Botte e botti, i tassisti rubano la scena sulle liberalizzazioni

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Botte e botti, i tassisti rubano la scena sulle liberalizzazioni
POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN ABB. POST. 353/2003 (CONV. IN L. 27.02.2004, N.46)
ART.1, COMMA 1, DCB ROMA
MERCOLEDÌ 18 GENNAIO 2012
A
NEWS ANALYSIS
La via
delle riforme passa
per il Quirinale
FRANCESCO LO SARDO
Modello Severino:
giustizia
che unisce
LA TELEDIPENDENTE
C U LT U R A
Un’eroina rivoluzionaria e indomita?
La vita di Anita Garibaldi in
televisione si trasforma in un banale
romanzetto balneare
A PAGINA 8
Cervelli in fuga verso una nuova
Atlantide. Peter Thiel sogna città
galleggianti dove le migliori menti
possano autogestirsi
A PAGINA 8
Bloccato il servizio, sciopero selvaggio, minacce ai colleghi e al governo «comunista»
Botte e botti, i tassisti rubano
la scena sulle liberalizzazioni
Permesso l’assedio a palazzo Chigi, così si accende il clima sul decreto
O
ccupando rumorosamente il
centro di Roma i taxisti venuti da tutta Italia hanno preso la scena ieri nel giorno in cui 23 sigle
sindacali delle auto pubbliche hanno incontrato il governo, in un vertice iniziato attorno alle 18 che si è
concluso con un nulla di fatto. La
piazza di fronte a palazzo Chigi è
stata presidiata da centinaia di ma-
RAFFAELLA
CASCIOLI
C
RUDY FRANCESCO CALVO
A PAGINA
3
onvincere i falchi europei che in
Italia i partiti non cadranno nella
tentazione di entrare in campagna
elettorale e che il governo non è bloccato sulle riforme. Il tutto riuscendo
magari a riportare in Europa Londra,
uscita dalla porta con il fiscal compact
e che potrebbe rientrare dalla finestra
con il mercato unico. Nella guerra
senza esclusione di colpi tra le due
I
l famoso modello lombardo di cui
Roberto Formigoni illustra da anni
le magnifiche sorti e progressive perde punti ogni giorno, in termini di
credibilità e di qualità amministrativa. Un vero disastro di immagine e,
cosa più grave, di sostanza politica.
Ciò che sorprende ancor di più è l’atteggiamento del tutto irresponsabile
che Formigoni sta tenendo in queste
ore. Incurante della molteplicità delle
contestazioni che sono state sollevate
nei confronti dell’amministrazione
regionale che presiede, dell’effetto
tremendo che hanno nell’opinione
pubblica, e della gravità degli episodi
che si sono susseguiti nel corso degli
ultimi due anni, Formigoni minimizza, gridando al complotto e banalizzando tutto ciò che accade in Lombardia ormai da tempo.
Il quarto mandato consecutivo (e
su questo, come è noto, ci sarebbe già
parecchio da eccepire) del presidente
della Lombardia era nato sotto una
cattiva stella, con la presentazione
delle liste.
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sponde dell’Atlantico, la mossa è azzardata. Fors’anche disperata. Ma se
riesce consentirà all’Italia, e perfino
all’Europa, il salvataggio in extremis.
Quell’ultima spiaggia oltre la quale
per l’Italia c’è solo la richiesta di aiuto,
vivamente caldeggiata dalla Germania, al Fondo monetario.
Il premier Monti, che oggi sarà a
Londra per incontrare Cameron in vista del consiglio Ue del 30, sta conducendo la partita interna in chiave europea e viceversa.
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Oggi il governo incontrerà ancora i
rappresentanti dei taxisti che vogliono dimostrare, dati alla mano,
«che la liberalizzazione del settore
taxi non porta benefici in maniera
concreta». L’esecutivo ha smentito
di avere aperto una vera trattativa.
Nelle ore in cui l’Italia registrava un’altra giornata positiva sui
mercati, che sembrano smentire il
downgrading deciso venerdì da
Standard and Poor’s (ieri gli spread
sono calati, precipitando a quota
470), il bollettino di Bankitalia ha
confermato una recessione nel
2012 e un periodo di «incertezza
ancora straordinariamente elevata», che per effetto degli spread
potrebbe peggiorare ulteriormente.
La meta? Stati
uniti d’Europa
Non liberi
in economia
ALESSIA
MOSCA
ANTONIO
FUNICIELLO
F
inalmente l’Europa è al centro del
dibattito pubblico. Lo è, purtroppo, a causa della crisi dei paesi membri, dell’euro e della sua stessa debolezza istituzionale, che aggrava la
crisi stessa non riuscendo a dare risposte con tempestività ed efficacia.
Ma almeno c’è.
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D
iceva Filippo Turati che le libertà sono tutte solidali; non
se ne offende una senza offenderle
tutte. Anche perciò stupisce, e parecchio, che i risultati per il 2012
dell’Index of economic freedom
sull’Italia siano passati praticamente inosservati. SEGUE A PAGINA 7
LONDRA-PARIGI-BUDAPEST
Parità, l’Italia
deve fare di più
Ora la parola
ai lombardi A
GIUSEPPE
CIVATI
nifestanti che hanno urlato slogan
contro il governo («Blocchiamo tutta l’Italia»), mentre in via del Corso
sono stati esplosi anche alcuni petardi che hanno spaventato i passanti con i quali si è accesa anche
una rissa con calci e pugni. I taxisti
hanno chiesto al governo una marcia indietro sulle misure di liberalizzazione senza ottenere nulla.
Febbre alta tra Roma e Berlino
GABRIELLA MONTELEONE
Verso le elezioni
comunali,
dove soffre il Pd
ANNO X • N°12 • € 1,00
D.L.
ROSA
VILLECCO CALIPARI
ver letto il Rapporto ombra e
le raccomandazioni Cedaw
2011 non può che confermare
quello che già sappiamo, che constatiamo ogni giorno: in Italia le
donne sono discriminate sul fronte della rappresentanza politica,
dell’accesso e del mantenimento
del lavoro.
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ROBIN
Riflessione
un’attività molto impegnativa.
Tra Hollande
e Sarko rispunta
Bayrou
L’Europa scarica
Orban: l’Ungheria
è nei guai
LAZZARO PIETRAGNOLI
MATTEO RICCI
MATTEO TACCONI
A PAGINA
5
REPORTAGE ■ GLI SQUADRONI DELLA MORTE DI ASSAD CONTROLLANO IL TRANSITO
Quel confine a senso unico tra Siria e Libano
LORENZO TROMBETTA
WADI KHALED
Scontro nella Lega, «Bossi riflette su Reguzzoni». Deve essere
I sindacati
contro Ed,
che ringrazia
D
ai finestrini del minibus posso
guardare da vicino la scena senza dare troppo nell’occhio. I soldati
libanesi in divisa alla fine del loro
turno giornaliero entrano nel prefabbricato bianco. Dopo meno di dieci
minuti escono, in abiti civili, e si dirigono con una busta di plastica in
mano o uno zaino in spalla verso la
sbarra bianco-rossa del valico frontaliero. La superano e si ritrovano in
Siria. «Hanno la doppia nazionalità»,
mi dice Abu Nahed, autista dei mezzi pubblici che ogni giorno collegano
Beirut con Wadi Khaled, la remota
regione libanese al confine con la
provincia siriana di Homs, martoriata dalla repressione militare e poliziesca in corso da dieci mesi e che secondo i bilanci documentati degli attivisti
ha causato l’uccisione di oltre seimila
persone, l’arresto di decine di migliaia di altre e la fuga in Libano, Turchia
e Giordania di oltre ventimila civili.
«Di giorno sono soldati libanesi,
di notte sono siriani e alcuni di loro
imbracciano le armi nelle milizie alawite fedeli al regime (di Damasco)»,
spiega Nahed, figlio maggiore dell’autista del van. Abu Nahed e i suoi due
figli sono in pausa, tra un viaggio e
un altro, in attesa di nuovi clienti.
«Sono tutti alawiti», aggiunge Abu
Nahed, riferendosi alla minoranza
sciita a cui appartengono anche la
famiglia presidenziale degli al Assad
e i clan a essa alleati, al potere da
quasi mezzo secolo. Secondo l’autista
del minibus, anche i soldati libanesi
con nazionalità siriana sono alawiti:
«Di notte pattugliano le strade dei
loro villaggi come shabbiha», gli squadroni della morte del regime di Damasco. Impossibile provare, rimanendo qui da questo lato del confine,
la grave accusa pronunciata da Abu
Nahed e dai suoi figli.
SEGUE A PAGINA
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Ufficiali
felloni,
ufficiali eroi
STEFANO
MENICHINI
N
on è il caso stavolta di scomodare il garantismo, perché l’errore e la colpa di Francesco Schettino sono troppo evidenti, e troppe sono le vittime
che esigono una verità rapida.
Certo però colpiscono la rapidità e la forza con cui intorno al
relitto della Concordia si sono
costruiti simboli, narrate storie
nazionali (l’8 settembre, addirittura), trasformate le persone in
emblemi se non in stereotipi.
Sarà successo per l’evidente suggestione cinematografica (più
che storica) del naufragio, ma
soprattutto è successo perché a
ogni curva della cronaca tiriamo
fuori il nostro disperato bisogno
di martiri,
eroi e reSchettino non probi. E
qui ci sosi salva, ma
no tutti,
gli stereotipi
con un
possono anche volto, un
nome, una
nascondere
voce e una
parte nella
altre realtà
tragedia.
L’ufficiale
fellone, l’ufficiale eroe, l’ufficiale
tutto d’un pezzo.
Nessun colpevole va salvato
nella generalizzazione delle responsabilità, e del resto pare
davvero impossibile che Schettino si salvi. Il rischio della riduzione delle persone a simboli è
un altro: che la narrazione travolga la realtà e faccia perdere di
vista il contesto.
Alcuni enti per esempio non
hanno ancora trovato un posto
preciso nella storia. Uno è Costa
Crociere, che s’è detta parte lesa
ma che in quelle convulse ore di
venerdì notte era in contatto frequente col capitano della nave:
il presidente del Registro navale
italiano, Scerni, è stato costretto
ieri alle dimissioni dopo averne
messo in dubbio il ruolo in
un’intervista al Secolo XIX goffamente smentita. Ci sarà qualcosa da capire anche sul sistema
dei controlli e delle stesse Capitanerie di porto, se risultasse
vero che la prassi degli accostamenti turistici è così estesa in
tutta Italia, e secondo Repubblica
s’è verificata ben 52 volte in un
anno solo davanti al Giglio.
Abbiamo un gran bisogno di
persone autorevoli e rette, come
quella sera s’è dimostrato essere
il capitano De Falco, e sicuramente altri. E abbiamo bisogno
di verità. Di diavoli e di santi,
invece, sulla terra e sul mare
non sentiamo affatto necessità.
Chiuso in redazione alle 20,30