Modificazioni dei supporti ed evoluzione delle preferenze nel

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Modificazioni dei supporti ed evoluzione delle preferenze nel
Modificazione dei supporti
ed evoluzione delle preferenze
nel mercato della musica digitale
Francesco Balducci
Intellectual Property and Intangibles
Working paper 2006 - Volume 2
cc
2006 Francesco Balducci
Questo articolo è rilasciato con la seguente licenza Creative Commons
Attribuzione - Non commerciale 2.5. - Italia
La licenza è reperibile in testo integrale sul sito Internet www.creativecommons.org
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Coordinamento grafico: Settore Comunicazione esterna
Ideazione Grafica: Tribeka Comunicazione S.r.l.
Stampa: Mariogros Industrie Grafiche S.p.A, febbraio 2007
Indice
Abstract
.................................................................
1
Capitolo primo
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
Capitolo secondo
Il mercato della musica nell’era digitale
2.1 Il mercato musicale in Italia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
Capitolo terzo
L’evoluzione delle preferenze e la sostituzione dei supporti
3.1 Il futuro mercato digitale: le determinanti della domanda e dell’offerta 25
Capitolo quarto
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
Sitografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
Abstract
Si sta attualmente assistendo ad un'evoluzione delle preferenze dei consumatori e ad una progressiva sostituzione dei supporti, dal "digitale classico" del CD,
al "digitale informatico" dei file musicali (MP3 ed altri). Appare necessario per i
produttori e gli artisti tenere conto di tale tendenza, alla luce dei numerosi vantaggi in termini di riduzione dei costi e accesso a nuovi e più vasti mercati. Allo stesso modo dovrebbero adeguarsi la disciplina giuridica sulla tutela della proprietà
intellettuale e la scienza economica di riferimento. In particolare dovrebbe essere
attenuata la netta separazione che nei modelli economici "tradizionali" veniva fatta
fra supporto "classico", legale, e file musicale o file sharing, illegali. Considerando
l'enorme successo dei siti legali di vendita di musica on line, si dovrebbe rivedere
l'importanza relativa attribuita ai costi opportunità associati all'acquisto di un album
su CD o su MP3.
La strategia ottimale non è dunque quella di "reprimere" la diffusione della musica in rete, ma di assecondarne lo sviluppo e di gestirne le possibilità di profitto,
con la consapevolezza che in un'ipotetica situazione "a regime" il file musicale
diverrà il principale supporto di ascolto e fruizione della musica.
This article investigates recent developments in legal and technological protection of digital music and describes the on-going process of format substitution (from
CD to MP3 mainly), as well as consumers' attitude toward music downloads.
Record companies, artists and producers should consider this changing in the environment; economic theory and intellectual property law should do the same. The
'traditional' separation between 'concrete' format (legal) and 'digital' format (illegal)
in the economic literature, as well as the associated opportunity costs, has to be
rethought. Knowing that the MP3 is going to become the most common musical format in the near future, producers' optimal strategy will be not to constrain the proliferation of music on the net. Taking into account of cost reduction opportunities in
terms of promotion, distribution and network effect, the recording industry has to be
ready to internalize the benefits of this technological innovation instead.
1
Capitolo I
Introduzione
In questo lavoro si analizzerà il fenomeno del file sharing e le sue implicazioni. Ciò verrà fatto mediante una raccolta di informazioni sull’impatto che il
peer-to-peer (P2P) ha avuto sul mercato dei dischi e dei concerti. Il proliferare del
fenomeno, la sua efficienza distributiva, la sua capacità di allettare i consumatori e di spiazzare le case discografiche sono ormai note. Meno nota invece è la
relazione che intercorre fra il numero di brani scaricati in rete, le vendite di musica sul mercato tradizionale e ancor più dei concerti. Visti i numerosi ambiti che il
file sharing, direttamente o indirettamente, va a coinvolgere, le vie che si possono intraprendere per spiegarlo sono molteplici, sulla base delle assunzioni iniziali e dell’evoluzione che ci si aspetta. Su questo concetto infatti le opinioni sono
concordi: il fenomeno della condivisione di contenuti multimediali in rete non è
finito, né ha raggiunto un equilibrio stabile. Piuttosto è in continuo divenire, così
come si sta espandendo la quota di popolazione che ha accesso alle nuove tecnologie e a connessioni internet veloci. Allo stesso modo sempre più utenti si stanno abituando ad utilizzare in maniera più intensiva il computer, al pari della TV
o di un altro elettrodomestico di uso quotidiano. All’interno dei normali usi giornalieri, una porzione sempre maggiore spetta alle attività di entertainment, di
divertimento; all’interno di questa quota una posizione preminente è occupata
dalla fruizione della musica.
Attualmente, è innegabile, si è realmente nella digital era, ed il fenomeno
appare in una fase piuttosto avanzata. Hanno contribuito a ciò la moltiplicazione di contenuti digitali presenti in rete, la proliferazione di siti che consentono la
ricerca e lo scambio peer-to-peer di questi contenuti, la possibilità di accesso veloce estesa a molti, la nascita dei nuovi siti a pagamento che consentono di acquistare la musica in rete (AA. VV., 2004) e la diffusione dei dispositivi portatili di
archiviazione ed ascolto musicale.
La critica agli studi riportati in rassegna consiste, in breve, nel fatto che il file
sharing non andrebbe più visto in netta contrapposizione con il mercato legale
basato sui supporti tradizionali (musicassette e CD), né necessariamente identificato con la pirateria. Ancor meno si dovrebbe pensare a meccanismi in grado
di inibire, controllare, impedire, limitare o contenere lo scambio di file sulla rete:
si dovrebbe piuttosto accettare il fenomeno, per certi versi inevitabile. Tale accet-
3
Capitolo I
tazione non va però vista come una cosa negativa, da subire passivamente.
Esiste infatti la possibilità di sfruttare le enormi opportunità offerte dalla rete e dal
P2P, anche dal punto di vista dei produttori e degli artisti. In realtà, se si accetta
come un dato di fatto l’esistenza del file sharing (ed è attualmente difficile pensare il contrario) non sarebbe impossibile per i soggetti economici, che nel loro
complesso chiamiamo i produttori, ovvero l’insieme di artisti, case discografiche,
case informatiche e di high tech, compagnie telefoniche, provider di servizi internet, guidare il fenomeno, incanalandolo in vie a loro favorevoli – non dimenticando a tale proposito l’enorme potere contrattuale di tali soggetti1.
Il file sharing ha messo in discussione l’istituto giuridico tradizionale del copyright, generando divisioni e spaccature nella dottrina, e rendendo altamente ambigui e vagamente delimitati i campi di applicazione delle norme sul diritto d’autore.
La stessa cosa è accaduta all’interno della dottrina economica. Andrebbero dunque rivisti, in quanto minati alle basi, i contributi teorici sulla proprietà intellettuale
e sui brevetti.
In questa sede non verranno riportate le riflessioni di carattere giuridico (Litman,
2004), né le possibili soluzioni di protezione legale e tecnologica (AA. VV., 2005)
per estrarre proventi per l’attività artistica. Particolarmente interessante a tal proposito è l’idea di trattare la musica come una sorta di bene pubblico, optando per una
remunerazione indiretta degli artisti tramite tassazione (Natanel, 2002; Fisher,
2004; Ku, 2002; Lunney, 2001; Gervais, 2004; Lessig, 2004; Romer, 2002).
La principale giustificazione economica all’applicazione di brevetti e copyright consiste nel conferire all’inventore, o al soggetto finanziatore o promotore di
ricerca e sviluppo, un’adeguata remunerazione per gli sforzi intrapresi. L’attività
di ricerca è per definizione assai rischiosa in termini di redditività di impresa: non
solo richiede ingenti investimenti iniziali, spesso irrecuperabili (i cosiddetti sunk
costs), ma basa i suoi ritorni su un periodo futuro sufficientemente lungo di fruizione della rendita, quindi non certo. Di conseguenza, senza l’adeguata copertura finanziaria garantita da brevetti e copyright, chi deciderebbe di investire in
tali attività? Quale sarebbe l’incentivo alla produzione artistica e culturale se dei
risultati derivanti dagli sforzi fatti da un soggetto si potessero impossessare tutti
liberamente? Sarebbe realistico ipotizzare la cessazione stessa di tali attività,
Nota
(1)
4
Qualcuno – è il caso della Apple e di alcuni artisti - si è già accorto da
tempo di tale possibilità, e i risultati sono innegabili. Altri stanno iniziando ora,
entrando nel mercato come follower. L’atteggiamento “oscurantista” invece, soprattutto delle major, non si è rivelato efficace nel lungo periodo, tanto più nell’era di
internet e nei riguardi di una tecnologia internet based: è difficile pensare infatti
che fra il tipo di utenti in questione non si effettui un “passa parola informatico”,
al fine di sfruttare una tecnologia vantaggiosa sotto numerosi punti di vista.
Introduzione
salvo talune eccezioni di individui particolarmente filantropici o motivati da forti
fini artistici o interessi personali diversi dalla remunerazione economica. È chiaro
che, soprattutto per le attività culturali ed artistiche, considerate patrimonio collettivo e motore dello sviluppo di una società, tale situazione sarebbe particolarmente dannosa e da evitare.
Conseguenza diretta di una forte protezione legale, che può apparire indispensabile sulla base di queste considerazioni, è la creazione di posizioni di
monopolio forzoso, discendenti dai “privilegi” rinascimentali, e di situazioni di
distorsione del meccanismo di mercato e della perfetta allocazione concorrenziale delle risorse. Una gran quantità di studi è volta a spiegare quale sia il grado
di protezione ottimale, il punto socialmente efficiente nel trade-off fra incentivi alla
ricerca e garanzia di concorrenzialità e di libera fruizione dei risultati dell’attività
intellettuale. Non solo, se un prodotto artistico può considerarsi un bene pubblico e, per di più un merit good, da incentivare come patrimonio culturale della
società, i motivi di regolamentazione e di intervento di un’autorità pubblica si
fanno più consistenti; si collega a ciò la vasta branca dell’economia che tratta di
beni pubblici e delle inefficienze del mercato.
Gli studi collegabili al fenomeno del file sharing sono raggruppabili in diversi filoni. Un primo, la cosiddetta Economics of Piracy, studia proprio il comportamento ottimale delle imprese in presenza appunto di pirateria2.
Numerosi modelli (Novos e Waldman, 1984; Bae e Choi, 2003; Chen e
Png, 2002; Harbaugh e Khemka, 2001), propongono la difesa dei profitti a
fronte della pirateria tramite la differenziazione orizzontale di prodotto, per ottenere una sorta di discriminazione di prezzo fra i consumatori. Uno dei più interessanti, sia per la sua affinità con la materia trattata che per le sue potenzialità
di “generalizzazione”, è il lavoro di Alvisi, Argentesi e Carbonara (2003). La
conclusione principale del modello è che, in equilibrio, il monopolista non ha
incentivo ad eliminare completamente la pirateria.
Il secondo filone di ricerca (Boldrin e Levine, 2002, e Besen e Kirby, 1989)
immagina il recupero dei profitti tramite il meccanismo dell’appropriazione indiretta. In realtà in presenza di file sharing ed al di fuori di alcune ipotesi di base,
tale meccanismo non risulterebbe praticabile o efficiente. Più specificamente l’ap-
Nota
(2)
Il fenomeno della pirateria nelle stampe e nei libri non rappresenta una
novità nella storia dell’economia; il file sharing però ha introdotto dei mutamenti
significativi. Innanzitutto per un prodotto digitale il valore di un’opera non diminuisce con la copiatura: una copia di un file si presenta in tutto e per tutto simile
all’originale. Parallelamente un soggetto che acconsenta a far duplicare un contenuto multimediale del suo PC non vede per questo lenita la qualità o il valore
del suo “originale”. La differenza stessa fra l’originale e la copia viene meno. Per
di più il costo di duplicazione è diventato, soprattutto per i file musicali compressi, estremamente irrisorio ed indiretto.
5
Capitolo I
propriazione indiretta risulta molto difficoltosa quando non è possibile conoscere
a priori l’ammontare delle copie che saranno derivate da un originale.
Assai più indicati al caso della copiatura della musica in rete sono i due più
recenti filoni di ricerca riguardanti rispettivamente modelli sul network effect, gli
effetti di rete3; e sull’informazione associata ai prodotti digitali.
Nel primo caso, togliendo l’ipotesi piuttosto irrealistica secondo cui i consumatori sarebbero autonomi ed indipendenti nelle loro scelte, si può tener conto
degli effetti di rete, ovvero dell’interdipendenza fra le scelte dei consumatori. Più
tecnicamente si può dire che ogni singolo individuo vede aumentare l’utilità che
deriva dall’utilizzo di un prodotto se maggiore è il numero degli utenti che ne usufruiscono4.
Tali preferenze per un utilizzo di rete si possono riscontrare, secondo i modelli
di questo filone, anche – forse più sorprendentemente – dal lato dei produttori o da
chi mette a disposizione materiale da scaricare, con riferimento ai prodotti multimediali, ma anche stampati. Ad esempio la funzionalità di un software migliora per
mezzo di un maggior numero di utenti, per questioni di compatibilità e scambio di
conoscenze. L’effetto promozione e diffusione non è da meno, così come l’incremento del prestigio di un marchio o di un’opera di diffusione worldwide.
Sulla base di queste considerazioni, in generale, viene rifiutata l’idea che, nell’impossibilità di praticare un’appropriazione indiretta, la pirateria conduca
necessariamente ad una diminuzione dei profitti (Takeyama, 1994; Belleflamme,
2003; Shy e Thisse, 1999; Gayer e Shy, 2003). Conner e Rumelt (1991) difatti assumono che la predisposizione dei consumatori a pagare per un prodotto
software aumenti con il numero degli utenti.
Nota
(3)
Per una rassegna dei principali contributi sul network effect ed una successiva rielaborazione nei confronti del file sharing si veda Ardizzone (2005).
(4)
6
Il caso dei software e dei programmi “open” è particolarmente significativo
a tal proposito anche da un punto di vista tecnico, nel senso che più individui,
programmatori o semplici professionisti, contribuiscono alla creazione, ma soprattutto ai continui miglioramenti del prodotto stesso. Non a caso il celebre sistema
operativo Unix/Linux fonda il suo successo proprio su questa idea di sfruttare le
positive esternalità di rete, lasciando “libero” l’accesso ad alcune componenti di
base dei propri software. Per una trattazione interessante e ricca di riferimenti a
tal proposito consultare Isaac e Park (2004) e Lerner e Tirole (2005). Più recentemente, un meccanismo simile al network effect nei programmi informatici, si è
scoperto nei confronti della musica, seppur in termini più “sociologici” che tecnici. Non è infatti di poco conto il desiderio di molti consumatori di associare ad
un sito di file sharing un sistema di forum di discussione e di chat room in cui
scambiare conoscenze, opinioni, gusti e consigli su un prodotto musicale. Inoltre
anche l’efficienza dei motori di ricerca e la disponibilità, la qualità e la varietà
dei file da scaricare dipendono positivamente dal numero degli utenti.
Introduzione
Un ultimo gruppo di studi (Halonen e Regner, 2004; Duchene e Waelbroeck,
2002; Peitz e Waelbroeck, 2003; Takeyama, 2002 e Zhang, 2002), il più
significativo nel caso della musica in rete, riguarda le proprietà informative per i
consumatori associate ai prodotti digitali. La musica è un tipico esempio di experience good, in cui è importantissimo il fattore promozionale e di diffusione, lo
scambio di conoscenze, esperienze ed informazioni.
Grazie alle nuove tecnologie i canali di distribuzione delle informazioni sono
estremamente più capillari, efficienti e meno costosi, anche in termini di tempo.
Non solo: grazie ai siti di file sharing e, paradossalmente, alla copiatura, una
parte dei costi di pubblicità e di informazione è stata trasferita dai produttori ai
consumatori5.
Da questo ultimo gruppo di studi si colgono anche i primi, importanti benefici economici che si possono trarre dall’attività di file sharing, dal punto di vista
non solo di chi copia, ma anche di chi produce, come gli artisti.
Un discorso affine, che indirettamente riguarda il file sharing, è quello sul mercato dei concerti e la loro complementarietà – che con le nuove tecnologie sta
gradualmente trasformandosi in sostituibilità – con il mercato discografico. A tal
proposito si inserisce anche il concetto di “effetto superstar” nel mercato musicale (Krueger, 2005).
Nell’assenza di univoche e concordi spiegazioni teoriche, molti studiosi
hanno impostato il problema su base empirica, tentando, per mezzo di stime e
studi econometrici di analizzare il rapporto fra file sharing e mercato discografico (Liebowitz, 2003, 2004; Oberholzer e Strumpf, 2004; Peitz e Waelbroeck,
2004), ma anche in questo contesto non si raggiungono conclusioni univoche.
Il resto dell’articolo sarà organizzato come segue: nel paragrafo due verrà
presentato un quadro generale riguardante le modificazioni che il file sharing ha
“imposto” al mercato discografico e dei concerti. Più dettagliatamente si parlerà
del mercato italiano e dei suoi recenti andamenti.
Nel terzo paragrafo invece si riporterà una personale interpretazione dell’andamento del fenomeno, evidenziandone il costante mutamento, e criticando alcune delle assunzioni di base dei modelli della letteratura “tradizionale”.
Il paragrafo finale sarà dedicato ad una breve sintesi conclusiva, con ipotesi
sulle traiettorie di sviluppo futuro del fenomeno studiato.
Nota
(5)
Sebbene il testing attraverso i canali tradizionali sia stato da sempre possibile - attraverso la radio o i canali TV specializzati, ascoltando musica nei negozi di dischi o sfogliando libri e riviste specializzate, ordinati secondo varie classifiche o categorie, o ancora provando una versione ridotta o temporanea (shareware) di un software - gli autori o le case discografiche hanno comunque dovuto accollarsi l’onere di pubblicizzare il loro prodotto, con l’obiettivo di informare
i consumatori delle caratteristiche dell’opera.
7
Capitolo II
Il mercato della musica
nell’era digitale
Il mercato della musica nel suo complesso ha subito notevoli cambiamenti
negli ultimi anni, con particolare riferimento alle vendite di dischi e al prezzo dei
biglietti dei concerti. Tali cambiamenti si collegano inevitabilmente con il fenomeno del file sharing e della proliferazione di contenuti digitali in rete.
Come già visto in introduzione, i nessi di causalità non sono chiari, né nella
letteratura che negli studi empirici. La possibilità di usufruire del file sharing può,
per certi motivi, aumentare le vendite di musica: ciò grazie al sampling, alla maggiore cultura, diffusione e passione musicale, ai nuovi stimoli derivanti dal confronto con gli altri utenti, al network effect, ai nuovi utilizzi e nuovi mercati.
Contrariamente può agire negativamente sulle vendite di dischi, a causa della
maggiore reperibilità di copie e di “alternative” a prezzo assai ridotto.
Da un punto di vista logico è possibile anche ammettere una “terza ipotesi”:
che non vi sia cioè alcun effetto significativo del file sharing sulle vendite. Si genererebbe semplicemente un nuovo mercato con nuovi consumatori (quelli del P2P),
che non avrebbero utilizzato il mercato tradizionale, o consumatori che non cambiano le loro abitudini di acquisto a seguito dell’utilizzo del file sharing.
Da un primo sguardo alle tendenze di lungo periodo6, basate su dati ufficiali RIAA del mercato americano, si nota come sia le vendite di album che i ricavi
inizino ad invertire rotta dagli anni novanta, con un declino evidente dal 1999,
dopo un trend decisamente crescente per circa quindici anni.
Nota
(6)
Una trattazione più approfondita, con rappresentazioni grafiche e tabelle
può trovarsi in Peitz e Waelbroeck (2004).
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Capitolo II
Figura 1
Album venduti
Fonte Liebowitz, 2003
Figura 2
Ricavi dalla vendita degli album
Fonte Liebowitz, 2003
Una prima ed equilibrata riflessione da farsi, contrariamente alle molte drammatizzazioni che risaltano “l’annientamento” dell’industria musicale da parte del
file sharing, è che il recente declino di vendite e ricavi è da considerarsi insieme
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Il mercato della musica nell’era digitale
ad almeno altri quattro picchi negativi nell’industria (1978-82, 1984-86, 1991,
1994-97). Di per sé dunque l’attuale calo non andrebbe visto come un motivo
per allarmarsi (Liebowitz, 2003). Il trend in realtà appare tutt’altro che costante;
emerge una netta non linearità.
Un altro fatto stilizzato di cui discuteremo in seguito, in relazione alla sostituzione fra supporti musicali e alla comparsa nuovi dispositivi tecnologici di ascolto della musica, è il fatto che l’unica grande impennata nelle vendite dei dischi si
è avuta nel decennio dal 1982 al 1993, compreso fra periodi in cui le vendite
si sono mantenute sostanzialmente costanti. Bisognerebbe chiedersi dunque: la
norma è quella del periodo 1982-93, crescente, o quella dei periodi 19731982 e 1994-2001, costanti? (Liebowitz, 2003).
Per studiare più in dettaglio i mutamenti dell’industria musicale consideriamo
le vendite mondiali di contenuti musicali in diverso formato, stilate dall’ente IFPI
statunitense, nel periodo dal 1991 al 2003, rappresentate in figura 3.
L’andamento del mercato aggregato si è mantenuto relativamente costante nel
periodo compreso dal 1991 al 1999, con un fenomeno, bilanciato al suo interno, di definitiva sostituzione fra CD e musicassette. Ciò che è più interessante è
il progressivo declino che si ha a partire dal 2000, sia in termini di unità vendute che di ricavo (Peitz e Waelbroeck, 2004).
Figura 3
Vendite mondiali per formato
Fonte IFPI The Recording Industry in Numbers 2001-2003; figures in millions
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Capitolo II
La tendenza immediata è quella di attribuire questo declino esclusivamente al
fenomeno del file sharing – considerando che la seconda metà del 1999 coincide con la nascita di Napster e la seconda metà del 2001 con le nuove tecnologie di peer-to-peer. In realtà le interpretazioni non sono affatto concordi su
questo punto.
Apparentemente, le vendite si sono stabilizzate durante la seconda metà del
2003, dopo essere inizialmente diminuite del 12%, poi leggermente salite, con
un declino medio del 6% annuo. Chiaramente la comparsa del DVD musicale e
del Super Audio CD a partire dal 2001 hanno aiutato l’industria discografica
(Peitz e Waelbroeck, 2004).
Per quanto riguarda il mercato dei concerti valgono le seguenti evidenze
(Krueger, 2005). Interpretando i concerti come un prodotto complementare, che
tende a diventare oggi un sostituto ai dischi, si possono identificare interessanti
legami tra vendite di dischi, prezzo dei biglietti e file sharing.
Dal 1996 al 2003 ad esempio, nel mercato americano il prezzo dei biglietti dei concerti è rapidamente esploso allontanandosi dall’andamento dell’indice
dei prezzi al consumo, al quale era stato legato per decenni. Nel periodo di riferimento il prezzo medio dei biglietti è aumentato dell’82% mentre l’indice dei
prezzi al consumo, indicativo del costo della vita in generale, è aumentato solo
del 17% (Krueger, 2005).
Figura 4
Andamento del prezzo dei biglietti (basso, medio ed alto) e indice dei
prezzi al consumo, 1981-2003
Fonte Krueger, 2005
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Il mercato della musica nell’era digitale
Tale fenomeno è da imputarsi al mutamento nel rapporto fra mercato dei concerti e dischi, ed in parte all’effetto superstar (Krueger, 2005).
Continuano a tenere, almeno fino al 2000, i ricavi totali, indicando una parziale rigidità della domanda per gli spettacoli. La minor quantità di concerti proposti e di biglietti venduti è compensata dall’aumento dei prezzi. In realtà, dal
2000 al 2003 si è verificata una netta caduta del 10% dei ricavi; nei fatti il maggior prezzo sembra influenzare la domanda dei consumatori. Rispetto alla situazione di ricavo totale massimo e di elasticità della domanda unitaria, il mercato
dei concerti si è trovato, almeno fino al 2000, nella parte rigida della curva di
domanda, con una quantità venduta alta ed un prezzo relativamente basso.
Come si può vedere dal grafico seguente la situazione (apparentemente) sub-ottimale del punto A si è modificata negli anni nella direzione del punto di massimo
ricavo. La caduta del 10% dal 2000 al 2003 tuttavia dimostra che si è “oltrepassato” verso sinistra il punto di massimo ricavo (ovviamente considerando il
mercato nel suo complesso come se fosse un’unica grande impresa), fino al punto
B in cui l’elasticità della domanda è maggiore dell’unità.
Figura 5
Ricavi totali ed elasticità della domanda
P
TR
MR
Max (TR)
B
_=1
A
1995
2000
2003
MR = 0
Biglietti
È assai strano pensare che per anni le major – per giunta in posizione di
quasi monopolio e dotate dei migliori consulenti di marketing e ricerche di mercato – abbiano applicato una strategia apparentemente sub-ottimale di massimizzazione dei ricavi, non preferendo una posizione in cui era possibile diminuire i volumi di vendita (e quindi i costi totali, se quelli unitari sono costanti) ed
aumentare così oltre ai ricavi anche i profitti (almeno fino al 2000). A mio avviso una spiegazione di tale fenomeno va ricercata nel rapporto di complementa-
13
Capitolo II
rietà esistente fra vendite di dischi e concerti. Nel mercato della musica “tradizionale”, prima degli scossoni apportati dall’avvento del file sharing all’industria
discografica, era politica non inusuale quella di utilizzare lo “strumento concerti”
a vantaggio del “prodotto dischi”. Il prezzo dei concerti era tenuto artificialmente basso, per sfruttare l’effetto di promozione sui dischi; le registrazioni invece,
prima fonte di guadagno per gli artisti, erano vendute a prezzo elevato ed in
gran quantità, recuperando così parte dei profitti “persi” con i concerti.
Attualmente invece, grazie al (o per colpa del) file sharing la situazione è diversa: i CD hanno perso progressivamente valore, sia come prodotti di consumo che
in termini di domanda e quindi vendite. Ciò che invece non riesce ancora ad
essere “piratato” è l’abilità e “l’esclusività” di una performance di un particolare
artista: è questo, a seguito della diffusione della musica in rete, il vero prodotto
che gli artisti e le case discografiche devono e vogliono vendere. Come Krueger
(2005) giustamente afferma, CD e concerti sono passati dall’essere beni complementari all’essere beni sostituti; o comunque si è invertito il rapporto di forza
fra i due: i CD – o ancor di più i DVD musicali - sono piuttosto richiesti live, come
ricordo di un concerto a cui si è assistito.
Da una semplice ispezione dei grafici sugli elementi alla base della domanda di dischi, come il prezzo dei CD, l’andamento del PIL nei paesi di riferimento, e lo sfruttamento dei canali di diffusione musicale, non si evince alcuna tendenza uniforme tra i paesi e stabile nel tempo (Peitz e Waelbroeck, 2004).
Dunque, spiegazioni più convincenti vanno ricercate in altri aspetti, come ad
esempio la sostituzione dei supporti, l’aspetto demografico associato al consumo
di musica e le preferenze dei consumatori nei confronti delle nuove tecnologie.
Combinando con la dovuta cautela i risultati di alcuni sondaggi (Peitz e
Waelbroeck, 2004) con le riflessioni teoriche ed empiriche sul mercato, si può
comprendere come il file sharing non abbia un effetto univoco sulle vendite di
dischi. Piuttosto emerge un effetto di “amplificazione” dei comportamenti individuali. Gli studenti che scaricano molto comprano poco e dicono di aver ridotto
i loro acquisti a seguito dell’utilizzo del P2P. Al contrario quelli che sono portati
ad acquistare molti CD dicono di aver aumentato i loro acquisti a seguito dell’utilizzo dei siti di file sharing7. Ciò che più conta a questo punto è l’effetto combinato; secondo gli autori del sondaggio i due effetti sembrano compensarsi: c’è dunque una relativa indifferenza dell’utilizzo della rete rispetto alle vendite di dischi.
Nota
(7)
14
Tali risposte sono perfettamente razionali. Chi non è ben disposto a priori
all’acquisto di dischi trova nella rete un valido alleato per un’azione di copiatura
e di non-acquisto. Chi, al contrario, ama possedere dei CD originali sfrutta i siti
di P2P come stimolo per l’acquisto, la scoperta di nuova musica e la diffusione
di cultura musicale. Per quest’ultimo gruppo di consumatori vale dunque l’effetto
pubblicità, una sorta di esternalità positiva del fenomeno del file sharing.
Il mercato della musica nell’era digitale
In conclusione ci si può chiedere: eccezion fatta per i consumatori di musica,
cosa succede dal lato di chi tale musica la produce o la inventa, ovvero dal lato
degli artisti? Anche su questo fronte le opinioni sono discordanti: c’è chi si sente
profondamente usurpato dei suoi diritti intellettuali e di artista e si scaglia contro
il file sharing a fianco delle major8. Altri, al contrario, sono favorevoli alle nuove
tecnologie, che interpretano (forse con maggiore lungimiranza) come una nuova
via di distribuzione da sfruttare a proprio vantaggio piuttosto che demonizzare9.
In realtà, la posizione prevalente anche in questo caso sembra quella intermedia, confermata da numerosi sondaggi (Peitz e Waelbroeck, 2004).
2.1 Il mercato musicale in Italia
Il fatturato dell’industria musicale italiana nel suo complesso supera attualmente i 3 miliardi di euro. Tale insieme è estremamente vasto ed articolato, e comprende numerose sottosezioni, dai diritti di riproduzione televisiva all’industria
discografica, dai concerti ai canali esteri, fino alla vendita di supporti di riproduzione musicale o per copia privata. L’organo ufficiale di raccolta dei dati e dei
diritti d’autore e di diffusione delle informazioni è, come è noto, la SIAE (Società
Italiana Artisti ed Editori).
Trascurando il quadro generale, si è deciso di scorporare dal totale di informazioni riguardanti il sistema musicale italiano i dati relativi all’industria discografica e, in sintesi, ai concerti, analogamente a quanto già visto per il mercato
internazionale, al fine di trovare eventuali concordanze o controtendenze10.
Nota
(8)
Fra molti altri è il caso, ad esempio, dei Metallica; le affermazioni del gruppo lasciano poco spazio alle interpretazioni e associano senza mezze misure il
file sharing al furto e alla pirateria: “At this moment, all around the world, hundreds of thousands of people are breaking into record stores and stealing CDs
and tapes. Or they might as well be.” (Bartow, 2002)
(9)
Primi fra tutti gli U2 che fin da subito hanno dato il benestare alla Apple per
pubblicare i propri brani nell’iTunes Music Store; non solo: ultimamente i componenti della band hanno “firmato” una special edition dell’Apple iPod in tiratura limitata, che contiene già in memoria al momento dell’acquisto tutta la discografia
degli U2. Fra gli altri si sono convertiti alla musica a pagamento molti grandi nomi
come Bruce Springsteen, Peter Gabriel, Bob Dylan e molti rappers americani.
(10)
Per questo motivo, a completamento dei dati SIAE si è fatto ricorso alla
fonte FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), più indicata per il mercato
discografico. I dati del Panel FIMI sono basati su un indagine campionaria, mentre quelli SIAE sono ricostruiti con un processo di calcolo e stima. Va segnalato
che i dati presentati non risultano omogenei fra loro e sono quindi scarsamente
confrontabili, sia in termini di fatturato che di quantità.
15
Capitolo II
Chiaramente l’industria discografica, e più indirettamente i concerti, sono i
settori maggiormente influenzabili dal fenomeno del file sharing e della digitalizzazione della musica. La discografia nel 2000 pesava per il 46% del totale del
“settore musica”. Gli altri comparti che contribuiscono al fatturato complessivo
sono il ballo (17,8%), lo spettacolo (14,7%), gli strumenti ed edizioni musicali
(13%), i diritti radiotelevisivi (5%), le scuole di musica e conservatori (3%) e altri
diritti (0,5%) (Coram – Bocconi, 2002).
Il prospetto più generale di analisi che emerge dai “Rapporti Musica” della
SIAE è la tabella di incassi lordi della Sezione Musica. Tale sezione è attualmente
suddivisa in otto classi, ognuna delle quali comprende al suo interno numerose
voci. Per una descrizione dettagliata delle classi e degli andamenti di ciascuna
di esse si rimanda alla fonte SIAE.
In questa sede ci si limita a riportare una rappresentazione grafica dell’andamento delle varie classi (particolare interesse va dato alla classe IV, relativa ai
concerti, alla V, della discografia e alla VI, dei “nuovi media”). Attraverso l’utilizzo dei numeri indice, fatto 100 l’anno iniziale, si evidenzia in modo chiaro la
crescita relativa di ciascuna classe, in relazione al totale. All’interno di un fatturato complessivo in lieve crescita si nota l’entrata “trionfale” dei nuovi media,
come le suonerie e, più recentemente, la musica per i telefonini. In costante calo
invece la voce relativa alla copia privata.
Figura 6
Andamento nel tempo del fatturato delle classi SIAE (fatturato 1997 =
100)
700
Classe I
Classe II
600
Classe III
500
Classe IV
Classe V
400
Classe VI
Estero
300
Copia Privata
TOTALE
200
100
0
1997
16
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Il mercato della musica nell’era digitale
Nel contesto dell’industria musicale la discografia costituisce il segmento settoriale più complesso, a motivo del rilevante giro di affari attivato e della numerosità e varietà di processi e operatori coinvolti. L’industria della discografia ruota
attorno a due processi, uno relativo al sell-in, basato sugli interscambi tra SIAE e
case discografiche, piccoli produttori e operatori editoriali; l’altro al sell-out, che
comprende le attività di distribuzione e vendita al consumatore finale.
Si è estrapolato dalla generale tabella per classi SIAE il valore relativo alle
voci “Concerti musica seria (classica-danza-jazz)” e “Concerti musica leggera”.
Per il mercato del disco (Classe V) si è fatto riferimento invece a “Dischi Italia” in
relazione a “Totale DRM” (Diritti di Riproduzione Meccanica), comprensivo anche
dell’importante voce proveniente dall’estero.
Dall’analisi si nota come i concerti acquistino una sempre maggiore rilevanza in termini di fatturato, soprattutto quelli di musica leggera; anche se è notevole la crescita degli spettacoli di musica seria negli ultimissimi anni. In misura più
contenuta crescono le voci relative ai dischi.
Va rimarcata la difficoltà di riportare le effettive tendenze del mercato per
mezzo di tali analisi, a causa di numerosi problemi di valutazione; ciò risulta
ancor più vero nel caso del mercato discografico. In primo luogo l’analisi degli
incassi, valutati con criterio di cassa, risulta, secondo le stesse parole della SIAE,
scarsamente significativa data la particolare tempistica di pagamento prevista
dalle licenze rilasciate ai produttori. Un criterio di competenza sarebbe necessario in tale contesto. Inoltre è assai difficile estrapolare le corrette voci dai dati di
fatturato, in quanto spesso vengono presentati agglomerati di dati, per giunta
dipendenti dalla capacità di riscossione dell’ente e dalle diverse aliquote che vengono applicate.
Più interessante risulta l’analisi dei volumi di vendita per quantità11. Come si
nota dalla tabella seguente, più realisticamente rispetto ai dati di fatturato, il totale delle vendite per unità risulta pressoché stazionario.
Nota
(11)
La distinzione operata dalla SIAE tra tipologie di contratti è la seguente:
• i contratti generali sono stipulati tra SIAE e le case discografiche, che preve-
dono il versamento di compensi per diritti d’autore sulle quantità di supporti venduti in un certo periodo di conto (trimestre, semestre). Vengono utilizzati per produttori professionali con grandi volumi di affari
• i contratti opera per opera prevedono il versamento dei compensi per diritti
d’autore sul numero di copie prodotte. Vengono utilizzati per produttori professionali di piccole dimensioni o per produttori occasionali. Le licenze sono rilasciate per ciascun titolo
• i contratti edicola sono rilasciati per prodotti editoriali abbinati al prodotto musicale. Sono anche definiti “periodici collezionabili”
• i contratti premium sono delle licenze singole rilasciate per ciascun titolo. Si riferiscono a prodotti musicali distribuiti come “omaggio” in abbinamento a prodotti commerciali di qualsiasi natura a fini promozionali.
17
Capitolo II
Tabella 1
Pezzi venduti in migliaia di unità per tipo di licenza
1999
2000
2001
2002
2003
Tot pezzi venduti
108.524
112.056
108.572
109.954
110.792
Var %
-3,25
-3,11
1,27
0,76
Contratti generali
61.698
55.656
56.120
55.016
53.105
Var %
--9,78
0,83
-1,97
-3,47
Licenze singole
28.911
31.481
29.130
29.365
28.287
Var %
-8,89
-7,47
0,81
-3,67
In realtà tale stabilità, o leggero aumento, è attribuibile quasi esclusivamente
al canale dei “contratti edicola”, in costante aumento fino al 24,82% del mercato nel 2003, grazie alle politiche di prezzo scontato che vengono operate per i
supporti venduti in tale canale. Per di più gran parte degli album venduti in abbinamento ai quotidiani consiste in raccolte di musica classica o jazz delle origini,
commercializzate ad un prezzo irrisorio, in quanto non più tutelate dal copyright.
Il mercato tradizionale dunque, attraverso questa semplice scomposizione,
appare in netta crisi (complessivamente -3,54% nel 2003)12.
Alcune divergenze emergono dai dati del “Panel FIMI”13, presi in considerazione poiché coinvolgono lo stesso panorama già monitorato dalla SIAE; le vendite che fanno capo agli aderenti al Panel FIMI costituiscono infatti il 92% della
categoria musica tutelata (“contratti generali industria”) del dato di fonte SIAE
(Coram – Bocconi, 2002).
Nota
(12)
18
Per completezza bisogna ricordare che nel valutare il volume del mercato
italiano bisogna anche tener conto dei supporti importati, generalmente con diritti assolti nei paesi di provenienza. Sebbene per quanto riguarda i dischi ciò non
sia documentato dai dati SIAE, in quanto una quota significativa dei pagamenti
dei diritti all’estero avviene attraverso i canali di altri sub-editori, la bilancia dei
pagamenti con l’estero è estremamente negativa per l’Italia. Il nostro paese risulta un forte importatore di musica internazionale ed un basso esportatore di musica nazionale. Ciò è confermato anche dal saldo dei Diritti di Esecuzione (DEM):
oltre 30 milioni di euro di deficit nel 2003.
(13)
La Federazione Industria Musicale Italiana rappresenta oltre 80 imprese
discografiche italiane, tra le quali le maggiori aziende del settore e più di settanta
etichette indipendenti per un totale di oltre 2500 marchi discografici tra i più noti
del mondo. La rilevazione dei dati si basa sull’adozione dello standard definito
nel documento FIMI-Manuale per la raccolta dei dati di mercato, autorizzato con
provvedimento n. 7003 dell’AGCM del 26 marzo 1999, pubblicato sul bollettino n. 12 del 12 aprile 1999. Tali dati sono stati raccolti e verificati dalla società
PriceWaterhouseCoopers.
Il mercato della musica nell’era digitale
Tra gli anni dal 2001 al 2004 si evidenzia un calo continuo del mercato
discografico italiano, sia in termini di unità vendute che di valore, già iniziato nel
biennio precedente al 2001. Nell’ultimo anno il mercato è declinato del 7,97%
in valore e del 12,67% in termini di quantità vendute, con un totale di 31 milioni di dischi venduti rispetto agli oltre 36 milioni del 2003. Tale tendenza, con l’unica eccezione dell’anno 2002, continua dal 2001, come documenta la seguente tabella.
Tabella 2
Discografia: variazioni (%) di quantità e fatturato
Quantità
Valore
2001
-9
-7,92
2002
7,34
0,52
2003
-7,87
-7,69
2004
-12,67
-7,97
La ripresa del 2002, in termini di quantità più che di valore, in realtà non
nega la crisi del settore, soltanto limitata dal ricorso a campagne di sconti da
parte delle case discografiche e della distribuzione, in quell’anno particolarmente incisive per sopperire al calo di domanda degli anni precedenti14.
All’interno di tale declino la quota più consistente è ovviamente quella del CD
album, il supporto musicale più venduto. Nel 2004 perde l’8,69% in quantità ed
il 7,41% in valore, per una perdita nel triennio di 60 milioni di euro. Dimezzato
il mercato dei singoli, più esposti alla concorrenza delle nuove tecnologie informatiche (-50% a quantità e -47% a valore).
Tabella 3
Variazioni (%) di valore e quantità del mercato discografico: album e
singoli
Album
Singoli
Quantità
Valore
Quantità
Valore
2001
-2,9
-3,13
-0,65
1,44
2002
17,58
6,52
-17,75
-16
2003
-1,49
-3,26
-18,62
-18,25
2004
-8,69
-7,41
-50
-47
Nota
(14)
Nelle parole di Piero La Falce, Presidente ed Amministratore Delegato di
Universal Music e vicepresidente di FIMI: “La fotografia che si vede osservando
i dati è molto nitida. Le aziende hanno limitato l’impatto della crisi ricorrendo a
continue campagne promozionali sul catalogo, ma pagando costi enormi in termini di ristrutturazioni e portando in cassa poco in termini di fatturato. Una situazione non più sostenibile. Questo è un settore industriale che non gode di incentivi alla rottamazione, sostegni fiscali e che affronta una crisi di mercato enorme
solo con le proprie risorse”.
19
Capitolo II
Dopo una decisa affermazione del repertorio italiano su quello estero che,
per così dire, aveva “tenuto” nei primi anni della recessione, fino al punto di raggiungere il 49,33% delle nuove vendite alla fine del 2003, si è verificato un calo
anche in questo frangente: nel 2004 il decremento del repertorio è stato, in termini di quantità, di quasi il 20% mentre quello internazionale dell’11%.
Anche la comparazione con i maggiori mercati europei (Germania, Regno
Unito, Francia e Spagna) pone l’Italia in una posizione di retroguardia. Per quanto riguarda il numero di supporti venduti nel 2000, l’Italia non solo era il paese
a chiudere la classifica con 45,5 milioni di pezzi rispetto ai 70,1 della Spagna,
penultima, o ai 245 della Germania, prima, ma era anche l’unico mercato nel
quale si registrava un vistoso arretramento rispetto all’anno precedente (Coram –
Bocconi, 2002).
Le buone notizie provengono soltanto dal settore dei nuovi media, a conferma dei dati SIAE in precedenza discussi. Innanzitutto il DVD musicale: a seguito
di un trend crescente dalla sua comparsa ha attualmente superato, con un milione e settecentomila pezzi venduti, la quota dei CD singoli. L’incremento è stato
enorme nel 2004: 55,53% a volume e 45,14% a valore. Si tratta dunque di un
settore in ulteriore espansione ed in via di consolidamento che non copre però
che in minima parte il calo complessivo del comparto rappresentando, a valore,
solo il 7,77% del totale.
Infine, è necessario richiamare i dati riguardo alla musica ed alle suonerie per
telefoni cellulari. Sebbene non ancora conteggiati ufficialmente dalla SIAE né
dalla FIMI i proventi di questo settore, ancora marginali, si stanno dirigendo verso
cifre più che ragguardevoli e rappresentano la maggiore speranza per l’industria
musicale italiana. Una nota di demerito in questo senso va rivolta nei confronti
delle istituzioni competenti che non hanno ancora regolarizzato, promosso (ed
incentivato come in altri stati), la diffusione di piattaforme ufficiali per l’acquisto di
musica on line come iTunes, OD2 o Napster 2.0. Se si confrontano i risultati positivi di tali servizi negli altri paesi e l’importanza che viene attribuita a questi nuovi
canali si intuisce ancora una volta l’arretratezza degli italiani nei confronti delle
innovazioni tecnologiche e la lentezza nel recepirle e diffonderle.
20
Capitolo III
L’evoluzione
delle preferenze e la
sostituzione dei supporti
L’idea di fondo di questo lavoro è che attualmente sia in atto un decisivo processo di sostituzione tecnologica e una modificazione delle preferenze dei consumatori a favore nuovi supporti. Tale riflessione rappresenta per certi versi l’attualizzazione dell’idea di Liebowitz (2003): non solo la comparsa dei nuovi supporti ha
incrementato le vendite per il fenomeno della sostituzione – nel caso di Liebowitz
delle raccolte in vinile in nastro ed in digitale – ma ha anche permesso la nascita
di nuovi mercati. È il caso della musica per la prima volta resa portatile, per mezzo
degli walkman e delle autoradio. Tali mercati sono stati tutt’altro che marginali,
anzi hanno rappresentato una fonte incredibile di guadagni per i produttori di musica15. L’impatto della nuova tecnologia informatica è dunque, almeno equiparabile
a quello degli altri “balzi tecnologici” che si sono avuti in passato.
Per analogia sono assimilabili i benefici offerti dalla rete, ovvero l’apertura di
nuovi mercati e le opportunità di profitto.
• Portabilità dei contenuti musicali portata “all’eccesso”. La rivoluzione iniziata con il walkman e l’autoradio si sta spingendo verso i suoi limiti estremi. Dispositivi portatili grandi come un portachiavi o un pacchetto di sigarette16 consentono di ascoltare musica in ogni circostanza, per mezzo di
auricolari, cavi di collegamento, o addirittura via etere tramite onde radio
e bluethooth.
• Possibilità di immagazzinare, in hard disk e dispositivi portatili, una quantità di musica incredibile fino a pochi anni fa. Chiunque può, a costi contenuti, disporre e gestire agevolmente e in maniera ordinata una libreria
musicale sconfinata, che un tempo – per rendere l’idea - avrebbe occupato fisicamente più di un paio di stanze e che, per motivi economici e logistici, era appannaggio quasi esclusivo dei DJ delle stazioni radio (e continua fonte di invidia per gli appassionati di musica).
Nota
(15)
Basta pensare a quanta musica si ascolta in macchina durante gli spostamenti quotidiani o i viaggi, grazie ai nuovi supporti e a seguito delle innovazioni tecnologiche: gran parte degli acquisti di CD o musicassette sono effettuati con
questo scopo.
(16)
Non sarebbe sorprendente se in un futuro non troppo remoto si parlasse di
chip o memory card simili alle SIM card dei telefoni cellulari.
21
Capitolo III
• L’universo musicale si è ampliato notevolmente. La cultura musicale, la produzione, la diffusione, e la musica che ogni individuo possiede o può possedere è innegabilmente aumentata17.
• I file musicali digitali posseggono al loro interno dei contenuti informativi,
che permettono di reperire a costo zero dei dettagli sul prodotto e consentono una accurata catalogazione.
• Possibilità di scambiare opinioni, idee, cultura, e anche file musicali, con
un numero enorme di individui.
• Presenza elevata dei network effect.
• La rete rappresenta il mezzo di comunicazione più efficiente e capillare per
la distribuzione, la promozione, la diffusione del prodotto.
• La rete consente alle major di abbattere notevolmente i costi del punto precedente, “scaricandoli” direttamente sui consumatori. Alle etichette indipendenti e agli artisti emergenti offre invece la possibilità di promuovere il loro
prodotto, grazie ai costi ridotti, e di inserirlo in un canale ad ampissimo raggio; ciò sarebbe stato per loro sicuramente impossibile attraverso i canali
(e con i costi) tradizionali di promozione, marketing e diffusione.
• Possibilità di scaricare musica wireless, in qualsiasi momento e luogo,
anche sui telefoni cellulari.
• Possibilità di acquistare musica legalmente on line, in modo non più fuori
legge dunque, con garanzia di affidabilità e qualità, e con l’aggiunta di
contenuti informativi o extra.
Un significativo passo in avanti va fatto anche, secondo la mia impostazione,
nei confronti dell’ottica dei consumatori e degli utenti del P2P.
Inizialmente il file sharing poteva essere visto come una scappatoia contro il
prezzo esorbitante dei CD originali, praticato in prevalenza da un gruppo ristretto di hacker appassionati di musica, e pertanto identificato come una forma di
pirateria, seppur più evoluta e su larga scala rispetto ai flea market (le bancarelle di vendita di musicassette e CD pirata).
Attualmente, molti più consumatori stanno utilizzando il nuovo formato e, per
certi versi, si stanno “affezionando” ad esso. Sempre più persone utilizzano quo-
Nota
(17)
22
È interessante a questo punto collegare, seppur brevemente, il dibattito
sulla “qualità” del prodotto musicale. Abituandosi definitivamente al MP3 si tende
a dimenticare che esso è un supporto di “serie B”, compresso e “tagliato”, la cui
qualità, seppur apprezzabile, non è paragonabile a quella del CD o del vinile.
L’MP3 è invece adattissimo per un utilizzo “fast”, a basso volume e riprodotto da
diffusori di bassa qualità. Il fatto che questa sia la tendenza della nuova musica
non è un caso. A fronte della gran copia di brani accaparrabili è minore l’attenzione, la passione e l’interesse rivolto ad ogni album.
L’evoluzione delle preferenze
tidianamente, e per lungo tempo, il computer, sempre connesso in rete. È comodo quindi ascoltare un MP3 piuttosto che accendere lo stereo e riprodurre un CD.
La musica si può, oltre che scaricare illegalmente, comprare in rete a costo ridotto, semplicemente e velocemente. Da Internet si possono recepire tutte (e anche
di più) le informazioni contenute normalmente nei libretti dei CD (testi, immagini,
e quant’altro). Pare ovvio chiedersi a questo punto: perché comprare un CD? Per
poi dover convertire i brani in MP3 per poterli sentire nel computer o in un iPod?
Il costo opportunità che tutti i modelli “tradizionali” analizzati identificavano
nell’attività di downloading, va secondo me rivisto. Pur senza semplificare troppo
– motivi per acquistare un CD, o ancor di più un vinile, esistono – il costo opportunità più elevato oggi è piuttosto quello di andare ad acquistare un CD (pagando un maggior prezzo di listino e spendendo tempo e denaro per raggiungere
un rivenditore), per poi volerlo convertire in MP3, o per condividerlo con un
amico in rete, o ancora per non escluderlo dalla nostra libreria musicale digitale.
In altre parole, stiamo decisamente assistendo ad un’evoluzione delle preferenze dei consumatori e ad una progressiva sostituzione dei supporti, dal digitale “fisico” (come il CD), al digitale (“non-fisico” o “informatico”) del MP3.
Anche se a molti questa idea potrebbe non piacere per motivi di tradizione, o
qualitativi, o per gusto personale, tale cambiamento è già in atto ed è inevitabile.
Inoltre per le case discografiche, gli artisti e in generale ai produttori di musica ci può essere nel lungo periodo da guadagnare più di quanto si è perso con
il declino del mercato tradizionale; il caso della Apple prova questa tesi (AA. VV.,
2004).
Tra le altre numerose motivazioni, di diversa natura, alla base di questa transizione, credo infatti che la comparsa e l’incredibile sviluppo dei siti a pagamento
rappresenti una vera e propria “prova del nove” del fenomeno18, l’ennesima conferma di un progressivo spostamento delle preferenze nei confronti della musica
“digitale-non fisica”, facilmente acquistabile, gestibile, organizzabile, scambiabile, trasferibile in qualsiasi tipo di apparato di riproduzione e, non da ultimo, più
economica.
Inoltre entro breve tale sostituzione di supporti potrebbe arrivare ad un livello
talmente avanzato che i consumatori sceglierebbero i nuovi formati indipenden-
Nota
(18)
Nonostante esistano numerose ragioni alla base del successo commerciale di questi siti, viene da porsi la seguente domanda: perché acquistare musica
da siti a pagamento quando, attraverso altre vie, è possibile reperirla gratuitamente? Se non fosse vero che è realmente in atto un fenomeno di sostituzione dei
supporti e di modificazione delle preferenze – e il file sharing interessasse soltanto
a chi vuole impossessarsi di musica senza pagarla – perché tanto interesse verso
iTunes e similari?
23
Capitolo III
temente dal prezzo. Eccezion fatta per una nicchia di appassionati che manterranno una predilezione per il CD, un supporto fisico ed una maggiore qualità, la
maggior parte degli acquirenti rinuncerà volentieri al CD, ingombrante in polverose librerie e associato ad una tecnologia obsoleta. Si tratta della stessa situazione verificatasi con il passaggio dalle musicassette al CD. Al di là dei numerosi pregi del disco a lettura laser rispetto al nastro, superata la fase di transizione in cui il nuovo supporto era acquistato solo dai primi appassionati, tutti si sono
dotati di un dispositivo di lettura ottica dei compact disc. Di conseguenza, già da
molti anni, nessuno vuole più acquistare – ed i produttori hanno praticamente
smesso di produrle – le musicassette, nonostante siano state vendute a prezzi
decisamente ridotti19.
Chi dal file sharing ha ottenuto solo perdite (per ora20) sono gli intermediari,
case discografiche, addetti alla distribuzione, promoter, negozianti. In generale
tutti i soggetti coinvolti nella stampa fisica dei CD, nel loro trasporto, nella vendita al dettaglio, nella promozione attraverso i canali tradizionali e così via. È palese dunque che tali agenti, dotati di un forte potere contrattuale e lobbystico che
accetteranno malvolentieri di perdere, facciano il possibile per stare aggrappati
ai privilegi a loro conferiti dal mercato tradizionale.
I principali ostacoli alla diffusione del peer-to-peer non provengono infatti
dagli artisti che, superato lo spavento iniziale riuscendo in qualche misura – o
attraverso più misure coordinate, tecnologiche e giuridiche – a non perdere la
totalità dei profitti, credo possano apprezzare il file sharing e il P2P. Sicuramente
non vorranno gettare al vento la possibilità di poter operare, semplicemente e con
costi prossimi allo zero, in un mercato “globale” nel vero senso del termine, e di
poter gestire in modo più autonomo la distribuzione, la promozione e la diffusione, peraltro indubbiamente più efficienti e capillari.
Nota
(19)
24
La sostituzione verso il file audio presenta rispetto alle precedenti (dal vinile alla musicassetta e dalla musicassetta al compact disc) un’importante differenza: non è stata gradualmente imposta ai consumatori “dall’alto”. Si è trattato piuttosto di una innovazione demand pull, ideata e perfezionata dagli utenti. Anche
per questo motivo il file sharing ha così tanto spiazzato l’industria musicale e le
case informatiche.
(20)
È improbabile che tali soggetti vengano definitivamente tagliati fuori dal
mercato. È probabile invece che entro breve, tramite accordi con i siti di vendita
di musica a pagamento e con le compagnie telefoniche, le major riescano ad
impossessarsi di alcuni formati audio, e di farli imporre attraverso i canali di diffusione dei brani musicali in rete. Anzi, il comportamento oscurantista e retrogrado praticato finora è forse maggiormente da imputarsi, piuttosto che ad un’ottusa
politica di marketing, alla volontà di “spremere fino all’ultima goccia” un mercato in estinzione, e di estrarne i maggiori profitti possibili durante la transizione.
L’evoluzione delle preferenze
3.1 Il futuro mercato digitale: le determinanti della domanda e dell’offerta
Sulla base delle intuizioni finora raccolte e sfruttando le idee contenute nei
modelli “tradizionali”, ho costruito due tavole sinottiche, la prima dal lato della
domanda e la seconda dal lato dell’offerta. In entrambe ho scomposto le componenti del prezzo e della qualità, indicative delle preferenze dei consumatori, e
gli elementi di ricavo e costo, tenuti in considerazione dai produttori nella computazione dei profitti.
Nella colonna chiamata “fase di transizione” ho descritto la situazione che si
è verificata a partire dalla comparsa del file sharing fino ad oggi, sebbene delle
avvisaglie di cambiamento si stiano già riscontrando.
Quasi tutta la letteratura “tradizionale” tendeva ad identificare il meccanismo
di vendita dei CD con un mercato “legale”, in netta contrapposizione con il file
sharing, univocamente identificato con la pirateria e l’illegalità. Attenuando questa netta separazione, e tenendo conto del sempre maggior numero di utenti del
peer-to-peer e, in generale, delle reti a banda larga e del personal computer, si
possono immaginare risultati assai diversi per il prossimo futuro.
Nella colonna “situazione a regime” vengono pertanto riportati i mutamenti
che il tempo e la diffusione delle nuove tecnologie stanno imponendo alle preferenze dei consumatori e alle scelte strategiche delle imprese.
Nella colonna “Alternativa preferita a regime” si evidenzia, fra le due opportunità quella che garantisce una maggiore utilità per il soggetto economico di riferimento, il consumatore o il produttore. Tale valutazione, almeno in alcune situazioni, non è, né può essere, univoca; in queste evenienze si evidenzierà l’ambiguità del risultato.
Le due situazioni, quella del mercato “tradizionale” di vendita di CD e di supporti “fisici”, e quella del nuovo digitale su supporti informatici verranno indicate
per comodità rispettivamente con “CD” e “MP3”, non volendo contrapporre solamente i due formati, ma due contesti generali. Con il “nuovo digitale” degli MP3
e del file sharing mi riferisco anche ai siti legali, la cui importanza diventa sempre crescente.
25
26
Tabella 4
PREZZO
Variabile
Costo opportunità
(costi indiretti, probabilità di essere scoperti,
tempo impiegato per la
copia o l’acquisto)
Prezzo di listino
Componenti
della variabile
CD > MP3
CD > MP3
CD > MP3
CD < MP3
Situazione
a regime
Fase
di transizione
MP3
MP3
Alternativa preferibile
a regime
Commento
Nei modelli “tradizionali” il costo opportunità maggiore era quello di scaricare musica. Tale attività, considerata difficoltosa e illegale, implicava una qualità scadente, richiedeva tempo, problemi informatici (malfunzionamenti e virus) e notevoli costi indiretti (dal computer, alla rete, al masterizzatore). Attualmente i
problemi qualitativi, informatici e legali sono in parte ovviati
dalla comparsa dei siti a pagamento. I costi indiretti sono costi
che ormai quasi chiunque sostiene, e fanno parte della normale
dotazione di un PC, indipendentemente dal file sharing. Per di
più, se si assume che il digitale stia diventando più “comodo” e
a “portata di mano” (grazie al computer, sempre acceso, ed ai
dispositivi portatili), ritengo che a regime il maggiore costo
opportunità sia piuttosto quello di recarsi dal rivenditore, acquistare un CD e poi doverlo convertire in MP3.
Il prezzo dei CD sarà necessariamente più alto di quello della
musica in rete (a maggior ragione se piratata). Bisogna infatti
tener conto dei costi di produzione “fisica” del supporto, della
stampa delle copertine, del trasporto, della distribuzione e così
via.
Componenti e struttura delle preferenze nella fase di transizione e a regime
Capitolo III
Nota
CD < MP3
CD < MP3
Diffusione musicale (possibilità di reperire brani o
ascoltare nuovi artisti, cultura musicale)
CD > MP3
Vantaggio tecnologico
(portabilità, praticità nell’utilizzo, disponibilità e
varietà di dispositivi in
commercio)
Network Effect (possibilità di scambiare brani,
discutere, condividere
idee, gusti e opinioni)
CD ≥ MP3
Contenuto informativo
(foto, testi, descrizioni,
contenuti interattivi e
multimediali)
CD < MP3
CD < MP3
CD < MP3
CD = MP3
CD > MP3
MP3
MP3
MP3
Ambiguo
CD
Oggi è molto più facile, veloce ed economico, reperire un prodotto musicale, anche se raro o ricercato. Nuovi artisti riescono
ad inserirsi nel mercato e gli artisti marginali possono diffondere
il loro prodotto.
I siti di file sharing consentono di generare forum di discussione
e scambio di contenuti fra un enorme numero di persone. Lo
scambio di CD era pressoché limitato ad una cerchia di amici o
conoscenti.
Attualmente, se si dispone di un computer e di un dispositivo portatile, è agevole ed immediato trasferire gli MP3 ed ascoltarli.
Un tempo i dispositivi portatili non erano disponibili, e la diffusione dei computer più ridotta. In tale situazione il “vantaggio
tecnologico” era a favore del CD.
Un CD contiene un booklet con testi, foto e informazioni.
Attualmente nei siti musicali a pagamento, nei numerosi database internet e codificati all’interno degli stessi MP3 si trovano
le stesse informazioni cartacee21.
Con le attuali compressioni degli MP3 la qualità del CD è preferibile.
In realtà si trovano su internet delle informazioni anche maggiori rispetto a quelle dei booklet, dei contenuti extra, interattivi e multimediali, e informazioni in ambiti affini. Il risultato finale è però, a mio avviso, ambiguo, e dettato soprattutto dalle
preferenze individuali. Infatti le informazioni su internet potrebbero richiedere un tempo maggiore per essere consultate; per di
più molti prediligono il libretto cartaceo per la comodità di lettura e per la sua caratteristica di “bene” fisico, concreto.
(21)
QUALITÀ
CD > MP3
Qualità audio del supporto
L’evoluzione delle preferenze
27
Capitolo III
Si può ora discutere, pur non riportandone gli aspetti formali, il modello di
Alvisi, Argentesi e Carbonara (2003), preso a prototipo della letteratura più
recente teorica ed empirica sul file sharing, la pirateria e la musica digitale. Gli
autori suddividono i consumatori sulla base della loro preferenza per la qualità e
per il maggiore o minore “costo di accaparrarsi un bene illegale”. Tale variabile
è comprensiva del costo di acquisto del masterizzatore, dei CD registrabili, della
connessione internet, della possibilità di essere scoperti da un’autorità antipirateria. Si potrebbe aggiungere anche il costo “sociale” e “morale” di compiere un’azione illegale ed il costo “opportunità” di utilizzare la rete, riordinare e masterizzare i brani.
La mia critica non riguarda la coerenza interna del modello, adeguato al contesto cui è riferito, ma vuole sottolineare invece che proprio il contesto, ovvero il
mercato della musica, sta cambiando profondamente e velocemente, sia sotto l’aspetto tecnologico, sia dal lato delle preferenze dei consumatori.
Pertanto, se si vuole cogliere l’attuale tendenza del fenomeno della musica in
rete, che è in costante divenire:
• non è opportuno identificare il file sharing esclusivamente con il mercato illegale; la distinzione dovrebbe dunque essere fra “musica reperita in rete” e
“musica acquistata su supporto fisico”.
• Se – come realmente accade – è possibile acquistare musica legalmente
anche in rete, o pagare per un formato “criptato o in streaming”, non vi è
ragione per supporre che chi utilizza Internet o il file sharing non debba
pagare un prezzo oltre al costo opportunità. Analogamente non è logico
pensare che chi compra un supporto fisico non sostenga alcun costo opportunità.
• Ciò che conta a questo punto sono i livelli di prezzo, di qualità e di costo
opportunità per entrambe le categorie di soggetti. I valori possono cambiare rispetto alla situazione descritta dal modello.
• La relazione fra costo di acquisizione della copia e preferenza per la qualità diventa meno stringente e va rivista. Identificando l’acquisto di musica
esclusivamente con quello del CD, tale assunzione indirettamente implica
che chi ha una minore predisposizione a copiare acquisterà il compact
disc. A regime, non sarà necessariamente così. Più corretta, seppur non
vera in modo assoluto, rimane la seconda parte della relazione, quella che
lega l’acquisto del supporto fisico con la preferenza per la qualità e la maggiore disponibilità di reddito.
Alla luce di quanto esposto ritengo che la relazione vada rielaborata. Come
già detto la distinzione è fra “supporto fisico” (CD) e “musica reperita in rete”
(MP3). Più semplicemente descriverei la funzione di utilità derivante da queste due
28
L’evoluzione delle preferenze
alternative sulla base delle variabili “Qualità” (Q) e “Prezzo” (P), come spiegate
nella tavola 4.
Q = f (Qualità audio del supporto, Contenuto informativo, Vantaggio tecnologico, Network Effect, Diffusione musicale)
P = f (Prezzo di listino, Costo opportunità)
Un consumatore acquisterà un album su CD se l’utilità complessiva che ne
deriva è maggiore di quella di acquistare un prodotto già digitalizzato.
Il punto cruciale della mia rielaborazione è che, nella situazione a regime, è
assai poco probabile che la precedente affermazione sia verificata (se si considerano le componenti di Q e P e i risultati esposti nella colonna “alternativa preferibile a regime”).
Infatti, sebbene motivate su base intuitiva non disponendo di stime che possano confermarle, quasi tutte le alternative presentate nella tavola sinottica, propendono, a regime, a favore dei supporti informatici digitali e a vantaggio della
musica in rete. Non solo: tutte le determinanti più significative della domanda
(prezzo di listino e costo opportunità, vantaggio tecnologico e network effect)
confermano il risultato.
In realtà dalla tabella emerge anche un risultato più definito: se si considera
che le componenti a favore dei supporti tradizionali o quanto meno ambigue,
riguardano l’elemento qualitativo o caratterizzano l’oggetto fisico in quanto tale,
si può agevolmente immaginare il futuro del CD. Come accaduto in passato per
il vinile, il CD tenderà a diventare un prodotto per appassionati della qualità musicale o del collezionismo – il tempo dirà quanto sarà necessario affinché questa
“nicchia” diventi tale e quanto essa rimarrà grande. In generale per chi acquista
il prodotto musicale in quanto interessato, oltre che al contenuto, all’oggetto “fisico” che lo contiene, dal supporto audio, al booklet, alle copertine, alle decorazioni sul CD. Probabilmente consci di questa tendenza gli artisti e le case discografiche hanno già iniziato a fare uscire degli album sotto forma di prodotto regalo e dalla pregiata fattura estetica, non a caso nel periodo natalizio. Anche progetti paralleli e incrociati, come musica più poesie. È chiaro il valore aggiunto
attribuito alla parte più difficilmente reperibile in rete.
Per quanto riguarda l’MP3 invece, non appena tutti impareranno ad utilizzare e gestire il formato, verranno diffusi e promossi i siti legali e regolamentati quelli di file sharing, gli accessi alla banda larga saranno più capillari, e il costo dei
dispositivi di riproduzione diventerà più abbordabile, il futuro è quello di diventare il supporto di diffusione musicale di massa. Ciò in ragione del minore costo,
della maggiore comodità, del vantaggio tecnologico, degli effetti di rete e della
volontà di scambiare e, non per ultimo, della moda.
29
Capitolo III
Consideriamo infine una seconda tavola sinottica, vista dal lato dell’offerta,
costruita con la stessa logica della precedente.
La variabile alla base delle scelte di ottimizzazione dalla parte dei produttori
è, come noto, il profitto. Le variabili “Ricavi” e “Costi” sono state scomposte in
più voci. Valgono anche in questo caso tutti i caveat esposti in precedenza, nel
senso che sono state considerate solo le componenti più rappresentative di costi
e ricavi con riferimento al confronto fra supporti tradizionali e file sharing.
Con il lato dell’offerta non si intendono soltanto le case discografiche, ma
anche gli artisti, coloro che producono il disco in senso fisico e così via; in generale si è considerata l’industria discografica nel suo complesso come se fosse
un’unica grande impresa.
È curioso osservare che tutte le voci a vantaggio del mercato tradizionale
sono sul versante dei ricavi. Come già detto infatti, il digitale e la distribuzione
attraverso la rete internet consente dei risparmi in termini di costo. Chiaramente,
nel lungo periodo sarà la compensazione quantitativa tra le due variabili a decretare il risultato finale, se prevarranno i vantaggi derivanti dalle riduzioni di costo
o le perdite dovute ai minori – sarebbe meglio dire “meno sicuri” – ricavi.
In realtà questa seconda tavola è piuttosto “pericolosa” e la sua interpretazione difficoltosa. Cercando di immaginare una situazione futura è difficile fare
una previsione accurata, soprattutto perché si corre il rischio di analizzare una
situazione nuova con un’ottica vecchia. Se si guarda alla “situazione a regime”
con l’occhio del mercato tradizionale – e ancor più delle case discografiche –
c’è la possibilità di sopravvalutarne i difetti e di sottovalutarne i pregi. Durante la
transizione infatti le minacce del file sharing sono sotto gli occhi di tutti – basta
dare un occhiata ai titoli di quasi tutti gli articoli di letteratura sulla musica in rete
per farsi un’idea – ed indubbiamente concrete; i benefici ed i possibili guadagni
si stanno iniziando ad intuire, e in parte a vedere, soltanto da un anno a questa
parte.
In un prossimo futuro dunque è possibile che le scelte della colonna “alternativa preferibile a regime” si modifichino, sia come risultato che come “peso” che
rivestono nell’analisi costi-benefici; addirittura è possibile che nuove voci, magari
dalla rilevante importanza, debbano essere aggiunte alla colonna dei ricavi.
Non mi stupirei se a regime, ad esempio, grazie ad un massiccio intervento coordinato di major, case informatiche, tribunali ed artisti si possano incanalare i formati audio digitali in vie gestibili e controllabili simili a quelle del mercato tradizionale.
Inoltre, come suggerisce Litman (2004), se si immagina una situazione in cui
possano coesistere in rete due mercati, uno illegale (dove circola musica “pericolosa”, di qualità peggiore, in formati obsoleti) ed uno legale e regolamentato,
30
L’evoluzione delle preferenze
anche il problema della riscossione dei diritti può essere ovviato. Il conferimento
dei proventi per gli artisti può avvenire secondo l’autore, almeno all’inizio, anche
su base volontaria. La componente di costo che i consumatori pagherebbero più
volentieri sarebbe proprio quella a vantaggio dei loro artisti preferiti; c’è in generale un desiderio da parte degli amanti della musica di non ledere il prodotto
musicale e la remunerazione dei creatori dei brani. In particolare tale situazione
pare plausibile se nel canale “controllato”, quindi favorito dagli artisti, sia possibile trovare musica migliore, più nuova, rara, ricercata e di qualità.
31
32
Tabella 5
RICAVI
Variabile
CD > MP3
CD ≥ MP3
CD (?)
CD (?)
CD ≥ MP3
CD > MP3
Controllo della pirateria
Capacità di riscossione
dei diritti
CD
CD > MP3
CD > MP3
Prezzo applicabile e
mark-up imponibile
Alternativa preferibile
a regime
Fase
di transizione
Componenti
della variabile
Situazione
a regime
Come sopra, attraverso la vendita, più formale, dei dischi, si
poteva recuperare più agevolmente la quota da destinare agli
artisti sotto forma di diritto d’autore. Nel caso della rete si è proposto di tassare, in modo più difficoltoso e indiretto, i supporti
vergini o le connessioni internet. Anche in questo caso però, se
si immagina la vendita legale in rete, si può pensare di poter
inserire comunque all’interno del prezzo una quota per i diritti.
Attraverso la vendita dei supporti tradizionali era possibile tenere più “sotto controllo” la pirateria, sia per le maggiori differenze qualitative fra originale e copia che per le dimensioni del fenomeno. Le registrazioni illegali erano scambiabili fra gruppi di
amici o vendute su mercatini. Con il file sharing il fenomeno è
globale e difficile da controllare. A regime però, grazie ai formati criptati, o all’imposizione di un formato standard, si può pensare che si riesca a garantire un maggiore controllo della pirateria, seppure inferiore a quello del CD, in relazione agli investimenti che le imprese effettuano per la difesa del copyright.
Il CD è venduto ad un prezzo più alto rispetto alla musica in rete;
il mark-up applicabile può essere più elevato se si ipotizza una
minore pirateria.
Commento
Componenti del profitto e struttura delle preferenze nella fase di transizione e a regime dal lato dell’offerta
Capitolo III
COSTI
RICAVI
CD > MP3
CD > MP3
Promozione e Marketing
CD > MP3
Produzione
“fisica”
(creazione e stampa di
CD e booklet)
Distribuzione
CD > MP3
CD > MP3
Dimensione e numerosità
dei mercati
Segmentazione del mercato
MP3
Riduzione dei costi di marketing. Abbandonati i canali tradizionali, la promozione e la raccolta di informazioni sono rimandate
agli stessi acquirenti.
Non è più necessario il trasporto. La distribuzione avviene in
modo informatico, più veloce, efficiente e capillare.
MP3
CD > MP3
CD > MP3
Non è più necessario produrre il supporto fisico. Il costo di acquisto ed utilizzo del server è incomparabilmente inferiore.
Comparsa del nuovo mercato dei dispositivi portatili, dello streaming, delle suonerie e della musica per telefonini. Espansione
dell’universo musicale offerto e domandato.
MP3
MP3
MP3
CD > MP3
CD < MP3
CD < MP3
Con il file sharing c’è la possibilità di andare incontro alla
domanda in modo più capillare ed efficiente, discriminando i
consumatori in base alle preferenze a alle capacità di acquisto.
L’evoluzione delle preferenze
33
Capitolo IV
Conclusioni
In questo lavoro si è cercato di mettere in evidenza la relazione che intercorre fra il fenomeno del file sharing e l’industria discografica. Ciò che di nuovo
emerge, rispetto agli altri studi analizzati è che ci si è accorti, che il fenomeno,
in costante evoluzione, si è differenziato, presentando caratteri nuovi rispetto al
periodo della sua prima diffusione. La proliferazione degli accessi di rete a
banda larga e dei siti legali, insieme alla comparsa dei dispositivi portatili, sempre più economici, di ascolto di file musicali hanno rivestito un ruolo di primo
piano in questo mutamento. Le abitudini e le preferenze dei consumatori si sono
analogamente modificate e, di conseguenza, l’opinione che del fenomeno hanno
l’opinione pubblica e l’industria musicale. Si è anche cominciato a comprendere
meglio le possibilità che le nuove tecnologie possono rappresentare; non più condannata a “senso unico” dunque, l’opzione del file sharing sta gradualmente
entrando nelle decisioni di massimizzazione delle imprese, come elemento di cui
valutare costi e benefici.
Nonostante non siano mancati i tentativi di protezione legale (Berman, 2003;
Thierer, 2003) e tecnologica a tutela della proprietà intellettuale, si avverte l’attuale propensione da parte di artisti e case discografiche di sfruttare le possibili
riduzioni di costi, di ampliare l’universo dei consumatori e poterlo discriminare e
di inserirsi nei nuovi mercati resi disponibili dalle nuove tecnologie.
Si è chiaramente consci, a fronte di ciò, del permanere del problema della
riscossione di proventi a tutela della proprietà intellettuale e della remunerazione
degli artisti, nonché delle nuove sfide che l’istituzione giuridica del copyright si è
trovata ad affrontare, avendo visto minate le proprie basi. In realtà, sebbene non
presentate in questo lavoro, sono state studiate numerose soluzioni a riguardo
(Litman, 2004). Nessuna di esse nei fatti pare sufficiente di per sé; insieme però
sembrano delineare i confini di un nuovo panorama, giuridico, legale, tecnologico ed economico, che necessariamente dovrà adattarsi – e ne rappresenta una
conferma – ad una mutata percezione del fenomeno del file sharing.
Da ultimo ritengo interessante svolgere due riflessioni: la prima sull’evoluzione
delle preferenze dei consumatori e la seconda sul futuro del prodotto artistico
musicale.
35
Capitolo IV
Si ha l’impressione che attualmente, anche dal lato dei consumatori, si affrontino possibilità e strumenti nuovi con un’ottica vecchia – prerogativa questa di una
fase di transizione. Vi è motivo di ritenere che, se la musica è facilmente disponibile con un clic del mouse, a costi estremamente ridotti, ed ascoltabile in qualsiasi momento e luogo – anche nei telefoni cellulari – possa venir presto meno l’odierna corsa all’accaparramento e all’immagazzinamento del maggior numero
possibile di file musicali. Non mi stupirei se in un futuro non troppo remoto gli
appassionati di musica non si possano ritenere “sazi” di tutta la musica ascoltata
e cambino la loro attitudine nei confronti del prodotto musicale che, parallelamente, cambierà le sue connotazioni. Gli album potranno divenire sempre più
ridotti e fast, sia in termini di durata che di fruibilità. Gli artisti si troveranno a
dover fronteggiare la tendenza – almeno da parte della massa – ad una fruizione “usa e getta” (stile “fast food”) del prodotto musicale, e ad una “concorrenza”
più che spietata fra contenuti. Non si valorizzerà forse più la band in sé ma le
preferenze istantanee di ogni singolo consumatore.
La tendenza limite è quella di proporre dei contenuti musicali in streaming, o
di poter accedere istantaneamente a degli sconfinati database da cui ascoltare
ciò che si vuole, quando si vuole. Una sorta di radio digitale “a comando”, personalizzabile sulla base dei gusti individuali (che sia una sorta di rivincita della
radio, la prima, vera forma di diffusione musicale libera ed universale…?).
36
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