenzione privilegiata sia nel campo degli studi storici, geografici e antropologici che nell’ambito specifico della letteratura intesa, in tutta la sua ricca varietà di forme, come “finzione”. Se l’antichità, ad esempio, ci ha tramandato dettagliate descrizioni di tante spedizioni militari – basti qui ricordare l’Anabasi di Senofonte o il De bello gallico di Giulio Cesare – con il quindicesimo secolo, momento cruciale della storia della civiltà occidentale a cui può essere fatta risalire la nascita della mentalità scientifica moderna e l’inizio della celebrazione dello spirito di curiosità che caratterizzano la nostra epoca, diventa pressoché normativa la stesura di un resoconto delle spedizioni compiute via mare o via terra. Da una parte abbiamo così le relazioni delle navigazioni portate a termine da Magellano (grazie alla redazione fattane da Antonio Pigafetta), da Cristoforo Colombo, da Giovanni da Verrazzano, da Vasco de Gama, da James Cook I:I 26/02/09 17:42 Pagina 13 13 e da tanti altri più o meno insigni navigatori – testi, tutti questi, a cui, per giungere a tempi a noi più vicini, è doveroso aggiungere il Voyage of the Beagle di Charles Darwin; dall’altra abbiamo quelle delle esplorazioni effettuate da spiriti intrepidi e avventurosi tra i quali spiccano i nomi e il ricordo di Mungo Park, David Livingstone e Sir Henry Morton Stanley3. Accanto ad esse, poi, si situano le esposizioni tramandateci da quei letterati curiosi che hanno voluto lasciare un ricordo indelebile dei loro transiti e dei loro passaggi, ricordo spesso contrassegnato, e dal punto di vista scientifico con ogni probabilità irrimediabilmente viziato, dai loro idiosincratici umori. Rimanendo circoscritti al fronte anglosassone e senza nessuna pretesa di completezza, vale la pena di citare le incursioni sul continente di Joseph Addison, William Beckford e Tobias Smollett, risalenti al momen- 3 Per un’esauriente trattazione delle spedizioni intraprese dall’antichità fino ai giorni nostri cfr., sempre di Eric J. Leed, Shores of Discovery: How Expeditionaries Have Constructed the World, New York, Basic Books, 1995 [tr. it., Per mare e per terra. Viaggi, missioni, spedizioni alla scoperta del mondo, Bologna, Il Mulino, 1996]. Sugli effetti determinati in particolare dalla scoperta del Nuovo Mondo cfr. Tzvetan Todorov, La Conquête de l’Amérique. La question de l’autre, Paris, Seuil, 1982 [tr. it., La conquista dell’America. Il problema dell’ “altro”, Torino, Einaudi, 1984] e Stephen Greenblatt, Marvellous Possessions: The Wonder of the New World, Oxford, Clarendon Press, 1991 [tr. it., Meraviglia e possesso. Lo stupore di fronte al Nuovo Mondo, Bologna, Il Mulino, 1994]. I:I 26/02/09 17:42 Pagina 14 14 to della massima fioritura dell’iniziatica istituzione del Grand Tour e in seguito protratte, tra gli altri, da personalità del calibro di Charles Dickens, John Ruskin, James Fenimore Cooper, Nathaniel Hawthorne, William Dean Howells, Mark Twain, Henry James e D. H. Lawrence. Gli esotici sconfinamenti lawrenciani al di fuori della vecchia Europa, ora in America ora in Australia, vanno poi di pari passo, tanto per portare qualche esempio, con quelli di Robert Byron, Evelyn Waugh, Denton Welch, E. M. Forster ed Ernest Hemingway, che hanno fermato sulla carta le impressioni dei loro viaggi in Afghanistan, in Abissinia, in Cina, in India e in Africa, o in tempi recentissimi con quelli, tra i tanti, dell’inquieto Bruce Chatwin in Patagonia e in Australia4. Nel momento in cui ci allontaniamo da queste testimonianze, caratterizzate da una maggiore o minore pretesa di scientificità, ci rendiamo comunque subito conto che anche nel campo 4 Tra i numerosissimi studi critici dedicati al Grand Tour si segnalano il volume di Attilio Brilli, Quando viaggiare era un’arte. Il romanzo del Grand Tour, Bologna, Il Mulino, 1995 e il catalogo, curato da Andrew Wilton e Ilaria Bignamini, Grand Tour: The Lure of Italy in the Eighteenth Century, London, Tate Gallery Publishing, 1996 [tr. it., Grand Tour. Il fascino dell’Italia nel XVIII secolo, Milano, Skira, 1997]. Sui viaggiatori inglesi del nostro secolo cfr. Paul Fussell, Abroad. British Literary Traveling between the Wars, Oxford, Oxford University Press, 1980 [tr. it., All’estero. Viaggiatori inglesi tra le due guerre, Bologna, Il Mulino, 1988]. I:I 26/02/09 17:42 Pagina 15 15 della letteratura meno legata a tali presupposti di oggettività e di referenzialità il viaggio è da sempre un topos ricorrente, rivestito di un’infinita varietà di forme e caricato di valenze di volta in volta diverse. Possiamo così passare dal viaggio epico di Gilgamesh, dell’Ulisse omerico e dell’Enea virgiliano a quello eroico dei cavalieri della Tavola Rotonda, e da questo alle imprese cavalleresche dell’Orlando ariostesco, agli scontri parodici di don Chisciotte e alle disavventure del cavaliere inesistente di Italo Calvino. Abbiamo poi il viaggio allegorico di Dante e del pellegrino di John Bunyan, entrambi alla ricerca della salvezza cristiana della propria anima, i travels filosofico-satirici di Gulliver, con i loro continui rovesciamenti delle proporzioni e delle angolazioni visive, e le navigazioni dai risvolti metafisici di Gordon Pym e del capitano Ahab con la loro esperienza dell’ineffabile mistero del bianco. Al loro fianco, e su un terreno più ancorato al tessuto del reale, prendono posto le peregrinazioni avventurose ma intrise di una robusta etica mercantile e borghese di Robinson Crusoe, imprenditoriale homo economicus, e della sua consanguinea Moll Flanders, altrettanto abile gestrice di se stessa, nonché quelle picaresche di Lazarillo di Tormes, e dopo di lui e su altro suolo del trovatello Tom Jones, o quelle delicatamente ironico-sentimentali del reverendo Yorick. La lista potrebbe continuare all’infinito e includere il viaggio fantastico alla Jules Verne verso altri pianeti o quello alla H. G. Wells da altri pianeti, le apocalittiche o per lo meno assai I:I 26/02/09 17:42 Pagina 16 16 poco confortanti odissee da terzo millennio che nell’odierna fantascienza ci conducono su astronavi spaziali fino alle soglie dell’infinito, i frenetici spostamenti scanditi dal bop che in On the Road portano da una costa all’altra degli Stati Uniti i disillusi personaggi di Kerouac guidati da Dean Moriarty, o ancora, su un piano metaforico di altissima suggestività, il viaggio introspettivo, così frequente nella letteratura del Novecento, volto, da James Joyce a Virginia Woolf e da Thomas Mann a Italo Svevo, a scandagliare l’insostenibile profondità dell’essere o a esplorare gli insidiosi labirinti della memoria aperti dalla Recherche di Marcel Proust. Il viaggio, dunque, costituisce un panorama così vasto che non permette di tracciare nessuna facile linea di demarcazione e questo libro, di conseguenza, non vuole certo né offrire un contributo all’analisi della sua dinamica strutturale, né ripercorrere la storia delle relazioni che ne sono state fatte, né, infine, tentare di stilare una tassonomia delle forme specifiche che esso ha assunto e potrà assumere nel campo letterario. Vuole soltanto leggere tre testi contemporanei che, sotto la loro innegabile diversità, sono accomunati da sorprendenti affinità. In tutti e tre i casi abbiamo infatti un personaggio – l’anonima, giovane narratrice di Heat and Dust di Ruth Prawer Jhabvala, la ben più matura Etsuko di A Pale View of Hills di Kazuo Ishiguro e il Bruce dalle mille curiosità che si fa voce narrante di The Songlines di Bruce Chatwin – che in qualche modo tenta di scopri- I:I 26/02/09 17:42 Pagina 17 17 re e di definire se stesso a contatto con un ambiente straniero, con un altrove lontano che fa da sfondo alla sua difficile e delicata quest interiore. Straniera, infatti, è l’India di Heat and Dust per l’inglese che vi si reca all’inizio degli anni Settanta per ripercorrervi le orme e ricostruirvi l’esistenza della prima moglie di suo nonno – l’enigmatica Olivia – e straniera è l’Australia aborigena di The Songlines per il Bruce che vuole arrivare a comprendere il significato delle sfuggenti e affascinanti Vie dei Canti che costituiscono il fulcro della religione indigena. Straniero, infine, o almeno ormai tanto distanziato dal tessuto connettivo della quotidianità da avere bisogno forse non di una conquista ma senza dubbio di una riconquista, è anche il Giappone postbellico per la Etsuko che da tanti anni ha abbandonato la città in cui viveva, la Nagasaki devastata dalla bomba atomica, per trasferirsi con la figlia e un nuovo marito in un’imprecisata località dell’Inghilterra, tagliando poi in maniera definitiva qualsiasi contatto con il paese natale, contro il quale però si proietta in un tentativo solo parzialmente riuscito di definire e comprendere se stessa ricorrendo a un viaggio, questa volta metaforico, condotto da cima a fondo sul filo spesso ingannevole della memoria. Aggiungerei, per amore di precisazione, che nessuno dei tre autori parla del proprio paese di origine. Australiano non era certo Bruce Chatwin, inglese, come vedremo, malgré lui. Sebbene in genere annoverata tra gli esponenti I:I 26/02/09 17:42 Pagina 18 18 della letteratura postcoloniale, nonostante il suo matrimonio con un architetto indiano e la sua lunga permanenza a New Delhi scrittrice indoinglese come Anita Desai o Nayantara Sahgal, Bharati Mukherjee o Arundhati Roy non può essere considerata Ruth Prawer Jhabvala, che, figlia di padre polacco e di madre tedesca, alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale si è trasferita insieme alla famiglia in Inghilterra per sfuggire alle persecuzioni dei nazisti contro gli ebrei e trascorre oggi la maggior parte del suo tempo negli Stati Uniti, dove scrive romanzi e sceneggiature cinematografiche in stretta collaborazione, nonostante gli esiti alterni, con il regista James Ivory e il produttore Ismail Merchant. Giapponese, infine, non può essere ritenuto nemmeno Kazuo Ishiguro, che dal Giappone è stato portato via all’età di sei anni, ha trascorso solo brevi periodi nel paese natale, è stato quindi educato in Inghilterra ed è oggi più vicino alla tradizione del romanzo europeo che a quella del romanzo nipponico. In coda al libro, passando dalla letteratura al cinema, ho posto alcune pagine su The Truman Show, il bel film dell’australiano ma ormai da tempo americanizzato Peter Weir incentrato su un’ipotesi fantascientifica, ma al tempo stesso chiaramente metaforica, dell’inquietante condizionamento che può essere imposto a qualsiasi essere umano da parte dei vari mass media culturali e soprattutto dalle potenti network televisive. In contrasto con gli effetti benefici che ai fini del riconoscimento dell’identità personale I:I 26/02/09 17:42 Pagina 19 19 possono essere esercitati sull’individuo dal processo che si instaura nel momento in cui si stabilisce un contatto con l’altrove, qualunque esso sia, in The Truman Show assistiamo alla negazione totale di un qualsiasi spazio contro il quale il protagonista, Truman Burbank, si possa confrontare, con l’inevitabile conseguenza che si impone per lui la necessità di compiere un gesto di aperta, decisa e positiva ribellione che gli permetta finalmente di cominciare a vivere, moderno e ottimistico eroe, genuinamente americano, di un mondo immiserito che riesce a sfuggire una volta per tutte alle manipolazioni di cui, fino a quel momento, è stato solo una vittima inconsapevole. I:I 26/02/09 17:42 Pagina 20 20