trump._giornalino - Senatore Salvatore Gangitano

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trump._giornalino - Senatore Salvatore Gangitano
U.S.A., Trump accerchiato e a
rischio delegittimazione. Il
Congresso indagherà su ingerenze
della Russia nella campagna
A poco più di un mese dall’inaugurazione del mandato
presidenziale arriva il via libera a un'inchiesta sugli attacchi
degli hacker russi. Intanto dieci membri del Collegio elettorale
che deve designare ufficialmente il tycoon hanno chiesto
all’intelligence maggiori informazioni su cosa i russi avrebbero
fatto per manipolare le elezioni. Puntano a indebolire quello che
considerano un candidato moralmente inadatto alla Casa
Bianca
Sempre più accerchiato. E’ la situazione in cui si trova Donald Trump a poco più
di un mese dall’inaugurazione del suo mandato presidenziale. I repubblicani del
Congresso hanno acconsentito a un’inchiesta sul ruolo della Russia durante la
campagna presidenziale 2016. E dieci membri del Collegio elettorale – che il 19
dicembre deve designare ufficialmente Trump alla presidenza – hanno chiesto al
direttore dell’intelligence maggiori informazioni su cosa i russi avrebbero fatto
per manipolare le elezioni americane.
L’inchiesta è stata annunciata dal leader repubblicano del Senato, Mitch
McConnell. Mai particolarmente caloroso nei confronti di Trump – in silenzio
per gran parte della campagna elettorale -, McConnell ha spiegato che
“qualsiasi violazione da parte di un paese straniero della nostra cybersicurezza è
un fatto inquietante”. Accogliendo la richiesta di un gruppo di senatori
democratici e repubblicani – tra questi Chuck Schumer, John McCain, Lindsay
Graham -, McConnell ha escluso la formazione di una commissione ad hoc e ha
detto che le commissioni Intelligence e Forze Armate del Senato saranno
incaricate dell’indagine.
Si trasforma quindi in iniziativa politica concreta la tempesta scatenata dal
rapporto della Cia, secondo cui il governo russo ha messo a punto una strategia
di hackeraggio diretta a favorire Donald Trump. Le conclusioni esplosive del
rapporto hanno lasciato il segno anche alla Camera, dove un altro repubblicano,
lo speaker Paul Ryan, annuncia un’indagine simile a quella del Senato. “Come ho
detto nel passato – ha spiegato Ryan – qualsiasi intervento straniero nelle nostre
elezioni è inaccettabile. E qualsiasi intervento da parte della Russia è
particolarmente problematico perché, con il presidente Putin, la Russia è stata
un aggressore che ha costantemente minato gli interessi americani”.
Parallelamente alla notizia delle indagini promesse dal Congresso, è intanto
scoppiata un’altra bomba. Dieci dei 538 membri del Collegio elettorale, che
dovranno votare il 19 dicembre per sancire il risultato delle elezioni e mandare
Trump alla Casa Bianca, hanno inviato una lettera al direttore della national
intelligence, James Clapper, chiedendo informazioni sulle indagini in corso. I
dieci – un repubblicano e nove democratici – citano i Federalist Papers del 1787
e spiegano che uno dei ruoli dei membri del collegio elettorale è proprio quello di
prevenire “il desiderio di poteri stranieri di guadagnare un ascendente
improprio nella nostra politica”. In altre parole, i dieci dicono che prima di
votare per ufficializzare l’esito delle urne vogliono capire se davvero la Russia
abbia agito per favorire Trump. La mossa dei dieci, già definiti Hamilton
electors, è soltanto l’ultima iniziativa che alcuni membri del Collegio elettorale
stanno prendendo per evitare di votare a favore di Trump. A loro giudizio, il
ruolo che i Padri Fondatori hanno dato al Collegio elettorale è proprio quello di
vegliare e bloccare l’ascesa alla presidenza di un demagogo o di un
candidato moralmente inadatto a diventare presidente. Quale appunto, per loro,
è Donald Trump.
Di fronte a questa marea montante, il presidente eletto scalpita e si sente sempre
più accerchiato. C’è, anzitutto, un dato squisitamente politico. Le polemiche sul
presunto intervento russo riesplodono proprio nel momento in cui Trump è
pronto ad annunciare ufficialmente la nomina di Rex Tillerson, amministratore
delegato di Exxon Mobil, a segretario di Stato. Tillerson è stato ospite nella Dacia
di Vladimir Putin dopo la firma di un contratto che permette a Exxon di
esplorare riserve di petrolio nell’Artico russo. In cambio, alla compagnia di stato
russa Rosneft è stato consentito di comprare partecipazioni nei progetti su suolo
americano di Exxon. Tillerson è stato anche insignito di un’alta onoreficenza,
proprio da Putin. I legami del possibile futuro segretario di stato con Mosca sono
stati immediatamente segnalati e non hanno fatto buona impressione tra gli
stessi repubblicani. “Essere un ‘amico di Vladimir’ non è un attributo che spero
trovare in un segretario di stato”, ha twittato Marco Rubio.
Oltre le contingenze della politica e della scelta dei nomi della futura
amministrazione, non sfugge a Trump che quello in corso potrebbe trasformarsi
in qualcosa di più ampio e pericoloso: e cioè una decisa delegittimazione della
sua nomina a presidente. Proprio per parare la minaccia, nelle ultime ore Trump
stesso e il suo staff hanno rilasciato dichiarazioni a raffica. Prima è arrivata la
messa in discussione delle conclusioni del rapporto della Cia. “Questa è la stessa
gente che diceva che Saddam Hussein aveva le armi di distruzione di massa”, ha
scritto in una nota ufficiale il transition team di Trump. Lo stesso presidente
eletto, durante un’intervista a Fox News, ha definito “ridicole” le conclusioni
della Cia, mentre la sua advisor, Kellyanne Conway, afferma che la storia della
Russia è soltanto “l’ultimo capro espiatorio” dei democratici per giustificare la
sconfitta di Hillary Clinton.
La veemenza delle reazioni di Trump e dei suoi è anche un segno della gravità
della minaccia. Una rivolta, anche parziale, dei membri del Collegio elettorale
potrebbe costituire un grave imbarazzo. Di più: l’inchiesta del Congresso
sull’hackeraggio russo promette di proseguire per mesi e di catalizzare l’interesse
di media e opinione pubblica. Il risultato potrebbe essere soprattutto uno. Un
candidato che ha già spaccato l’America si avvia alla Casa Bianca privo della
legittimità politica e morale necessaria per ricoprire il ruolo di presidente.
EUGENIO SALVAGGIO III B