modelli di class action a confronto
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“MODELLI DI CLASS ACTION A CONFRONTO” PROF.SSA GAETANA MARENA Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Indice 1 TRATTI CARATTERIZZANTI LA CLASS ACTION STATUNITENSE ---------------------------------------- 3 2 ALTRI MODELLI A CONFRONTO: LA CLASS ACTION IN CANADA ED IN AUSTRALIA ------------ 9 3 LA DISCIPLINA EUROPEA DELLA CLASS ACTION IN GERMANIA, IN SVEZIA, NORVEGIA E DANIMARCA ED IN FRANCIA E SPAGNA---------------------------------------------------------------------------------- 14 4 IL MODELLO DI CLASS ACTION INGLESE ------------------------------------------------------------------------ 18 5 L’AZIONE COLLETTIVA RISARCITORIA ITALIANA ---------------------------------------------------------- 21 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 30 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto 1 Tratti caratterizzanti la class action statunitense La legge finanziaria, dai commi 452 a 454 dell’art. 2, ha introdotto nel nostro ordinamento la c.d. “azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori”, presentata quale strumento generale di tutela nel quadro delle misure nazionali volte alla disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti. La disciplina di questo peculiare tipo di azione, dotata di efficacia a far data dal 29 giugno 2007, si inserisce, sub art. 140 bis, dopo l’art. 140 del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ( il Codice del Consumo). In realtà, l’approdo italiano all’azione collettiva risarcitoria1 è il frutto di un fenomeno internazionale di circolazione dei modelli processuali, tutti funzionali, nonostante le sensibili divergenze, a garantire a gruppi di persone delle forme di accesso collettivo alla tutela rimedialerisarcitoria dei propri rispettivi diritti, alternative alle classiche azioni individuali. Significativa è stata l’influenza del modello di class action introdotta negli USA, che, da decenni, detiene un ruolo primario nella gestione dei rapporti tra cittadini e soggetti giuridici, pubblici e privati, operando su una vasta rete di settori, dai casi di prodotti nocivi ( farmaci e tabacchi) ai casi di intossicazioni ( ad esempio, da mercurio) ai disastri aerei e ferroviari fino alle controversie tra consumatori ed imprese. Fermo restando che negli Stati Uniti non vi è un modello unico di class action, ma alla disciplina federale si affiancano le diverse soluzioni a livello statale, rimane comunque, quale autentico e fondamentale paradigma, l’impianto delineato dalla Rule 23 delle Federal Rules of Civil 1 Sull’argomento la bibliografia è ricca: M. Taruffo, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, in AA. VV., Le azioni collettive in Italia, ( a cura di ) C. Belli, Milano, 2007, 13 e ss.; A. Giussani, Modelli extraeuropei di tutela collettiva risarcitoria, 72 e ss.; G. Resta, Azioni popolari, azione nell’interesse collettivo, “class action”: modelli e prospettive di riforma in una recente riflessioni, in Riv. Crit. Dir. Priv., 2007, 2, 331 e ss.; P. Fava, Class actions tra efficientismo processuale, aumento di competitività e risparmio di spesa: l’esame di un contenzioso seriale concreto, in Corr. Giur., 2006, 535; V. Vigoriti, Impossibile la class action in Italia? Attualità del pensiero di Mauro Cappelletti, in Rass. Forense, 2006, 95 e ss.; A. Carrata, Dall’azione collettiva inibitoria a tutela dei consumatori ed utenti all’azione collettiva risarcitoria: i nodi irrisolti delle proposte di legge in discussione, in Giur. It., 2005, 662 e ss.; S. Chiarloni, Appunti sulle tecniche di tutela collettiva dei consumatori, in Riv. Trim. dir. Proc. civ., 2005, 385 e ss.; C. Consolo, Fra nuovi riti civili e riscoperta delle class actions, alla ricerca di una giusta efficienza, in Corr. Giur., 2004, 5, 565 e ss.; P. Fava, L’importabilità delle class actions in Italia, in Cont. Imp., 2004, 166 e ss.; P. Rescigno, Sulla compatibilità tra il modello processuale della class action ed i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano, in Giur. It., 2000, V, 2224-2228; A. Giussani, Studi sulla class action, Padova, 1996; G. Ponzanelli, “Class action”, tutela dei fumatori e circolazione dei modelli giuridici, in Foro it., 1995, IV, 305-310; C. Consolo, Class actions fuori dagli USA?, in Riv. Dir. Civi., 1993, 622 e ss. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Procedure, norma adottata dalla Corte Suprema Federale degli Stati Uniti nel 1938 e successivamente modificata nel corso dei decenni, che ha costituito ed ancora costituisce punto di riferimento per le legislazioni e le corti statali2. Il modello di class action statunitense si regge su un sistema di legittimazione, attiva e passiva, diffusa e liberista: qualsiasi individuo, che appartenga ad una classe di portatori di interessi omogenei, può assumere la veste di rappresentante della classe, facendosi carico di instaurare e di condurre l’azione collettiva in nome ed in rappresentanza degli altri membri della classe, ove però a risultare a tutti gli effetti parte attrice o parte convenuta è in realtà la classe stessa, soggetto entificato e rappresentato dalla persona fisica o giuridica che ha assunto le vesti di rappresentante. La legittimazione alla proposizione della class action, dunque, non è rimessa dal modello statunitense, nelle mani dell’associazione o di altre figure similari. La fattispecie dell’attore collettivo è aperta a qualsiasi soggetto- persona fisica o giuridicache, in quanto titolare di un interesse che presenta le stesse caratteristiche di quelli di altri individui, possa rappresentarli nel loro insieme. Ovviamente, l’instaurazione e la prosecuzione di una class action richiede notevoli sforzi investigativi per delineare la responsabilità dei potenziali convenuti ed implica ingenti investimenti, comportando altresi’ non pochi rischi. Ciò implica che i veri motori delle class actions non siano i singoli cittadini colpiti da eventi plurioffensivi, bensi’ gli studi legali eventualmente collegati ad associazioni rappresentative di determinate compagini sociali. Da questo punto di vista, gli studi legali si rivelano essere i soggetti piu’ idoeni, proprio quanto ad organizzazione e risorse, a contrapporsi ai grandi gruppi imprenditoriali, capaci di resistere con stormi di avvocati. La governance delle azioni collettive non è riposta nelle mani delle associazioni e, dunque, non poggia sul rapporto dialettico tra queste ultime e le imprese. E’ allora evidente che molti studi legali hanno acquisito un’esperienza notevole nella materia, investendo notevoli risorse nella ricerca di illeciti di massa e contribuendo alla 2 Sul tema, A. Giussani, Azione collettiva, in Encicl. Dir., Milano, 2007, Annali I, 132 e ss.; R. Marengo, Garanzie processuali e tutela dei consumatori, Torino, 2007; P. Fava, Class action all’italiana: “ paese che vai, usanza che trovi”, Corr. Giur., 2004, 3, 398 e ss.; A. Giussani, Le “mass tort class action” negli Stati Uniti, in Riv. Crit. Dir. Priv., 1988, 331 e ss.. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto realizzazione dell’obiettivo piu’ nobile della professione forense, ovvero la promozione e la tutela dei diritti degli individui. La Rule 23 non circoscrive la class action ad un campo determinato oppure a particolari figure di titolari di diritti o interessi ovvero a fattispecie particolari di responsabilità civile o specifici convenuti, ma pone dei prerequisiti che devono essere soddisfatti affinchè la corte possa ammettere l’azione di classe. La norma precisa che uno o piu’ membri di una classe ( i class representatives) possano agire in giudizio oppure essere convenuti quali parti rappresentative di tutti i componenti la classe solo laddove siano soddisfatti i seguenti prerequisiti di ammissibilità: La classe annoveri un cosi’ elevato numero di membri tale da rendere impraticabile la via di un cumulo di azioni individuali in un unico giudizio; Ricorrano questioni di diritto o di fatto comuni alla classe; Le pretese o le difese delle parti, che si presentano quali rappresentanti della classe, siano dello stesso tipo di quelle che connotano la classe; Le parti che rappresentano la classe garantiscono un’adeguata e corretta protezione degli interessi della classe. Si desume che l’ambito di operatività del modello di class action statunitense sembri piuttosto aperto, ovvero senza limiti quanto alle fattispecie cui può applicarsi. Tuttavia, il novero delle controversie collettive, che possono dar luogo ad azioni di classe, risulta in realtà ben piu’ circoscritto di quanto possa far presupporre l’apertura denotata dalle lettura della norma. A questo riguardo, occorre sottolineare una caratteristica fondamentale del modello statunitense: le corti, una volta poste dinnanzi alla prospettiva di una class action, devono subito verificare se sia possibile procedere alla “certificazione della classe”, godendo in questo vaglio di ampi margini di discrezionalità. In particolare, in occasione della certificazione di classe, le corti si trovano a dover verificare non solo la sussistenza dei prerequisiti minimi per la configurazione della class action, bensi’ anche la convenienza stessa della prosecuzione dell’azione collettiva in forma di classe. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Le corti, posto che siano soddisfatti i prerequisiti minimi di ammissibilità, possono pervenire alla certificazione della classe solo se la prosecuzione separata di azioni individuali esercitate dai singoli membri della classe ingeneri il rischio di giudicati inconsistenti o difformi con riferimento ai singoli membri della classe; se la parte, che si contrappone alla classe, abbia tenuto condotte, attive o omissive, che interessino la classe, rendendo conveniente che i rimedi finali riguardino l’intera classe; se le questioni di diritto o di fatto comuni ai membri della classe predominino sulle questioni dei singoli appartenenti alla classe ( regola della predominanza delle questioni comuni agli appartenenti alla classe sulle questioni individuali). La funzione dell’istituto della certificazione è quella di scongiurare abusi dello strumento della class action ed utilizzi impropri dello stesso, tanto da dar luogo ad un netto ridimensionamento della possibilità di accerdervi3. Altra caratteristica sicuramente peculiare del modello statunitense si rinviene nell’estensione degli effetti della sentenza resa in seno alla class action, sia essa favorevole ovvero sfavorevole a tutti i memebri della classe, senza che questi ultimi, per tale efficacia, debbano manifestare la loro adesione, cioè se debbano in qualche modo effettuare un opt in. Questo sistema presenta l’indubbio vantaggio di non lasciare privi di tutela gli appartenenti alla classe rimasti all’oscuro della tutela collettiva intrapresa. Se, però, la sentenza che definisce il giudizio di classe è vincolante per tutti i soggetti che soddisfino l’identikit del class representative, è comunque riconosciuta la possibilità per i membri della classe di chiamarsi fuori dalla compagine ( opt out), laddove ricorrano i presupposti. Altro profilo della class action statunitense è l’elasticità del processo. La corte può determinare, caso per caso, le modalità di svolgimento del processo ed adottare le misure idonee ad evitare inutili ripetizioni o complicazioni nella presentazione delle prove o delle difese. In pratica, la corte può adattare il processo alle peculiarità della controversia, scongiurando che gli schemi e le logiche che governano la procedura nelle azioni individuali possano di fatto ostacolare l’efficiente gestione della class action. 3 La class action statunitense, nonostante i suo numerosi aspetti positivi, è stata oggetto di diverse critiche da parte della dottrina. Tra gli attacchi piu’ significativi si può menzionare la promulgazione il 18 febbraio 2005 del Class Action Fairness Act del 3 febbraio 2005. Trattasi di una legislazione che è il frutto di una strategia chiaramente finalizzata a ridimensionare l’impatto della class action sull’industria statunitense. Emerge una visione partigiana dell’istituto, sino a colpire il commercio degli Stati Uniti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Occorre poi osservare che le peculiarità della discovery nordamericana, fase che precede il dibattimento ed è caratterizzata da una notevole propensione alla trasparenza, incidono sensibilmente sul processo di classe, sollevando le corti da una serie di incombenze istruttorie che nelle class action sono significativamente amplificate. In particolare, si può ricordare che, attraverso la discovery, si pervenga al trial con tutte le carte sul tavolo, il che agevola la risoluzione di tutta una serie di questioni. Non si può, poi, non fare cenno alla possibilità per la classe, attraverso il suo rappresentante, di domandare che il dibattimento sia presidiato da una giuria (trial by jury), con tutte le implicazioni di un giudizio, cui partecipa direttamente la cittadinanza. Altro aspetto caratterizzante il modello statunitense è la possibilità di ottenere il risarcimento dei danni punitivi, che si rinviene solo in un numero ristrettissimo di altri casi, come ad esempio il Canada. In primo luogo, la prospettiva del conseguimento di un danno punitivo costituisce un ottimo incentivo alla promozione di azioni di classe, le quali si prestano piu’ di altri giudizi a logiche risarcitorie di tipo sanzionatorio; piu’ specificamente, la metà dei danni punitivi offre una valida ragione ai veri finanziatori delle classi ( gli studi legali) per sobbarcarsi ingenti spese di ricerca, nonché per farsi carico dei rischi. In secondo luogo, l’eventualità di una condanna al risarcimento dei danni punitivi incide non poco sulle valutazioni, che i convenuti si trovano a dover svolgere in merito all’opportunità di addivenire ad una soluzione transattiva della controversia, già di per sé costosa; le imprese sono stimolate a non resistere fino alla fine. Da questo punto di vista, lo spettro del danno punitivo, oltre ad incentivare i potenziali convenuti a scongiurare situazioni di responsabilità, presenta una sua logica in termini di efficienza delle dinamiche della class action. Altra peculiarità del sistema statunitense, da ricondurre all’opportuna rivisitazione della Rule 23 operata nel 2003, è il ruolo assegnato alle corti nel caso in cui le parti, in seguito alla certificazione, trovino un accordo transattivo, oppure decidano di rinunciare a determinate pretese ed eccezioni. Mentre nel modello italiano, il giudice non svolge alcun controllo sulla transazione raggiunta in seno alla camera di conciliazione, nella class action statunitense le pretese, le questioni Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto e le eccezioni possono essere fatte oggetto di accordo transattivo, essere rinunciate o sottoposte a compromessi arbitrali, solo previa approvazione della corte. La corte, prima di esprimersi, deve informare tutti i membri della classe, che possano essere interessati e vincolati dalla transazione o dalla rinuncia o dal compromesso, potendo pervenire all’approvazione solo dopo aver tenuto un’udienza per svolgere le valutazioni caso per caso. La corte può anche rifiutarsi di accordare la sua approvazione all’accordo transattivo proposto, se questo non contempla per i singoli membri della classe, che non abbiano esercitato l’opt out, una nuova possibilità di optare per l’uscita dalla classe. Questa impostazione si spiega con l’intento di tutelare i membri della classe dalle decisioni assunte dai class representative e, soprattutto, dagli avvocati. Ogni membro della classe, infatti, può benissimo opporsi alla proposta soggetta allo scrutinio della corte. Altro dato da sottolinea è la competizione cui sono soggetti gli avvocati che intendano rappresentare la classe nella veste di class counsel. Non è, infatti, scontato che l’avvocato che sia il promotore di fatto dell’azione sia poi il suo leader; la corte certificante, laddove piu’ avvocati si propongano per il ruolo di class counsel, dovrà scegliere il legale piu’ idoeno a rappresentare gli interessi della classe, per una migliore tutela dei suoi membri. In particolare, la corte che certifica l’azione di classe è tenuta a nominare l’avvocato che rappresenti la classe, considerando diversi profili, quali l’impegno profuso dal legale nell’identificazione o nella ricerca delle potenziali pretese confluite nella class action; l’esperienza dell’avvocato nella conduzione della class action ovvero di altri tipi di controversie di una certa complessità; il grado di conoscenza da parte del difensore del diritto applicabile all’azione; le risorse che il legale s’impegnerà ad investire nel rappresentare la classe; la capacità dell’avvocato a rappresentare adeguatamente e correttamente gli interessi della classe. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto 2 Altri modelli a confronto: la class action in Canada ed in Australia Il modello base della class action canadese, ridefinito ed affinato sotto molteplici aspetti dalla Supreme Court of Canada in tre importanti decisioni del 2001, si caratterizza per una serie di peculiari profili. Anche in questo modello, al pari di quello statunitense, un individuo, persona fisica o giuridica, agendo quale rappresentante di una classe di soggetti accomunati da interessi convergenti, può dar luogo ad un’azione collettiva per il risarcimento dei danni, oltre che per altri eventuali rimedi. E’ parimenti ammessa la class action passiva. Non sono state poste limitazioni soggettive quanto alla tipologie di persone che possono avviare o condurre una class action; l’ambito operativo non è circoscritto a determinati settori e, se ciò corrisponde sulla carta al modello americano, tuttavia l’instaurazione di class action non incontra nelle province canadesi le resistenze poste negli ultimi anni dalle corti statunitensi in una serie di campi di particolare importanza per la tutela collettiva risarcitoria. Come nel sistema statunitense risulta centrale la certificazione della classe ed i criteri per l’ammissione della classe sono meno rigidi ed impeditivi rispetto alla class action statunitense. E’ anzitutto richiesto che sia identificabile una classe composta da due o piu’ persone, senza che però sia previsto un numero minimo. Le pretese o le difese dei membri della classe devono presentare semplicemente delle questioni comuni. Difetta però nella fattispecie canadese la regola del predominio delle questioni comuni su quelle individuali. Occorre che, ai fini della soluzione delle questioni comuni, la via processuale della class action risulti preferibile rispetto ad altri percorsi. Questo è il requisito della preferebility. Il soggetto che si propone quale rappresentante della classe non deve dimostrare che la propria posizione è quella tipica dei membri della classe, ma solo di poter adeguatamente rappresentare quest’ultima, di non avere interessi contrapposti agli appartenenti alla classe e di aver predisposto, presentandolo conseguentemente alla corte, un vero e proprio piano per la gestione della class action che individui anche le linee guida per la comunicazione della stessa ai vari membri della classe. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto L’introduzione della class action interrompe il decorso della prescrizione per tutti i membri della classe, sino all’eventuale esercizio del diritto dell’opt out. Sotto il profilo strettamente processuale, si segnala, analogamente al modello statunitense, la notevole flessibilità; le corti godono di ampia discrezionalità nella gestione processuale della class action. E’ anche possibile richiedere che il dibattimento si svolga davanti alla giuria, allorchè le questioni da affrontare non risultino esclusivamente di diritto. E’ necessaria l’autorizzazione della corte sia per il caso in cui le parti si determinino, anche solo per inattività, a rinunciare al processo e sia per l’ipotesi della conciliazione, dovendo in quest’ultimo caso la corte valutare, con riferimento agli interessi dei membri della classe, la ragionevolezza della transazione, considerando l’ammontare del risarcimento dei danni, le prove a disposizione acquisite nella fase della discovery; le clausole e le condizioni dell’accordo; i costi e la durata del processo; il numero dei membri della classe e l’assenza di collusioni. La sentenza che definisce il giudizio collettivo vincola tutti gli appartenenti alla classe, a prescindere dai suoi esiti, ad eccezione di coloro che abbiano optato per la propria esclusione con il meccanismo dell’opt out. Questo è il motivo per cui anche nel modello canadese si dedica attenzione alla comunicazione dell’intervenuta certificazione ai membri della classe; forma e contenuti della notice sono assoggettati all’approvazione della corte che ha certificato la classe, in alcune legislazioni provinciali, poi, l’onere della comunicazione non grava sull’attore,ma sul convenuto. Per ciò che concerne il risarcimento dei danni, le corti, oltre a riconoscere i danni punitivi, detengono un certo qual margine di discrezionalità sui criteri da applicarsi nella distribuzione dei risarcimenti tra i vari membri della classe; le eventuali somme, che non vengono reclamate dai danneggiati, possono essere restituite al convenuto oppure essere attribuite ai fondi governativi ( questo è ad esempio il caso della Columbia Britannica). Quanto al discorso sul finanziamento della class action, ci sono delle sfumature simili al modello statunitense. Gli avvocati possono stipulare patti quota-lite, ancorchè questi accordi, diversamente dal modello nordamericano, siano sottoposti all’approvazione della corte che certifica la classe ed in alcune province debbano fare i conti con la regola della soccombenza. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Ad esempio, in Ontario, la parte soccombente è tenuta a corrispondere alla parte vittoriosa le spese di giudizio, ma va altresi’ dato atto come si preveda a favore degli attori l’intervento di un fondo- il Class Proceedings Fund- che li assiste nell’assolvere a questo incombente, oltre che al pagamento degli onorari dei propri legali. Nella Columbia Britannica, invece, gli attori, che si vedano rigettata l’azione, sono esonerati dal pagare i costi della parte vittoriosa. In Quebec, le spese legali del rappresentante di classe sono coperte da un’agenzia governativa. Da questa disamina emerge che allora il modello canadese riproduce gran parte delle caratteristiche tipiche della class action statunitense, ma presenta anche aspetti di originalità decisamente interessanti, che s’inseriscono in un contesto giurisprudenziale meno restrittivo, tanto che l’istituto in questione ha conosciuto una rapida diffusione nelle province canadesi. Per quanto concerne il modello australiano, vige un approccio piu’ liberale alla class action. In realtà, il diritto australiano, sia a livello federale che statale, già possedeva dei meccanismi per la gestione di multi-party actions, ma questi, essendo assoggettati a criteri decisamente restrittivi, erano inadeguati e caddero in disuso. Fu cosi’ che, dopo anni di studio, in Australia sono approdati all’approvazione di un nuovo regime per i procedimenti imperniati sul meccanismo della rappresentanza, con l’inserimento nel Federal Court of Australia Act 1976 di una nuova sezione dedicata ai representative proceedings, entrata in vigore nel marzo 1992 e largamente ispirata al modello statunitense. Il modello australiano presenta delle peculiarità che per alcuni aspetti lo distinguono dal modello canadese per altri da quello statunitense. Quanto ai requisiti per la configurabilità della classe difettano restrizioni particolari. La classe deve essere composta da almeno sette persone, non necessariamente identificate, che rechino nei confronti dello stesso soggetto pretese, afferenti a circostanze simili o connesse ed a questioni di fatto o di diritto comune. La class action può essere intrapresa anche nei casi in cui le pretese dei singoli membri della classe abbiano per oggetto il risarcimento dei danni che richiedano una valutazione individuale; può aver luogo anche laddove le pretese dei membri della classe non abbiano origine da un medesimo rapporto contrattuale oppure da una medesima condotta, attiva o passiva. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Non è necessario poi che l’atto introduttivo identifichi esattamente i singolo membri della classe, essendo sufficiente che siano delineati i criteri per la loro individuazione; non è analogamente richiesto il consenso dei singoli membri della classe. Possono essere membri della classe anche persone incapaci e la corte, in ogni fase del procedimento, può autorizzare la parte che rappresenta la classe a rivedere la descrizione della classe stessa. Per la legittimazione attiva, non ricorrono requisiti particolari, essendo unicamente richiesto che la persona o le persone che avviano una class action abbiano un interesse sufficiente ad intraprendere questa iniziativa. A livello processuale, difetta il filtro della previa certificazione della classe. L’azione non necessita di una fase specifica per la certificazione della classe; in particolare, la disamina delle questioni è solo eventuale, essendo circoscritta al solo caso in cui la corte ritenga che l’azione non possa procedere come class action in quanto i costi del procedimento superino la somma dei costi che ciascun singolo processo potrebbe comportare oppure se la tutela rimediale possa essere conseguita per intero attraverso un altro tipo di procedimento. La corte gode di ampi margini di discrezionalità nella determinazione di quali siano le questioni da decidersi collettivamente e di quali siano quelle da affrontarsi individualmente. Analogamente ai modelli statunitense e canadese, sono previsti esiti conciliativi, con la previsione di accordi transattivi. Si prevede che il rappresentante della classe possa addivenire ad un accordo transattivo che riguarda solo lui e non già la classe, ma tale possibilità è condizionata al permesso della corte che deve preoccuparsi di garantire la sopravvivenza della classe. Nel modello australiano, ben diversamente da quello statunitense, gli avvocati possono cercare di addivenire ad accordi transattivi con i singoli membri della classe in costanza di procedimento., alla duplice condizione che siffatta iniziativa avvenga in buona fede e sia data alla corte la possibilità di ordinare ai convenuti di sottoporre agli avvocati la bozza dell’accordo per la valutazione di eventuali scorrettezze. L’inizio della class action, come nel modello canadese, produce automaticamente la sospensione del decorso dei termini di prescrizione per ciascun membro della classe sino a quando questi non eserciti l’opt out oppure il procedimento si chiuda senza aver disposto alcunché sulle singole pretese. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Anche il modello australiano contempla il diritto per gli appartenenti alla classe, che non intendano essere assoggettai agli esiti del giudizio collettivo, di esercitare l’opt out. La corte fissa la data entro la quale i membri della classe, una volta regolarmente notificati, devono comunicare l’eventuale decisione di escludersi dall’azione; decorso tale termine anche questi risulteranno destinatari della sentenza collettiva; spetta alla corte determinare forme e modalità della comunicazione da inviare ai membri della classe; può anche accadere che sia il convenuto a doversi fare carico di informare gli appartenenti della classe. I singoli membri possono richiedere alla corte di partecipare personalmente al procedimento per la determinazione di questioni che non riguardino altri appartenenti alla classe; gli eventuali costi sono attribuiti al singolo membro della classe. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto 3 La disciplina europea della class action in Germania, in Svezia, Norvegia e Danimarca ed in Francia e Spagna Il legislatore tedesco solo nel 2005 ha compiuto un significativo passo in avanti verso lo sviluppo della tutela collettiva risarcitoria, adottando il provvedimento che delinea un vero e proprio modello di giudizio collettivo funzionale al risarcimento dei danni. Il procedimento presenta delle peculiarità. La domanda d’instaurazione del procedimento collettivo è proponibile dall’attore o dal convenuto solo in seno ad un giudizio individuale; essa può essere formulata solo ad istanza di parte in seno ad un giudizio individuale, correttamente instaurato dinnanzi ad un giudice competente. Il giudice, investito del giudizio individuale e richiesto di avviare la procedura che conduce alla decisione-modello, se accerta che sussistono i presupposti per il passaggio al procedimento collettivo, individua le questioni comuni meritevoli di trattazione congiunta e provvede a far iscrivere la domanda individuale nell’apposito registro pubblicato nella Gazzetta federale elettronica. Se nei quattro mesi successivi a tale forma di pubblicità vengono iscritte nel registro almeno altre nove domande dirette alla risoluzione della questione individuata come comune, il giudice emana il provvedimento che avvia in concreto la procedura, rimettendo la decisione-modello alla Corte d’appello a lui sovraordinata, essendo la competenza individuata in capo a quest’ultima. Siffatta rimessione ha l’effetto di sospendere tutti i giudizi pendenti e vale altresi’ quale chiamata in causa, per ordine del giudice rimettente, delle parti dei vari giudizi individuali, che diventano automaticamente parti del procedimento-modello a prescindere dalla loro volontà e senza che possano chiamarsi fuori. La Corte d’Appello, vincolata dal provvedimento di remissione del giudice a quo, individua d’ufficio tra i membri della classe l’attore-modello ed il convenuto-modello, scegliendoli in base al criterio della migliore convenienza. Effettuate tali nomine, la Corte d’Appello procede alla trattazione della controversia. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto La decisione, che definisce il giudizio collettivo, è vincolante per i tribunali di primo grado che hanno competenza a decidere il merito delle azioni individuali, potendo assurgere a giudicato sostanziale solamente qualora disponga dell’oggetto della controversia. In seguito alla decisione-modello, suscettibile d’impugnazione da parte di coloro che hanno partecipato al procedimento collettivo, le pretese individuali riprendono il loro corso dinnanzi ai giudici inizialmente aditi, che dunque definiscono le singole pretese risarcitorie. I costi del giudizio sono divisi tra le parti in quote proporzionali al valore delle pretese risarcitorie esperite e la soluzione transattiva può aver luogo solo ed esclusivamente con il consenso di tutti gli intervenienti nel giudizio collettivo. Da questo sintetico quadro si comprende come il legislatore tedesco sia stato cauto nell’ammettere questo istituto. La class action è infatti circoscritta quanto ai suoi margini operativi ed ai soggetti cui è destinata, ovvero gli investitori. Trova applicazione solo in relazione alle controversie aventi ad oggetto, con riferimento al mercato finanziario, il risarcimento dei danni causati dalla presentazione di informazioni false o ingannevoli oppure dall’omissione di informazioni. Decisamente piu’ risolute del cauto legislatore tedesco sono state la Svezia , la Norvegia e la Danimarca. Tutti questi tre ordinamenti, vinte le resistenze dei partiti piu’ conservatori, hanno consapevolmente optato per l’adesione a modelli di tutela collettiva risarcitoria decisamente piu’ vicini al tipo di class action. Hanno accolto l’idea del representative action, distinguendosi tra loro quanto alla scelta del meccanismo partecipativo all’azione di classe, avendo da un lato Svezia e Norvegia aderito al meccanismo dell’opt in e dall’altro essendo la class action danese imperniata sulla logica dell’opt out. Le azioni introdotte in questi Stati, oltre a presentare degli schemi di gestione del processo collettivo piuttosto simili, condividono altresi’ un’impostazione aperta alla definizione dei legittimati attivi; questi ultimi possono essere anche dei singoli soggetti privati e non già solo associazioni oppure autorità pubbliche. Non sono richieste particolari qualificazioni di questi soggetti. Per ciò che concerne la Francia, questa presenta una disciplina alquanto scarna. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto L’azione collettiva risarcitoria francese, introdotta dalla legge n. 88 del 14 gennaio 1988, poi confluita nel 1993 in seno all’art. 422-1 del Code de la Consommation, è infatti circoscritta al solo caso di risarcimento dei danni, subiti da due o piu’ consumatori, in conseguenza dell’uso dello stesso tipo di prodotto difettoso. La legittimazione attiva, inoltre, spetta esclusivamente alle associazioni riconosciute, impedite dalla legge ad effettuare qualsivoglia attività di promozione dell’azione e soggetta, inoltre, alla duplice condizione di aver conseguito un autentico mandato da parte di almeno due consumatori e che tutti gli altri danneggiati siano stati individuati. La sentenza finale ha effetto solo per i consumatori rappresentati dall’attore collettivo. Per questi motivi, l’azione collettiva risarcitoria francese non ha avuto particolare successo. Per contro, in Spagna, la disciplina è ben piu’ articolata, anche se presenta evidenti lacune. I suoi orizzonti applicativi sono circoscritti alla sola protezione dei consumatori e degli utenti, come emerge dall’art. 1 della legge 2000 n. 1, che distingue tre tipi di azioni collettive, a seconda della possibilità di individuare i singoli membri della classe, denotando una certa qual propensione ad un modello di tutela collettiva affidato prevalentemente alle associazioni. Se i destinatari della tutela sono direttamente gli associati ad un’organizzazione di consumatori o di utenti, quest’ultima, senza alcun pregiudizio per la legittimazione individuale dei singoli, può frasi promotrice dell’azione collettiva; se gli appartenenti alla classe sono perfettamente individuati o agevolmente identificabili, l’iniziativa dell’azione collettiva non spetta solo ed unicamente alle associazioni dedicate alla protezione dei consumatori, bensi’ anche al gruppo formato dagli individui accomunati dai medesimi interessi; se non è possibile l’individuazione dei singoli membri della classe, sono legittimate unicamente le associazioni individuate dalla legge. Da questo breve quadro emerge che in Europa, con l’eccezione dei Paesi scandinavi ( Svezia e Norvegia) e della Danimarca, l’approdo a modelli di tutela collettiva risarcitoria si è giocato prevalentemente nei termini di una costante ricerca di vie sostanzialmente e processualmente diverse dalla class action americana. Questa indagine ha trovato varie giustificazioni, sia di tipo tecnico sia di natura politica. Sotto il primo profilo, sono state evidenziate le difficoltà ad importare un modello costruito intorno ad un sistema processuale connotato da fattori prevalentemente tipici del diritto statunitense e non rinvenibili nelle altre tradizioni; in relazione al secondo versante si sono registrate, anche in Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Italia, delle vere e proprie avversioni alla class action, ossia una visione politica dell’esperienza USA fortemente negativa, spesso condizionata da tutta una serie di vicende giudiziarie d’oltreoceano. Ma se i diversi Stati membri, sia pure con sfumature differenti rispetto al modello statunitense, si sono attivati nella predisposizione di sistemi di gestione collettiva delle pretese risarcitorie comuni a piu’ cittadini danneggiati, l’Unione europea si ritrova ancora in alto mare. Diverse sono le ragioni di questo arretramento. Anzitutto, la difficoltà concreta a realizzare un modello uniforme per tutti gli Stati. La creazione di un modello unico a dimensione europea per le azioni collettive risarcitorie si scontrerebbe inevitabilmente con le profonde diversità sussistenti tra i vari sistemi relativamente ad una moltitudine di profili, quali l’organizzazione delle corti, le modalità di accesso alla giustizia, le regole processuali, il diverso ruolo della classe forense. Poi la stessa concorrenza tra i modelli nazionali di riferimento per la predisposizione di una tutela collettiva risarcitoria oppure lo stesso ingresso nell’Unione Europea di Stati che potrebbero incontrare non poche difficoltà ad armonizzarsi a sistemi di tutela collettiva risarcitoria. Nonostante ciò qualche primo passo è stato compiuto con il Documento 2007-2013, con cui la Commissione ha predisposto un intervento, a tutela dei consumatori, sul fronte del risarcimento collettivo, con l’obiettivo di facilitare l’accesso alla giustizia negli small claims stante la ricorrente sproporzione tra l’ammontare dei danni risarcibili in capo ai singoli danneggiati ed i costi che si trovano a dover sopportare in seno alle azioni individuali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto 4 Il modello di class action inglese Il diritto inglese detiene indubbiamente il primato storico dell’invenzione del modello del representative suit, posto che sul finire del seicento la Chancery Court, facendo leva sui principi dell’equity, fu ostile ad azioni caratterizzate dall’estensione dei limiti soggettivi dei giudicati ad individui assenti nei giudizi. Tali azioni caddero in disuso quanto al loro impiego sul fronte della tutela risarcitoria, ciò soprattutto quando agli inizi del novecento, non ritenendosi soddisfatto il requisito della con titolarità della situazione soggettiva azionata, si escluse la procedibilità, attraverso il modello del representative suit, di domande finalizzate al risarcimento dei danni. Il meccanismo del representative proceedings, pertanto, è sopravvissuto in Inghilterra, ma senza lambire piu’ il campo del risarcimento dei danni. L’evoluzione della tutela risarcitoria collettiva, venuta meno la strada del representative proceedings, non si è piu’ giocata nel diritto inglese, bensi’ ha avuto luogo attraverso l’adattamento, operato creativamente dalle corti, delle regole processuali alle esigenze delle multi-party actions o group actions. Tra gli anni ottanta e novanta, i giudici inglesi hanno posto rimedio all’assenza di meccanismi processuali per la gestione di questo tipo di contenzioso, delineando, con notevole pragmatismo, regole inedite, ma al contempo invitando il legislatore ad intervenire. Questi approdi giurisprudenziali sono confluiti nella proposta di riforma di Lord Wolf, incaricato di predisporre le basi per una riforma del processo inglese. Nel suo Final Report del 1996 sull’accesso alla giustizia, infatti, si è ragionato non già in termini di un’impostazione del modello statunitense, ma nella diversa prospettiva della creazione delle regole processuali idonee a facilitare l’amministrazione giudiziale di controversie collettive. Le proposte di riforma di Lord Wolf sono confluite nella vigente disciplina dei Group Litigation Orders. Questa permette alle corti di dare discrezionalmente luogo, attraverso degli appositi orders, ad una differente gestione del processo, laddove vi siano o possano esservi piu’ pretese che, presentando questioni in fatto o in diritto comuni oppure anche solo tra loro connesse, siano da risolversi in un medesimo giudizio. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto La corte, allora, può dar vita, d’ufficio o su istanza di parte, ad un vero e proprio giudizio collettivo, proprio attraverso l’emanazione di un Group Litigation Order. In questo caso, anche successivamente all’adozione dello stesso, possono accedere e costituirsi in giudizio altre parti, che soddisfino i requisiti previsti dal Group. Per questi soggetti che abbiano deciso di entrare la decisione finale ha effetto vincolante. Si tratta, allora, di un meccanismo processuale che presenta delle peculiarità tutte proprie e delle palesi diversità rispetto al modello statunitense: sono membri della classe solo le parti originarie del procedimento e quei soggetti che abbiano esercitato l’opt in; le decisioni assunte in seno al giudizio vincolano solo questi soggetti, senza estendersi a coloro che siano rimasti estranei, difettando dunque il fenomeno rappresentativo tipico della class action statunitense. Nel Group Litigation Order, che può essere emesso sia in seno ad un giudizio individuale sia all’interno di un giudizio litisconsortile, la corte delinea una vera e propria classe e fornisce le indicazioni per la formazione del registro ( il group register), in cui vengono successivamente iscritte le proprie pretese da gestire collettivamente; definisce le questioni identificative delle pretese da gestirsi secondo il modello dell’azione di gruppo; individua discrezionalmente la corte ( la management court), che si occuperà di amministrare le varie pretese iscritte nel registro. La management court costruisce, con ampi margini di discrezionalità, uno specifico processo collettivo per la gestione del contenzioso sottopostole e può fissare una data entro la quale i soggetti interessati alla partecipazione all’azione di gruppo possono essere aggiunti al group register senza necessità del permesso della corte. Può fissare i criteri che le parti devono osservare per far parte del giudizio. Può, altresi’, stabilire quali questioni siano da trattarsi unitariamente per tutti i membri del gruppo e quali da risolversi a carattere individuale; può decidere di affrontare preliminarmente uno o piu’ casi; può approvare la redazione di un questionario per la raccolta delle circostanze che riguardano ogni singola posizione e può dettare criteri per la ripartizione dei costi, distinguendo eventualmente tra costi comuni e costi individuali. Il modello inglese presenta, poi, una caratteristica specifica, ovvero la previsione di un meccanismo per dare pubblicità all’instaurazione del giudizio collettivo. La corte, infatti, che emana un Group Litigation Order, deve inviarne una copia all’organismo centrale dell’avvocatura inglese, presso la quale è istituito un ufficio cui ci si deve rivolgere prima di avviare un’azione di gruppo. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Siffatta forma di pubblicità, tuttavia, si presenta alquanto limitata rispetto al modello statunitense: in Inghilterra, l’allargamento del gruppo è affidato all’iniziativa di quegli studi legali, che si impongono quali laeders delle azioni di gruppo e che si sobbarcano i rischi economici dell’azione processuale. Questi hanno poi la possibilità di stipulare accordi, solitamente accompagnati dalla pattuizione di un premio in caso di successo, che è a sua volta calcolato, non già come nel sistema statunitense, sull’ammontare del risarcimento accordato ai propri clienti, ma, con prospettive di profitto ben circoscritte, in una percentuale degli onorari calcolati secondo i criteri concordati. Senza dubbio, il profilo dei costi del giudizio collettivo presenta delle peculiarità nel sistema inglese. Opera il principio della soccombenza, che espone gli attori ad evidenti rischi, solo in parte attenuati dalla prospettiva della condivisione dei costi comuni e dal potere discrezionale delle corti di considerare le particolari circostanze del caso. In appoggio agli attori, può poi intervenire il legal Aid Board, ancorchè, nei casi di danni alla persona, i margini di operatività del suo supporto siano stati circoscritti negli ultimi anni alle sole controversie d’interesse pubblico. Questo aspetto del fattore dei costi ha inciso non poco sul ricorso da parte dei danneggiati e dei loro legali, contribuendo a determinare lo scarso successo delle controversie gestite con il sistema dei Groups Litigation, insieme ad altri fattori, quali il ritardo nella redazione dei criteri operativi nonché le difficoltà interpretative incontrate dalla classe forense inglese. La disciplina inglese, nonostante la completezza della regolamentazione, presenta pur tuttavia qualche lacuna, sia nella parte in cui difetta una disciplina sui profili relativi alla prescrizione, posto che l’apertura di un group register non interrompe il decorso dei termini prescrizionali per i danneggiati che non siano costituiti; sia nella parte in cui è del tutto carente qualsivoglia previsione circa la possibilità per la management court di esprimere il proprio consenso alle eventuali soluzioni transattive raggiunte tra le parti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 20 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto 5 L’azione collettiva risarcitoria italiana Il Governo italiano, con l’approvazione della legge finanziaria 2008, ha presentato l’istituto dell’ “azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori”come una forma di class action. Senza dubbio, l’innovativo strumento processuale, nonostante presenti qualche affinità con il modello statunitense, ha delle caratteristiche decisamente tipiche che ne qualificano la struttura e la funzione e che la distinguono nettamente rispetto ai modelli di common law. Anzitutto, la legittimazione attiva è circoscritta, nel pieno stile del modello consumeristico, ad un novero ristretto di soggetti, ovvero le associazioni di cui al comma 1 dell’art. 139 del Codice del Consumo ed i comitati che siano adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere), senza annoverare come protagonisti diretti i singoli danneggiati, i quali possono o soltanto aderire oppure intervenire nel procedimento collettivo, ma mai divenire diretti promotori. Il comma 1 dell’art. 139 del Codice del Consumo si riferisce alle associazioni inserite nell’apposito elenco di cui all’art. 137, istituito presso il Ministero delle attività produttive. L’iscrizione nell’elenco è subordinata alla sussistenza di una serie di requisiti. Le associazioni devono essere state costituite da almeno tre anni, con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, in virtu’ di uno statuto che sancisca un ordinamento interno a base democratica e che preveda lo scopo esclusivo di tutela dei consumatori e degli utenti senza fine di lucro; devono tenere un elenco di iscritti, aggiornato annualmente, e devono avere un numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille della popolazione nazionale ed essere presenti in almeno cinque regioni o province autonome. Devono elaborare un bilancio annuale delle entrate e delle uscite e svolgere attività continuativa. I loro rappresentanti legali non devo aver subito alcuna condanna definitiva in relazione all’attività dell’associazione da loro rappresentata. Alle associazioni dei consumatori e degli utenti è preclusa ogni attività di promozione e pubblicità commerciale avente per oggetto beni o servizi prodotti da terzi ed ogni connessione di interessi con imprese di produzione e distribuzione. Il requisito di maggior rilievo è senza dubbio quello della esclusività dello scopo di tutela dei consumatori che devono perseguire per essere iscritte nell’elenco. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 21 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Per quanto concerne i comitati, ciò che, invece, acquista incidenza è il criterio dell’adeguata rappresentatività degli interessi collettivi, il cui vaglio preliminare compete al Tribunale in sede di verifica dell’ammissibilità della domanda. Anche l’ambito operativo è piuttosto limitato, riguardando soltanto i consumatori e gli utenti. La nozione di consumatore è stata importata nel nostro ordinamento per effetto della normativa comunitaria. Si pensi all’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali, che prescrive che nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori; all’art. 153 del Trattato il quale stabilisce come le politiche comunitarie debbano promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori; alla direttiva 855/77 relativa ai contratti negoziati fuori dai locali commerciali; alle direttive 87/102 e 90/88 in materia di credito al consumo nonché alla direttiva 90/314 concernente i viaggi tutto compreso. La ratio è evidente: la tutela apprestata in favore del consumatore si fonda sul rilievo e sul presupposto per cui il consumatore sia parte debole rispetto all’imprenditore, in considerazione dell’enorme differenza sia in termini di minore potenzialità economico-finanziaria sia in termini di difetto di conoscenze specifiche afferenti alle condizioni economiche del mercato nonché alle regole giuridiche ad esso sottese. Tutta questa esigenza di protezione comunitaria è refluita nel codice del consumo, che, all’art. 3, definisce il consumatore o utente come la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Il codice parla di consumatori ed utenti. In realtà l’espressione polisensa non è certo quella di utenti bensi’ quella di servizi. In particolare, ci si deve chiedere se possa sussistere qualche tipologia di servizio che non sia suscettibile di costituire oggetto di un rapporto di consumo. La dottrina è unanime nel ritenere che qualsiasi tipologia di servizio, in quanto sia oggetto di fruizione per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, ricada nell’ambito applicativo della legislazione di tutela del consumatore. Il legislatore italiano ha, poi, delimitato ulteriormente l’ambito oggettivo, restringendolo ai soli eventi dannosi plurioffensivi rilevanti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 22 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Le azioni collettive risarcitorie, nel dettaglio, sono attivabili, ai sensi del comma 1 dell’art. 140 bis, solo in quattro fattispecie, ovvero i rapporti giuridici relativi a contratti stipulati ai sensi dell’art. 1342 c.c.; gli atti illeciti extracontrattuali; le pratiche commerciali scorrette; i comportamenti anticoncorrenziali; e se sussista il requisito imprescindibile della plurioffensività, vale a dire che un medesimo evento cagioni simultaneamente danno a piu’ persone. Il Tribunale, allora, in una fase preliminare, deve verificare non solo che l’attore collettivo soddisfi i requisiti che lo legittimano alla proposizione dell’azione collettiva in questione, ma altresi’ che i soggetti rappresentati dall’attore siano effettivamente qualificati come consumatori o utenti; che le pretese risarcitorie o restitutorie siano riconducibili ad una delle quattro fattispecie summenzionate; che sussista, rispetto ai membri della classe, la plurioffensività delle condotte scritte all’impresa convenuta. Questo è il vaglio di ammissibilità che il giudice deve compiere in una fase preliminare, come imposto dall’art. 140 bis, che al comma 3 stabilisce che alla prima udienza il tribunale, sentite le parti ed assunte quando occorre sommarie informazioni, pronuncia sull’ammissibilità della domanda. La realizzazione dell’obiettivo finale è il risarcimento del danno o la restituzione delle somme. E’ esclusa categoricamente la risarcibilità di qualsivoglia danno punitivo. Questo obiettivo non si consegue in seno alla sentenza che definisce il giudizio collettivo, ma attraverso due tappe fondamentali. La prima fase giudiziale, rimessa nelle mani del magistrato, che non chiude il cerchio sul quantum debeatur; la seconda di tipo conciliativo, affidata per intero alle capacità ed alle logiche conciliative di associazioni ed imprese, dovrebbe chiudersi con la liquidazione effettiva dei danni. Se ne desume che l’esito della fase giudiziale del contenzioso collettivo non concretizzi direttamente l’obiettivo finale, ma, quale passaggio imprescindibile, ne crei soltanto le premesse, affidando alla fase negoziale-conciliativa la liquidazione effettiva dei danni e la concreta restituzione delle somme ai singoli aderenti ed intervenienti. Questa singolare strutturazione della tutela risarcitoria collettiva si evince dalla lettura congiunta di una serie di disposizioni normative. Il comma 1 dell’art. 140 bis prevede espressamente che la fase giudiziale risarcitoria collettiva abbia quale obiettivo L’accertamento del diritto al risarcimento del danno ed alla Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 23 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto restituzione delle somme spettanti ai singoli consumatori o utenti; non c’è il riferimento ad una sentenza di condanna al risarcimento dei danni, bensi’ solo quella dell’accertamento dell’obbligazione risarcitoria; il comma 4 stabilisce che il giudice, con la sentenza che accoglie la domanda di accertamento, determina solo le linee guida sul quantum, cioè dei criteri parametrici, che serviranno poi a guidare l’impresa e la camera di conciliazione nella liquidazione dei singoli crediti. Pertanto, la sentenza che chiude il giudizio collettivo risolve unicamente il profilo dell’an debeatur, dettando, laddove accolta la domanda di accertamento di responsabilità dell’impresa, una serie di criteri e di principi con i quali affrontare il quantum debeatur nella successiva fase conciliativa. Analizzando qualche aspetto ulteriore, la sentenza conclusiva si articola in tre parti, di cui due necessarie ed una eventuale. La prima consiste nell’accertamento della natura illecita di un certo comportamento o di una serie di comportamenti contrattuali, precontrattuali o extracontrattuali o della natura abusiva ovvero illecita di una o piu’ clausole di un contratto di massa o di una serie di contratti di massa. La seconda determina i criteri in base ai quali liquidare la somma da corrispondere o da restituire ai singoli consumatori o utenti che hanno aderito all’azione collettiva o che sono intervenuti nel giudizio. La terza, meramente eventuale, è quella con cui il giudice, se possibile allo stato degli atti, determina la somma da corrispondere a ciascun consumatore o utente. I primi due capi si risolvono in altrettante pronunce di mero accertamento; problemi sorgono per la qualificazione dell’ultimo. Il dato letterale sembrerebbe far propendere per la natura di mero accertamento anche di tale ultima statuizione giudiziale. In realtà, la sentenza può contenere statuizioni di condanna in favore di tutti gli aderenti, dal momento che con la domanda introduttiva si richiede non solo l’accertamento della natura illecita di un certo contegno dell’impresa convenuta, ma anche la condanna dell’impresa convenuta a corrispondere ai singoli consumatori le somme minime spettanti agli stessi. Gli effetti della sentenza collettiva si estendono ai consumatori intervenuti nel giudizio collettivo ed ai soli danneggiati, che abbiano aderito all’azione con il meccanismo dell’opt in. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 24 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Il problema che si pone qui è l’inquadramento della figura dell’opt in nelle categorie giuridico-processuali vigenti nel nostro ordinamento. L’adesione non dà luogo ad alcuna forma di intervento nel processo né ad alcuna forma di domanda giudiziale né ad alcuna assunzione di un ruolo da parte formale. Non è un atto processuale né può definirsi un atto extraprocessuale con immediati effetti causativi nel processo, giacchè l’adesione prestata da singolo all’azione collettiva si rivolge solo all’associazione o comitato e neppure è indirizzata all’avvocato dell’associazione promotrice. Viene, invece, concepita dalla legge come una peculiare manifestazione di volontà di inclusione nel gruppo, che l’attore collettivo rappresenta in giudizio. E’ una richiesta rivolta all’attore di sostituirsi a sé nel far valere il proprio credito in seno all’azione collettiva, secondo il parametro di cui all’art. 81 c.p.c. Trattasi allora di un negozio proveniente da terzi rivolto all’attore. E’, precisamente, una dichiarazione di accettazione di una sua proposta di accordo, rivolta al pubblico dei consumatori, con cui il consumatore o utente conferisce all’ente associativo la legittimazione non già ad agire, ma a dedurre additivamente in giudizio il proprio credito risarcitorio quale componente del petitum sostanziale finale. Di ciò deve tener conto la sentenza, che dovrà contemplare, non come singoli litisconsorti, ma solo come partecipanti sostanziali alla res iudicata, tutti gli aderenti, quelli cioè la cui iscrizione nel petitum di classe sia stata allegata nel processo fino all’udienza. Di questo il Tribunale dovrà tener conto, sia in vista della condanna del convenuto a versare a ciascuno una provvisionale sia con riguardo agli effetti di accertamento della responsabilità dell’impresa convenuta verso soggetti ben definiti. Questo negozio di adesione cosi’ delineato può benissimo essere assimilato ad un negozio di mandato atipico, dove l’oggetto è una complessa attività quale quella difensiva del diritto in ogni stato e grado. Diverso è, altresi’, il ruolo degli avvocati rispetto al modello statunitense, dal momento che i veri protagonisti saranno i legali delle associazioni dei consumatori, potendo gli altri avvocati costituire dei comitati. Del tutto peculiare la disciplina della prescrizione nell’azione collettiva risarcitoria. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 25 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto L’ultima parte del comma 2 dell’art. 140 bis stabilisce che l’esercizio dell’azione collettiva produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell’art. 1945 c.c. ed anche l’adesione all’azione collettiva, se successiva alla promozione del giudizio collettivo, dà luogo all’interruzione del decorso dei termini prescrizionali. E’ evidente che il legislatore abbia voluto prevedere due distinte fattispecie produttive degli effetti interruttivi della prescrizione; la prima contestuale alla proposizione dell’azione; la seconda successiva alla fase iniziale. Nella prima fattispecie dell’interruzione della prescrizione per effetto dell’esercizio dell’azione, il regime prescrizionale pare conservare una dimensione collettiva: l’attore collettivo, nell’esercitare collettivamente il rimedio risarcitorio, interrompe il decorso dei termini di prescrizione, con automatico beneficio per tutta la serie di consumatori ed utenti, che abbiano precedentemente comunicato per iscritto al proponente la propria adesione all’azione collettiva. L’atto introduttivo del proponente, cioè, interrompe collettivamente il decorso della prescrizione. Il legislatore, poi, delinea una seconda fattispecie interruttiva della prescrizione, riferita all’adesione, pur se successiva, all’azione collettiva. La previsione di questa seconda ipotesi costituisce una conferma di quanto sia circoscritta la dimensione collettiva del regime prescrizionale. Proprio in considerazione dell’inciso “o, se successiva, l’adesione all’azione collettiva”, diviene assolutamente inequivocabile come la promozione dell’azione collettiva risarcitoria non produca i benefici interruttivi della prescrizione, se non per i soggetti che abbiano già aderito prima dell’instaurazione del contenzioso collettivo. La dimensione collettiva, cioè, si arresta alla prima fattispecie, mentre la fattispecie in esame è a dimensione individuale, giacchè l’adesione successiva, quale meccanismo interruttivo della prescrizione, è esclusivamente atto interruttivo del singolo consumatore o utente. Qualche problema può porsi per il caso di adesione successiva tardiva, effettuata cioè ad intervenuta prescrizione del credito vantato dal singolo aderente all’azione. Il legislatore non si pronuncia sul punto, dal momento che non indica neanche le modalità con cui il proponente debba veicolare la successiva adesione entro il processo e portarla a conoscenza di controparte, cioè del titolare dell’eccezione di intervenuta prescrizione. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 26 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Si prospettano due soluzioni. Secondo una prima interpretazione, si potrebbe ipotizzare che sulla tempestività dell’adesione successiva da parte del singolo consumatore possa svolgersi in seno al processo collettivo una qualche forma di scrutinio su ogni singola adesione. Maggiormente conforme alla lettera della norma ed alla stessa impostazione dell’azione collettiva risarcitoria è l’altra soluzione per la quale il giudice, anche per ragioni di efficienza processuale, non debba interessarsi della questione della tempestività e che l’eventuale tardività di siffatte adesioni possa venire in rilievo solo in seno alla fase che segue la notificazione della sentenza di accoglimento della domanda risarcitoria collettiva. Altro profilo problematico che potrebbe venire in rilievo e che non è stato affrontato dal legislatore riguarda le sorti dei singoli aderenti all’azione risarcitoria collettiva nell’eventualità in cui questa non sia riconosciuta come ammissibile. Nello specifico, atteso che nel modello elaborato dal nostro legislatore non è stato previsto, diversamente da altri ordinamenti, alcun meccanismo processuale che operi il passaggio dall’azione collettiva non ammessa, cioè non certificata come azione di classe, all’azione di gruppo, occorre prendere atto di come la posizione di chi ha aderito all’azione collettiva non sia riprometta su altre vie. Dichiarata l’inammissibilità, la tutela risarcitoria apprestata collettivamente a beneficio dei singoli aderenti crolla come vero e proprio castello d’arte. C’è poi da chiedersi se la mancata ammissione dell’azione in esame travolga gli effetti interruttivi dei termini prescrizionali discendenti dalla promozione del giudizio collettivo o dalle successive adesioni. In buona sostanza, il problema è se il singolo consumatore, che, venuta meno l’azione collettiva e non premunitosi, pendente l’azione collettiva, di continuare ad interrompere la prescrizione per suo conto, decida di agire singolarmente o in gruppo con altri, possa beneficiare dell’interruzione prodottasi per effetto dell’azione collettiva risarcitoria. La soluzione preferibile induce a ritenere che l’adesione all’azione collettiva risarcitoria, a prescindere che questa sia stata operata prima dell’instaurazione del giudizio o successivamente, sia una forma di attivazione del diritto dotata di efficacia interruttiva ai fini della successiva tutela individuale, con prospettazione di tre diverse ricostruzioni. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 27 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto O che la stessa sia assimilabile alla domanda giudiziale o che sia configurabile quale atto interruttivo a carattere speciale o, per quanto concerne la sola adesione precedente all’instaurazione del giudizio collettivo, sia assimilabile all’atto di cui al comma 4 dell’art. 2943 c.c. Un ultimo approfondimento merita la fase della transazione individuale o della conciliazione collettiva. Per quanto riguarda la prima, l’ultima parte del comma 4 dispone che nei sessanta giorni successivi alla notificazione della sentenza, l’impresa propone il pagamento di una somma, con atto sottoscritto, comunicato a ciascun avente diritto e depositato in cancelleria. La proposta in qualsiasi forma accettata dal consumatore costituisce titolo esecutivo. E’ evidente la diversa forma che il legislatore prescrive per la proposta e l’accettazione, dal momento che la proposta segue un rigorismo formale eccessivo, che invece difetta nell’accettazione. Al contrario, sembra che il legislatore abbia ecceduto nel deformalizzare completamente l’accettazione. Come forma alternativa a quella di composizione individuale delle pretese risarcitorie e restitutorie, il legislatore ha previsto una forma peculiare di conciliazione collettiva. Se, allora, nella possibile fase transattiva, l’associazione promotrice esce di scena ed i singoli consumatori tornano a gestire in prima persona i loro diritti sostanziali, nella fase conciliativa, invece, è l’associazione che nomina l’avvocato che partecipa alla conciliazione per tutti i consumatori. Questa fase denota una certa utilità pratica rispetto all’altra, dal momento che possono essere prese in considerazione e trattate le singole pretese dei consumatori nella loro intera estensione, a differenza che nella fase immediatamente successiva all’emanazione della sentenza. In quest’ultima, infatti, l’imprenditore non avrà ancora a disposizione elementi concreti per formulare proposte transattive. Il comma 6 dell’art. 140 bis stabilisce che se l’impresa non comunica la proposta entro il termine di cui al comma 4 o se non vi è stata accettazione nel termine di sessanta giorni dalla comunicazione della stessa, il presidente del Tribunale costituisce un’unica camera di conciliazione per la determinazione delle somme da corrispondere o da restituire ai consumatori ed utenti. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 28 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto La camera di conciliazione è composta da un avvocato indicato dai soggetti che hanno proposto l’azione collettiva e da un avvocato indicato dall’impresa convenuta ed è presieduta da un avvocato nominato dal presidente del Tribunale tra gli iscritti all’albo speciale per le giurisdizioni superiori. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 29 di 31 Università Telematica Pegaso Modelli di class action a confronto Bibliografia • C. Consolo- M. Bona- P. Buzzelli, Obiettivo Class Action: l’azione collettiva risarcitoria, Milano, 2008; • M. Taruffo, La tutela collettiva: interessi in gioco ed esperienze a confronto, in AA. VV., Le azioni collettive in Italia, ( a cura di ) C. Belli, Milano, 2007, 13 e ss.; • Giussani, Modelli extraeuropei di tutela collettiva risarcitoria, 72 e ss.; • G. Resta, Azioni popolari, azione nell’interesse collettivo, “class action”: modelli e prospettive di riforma in una recente riflessioni, in Riv. Crit. Dir. Priv., 2007, 2, 331 e ss.; • P. Fava, Class actions tra efficientismo processuale, aumento di competitività e risparmio di spesa: l’esame di un contenzioso seriale concreto, in Corr. Giur., 2006, 535; • V. Vigoriti, Impossibile la class action in Italia? Attualità del pensiero di Mauro Cappelletti, in Rass. Forense, 2006, 95 e ss.; • Carrata, Dall’azione collettiva inibitoria a tutela dei consumatori ed utenti all’azione collettiva risarcitoria: i nodi irrisolti delle proposte di legge in discussione, in Giur. It., 2005, 662 e ss.; • S. 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