La preghiera e l`amicizia “Orar es tratar de amistad”

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La preghiera e l`amicizia “Orar es tratar de amistad”
Sesta dimora
Sesta dimora
La preghiera e l’amicizia
“Orar es tratar de amistad”
Adesso vola!
Stai imparando ad amare perché ti amano.
Lasciati amare!
La preghiera e l’amicizia secondo Santa Teresa
Dentro quest’unico modo di vivere in autenticità un
rapporto di amicizia, si scatena un dinamismo che
spalanca le porte dell’interiorità che, in libertà di spirito
In ricerca Tre giovani avevano compiuto i loro studi alla
scuola di grandi maestri. Prima di lasciarsi fecero una
promessa: avrebbero percorso il mondo e si sarebbero
ritrovati, dopo un anno, portando la cosa più preziosa che
fossero riusciti a trovare. Il primo non ebbe dubbi: partì alla
ricerca di una gemma splendida ed inestimabile. Attraversò
mari e deserti, salì montagne e visitò città sinché non l’ebbe
trovata: era la più splendida gemma che avesse mai rifulso
sotto il sole. Tornò allora in patria in attesa degli amici. Il
secondo tornò dopo poco tenendo per mano una ragazza
dal volto dolce ed attraente. « Ti assicuro che non c’è nulla
di più prezioso di due persone che si amano », disse. Si
misero ad aspettare il terzo amico. Molti anni passarono
prima che questi arrivasse. Era infatti partito alla ricerca di
Dio. Aveva consultato i più celebrati maestri di tutte le
contrade, ma non aveva trovato Dio. Aveva studiato e letto,
ma senza trovare Dio. Aveva rinunciato a tutto, ma Dio non
lo aveva trovato. Un giorno, spossato per il tanto
girovagare, si abbandonò nell’erba sulla riva di un lago.
Incuriosito seguì le affannate manovre di un’anatra che in
mezzo ai canneti cercava i piccoli che s’erano allontanati da
lei. I piccoli erano numerosi e vivaci, e sino al calar dei sole
l’anatra cercò, nuotando senza posa tra le canne, finché non
ebbe ricondotto sotto la sua ala l’ultimo dei suoi nati.
Allora l’uomo sorrise e fece ritorno al paese.
Quando gli amici lo rividero, uno gli mostrò la gemma e
l’altro la ragazza che era diventata sua moglie, poi pieni di
attesa, gli chiesero: « E tu, che cos’hai trovato di prezioso?
Qualcosa di magnifico, se hai impiegato tanti anni. Lo
vediamo dal tuo sorriso ». « Ho cercato Dio », rispose il
terzo giovane. « E lo hai trovato? », chiesero i due,
sbalorditi. « Ho scoperto che era Lui che cercava me ». Non
devi fare molto, tu. Solo lasciarti trovare da Dio. Lui ti sta
cercando.
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Pregare è …
Coltivare un’amicizia speciale, intrattenersi con Lui in un
rapporto interpersonale, uno stare per uno scambio di
accoglienza, un aprire a Colui che chiede discretamente di
essere accolto, che attende, stando sempre a guardare, il
contraccambio di uno sguardo. Si richiede lo sforzo di
superare ogni superficialità e inondare il rapporto di
attenzioni. Teresa di Gesù insegna a prendere sul serio,
sempre, il proprio interlocutore assumendo la postura
dell’ascolto
attento
e
disinteressato,
scegliendo
volontariamente dei momenti di silenzio e di distacco
dalle altre faccende per rimanere con l’Amico che ci abita.
Pregare, per Teresa, è “pensare e comprendere ciò
che preghiamo, con chi parliamo e chi siamo noi…
e applicarci a tener fissa la mente in Colui al quale
ci rivolgiamo”.
Non
servono
quantitativi
smisurati
di
parole:
nell’orazione, nel rapporto di amicizia con Dio, occorre la
tensione a “udire”, a captare la verità su se stessi,
l’ascolto autentico di ciò che scopriamo di essere, che ci
viene svelato, sussurrato, descritto minuziosamente.
Nessuna menzogna, né ipocriti pensieri che ci gettiamo
addosso per abbellirci, nessun atteggiamento di
autoesaltazione: io, tu, così come siamo, così come ci
ritroviamo di fronte a Dio.
appena conquistata, intraprende il cammino per le strade
del mondo.
spiace di non essere un compagno attraente come quella
che è appena uscita", mi disse lui, cercando di attaccar
discorso. "Era una ragazza interessante", dissi io.
"Potrebbe dirmi... aveva i capelli lunghi o corti?". "Non
ricordo", rispose in tono perlesso. "Sono i suoi occhi che
mi sono rimasti impressi, non i capelli. Aveva gli occhi
cosi belli! Peccato che non le servissero affatto... era
completamente cieca. Non se n'era accorto?"
C’è qualcuno lassù? Era una famigliola felice e viveva
in una casetta di periferia. Ma una notte scoppiò nella
cucina della casa un terribile incendio. Mentre le fiamme
divampavano. genitori e figli corsero fuori. In quel
momento si accorsero, con infinito orrore, che mancava il
più
piccolo,
un
bambino
di
cinque
anni.
Al momento di uscire, impaurito dal ruggito delle fiamme
e dal fumo acre, era tornato indietro ed era salito al piano
superiore.
Che fare? Il papà e la mamma si guardarono disperati, le
due sorelline cominciarono a gridare. Avventurarsi in
quella fornace era ormai impossibile... E i vigili del fuoco
tardavano.
Ma ecco che lassù, in alto, s'aprì la finestra della soffitta e
il bambino si affacciò, urlando disperatamente: "Papà!
Papà!". Il padre accorse e gridò: "Salta giù!". Sotto di sè
il bambino vedeva solo fuoco e fumo nero, ma senti la
voce e rispose: "Papà, non ti vedo...". "Ti vedo io, e
basta. Salta giù!" Urlò, l'uomo. Il bambino saltò e si
ritrovò sano e salvo nelle robuste braccia del papà, che lo
aveva afferrato al volo. Non vedi Dio. Ma Lui vede te.
Buttati!
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Questo fa Teresa: non si risparmia affatto. Dice, confida,
insegna questo nuovo modo di pregare; sprona a
prendere coscienza della propria natura; crea piccole
comunità di autentica compagnia; viaggia per incontrare,
fondare, istruire; rende empatibile un Dio che va
incontro, che sostiene, che porta conforto, che si carica
delle sofferenze degli altri. Il Dio empatibile di Teresa ha
gli occhi, lo sguardo, le mani di chi, concretamente, si
immischia nelle brutte faccende di questo mondo per non
divenirne complice, bensì fattivo collaboratore di rinascita
umana.
Sarebbe auspicabile alzare, di tanto in tanto, gli occhi dai
piccoli e grandi schermi che possediamo e imparare ad
andare incontro agli amici, in carne e ossa: “Non è
possibile conoscere qualcuno se non attraverso l’amicizia”
(Sant’Agostino).
1. Domani tornerò! Posso desiderare qualcosa di
meglio della tua amicizia?
Amica di Gesù, nella preghiera
La figura di Santa Teresa è quanto mai attuale, riesce
ancora oggi a ingolosire molte persone del grande bene
dell’amicizia con Dio, della comunione con la Trinità. La
preghiera vissuta come amicizia con Gesù è il messaggio
di Teresa. Per lei la preghiera è la sorgente della gioia e
coinvolge tutta la vita; i suoi consigli sul come essere
amici di Gesù sono di perenne attualità. Altro elemento di
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attualità della Santa è la capacità di dialogare con ogni
persona. I suoi scritti hanno il tono colloquiale. Nel
cammino di vita cristiana raccontato nel suo capolavoro
“Il castello interiore”, ogni uomo trova un posto: chi vive
lontano dall’amicizia con Dio, e chi è desideroso di
sperimentare la comunione con Dio. La meta per tutti è
partecipare dei grandi segreti di Dio.
Con Santa Teresa possiamo pensare che “il bene che c’è
tra noi” è l’umanità di Gesù Cristo. Il mio bene consiste
nel fissare gli occhi in Gesù e nel lasciarmi guardare da
Lui, nella preghiera, e nel guardare con i suoi occhi il mio
prossimo. “Vuoi imparare a pregare, io ti insegno come
devi vivere”
Il suo insegnamento riguarda le virtù teologali, ma anche
evangeliche, quali per esempio l’umiltà come verità della
persona, specchio dell’amore e non caricatura che lo
deforma, o la virtù della determinazione che significa non
fermarsi mai per le difficoltà, ma sopportare per amore:
con la pazienza tutto si acquista.
In un mondo in cui l’efficienza, la produttività,
l’immagine, la competitività spesso guidano le scelte e i
progetti delle persone, ricordare che la sorgente di ogni
attività e di ogni realizzazione personale e collettiva è in
Dio. Santa Teresa insegna che la preghiera è “ un intimo
rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento, da
solo a solo con Colui dal quale sappiamo essere amati”.
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l'avessero colpita, o se mi considerasse solo un
sentimentaloide. Poi feci un errore. "Com'è fuori?" chiesi.
Lei però non sembrò trovare nulla di strano nella
domanda. Si era già accorta che non ci vedevo? Ma le
parole che disse subito dopo mi tolsero ogni dubbio.
"Perchè non guarda dal finestrino?", mi chiese con la
massima naturalezza. Scivolai lungo il sedile e cercai col
tatto il finestrino. Era aperto, e io mi voltai da quella parte
fingendo di studiare il panorama. Con gli occhi della
fantasia, vedevo i pali telegrafici scorrere via veloci. "Ha
notato", mi azzardai a dire "che sembra che gli alberi si
muovano mentre noi stiamo fermi?". "Succede sempre
cosi", fece lei. Mi girai verso la ragazza, e per un po'
rimanemmo seduti in silenzio. "Lei ha un viso
interessante", dissi poi. Lei rise piacevolmente, una risata
chiara e squillante. "E' bello sentirselo dire", fece. "Sono
talmente stufa di quelli che mi dicono che ho un bel
visino!". "Dunque, ce l'hai davvero una bella faccia",
pensai, e a voce alta proseguii: "Beh, un viso interessante
può anche essere molto bello". "Lei è molto galante",
disse. "Ma perchè è così serio?". "Fra poco lei sara
arrivata", dissi in tono piuttosto brusco. "Grazie al cielo.
Non sopporto i viaggi lunghi in treno". Io invece sarei
stato disposto a rimaner seduto li all'infinito, solo per
sentirla parlare. La sua voce aveva il trillo argentino di un
torrente di montagna. Appena scesa dal treno, avrebbe
dimenticato il nostro breve incontro; ma io avrei
conservato il suo ricordo per il resto del viaggio e anche
dopo. I1 treno entrò in stazione. Una voce chiamò la
ragazza che se ne andò, lasciando dietro di sè solo il suo
profumo. Un uomo entrò nello scompartimento,
farfugliando qualcosa. Il treno ripartì. Trovai a tentoni il
finestrino e mi ci sedetti davanti, fissando la luce del
giorno che per me era tenebra. Ancora una volta potevo
rifare il giochetto con un nuovo compagno di viaggio. "Mi
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Alcune storielle per riflettere (don Bruno Ferrero)
La porta
C'è un quadro famoso che rappresenta Gesù in un
giardino buio. Con la mano sinistra alza una lampada
che illumina la scena, con la destra bussa ad una
porta pesante e robusta. Quando il quadro fu
presentato per la prima volta ad una mostra, un
visitatore fece notare al pittore un particolare
curioso. "Nel suo quadro c'è un errore. La porta è
senza maniglia"."Non è un errore" rispose il pittore.
"Quella è la porta del cuore umano. Si apre solo
dall'interno".
Per fare esperienza dell’amicizia con Gesù
Alcuni passi da fare
2. Riservo un momento e un posto per stare in
solitudine con me e con te. Un piccolo spazio di
tempo che ho deciso di regalarti, Signore. Un
tempo che non è più mio, ma tuo.
3. Dato che sono solo, cerco la tua compagnia.
L’importante è che in questo momento siamo Tu e
io. Prendo coscienza di entrare nella Tua presenza,
nella tua amicizia. Chiudo gli occhi e faccio un atto
di fede nella tua presenza:
• Credo che tu sei qui
• Dentro di me
• Che vedi i miei pensieri e sentimenti più
profondi
• Ora ti chiedo di aiutarmi a pregarti!
Sul treno "Ebbi lo scompartimento del treno tutto per
me. Poi salì una ragazza", raccontava un giovane indiano
cieco. "L'uomo e la donna venuti ad accompagnarla
dovevano essere i suoi genitori. Le fecero molte
raccomandazioni. Dato che ero già cieco allora, non
potevo sapere che aspetto avesse la ragazza, ma mi
piaceva il suono della sua voce". "Va a Dehra Dun?",
chiesi mentre il treno usciva dalla stazione. Mi chiedevo
se sarei riuscito a impedirle di scoprire che non ci vedevo.
Pensai: se resto seduto al mio posto, non dovrebbe
essere troppo difficile. "Vado a Saharanpur", disse la
ragazza. "Là viene a prendermi mia zia. E lei dove Va?".
"A Dehra Dun, e poi a Mussoorie", risposi. "Oh, beato lei!
Vorrei tanto andare a Mussoorie. Adoro la montagna.
Specialmente in ottobre". "Si, è la stagione migliore",
dissi, attingendo ai miei ricordi di quando potevo vedere.
"Le colline sono cosparse di dalie selvatiche, il sole è
delizioso, e di sera si può star seduti davanti al fuoco a
sorseggiare un brandy. La maggior parte dei villeggianti
se n'è andata, e le strade sono silenziose e quasi
deserte". Lei taceva, e mi chiesi se le mie parole
4. Prendo coscienza di chi sei tu! Sei, nella nostra
amicizia, l’amico più grande.
• Sei Dio!
• Sei l’acqua viva!
• Sei il Maestro!
5. Davanti a te vedo con chiarezza chi sono io. Senza
maschere, senza difese. Alla tua presenza posso
conoscermi e amarmi.
6. Non resto centrato su me stesso. Cerco di stare
con te, di conoscerti e di amarti.
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• Ti guardo. Ti troverò nel modo in cui ho
bisogno in questo momento: come ad una
madre, ad un padre o come ad un fratello,
o come ad un amico.
• Ti parlo. Con frasi fatte, ma con spontaneità
del cuore.
• Ti ascolto. So che mi parli al cuore in mille
modi.
• Conservo la tua parola nel mio intimo!
Parlami!
• Ti ringrazio...
Gli amici sono….
Nel libro della Vita di Santa Teresa d'Avila troviamo
un'affermazione molto interessante:
"L'infallibile risorsa di un'anima è trattare con gli
amici di Dio". (Libro della Vita cap. 23,4)
difficile capire cosa si deve fare. Dall’altra questi sei gesti
si impongono per la loro urgenza: le situazioni di bisogno
richiedono un intervento immediato.
Questi
sei
atti
si
concordano
perfettamente
all’insegnamento di Gesù, sono il prolungamento e
l’illustrazione del comandamento dell’amore.
Concentrando l’attenzione sulle opere di misericordia,
Gesù afferma il primato dell’amore.
Sono gesti di attenzione verso chi si trova nel bisogno che
realizzano le esigenze del precetto dell’amore:
“Tutto quanto volete gli altri facciano a voi, anche voi
fatelo a loro: questa è infatti la Legge e i Profeti.”
L’aver scelto questo metro di giudizio fa sì che a nessuno
sia preclusa la via della salvezza perché tutti nella vita
hanno occasione di incontrare qualcuno che è nel bisogno
e al quale prestare aiuto.
Tra l’altro nel mondo siamo tutti bisognosi.
Il mondo diventa quindi un’unica grande famiglia nella
quale tutti possono e devono aiutare, nella quale tutti
possono e devono essere aiutati.
Sembra quasi di poterne dedurre -in via immediatissimaun criterio nella scelta e nella coltivazione delle amicizie,
ma quante volte, invece, andiamo, come si suol dire, con
gli zoppi per imparare a zoppicare, anziché coi più sani,
per sanarci anche noi?
O, detta in termini spirituali: scegliamo come amici i
più santi, per farci santi insieme a loro e grazie a
loro?
Domande per attivare la riflessione:
1. Nel mio quotidiano mi capita di essere segno
dell’amore di Gesù? In quali situazioni? Con chi?
2. Sono attento al mio prossimo?
3. Sono disponibile ad aiutare il mio prossimo?
4. Sono generoso con gli altri?
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Dalle parole di santa Teresa
“Più che alla magnificenza delle opere, il Signore guarda
all’amore con cui si fanno” (Castello Interiore 7,4).
visitarti?". 40E il re risponderà loro: "In verità io vi dico:
tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". 41Poi dirà anche a
quelli che saranno alla sinistra: "Via, lontano da me,
maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per
i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato
da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da
bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non
mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete
visitato". 44Anch'essi allora risponderanno: "Signore,
quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o
nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo
servito?". 45Allora egli risponderà loro: "In verità io vi
dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi
più piccoli, non l'avete fatto a me". 46E se ne andranno:
questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna".
Eppure, a ben pensarci, è il Vangelo stesso che ci
presenta questo "standard" qualitativo dell'amicizia,
laddove Gesù afferma:
"Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi
Spunti per la riflessione
Ci si potrebbe chiedere: nel trattare con gli amici di
Dio, come ci sprona a fare santa Teresa, che cosa
ne guadagniamo?
Il dialogo del Figlio dell’uomo è distribuito in due parti
contrapposte, in ciascuna delle quali vi è la ripetizione
dell’elenco delle opere di soccorso compiute o disattese.
L’opposizione tra i due gruppi risalta: nella benedizione
per i primi e nella maledizione per i secondi.
Il dato concreto sulla base del quale gli uomini sono
valutati consiste in sei atti elementari di misericordia.
Nutrire l’affamato, dar da bere all’assetato, accogliere lo
straniero, vestire colui che è nudo, visitare il malato, il
carcerato.
Questi sei gesti hanno due caratteristiche che li
accomunano. Da una parte portano il segno
dell’evidenza: dinanzi ad un affamato o assetato non è
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comando.
Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa
quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati
amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho
fatto conoscere a voi". (Gv 15,13)
Siamo al capitolo 15 del Vangelo di Giovanni, Giuda il
traditore è già uscito, rimangono gli "undici fedelissimi" e
ricevono le coordinate per essere amici di Gesù, amico
dell'Amico!
La risposta la troviamo nelle parole di Cristo: gli amici di
Dio sanno quello che fa "il padrone", conoscono meglio
di noi il Modello da imitare, possono forgiarci come
veri alter Christus (cosa che già diveniamo in forza del
Santo Battesimo) ed insieme si può percorrere un
bellissimo tratto di strada verso la santità.
Hanno acquisito una certa esperienza spirituale, umana,
religiosa: possono diventare per noi maestri e compagni
di viaggio.
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Per chi è ancora indietro nelle vie dello spirito, ma vuole
cominciare seriamente a praticare "la virtù" il vantaggio è
descrivibile in termini di "convenienza": una parola che
non ha una connotazione negativa, ma va invece
identificata come una tensione verso il "bene".
Teresa, come un po’ noi oggi, era preda di questo
bisogno di rimanere in conversazione con gli altri.
Trascorreva ore estenuanti in parlatorio, si intratteneva
con gli amici che andavano a trovarla, era attratta dalla
trama dei rapporti umani intessuti di vicinanza fisica, di
scambio continuo di parole, di confidenze e
sostentamento reciproco.
Donna estremamente comunicativa, Teresa aveva reso la
sua vocazione un “trasporto amicale” verso gli altri.
Abbiamo capito che la porta per entrare nel nostro
castello (che siamo noi stessi) è sempre e solo la
preghiera. Attraverso le varie dimore l’anima si va
purificando per poter arrivare alla settima, la più centrale,
quella di maggior importanza perché è quella dove abita
Dio e dove passano “solo cose segrete tra Dio e l’anima”
Santa Teresa ci dice perciò : “Ciò che accade nella
preghiera deve tradursi nelle opere in vita” (dal
Cammino di perfezione).
La Parola
Dal Vangelo secondo Matteo (25, 31-46)
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Per dialogare non basta essere capaci di parlare. Teresa
lo ha sperimentato direttamente: pur essendo una
conversatrice brillante e appassionata, continuò ad essere
insoddisfatta e infelice fino a quando non imparò,
attraverso il dialogo con Dio, a saper dialogare anche con
gli altri. Un dialogo autentico, che non si riduca a un
Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti
gli angeli con lui, siederà sul trono della sua
gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli
separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le
pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le
capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno
alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete
in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del
mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da
mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero
straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito,
malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a
trovarmi". 37Allora i giusti gli risponderanno: "Signore,
quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da
mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da
bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti
abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando
mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a
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In questo ci ritroviamo perfettamente.
Ma a Teresa, tutto questo via vai di “chiacchiere”, a un
certo punto non basta più: più che altro desidera rendere
“giustizia” (nel senso di “dare la giusta collocazione”) alla
realtà dell’amicizia.
Non la riduce; non ne
ridimensiona: la esalta,
massimo, fino a darle
ingloba e tutto trasforma
implicato in essa.
diminuisce la portata; non la
la eleva fino al suo punto
quell’ampio respiro che tutto
in conoscenza di sé e dell’altro
confronto tra monologhi, presuppone il rispetto di
determinate condizioni, indipendentemente dal talento
naturale o dalla capacità di relazionarsi agli altri (W.
Herbstrith, Teresa d’Avila. La vita, il pensiero, l’identità di
donna).
Settima dimora
“Essere segno di Gesù”
Teresa scopre due realtà fondamentali: per dialogare in
modo autentico bisogna imparare ad ascoltare; per
imparare ad ascoltare bisogna divenire “oranti”.
Teresa, desiderosa di amicizia, si decide ad aprirsi a un
rapporto amicale con Dio e fare della preghiera-orazione
il tessuto connettivo del suo essere e agire. “L’orazione
mentale non è altro che un rapporto d’amicizia in cui ci si
intrattiene spesso da soli, con colui che sappiamo che ci
ama”.
Alcune storielle per riflettere
“Ciò che accade nella preghiera deve
tradursi nelle opere in vita”
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Il calore del cuore (Leonardo da Vinci)
Due giovani struzzi erano disperati. Ogni volta che si
mettevano a covare le uova, il peso del loro corpo le
rompeva. Un giorno decisero di andare a chiedere
consiglio ai loro genitori che abitavano dall’altra parte del
deserto.
Corsero per molti giorni e molte notti, e finalmente
arrivarono al nido della vecchia madre. - Madre dissero,
siamo venuti a chiederti come possiamo fare per covare
le uova. Ogni volta che ci proviamo si rompono.
- La madre li ascoltò, poi rispose: Ci vuole un altro calore.
E
quale?
Domandarono
gli
struzzi.
- Il calore del cuore. Voi dovete guardare le vostre uova
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con amore, pensando alla creatura che ci dorme dentro;
lo sguardo e la pazienza lo risveglieranno. Gli struzzi
ripartirono e quando la femmina ebbe deposto un altro
uovo, si misero a guardarlo con amore, senza perderlo
mai di vista. Passarono così molti giorni; quando, ormai,
erano allo stremo delle forze, l’uovo incominciò a cigolare,
s’incrinò, si ruppe, e una piccola testa di struzzo fece
capolino dal guscio.
Addomesticami, Piccolo Principe!”
"È il tempo che ho perduto per la mia rosa..", sussurrò il
piccolo principe per
ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la
devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di
quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della
tua rosa.."
"Io sono responsabile della mia rosa..", ripetè il piccolo
principe per
ricordarselo.
(dal capitolo XXI - "Il piccolo principe" di Saint-Exupery)
In quel momento apparve la volpe.
"Buon giorno", disse la volpe.
"Buon giorno", rispose gentilmente il principe, voltandosi,
ma non vide nessuno.
"Sono qui", disse la voce, "sotto il melo."
"Chi sei", domandò il piccolo principe. "Sei molto carino."
"Sono una volpe", disse la volpe.
"Vieni a giocare con me", le propose il piccolo principe,
"sono così triste…"
"Non posso giocare con te", disse la volpe, "non sono
addomesticata."
"Ah! scusa", fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
"Che cosa vuol dire, 'addomesticare'?"
"Non sei di queste parti, tu", disse la volpe, "che
cosa cerchi?"
"Cerco gli uomini", disse il piccolo principe. "Che cosa
vuol dire 'addomesticare'?"
"Gli uomini", disse la volpe, "hanno dei fucili e cacciano. È
molto noioso!
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"Va' a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al
mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un
segreto."
E ritornò dalla volpe.
"Addio", disse.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. È molto
semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è
invisibile agli occhi."
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripetè il piccolo
principe per ricordarselo.
"È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto
la tua rosa così
importante."
Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu
cerchi delle galline?"
"No", disse il piccolo principe. "Cerco degli amici. Che
cosa vuol dire
'addomesticare'?"
"È una cosa da molto dimenticata. vuol dire 'creare
dei legami'.."
"Creare dei legami?"
"Certo", disse la volpe. "Tu, fino ad ora, per me, non sei
che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho
bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non
sono per te che una volpe uguale a centomila
volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno
l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò
per te unica al mondo."
"Comincio a capire", disse il piccolo principe. "C'è un
fiore.. credo che mi abbia
addomesticato.."
"È possibile", disse la volpe. "Capita di tutto, sulla Terra.."
"Oh! non è sulla Terra", disse il piccolo principe.
La volpe sembrò perplessa.
"Su un altro pianeta?"
"Sì."
"Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?"
"No."
"Questo mi interessa! E delle galline?"
"No."
"Non c'è niente di perfetto", sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
"La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli
uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si
assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi
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Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
"Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete
ancora niente", disse. "Nessuno vi ha addomesticato, e
voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era
la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila
altre. Ma ne ho fatto il mio amico, ed ora è per me unica
al mondo."
E le rose erano a disagio.
"Voi siete belle, ma siete vuote", disse ancora. "Non si
può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante
crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola,
è più importante di tutte voi, perchè è lei che io
ho innaffiata. Perchè é
lei
che ho riparata
col
paravento. Perchè su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due
o tre per le farfalle). Perchè è lei che ho ascoltato
lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta
tacere. Perchè è la mia rosa."
annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà
come illuminata. Conoscerò un rumore di passi
che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno
nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana,
come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù, in fondo,
dei campi di grano? Io non mangio il pane, e il grano, per
me, è inutile. I campi di grano non mi ricordano
nulla. E questo è triste!Ma tu hai dei capelli color dell'oro.
Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticata.
Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il
rumore del vento nel grano.."
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
"Per favore.. addomesticami", disse.
"Volentieri", rispose il piccolo principe, "ma non ho molto
tempo, però Ho da scoprire degli amici, e da conoscere
molte cose."
"Non si conoscono che le cose che si addomesticano",
disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per
conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte.
Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini
non hanno più amici. Se tu vuoi un amico,
addomesticami!"
"Che bisogna fare?", domandò il piccolo principe.
"Bisogna essere molto pazienti", rispose la volpe. "In
principio tu ti siederai un po' lontano da me, così,
nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non
dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni
giorno tu potrai sederti un po' più vicino.."
"Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora", disse la
volpe. "Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle
quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col
passare
dell'ora
aumenterà
la
mia
felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad
agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità!
Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che
ora prepararmi il cuore.. Ci vogliono i riti."
"Che cos'è un rito?", disse il piccolo principe.
"Anche questa è una cosa da tempo dimenticata", disse
la volpe. "È quello che fa un giorno diverso dagli altri
giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio,
presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze
del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io
mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un
giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non
avrei mai vacanza."
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando
l'ora della partenza fu
vicina:
"Ah!", disse la volpe, "piangerò.."
"La colpa è tua", disse il piccolo principe, "io non ti volevo
far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi.."
"È vero", disse la volpe.
"Ma piangerai!", disse il piccolo principe.
"È certo", disse la volpe.
"Ma allora che ci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano."
Poi soggiunse:
Il piccolo principe ritornò l'indomani.
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