montasser al zaidi: un eroe contemporaneo

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montasser al zaidi: un eroe contemporaneo
MONTASSER AL ZAIDI: UN EROE CONTEMPORANEO
Martedì 16 Dicembre 2008 14:31
di Ilvio Pannullo
Il grande imperatore americano George W. Bush ha deciso di fare ieri una rapida visita in Iraq.
Qui - straordinariamente - ha potuto godere, per la prima volta, del sincero intrattenimento della
popolazione locale, venendo accolto con uno dei riti di apprezzamento più sacri del mondo
arabo: il lancio della scarpa. In quella felice terra pacificata grazie all’intuito, all’acume e
all’accurata pianificazione della sua squadra di assi, quella stessa terra nella quale è stato
capace di dichiarare " missione compiuta" più di cinque anni fa, l’ancora per poco Presidente
degli Stati Uniti ha potuto toccare con mano quanto grata gli è la popolazione irachena:
Montasser al Zaidi, giornalista sciita di 28 anni regolarmente accreditato per il canale tv al-Bagh
dadiya
,
ha cercato di colpirlo due volte lanciandogli contro le proprie scarpe, oramai già divenute un
simbolo. Non si sarebbe potuta immaginare una scena migliore con cui chiudere l’ultimo viaggio
della Presidenza Bush in Iraq. Non un semplice viaggio, tuttavia; non un semplice giro di
giostra nella terra liberata dai suoi amatissimi soldati, ma un viaggio super segreto, degno del
migliore agente 007. Ai pochissimi giornalisti che avrebbero dovuto seguire il Presidente nella
trasferta sull’ Air Force One, sono stati, infatti, preventivamente sequestrati i tutti i cellulari. Lo
stesso presidente Bush, per salire sul proprio aereo, si è dovuto travestire e, dopo l’umiliante
episodio - stando a quanto raccontato dai giornalisti al seguito - ha trovato anche l’umorismo
per essere contento del fatto che nessuno lo avesse riconosciuto.
Questo, forse più di qualsiasi altra cosa, dà oggi la reale misura di cosa sia l’Iraq: un paese
dove il presidente che ha speso più di 4000 vite americane, 35.000 feriti oltre a – secondo la
stima del premio nobel per l’economia Joseph Stiglitz - quasi 3 trilioni di dollari, deve andare in
giro alla chetichella, cercando di fare meno rumore possibile.
Il comandante in capo dei liberatori americani é dovuto volare direttamente all’aeroporto di
Bagdad per poi rintanarsi dentro la zona protetta, non potendo neanche osare attraversare le
strade di quella città che, in teoria - questo ci era stato detto quasi sei anni fa - avrebbero
dovuto festeggiare il passaggio dei suoi amati yenkee con lanci di fiori e festeggiamenti. Come
se non bastasse, la sua apparizione ad una conferenza stampa è stata interrotta - evento unico
nella storia americana - da un giornalista iracheno che ha gridato in arabo: "Questo è un regalo
degli iracheni; questo è il bacio di addio, cane".
Il giornalista ha poi tirato una delle sue scarpe verso il presidente, che si è chinato e ha di
poco evitato il colpo. Mentre si sollevava il caos, l’impavido Zaidi, risoluto nei suoi
convincimenti, ha dunque tirato la sua seconda scarpa chiosando: "… questo è da parte delle
vedove, degli orfani e di coloro che sono stati uccisi in Iraq". Purtroppo anche la seconda
scarpa ha mancato di poco il presidente Bush, mentre il primo ministro Nuri Kamal al-Maliki
allungava una mano di fronte alla faccia del presidente per aiutarlo a proteggersi.
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È questo il segno esasperato, tangibile, concreto, di come questa guerra, voluta più di ogni
altra cosa dalla cricca dei neoconservatori ed imposta con la forza dei soldi e del petrolio in
spregio alle più elementari norme di diritto internazionale, sia un fallimento senza precedenti per
l’amministrazione americana. Un fallimento confermato da un rapporto governativo non ancora
reso pubblico ma di cui il New York Times è venuto a conoscenza. Raccogliendo elementi e
stralci di questa “bozza” il giornale afferma, infatti, che tutti gli sforzi rivolti a ricostruire il paese
mediorientale dopo l'invasione del 2003 ed in particolare a ridare forza alla polizia e all'esercito,
sono stati paralizzati da dispute burocratiche e dalla pessima conoscenza della società
irachena.
Il Pentagono, denuncia chiaramente il rapporto di 513 pagine, ha cercato di nascondere il
fallimento gonfiando e modificando le cifre. Un rapporto che semplicemente registra il fallimento
del piano da 100 miliardi di dollari per la ricostruzione dell’Iraq. Secondo quanto detto riportato,
questa immensa quantità di denaro, centinaia e centinaia di miliardi, si sarebbe, infatti, dispersa
nei canali e nei rivoli della corruzione dell’anomalo governo iracheno.
Questo strano governo, solo apparentemente democratico, guidato dal premier al-Maliki, è in
realtà solo un agglomerato di fazioni e di cosche che ha preso il controllo del paese e che ha
messo le mani su questa immensa torta. Il rapporto rende poi noto che solo recentemente, nella
strettissima attualità, si è tornati ai livelli di produzione di energia elettrica precedenti l’inizio
della guerra. Quindi a quasi 6 anni di distanza dall’inizio del conflitto che, è bene ricordare, è
iniziato nel marzo del 2003, dopo migliaia di morti e centinaia di migliaia di feriti americani da
una parte e milioni di morti e profughi iracheni dall’altra, dopo una quantità inimmaginabile di
dollari americani, l’Iraq oggi può essere ben felice di essere tornato peggio di dov’era al
momento dell’inizio del conflitto. Fortuna che ci sono le scarpe, verrebbe da dire.
Impalata, brandita, inchiodata o anche solo mostrata è infatti la scarpa, adesso, il nuovo
simbolo della protesta anti-Bush a Bagdad, oltre a diventare la protagonista delle contestazioni
in piazza contro l’arresto del giornalista iracheno. Tocca sottolineare, infatti, che il lancio delle
scarpe è un'ingiuria particolarmente grave per la cultura araba, tanto più che il cronista ha
tacciato il presidente Usa di essere un cane, offesa pesantissima essendo un animale
considerato impuro dai musulmani. Per questo al Zaidi rischia ora, infatti, una condanna a due
anni di carcere per oltraggio a un capo di Stato straniero in visita, che diverrebbero addirittura
quindici se fosse giudicato colpevole di tentato omicidio.
Fortunatamente al fianco dell’eroico giornalista sono scesi più di 200 avvocati iracheni e di altri
Paesi. Un esercito di legali pronti a difenderlo, a titolo gratuito, dice Khalil al-Dulaymi, ex
avvocato del defunto presidente iracheno Saddam Hussein. "La nostra linea difensiva - dice
l'avvocato - si baserà sul principio che gli Stati Uniti occupano l'Iraq e che quindi ogni forma di
resistenza è legittima, compreso il lancio delle scarpe". Il gesto di al Zaidi ha trovato, poi, anche
il plauso del consiglio degli Ulema: "Un momento storico - lo definiscono - che ha mostrato agli
Stati Uniti ed a tutto il mondo quello che gli iracheni pensano dell'occupazione".
Una cosa è sicura: questa è stata, quasi sicuramente, la circostanza in cui Bush si è più
avvicinato ad un diretto confronto con la realtà della sua eredità in Iraq. Per l'uccisione di più di
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un milione di bambini, donne, uomini, malati, deboli, vecchi e giovani, l'espropriazione della loro
terra a più di 4 milioni di esseri umani innocenti e la distruzione di un'intera società che non
aveva fatto alcun male agli Stati Uniti, né aveva messo in atto alcuna minaccia contro di essi,
l’onta di dover schivare due scarpe. Sempre troppo poco.
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