DEF_140414 Rapporto Parma Alimentare

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DEF_140414 Rapporto Parma Alimentare
Gli health conscious consumer presentano invece alcune caratteristiche
peculiari quali:
• Estrema attenzione agli ingredienti e ai valori nutrizionali del cibo,
visto come fonte di energie pulite e salutari per l’organismo
ancora prima che come fonte di piacere per il palato;
• Propensione alla scelta di alimenti biologici e organici, non-GMO e
possibilmente senza glutine;
•
Studio attento e continuo delle proprietà degli alimenti e dei loro
effetti sul corpo umano;
•
Disponibilità a pagare un prezzo premio per prodotti che abbiano
alti valori nutrizionali e che siano prodotti in modo naturale, senza
alterazione degli ingredienti o delle proprietà nutritive.
E’ proprio la diffusione in America di questo tipo di consumatore a
spiegare fenomeni in forte ascesa quali l’aumento della produzione
biologica (USDA Organic) e dell’offerta gluten free. La domanda di
prodotti senza glutine e’ ormai un fenomeno che travalica grandemente il
solo segmento dei celiaci o di consumatori con specifiche intolleranze
alimentari. Si tratta di un mercato trasversale, che vale oggi negli USA
oltre quattro miliardi di dollari. La grande e crescente popolarità del
gluten free in America e’ dovuta anche al fatto che spesso sono i medici
nutrizionisti a consigliare di seguire questo tipo di dieta ai loro pazienti.
La distribuzione retail
e i “trend setting retailers”
Overview
Negli Stati Uniti, più che in altri Paesi, la distribuzione retail dei prodotti
alimentari è varia e articolata ben oltre il solo sistema dei supermercatixiii.
Prodotti alimentari sono infatti venduti negli USA nei più disparati format,
dai superstores/mass merchants (come Wal Mart), alle pharmacies solo
per citare due esempi.
In questo contesto, ricerche già condottexiv hanno identificato una
categoria di insegne che e’ trasversale rispetto alle classificazioni
tradizionali e rappresenta il target ideale per la produzione italiana di
specialita’. Chiamiamo questo target di distribuzione i “trend setting
retailers”.
La categoria dei trend setting retailers si definisce in primo luogo per
posizionamento: le insegne offrono prodotti qualitativamente migliori e
più autentici dei supermercati tradizionali, anche se non sono
xiii
Il supermercato e’ definito come un punto vendita (grocery store) che offre una selezione di circa
15,000 prodotti e che fatturano almeno due milioni di dollari l’anno per punto vendita.
xiv
A partire dal rapporto “La domande e l’offerta di prodotti alimentari italiani negli Stati Uniti”, MRA
2008
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esclusivamente concentrati sulle produzioni italiane, come i singoli negozi
indipendenti o le “isole italiane” oggi presenti in alcuni contesti
metropolitani come New York o San Francisco.
Figura 6: il posizionamento dei “trend setting retailers”
Da un punto di vista del formato, i trend setting retailers sono:
• Specialty stores, ovvero negozi focalizzati su produzioni di
specialita’ e di eccellenza qualitativa. Esempi di specialty stores
sono catene nazionali (come Whole Foods o Trader Joe’s), catene
regionali (come Wegmans nel New Jersey o Kowalski’s in
Minnesota) o piccole catene operative in determinati contesti
metropolitani e in particolare a Manhattan e nell’area
metropolitana di New York. E’ importante notare che questo
format nella grande maggioranza dei casi ha l’aspetto
“tradizionale” di un supermercato; sia pure con alcune differenze
che saranno tracciate sotto. La loro focalizzazione sul prodotto di
alta qualità tuttavia li rende differenti dai retailer alimentari
tradizionali, per esempio agli occhi dei principali istituti di
collezione dati sul retail alimentare in USA. In altre parole, le
principali società di ricerca sul retailing alimentare negli USA, quali
AC Nielsen o IRI, non raccolgono alcun dato su questo tipo di
distribuzione.
• Wholesale Clubs. La loro natura di “club” si fonda sul fatto che a
ciascun membro (socio) e’ richiesto di corrispondere un fee
annuale per poter fare acquisti nel punto vendita. Esempi di Clubs
in USA sono Costco, BJ’s e Sam’s Club (si rimanda all’appendice
del rapporto per una descrizione più puntuale di ciascuna catena).
Caratteristiche comuni ai Clubs sono il fatto di offrire prodotto
spesso in bulks, ovvero in confezioni sensibilmente più grandi di
quelle che si trovano in supermercati tradizionali, e a un prezzo
molto minore, frutto di una politica di margini ridottissimi e grandi
volumi. Tipicamente i clubs offrono numerosissime categorie di
prodotti, e quindi non si limitano al food; tuttavia, la loro offerta
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nel campo alimentare e’ di qualità spesso eccellente e
paragonabile a quella degli specialty stores sopra citati.
Al di là dei singoli differenti formati, le catene trend setter sono quelle
che:
1. Hanno una connessione più diretta e quasi “personale” con
foodies e health conscious consumers. Sono, in altre parole, le
insegne preferite dei foodies. Questo e’ vero in primo luogo per la
qualità della loro offerta (si veda il punto sotto); ma anche perché
le insegne trend setter offrono un valore di esperienza d’acquisto
di gran lunga superiore a quello di catene tradizionali. Il concetto
di “esperienza d’acquisto” e’ trasversale e si può forse riassumere
nel “piacere di fare la spesa” indipendentemente dalla pura
necessità di acquistare cibo. Esperienze di acquisto diverse
dipendono, per citare alcuni esempi, dalle atmosfere “tropicali” di
catene come Trader Joe’s (con banchi in legno e commessi a
camicia a fiori), dalla continua interazione con personale in
negozio per prove di assaggio, consigli, o dalla presenza di un
sofisticato reparto “tavola calda” all’interno del punto vendita in
cui servirsi per consumare un pasto senza uscire dal punto
vendita; come avviene per esempio presso Whole Foods. Tutto
questo contribuisce fortemente a fidelizzare il consumatore, che si
fida della “sua” insegna e non sarebbe disposto a ritornare presso
supermercati più tradizionali.
2. Prestano maggiore attenzione alla qualità e all’autenticità dei
prodotti che vendono. Numerosi progetti di ricerca hanno
confermato il fatto che presso le catene “trend setter” le
percentuali di prodotti ingannevoli italian sounding sono
sensibilmente minori per ciascuna categoria di prodotto rispetto
alle insegne tradizionali. Questo rende le catene trend setter gli
ideali veicolatori dei nostri prodotti importati; anche perché i
buyer di questi insegne sono a loro volta spesso profondi
conoscitori dei prodotto e non focalizzano la trattativa
esclusivamente sul livello di prezzo.
3. Hanno dimensioni spesso considerevoli, in particolare per quanto
riguarda le catene nazionali e quelle regionali sopra citate. In altre
parole, ciascuna insegna trend setter conta in media decine, se
non centinaia, di punti vendita negli USA e questo garantisce alla
nostra produzione un buon volume di vendita, che sarebbe
impensabile raggiungere solamente attraverso il target delle isole
italiane o dei singoli negozi di specialita’ indipendenti.
Per questi motivi, l’analisi che viene presentata in questo rapporto si basa
per la grandissima maggioranza su rilevazioni condotte presso insegne
trend setter, il cui elenco e’ riportato sotto. Come si può vedere, l’insieme
delle insegne visitate vale per oltre 2,500 punti vendita negli Stati Uniti.
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Figura 7: le catene visitate durante questo progetto di ricerca
Avere concentrato l’analisi sulle catene trend setter significa
evidentemente offrire in questo rapporto una rappresentazione del
segmento alto dell’offerta alimentare statunitense. In altre parole, le
analisi delle prossime sezioni offriranno uno spaccato, per esempio circa
la diffusione di prodotti imitativi italiani, che riflette in grande parte il
“meglio” della distribuzione alimentare attuale degli Stati Uniti.
I trend setting retailers sono gli ideali veicolatori dei prodotti italiani e per
questo si ritiene debbano essere approcciati in via prioritaria dai nostri
produttori. Questo non significa, tuttavia, che non esistano oggi grandi
opportunità per i nostri prodotti anche presso insegne più tradizionali, che
anzi spesso seguono, trainate da questa nuova generazione di retailer, le
linee guida da queste tracciate. In altre parole il fenomeno dell’aumento
della qualità e dell’autenticità del cibo venduto a scaffale ha origine
presso i trend setter retailers, ma si va diffondendo alle catene
tradizionali intenzionate a seguire il modello di grande successo da queste
proposto. Per questo motivo, sapere incidere efficacemente sulla
composizione dell’offerta delle catene trend setter significa tracciare le
linee di sviluppo cui, presto o tardi, sono destinate ad adattarsi anche
insegne più tradizionali.
Flusso di prodotto e marginalità
Le tavole sotto presentano il tipico flusso di prodotto, gli attori coinvolti e
le marginalità medie praticate negli USA per prodotti di specialita’
alimentari, nei due canali trend setter degli “specialty stores” e
“wholesale clubs”.
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Figura 8: il flusso tipico di prodotto nel caso dei specialty stores “trend setter”.
La distribuzione di prodotti di specialita’ italiane in USA avviene
tipicamente tramite DSD (Door Store Delivery) Questo sistema prevede
che la merce arrivi in consegna direttamente ai singoli punti vendita delle
insegne retail diffuse sul territorio.
Nel caso di prodotti importati dall’Italia, la marginalità più frequentemente
riscontrata presso i distributori USA è di circa il 20-25%. Questo
premesso, le politiche di margine variano grandemente tra differenti
distributori, e dipendono dal prodotto (un prodotto di specialita’ che
implichi una scarsa rotazione avrà marginalità maggiori); della struttura
del distributore (intesa come combinazione del volume di vendita,
dell’ampiezza del portfolio trattato e dell’efficacia dell’organizzazione
logistica); e dal grado di accorpamento delle attività di vendita e
marketing.
Le insegne dei Wholesale Clubs (si veda lo schema sotto) lavorano invece
in media con marginalità molto minori. Questo e’ possibile in presenza di
grandi volumi di vendita e in virtù di un modello di distribuzione differente
dal DSD, che si fonda sulla presenza piattaforme in cui fare arrivare in
consegna tutti i prodotti che poi saranno distribuiti ai singoli punti
vendita.
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Figura 9: il flusso tipico di prodotto nel caso dei Wholesale Clubs
Le evoluzioni
della distribuzione del fuori casa
Overview
Trainata dalla domanda dei foodies, anche la distribuzione alimentare del
fuori casa sta conoscendo in questi anni una profonda trasformazione.
Questo accade proprio perché i consumatori americani sono sempre più
attenti alla qualità e all’autenticità’ delle ricette che assaporano; a
maggiore ragione per il fatto che il ristorante e’ spesso il luogo in cui
sperimentare nuovi sapori o nuove modalità di utilizzo di ingredienti noti
(consumatori intervistati in passati progetti di ricercaxv parlano dei
ristoranti come di “teatri”). Oggi in altre parole sono i foodies a
pretendere la qualità nei ristoranti che frequentano, e accade che siano
loro a “rimproverare” gli chef quando si accorgono che gli ingredienti
utilizzati non sono autentici.
Questo comporta un trend per certi versi simile a quanto già visto nel
retail. Esiste infatti una categoria che possiamo definire “trend setting
restaurants”, propensi a proporre ricette che utilizzano esclusivamente
ingredienti autentici. Come per il retail, le tendenze dettate da questo tipo
di ristorazione hanno in questi anni effetti anche su ristoranti di livello più
basso, italiani e continentali, che oggi prestano maggiore attenzione alla
qualità della loro offerta.
xv
Il riferimento e’ in particolare alla ricerca “I consumi fuori casa negli USA: la grande opportunità per
i prodotti autentici italiani”, realizzato da MRA per conto della Camera di Commercio di Parma e delle
Fiere di Parma nel 2012
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