Abstract a cura dei relatori

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Abstract a cura dei relatori
OPEN SOURCE: QUALE RUOLO NELL'ECONOMIA?
di Marco Locatelli
Mai nessuno fornisce niente per niente. E' lapalissiano e forse è proprio per questo che l'Open Source è di questi tempi al centro di tanti
dibattiti tra gli addetti ai lavori della cosiddetta Information e Communication Technology. L'Open Source sottende un preciso schema
organizzativo economico che può non essere immediatamente comprensibile, e che certamente ha molti risvolti. Scopo di questo
articolo è fare una analisi del fenomeno del “software open source” contrapponendolo al “software proprietario”, identificandone
caratteristiche salienti da un punto di vista economico, citando esperienze ed atteggiamenti esteri, riportando considerazioni di esperti
in tema di impatti sul sistema economico del paese, con alcuni spunti specifici in ambito Pubblica Amministrazione ed una proposta di
una possibile linea di azione.
Open Source e Software Proprietario
Ogni programma che utilizziamo abitualmente, a partire dal sistema operativo,
fino ai software per la scrittura (word processing) o per il calcolo (spread sheet) o per il disegno (Cad), etc., ci si presenta in formato
eseguibile, cioè pronto per l'uso, direttamente comprensibile dal computer.
Doppio clic sull'icona e il programma si avvia. Ogni programma eseguibile è infatti scritto nel microlinguaggio fatto di numeri che il
computer comprende perfettamente. Ma chi scrive il software, normalmente utilizza dei linguaggi che assomigliano all'inglese,
facilmente comprensibili dai programmatori. Questi linguaggi si chiamano Pascal, C, Java, Basic, Fortran, Cobol, etc. Il software scritto
in questi linguaggi è detto sorgente (dall'inglese source).
La sostanza è che un programma in forma di sorgente è modificabile, è come un'autovettura col cofano apribile. Un programma
eseguibile non è modificabile da nessuno, è come un'autovettura col cofano sigillato. Normalmente tutti noi abbiamo a che fare con
programmi in formato eseguibile.
Li comperiamo a scatola chiusa. Negli anni ottanta, in America, Richard Stallman, propose di distribuire programmi in formato sorgente,
per consentire a chiunque (ne fosse in grado) di studiarne e migliorarne le funzionalità. Propose una licenza, la GNU Public License,
introdusse il concetto di CopyLeft, opposto al concetto di CopyRight: In sintesi, chiunque vuole modificare del software aperto deve
rilasciare a sua volta le modifiche alla
comunità. Inventò l'OpenSource, o sorgente aperto o software libero (www.fsf.org).
Con OpenSource si intendono generalmente tutti quei programmi software dei quali si dispone dei codici sorgente: una descrizione
intelliggibile delle istruzioni che il programma fa eseguire al computer, descrizione che può essere letta, compresa, modificata, adattata.
Negli anni, grazie anche allo sviluppo di Internet, la comunità degli sviluppatori OpenSource è cresciuta fino a diventare globale ed ha
prodotto software aperto in grado di occupare praticamente tutte le nicchie precedendemente occupate solamente dal software
“chiuso”.
Linux è l'esempio più conosciuto. Linux è un kernel, il nucleo di un sistema operativo, la parte spesso indicata per il tutto. Linux è stato
sviluppato da uno studente Finlandese, Linus Torvald del 1991. E da allora è cresciuto grazie all'apporto di migliaia di contributori di
tutto il mondo. Gli strumenti che stanno al di sopra del nucleo, l'interfaccia grafica, i server web, i database, i programmi di produttività
individuale, le suite office, i programmi
didattici, sono prodotti da altrettante migliaia di persone e disponibili sulla rete. (www.sourceforge.net è uno dei grandi siti-deposito di
software libero).
La navigazione in Inernet, la posta elettronica, la condivisione dei file in rete locale con tutti gli altri sistemi, è tutto compreso.
L'interazione col computer è identica in un sistema Linux rispetto ad un sistema propietario come Macintosh, Windows o OS/2 (barra
dei programmi, icone, cartelle, menu, finestre, mouse, etc). In più l'interfaccia grafica di Linux è altamente personalizzabile, per
adattarsi alle necessità, ai gusti e alle abitudini dei più disparati utenti. In Linux strumenti come OpenOffice consentono di leggere e
scambiare file nei formati proprietari della suite Office di Microsoft. E OpenOffice è gratuito e liberamente scaricabile da Internet
(www.openoffice.org ). Questi strumenti distribuiti gratuitamente sono oggi in grado di coprire pressochè la totalità delle necessita
operative di privati, imprese, pubblica amministrazione.
Il modello economico sotteso dall'Open Source
Chi ci guadagna con l'OpenSource? Come fa a sopravvivere un modello dove è tutto gratis? La risposta è complessa. Spesso molti
programmatori sono sponsorizzati da aziende, che guadagnano in conoscenza e in ottime componenti software. Altre aziende (i
distributori di software Open Source), guadagnano assemblando componenti OpenSource su dei Cd-Rom pronti all'uso. Società come
Suse, RedHat, Mandrake, Debian, sono diventate famose per aver realizzato delle collezioni di software OpenSource attorno a Linux,
complete di procedura di installazione, in grado di rimpiazzare completamente un sistema server o desktop, completo di suite Office
compatibile (www.suse.com, www.redhat.com). Ma che cosa vendono? Linux? No, assolutamente, Linux è public-domain, invendibile
per definizione. I distributori rivendono il supporto su cui memorizzano la distribuzione di software, i manuali, l'assistenza telefonica o
via email, un sistema di aggiornamenti automatico via Internet, corsi, etc. E funzionano bene, visto che recentemente
la tedesca SUSE Linux è stata comperata da Novell Corp. Per 210 milioni di Dollari.
IBM, Hewlett Packard, SUN Microsystem ed altre aziende sponsorizzano il modello OpenSource. Perchè hanno tutto da guadagnare
nell'offrire servizi di gestione e assistenza a chi usa software OpenSource. Il modello OpenSource è ben supportato dai distributori e
dalle grandi aziende (vedi www.ibm.com/linux, www.hp.com/linux, www.sun.com/linux ).
La versatilità e l'apertura del codice OpenSource consente ad un programmatore esperto di intervenire ed estendere, migliorare il
codice. Centri di ricerca, scuole di tutti gli ordini e gradi, aziende private, professionisti, studenti, utenti finali possono trarne grande
beneficio. Ma anche istituzioni pubbliche e di governo. La scuola è probabilmente uno degli ambienti in cui i benefici di un sistema
aperto sono maggiori. Gli studenti
possono smontare e rimontare il software per capire come funziona il computer. Anche i maggiori esperti italiani in materia di software
condividono l'opinione che la disponibilità del codice sorgente è utile per svolgere sperimentazioni e attività didattiche E l'OpenSource è
una strada veramente didattica, sia per l'apertura intrinseca che per la interconnessione di esperienze ed intelligenza a livello
accademico presente in Internet. Senza porsi il problema delle licenze (posso o non posso usare il tal software?) mentre si studia ed
impara.
aziendale ? Lo si esegue direttamente tramite DOSEMU, un emulatore di MS-DOS (www.dosemu.org).
Tramite un'altra risorsa OpenSource, WINE (www.winehq.org), si ha un'emulazione dell'ambiente Windows che consente di eseguire
direttamente dal desktop di Linux la maggior parte dei programmi Windows. Per chi volesse far convivere per qualsiasi ragione i due
ambienti, VMware (www.vmware.com) consente di eseguire una sessione completa di Windows all'interno di una finestra Linux. I
docenti sono in grado di affrontare l'insegnamento dell'uso dell'OpenSoftware? Non c'è che una risposta: si, o lo sono o dovranno
assolutamente esserlo! O perderanno e insieme perderemo l'ennesimo treno tecnologico.
L' Open Source nella Pubblica Amministrazione
Focalizziamo l'attenzione sul sistema Pubblica Amministrazione. Cosa succede nel mondo? Novembre 2003, il Brasile ha scelto di
adottare per la Pubblica Amministrazione software OpenSource; i 34 milioni di dollari spesi ogni anno per software proprietario pesano
troppo sul bilancio brasiliano. Il comune di Monaco di Baviera ha scelto a marzo 2003 di migrare tutti i 14.000 computer attuali, sulla
base di un preciso piano, verso Linux: a nulla è servita la missione transatlantica di Steve Ballmer, Amministratore Delegato della
Microsoft, per cercare di dissuadere il Sindaco. La risposta è stata semplice: il Consiglio Comunale ha votato, il Sindaco non può
cambiare una delibera già presa.
La Russia di Putin ha finanziato e certificato per gli usi pubblici una sua distribuzione di Linux; il ministro russo per le comunicazioni e
l'informatica ad ottobre 2003 ha firmato un accordo con IBM per costituire un Centro di Competenze Linux a Mosca con lo scopo di
diffondere l'utilizzo del software OpenSource. In India il ministro dell'Innovazione tecnologica sta promuovendo dal 2002 l'utilizzo di
Linux e di altri sistemi operativi Open Source al posto di sistemi proprietari nelle scuole di ogni ordine e grado. Per una questione di
costi. Il governo cinese ha una propria distribuzione Linux, che per questioni di strategia e di costi, sta promuovendo; sulla stessa scia
Corea del Sud e Giappone.
In Italia gli esempi sono contrastanti, in assenza di una forte determinazione del governo verso il software aperto piuttosto che verso il
software chiuso. A metà 2003, il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha siglato un protocollo di intesa con Sun
Microsystem “che prevede la distribuzione gratuita di licenze StarOffice, per finalità didattiche, di ricerca e di gestione, a tutte le scuole
italiane pubbliche e parificate di ogni ordine e grado affinché queste siano rese disponibili agli studenti, ai docente e al personale
amministrativo. La suite di StarOffice 6.0, nata seguendo la filosofia "open source" è compatibile con Microsoft Office e comprende
strumenti per l'elaborazione di testi, la creazione di fogli elettronici e grafici, la realizzazione di presentazioni, il fotoritocco, la
pubblicazione sul Web e l'utilizzo dei database relazionali ed è compatibile con Microsoft Office”.
Le poste si ammodernano, rinnovano i loro 14.000 e oltre uffici, cambiano i computer e comprano 14.000, moltiplicate per il numero di
PC presenti in un ufficio postale (5, 10 Pc, dipende), licenze di Microsoft Windows. Sistema operativo che viene utilizzato per eseguire
un solo applicativo. Che potrebbe girare su di un qualunque altro sistema (Linux, BSD, etc.).
Il CNIPA ( www.cnipa.gov.it , Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione, che ha preso il posto dell'AIPA ed è
preposto alle strategie per il software per la PA), pubblica sul suo sito un timido documento tecnico sull'OpenSource. Il “Piano Triennale
per l'Informatica nella PA 2004-2006” cita appena la possibilità di introdurre software OpenSource “per favorire integrazioni tra
software diversi”. Nessuna strategia. Per un centro che dovrebbe definire strategie è quantomeno singolare.
Unica nota dissonante, la Regione Toscana che con la sua Rete Unitaria collega circa 400 soggetti locali e svariati siti web tramite
hardware a basso costo basato su software OpenSource.
Open Source e Sicurezza del Paese
Un aspetto delicato riguarda l'ispezionabilità del codice. Il ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, ha firmato a settembre 2003 il
protocollo d’intesa "Government Security Program" tra l’Italia e la Microsoft, grazie al quale verranno fornite ai responsabili governativi
copie di alcune porzioni del codice sorgente di Windows per poterlo “ispezionare”, ai fini della sicurezza. Un deciso passo avanti rispetto
alla situazione precedente in cui l'acquisto
era totalmente “a scatola chiusa”.
Se la politica del Paese sostenesse fortemente l'adozione di open Source, il governo italiano non sarebbe stato costretto a firmare un
protocollo d'intesa con un'azienda privata non europea, la cui efficacia è purtroppo ridotta giacché l'accordo riguarda “porzioni di
codice”. Dal punto di vista della sicurezza occorre rilevare che un “Cavallo di Troia”, può annidarsi in poche righe di codice, magari in
quelle non oggetto del protocollo d'intesa. Un sistema
operativo Open Source è, per definizione, aperto e per tanto completamente ispezionabile da parte di personale tecnico qualificato,
offrendo pertanto maggiori garanzie.
Da questi semplici esempi capiamo che il fenomeno è molto più ampio di una semplice disputa tra costo di licenza versus installazione
gratuita. Il nocciolo della questione è strategico e di rilevanza politica. Oggi qualsiasi ufficio pubblico (oltre che naturalmente, privato),
lavora col PC. Emissione di documenti, database, ricerche, comunicazioni via email. E' difficile vedere impiegati pubblici lavorare senza
uno schermo ed una tastiera sul proprio tavolo. Se non impossibile. Siamo totalmente dipendenti dai PC e dal software che li fa
funzionare, che attualmente è monomarca. Immaginiamo, per assurdo, che qualcuno, inviando un apposito “virus” o attivando una
qualche procedura annidata nel software più diffuso (Cavallo di Troia), possa semplicemente spegnere i computer in rete, disattivarli,
rimuoverne i file o leggerne silentemente i contenuti senza farcelo sapere. D'altra parte strutture quali Echelon (rete di intercettazione
comunicazioni militari, industriali e personali gestita da USA, GB, Canada, Australia e Nuova Zelanda, criticata dal Parlamento Europeo
nel luglio 2001 http://www.privacy.it/ueechelon.html ), lo fanno abitualmente (intercettare telefonate, fax, email, ...), per missione.
Se il software è “chiuso” non abbiamo modo di sapere che cosa fa e come lo fa. Cosa dice e a chi usando la rete. E' difficile ipotizzare
che società private che producono software “chiuso” nascondano del codice per controllare le azioni degli utenti. Rischierebbero troppo.
Ma strutture governative, agenzie per la sicurezza nazionale, potrebbero averlo imposto. Inoltre il software proprietario non è mai di chi
lo usa. E' concesso in licenza d'uso. Se chi ce lo licenzia decide, per qualche motivo di sicurezza nazionale di non voler più rinnovare la
licenza (è scritto in piccolo nel contratto), una Pubblica Amministrazione è formalmente costretta a spegnere tutti i PC. La situazione
non è propriamente sotto controllo, vi è una forte dipendenza dai voleri di terzi non controllabili.
Di conseguenza le amministrazioni di alcuni governi hanno deciso di non seguire più la strada del software propietario, ma di finanziare
il software aperto. Consapevoli che la transizione avverrà per passi. Il governo tedesco finanzia da anni il progetto KDE ( www.kde.org
uno dei desktop manager più diffuso, l'interfaccia a finestre di Linux) per preparare la strada.
Attori o spettatori ? Creare o distribuire ?
Chi commercializza software opensource non deriva il proprio reddito dalla distribuzione del software stesso o solo dalla vendita
dell'hardware, lo fa anche e soprattutto con i servizi professionali. Questo paradigma non riguarda solamente colossi quali IBM o Sun,
ma anche piccole societa di informatica che, va ricordato, stanno attraversando la fase più critica della propria storia sia in termini
economici con un mercato in forte contrazione (cfr. dati Assinform) che in termini occupazionali La distribuzione di Software Open
Source ha come effetto la necessita di realizzare nuove reti di supporto e formazione in grado di distribuire competenza e cultura;
implica far nascere o riqualificare sul territorio aziende di esperti di tecnologia informatica, di lavoratori della conoscenza: far nascere
attori del mondo dello sviluppo tecnologico in grado di creare valore.
Qualunque azienda o pubblica amministrazione dispone di un budget per l'informatica che viene ripartito in hardware, software e servizi
professionali. Diminuire l'investimento in licenze software consente di rimodulare la spesa sugli altri due capitoli. L'acquisizione di un
sistema nuovo, in grado di operare sulle piattaforme hardware preesistenti, implica in una prima fase l'incremento del capitolo di spesa
dei servizi professionali. Dopo alcuni anni, in una fase successiva, l'azienda o l'amministrazone potrà decidere di rimodulare la propria
spesa per l'ammodernamento tecnologico, lo sviluppo di nuove procedure (possibile grazie alla presenza sul territorio di competenze
causate nel frattempo dall'incremento dei servizi professionali) o, nei casi più semplici, meno impattati dall'informatica, potrà operare
una riduzione dei costi, a vantaggio della propria competitività.
Per contro, distribuire pacchetti significa distribuire scatole in un modo poco difforme dai film o dai detersivi; significa creare rivenditori
di tecnologia lasciando il valore aggiunto ai grandi produttori, per la stragrande maggioranza stranieri, che beneficieranno della spesa
italiana: far nascere spettatori dello sviluppo tecnologico in grado di consumare valore.
Importanti esponenti della ricerca tecnologica italiana ritengono che l’impatto benefico dell'Open Source sull’industria italiana sia ancora
tutto da dimostrare, non condividono un intervento diretto sulle regole del mercato, ma ritengono che non debbano esistere preclusioni
o barriere all’ingresso per le aziende che intendono utilizzare open source. E' un atteggiamento prudente che lascia ad altri l'onere (e
l'onore) di innovare e dimostrare i benefici; i tempi richiesti da un ciclo di questo genere si misurano in molti anni. Qualora questo fosse
l'atteggiamento deciso dal Governo, speriamo di non avere perso nel frattempo l'opportuinta' di cogliere un'altra ondata tecnologica.
C'e' chi ritiene per contro che aiutare gli sviluppi del software aperto favorisce l'industria del software in generale ed europea in
particolare, che soffre da sempre il gigantismo di quella americana; l'OpenSoftware può consentire al piccolo Davide non di abbattere il
gigante Golia, ma quantomeno di guadagnarsene il rispetto per provare a conviverci in maniera meno dipendente. Il software aperto
favorisce la crescita tecnologica in generale, la
consapevolezza tecnologica, eliminando costi di base, aumentando il know -how e consentendo lo spostamento di paradigma
competitivo su nuovi piani.
La posizione espressa da importanti esponenti italiani di fronte all'affermazione che l’adozione di software open source può avere un
impatto significativo sulla bilancia commerciale è, nuovamente, non in contrasto con la tesi di chi scrive, ma nemmeno in favore. Viene
infatti sostenuto che è buona prassi ridurre le spese, affermando che non è sensato decidere a priori una posizione pro o contro l'Open
Source o software proprietario. A livello di singola azienda cliente ciò è assolutamente condivisibile; a livello di sistema si possono fare
alcune considerazioni aggiuntive: il flusso di capitali che oggi esce dall'Italia per pagare licenze software verrebbe meno; una singola
azienda cliente avrebbe forse la necessità di dotarsi di servizi di formazione e consulenza e potrebbe anche non verificare una riduzione
degli investimenti in IT.
Tuttavia, a livello di sistema paese, il flusso uscente si ridurrebbe considerevolmente con un travaso dell'investimento da licenze
software (capitale uscente) a servizi professionali (incremento occupazione e cultura tecnologica.)
Un possibile percorso
Gli economisti ci insegnano che il prezzo espresso in danaro è una misura del valore aggiunto nelle varie fasi di produzione. Anche se
una singola azienda non verificasse risparmi, è opinione largamente condivisa che una sana politica economica dovrebbe favorire
modelli che tendono a distribuire la ricchezza, non a concentrarla. Ma come procedere vivendo nella periferia amministrativa
dell'Impero? A piccoli passi e senza grandi clamori, ad esempio finanziando pubblicamente e incentivando i finanziamenti privati di
piccoli centri di competenza legati all'OpenSoftware.
Potrebbe essere auspicabile la nascita di un osservatorio sulle pratiche ed iniziative (“best practices”) in atto in altri paesi, che
contribuisca tramite l'analisi di quanto sta avvenendo alla proposta di iniziative che possano portare un beneficio al sistema paese. Ad
esempio potrebbero essere realizzati gruppi di eccellenza, fatti da talenti informatici che siano in grado di contribuire a creare e
mantenere delle distribuzioni di software libero per le scuole dell'obbligo, le scuole superiori, le università, le piccole medie aziende
italiane, le pubbliche amministrazioni.
The Open Source Definition
Open Source non significa solamente accesso al codice sorgente. I termini di distribuzione di un programma
open-source devono rispettare i criteri seguenti.
1. Libera ridistribuzione
La licenza non può limitare nessuna delle parti nella vendita o nella fornitura di software come componente
di una distribuzione di software aggregati, contenente programmi provenienti da fonti diverse. La licenza non
può richiedere il pagamento di una royalty o di diritti per tale rivendita.
2. Codice sorgente
Il programma deve includere il codice sorgente, e deve consentire la distribuzione sia sotto forma di codice
sorgente sia in forma compilata. Nei casi in cui un prodotto non venga distribuito con il codice sorgente, deve
esserci la possibilità, ben pubblicata, di scaricare il codice sorgente via Internet senza costi aggiuntivi. Il
codice sorgente deve essere la forma privilegiata in cui in programmatore modificherà il programma. Codice
sorgente deliberatamente nascosto non è ammesso. Forme mediate, come l'output di un preprocessore non
sono ammesse.
3. Prodotti derivati
La licenza deve consentire l'attuazione di modifiche e di prodotti derivati, consentendo inoltre la loro
distribuzione sotto gli stessi termini di licenza del software originale.
4. Integrità del codice sorgente dell'autore
La licenza può imporre limitazioni sulla distribuzione del codice sorgente in forma modificata solamente se la
licenza consente la distribuzione di file “patch” insieme al codice sorgente con lo scopo di modificare il
programma durante l'esecuzione del build. La licenza deve consentire esplicitamente la distribuzione di
software realizzato a partire dal codice sorgente modificato. La licenza può richiedere che i prodotti derivati
portino un nome o un numero di versione diverso dal software originale.
5. Nessuna discriminazione verso singoli o gruppi
La licenza non deve porre discriminazioni verso qualsiasi persona o gruppo di persone.
6. Nessuna discriminazione verso campi di applicazione
La licenza non deve porre limitazioni sull'uso del programma in un particolare campo di applicazione. Per
esempio, non può impedire l'uso del programma in una azienda o per la ricerca genetica.
7. Distribuzione della licenza
I diritti allegati al programma devono applicarsi a tutti coloro a cui viene ridistribuito il programma, senza la
necessità di applicare una licenza supplementare per queste parti.
8. La licenza non deve essere specifica per un prodotto
I diritti allegati al programma non devono dipendere dal fatto che il programma faccia parte di una
distribuzione particolare. Se il programma viene estratto da tale distribuzione e usato o distribuito nei termini
della licenza del programma, tutte le parti a cui il programma viene ridistribuito devono avere gli stessi diritti
garantiti in occasione della distribuzione originale del software.
9. La licenza non deve contaminare gli altri programmi
La licenza non deve porre limitazioni su altro software che venga distribuito insieme con il software in
licenza. Per esempio, la licenza non deve asserire che tutti gli altri programmi distribuiti sullo stesso supporto
devono essere software open source.
10. Conformità della licenza e della certificazione
Qualsiasi programma che faccia uso di licenze certificate come conformi alla Open Source Definition può
utilizzare il marchio registrato Open Source, e il codice sorgente può essere dichiarato esplicitamente di
pubblico dominio. Nessun altro programma o licenza è certificato per fare uso del marchio registrato Open
Source.
(Le informazioni seguenti non sono parte della Open Source Definition e possono subire variazioni nel corso
del tempo).
La GNU GPL, la LGPL, la licenza BSD, la licenza X Consortium, l'Artistic, la MPL e la QPL sono esempi di
licenze che consideriamo conformi alla Open Source Definition. Per sottoporre a certificazione una licenza,
scrivere a [email protected]. Incoraggiamo caldamente l'utilizzo di licenze già certificate
dall'elenco precedente, dal momento questo consente l'uso del marchio Open Source senza bisogno di
sottoporre a revisione la licenza. Si prega di riportare eventuali abusi del marchio Open Source a: [email protected].