L`immoralità della pena di morte
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L`immoralità della pena di morte
Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli L’IMMORALITÀ DELLA PENA DI MORTE (*) Luigi Ferrajoli Il fondamento filosofico del rifiuto della pena di morte è un fondamento assoluto, che si identifica con lo stesso fondamento etico-politico del diritto e dello stato. Le due giustificazioni all'inizio ricordate - la giusta retribuzione e l'efficacia deterrente - restano tuttavia illuminanti, dato che consentono di rivelare, con la loro inconsistenza, l'intrinseca immoralità della pena di morte e dei sentimenti che la sorreggono, nonché gli effetti diseducativi, di corruzione del senso morale, che essa è in grado di produrre. Se è vero infatti che l'idea che la pena annulla il delitto, o equivale alla sua espiazione, o al contrappasso, o alla riaffermazione o restaurazione dell'ordine violato è un'assurdità, dato che il delitto, come disse Platone, "non può, una volta commesso, divenir non commesso", dobbiamo riconoscere che la vera ragione per la quale è sostenuta è non già la giusta retribuzione, bensì il desiderio della vendetta, secondo il principio primitivo del taglione. "L'annullamento del delitto," affermò del resto esplicitamente Hegel, "è principalmente vendetta, giusta secondo il contenuto, in quanto è taglione." (1) "Non può essere che il sentimento della vendetta," scrisse Carrara, "quello che faccia ravvisare come giusto e buono lo irrogare al colpevole altrettanto male quanto egli stesso alla sua vittima ne arrecò." (2) C'è peraltro un circolo vizioso e perverso che opera a sostegno della pena di morte nei paesi democratici: quel sentimento di vendetta non solo è maggioritario nella società ma, proprio per questo, è confortato dal ceto politico. Insomma, la richiesta della vendetta presente nella società genera a livello politico la risposta della vendetta, sotto forma di pena di morte, che a sua volta legittima, asseconda e alimenta la sete di vendetta. Ma questa legittimazione incrociata tra senso comune e diritto - l'uno assecondato e modellato dall'altro - vale anche inversamente. La battaglia per l'abolizione della pena di morte è soprattutto una battaglia culturale, che dipende dalla mobilitazione contro di essa dell'opinione pubblica. Questa interazione tra senso comune e diritto, tra consenso alla pena di morte e resistenza politica ad abolirla, rappresenta, d'altro canto, la principale spiegazione del carattere di fatto criminogeno di una simile pena, in opposizione alle tesi utilitaristiche della sua supposta efficacia deterrente. Domandiamoci infatti perché mai la previsione e la pratica della pena di morte si accompagni immancabilmente, come dimostrano le comparazioni statistiche ricordate all'inizio, a un aumento dei delitti. Evidentemente questo aumento è un effetto della pubblica, ufficiale svalu- 1 Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli tazione della vita con essa offerta dallo stato: di quello che Beccaria stigmatizzò come "l'esempio di atrocità che dà agli uomini" (3). Ma questa è un'ulteriore conferma della sua intrinseca immoralità: per la corruzione morale e l'abbassamento nel senso comune del valore della vita umana generati dallo spettacolo di quell'omicidio premeditato e organizzato "con istudio e con formalità" (4) che è la pena di morte. "Parmi un assurdo," scrive Beccaria, "che le leggi che sono l'espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinino un pubblico assassinio." (5) "Sono abolizionista," aggiunge Carrara, "perché sento pietà del popolo che si corrompe con l'assassinio giuridico" (6); giacché la pena di morte è "pervertitrice del senso morale dei popoli" essendo "assurdo che s'inculchi il precetto di non uccidere con uccidere a sangue freddo" (7). Note *. Da P. Costa (a cura di), Il diritto di uccidere, Feltrinelli, Milano 2010, pp. 65-67. 1. G.W.F. Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts (1821), trad. it. di F. Messineo, Lineamenti di filosofia del diritto, Laterza, Bari 1954, § 102, pp. 99100. 2. F. Carrara, Penalità dell'omicidio. Frammento (1864), in Id., Contro la pena di morte. Scritti di Francesco Carrara, cit., p. 150. 3. C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, cit., § XXVIII, p. 67. 4. Ivi, § XXVIII, p. 67. 5. Ibid. 6. F. Carrara, Pena di morte. IV. Logica (1875), in Opuscoli di diritto criminale, Tipografia Giachetti, Prato, II ed., vol. VII, p. 456, ora in Contro la pena di morte. Scritti di Francesco Carrara, cit., p. 392. 7. F. Carrara, Frammenti sulla pena di morte (1870), in Opuscoli, cit., II ed., vol. V, p. 69, ora in Contro la pena di morte. Scritti di Francesco Carrara, cit., p. 197. 2