Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori

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Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori
Paolo Zavagna
Guida alla copia e al
restauro dei documenti
sonori
Dispense del corso di
Teoria del restauro dei documenti sonori
Conservatorio “Luigi Cherubini”
Firenze
A. A. 2005-2006
1
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
0. Introduzione
§ 1. Premessa
Il presente lavoro si pone come obbiettivo primario ‘accompagnare’ l’operatore che si occupa di
documenti sonori lungo il percorso che va dal reperimento del materiale di lavoro al suo restauro.
Poiché lungo questo percorso i problemi trattati non sono sempre lineari, si potrà verificare il caso in
cui un argomento viene presentato in diversi luoghi e trattato in maniera leggermente diversa. Questa
‘discontinuità’ è a volte dovuta agli occasionali ripensamenti che in un tragitto come quello qui esposto
sono quasi inevitabili, altre volte alla difficoltà di stendere una guida senza incorrere in argomenti
scontati o viceversa trascurati.
Si è seguita la tradizionale impostazione per capitoli e sottocapitoli, aggiungendo un’ulteriore
suddivisione in paragrafi, comoda per i rimandi interni e per la trattazione di argomenti che, per la loro
singolarità, sono facilmente isolabili. Si è scelto di fare i rimandi bibliografici all’interno del testo per
non appesantire il lavoro con note. I rimandi sono quindi essenziali e riportano solo l’autore o
eventualmente la data quando vi siano, nella bibliografia, più opere dello stesso autore. Le uniche note
che si trovano in fondo ad alcuni capitoli sono riferite a testi o a luoghi che per la loro caratteristica non
potevano comparire in bibliografia.
Nella presente guida vengono trattati gli aspetti più importanti relativi alla copia e al restauro
dei documenti sonori. Si trattano diversi supporti e diversi materiali, cercando di esaurire la gran parte
della produzione. Tuttavia non vengono presi in esame tutti i formati sui quali si possono trovare
registrazioni sonore: i formati molto rari o che necessitano una manipolazione particolare, eseguita con
apparecchiature costruite appositamente, verranno esclusi dalla trattazione. Non si affronteranno, ad
esempio, i cilindri, appannaggio esclusivo di poche istituzioni specializzate. “[I cilindri] sono
estremamente friabili, e ammuffiscono se sono stati conservati in condizioni troppo umide.
Fortunatamente, si può affermare che, in tutto il mondo, gran parte delle registrazioni sono già state
trasferite su supporti fisici moderni” [Schüller 1994]. Inoltre “non tutti gli archivi hanno la possibilità
di avere finanziamenti e personale per eseguire tutti i tipi di ri-registrazione” [Boston 1991]. Non si
tratterà neppure del filo d’acciaio, uno fra i primi sistemi di registrazione magnetica. Ci si ‘limiterà’,
per quanto riguarda i supporti meccanici, ai dischi, e per quanto riguarda i supporti magnetici, ai nastri
a bobina aperta, con particolare attenzione a quelli di 0.635 cm di dimensione (1/4 di pollice), e alle
compact cassette.
Da un punto di vista temporale si partirà dalle origini per giungere fino all’avvento del digitale,
all’inizio degli anni Ottanta, che presenta altri tipi di problemi da trattare in tutt’altra sede.
§ 2. Problemi terminologici e unità di misura
La gran parte della letteratura scientifica odierna è in inglese. Certi termini sono facilmente traducibili e
sono già entrati nell’uso quotidiano nella loro traduzione. Altri sono invece entrati a far parte del nostro
vocabolario nella lingua originale. Infine vi sono dei termini che per loro natura sono difficilmente
traducibili e per i quali si adotteranno delle perifrasi. Alcuni di questi vengono riportati al termine della
guida e incorporati nel glossario, nel qual caso verrà specificata la lingua da cui derivano. In altri casi
verrà riportato il termine originale con una proposta di traduzione, laddove la letteratura di riferimento
in italiano o in altre lingue romanze, comunque scarsa, non mi è venuta in aiuto. Tutti i casi eccezionali
verranno comunque adeguatamente segnalati. Purtroppo un criterio sistematico nell’uso della
terminologia non era adottabile; si è cercata quindi la soluzione migliore a seconda della circostanza,
ferme restando certe consuetudini. Molti termini necessitano di una breve spiegazione che nel testo
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
poteva essere, in alcuni casi, troppo pesante. Per tutti i termini e le sigle che, numerose, si trovano nel
testo è stato compilato un glossario di rapida consultazione.
Salvo diversa indicazione le traduzioni sono mie.
Si è deciso infine di uniformare l’utilizzo delle unità di misura al Sistema Internazionale, anche
se molto spesso, nell’ambito degli argomenti qui trattati, nella letteratura vengono utilizzate altre unità
di misura, le prime ad essere state adottate nel settore. Si troveranno quindi, per un confronto, tabelle
comparative laddove sia necessario un riferimento a valori altrimenti dati in altre unità. L’esempio più
evidente, ma non l’unico, è dato dall’uso comune del pollice come unità di misura sia delle dimensioni
dei nastri magnetici sia della loro velocità (pollici al secondo), che verrà sostituito dal centimetro o da
suoi sottomultipli.
§ 3. Ringraziamenti
Voglio ringraziare tutte le istituzioni che hanno in qualche modo contribuito alla stesura del presente
lavoro. L’Università di Udine e il laboratorio MIRAGE (Musical Informatics Research and
Applications. Gorizia Equipe) grazie alla cortesia del direttore professor Angelo Orcalli. La Discoteca
di Stato di Roma, che ha fornito alcuni degli esempi sonori su cui lavorare. Il Phonogrammarchiv di
Vienna nelle persone del suo direttore professor Dietrich Schüller, Franz Lechleitner e Victoria Ernst.
Voglio ringraziare tutti coloro che a vario titolo mi hanno aiutato: lo staff del MIRAGE (la
professoressa Luisa Zanoncelli, il professor Angelo Orcalli, Alessandro Argentini, Giovanni De
Mezzo, Sergio Canazza, Giuliano Michelini), lo staff del MARTLab (Musica Audio Ricerca-RestauroRecupero e Tecnologie) nelle figure dei dottori Francesco Carreras, Marco Ligabue, Roberto Neri e dei
borsisti Simone Conforti e Alberto Gaetti), i professori Giovanni Morelli, Maurizio Agamennone e
Alvise Vidolin.
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1. Quali documenti per quale salvaguardia?
§ 4. Asimov
«[…] – Dovremmo avere tutti i documenti del 1000 E.G., come abbiamo quelli di quest’anno, del 12020 E.G.
– In teoria, sì, ma in pratica… Sai, Hari, è come continui a dire tu. È possibile avere tutti i documenti e i dati del
1000 E.G., ma nel medesimo tempo è una cosa che in pratica non si può realizzare.
[…] – I documenti non durano in eterno, Hari. Le banche dati possono essere distrutte o cancellate in seguito a
qualche conflitto, o possono semplicemente deteriorarsi col tempo. Ogni bit di memoria, ogni registrazione che non viene
utilizzata per molto tempo, alla fine svanisce nel rumore puro. Dicono che un terzo dei documenti della Biblioteca Imperiale
siano assolutamente incomprensibili, ma la tradizione naturalmente non permette che vengano tolti. Altre biblioteche sono
meno legate alla tradizione. Nella biblioteca dell’Università di Streeling, ogni dieci anni scartiamo il materiale inutile.
“Certo, i documenti consultati spesso ed esistenti in più copie su vari mondi e in varie biblioteche, governative e
private, rimangono abbastanza chiari per migliaia di anni, così molti punti essenziali della storia galattica sono tuttora noti
anche se si tratta di eventi che risalgono all’epoca pre–imperiale. Ad ogni modo, più si va indietro, più diminuisce il
materiale conservato.”
– Non riesco a crederci – disse Seldon. – Non bisognerebbe fare copie del materiale che rischia di deteriorarsi?
Come avete potuto lasciar scomparire così la conoscenza?
– La conoscenza indesiderata è conoscenza inutile – disse Dors. – Prova a pensare al tempo, agli sforzi e
all’energia che si sprecherebbero per risistemare in continuazione i dati inutilizzati. E lo spreco aumenterebbe sempre più
col passare del tempo.
– Ma qualcuno un giorno o l’altro potrebbe aver bisogno dei dati eliminati con tanta disinvoltura, no?
– Magari una volta sola in mille anni. Salvare tutto quanto in previsione di un’esigenza del genere non è
economico. Nemmeno nella scienza. […]»1
«[…] – E vi fidereste di certe informazioni? – domandò Hummin. – Dopo tante migliaia di anni, riterreste attendibili i primi
ricordi di un robot del genere? E le distorsioni subentrate?
– Giusto! Esclamò di colpo Dors. – Vale quanto ti ho detto riguardo i documenti computerizzati, Hari. Anche nel
caso dei ricordi del robot ci sarebbero fenomeni di eliminazione, perdita, cancellazione, distorsione. Si può risalire nel
tempo fino a un dato punto, e più si va indietro, meno le informazioni sono attendibili… non c’è niente da fare.
Hummin annuì. – Una specie di principio di indeterminazione dell’informazione… l’ho sentito definire così.
– Ma può darsi che alcune informazioni, per motivi speciali, vengano conservate, no? […] Se una particolare
informazione è considerata preziosa e conservata con cura, può darsi che sia più duratura e più precisa, non trovate?
– La parola chiave è “particolare”. Può darsi che il Libro voglia conservare dati che a voi non interessano… può
darsi che i dati che un robot ricorda meglio non abbiano nessun valore per voi.»2
§ 5. Una possibile definizione di documento sonoro
Il documento – parte dell’oggetto della nostra indagine – è soggetto di numerose definizioni. La sua
chiara identificazione ci è però utile per delineare, almeno in parte, quella incommensurabile quantità
di materiali che potrebbero o dovrebbero essere conservati. L’archivistica definisce un documento
come “informazione scritta, o affissa ad un supporto fisico, prodotta o ricevuta da un’entità fisica o
organizzativa durante la trattazione di affari, e conservata per l’adempimento di obblighi
amministrativi o legali o per essere usata come materiale di prova o riferimento.”3 In diplomatica “un
documento è una prova scritta compilata secondo una forma determinata – che è variabile a seconda
del luogo, periodo, persona, transazione – di un fatto di natura giuridica. Questa definizione non fu
mai adottata dai teorici dell’archivistica per due ragioni fondamentali: in primo luogo, essa definiva
entità singole più che aggregazioni […]; e, in secondo luogo, essa escludeva dalla sua sfera i documenti
1
Isaac Asimov, Preludio alla Fondazione, Milano, Mondadori, 1989, p. 145, corsivi nostri.
Ivi, p. 256.
3
Luciana Duranti, “La definizione di memoria elettronica: il passo fondamentale nella sua preservazione”, in [Morelli e
Ricciardi, pp. 151-152].
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collegati a/o derivati da fatti giuridicamente irrilevanti, documenti interlocutori e preparatori, e
documenti informali […].”4. Ci troviamo d’accordo con gli archivisti sulla seconda ragione ma non
sulla prima, che anzi nella definizione ci soddisfa grazie alla possibilità di reperire materiale
documentario sonoro in singole entità. Ovviamente non ci soddisfa il carattere di “scritto” assunto in
questa definizione. Tuttavia i significati di compilazione, forma determinata e variabilità delineano
bene ciò di cui parleremo. Potremmo quindi definire il documento sonoro come l’informazione sonora
registrata su un supporto fisico secondo una forma determinata – che è variabile a seconda del luogo,
periodo, persona, transazione – di un qualsiasi fatto di natura acustica.
§ 6. La gran massa dei documenti
La lunga citazione da Asimov mette in rilievo alcuni problemi affrontati in questa guida. Attualmente
non si preservano tutti i documenti che vengono quotidianamente prodotti. Questo dato di fatto
evidente nasconde però un’insidia: indipendentemente da giudizi di valore sulla necessità di
‘preservazione totale’, quale sarebbe il vantaggio (economico, sociale, storico?) di un’operazione di
questo tipo? Da un punto di vista economico è chiaro che, attualmente, non sarebbe per nulla
vantaggioso. Da un punto di vista sociale potremmo forse sperare che un maggior numero di fruitori
avrebbe la possibilità di accostarsi a quelli che potrebbero essere documenti a lui più vicini; tuttavia
questo è solo in parte vero, poiché maggior numero di documenti significa maggiori difficoltà nel
ricercarli e quindi una preparazione specifica. Dal punto di vista dello storico, il mito della
‘preservazione universale’ potrebbe essere più di una chimera e, soprattutto nell’ambito della
microstoria, costituirebbe una sorta di pozzo senza fondo; ma anche in questo caso, proprio perché
senza fondo, potrebbe essere più un problema che una soluzione. “L’aumento delle fonti di
informazione e quindi la moltiplicazione delle fonti che producono informazione, la loro accessibilità
diretta, l’universalità dei dati, determinano il valore strategico della comunicazione e
dell’informazione; ma sono anche la causa principale della sempre più evidente labilità delle fonti
stesse e della difficoltà sempre più visibile della validazione della fonte, della notizia e quindi del dato
e del documento. Accessibilità, universalità e pervasività dei dati, dominio della comunicazione
possono essere i segni profondi, fondanti del nostro tempo: sono anche le categorie all’interno delle
quali assumono nuovo significato parole come memoria, conservazione, archivio ecc.”5 “Qualsiasi
storico abbia avuto la ventura di visitare i sotterranei dei National Archives di Washington dove sono
conservati i documenti relativi alla Seconda guerra mondiale, dovrebbe sconsolatamente rinunciare a
trattare l’argomento, per l’impossibilità di esaurire – nell’arco della stessa vita – l’esplorazione di tutto
quel materiale” [De Luna].
§ 7. “In teoria, sì, ma in pratica…”
Con la tecnologia attualmente a disposizione non serve arrivare ad un futuro così lontano come quello
prospettato da Asimov per poter garantire la conservazione di ‘tutti’ i documenti. Lo spazio per
immagazzinare una quantità di dati pari a quelli contenuti in una normale biblioteca è realmente esiguo.
Tuttavia il problema non è quello dello spazio – sempre ammesso che si sia trovato uno standard di
salvataggio dei dati e, vedremo ben presto, questo standard è molto lontano dall’essere anche solo
ipotizzato. Archiviare una grande quantità di “unità” implica una gestione complessa e una certa
difficoltà nella progettazione di database in grado di accedere ai dati facilmente e velocemente. Se per
quanto riguarda la velocità può essere solo questione di tempo, per quanto riguarda la facilità di
consultazione l’utente non trova l’equivalente delle schede cartacee (alle quali è abituato e che oggi
4
5
Ivi, pp. 154-155.
Mario Ricciardi, “Archivi mobili/Archivi intelligenti”, in [Morelli e Ricciardi, pp. 209-210].
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non sono, ovviamente, più gestibili) e spesso si trova a dover formulare, nella ricerca di un documento,
richieste in formati di difficile gestione. Entrando poi nello specifico del documento sonoro ci troviamo
di fronte ad un’altra difficoltà: mentre per quanto riguarda i documenti cartacei ci sono anni di
esperienze e codificazioni alle spalle, i documenti sonori, pur occupando specifici settori
dell’archivistica, sono ancora catalogati in maniere molto dissimili, quando non del tutto trascurati.
§ 8. Più copie in luoghi diversi
Approntare una doppia copia dello stesso materiale è una delle strategie oggi adottate per evitare il
rischio di distruzione in caso di catastrofi naturali o comunque non previste dall’uomo (incendi, guerre,
esplosioni, contaminazioni, allagamenti), che costituiscono ancor oggi la causa maggiore di perdita di
interi archivi. Ogni copia viene depositata in sedi diverse, possibilmente lontane fra loro, e, oltre ad
essere consultabile direttamente anche da una pubblico diversificato, è a disposizione per un’eventuale
copia nel caso di distruzione dell’archivio gemello. Purtroppo è ovvio che operazioni di questo genere
sono piuttosto costose, non tanto dal punto di vista dell’operazione di copia (con sistemi digitali fare
una o due copie è quasi uguale) quanto dal punto di vista dello stoccaggio, del trasporto dei materiali e
dei materiali stessi.
§ 9. Deterioramento e copie di sicurezza
Rinnovare il patrimonio che si sta “semplicemente” deteriorando e farne delle copie è un problema che
riguarda la nostra indagine. I suoni sono stati impressi su svariati supporti costituiti da materiali
chimicamente eterogenei e molto diversi tra loro, che rendono una classificazione dei supporti, e quindi
delle relative cause di danneggiamento, complessa. Molte sono le cause di deterioramento delle basi
che portano informazioni acustiche. Le principali sono di origine meccanica:
• uso
• deposito di sostanze esterne
• deformazioni
• rotture
e di origine chimica:
• degrado dei componenti il supporto
• reazioni fra i vari materiali
• idrolisi
• ossidazione.
Oltre alle cause di deterioramento sopra esposte, il ‘rumore’ che col tempo copre sempre più il
segnale utile fino a renderlo illeggibile è una costante di tutti i sistemi di informazione. Per cercare di
fermare questo processo irreversibile si dovranno predisporre sistemi per il controllo della stabilità dei
contenuti e l’eventuale copia su supporti più stabili.
Eseguire copie di sicurezza è sempre stato un problema posto dal tipo di materiale oggetto della
nostra indagine. Fin dai tempi dei cilindri ci si è preoccupati di ‘riversare’ da un supporto all’altro i
preziosi documenti; la Pathé brevettò un pantografo, utilizzato fino agli anni Trenta, che riporta il solco
del cilindro su disco [Calas e Fontaine]. Possedere più copie dello stesso materiale aumenta la
probabilità di conservarlo nel tempo. Esistono tuttavia anche forme opposte, di distruzione di ingenti
quantità di materiale sonoro; ricordiamo un appello fatto da un casa discografica durante la seconda
guerra mondiale – periodo in cui la materia prima per fabbricare i dischi, la gommalacca, scarseggiava
– che invitava a non accumulare i dischi ma a consegnarli per poter effettuare nuove registrazioni
[Martland]. Attualmente, inoltre, esiste anche un altro problema, che non riguarda direttamente il
deterioramento del supporto ma l’obsolescenza dei sistemi di lettura. Spesso, infatti, si rende necessario
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trasferire le informazioni da un supporto a un altro, da uno standard ad un altro, poiché la macchina per
leggere un determinato supporto potrebbe non esistere più. Per fare un esempio attuale, pensiamo agli
svariati formati di dati audio reperibili in Internet e alla difficoltà di leggerli adeguatamente se non con
un software (un codec: codificatore-decodificatore) specifico e ci si prospetterà uno scenario talmente
frammentato da non dar spazio a previsioni se non allarmanti. Già oggi ci troviamo di fronte al
‘medesimo’ contenuto sonoro archiviato su formati e standard differenti. L’archivistica considererebbe
‘diverse’ le varie unità, trattandole separatamente; così noi, che dovremo tuttavia, nel lavoro di ricerca,
individuare la fonte.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
2. Individuazione delle fonti e valutazione preliminare dello stato di conservazione
§ 10. Ricerca di documenti
Come qualsiasi altro tipo di ricerca di documenti, anche la ricerca di documenti sonori ha regole e
metodi. A differenza però dei documenti, per esempio, cartacei, non è stato ancora codificato un
sistema per catalogare ed archiviare materiali che, per lo più, sono su supporti diversi (e vedremo nei
§§11 e segg. come il supporto sia di rilevanza fondamentale nel nostro lavoro). Nel panorama
internazionale vi sono linee guida (cfr. [IASA 1999]) e grandi istituzioni (fra tante ricordo la National
Library of Australia, la Fonoteca Nazionale Svizzera e la Library of Congress) che adottano sistemi di
archiviazione e ricerca dei documenti sonori, ma ancora in una selva senza standard di riferimento. Se
il materiale che si sta cercando non è ancora stato rintracciato, i normali strumenti bibliografici e
archivistici sono ancora primitivi. Anche laddove si sa esistere un archivio di documenti sonori, il più
delle volte o non è adeguatamente (quando non completamente) schedato oppure non è accessibile in
quanto materiale considerato deteriorabile e quindi – paradossalmente – in attesa di copia. Attualmente
il miglior sistema per trovare documenti sonori sembra essere prospettato dal web dove, in copie di più
o meno alta qualità, è possibile accedere direttamente al materiale che si sta cercando6. Esistono infatti
archivi di suoni che mettono a disposizione degli utenti della rete i loro materiali. Questa sembra anche
essere la tendenza degli archivi istituzionali, che vorrebbero mettere a disposizione del pubblico
(mondiale) i loro materiali a bassa qualità (primo livello di consultazione) per poi far accedere, dietro
specifica richiesta e a pagamento, al materiale ad alta qualità. Gli archivi che oggi possiedono
consistenti quantità di documenti sonori sono quelli degli enti radiotelevisivi, delle biblioteche sonore
(discoteche di stato), dei settori musicali e di documentazione orale delle biblioteche sia pubbliche sia
private, delle associazioni che si occupano di etnologia, etnomusicologia, antropologia, produzione e
divulgazione musicale, delle case discografiche e cinematografiche, dei dipartimenti di università che
hanno al loro interno discipline antropologiche, etnologiche, musicali, documentaristiche [Adamo;
Arduini; Archives Nationales; appendici 3 e 4 di Boston, 1991; Calas e Brun-Trigaud; Benedetti]. È lì
che si possono fare i primi tentativi di ricerca, attraversando molto spesso numerose difficoltà
burocratiche prima di poter arrivare al documento desiderato. Molto più semplice è talvolta accedere ad
archivi privati: collezionisti o musicisti o ricercatori sul campo, che non hanno ancora provveduto a
cedere i loro materiali a qualche istituzione; presso di loro, infatti, la copia (anche se non sempre
effettuata con criteri propriamente scientifici) viene facilmente ottenuta.
3.1. Tipologia delle fonti
§ 11. I materiali che compongono…
Il primo criterio di approccio ai documenti sonori è quello relativo ai materiali di supporto alle varie
forme di registrazione; per meglio comprendere queste ultime si devono tener presenti alcuni aspetti
della catena di produzione di un documento sonoro e della sua evoluzione storica.
§ 12. …i dischi…
6
Vedi, per un elenco degli archivi sonori, http://www.nypl.org/research/lpa/rha/rha.soureso.html. Si vedano inoltre, a puro
titolo di esempio, il progetto Variations della Indiana University http://www.dlib.indiana.edu/variations/, lo Stanford
Archive of Recorded Sound http://www-sul.stanford.edu/depts/ars/, il sito della Syracuse University Library's Historical
Sound Recordings http://library.syr.edu/information/belfer/.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
L’incisione dei dischi avveniva in due maniere diverse: verticalmente (incisione in profondità o “hilland-dale”), imprimendo cioè al tornio movimenti perpendicolari alla superficie del disco e facendo
quindi corrispondere le variazioni di intensità a incisioni in profondità del solco, oppure lateralmente
(incisione laterale, altrimenti detta incisione “a piatto”), implicante cioè la trasmissione delle variazioni
di intensità agendo sulla larghezza del solco (procedimento descritto nel brevetto depositato da Charles
Cros il 18 aprile 1878, messo in pratica per la prima volta da Emile Berliner nel 1888, a seguito di un
brevetto depositato il 26 settembre 1887 [Gelatt]). Sebbene la tecnica di incisione verticale e quella di
incisione laterale convivano fino al 1925 circa (1920 secondo Gelatt), dopo tale data l’incisione laterale
prevarrà, fino all’affermarsi della stereofonia (1957), dove il disco viene inciso contemporaneamente in
profondità e lateralmente (vedi figura 2.1).
Figura 2.1. L’incisione dei dischi stereofonici avviene sia in senso laterale (a), quando i due canali sono in fase sia in
senso verticale (b), quando i due canali sono fuori fase. La linea continua rappresenta un solco senza modulazione.
La produzione dei primi dischi da matrice comprende una serie di passaggi, il cui prodotto
finale è una parte molto limitata (vedi figura 3.1)
I materiali utilizzati per la costruzione dei dischi sono molto vari e hanno caratteristiche
chimiche e fisiche molto diverse fra loro. Le percentuali dei vari componenti variano di molto anche a
seconda della disponibilità della singola materia prima in un determinato periodo storico (abbiamo già
visto nel § 9 come in alcuni casi può essere determinante per la sopravvivenza del patrimonio in
oggetto). “I primi dischi sono in ebanite, hanno un diametro di 17 cm, una durata di 2 minuti e sono
azionati a mano alla velocità di 70 giri al minuto. Nel 1897 Berliner abbandona l’ebanite per passare
alla lacca.” [Calas e Fontaine] Un’innovazione molto importante è stata introdotta con il disco laminato
dalla Columbia e, in seguito, dal disco Edison Diamond il cui inventore, Edison appunto, aveva nel
frattempo abbandonato, seppure dopo una tenace lotta, la produzione dei cilindri, che presentavano
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ancora una migliore qualità sonora rispetto ai loro concorrenti piatti. I dischi laminati erano formati da
un’anima di craft-paper (carta rigida non sbiancata particolarmente resistente) sulla quale veniva stesa
la vernice di gommalacca, che poteva essere quindi più sottile e di qualità migliore (se il disco aveva il
lato doppio quest’operazione veniva ripetuta due volte). Per avere un’idea sommaria della
composizione dei materiali dei dischi si veda la tabella 2.1, che tuttavia non è completa se pensiamo
che per la realizzazione di questi supporti sono stati utilizzati anche il vetro e perfino la cioccolata
candita [Gibson].
Dal solo punto di vista del rapporto segnale/rumore, i dischi in ebanite hanno un valore
massimo che si aggira attorno ai 6 dB – quindi bassissimo –, mentre i dischi in vinile prodotti negli
anni ’40 arrivano, nel migliore dei casi, a 32 dB [Isom 1977b].
Ebanite o Vulcanite (primi dischi Berliner; 1887-1897)
Gomma dura sottoposta a processo di vulcanizzazione
Gommalacca (1897-seconda metà anni ‘50)
Fonte
Isom 1977b,
p. 719.
gommalacca
13.617%
Pickett e
Lemcoe
1959.
gommalacca
in scaglie
15.63%
Vinsol
(tipo di
plastica
con un
basso
punto di
fusione)
8.72%
gomma
resina
del Congo Vinsol
6.51%
5.86%
Ibidem
gommalacca
22%
gomma
Copal 7%
gomma
del Congo
(legante
flessibile)
0.92%
Componenti principali
nerofumo
stearato di
(colorante) zinco
1.347%
(lubrificante
per
realizzazione
della matrice)
0.496%
nerofumo
2.61%
stearato di
zinco 0.32%
nerofumo
3%
additivo
bianco
(calcare
dell’Indiana
in polvere)
37.45%
gesso in
polvere
(CaCO3)
52.13%
baritina
33%
additivo
rosso
(ardesia
rossa della
Pennsylvani
a in
polvere)
37.45%
silicato di
flocculi
alluminio
(fibre
13.03%
lunghe)
3.91%
silice 33% flocculi
di
cotone
2%
Columbia Velvet-Tone (CPS: Coated Paper Sheet o disco laminato; 1906-)
Sottile disco laminato con un’anima di carta rigida e una o entrambe le superfici plastificate.
Disco Diamond di Edison (incisione verticale, laminato; 1912-1929)
Burt 1977,
p. 717.
farina di
legno 58%
alcool etilico modificato
(AKA ethynol) 26%
Fenol-formaldeide (AKA
bakelite) 15%
Nerofumo (pigmentante) 1%
Vinile (resina termoplastica; 1930-)
Calas e
Fontaine
1996.
Cloruro di polivinile (PVC) 75%
Additivi vari fra cui: stabilizzanti, pigmentanti,
(Acetocloruro di vinile formato da acetato 15% e sostanze anti-statiche, fungicidi 25%
cloruro di vinile 85% + cloruro di vinile puro)
Tabella 2.1. Materiali che compongono alcuni tipi di dischi.
§ 13. …e i nastri
L’altra grande tipologia di materiali di supporti, dopo quelli meccanici, riguarda quelli magnetici.
Come si può vedere nella figura 2.2, le fasi principali caratterizzanti la produzione nei nastri magnetici
sono 5:
1. preparazione della vernice che costituirà lo strato magnetizzabile e suo mescolamento;
2. filtraggio dalle impurità;
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3. deposito sulla (pellicola) base che scorre a velocità costante;
4. essiccazione;
5. calandratura.
In ognuna di queste fasi l’introduzione di elementi ‘estranei’ o errori meccanici possono provocare
danni o problemi al supporto. La prima fase, come vedremo in seguito, è la più delicata, poiché il
legante è il maggior responsabile dei difetti del nastro magnetico. Nella seconda fase, l’introduzione di
residui o particelle che alterano lo spessore potrebbe originare perdite del segnale sia in registrazione
sia in riproduzione. Irregolarità di scorrimento o di iniezione della vernice nella terza fase generano
discontinuità nella distribuzione delle particelle magnetizzabili. Nelle ultime due fasi possono aver
origine difetti che causano dropout o vere e proprie rotture del nastro.
Figura 2.2. Fasi principali della realizzazione di un nastro magnetico.
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I nastri magnetici sono normalmente formati da due o tre strati di materiali diversi. Un primo (ed
eventualmente un secondo) strato serve da base (substrato) allo strato superiore composto dalle
particelle magnetiche, da un legante, da un lubrificante e da altri agenti (vedi figura 2.3) .
Figura 2.3. Sezione di un nastro magnetico
La base e lo strato con ossido magnetico sono i responsabili della qualità e della durata nel tempo
del supporto.
La base, le cui dimensioni si possono vedere nella tabella 2.2, è formata da vari materiali. I primi
nastri, prodotti negli anni ’40 e ’50, sono fabbricati principalmente utilizzando acetati (acetato di
cellulosa, triacetato di cellulosa) e cloruro di polivinile (PVC); a partire dalla fine degli anni ’50 si
affermerà un poliestere orientato conosciuto come polietilene terephthalate, PET o MylarTM DuPont.
Tipologia dei nastri magnetici
Tipo di bobina (reel)
Altezza in mm
aperta (open) professionale
6.35
aperta standard
6.35
aperta lunga durata
6.35
aperta doppia durata
6.35
aperta tripla durata
6.35
Cassetta Compact C 45
Cassetta Compact C 60 (Gamma
Fe2O3)
Cassetta Compact C 60 (Particelle
metalliche)
Cassetta Compact C 90
Cassetta Compact C 120
Totale
49-53
46-48 50
31-38 35
25-29 25
18-19 18
Spessore del nastro in µm
Rivestimento
Base
14-16
33-36
12-14
12 30-31 38
10-11
10 21-25 25
9-10
12 15-19 13
6-7
5
12-13 13
Dorso
1-2
1-2 0
0
0
0
0
0
0
3.81
3.81
16-18
18
18
5-6
6
6
11-12
12
12
0
0
0
0
3.81
16-18
16
5-6
4
11-12
12
0
0
3.81
3.81
12-13
9-10
12
9
4-7
3-4
5
3
6-8
6-7
7
6
0
0
0
0
DCC
3.81
10
3
7
0
0
R-DAT
3.81
13.5
3
9.5
1
1
Tabella 2.2. Tipologia dei nastri magnetici in base alla larghezza e allo spessore. Per le voci relative allo spessore la fonte
della prima colonna è [Calas e Fontaine], quella della seconda colonna è [Camras].
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
I maggiori problemi di conservazione sono dati dalla composizione del legante nello strato
contenente l’ossido magnetico. Anche il legante è formato da vari materiali (per un elenco del materiale
principale utilizzato nella fabbricazione del legante vedi tabella 2.3). “Trovare la giusta formula per il
legante è più un’arte che una scienza. Dopo prove ed errori, ogni fabbricante ha trovato una miscela più
o meno soddisfacente […]. Le qualità maggiormente auspicabili in un legante sono:
1. Dovrebbe aderire solidamente alla base e non dovrebbe mai staccarsi nonostante le ordinarie e le
accidentali condizioni di tensione, umidità, temperatura, invecchiamento, ambientali.
2. Non dovrebbe restringersi, curvarsi, arricciarsi, o deformare in altro modo il nastro.
3. Dovrebbe trattenere le particelle magnetiche in una sospensione omogenea, senza grumi o vuoti che
provochino rumore e dropouts.
4. Non dovrebbe reagire distruttivamente nei confronti delle particelle magnetiche.
5. Dovrebbe trattenere la più alta percentuale di particelle magnetiche per fornire un nastro con alte
prestazioni in uscita senza perdita di resistenza o eccessiva abrasività.
6. Dovrebbe avere una superficie liscia per un buon contatto con le testine.
7. Non dovrebbe indurire il nastro quando applicato a substrati molto sottili.
8. Dovrebbe avere un basso coefficiente di frizione.
9. Non dovrebbe avere affinità con la superficie sulla quale scorre, come testine, pinch roller, capstan
e guide.
10. Non dovrebbe essere abrasivo.
11. Non dovrebbe sviluppare cariche elettrostatiche, e comunque attirare polvere e residui.
12. Non dovrebbe rilasciare residui, sia magnetici sia non magnetici, o semiliquidi come un
plastificante.
13. Non dovrebbe esserci aderenza fra gli strati riavvolti sulle bobine.
14. Non dovrebbe essere infiammabile.
15. Non dovrebbe essere tossico, odoroso, o macchiare o avere altre qualità nocive o spiacevoli.
16. Dovrebbe essere stabile e permanente.
17. Dovrebbe mantenere le qualità viste sopra durante le normali operazioni e lo stoccaggio, e
preferibilmente in condizioni avverse.” [Camras].
Metalli (1930-1946 ca)
Nitrato di cellulosa
Leganti nello strato magnetizzabile dei nastri
Acetato di vinile
Polietilene
Copolimero acetato cloruro di
vinile, PVC (1948-1960)
Poliuretani
Polistirene
Gomma butilclorurata
Polietilene tereftalato
Acetato di cellulosa
Politetrafluoroetilene
Polisoprene
Triacetato di cellulosa
(1950 – 1970 ca)
Cloruro di vinile polimero Poliammide
Polibutadiene
Policarbonati
Tabella 2.3. Leganti utilizzati per realizzare lo strato contenente l’ossido magnetico nella fabbricazione dei nastri
magnetici [fonti: Camras; Calas e Fontaine, per quanto riguarda le date e i metalli].
Oltre ai materiali visti nella tabella 2.3, che costituiscono la percentuale maggiore del legante, lo
strato superiore del nastro è composto anche da:
sostanze plastificanti
agenti imbibenti
agenti di flusso
lubrificanti
agenti antistatici
abrasivi
fungicidi
solventi
diluenti o solventi latenti
13
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Vi sono infine le particelle magnetizzabili, vere responsabili della qualità della registrazione e della
riproduzione, oggetto di continui studi (tuttora gli hard disk dei computer sono supporti di tipo
magnetico), che trattengono le variazioni di campo magnetico provenienti dalla testina di registrazione.
La composizione chimica delle particelle magnetiche, la loro dimensione e forma, il valore di
coercitività (capacità di resistere alla demagnetizzazione), la magnetizzazione residua (capacità di
trattenere un campo magnetico) e la densità di saturazione sono tra i fattori principali che influiscono
sulle caratteristiche qualitative dei singoli nastri magnetici. Si possono suddividere in tre gruppi
generici:
• nastri all’ossido di ferro gamma, che richiedono un bias e un’equalizzazione normali (i cosiddetti
nastri ‘normal’ con un’equalizzazione di 120 µs per le cassette compact);
• nastri ad alta prestazione, che richiedono un bias alto e una bassa equalizzazione (i cosiddetti nastri
al ‘cromo’ con un’equalizzazione di 70 µs per le cassette compact);
• nastri alle particelle metalliche, che richiedono un bias molto alto e una bassa equalizzazione (i
cosiddetti nastri al ‘metal’ con un’equalizzazione di 70 µs per le cassette compact).
Possiamo vedere alcuni esempi di nastri in funzione delle particelle magnetiche usate nella
tabella 2.4.
Particelle magnetiche per nastri
Dimensione
Forma
Coercitività
(µm)
lxd
kA/m
Oe
Materiale
Composizione
chimica
Magnetizzazione residua
G
mT
Ossido di ferro
Gamma (alto Hc)
Ossido di ferro
Gamma (Co mod.)
Ossido di ferro
Gamma (cobalto coat.)
Ossido di ferro
Gamma (cubico,
modificato al Co)
Biossido di cromo
γFe2O3
0.5 x 0.1
acicular
20
250
1000
100
γFe2O3 + Co
0.5 x 0.1
acicular
42
530
1500
150
γFe2O3 + Co
0.3 x 0.05
acicular
43
540
1500
γFe2O3 + Co
0.2
cubic
40
500
CrO2
0.4 x 0.04
acicular
44
Ossido di
Bertholomide (+Co)
Parrticelle metalliche
γFe2O3 + FexOy
0.3 x 0.05
acicular
FeCo
0.2 x 0.02
Ossido di ferro
Gamma (basso Hc)
Magnetite (alto Hc)
γFe2O3
Densità di
saturazione
G
T
1140
114
150
1810
181
1000
100
1500
150
550
1800
180
2000
200
44
550
1400
140
1500
150
acicular
88
1100
3050
305
3600
360
0.2
cubic
8.8
110
300
30
1110
111
Fe3O4
0.5 x 0.1
acicular
28
350
1000
100
Magnetite (basso Hc)
Fe3O4
0.2
cubic
9.6
120
375
38
1500
150
Carbonyl iron
Fe
1.0
sferica
0.4
5
100
10
2000
200
Ferrite di Bario (mod.)
Be-Fe0
0.08 x 0.03
hex plates
100
1250
1440 144 1570
157
(easy
vert.)
Cobalto Cromo
Co-Cr
pellicola
verticale
80
1000
6900 690 6900
690
sottile
needles
Tabella 2.4. Composizione e caratteristiche delle particelle magnetiche utilizzate nella realizzazione dei nastri [Camras].
Gli strati che costituiscono un normale nastro magnetico sono quindi così ripartiti:
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
20-30 % strato magnetizzabile (legante + particelle magnetiche)
65-75 % base
0-6 % dorso.
I vari tipi di materiali con cui sono stati realizzati i dischi e i vari tipi di nastro magnetico
costituiscono dunque un primo elemento da tener presente per valutare l’urgenza dell’intervento da
effettuare.
3.2. La fonte unica
§ 14. Qual è la fonte unica?
In moltissimi casi, dalla registrazione su ‘acetato’ (dette anche “lacche” o registrazioni istantanee) ai
nastri magnetici, abbiamo una fonte unica che può aver dato origine a numerose copie.
Se prendiamo come esempio il caso più diffuso di copia di lavoro sulla quale operare, cioè il nastro
magnetico, ai fini dell’individuazione della fonte si presentano le alternative prospettate nella seguente
tabella 2.5:
Fonte
Tipo
I nastro stesso
registrazione amatoriale, documentale, archivistica, probatoria
II.1 disco unico, ‘acetato’ c.s.
II.2
copia da master prodotto commerciale a grande diffusione
III altro nastro
Qualsiasi
Tabella 2.5. Fonti possibili di un nastro magnetico.
Nel primo caso (I) ci troviamo di fronte a registrazioni di vario genere e tipo: dalla registrazione
effettuata in maniera amatoriale con apparecchiature non professionali o semi professionali, alla
registrazione di atti sia congressuali sia giuridici (nel qual caso le apparecchiature di registrazione
possono anche, ma non necessariamente, essere professionali), alla registrazione di elementi utili alla
consultazione da parte di storici, utenti di istituzioni o tecnici (si pensi agli enti radiofonici, che
archiviano le loro trasmissioni), alle registrazioni spionistiche (che spesso vengono effettuate con
apparecchiature sofisticate e dai formati e standard più diversi).
Nel secondo caso (II) un elemento determinante per ammettere questa ipotesi è la presenza di
rumori impulsivi. Più difficile sarà individuare se il disco è a sua volta una fonte secondaria (II.2),
come nel caso di registrazioni commerciali a grande diffusione, dove il master originale, quello per
creare la matrice di stampa, è, il più delle volte, un altro nastro magnetico. Un criterio per escludere
questa ipotesi è quello cronologico: nel caso (II.1), infatti, oltre a scartare tutti i prodotti sicuramente
registrati prima del 1935 – ma anche quelli prima della fine degli anni ’40, anni in cui si diffonderà il
magnetofono a nastro – dobbiamo tener presente che ancora a lungo dopo tale epoca gli enti radiofonici
e molti altri, sia istituzioni sia privati, utilizzeranno il processo di incisione diretta su disco (il
cosiddetto ‘acetato’) per le loro registrazioni.
Molto complesso è invece capire se la fonte è un altro nastro (III). Un criterio è quello di analizzare
attentamente, sia attraverso l’ascolto che con ausili visivi tramite editor di suoni, il contenuto sonoro
per individuare la presenza di tagli, che implicherebbe un nastro di montaggio realizzato
precedentemente. La rilevazione di variazioni nel rumore di fondo è un altro indizio della presenza di
giunture.
Se come copia di lavoro abbiamo invece un disco, il problema sarà distinguere un ‘acetato’ da una
copia da master. Nel caso di una registrazione istantanea, la copia sarà unica, nel secondo caso si può
risalire alla matrice metallica per realizzare una copia di lavoro ad hoc oppure cercare altre incisioni
meglio conservate. Se nemmeno le matrici metalliche sono disponibili, si può, nel caso in cui il master
15
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
sia un nastro magnetico, risalire ad esso. Tuttavia, poiché il master magnetico è soggetto, prima della
stampa della matrice, a ulteriori ritocchi, non è detto che il contenuto corrisponda a quello del disco
originale.
Problemi filologici
§ 15. Come si individua la fonte?
Nel caso (I) visto al § precedente, la provenienza, lo stoccaggio, le caratteristiche tecniche, il contenuto
e tutte le informazioni ad esso relative ci saranno d’aiuto. Se il nastro è un nastro amatoriale, il
contenuto sarà determinante per capire se si tratta della fonte o di una copia. Normalmente ci si trova di
fronte a registrazioni dal vivo di eventi privati o di manifestazioni di interesse locale; registrazioni di
interventi in convegni, seminari, lezioni, prolusioni, letture più o meno ufficiali, utilizzati per stendere
atti o dispense; registrazioni originali di trasmissioni radiofoniche, prove di qualsiasi genere (teatrali, di
concerti sinfonici o lirici o da camera, di trasmissione); atti processuali e verbali di appoggio a testi
scritti. Segnalo, per mostrare la gran varietà di contenuti, la presenza nell’Archivio del Centro Tempo
Reale di Firenze di un nastro contenente i messaggi di una segreteria telefonica appartenuta a Luciano
Berio.
Nel caso (II.1) ci troviamo di fronte ai medesimi contenuti ma ridotti a quelli che interessano le
istituzioni che normalmente possedevano apparecchiature di registrazione istantanea su disco; il caso
più frequente è rappresentato dagli enti radiofonici che, come accennato nel § precedente, hanno a
lungo utilizzato i dischi per le loro registrazioni dal vivo.
Nel caso (II.2) si presentano due possibilità:
a. rintracciare il master metallico di stampa del disco o il master di registrazione su nastro (se
esiste) dal quale è tratto il master di stampa;
b. se il master di registrazione del disco non è più rintracciabile, cercare un disco in ottime
condizioni. (Ovviamente tutte le operazioni sui master sono possibili se la casa discografica di
produzione o chi detiene i diritti lo permette).
Infine il caso (III), di cui abbiamo già visto un aspetto in (II.2.a). L’altra possibilità è che il nastro
sia una copia di sicurezza o semplicemente una copia di un documento conservato in un’altra sede o
nella stessa sede ma in condizioni di archiviazione particolari (in ambienti condizionati o a particolari
temperature e umidità relativa o semplicemente in altri locali).
§ 16. In assenza dell’originale
Come per la ricostruzione dello stemma dei codici di un’opera letteraria, anche per una registrazione
sonora sarà utile sapere quale sia l’originale della copia di lavoro a nostra disposizione. In molti casi,
soprattutto se si tratta di un 78 giri, questa ricerca ci permette, ad esempio, di risalire alle curve di
equalizzazione utilizzate nella fonte. Tuttavia, proprio in questo caso – ma non solo –, si pongono altre
questioni: la copia che abbiamo a disposizione con quali criteri è stata realizzata? Se, come è probabile,
non si riuscirà a risalire a detti criteri, quali sono stati gli elementi introdotti nella fase di copiatura?
Vedremo nel § 91 che è possibile ipotizzare o risalire a taluni di questi criteri e quindi, eventualmente
in fase di restauro, correggerli e/o comunque segnalarli.
3.3. Tipologia dei supporti
§ 17. Dove si parla ancora di supporti
16
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Per abbozzare una tipologia dei supporti e dei danni che i documenti sonori subiscono bisogna ricorrere
ancora una volta alle loro caratteristiche fisiche. Mentre esistono tipi di danni a cui tutti i supporti sono
soggetti, altri danni sono tipici di ogni singola categoria di fonti in funzione della sua caratteristica
fisica, chimica, meccanica. Un tipico esempio di problema comune a tutti i supporti contenenti acetati è
la “sindrome dell’aceto”. Questi, in particolare quelli contenenti il triacetato di cellulosa, quindi sia
dischi sia nastri magnetici, sono soggetti a idrolisi, una reazione chimica che provoca, in presenza di
acqua (e quindi di umidità) e favorita dalle alte temperature, il rilascio di acido acetico e il conseguente
odore di aceto.
I dischi
§ 18. Supporti meccanici
Nell’individuazione dei danni nei dischi dobbiamo tener presente che questo supporto è completamente
meccanico. Siamo di fronte cioè, anche nella parte contenente l’informazione sonora, ad alterazioni che
possono essere solo fisiche o chimiche. Ad esempio la vicinanza di un campo magnetico a un disco non
altererà il suo contenuto sonoro in maniera apprezzabile. Anche le caratteristiche meccaniche di
incisione influiscono sulla durata e sulla riproducibilità. Incisione laterale, incisione verticale, dal
centro verso il bordo esterno o viceversa creano problemi e provocano danni diversi sul supporto. È
noto, ad esempio, che il bordo esterno del disco si rovina più rapidamente a causa soprattutto della
frequente manipolazione e della maggiore probabilità di subire urti.
3.3.1.1. Da 70 a 120 giri al minuto (1887-1948)
§ 19. Velocità di registrazione
Le velocità di rotazione dei primi dischi, sia in fase di incisione sia, molto più problematicamente a
causa del movimento rotatorio apportato manualmente al sistema, in fase di riproduzione, è stata
sempre un compromesso fra resa e durata. Un’alta velocità di rotazione permette di avere più spazio a
disposizione per l’incisione del solco, quindi una miglior risoluzione dell’onda sonora e di conseguenza
una migliore qualità. Tuttavia, a meno di non utilizzare dischi di dimensioni praticamente e
commercialmente inutilizzabili, la durata di una registrazione a 70 giri al minuto su un disco di 17 cm
di diametro e con un solco largo 0.015 cm è di 2 minuti circa. I dischi Berliner originali venivano
registrati a 70 giri, ma erano comuni velocità che variavano tra 74 e 82 giri, fino ad arrivare, con i
dischi Pathés ad incisione verticale – metodo ripreso dalla casa parigina per un certo periodo –
registrati spesso dal centro all’esterno del disco, a velocità variabili fra gli 80 e i 120 giri [Calas e
Fontaine].
Il ‘danno’ correlato alle velocità di registrazione è quello di una errata impostazione di
quest’ultima in fase di riproduzione. Per ovviare a questo problema bisognerebbe conoscere la velocità
originale di registrazione esattamente o, se questo dato non è disponibile, il contenuto sonoro (quando
si tratti di musica), che dovrebbe essere riprodotto nel registro giusto (questo secondo sistema è tuttavia
arbitrario, poiché è nota l’abitudine, soprattutto dei cantanti, di trasportare i brani prima di cantarli; in
un brano strumentale può tuttavia essere un criterio maggiormente obbiettivo).
Verso il 1942, a seguito dell’adozione del motore elettrico sincrono, la velocità si è
standardizzata attorno ai 78 giri: 77.92 giri in Europa, dove la frequenza della corrente è di 50 Hz, e
78.26 giri negli Stati Uniti, dove essa è di 60 Hz [Calas e Fontaine].
La situazione generale delle velocità di registrazione fino al 1950 circa la possiamo vedere
riassunta nella tabella 2.6.
17
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Powell e
Stehle
1993
Fonte
Boston
1991
Calas
Tipo di disco
Fontaine
1996
Velocità rpm
60-86
Gran parte dei dischi acustici registrati
prima del 1920.
33 1/3
Ad uso radiofonico nell’era precedente
l’introduzione dell’LP. Velocità
standardizzata fino all’epoca del disco
per colonne sonore della Vitaphone,
1927 ca.
70
Primi Columbia acustici.
71.29
76.59
Primi Victor e HMV acustici.
76
78.26
80
La maggior parte dei Victor acustici.
77.92
In Europa, AC a 50 Hz.
78.26
Registrazioni elettriche, a cominciare
dal procedimento della Western
Electric (1925 ca.). [Calas Fontaine,
dal 1942 negli USA, AC a 60 Hz]
Dischi Columbia e molti dischi incisi
verticalmente [Pathé].
80oltre
100
80-120
Pathé verticali
Tabella 2.6. Velocità di registrazione dei dischi secondo diverse fonti.
§ 20. Equalizzazione
Si può definire l’equalizzazione come il processo di amplificazione o attenuazione di determinate
frequenze in un segnale audio.
Vi sono tre tipi di equalizzazione che ci interessano. Ognuna di esse interviene sul suono in
maniera diversa e per diverse necessità.
Il primo tipo, quello che potremo definire di pre-equalizzazione, viene inserito in fase di
registrazione per migliorare le prestazioni del sistema. È un tipo di equalizzazione che bisogna
correggere in riproduzione, intervenendo con una post-equalizzazione.
Il secondo tipo è parzialmente soggettivo e viene applicato, in fase di riproduzione del
documento sonoro, per correggere tutte le alterazioni che si ritengono essere state introdotte durante la
registrazione a causa di difetti meccanici come, ad esempio, particolari risonanze dei microfoni o delle
trombe acustiche. Se adeguatamente sorretto da criteri filologici può servire nel tentativo di
ricostruzione della sonorità originale.
Infine il terzo tipo è totalmente soggettivo e riguarda gli interventi che l’ingegnere del suono, il
fonico, il consulente musicale o chi per loro ritengono idonei per una registrazione ‘esteticamente’
corretta.
Le equalizzazioni del primo tipo devono, come abbiamo accennato, venir compensate in fase di
riproduzione. Se, ad esempio, in registrazione amplifichiamo il segnale da 1000 Hz con una curva che
cresce 6 dB per ottava verso l’acuto, dovremo attenuare in fase di riproduzione il nostro segnale da
1000 Hz con una curva che decresce di 6 dB per ottava verso l’acuto per ottenere una risposta in
frequenza piatta.
18
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
§ 21. Registrazione acustica
Nelle registrazioni acustiche dei dischi, dalle origini fino al 1925, non si applica alcuna curva di
equalizzazione, poiché la loro introduzione è legata ai problemi connessi con la registrazione elettrica.
Infatti, sebbene la registrazione acustica in quanto completamente meccanica risenta delle risonanze
dovute al mezzo sia di registrazione sia di riproduzione, questi difetti variano da apparecchio ad
apparecchio e non possono essere valutati oggettivamente. All’interno della limitata gamma di
frequenze, da 150 a 4000 Hz nel migliore dei casi, la registrazione acustica è incisa col metodo della
velocità costante (vedi § successivo). Oggi, una testina di lettura magnetica darà quindi, in quella
gamma, una risposta in frequenza piatta.
§ 22. Metodi di incisione
Esistono tre metodi per incidere i dischi:
1. ad ampiezza costante,
2. a velocità costante,
3. ibrido.
Il primo metodo implica che il solco, a qualsiasi frequenza, venga inciso sempre con ampiezza
costante; guardando la figura 2.4 si capisce come, avendo in ingresso un suono sinusoidale ad intensità
costante, si avrà su tutte le frequenze la stessa ampiezza. Questo significa che lo stilo, poiché il disco
gira sempre alla stessa velocità, man mano che andrà verso le frequenze acute aumenterà la velocità di
lettura del solco; percorrerà cioè una distanza maggiore nell’unità di tempo.
Figura 2.4. Sopra: registrazione ad ampiezza costante. L’ampiezza del segnale è mantenuta costante mentre la frequenza
aumenta. La linea diagonale mostra l’uscita relativa della testina magnetica, quindi una testina odierna, e illustra anche
l’aumentare della velocità mentre la frequenza cresce. Sotto, si osservi al contrario il variare dell’ampiezza in funzione del
periodo di un’onda sinusoidale: maggiore è il periodo (minore è la frequenza) maggiore è l’ampiezza e viceversa.
19
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Il secondo metodo permette allo stilo di leggere un solco sempre alla stessa velocità. Ciò
implica che il segnale in ingresso, ad intensità costante, incida il solco con ampiezza decrescente man
mano che la frequenza aumenta (fig. 2.5). L’ampiezza si dimezzerà (-6 dB) quando la frequenza
raddoppierà. Questo permette allo stilo di compiere sempre la stessa distanza nell’unità di tempo a
qualsiasi frequenza.
Figura 2.5. Registrazione a velocità costante. L’ampiezza del segnale decresce mentre la frequenza aumenta. La linea dritta
mostra l’uscita relativa della testina magnetica, quindi una testina odierna, e illustra anche l’andamento costante della
velocità mentre la frequenza cresce.
La lettura del solco avviene in questa maniera solo se la testina di lettura è una testina magnetica,
che è sensibile alla velocità, la sua uscita è cioè proporzionale alla velocità di registrazione su tutte le
frequenze. Attualmente quasi tutti i sistemi di riproduzione di dischi sono dotati di testina magnetica,
anche se esistono testine sensibili all’ampiezza, di cristallo, chiamate anche testine in ‘ceramica’
[Galo].
Il terzo metodo, quello ampiamente usato nella registrazione elettrica da subito, è un misto fra la
registrazione ad ampiezza costante e quella a velocità costante.
§ 23. Registrazione elettrica
Nel 1925, un gruppo di ricercatori americani dei Bell Telephone Laboratories guidati da Joseph P.
Maxfield e da Henry C. Harrison presentano pubblicamente un fonografo che suona un disco registrato
elettricamente. Sostanzialmente, i miglioramenti, all’inizio, rispetto alla registrazione acustica sono tre:
1. miglior gamma di frequenze, che si estende da 100 a 5000 Hz circa;
2. possibilità di riprendere l’’ambiente’;
3. miglior livello e assenza dei difetti meccanici.
I ricercatori dei Bell Laboratories optarono per un metodo di registrazione ibrido, dove le basse
frequenze venivano registrate ad ampiezza costante mentre a velocità costante venivano registrate le
alte frequenze. Come si può vedere nella figura 2.6 vi è una frequenza di transizione fra i due metodi,
che viene chiamata bass turnover frequency o semplicemente turnover frequency. Con i miglioramenti
introdotti dalla registrazione elettrica, che vedeva ampliare di giorno in giorno la gamma di frequenze
registrabili, si dovettero affrontare tutti i problemi relativi alla riproduzione delle alte frequenze, non
ultimo il raggio di curvatura, che è proporzionale alla frequenza registrata ed è legato alle dimensioni
dello stilo di riproduzione. Quando la frequenza aumenta il raggio diminuisce. Se il raggio della curva è
20
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
più piccolo del raggio dello stilo avremo una distorsione nella lettura del solco. Verso la fine degli anni
’30 questo problema viene risolto per mezzo dei miglioramenti introdotti nelle testine di riproduzione
aventi una buona lettura delle alte frequenze registrate anche ad ampiezza costante. Questo permetterà
di riportare gli apparati di incisione nuovamente ad ampiezza costante alle alte frequenze, in modo da
compensare la diminuzione in ampiezza dovuta all’incisione a velocità costante. Un’altra frequenza di
turnover, questa volta negli acuti, viene introdotta, ottenendo schematicamente le ‘curve’ di figura 2.7.
Figura 2.7. Caratteristica delle ultime registrazioni
elettriche a 78 giri. Registrazione ad ampiezza costante
sopra la frequenza acuta di transizione e sotto la bass
turnover frequency. La velocità relativa e l’uscita della
testina magnetica sono segnate dalla linea continua. La
linea tratteggiata indica l’equalizzazione richiesta in
riproduzione per ottenere una risposta piatta come
mostrato dalla linea puntinata.
Figura 2.6. Caratteristica delle prime registrazioni
elettriche a 78 giri. Alla frequenza di turnover sui bassi la
registrazione cambia da ampiezza costante a velocità
costante. La velocità relativa e l’uscita della testina
magnetica sono segnate dalla linea continua. La linea
tratteggiata indica l’equalizzazione richiesta in
riproduzione per ottenere una risposta piatta come
mostrato dalla linea puntinata.
Figura 2.8. Moderne caratteristiche di registrazione
secondo lo standard RIAA per i dischi LP a 33 giri e 1/3.
La frequenza di turnover e la frequenza di transizione
sugli acuti sono standardizzate a 500 e a 2122 Hz. Sotto i
50 Hz si registra ad ampiezza costante. La velocità
relativa e l’uscita della testina magnetica sono segnate
dalla linea continua. La linea tratteggiata indica
l’equalizzazione richiesta in riproduzione per ottenere
una risposta piatta come mostrato dalla linea puntinata
I valori di equalizzazione in fase di riproduzione – le due frequenze di turnover –, non saranno
fissati in uno standard fino al 1956, anno di introduzione delle curve RIAA (per una riproduzione
schematica si veda la figura 2.8).
21
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Fino a quella data ogni casa discografica, e talvolta ogni singola collana, adottava le curve –
peraltro oggetto di segreto industriale in quanto responsabili di una migliore ‘qualità’ sonora – che
maggiormente si adattavano ai propri sistemi di registrazione, di incisione e di riproduzione.
Riportiamo nella tabella 2.7 alcuni di questi valori.
Anno
origini1925
1926
1925
1931
1938
1938-47
1942
1948
1949
1950
1951
1953
1953
1956
Prodotto
Acustico
II
I
Frequenza
frequenza frequenza di turnover
di turnover di turnover sugli acuti
sui bassi
sui bassi
Hz
0
Maxfield e
Harrison
Columbia
78
HMV 78
Columbia
78
Victor 78
Capitol 78
Columbia
LP
FFRR 78
AES
FFRR
microsolco
FFRR
microsolco
RCA
Victor
RIAA
0
0
200
4000
Rolloff
dB
0
200
-7
250
300
0
-16
500
400
450
-7
-12
-16
250
400
300
1600
6800
2500
450
-5
-12
-14
-10.5
50.05
500.5
2122
-13.75
50.05
500.5
2122
-13.75
4000
-8.5
3300
-10
2050
-14
1800
-15
1600
-16
1000
-20
Tabella 2.7. Valori per equalizzare la riproduzione di alcuni fra i dischi più diffusi. Nelle ultime colonne in basso sono
riportati i valori di rolloff con la relativa frequenza di turnover sugli acuti come riferimento per l’attenuazione tramite equalizzatore. In grassetto lo standard RIAA, universalmente riconosciuto (cfr. inoltre [Powell e Stehle] e [IASA 2004]).
Sarà proprio l’arduo compito di stabilire la corretta equalizzazione il sistema per evitare ‘danni’
durante l’odierno riversamento: riproduzioni senza acuti o con acuti deboli e con un rumore alle basse
frequenze troppo accentuato.
3.3.1.2. Registrazioni di lunga durata (1906-1956)
§ 24. Prima del Long-Playing
22
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
2. Individuazione delle fonti e …
Vi sono due modi per aumentare la durata di un disco: rallentare la velocità di rotazione in
registrazione (e quindi in riproduzione) e/o aumentare il numero di solchi per pollice, realizzare cioè un
disco microsolco. Mediamente, un disco a 78 giri contiene tra i 33 e i 50 solchi per centimetro radiale.
Già nel 1906 la Neophone e nel 1931 la Victor avevano tentato di immettere sul mercato, senza
successo, dischi a lunga durata. I risultati non furono soddisfacenti e i due tentativi fallirono [Gelatt]. Il
brevetto della Victor prevedeva solo una minor velocità, mantenendo la larghezza del solco simile a
quella dei 78 giri.
L’esigenza di avere registrazioni di lunga durata viene incrementata dai primi esperimenti di
sincronizzazione con le bobine dei film; in particolar modo si notò che un disco di 50.8 cm di diametro
(20 pollici) che ruotava a 33 giri 1/3 si adattava bene alla durata media di un rullo cinematografico
[McWilliams].
§ 25. Long-Playing
Nel 1948 la Columbia annuncia un disco di lunga durata denominato – così si legge nel brevetto –
Long Playing, o disco microsolco. Il pubblico, già abituato ai fallimenti di altre case, non andò alla
dimostrazione ottimista, ma si dovette ricredere. Nel giro di pochi mesi l’LP della Columbia divenne il
nuovo standard e, sebbene dopo pochi mesi dall’immissione dell’LP Columbia la RCA Victor
proponesse il 45 giri (verso la fine dello stesso anno), entro il 1950 soppianterà di fatto il 78 giri. Frutto
di un lavoro iniziato il 1944, il microsolco aveva una durata di 23 minuti per lato, una densità di solchi
che variava fra 88 e 118 per centimetro e veniva inciso sul vinile [Gelatt]. Tuttavia, nonostante la
massiccia imposizione sul mercato, dal 1948 fino al 1956, il problema dell’equalizzazione rimase
irrisolto, mantenendo ogni marchio i suoi standard.
Il fenomeno di diffusione dell’LP è legato allo sviluppo dell’’alta fedeltà’, termine più esoterico
che scientifico, e all’adozione, da parte delle case di produzione dei dischi, della registrazione su nastro
magnetico per tutte le fasi che precedono l’incisione del master metallico [Gelatt]. Quest’ultimo
aspetto, da un punto di vista filologico, fa aumentare la possibilità di risalire alla fonte migliore quale
supporto per la copia di backup e l’eventuale restauro.
Nel 1953, la RCA Victor propone i seguente valori di equalizzazione: prima frequenza di
turnover sui bassi a 500.5 Hz, seconda frequenza di turnover sui bassi a 50.05 Hz (per migliorare i
problemi di rumore, soprattutto meccanici come il rumble del giradischi e le deformazioni dei dischi,
incontrati in fase di riproduzione), frequenza di turnover sugli acuti a 2122 Hz. Tre anni dopo la RIAA
adotterà questa curva di equalizzazione come standard, che di fatto diventerà lo standard utilizzato da
tutte le case discografiche fino ad oggi (basta pensare che l’ingresso Phono degli amplificatori prevede,
oltre a uno stadio di preamplificazione, un circuito di equalizzazione uniformato alle curve RIAA).
3.3.1.3. Dallo standard RIAA (1956) all’avvento del CD audio
§ 26. Stereofonia
La maggiore innovazione seguita all’adozione della curva di equalizzazione RIAA è data
dall’introduzione dell’incisione stereofonica. I primi tentativi di registrazione binaurale li tennero gli
ingegneri dei Bell Laboratories nel 1931. Harvey Fletcher ricorda le esperienze in quel periodo con la
Philadelphia Orchestra diretta da Leopold Stokowsky, il quale affermò: “l’ascolto binaurale mi dà una
maggior sensazione di spazio… La trovo migliore dell’ascolto monoaruale sotto tutti i punti di vista.”
[cit. in Daniel]. Alla presentazione del film Fantasia di Disney nel 1940 ci fu un tentativo di
registrazione e riproduzione multipista (su tre canali). Tuttavia sarà grazie all’alta qualità dei
registratori a nastro magnetico – che avevano la possibilità di registrazione multitraccia – alla fine degli
anni Quaranta che la stereofonia si diffonderà. La naturale destinazione di questa innovazione sarà
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
2. Individuazione delle fonti e …
quindi proprio il nastro, ma il mercato discografico incrementò gli esperimenti di incisione stereofonica
anche sul disco, che nel 1957 vide tre produttori diversi, la Westrex, la Decca e la Columbia, presentare
tre sistemi di incisione stereofonica. Contrariamente a quanto avvenuto per le velocità e per le curve di
equalizzazione, i tre produttori e un comitato formato dai membri RIAA si accordarono per adottare
come standard, nel marzo 1958, quello proposto dalla Westrex.
La stereofonia si imporrà soltanto alcuni anni dopo (nel dicembre del 1958 i dischi stereo
rappresentavano solo il 6% del fatturato delle vendite di dischi [Gelatt]), ma fino ad oggi è rimasto lo
standard incontrastato di produzione di dischi, nastri e CD.
Se escludiamo la quadrifonia – tentativo, della fine degli anni Sessanta, di registrazione su
quattro tracce codificate sul solco del disco presto abbandonato per motivi di costi e di standard – solo
l’industria chimica apporterà qualche miglioramento alla qualità del disco, che sostanzialmente rimarrà
lo stesso fino ad oggi, quando viene ancora prodotto per soddisfare principalmente le richieste dei disc
jockey, che utilizzano questo mezzo a fini ‘creativi’, e di qualche collezionista che, come quell’amico
di Clarence Browne che viveva a Brooklyn, è sordo [Eisenberg]. Il CD ha sostituito dall’inizio degli
anni Ottanta il disco e, quando il mercato discografico lo deciderà, verrà a sua volta rimpiazzato dal
DVD.
§ 27. Registrazione diretta su disco
Verso la metà degli anni Settanta assistiamo ad un episodio circoscritto nel tempo: la rinascita
dell’incisione diretta su disco, senza l’intermediario del nastro magnetico. Il motivo di questa scelta fu
che i vari passaggi durante la fase di premastering riducevano la qualità sonora del prodotto finale.
Questi tipi di dischi sono del tutto simili agli altri e vennero prodotti sia i 33 che i 45 giri
[McWilliams].
24
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
2. Individuazione delle fonti e …
I nastri magnetici
§ 28. Cenni sulla registrazione magnetica
Pilotando l’intensità di un campo magnetico con l’intensità di un segnale audio e applicandola ad un
materiale magnetico, la magnetizzazione residua Br – quella che permane sul materiale dopo
l’applicazione del flusso di campo – varia secondo una curva analoga a quella di figura 2.9.
Figura 2.9. Magnetizzazione residua vs campo applicato
(Br vs H) per un nastro con strato di ossido di ferro
gamma con Hci = 260 e Br = 1000.
Durante la registrazione il nastro scorre sul traferro, il quale interrompe il circuito magnetico di un
nucleo ad alta permeabilità circondato da una bobina; questa bobina è attraversata da una corrente
proporzionale all’intensità del segnale audio e che produce un campo molto intenso trasferito sulla
porzione di nastro che in quel momento si affaccia al traferro. Il segnale cambia in ampiezza da un
istante al successivo in modo che ogni elemento del nastro ‘vede’ e ‘ricorda’ una diversa ampiezza e
polarità di magnetizzazione quando passa di fronte al traferro, magnetizzandosi in maniera analoga a
quella mostrata nella figura 2.10.
Figura 2.10. Percorso del flusso in una testina magnetica
durante la registrazione.
Figura 2.11. Percorso del flusso in una testina magnetica
durante la riproduzione.
25
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Durante la riproduzione il processo è simile ma inverso: il segnale che arriverà alla bobina verrà
inviato ad un circuito di amplificazione. Il flusso magnetico emanato dal nastro registrato favorisce
il percorso ad alta permeabilità attraverso il nucleo. Il componente utile a passa attraverso la bobina,
inducendo una tensione al terminale della bobina proporzionale a dφ/dt. Tuttavia parte del flusso del
nastro si perde, il componente b viene cortocircuitato sul traferro, mentre la parte c si disperde sulla
base del nastro (vedi figura 2.11) [Camras].
§ 29. Nascita
La registrazione magnetica viene dimostrata praticamente il I dicembre 1898 da Valdemar Poulsen,
ma già dieci anni prima, nel numero dell’8 settembre 1888 della rivista Electrical World, Oberlin
Smith descrive teoricamente Alcune possibili forme di fonografo [Some Possibile Forms of
Phonograph], in cui si accenna alla possibilità di registrare le variazioni di corrente provenienti da
un telefono tramite una spirale, che provoca un campo elettromagnetico variabile, all’interno della
quale può passare una “cord, string, thread, ribbon [nastro], chain or wire” [Camras].
Le prime forme di registrazione magnetica avvennero su filo d’acciaio, che fu abbandonato
per lasciar posto al più maneggevole nastro.
3.3.1.4. Bobine: dalle origini agli standard di equalizzazione internazionali
§ 30. 1935-1946
Nel 1931 le tedesche AEG e BASF sono interessate allo sviluppo di un nastro realizzato con polveri
di materiale magnetico. La AEG annuncia il Magnetofono a nastro di plastica (sviluppato dalla
BASF e largo 6.5 mm la cui velocità di scorrimento era di circa 1 m/s) che, sebbene consentisse una
riproduzione di mediocre qualità, aveva il pregio di essere relativamente piccolo, leggero ed
economico: era il 1935. Dieci anni dopo, il Magnetofono AEG avrà una risposta in frequenza fino a
15 kHz ad una velocità di scorrimento di 76.2 cm/s (30 ips; per una conversione da cm/s a ips vedi
tabella 2.11).
Alcuni anni di tentativi ed esperimenti seguirono alla costruzione di questo primo
magnetofono, che videro l’attenzione rivolta principalmente verso tre problemi:
1. la correzione della non linearità dell’induzione residua (vedi figura 2.9), che genera le variazioni
di campo magnetico da imprimere alle particelle dei vari ossidi di ferro, attraverso
l’introduzione dell’AC bias;
2. lo sviluppo di materiali magnetici con sempre migliori prestazioni;
3. gli stadi di equalizzazione per correggere le caratteristiche elettromagnetiche dei sistemi di
registrazione e di riproduzione (vedi § successivo).
L’introduzione di un segnale sinusoidale (una corrente alternata) ad alta frequenza in fase di
registrazione permette di correggere le distorsioni dovute alla non linearità presente nella curva di
magnetizzazione (vedi figura 2.12). Il segnale di AC bias, sommandosi al segnale in ingresso, lo fa
ricadere completamente nella zona di linearità della curva di magnetizzazione, rendendola, di fatto,
lineare (vedi figura 2.13).
Parzialmente risolto il problema del bias, con ricerche che erano già partite dal 1921 [Camras],
affrontati, anche se non risolti, i problemi relativi alle curve di equalizzazione, migliorate le parti
meccaniche dei registratori, dopo una produzione molto varia di apparecchi in tutta Europa e in
America, nel 1946 viene fondata la statunitense AMPEX Corporation, che con il suo marchio
diventerà sinonimo di registrazione magnetica ad alta qualità e le cui macchine verranno acquistate
da numerosi enti radiofonici e studi di registrazione professionale.
26
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 2.12. Sopra, il segnale in ingresso (A), il bias ad alta frequenza (B) e il risultato registrato sul supporto (C).
Sotto, la caratteristica di input-output (magnetizzazione residua vs campo applicato) quando viene usato il bias.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 2.13. Azione del bias ad alta frequenza. La somma fra il segnale utile in ingresso e il bias non udibile
generato dal registratore porta il primo fuori della zona di non-linearità della magnetizzazione residua.
Con il 1946 la registrazione magnetica su nastro entra a pieno titolo a far parte della produzione
professionale e non.
§ 31. Curve di equalizzazione
Nella registrazione su supporto magnetico due sono i problemi relativi all'equalizzazione: uno
riguarda le caratteristiche elettriche del sistema, che ha limiti precisi da correggere e che daremo per
scontati, l'altro riguarda invece le caratteristiche dei segnali da registrare. In presenza di un segnale
con una risposta in frequenza piatta non abbiamo alcun problema di equalizzazione, ma in presenza
di un segnale come quello di un’orchestra, che ha una caduta di potenza attorno ai 4 kHz, ci
troviamo nella condizione di sotto utilizzare il nostro sistema di registrazione, che può enfatizzare i
suoni al di sopra di detta frequenza in fase di registrazione per arrivare al livello massimo e sfruttare
quindi a pieno le sue possibilità. “Quando lo spettro di un suono è conosciuto è logico amplificare la
perdita di frequenza prima di registrarlo, appiattendo lo spettro in registrazione in modo che tutte le
frequenze siano equally likely to overload (ELO), sia cioè uguale (per tutte le frequenze) la
probabilità di andare in sovraccarico. L'equalizzazione ELO [...] è un forma di preenfasi e deve
essere corretta durante la riproduzione con una opportuna postenfasi (deenfasi). Quando usata
28
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
correttamente, questa pre e postequalizzazione migliora il rapporto segnale/rumore del sistema.”
[Camras].
§ 32. Preeanfasi alle alte frequenze
In accordo con la teoria dell’ELO e con altre misurazioni effettuate su vari suoni, si applica in fase
di registrazione una curva di equalizzazione che enfatizzi le frequenze al di sopra dei 1000 Hz
arrivando fino a 14 dB senza pericolo di distorsioni. Correggendo in fase di riproduzione questa
curva si ottiene una notevole riduzione di hiss e rumore (vedi figura 2.14).
Figura 2.14. Pre-enfasi durante la registrazione e de-enfasi in fase di riproduzione per ottenere una risposta piatta.
§ 33. Preeanfasi alle basse frequenze
Per motivi molto simili, teoria dell'ELO e attenuazione dell’hum e di rumori a bassa frequenza, si
amplifica il segnale attorno ai 30 Hz fino a +7 dB [Camras].
§ 34. Standardizzazione
Ben presto si giunse alla necessità di standardizzare queste operazioni di equalizzazione. Poiché
esse vengono effettuate dai circuiti del singolo apparecchio, si presentava il tipico problema –
dovuto alle esigenze di mercato – di avere una macchina specifica per registrare e riprodurre. Nel
tentativo di rendere possibili registrazione e riproduzione su qualsiasi apparecchiatura si cercò di
creare uno standard di equalizzazione. Il risultato non fu molto incoraggiante, in quanto ogni settore
della registrazione (professionale, semiprofessionale, amatoriale) aveva esigenze e prezzi diversi. Si
giunse così alla creazione di vari standard, che in qualche modo soddisfano il mercato almeno per
fasce di utenza. I due principali standard di equalizzazione per la registrazione magnetica sono il
NAB (adottato principalmente in America) e il CCIR o IEC, adottato più comunemente in Europa
(vedi tabella 2.8 e figura 2.14a).
29
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Applicazione
Tempo di transizione
costante
Valori teorici
t1 (µs)
t2 (µs)
Frequenze di
transizione
fl (Hz) fh (Hz)
120
1326
90
1768
70
2273
50
3150
35
4547
17.5
9094
Bobina-bobina professionale
17.5
∞
0
9000
381 mm/s IEC 1 (1968)
35
∞
0
4500
381 mm/s IEC 2
50
3180
190.5 mm/s IEC 1 (1968)
70
∞
0
2240
190.5 mm/s IEC 2
50
3180
190.5 mm/s NAB (1975)
50
∞
0
3150
381 mm/s NAB 1965
50
3180
50
3150
190.5 mm/s NAB 1965
50
3180
50
3150
95.3 mm/s NAB 1965 = IEC 1968
90
3180
50
1800
47.6 mm/s
120
3180
120
3180
762 mm/s IEC 1=IEC 2=AES 1971
Bobina-bobina utilizzo amatoriale e commerciale
Cassette utilizzo amatoriale e commerciale
47.6 mm/s
47.6 mm/s (nastri ad alta risoluzione)
120
3180
Tabella 2.8. Equalizzazioni raccomandate per i nastri magnetici [Camras; Studer].
Figura 2.14a. Curve di equalizzazione per nastri magnetici. Si confronti la tabella 2.8 per il tipo di nastro.
§ 35. Miglioramenti
30
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Nel 1947, una ditta americana, la 3M, produce il primo nastro magnetico commerciale con uno
strato di ossido ad alta coercitività, che permette una risposta in frequenza anche ad una velocità di
19.05 cm/s.
3.3.1.5. Formati e velocità delle bobine
§ 36. Dimensioni dei nastri e tracce
I nastri magnetici a bobine, utilizzati nella registrazione professionale, commerciale e amatoriale,
hanno varie dimensioni e varie suddivisioni in tracce e canali. Un compromesso fra praticità d’uso,
trasportabilità e prezzo è stato raggiunto utilizzando come dimensione più diffusa il nastro largo ¼
di pollice, che è lo standard per la registrazione amatoriale e commerciale, ed è anche lo standard
per la registrazione a due tracce e stereo professionali.
Fonte
Larghezza
nastro
in
mm
ISO
0.150 3.81
ISO & ANSI 0.150 3.81
ISO & ANSI 0.246 6.25
ISO & ANSI 0.246 6.25
Camras
1/4
6.3
Camras
1/4
6.3
Camras
1/2
12.7
Camras
1
25.4
Camras
2
50.8
Camras
2
50.8
Tolleranza
+/in
mm
Numero
tracce
Larghezza
Tolleranza
Spazio min. fra
tracce
+/tracce
in
mm
in
mm
in
mm
2
.056 1.44
.032
.8
.002 .05
4
.0236 .60
.0118
.3
.002 .05
4
.041 1.04 .002 .05
.0265 .6745
.002 .05
8
.021 .533
.01025
.26
1
.240 6.10
2
.080 2.00
.076
1.96
4
.070 1.78
.06
1.52
8
.070 1.78
.06
1.52
16
.070 1.78
.057
1.45
24
.040 1.02
.044
1.11
Tabella 2.9. Dimensioni delle tracce nei nastri magnetici.
Dist. min.
¢a¢
in
mm
.088
2.24
.0354
.90
.0675 1.7145
.0318
.808
.156
.130
.130
.127
.084
3.96
3.3
3.3
3.23
2.13
Nelle tabelle 2.9, 2.10 e nella figura 2.15 si possono vedere la varietà delle suddivisioni e
delle dimensioni delle tracce sulle testine di registrazione e lettura e sui nastri magnetici.
Pur non essendo riportati in questo capitolo, poiché non sviluppati commercialmente, voglio
ricordare anche registratori a 3 e a 5 tracce. In particolare il secondo tipo di registratore è stato
utilizzato alla RTF dopo il 1951 dai compositori di musica concreta.
31
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Larghezza e suddivisione in tracce delle testine
Larghezza nastro
inch
mm
0.15
3.81
Numero
tracce
Spazio fra le tracce
inch
mm
1
2
0.059
1.5
2
2
0.059
1.5
0.032
0.8
0.091
2.31
2
4
0.021
0.53
0.014
0.36
0.035
0.89
4
4
0.021
0.53
0.033*
0.84
0.054*
1.37
0.08
2.03
0.160
4.06
0.75
0.136
3.45
1/4
6.35
2
2
0.080
2.03
0.25
(6.3)
2
4
0.043
1.0
3
3
0.043
1.0
0.100
4
4
0.037
0.94
0.068
1.73
2
8
0.021
0.53
0.127
3.23
4
8
0.021
0.53
0.0635
3
3
0.100
0.185
4
4
0.070
0.130
2
4
0.070
0.260
8
8
0.032
0.064
4
8
0.032
0.128
6
6
0.100
0.160
8
8
0.070
0.130
4
8
0.070
0.260
12
12
0.040
0.085
16
16
0.070
0.127
24
24
0.040
0.084
32
32
0.048
0.094
1/2
12.7
0.5
1
2
3
*
Larghezza tracce
inch
mm
Separazione fra canali ⊄ a ⊄
inch
mm
Numero
canali
25.4
50.8
76.2
Questo valore si riferisce alla distanza fra le due tracce centrali, fra le tracce laterali si veda il valore precedente.
Tabella 2.10. Dimensione delle testine dei registratori multitraccia [fonte International Electro-Magnetics, Inc., cit. in Camras, dati
originali riportati in pollici].
32
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 2.15. Formati delle tracce dei registratori audio professionali.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
§ 37. Effetti della velocità sulla risposta in frequenza
La velocità di registrazione influisce significativamente sulla risposta in frequenza, soprattutto sopra
i 1000 Hz. Come si può vedere nella figura 2.16 rispetto alla massima risposta raggiungibile da ogni
singola velocità, la risposta aumenta di 6 dB per ottava ad ogni raddoppio di velocità. Se, ad
esempio, con un nastro registrato a 4.76 cm/s abbiamo il massimo della risposta a 800 Hz con un
valore di –12 dB, con un nastro registrato a 9.53 cm/s avremo il massimo a 1600 Hz con un valore
di –6 dB, a 19.05 cm/s il massimo a 3200 Hz con un valore di 0 dB e a 38.1 cm/s il massimo a 6400
Hz con un valore di +6 dB (vedi figura 2.16). Anche per questo motivo ogni velocità di scorrimento
ha il suo nastro campione.
RISPOSTA
IN dB
FREQUENZA Hz Figura 2.16. Effetti della velocità di scorrimento del nastro sulla risposta in frequenza.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
3.3.1.6. Compact cassette
§ 38. Stereofonia e praticità
Amatoriale
Come accennato sopra, la grande popolarità del nastro magnetico a livello commerciale sarà
principalmente da attribuire alla possibilità di riproduzione stereofonica facilmente ottenibile con la
registrazione su due tracce separate.
Tuttavia due problemi ostacolavano ancora la diffusione del nastro magnetico: la scarsa praticità
d’uso da un lato – in confronto al disco, compatto e, tutto sommato, resistente, le bobine si
presentavano ingombranti, difficili da manipolare e anche delicate; dall’altro lato l’ancora alto
rumore di fondo che il nastro, almeno quello di dimensioni e velocità di scorrimento tali da
permetterne la portabilità, aveva.
Il primo problema venne risolto dalla Philips, che nel 1963 presentò la Cassetta Compact, un nastro
riavvolgibile alto 0.38 cm, registrato su quattro tracce alla velocità di 4.76 centimetri al secondo
(vedi le tabelle 2.9-2.12 e la figura 2.17).
Utilizzo
Nastri
amatoriali
Compact
Cassette
ips
.9375
cm/s
2.381
mm/s
23.81
1.875
4.76
47.6
(17/8)
3.75
9.525
95.25
(3¾)
7.5
19.05
190.5
Professio(7½)
nale
15
38.1
381
30
76.2
762
Tabella 2.11. Corrispondenze delle velocità di scorrimento
dei nastri fra le varie unità di misura: in/s, cm/s, mm/s.
IEC tipo
Descrizione
IEC 1
Fe 2 O 3
t1 µs
120
t2 µs
3180
IEC 2
CrO 2
70
3180
IEC 3
Fe 2 O 3 / CrO 2
(doppio strato)
Particelle metalliche
70
3180
70
3180
IEC 4
Sim bolo
Tabella 2.12. I quattro tipi di cassette compact presenti sul
mercato e stabiliti dall’IEC con le relative equalizzazioni.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 2.17. Esploso di una cassetta compact.
A risolvere il secondo problema ci penserà invece Ray Dolby, che brevetterà, dal 1967 ad oggi, una
serie di circuiti di scrittura e lettura che migliorano il rapporto segnale/rumore anche di 15 dB,
facendoli adottare da tutti i costruttori di registratori a nastro e dalle case discografiche che
producevano, parallelamente ai dischi, anche le più comode cassette.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
3. Ricostruzione tecnica del processo di realizzazione del documento sonoro
§ 39. Vari documenti, varie tecniche di realizzazione e produzione
I documenti sonori, a seconda del loro utilizzo, hanno modi e tecniche di realizzazione, di
produzione e di post-produzione diversificati. Ognuno di questi influisce in maniera più o meno
evidente sul prodotto finale e quindi sulle sue caratteristiche acustiche. Conoscere in quale
momento della produzione di un documento sonoro può essere intervenuta un’alterazione –
intenzionale o non intenzionale che sia – è talvolta utile, se non determinante, nelle operazioni di
copia e restauro del documento stesso. Sapere ad esempio che il master metallico di un disco a
grande diffusione può non essere sempre la fonte migliore per effettuare la copia conservativa è
talvolta utile al fine di permettere una scelta alternativa.
3.4. Musica di consumo (produzioni e grande diffusione)
§ 40. Galvanoplastica
Il problema di produrre più copie da uno stesso originale – problema che a lungo assillò i produttori
di cilindri – venne risolto da Berliner nel 1889 ricorrendo alla galvanoplastica, procedimento
elettrochimico che permette di ottenere un master metallico dal quale, tramite pressaggio a
particolari temperature, stampare un elevato numero di copie.
§ 41. Stampa del disco
Le varie fasi di stampa di un disco si possono vedere nella figura 3.1. Da un master di registrazione
che può essere un nastro (questo stadio è evitato nel caso di incisione diretta su disco), si incide un
disco smaltato con una vernice nitrocellulosa stesa su un foglio metallico (generalmente alluminio);
il master smaltato non viene mai ascoltato poiché la pressione della testina di incisione
danneggerebbe la traccia sonora registrata. Il disco smaltato viene metallizzato con sali d’argento al
fine di renderlo più resistente. Dopo che il cosiddetto acetato di riferimento (una copia di prova fatta
dal disco smaltato) è stato approvato, la casa discografica assegna a ciascun lato del disco un
numero master (o matrice), che viene scritto fra i solchi della spirale di uscita del disco smaltato,
identificando così il disco smaltato e quindi qualsiasi copia metallica da esso derivata. Il disco
smaltato viene quindi placcato elettroliticamente con nichel e rame o nichel puro, che viene
successivamente asportato. Il rivestimento di nichel asportato dal master viene detto padre, ed è il
negativo del master smaltato. Questo negativo viene a sua volta placcato elettroliticamente con
nichel e rame o rame puro e asportando il rivestimento così ottenuto otteniamo la madre, che darà
origine alla matrice di stampa, sempre in nichel e rame o rame puro, utilizzata nella stampa del
disco vero e proprio in gommalacca o vinile. La madre, di norma, viene placcata diverse volte, in
modo da avere più matrici di stampa, che tendono ad usurarsi nella fase di pressaggio.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 3.1. La stampa dei dischi ‘neri’.
Il lungo iter che subisce un disco commerciale mostra come a disposizione del ‘restauratore
sonoro’ vi siano diversi supporti che, a vari livelli, hanno contenuto l’informazione finale del disco
prodotto. Non è sempre detto che ci sia a disposizione la matrice smaltata, che dovrebbe garantire la
miglior conservazione dell’informazione: essa infatti è molto delicata e soggetta a rotture e non
sempre le case discografiche la preservano. Inoltre ogni stadio negativo implica la necessità di
ristampare un positivo leggibile con attrezzature normalmente a disposizione, e stampare un disco
positivo da una matrice negativa è comunque un procedimento altamente specialistico e oggi di
competenza di centri altamente qualificati o case discografiche che ancora stampano dischi.
§ 42. Realizzazione del master
Procedendo a ritroso nel processo produttivo, arriviamo alla realizzazione del master per l’incisione
della matrice smaltata. Una registrazione può venir manipolata in diverse maniere. Quando tutto il
materiale utile per la realizzazione del prodotto finito è stato registrato si interviene su numerosi
elementi:
• taglio
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
• missaggio
• equalizzazione
• aggiunta di effetti
tutte queste operazioni, che vanno oggi sotto il nome di editing o post-produzione, sono possibili
soltanto da quando il registratore a nastro, in particolar modo quello multitraccia, è presente sul
mercato. Sebbene già qualche piccolo effetto fosse possibile anche con l’incisione diretta del disco
(vedi § 49), in pratica tutte queste manipolazioni saranno possibili soltanto dopo la fine degli anni
’40, quando i registratori a bobine si diffonderanno in maniera esponenziale.
È tuttavia possibile intervenire sulla qualità della registrazione anche soltanto durante la
ripresa. I fattori che modificano il suono in questo momento sono determinati dalle caratteristiche e
dalla qualità dei microfoni, dal loro posizionamento e dalle caratteristiche acustiche del luogo in cui
viene effettuata la registrazione. Una distinzione fondamentale vi è tra registrazione dal vivo e
registrazione in studio.
§ 43. Dal vivo
Le prime registrazioni, quelle del periodo ‘acustico’, sono registrazioni ibride. Sono registrazioni in
studio poiché l’esecutore veniva portato in un luogo adibito a quella funzione o comunque veniva
allestito un luogo apposito; sono tuttavia delle registrazioni dal vivo poiché tutto ciò che
normalmente intendiamo per studio non era ancora stato realizzato. Le faremo rientrare nella
categoria delle registrazioni dal vivo, poiché sarà solo con l’avvento della registrazione elettrica,
cioè con l’avvento del microfono, che possiamo parlare di studio di registrazione, anche se ancora
per molti anni la registrazione sarà una registrazione dal vivo.
La pratica della registrazione dal vivo è comunque continuata, alle volte con una punta di
ambiguità in quanto veri e propri studi di registrazione vengono allestiti nel luogo in cui viene
effettuata l’esecuzione. Tuttavia il termine mantiene la sua validità in quanto caratteristiche
principali di questo tipo di ripresa sono la continuità nell’esecuzione (l’impossibilità quindi di fare
giunture) e l’’ambiente’ che il luogo in cui avviene l’esecuzione restituisce da un punto di vista
acustico (la sua risposta in frequenza). Nella stessa ripresa dal vivo esistono numerosi criteri nel
posizionamento dei microfoni, dando quindi la possibilità in fase di missaggio di regolare parte dei
livelli e la resa sonora globale. Alcune case discografiche si pongono come termine di registrazione
il posizionamento di una singola coppia di microfoni per ottenere una riproduzione stereo il più
possibile fedele senza successivi interventi.
§ 44. In studio
La registrazione in studio ha portato a notevoli cambiamenti nella qualità, nei gusti e
nell’interpretazione. La necessità di portare i musicisti in uno studio è nata soprattutto con la
registrazione elettrica. Il gran numero di apparecchiature che necessitano di alimentazione e la loro
scarsa portabilità, la possibilità di controllare la risposta dell’ambiente rendendolo il più possibile
neutro o comunque senza particolari problemi di risonanze, la separazione fra zona dell’esecuzione
e regia sonora, la ripetizione di singoli passaggi per poterli utilizzare in fase di montaggio, sono fra
gli elementi che hanno convinto produttori ed esecutori che un’esecuzione in studio era
maggiormente controllabile di una dal vivo e che quindi aveva maggiori probabilità di riuscita
ottimale. Ovviamente non tutti sono d’accordo sulla riuscita ottimale e fin da subito ci sono stati
detrattori all’esecuzione in studio, tuttavia è vero che in studio si ha un maggior controllo, almeno
dal punto di vista tecnico, del processo di registrazione.
Prokofiev, nel 1938, durante l’incisione della colonna sonora del film Alexander Nevsky di
Eisenstein, aveva intuito le possibilità di rimaneggiare una composizione: “La registrazione tramite
microfono può essere utilizzata in diverse maniere. Per esempio, ogni orchestra ha strumenti potenti
come il trombone e strumenti deboli come il fagotto. Ma se posizioniamo il fagotto molto vicino al
microfono e il trombone a 20 metri da esso, il risultato sarà un trombone appena udibile sullo
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
sfondo e un potente fagotto in primo piano. Tutto ciò offre un vasto campo di possibilità per una
sorta di orchestrazione invertita, impensabile nell’esecuzione dal vivo. Facciamo un altro esempio:
collochiamo gli ottoni in uno studio e il coro in un altro registrandoli simultaneamente. Da entrambi
gli studi arrivano cavi alla cabina di registrazione dove, semplicemente premendo un bottone, il
suono può essere enfatizzato o diminuito a seconda dell’azione in corso. Possiamo registrare anche
con tre microfoni contemporaneamente, una tecnica che richiede molta abilità al tecnico del suono
nel “mescolare” i tre diversi canali di suono. “ [Prokofiev]
Walter Legge, colui che per primo possiamo chiamare produttore di dischi (il suo
predecessore, Fred Gaisberg, lavorando ancora prevalentemente all’epoca della registrazione
acustica, non poteva intervenire molto sulla qualità del prodotto finale ed era quindi limitato nella
sua attività di produzione), nella sua autobiografia afferma: “il mio intento era di produrre dischi
che definissero uno standard al quale le esecuzioni pubbliche e gli artisti futuri si sarebbero potuti
ispirare […]. Pretendevo risultati superiori alla media dei concerti: ero deciso a fissare su disco il
meglio che gli interpreti potessero dare nelle migliori condizioni possibili” [Schwarzkopf]. Per
ottenere questo standard, Legge era solito fare numerose riprese in studio e lavorare molto sulla
scelta delle parti migliori da utilizzare per il master definitivo. Con la registrazione in studio e le sue
possibilità nasce dunque l’arte della fonografia [Eisenberg], che influirà notevolmente sulle qualità
del documento sonoro.
3.5. Documenti sonori di interesse etnologico
§ 45. Peculiarità
La ripresa di documenti di interesse genericamente etnologico ha due peculiarità: deve essere,
almeno secondo i criteri oggi maggiormente riconosciuti, meno invasiva possibile ed è sempre una
ripresa dal vivo. L’informatore – cantante, musicista, attore, narratore, testimone – dovrebbe
risentire il meno possibile della presenza dell’intervistatore. I casi in cui l’informatore o gli
informatori vengono portati in studio rientrano in una categoria ibrida, che non è né produzione
commerciale – la necessità di registrare in studio può essere dovuta all’alta qualità della
registrazione sulla quale effettuare misurazioni – né vera ripresa sul campo. Inoltre, la necessità di
andare dall’informatore piuttosto che portarlo presso l’intervistatore, non permette di muoversi con
attrezzature troppo ingombranti, tecnicamente particolari (ad esempio con alimentazioni e/o prese
non standardizzate) e di difficile maneggevolezza.
Detti limiti caratterizzano questo tipo di ripresa sonora, la cui produzione originale è quindi
necessariamente in copia unica. Vi sono molti casi di archivi etnomusicologici che utilizzano i loro
materiali per scopi commerciali; tuttavia, ai fini del presente lavoro, questa fase è secondaria
rispetto alla realizzazione dell’originale.
§ 46. Apparecchiature
Vi sono, nel campo della ripresa del suono dal vivo all’aperto, apparecchiature di livello
professionale che vengono normalmente utilizzate per le riprese sonore di documenti sonori di
interesse etnologico.
Fino all’avvento della registrazione magnetica questo tipo di ripresa veniva effettuata su cilindro
o su ‘acetato’ ed era, relativamente all’epoca e al tipo di ripresa, piuttosto diffusa. Pensiamo solo a
tre grandi raccoglitori di canti popolari d’inizio secolo: Béla Bartók, Zoltán Kodály e Milman Parry.
I primi due raccoglievano negli anni 1905-1906 le loro testimonianze sonore su cilindri di cera da
loro stessi azionati. Parry, nel suo lavoro svolto tra il ’33 e il ’35, allestiva presso il cantore un
piccolo studio dotato di due giradischi, in modo da non interrompere l’esecuzione e ottenere una
registrazione continua.
Da quando i registratori a bobine hanno raggiunto una qualità apprezzabile anche in macchine di
dimensioni ridotte, la quantità di materiali di questo tipo si è moltiplicata. Ricordiamo due marchi
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
fra i più noti nell’ambito della ripresa sonora sul campo: Nagra e UHER. I nastri per questi
registratori sono generalmente 0.635 cm su una o due tracce registrati a velocità 9.5 (meno usata),
19 o 38 cm/s. Anche i microfoni hanno caratteristiche particolari e sono per lo più molto piccoli, su
aste a mano o piccoli piedistalli e raramente sono a condensatore, necessitando quest’ultimo tipo di
microfono di un’ulteriore alimentazione.
3.6. Musica elettronica
§ 47. Enti radiofonici
Gli albori della musica elettronica o – per usare un termine più corretto – elettroacustica, si
intravedono all’interno degli Enti Radiofonici. Nel 1943 a Parigi la RTF, nel 1951 a Colonia la
WDR, nel 1955 a Milano la RAI e a Tokio la NHK, nel 1957 a Varsavia la Radio polacca e a
Bruxelles la INR, nel 1958 a Gerusalemme la radio israeliana, fondano i loro studi di produzione di
musica elettroacustica, principalmente per incrementare i commenti sonori alle trasmissioni e
comunque tutte le attività di sonorizzazione relative a radio e televisione. Parallelamente essi sono
però studi di produzione di musica elettroacustica che ospitano compositori e mettono a loro
disposizione le attrezzature.
Il più delle volte dette attrezzature erano strumenti di misura, nati per scopi ben diversi che
la composizione musicale: generatori di onde sinusoidali e di onde complesse, come l’onda a dente
di sega, l’onda triangolare e l’onda quadra, servivano regolarmente per effettuare le misurazioni
delle apparecchiature in dotazione. Un caso particolarmente interessante è un riduttore di rumore
progettato e realizzato presso lo Studio di Fonologia della RAI di Milano nel 1955, che verrà
utilizzato per la composizione di alcuni brani di musica elettroacustica come selettore di soglia di
ampiezza. Il meccanismo si basa infatti sul presupposto che, sotto una certa ampiezza, il segnale
non è segnale utile bensì rumore, e quindi passibile di essere eliminato [Lietti 1955]. E’ curioso
notare come già in ambito analogico, nella progettazione di strumenti per l’eliminazione del
rumore, ci si fosse posti i problemi dei transitori, vero punto debole di tutti i sistemi di riduzione di
rumore anche digitali.
§ 48. Università
Negli USA l’attività musicale rivolta alle sperimentazioni elettroacustiche viene svolta all’inizio
all’interno delle Università. La Columbia University sarà fra i primi centri universitari a proporre
ricerche in tale direzione. Il 28 ottobre 1952 si tiene un concerto di musica elettronica, i cui pezzi
erano stati tutti realizzati con le apparecchiature messe a disposizione dall’Università. Nasce così, a
seguito di queste prime produzioni e di varie commissioni, il Columbia Princeton Electronic Music
Center, fondato da Otto Luening e Vladimir Ussachevsky. Grazie soprattutto alla presenza di alcuni
costruttori di registratori quali Magnecord, Rangertone e soprattutti AMPEX, e di produttori di
nastri magnetici come la 3M, negli Stati Uniti le apparecchiature per la realizzazione del prodotto
finito sono principalmente registratori a bobine.
§ 49. Privati
Dato l’alto costo delle apparecchiature e dei materiali d’uso, la produzione di musica elettroacustica
presso studi privati fu un evento piuttosto raro, con alcune significative eccezioni. Fra queste, lo
studio privato di Tristram Cary a Londra è comunque legato in qualche modo ad un ente
radiofonico. Cary infatti lavorò fin dal 1955 per la BBC ed è proprio in seguito a questa
collaborazione che realizzò un studio privato, che doveva servirgli per realizzare commenti a
trasmissioni sia radiofoniche sia televisive. “[Nel 1946] acquistai l’attrezzatura per incidere i dischi
e per la quale realizzai una testina che seguiva immediatamente quella d’incisione, realizzando così
un effetto d’eco. Comprai anche un giradischi le cui velocità variavano tra 12 e 200 giri con la
possibilità di girare al contrario. […] Acquistai il mio primo registratore a bobine nel 1952.” [Cary,
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
cit. in Chadabe]. Anche lo studio diretto a Darmstadt da Hermann Heiss, attivo dal 1957, è stato
creato col sostanziale aiuto della Hessischer Rundfunk [Prieberg].
A New York, nel 1948, Louis e Babe Barron fondano uno studio privato, dal quale
usciranno numerosi commenti sonori a pellicole cinematografiche.
In Europa ricordiamo la fondazione a Roma, nel 1957 presso la sede dell’Accademia
filarmonica romana, di uno studio elettronico e a Vienna, nel 1959, di uno studio di musica
elettronica presso l’Accademia statale di musica.
Un laboratorio d’eccezione venne realizzato dalla Philips ad Heindoven (Olanda); presso
quella sede, a partire dal 1955, vennero ospitati vari compositori per realizzare le loro opere.
§ 50. Tecnici, tecniche e compositori
Il lavoro dei compositori presso gli studi era spesso coadiuvato da tecnici che si occupavano delle
attrezzature, quando non da ingegneri che costruivano ad hoc macchine per specifiche esigenze. La
presenza di tecnici permetteva il corretto uso delle apparecchiature, le tarature e l’assistenza in tutte
quelle fasi che richiedevano competenze specifiche. Operazioni come tagliare i nastri e/o agire sulle
apparecchiature di generazione dei suoni potevano essere effettuate dai compositori stessi, che
avevano infatti acquisito una conoscenza sufficiente per essere autonomi nelle manipolazioni
principali; ma regolare le testine di un registratore, tarare le curve di equalizzazione utilizzando
nastri campione dell’Ente o comunque con riferimenti nazionali o internazionali, curarsi delle parti
meccaniche è sempre stato appannaggio di tecnici specializzati. Poteva succedere che suggerimenti
provenienti dai tecnici influenzassero l’iter compositivo in atto, andando a modificare l’opera in
corso di realizzazione. Le indicazioni e le testimonianze di queste persone sono spesso utili per
poter ricostruire processi compositivi e illuminare sul contenuto dell’opera.
Le dotazioni di macchine e le principali tecniche utilizzate sono utili per stabilire se
determinati suoni sono effettivamente voluti dal compositore o se sono estranei al brano. Era
comune, ad esempio, usare nelle opere rumore filtrato come materiale compositivo, generare
impulsi sia filtrati sia non filtrati, aggiungere nastro fatto scorrere sulle testine di registrazione senza
segnale per poter uniformare il ‘rumore di fondo’ e non creare quella sensazione di vuoto tipica del
nastro bianco, che comunque veniva utilizzato, in determinate circostanze, per ottenere le pause.
§ 51. Un esempio: il nastro di Musica su due dimensioni di Bruno Maderna
Musica su due dimensioni (1958) di Bruno Maderna è un brano per flauto e “banda magnetica”; è
fra le prime composizioni ‘miste’ comprendenti strumenti dal vivo e parte elettroacustica
preregistrata; è stato composto presso lo Studio di Fonologia della RAI di Milano in collaborazione
col tecnico Marino Zuccheri. La durata del nastro è di 11’23”. [Zavagna 1998]
I brani di musica elettroacustica degli anni ‘40-‘60 sono il frutto di una serie di
rielaborazioni di vario materiale sonoro e spesso non è semplice identificare le diverse fonti che
possono aver contribuito alla realizzazione del pezzo [Vidolin 1992b; Zavagna 1992]. Una ricerca
bibliografica [Baroni e Dalmonte; Doati e Vidolin; Mila; Montecchi; Noller; Prieberg; Vidolin
1992a] e una ricerca negli archivi in cui sono conservate opere di Maderna – Basilea (Fondazione
Paul Sacher), Bologna (Fondo Maderna), Milano (Studio di Fonologia della RAI e casa editrice
Suvini Zerboni), Firenze (Tempo Reale) – ha portato ad individuare, quale originale su cui
intervenire per la copia conservativa e per il restauro, il nastro (due tracce, stereo, 1/4 di pollice,
38.1 cm/s) conservato presso l’Archivio di Fonologia Musicale della RAI di Milano.
L’analisi preliminare, volta ad individuare i materiali sonori e le tecnologie [Lietti 1956;
Santi] utilizzate dal compositore, ha evidenziato la massiccia ma non esclusiva presenza di suoni di
flauto sia naturali sia manipolati; le manipolazioni comprendono montaggio, missaggio,
trasposizione con e senza variazione di velocità, modulazione ad anello (caratterizzata da una forte
presenza di rumore), riverbero in camera d'eco. Nella sezione centrale del brano sono presenti suoni
con caratteristiche non periodiche, sia percussivi che tenuti. Nel montaggio del nastro, la procedura
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
abituale per realizzare le pause era quella di utilizzare nastro bianco [Zavagna 1992]
sostanzialmente privo di rumore. In determinati casi, tuttavia, per ovviare alla differenza di sonorità
fra il silenzio puro e il suono registrato su nastro (con un rumore di fondo dovuto soprattutto, ma
non solo, alle sovraincisioni) venivano utilizzati pezzi di nastro vergine fatto scorrere sulle testine di
registrazione, che presentano un sia pur basso rumore di magnetizzazione.
3.7. Registrazioni amatoriali
§ 52. Testimonianze
Le registrazioni amatoriali hanno la caratteristica di essere testimonianze di eventi la cui qualità di
riproduzione è subordinata all’importanza – affettiva, storica, probatoria – della testimonianza.
Sono generalmente legate ad attrezzature e formati a basso costo, anche se molto spesso, nella
fascia cui appartengono, esistono comunque modelli che si avvicinano, come prestazioni, a quelli
semiprofessionali. Comuni sono le Compact Cassette, le cosiddette audiocassette, che, pur essendo
prodotte in diversi standard qualitativi (vedi tabella 2.12), hanno comunque limiti legati
principalmente al formato, alla meccanica e agli apparecchi di riproduzione. Anche la registrazione
su nastro a bobina ha numerosi prodotti di fascia amatoriale. A lungo, prima dell’affermarsi del
‘mangiacassette’, sono stati prodotti registratori a bobine per uso ‘casalingo’. Ricordiamo il marchio
Geloso, che produceva tutta una fascia di registratori per uso amatoriale. Principali difetti di tutte
queste macchine sono: l’allineamento e il formato delle testine, la velocità di rotazione dei motori e
la parte elettrica relativa all’equalizzazione. Anche i microfoni, spesso forniti con l’apparecchio di
registrazione, sono di qualità piuttosto bassa.
Poiché questi documenti sono considerati ‘semplici’ testimonianze, spesso non sono
manipolati con la dovuta cura. Per questo motivo sia sulle parti meccaniche sia sul supporto si
riscontrano spesso tracce di danni visibili anche a occhio nudo e sui quali bisogna intervenire prima
che sulla riproduzione del contenuto sonoro.
§ 53. Un esempio: il fondo Valter Colle della Biblioteca Comunale di Udine
Sempre più spesso la donazione ad enti pubblici di raccolte di dischi e/o nastri da parte di privati
pone problemi di salvaguardia, copia conservativa, restauro, edizione. Le normali apparecchiature
attualmente a disposizione di una Biblioteca pubblica, anche se dotata di una sezione adibita alla
musica, non consentono il riversamento di documenti sonori su formati considerati standard
archivistici. È il caso di un fondo privato donato alla Biblioteca Comunale di Udine da un amante
delle culture popolari affinché ne prendesse in carico il riversamento e la schedatura.
Il fondo è in gran parte formato da compact cassette il cui contenuto varia dall’intervista su
fatti di cronaca relativi alla prima guerra mondiale al canto tradizionale carnico. Il primo intervento,
urgente in quanto parte del materiale si era completamente bagnato a causa di un allagamento, è
stato quello di far asciugare i nastri contenuti nelle cassette e sostituire loro le meccaniche in
quanto, essendo esse dotate di parti metalliche, presentavano segni di ruggine. Una volta sostituite
le meccaniche si è stabilito di effettuare due copie: una su DAT, fotocopia identica della cassetta
originale, un’altra su CD-A, dove sono stati corretti – sempre documentando i valori applicati –
alcuni livelli di ingresso e sono stati tolti i ‘silenzi’ privi di informazioni primarie.
43
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
4. La copia conservativa
§ 54. Non intervento
La funzione dell’archivista è quella di preservare la storia, non di riscriverla, si legge in tutte le
dichiarazioni d’intenti di tutti gli scritti sul problema della conservazione dei documenti sonori. In
quest’ottica – l’unica possibile per salvaguardare senza alterare – chi si trova di fronte a media
contenenti informazioni sonore ha come primo compito quello di copiare (eseguire un backup, per
usare un termine inglese ormai entrato a far parte del vocabolario specialistico e non) il contenuto
intervenendo il meno possibile su di esso.
Distingueremo quindi sempre la copia conservativa, quella che contiene l’informazione il
più possibile simile all’originale, da tutte quelle copie che per vari motivi subiscono interventi di
restauro (copia d’uso, di consultazione, di edizione).
In un articolo del 1991, Etica della conservazione, del restauro e della ri-edizione di
registrazioni sonore storiche, Dietrich Schüller definiva il processo di registrazione e il processo di
ri-registrazione, analizzandoli dal punto di vista degli interventi che sul supporto vengono effettuati.
Ricostruisco quello schema variandolo leggermente.
1. del documento
su cui intervenire
2. delle apparecchiature
con cui intervenire
Scelta
Alterazioni
intenzionali
non intenzionali
Restauro ?
Processo di
ri-registrazione
Equalizzazione, nrs, ecc.
Disallineamenti
Restauro !
Velocità errata
Deviazione dall’angolo
verticale d’incisione
(ad es. per i cilindri)
Disallineamento delle
testine di registrazione
Supporto
Restauro ‘meccanico’
Pulitura
Giunture
...
Imperfezioni
Post-produzione
Tecniche registrazione
dell’epoca:
tecnologia limitata
(rumore di fondo, ecc.)
Processo di
registrazione
Montaggio
riprese
diverse
...
Registrazione
Alterazioni
non intenzionali
Esecuzione
Ripresa del suono
intenzionali
Curve di equalizzazione
in fase di incisione
Sistemi di riduzione
del rumore
...
Esecutore/i
Strumento/i
Acustica sala
Equalizzazione, nrs, ecc.
Ingegnere del suono
Collocazione e tipo microfoni
Equalizzazione
Riverberazione
Missaggio
Immagine stereo
Disallineamenti
Analisi del processo di registrazione e opzioni per la riproduzione e il restauro
Imperfezioni
Ri-registrazione
Figura 4.1. Analisi del processo di registrazione e opzioni per la riproduzione e il restauro.
§ 55. Criteri di riversamento
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Non è tuttavia facile stabilire quale sia “l’informazione il più possibile simile all’originale” (vedi §
54). Vi sono cinque criteri per decidere come effettuare il riversamento (nello stendere questa
tabella modifico parzialmente una classificazione introdotta in Boston 1991, p. 39):
Criterio
Tipo
0
‘Replica’
I
Audio storico (riproduzione con
apparecchiature d’epoca)
II
Riproduzione con apparecchiature
attuali
III
Ri-creazione della sorgente sonora
originale
IV
Riversamento soggettivo
Tabella 4.1. Criteri per il riversamento di documenti sonori.
Il criterio 0, suggerito da Brock-Nannestad nel 1983, prevede di ottenere “una fonte secondaria
identica (o almeno equivalente) alla fonte originale nel maggior numero di aspetti possibile”
(ottenere un cilindro da un cilindro, un disco da un disco e un nastro da un nastro). Sebbene
interessante da un punto di vista filologico per l’importanza che attribuisce ai supporti – e quindi
alla possibilità in futuro di avere tecnologie che permettono una lettura migliore – e al loro
contenuto di informazioni extra-sonoro, questa pratica non viene di fatto messa in atto. Ritenendolo
tuttavia un possibile criterio, pur se non trattato in questa sede, viene riportato come criterio 0.
Il I criterio è quello che risponde alla domanda: come suonava una registrazione del 1907
alle orecchie dell’ascoltatore dell’epoca? Questo implica l’introduzione di tutte quelle distorsioni
dovute a difetti meccanici (e/o elettrici nel caso di registrazioni avvenute dopo il 1925) delle
apparecchiature usate in origine. Si dovranno quindi riprodurre le condizioni d’ascolto all’epoca
della registrazione e, a questo stadio, ri-registrare il segnale tramite microfono (in uno studio il più
possibile anecoico) oppure prendere il segnale dall’uscita dell’apparecchio riproduttore e, laddove
necessario con un trasduttore ad hoc, registrarlo su un formato considerato più duraturo. Questi due
casi si applicano il primo per le registrazioni acustiche, non dotate di ‘uscita’ elettrica, il secondo
per quelle i cui apparecchi originali siano dotati o dotabili di uscita elettrica. Nel caso l’uscita abbia
livelli particolari si dovranno riportarne i valori per documentazione.
Il II criterio, utilizzato in questa sede per definire la copia conservativa, è quello che prevede
di riprodurre il supporto originale con le migliori apparecchiature attualmente disponibili e quindi
evitando il più possibile tutte quelle distorsioni introdotte dal mezzo di registrazione e di
riproduzione. Si cerca in questo modo di preservare il segnale originale piuttosto che la sua
riproduzione.
Il III e il IV criterio sono in parte soggettivi e quindi rientrano, pur nell’osservanza di regole
ben precise (almeno il III criterio), all’interno delle problematiche relative al restauro e rimando ai
capitoli 5 e 6 per ulteriori approfondimenti.
3.8. Quali apparecchiature per la lettura?
§ 56. Lo studio
Uno studio per la valutazione delle condizioni di un documento sonoro dovrebbe soddisfare certi
parametri. Dovrebbe essere sufficientemente insonorizzato e isolato da evitare interferenze esterne.
Non dovrebbe essere fonte di rumori: tutte le macchine che possono provocare rumore (ventole di
raffreddamento, hard disk) in fase di monitoraggio dovrebbero essere portate al di fuori dello
studio.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Tutte le apparecchiature di uno studio (e lo studio stesso!) per la lettura di supporti originali
dovrebbero essere della miglior qualità possibile con le odierne tecnologie e devono comunque
soddisfare le seguenti caratteristiche minime:
1. avere una risposta in frequenza il più possibile ampia e piatta (non meno di 20-20000 Hz con
variazioni non superiori a ± 3 dB);
2. avere un rapporto segnale/rumore il più possibile alto (non minore di 65 dB);
3. avere un valore di (THD) il più possibile basso;
4. avere un valore di (IMD) il più possibile basso;
5. avere i valori dei difetti meccanici il più possibile bassi;
rumble (inferiore a –78 dB, DIN B, pesato IEC 98A);
wow e flutter (inferiore a 0.02%);
errore radiale (compreso fra +32’ sul primo solco del disco e +2º32’ in uscita dall’ultimo solco);
avere una manutenzione (pulizia e taratura) regolare e documentata;
6. soddisfare gli standard internazionali maggiormente diffusi.
Sia gli strumenti per il monitoraggio (altoparlanti, amplificatori, preamplificatori, cuffie) sia gli
strumenti per la lettura (giradischi con testine e stili, e registratori con testine) devono essere lineari
e introdurre meno distorsioni possibili.
§ 57. Dischi
Per la corretta lettura dei dischi sei sono gli elementi essenziali, ognuno dei quali deve soddisfare
determinate caratteristiche:
giradischi (tre velocità: 33 1/3, 45 e una velocità variabile compresa tra 60 e 120 rpm; una gamma
di velocità che comprenda valori tra 72 e 84 rpm dovrebbe coprire il 90% dei dischi in commercio
[Boston 1991])
braccio (con peso sulla testina variabile fino a 10 g)
testine (magnetiche, mono e stereo)
stilo (vasto assortimento per forma, normalmente ellittica o sferica, e dimensione, compresa, per i
dischi non microsolco, tra 12 e 100 µm)
preamplificatore (stadio necessario all’amplificazione del debolissimo segnale in uscita dalla
testina)
equalizzatore (normalmente integrato col preamplificatore, deve permettere una vasta scelta di
curve a seconda del disco da leggere; quest’operazione può anche essere svolta separatamente nel
dominio digitale).
3.9. Tarare le apparecchiature
§ 58. Dischi e nastri campione
Ogni macchina di uno studio per la copia di documenti sonori deve essere dotata di supporti
campione per la taratura delle varie parti. Giradischi, registratori a nastro e a cassette, hanno i loro
dischi, nastri, cassette campione con riportati un certo numero di segnali test, determinati da
standard internazionali, che servono a regolare al meglio le prestazioni delle stesse, e comunque a
conoscerne le prestazioni e quindi pregi e difetti in determinati ambiti.
I dischi campione si utilizzano per valutare i valori di wow e flutter e di rumble, oltre che per
verificare il bilanciamento dello stilo e correggere lo skating.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
La BASF fabbricava nastri campione sia per registratori a bobina che per registratori a
cassette. Si riporta di seguito la scheda che accompagna il nastro campione 19-6 IEC 1 della BASF,
il cui formato è 0.635 cm e la velocità 19.05 cm/s (figura 4.2). Per i registratori a cassette, il nastro
campione deve soddisfare la norma DIN 45 516/6.
Figura 4.2. Copia anastatica del foglio contenente i dati relativi a un nastro campione.
Attualmente per reperire nastri campione, anche su ordinazione, bisogna rivolgersi al MRL
(Magnetic Reference Laboratory), al quale si rimanda anche per la presenza nel sito web di articoli
tecnici sulla calibrazione dei registratori (vedi Glossario).
§ 59. Dischi
Le parti del giradischi che vanno periodicamente tarate e/o valutate ad ogni riversamento a seconda
del supporto da copiare sono:
• velocità di rotazione
• bilanciamento del braccio sia verticalmente (peso) che orizzontalmente (skating, o forza
centripeta) in funzione dello stilo e del disco da riversare
• scelta dello stilo.
Le velocità di rotazione dei dischi, soprattutto dei cosiddetti 78 giri, variano a seconda del
periodo e della casa di fabbricazione. (Per una prima indicazione al riguardo si può consultare la
tabella 2.6).
Per quanto riguarda il bilanciamento del braccio, laddove non si possegga un giradischi a lettura
tangenziale (quindi senza la necessità di correggere l’errore di tangenza o errore radiale che gli altri
bracci hanno, sebbene in minima parte), si decideranno peso e relativo anti-skating in funzione del
disco da riprodurre. Per valutare l’errore di tangenza si può utilizzare una dima come quella
riprodotta nella figura fuori testo.
I dischi macro-solco (78 giri e primi 33 giri 1/3) richiedono un peso del braccio sulla testina che
può arrivare anche fino a 10 grammi. Un valore medio tipico per un 78 giri è 5 grammi.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Le dimensioni dei solchi, particolarmente dei primi 78 giri, sono molto variabili. Uno stilo di
forma e dimensione adeguata è decisivo per una lettura ottimale di un disco. Le due forme
Figura 4.3a.
Lettura
ideale del
solco.
Figura 4.3b.
Stilo standard
nel solco di
un vecchio 78
giri.
Figura 4.3c.
Stilo ellittico
troncato nel
solco di un
vecchio 78
giri.
maggiormente utilizzate sono quella conica (nella sua variante tronco-conica) o sferica (figure 4.3a
e b) e quella ellittica (figura 4.3c).
Gli stili per microsolco hanno il diametro di dimensione variabile fra 12.7 e 17.78 µm quelli
sferici e fra 7.62 e 20.32 µm quelli ellittici. Per la riproduzione dei 78 giri si può andare da 6.35 µm
a 76.2, la maggior parte dei quali si aggira intorno a 76.2, 68.58, 63.5, 55.88 e 38.1 µm
[McWilliams].
Tipo di disco
Edison Diamond Disc LP
Edison Diamond Disc
Incisione laterale (fino al 1925)
Ellittica troncata
Primi elettrici (anni ’30)
Ellittica troncata
Elettrici anni ’30 e ‘40
Ellittica troncata
Elettrici anni ’40 e ‘50
Ellittica troncata
Alluminio
3.10.
Forma
Dimensioni
mil
µm
1.5
38.1
3.7
93.98
4.7, 4, 3.7
119.38,
101.6, 93.98
3.8, 3.5,
96.52, 88.9,
3.3, 2.8, 2.6 83.82, 71.12,
66.04
3.5, 3.3,
88.9, 83.82,
2.8, 2.6
71.12, 66.04
3.3, 2.8, 2.6 83.82, 71.12,
66.04
Dipende dalla
macchina con cui il
disco è stato inciso
Tabella 4.2. Stili consigliati in funzione del disco da riprodurre.
Quali apparecchiature per la registrazione?
§ 60. Lo studio
Anche per quel che riguarda gli apparecchi di registrazione valgono le raccomandazione del § 53,
con in più una serie di caratteristiche relative al dominio digitale. Infatti, come vedremo in 4.3.1, la
gran parte delle operazioni di copia avviene digitalmente.
In particolar modo la qualità dei convertitori, la loro frequenza di campionamento e la loro
risoluzione devono soddisfare standard professionali. Nel documento riportato in Appendice II si
consiglia – e siamo nel 1997, soltanto tre anni fa – una frequenza di campionamento di 96 kHz con
una risoluzione a 24 bit allora appena ipotizzata. Oggi, questi due valori, sono da considerarsi
standard, anche se una frequenza di campionamento di 48 kHz può essere sufficiente per riprodurre
l’informazione primaria. Valori più alti di frequenza di campionamento potrebbero essere utili per
riprodurre l’informazione secondaria (come ad esempio la frequenza di bias) che, come suggerisce
il documento in Appendice II, può essere portatrice di interessanti indicazioni.
I valori sotto i quali non si dovrebbe andare sono i seguenti (cfr. [IASA 2004]):
1.
THD+N, @ 1 kHz
▪ con un ingresso di 4 dBu (-20 dBFS), deve essere minore di –91 dB non pesato e –93 pesato A;
▪ con un ingresso di 23 dBu (-1 dBFS), deve essere minore di –110 dB non pesato e –112 pesato A.
2.
Risposta in frequenza
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
▪ in caso di convertitori a 48 kHz nell’intervallo 20 Hz – 20 kHz deve essere ±0.025 dB;
▪ in caso di convertitori a 96 kHz nell’intervallo 20 Hz – 20 kHz deve essere ±0.025 dB e
nell’intervallo 20kHz – 30 kHz deve essere ±0.4 dB.
3.
Distorsione
▪ THD+N @ 1 kHz con un livello massimo di 4 dBu non dovrà essere superiore allo 0.01% (-93 dB
A);
▪ THD+N @ 1 kHz con un livello massimo di 23 dBu non dovrà essere superiore allo 0.005% (-112
dB A).
4.
IMD (SMPTE)
▪ con un livello massimo di 4 dBu non dovrà essere superiore allo 0.012%;
▪ con un livello massimo di 20 dBu non dovrà essere superiore allo 0.005%.
5.
Clocking
▪ l’accuratezza del clock dovrà essere migliore di ±50 ppm;
▪ il jitter del clock alla frequenza operativa dovrà essere migliore di 22 ps.
È buona regola limitare all’indispensabile, nella catena riproduttore-registratore, gli
apparecchi intermedi.
Dominio digitale
§ 61. Analogico vs digitale
Col documento della IASA-TC 03 (per la trad. it. vedi Appendice II; ver. or. [IASA-TC 03]), le
linee guida della IASA sulla digitalizzazione degli oggetti sonori [IASA-TC 04] e la qualità
raggiunta dalle tecnologie digitali, si può quasi por fine alla polemica tra copia analogica e copia
digitale. Con i valori di risoluzione e gamma di frequenze oggi facilmente ottenibili in fase di
conversione non esistono dubbi sulla qualità dei segnali audio digitali. Tuttavia, vi sono almeno
quattro motivi per non abbandonare il backup conservativo analogico:
• soddisfare il criterio 0 visto al § 55
• incertezze riguardo la stabilità del supporto digitale
• incertezze riguardo la ‘leggibilità’ del supporto digitale
• contenuto di informazioni secondarie che potrebbe andare perso.
Per queste ragioni non si esclude la possibilità di eseguire un’ulteriore copia di sicurezza in
un formato analogico, possibilmente, come suggerisce il documento in Appendice II, su nastro
magnetico di provate qualità archivistiche con base in poliestere e dimensioni ¼ di pollice,
aggiungerei con velocità di registrazione di 76 cm/s.
§ 62. Conversione
Il momento più delicato nella copia di un documento sonoro analogico, dopo la scelta delle
apparecchiature di lettura, è la conversione analogico/digitale. Due sono i valori significativi in
quest’operazione: la frequenza di campionamento e i bit di risoluzione. Dalla prima, espressa in Hz,
risaliamo alla gamma di frequenze registrabile (una frequenza di campionamento di 96 kHz
permette una larghezza di banda da 0 a 48 kHz, più che sufficiente per i segnali in banda audio ma
insufficiente, ad esempio, per registrare la frequenza di bias di un nastro magnetico), la seconda,
espressa in bit, ci fornisce il grado di definizione con cui riprodurre l’ampiezza della forma d’onda.
Ipotizzando una conversione di tipo lineare per ogni bit, la risoluzione ci fornisce grosso modo il
rapporto segnale_efficace/rumore_di_quantizzazione_efficace. La formula è, per un solo tono
sinusoidale in ingresso,
SNR (dB) = 6.02*B+1.76,
dove B è il numero di bit effettivi; questa formula è approssimabile a SNR=6*B. Nel caso di una
conversione a 16 bit avremo quindi che il SNR sarà uguale a [6.02*16+1.76=98.08 dB] 6*16=96
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
dB. Purtroppo ho detto “ipotizzando una conversione lineare”, poiché i bit che effettivamente si
comportano in maniera lineare generalmente non sono quelli dichiarati [Rathmell e Scott]. Può
succedere così che i bit che devono rappresentare livelli di ingresso molto bassi introducano rumore
di quantizzazione. Un convertitore a 24 bit avrà un SNR ipotetico di [6.02*24+1.76=146.24 dB]
6*24=144 dB che, in teoria, dovrebbe rappresentare egregiamente la dinamica di una grande
orchestra, stimata attorno ai 120 dB, avendo anche 24 dB di margine operativo.
Se teniamo inoltre presente la normale dinamica di un supporto analogico (65 dB per un
ottimo nastro magnetico), questo ci permette di avere in ingresso un margine molto ampio per
eventuali registrazioni a livelli molto bassi. In linea di principio, l’ampiezza del segnale in uscita dal
lettore della nostra fonte dovrebbe essere lineare, non subire cioè né attenuazioni né amplificazioni.
Tuttavia, nel caso di un segnale molto basso, si dovrà valutare quanto amplificare il segnale in
modo da renderlo uniforme ai livelli normali di ascolto o eventualmente – nel caso si stia riversando
un intero archivio – ai livelli medi del materiale nel suo complesso, in modo da ottenere una
raccolta omogenea (vedi § 50). In questo caso bisognerà conoscere il livello di distorsione del
preamplificatore d’uscita al riproduttore o d’ingresso al registratore per sapere quanto si potrà
intervenire introducendo il minor rumore possibile. Ricordo che anche in questo caso ogni
‘cambiamento’ andrà dettagliatamente documentato per poter eventualmente in seguito intervenire
con i dati precisi a disposizione.
Formati e materiali
§ 63. Standard
‘Purtroppo’ il mercato dei supporti digitali è in continua evoluzione e non perviene ad uno standard
universalmente adottabile. Attualmente i supporti ottici su policarbonati sembrano garantire una vita
presunta abbastanza lunga sia del materiale sia dell’informazione in esso contenuta. Alcune
associazioni che normalmente forniscono riferimenti a grosse istituzioni o costituiscono comitati
tecnici per la definizione di standard internazionali in materia di audio, come la AES, la EBU,
l’IEC, danno indicazioni in continua evoluzione, non essendo ancora valutabili adeguatamente le
caratteristiche dei sistemi ottici di registrazione dei dati.
In ambito archivistico le decisioni vengono prese dalle singole istituzioni anche valutando la
mole dei documenti da riversare e l’utilizzo che di tali documenti se ne deve fare. Per collezioni non
particolarmente grandi è diffuso, come copia sia di sicurezza sia di consultazione, il CD-A. In
alcuni casi è possibile avere copie in sedi diverse e in formati diversi, prevenendo l’obsolescenza
delle apparecchiature di lettura, e si potrà effettuare una copia anche su DAT.
Nell’attesa dello standard audio per il DVD, che dovrebbe prevedere 24 bit con una
frequenza di campionamento di 192 kHz, si potranno utilizzare, per eseguire copie di sicurezza di
documenti sonori, i seguenti formati:
• il CD-A, per uniformarsi ai lettori di CD in commercio;
• il CD-ROM, per salvare i dati audio in file con frequenza di campionamento e bit diversi dal
CD-A;
• il DAT, con le frequenze di campionamento di 44.1 kHz e 48 kHz e le risoluzioni di 16 e 24 bit;
• il DVD.
§ 64. Materiali
I CD sono formati principalmente da due strati: un substrato di plastica trasparente (tipicamente
policarbonato), sulla cui superficie vengono ‘incise’ le depressioni (pit) che rappresentano
l’informazione, ricoperto da uno strato di materiale metallico riflettente (alluminio, argento, oro)
sopra il quale vi è uno strato di plastica protettivo.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
La necessità di identificare ogni supporto pone il problema dell’etichettatura, che dovrà
essere il più possibile evitata, sostituendola con l’incisione o la scrittura dei dati significativi nella
parte centrale del CD, quella compresa tra i 26 e i 39 mm del raggio del disco.
Per scopi archivistici, è stato proposto il CD di vetro, che sembra rappresentare una buona
soluzione per il salvataggio di informazioni digitali. Per le prestazioni e i test si veda la tabella 4.3.
Proprietà
Ottiche
trasmissione
indice di rifrazione
birefrigence
Meccaniche
peso
velocità di rotazione massima
numero di caduta da un m
dilatazione
Termiche
bassa temperatura
alta temperatura
punto di trasformazione
Test
42 °C 100% RH 350 ore
75 °C 75% RH 350 ore
150 °C 60% RH 350 ore
SO2 normalizzato 48 ore
sueur sintetico
CD di vetro della
Century
CD-ROM in
policarbonato
91 %
1.5
2 nm
90 %
1.58
30 nm
30 g
57000 rpm
350000
8.10-6/°C
18 g
4000 rpm
>>
70.10-6/°C
-190 °C
350 °C
350 °C
-20 °C
80 °C
140 °C
ok
ok
ok
ok
ok
fallito
fallito
fallito
fallito
fallimento
parziale
assorbimento H2O
0%
0.25 %
durata di vita stimata
> 100 anni
15 anni*
*Forte incertezza dovuta alla disparità della formulazione
Tabella 4.3. Comparazione fra un normale CD in policarbonato e un CD di vetro [Calas e Fontaine]
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
5. Interventi di ‘restauro’
§ 65. Cosa si deve e cosa si può fare
Come già visto nella figura 4.1 vi sono alcuni interventi di restauro che si devono fare, quelli
relativi alla correzione delle alterazioni intenzionali, ed altri interventi che si possono fare, quelli
relativi alla correzione delle alterazioni non intenzionali e dovuti per lo più a difetti meccanici o a
limiti intrinseci dei sistemi di registrazione dell’epoca.
Fra i secondi si possono distinguere fondamentalmente due tipi di disturbi:
• locali
• globali.
Per quanto riguarda i disturbi locali ricordiamo tutti i tipi di rumori impulsivi e le brevi
distorsioni dovute a saturazione del segnale. Fra i disturbi globali, i rumori di fondo genericamente
intesi, dall’hiss ai buzz, e tutti quei difetti di carattere meccanico che alterano il segnale
completamente o in sezioni molto ampie, come wow e flutter o disallineamento delle testine.
§ 66. Degrado chimico-fisico
Fra gli interventi che bisogna effettuare vi sono tutti quelli relativi al supporto fisico: dischi rotti e/o
che perdono lo strato inciso, nastri affetti dalla “sindrome dell’appiccicaticcio” o dalla “sindrome
dell’aceto”, sporcizia e impurità varie, scollature di pezzi di nastro, tutti questi elementi di degrado
vanno in qualche modo ‘restaurati’. Questa fase è forse quella che più si avvicina al restauro delle
opere d’arte figurative e architettoniche. Conoscenze di chimica e di ingegneria dei materiali
dovrebbero essere la base per intervenire correttamente in queste situazioni.
Vi sono in commercio numerosi prodotti specialistici per risolvere questi problemi:
•
colle per ebanite, gommalacca, vinile
•
macchine per lavare i dischi
•
forni per bloccare momentaneamente il degrado del legante di alcuni nastri magnetici (sticki
syndrome)
•
leader e adesivi per riparare nastri rotti e giunture che si staccano.
3.11.
Correzione delle alterazioni intenzionali
L’altro intervento che si deve fare è la correzione di tutte le alterazioni intenzionali che sono state
apportate in fase di registrazione. Purtroppo non sempre è possibile eseguire queste operazioni, in
quanto possono mancare i dati che le contraddistinguono.
§ 67. Equalizzazione
Un tipico intervento di restauro di questo tipo è già stato visto quando si è parlato delle curve di
equalizzazione sia di dischi (§ 20) sia dei nastri (§§ 31-34).
§ 68. Sistemi di riduzione del rumore
Un altro tipico intervento è quello di decodificare un segnale registrato con una speciale codifica,
solitamente relativa alla riduzione di rumore. I sistemi per la riduzione del rumore si dividono infatti
in due categorie:
1. non complementari
2. complementari.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
In
Registrazione
o trasmissione
Processore
Out
Rumore
Controllo
In
Processore in
registrazione
(codifica)
Registrazione
o trasmissione
Processore in
riproduzione
(decodifica)
Out
Rumore
Figura 5.1. Sistemi per la riduzione del rumore. Sopra, non complementare: il segnale viene trattato solo dopo essere
stato registrato; sotto, complementare: il segnale viene trattato sia prima di essere registrato (codifica) sia dopo
(decodifica). Il controllo tratteggiato è opzionale. [Dolby 1967]
I primi, come si può vedere dalla figura 5.1, intervengono sul segnale solo dopo che esso è
stato registrato, mentre i secondi intervengono sul segnale sia prima della registrazione (codifica)
sia dopo (decodifica). Per i secondi è necessario, in fase di riproduzione, applicare la dovuta
decodifica per poter ricostruire il segnale originale.
§ 69. Dolby
Dolby A e Dolby SR per uso professionale; Dolby B e Dolby C per uso domestico.
§ 70. dbx
dbx di tipo I per uso professionale; dbx di tipo II per uso domestico (usato raramente).
§ 71. Altri
TelCom.
3.12.
Correzione delle alterazioni non-intenzionali
Nel tentativo di riportare alla luce il suono il più oggettivamente simile a quello che all’epoca della
registrazione si poteva sentire, possiamo operare una serie di interventi che sono tuttavia ancora in
continuo progresso e che vedono entrare in gioco numerosi fattori, non ultimo quello psicologico su
come viene percepito un documento sonoro ‘ripulito’ rispetto all’originale ‘sporco’. Poiché
quest’ultima serie di ‘miglioramenti’ sono ancora in discussione, nella nostra copia conservativa
non metteremo in atto le strategie descritte qui di seguito. Bisogna comunque chiarire che anche
questo tipo di restauro è soggetto a regole ben precise la cui oggettività deve essere evidente e le cui
conseguenze sono comunque sempre valutabili, quantificabili e mai irreversibili. Se ad esempio
riducendo il rumore di fondo interveniamo anche sul segnale originale, dobbiamo essere in grado di
capire in quale modo e in che quantità questa riduzione incide sia su quest’ultimo sia sulla nostra
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
percezione. In questi due settori, specialmente nel secondo, non vi sono ancora sufficienti ricerche
per poter esprimere giudizi o trarre conclusioni.
Rumori ‘impulsivi’
§ 72. Click, thump, crackle, pop, tick, pump…
Il vocabolario della lingua inglese, con le sue numerose onomatopee, ha una serie di termini per
esprimere ogni sorta di rumore impulsivo che si può incontrare in un documento sonoro storico.
Molto spesso nei manuali dei software di restauro si trovano termini che identificano bene il tipo di
difetto ma che per lo più lo fanno in maniera evocativa. Cercheremo di dare una certa sistematicità a
tutti questi difetti.
Premesso che con il termine ‘impulsivi’ si semplifica e si generalizza un caso molto
specifico, va rilevato innanzitutto che i rumori di questo tipo riguardano principalmente i supporti
meccanici quali sono i dischi. Se difetti di questo genere si trovano sui supporti magnetici saranno
principalmente, ma non esclusivamente, dovuti alla presenza di giunture – quindi nastri utilizzati
per il montaggio –, oppure a dropout.
La durata del difetto di tipo impulsivo – la quantità di tempo in cui il segnale originale o è
stato sostituito con qualcosa a lui estraneo o è stato interrotto da qualcosa a lui estraneo – è
determinante ai fini di una sua corretta identificazione e quindi eliminazione. Diremo quindi che vi
possono essere una serie di difetti impulsivi secondo la loro durata:
I. da 1 campione a 0.002 ms
II. da 0.002 ms a 0.5 ms
III. da 0.5 ms a 1.5 ms
IV. da 1.5 ms a 60 ms
V. da 60 ms a 800 ms.
Il primo caso è spesso dovuto a problemi in fase di conversione D/A e quindi si tratta di rumori
non tipici dei supporti storici. Si può infatti dover operare su di un supporto già riversato, che in
fase di riversamento ha subito ulteriori danni durante il passaggio dall’analogico al digitale.
L’esempio più diffuso di clic del secondo caso riguarda il cosiddetto crakle, tipico fruscìo simile
al rumore di frittura, in cui impulsi molto brevi e, solitamente, di ampiezza contenuta si susseguono
rapidamente. Il caso del crackle non riguarda un impulso isolato ma una concentrazione di impulsi
nell’unità di tempo, che rendono le valutazioni sul segnale ‘utile’ molto complesse. Per questo
motivo quasi tutti i sistemi di restauro hanno una procedura separata per il trattamento dei clic e del
crackle.
Il terzo caso è quello più diffuso in tutti i supporti storici. In particolar modo i dischi a 78
giri presentano la maggioranza dei rumori impulsivi all’interno di questi valori.
Il quarto caso è quello in cui rientrano tutti quei clic la cui possibilità di essere interpolati senza
introdurre alterazioni è ancora molto alta.
L’ultimo caso – che solo per praticità e consuetudine viene incluso fra i rumori impulsivi ma
è eccessivamente lungo per essere effettivamente tale – lo troviamo in presenza di danni
particolarmente evidenti sulla superficie del supporto: graffi, rotture, buchi. Soprattutto per valori
estremi, intorno ai 700 ms, sarà molto difficile trattare il difetto come negli altri casi e quindi
sostituire il segnale degradato con segnale utile senza introdurre ulteriori alterazioni. Alcuni tipi di
questi difetti – quelli che hanno la possibilità di essere modellizzati – possono essere trattati in
maniera particolare, come vedremo nel § 80. In taluni casi l’alterazione introdotta dalla ‘correzione’
del difetto può essere più o meno fastidiosa del difetto in sé. Ma abbiamo visto nel § 65 come
valutazioni psicoacustiche di questo genere siano ancora da fare.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Rumori di durata limitata
§ 73. Distorsioni
Esistono vari tipi di rumori che eccedono la durata di 800 ms. La gran parte di essi presentano
notevoli problemi di restauro. In primo luogo perché, nella maggioranza dei casi, non è possibile
ricostruire il segnale originale in base ad alcuna conoscenza oggettiva. Interferenze elettriche
(scariche o rumori), che sono state acquisite in fase di registrazione hanno un andamento
difficilmente modellizzabile e quindi non sono riconoscibili come tali: la loro eliminazione potrebbe
quindi compromettere il segnale originale. Nel caso delle distorsioni da saturazione – quando cioè
l’ampiezza del segnale supera le possibilità del sistema – possiamo ipotizzare che il segnale
originale avesse, nel momento in cui distorce, un’ampiezza proporzionalmente maggiore alla
porzione distorta.
§ 74. Montaggio
Vi sono inoltre casi in cui il segnale è corrotto a tal punto e per una tal durata che qualsiasi criterio
di ricostruzione obbiettiva non sarebbe applicabile. In questi casi – valutando opportunamente il
contenuto e solo in caso di assoluta necessità – si può procedere ad un ‘trapianto’. Zone di segnale
che presentano caratteristiche simili a quella che si suppone corrotta potranno sostituire la porzione
di segnale difettosa. Per queste situazioni si possono utilizzare eventuali nastri di montaggio o di
fasi precedenti la masterizzazione o comunque del prodotto considerato finito. In alcuni casi, come
per esempio nella musica elettronica, questo potrà essere fatto con l’ausilio di eventuali indicazioni
in partitura (quando esistono) o testimonianze dirette relative al lavoro svolto dai tecnici.
Nell’effettuare quest’operazione di montaggio si dovrà valutare attentamente tutto il contesto, senza
trascurare eventuale ‘rumore d’ambiente’ introdotto o sottratto.
I buzz
§ 75. Tanti tipi di ‘difetti’
Il buzz è un treno di impulsi equispaziati, la cui caratteristica nel dominio della frequenza è quella di
presentare uno spettro con parziali armoniche della stessa ampiezza. Identificabili con questo nome
possiamo ascoltare numerosi difetti. Lo stesso crackle è una sorta di buzz, la cui caratteristica è però
di non essere abbastanza regolare.
§ 76. AC hum
Il più comune tra i difetti del tipo sopra descritto è quello che viene provocato dall’interferenza
della corrente di linea, corrente alternata di tipo sinusoidale, nei circuiti di registrazione non
opportunamente filtrati ovvero filtrati male. Questo rumore in bassa frequenza, chiamato hum o AC
hum, si identifica come un ronzio regolare intonato, la cui nota fondamentale è 50 Hz nelle
apparecchiature utilizzate in Europa, dove la frequenza della corrente di linea è quella, oppure 60
Hz negli Stati Uniti. Proprio a causa della distorsione introdotta dall’apparecchiatura,
accompagnano la fondamentale molte altre armoniche, che oltre la decima, normalmente, si
perdono nel rumore di fondo.
Rumore di fondo
§ 77. Definizione
Il rumore di fondo è l’insieme dei rumori prodotti da un supporto durante la riproduzione in assenza
di segnale. Con questo termine si intende una vasta categoria di degradazioni del segnale. Poiché
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
tutti i supporti hanno un loro rumore di fondo, il problema di eliminarlo è sempre presente in un
restauro audio. La più comune di queste degradazioni è quella relativa al rumore intrinseco dei
nastri magnetici, nel qual caso ha caratteristiche quasi-stazionarie; contrariamente al rumore di
fondo dei dischi, le cui caratteristiche sono molto variabili. Fra i rumori di fondo vi è l’hiss, un
fischio sibilante collocabile al di sopra dei 3000 Hz.
Altri problemi
§ 78. Problemi di fase
In una riproduzione stereo di un segnale mono si possono incontrare problemi di fase fra il canale
destro e quello sinistro, dovuti normalmente a una non corretta taratura del sistema di lettura: testine
del registratore non perfettamente allineate, antiskating del braccio del giradischi sbagliato. In
questi casi bisognerà riallineare a posteriori il segnale, rimettendo ‘in fase’ i due canali.
3.13.
Re-interpretare
Riequalizzazione
§ 79. ‘Brillantante’
Moltissime registrazioni, specialmente quelle dell’era acustica e comunque della prima era elettrica,
hanno un contenuto spettrale molto limitato, che raramente supera i 6000 Hz (anche se presso il
Phonogrammarchiv di Vienna ho potuto vedere dei dischi campione del 1926 contenenti segnali a
10 kHz). Sebbene in quella banda di segnale sia contenuta gran parte dell’informazione relativa alle
altezze delle note o all’intelliggibilità della voce, tuttavia gran parte delle informazioni sul timbro e
sulla qualità acustica dell’ambiente vengono perdute. Quella qualità che normalmente viene definita
brillantezza, cioè il contenuto di energia alle alte frequenze, si perde (o, in questo caso, si acquista!)
nel rumore di fondo.
Per risolvere questo problema si deve ricorrere a una sorta di riequalizzazione brillantante,
che restituisca brillantezza al segnale. È possibile far ciò in due modi: analizzando il segnale utile e
ricostruendone la porzione mancante in base al contenuto stesso del suono [Stroppa e Vidolin]
oppure confrontando il segnale originale con un segnale simile ma con contenuto di energia
spettrale su tutta la banda audio e riequalizzando l’originale con la curva di risposta in frequenza del
nuovo modello.
§ 80. ‘Ambiente’
La perdita di contenuto spettrale si concretizza con la perdita della qualità normalmente definita
‘ambiente’. Poiché l’ambiente è sostanzialmente dato dalle numerose riflessioni della sala in cui ci
si trova al momento della registrazione – quindi nelle prime registrazioni è assente a causa della
meccanicità della registrazione più che della limitatezza della banda di frequenza del supporto –,
l’assenza di rumore viene spesso interpretata come assenza di ambiente. L’aggiunta di riverbero
mitiga in parte questo problema, introducendo tuttavia una caratteristica al segnale che esso non ha.
Se anche la taratura del riverbero fosse fatta in funzione della risposta in frequenza della sala in cui
si ipotizza essere stata effettuata la registrazione, l’artefatto così inserito resterebbe di natura
soggettiva.
Editing
§ 81. Fonti diverse
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Nella ricerca della miglior fonte su cui intervenire, ci si può imbattere nei supporti realizzati nelle
varie fasi della realizzazione del prodotto finale.
Nelle produzioni commerciali, ad esempio, può essere possibile che il nastro multipista
missato per la realizzazione del master sia ancora in ottime condizioni, o addirittura sia l’unico
documento a noi disponibile; oppure che fonti diverse, ognuna con determinati pregi e difetti diversi
dalle altre, siano i nostri materiali di lavoro. In questi casi si può pensare di intervenire con editing e
montaggio che propongano il meglio di ogni fonte.
Nelle produzioni di musica elettronica è frequente il caso in cui nastri preparatori siano in
ottime condizioni e possano sostituire tutto o parte del nostro documento.
§ 82. In presenza di: compositore, tecnico, esecutore
Si può infine ricorrere, laddove possibile, alla consulenza di persone direttamente coinvolte nel
processo di registrazione: dal compositore ai tecnici di studio per i brani di musica elettronica
[Zavagna 1992; Scaldaferri]; dai tecnici di registrazione ai tecnici di studio agli esecutori per i brani
di musica commerciale; dagli informatori agli esecutori agli intervistatori per le registrazioni di
musica etnica. Ognuno di loro può fornire informazioni sulle condizioni di registrazione e dare
quindi un quadro delle caratteristiche acustiche e del contenuto sonoro del documento su cui
intervenire. Queste informazioni possono far variare il montaggio, l’equalizzazione generale e la
riverberazione e anche il contenuto se, con altro materiale, è possibile ri-costruire un documento in
maniera diversa.
È evidente che tutti questi interventi sono giustificati soltanto dalla presenza di testimoni
diretti della produzione del documento originale, e sono da considerarsi quasi nuove edizioni
piuttosto che ri-edizioni.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
6. La fase di restauro
§ 83. III e IV criterio di riversamento
Il III criterio di riversamento, esposto nel §52, mostrava come si possa intervenire – a condizione
che le scelte siano fatte su basi oggettive – anche su difetti propri del supporto e quindi, in teoria,
non modificabili da un punto di vista archivistico. Il IV criterio, infine, prevedeva interventi di
natura soggettiva e re-interpretativa.
Abbiamo visto nel capitolo precedente quali siano i problemi inerenti il restauro e ne
abbiamo individuato le cause principali. Cercheremo ora di stendere un protocollo delle operazioni
da effettuare nella fase di restauro.
Come premessa, da un punto di vista operativo, alle operazioni di restauro, è necessaria
un’introduzione ai filtri, elementi essenziali di quasi tutte le operazioni di intervento sul segnale
audio. Pur essendo impostato in maniera divulgativa, si consideri il § successivo come una lunga
nota esplicativa.
§ 84. Filtri
La gran parte delle operazioni di restauro dei documenti sonori si basa sull’utilizzo di filtri di vario
genere. Senza voler essere esaustivi, si accenna brevemente alle caratteristiche dei principali filtri
utilizzati per manipolare segnali audio.
Parleremo genericamente di filtri anche se nel dominio digitale, quello in cui lavoreremo,
sarebbe più appropriato parlare di filtri numerici.
Un filtro è l’insieme delle operazioni che vengono effettuate su un segnale audio per
attenuarne o enfatizzarne il contenuto in determinate regioni dello spettro. Sostanzialmente tutti i
filtri sono la combinazioni di una o di entrambe le operazioni di seguito descritte:
• ritardare (di 1 campione o poco più) la copia di un segnale in ingresso e sommarla al
segnale stesso;
• ritardare (di 1 campione o poco più) la copia di un segnale in uscita e sommarla al segnale
stesso.
Il segno + può essere sostituito col segno –. In entrambi i casi, la somma del segnale originale e di
quello ritardato creerà una nuova forma d’onda con un contenuto spettrale diverso dall’originale.
Combinando vari ritardi e varie somme e sottrazioni si possono costruire numerosi tipi di filtri.
(a)
Ritardo
Segnale in
ingresso
+
(b)
Segnale in
ingresso
Segnale in
uscita
Ritardo
Segnale in
uscita
+
Figura 6.1. I due filtri digitali di base: (a) ritardo dell’ingresso e sua
somma; (b) ritardo dell’uscita e somma dell’ingresso.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Ogni tipo di filtro ha una caratteristica risposta in frequenza, che è la sua ‘impronta’. I filtri
che ci interessano in questa sede sono sostanzialmente quattro:
1. passa-basso
2. passa-alto
3. passa-banda
4. soppressione di banda o notch.
Le principali proprietà dei filtri sono le seguenti:
• frequenza di taglio
• larghezza di banda
• Q
• pendenza.
La frequenza di taglio indica il punto in cui il filtro incomincia ad agire. Nei primi due tipi di filtri
indica il valore di frequenza sopra il quale (passa-basso) e sotto il quale (passa-alto) il segnale viene
attenuato. Questo significa che se applico ad un segnale un filtro passa-basso con una frequenza di
taglio a 6000 Hz, le frequenze sopra la frequenza di taglio vengono attenuate. Viceversa, se applico
ad un segnale un filtro passa-alto con una frequenza di taglio a 60 Hz, le frequenze sotto la
frequenza di taglio vengono attenuate.
La larghezza di banda è la porzione di frequenze sulla quale il filtro opera, sia attenuandole
sia enfatizzandole. In un filtro passabanda avere una larghezza di banda di 10 Hz significa che i 10
Hz attorno alla frequenza di taglio (in questo caso chiamata anche frequenza centrale) non
subiranno alterazioni e verranno attenuate le frequenza che stanno fuori da questo intervallo. In un
filtro a soppressione di banda con una larghezza di banda di 20 Hz vengono soppresse tutte le
frequenze che stanno all’interno dell’intervallo di 20 Hz attorno alla frequenza centrale.
Il Q è un altro modo di esprimere la larghezza di banda ed è dato dal rapporto tra la
frequenza centrale (FC) e la larghezza di banda (BW: dall’inglese BandWidth):
Q = FC/BW.
Essendo relativo al modo in cui noi sentiamo, un Q = 1 significa avere una frequenza centrale e una
larghezza di banda uguali e percepire quindi un taglio di un’ottava, se il Q = 2 allora la percezione
del taglio sarà di mezza ottava, ecc.
La pendenza di un filtro è data dalla rapidità con cui il filtro cresce o decresce attorno alla
frequenza di taglio; è espressa in dB/ottava e dipende dall’ordine del filtro – un filtro del primo
ordine ha una pendenza di 6 dB/ottava mentre uno del secondo ordine una pendenza di 12
dB/ottava. Questo significa che se il filtro ha una pendenza di 6 dB per ottava e una frequenza di
taglio di 440 Hz (la sopra il do centrale) all’ottava superiore o inferiore o in entrambe, dipende dal
tipo di filtro, il segnale in ingresso avrà un’attenuazione (in inglese rolloff) di 6 dB.
§ 85. Sessione tipo
Riversando un documento storico su un nuovo formato audio che permetta una larghezza di banda
di molto superiore all’originale, otteniamo dalla copia informazioni utili per intervenire nella sua
‘pulitura’. Una di queste informazioni è data dal contenuto in alta frequenza dei clic. Un rumore
impulsivo è infatti caratterizzato dalla presenza di energia in alta frequenza, anche eccedente quella
del contenuto sonoro originale. Se ad esempio la gamma media di frequenze di una registrazione su
disco fino agli anni ’30 si aggira intorno ai 6000 Hz, l’energia di un rumore impulsivo può arrivare
anche fino a 18-20 kHz. Molti algoritmi di identificazione dei disturbi impulsivi si basano su una
pre-filtratura del materiale con un filtro passa-alto. Anche per questa ragione il segnale deve essere
riversato con la maggior risoluzione possibile indipendentemente dal contenuto spettrale originale.
§ 86. Deckling
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Il rilevamento dei clic è la prima fase del lavoro di restauro. Poiché farlo col solo ausilio
dell’orecchio o con l’ausilio di un editor di suoni risulta oneroso, tutti i software di restauro del
suono hanno algoritmi di rilevamento automatico dei clic, che si basano su parametri da impostare
all’avvio. Normalmente questi parametri sono la durata media dei clic, la presenza di un eventuale
filtro passa alto per rilevare la presenza di energia alle alte frequenze, un valore di soglia sopra il
quale il segnale è riconosciuto come clic e altri ancora. Una conoscenza preliminare del materiale è
auspicabile per tarare correttamente questi parametri.
Per quanto riguarda invece la rimozione dei clic, in questo caso si potranno avere a
disposizione numerose tecniche di interpolazione del segnale mancante che, soprattutto in situazioni
particolari come la presenza di rumore impulsivo nelle vicinanze di transitori appartenenti
all’informazione primaria, bisognerà saper identificare per poter rimuovere il difetto efficaciemente.
Nel caso di graffi sulla superficie di un disco (il cosiddetto scratch), il rumore associato, pur
essendo di breve durata, non viene rimosso dai normali interpolatori senza l’introduzione di
artefatti, creando fastidiosi rumori collaterali particolarmente in bassa frequenza. In questo caso,
poiché il graffio è facilmente modellizzabile se isolato in una parte di segnale senza informazione
primaria, si potrà rimuovere il difetto ‘sottraendo’ alla parte che lo contiene il modello ricavato.
§ 87. Decrackling
Nel caso della rimozione del crackle l’impostazione dei parametri è normalmente più legata a fattori
concernenti la realizzazione degli algoritmi, e quindi segreti, che a fattori percettivi o comunque
valutabili analiticamente. Nella maggior parte dei casi il software o l’hardware svolgono tutte le
operazioni lasciando all’utente la regolazione di qualche parametro relativo all’efficienza
dell’algoritmo e alla sua velocità.
§ 88. Denoising
Quasi tutti gli attenuatori di rumori attualmente implementati sui sistemi commerciali utilizzano un
insieme di tecniche chiamate di Attenuazione Spettrale a Breve Termine (Short Time Spectral
Attenuation, STSA). Il principio di queste tecniche si basa sul rilevamento – possibilmente in una
zona in cui il segnale è assente – di una maschera del rumore da togliere. Una volta stimato il nostro
rumore, dovremo specificare dei parametri relativi alla soglia, all’attenuazione, all’impostazione dei
filtri e ad altri valori che possono variare da prodotto a prodotto.
§ 89. Equalizzazione
Se l’operazione di equalizzazione non è stata effettuata analogicamente da specifici preamplificatori
o da equalizzatori, si potrà intervenire disegnando le curve per la correzioni dei valori introdotti
durante la registrazione dell’originale. Normalmente queste operazioni, possibili su tutti i prodotti in
commercio, hanno una qualità sufficiente quando tutti i calcoli vengono fatti con una risoluzione
non minore di 32 bit. Risoluzioni minori, nella gestione di filtri digitali, possono non essere
sufficienti.
§ 90. Primo esempio: ancora intorno a Musica su due dimensioni
Ad un primo ascolto non si sono rilevati gravi problemi di deterioramento quali l’effetto copia o la
presenza di parti danneggiate fisicamente (tutto il lavoro è stato svolto col sistema NoNOISE della
Sonic Solution). Non sono inoltre presenti particolari difetti di carattere impulsivo. Il problema più
rilevante è rappresentato dal rumore di fondo: molto elevato, discontinuo e notevolmente diverso fra
i due canali dove, in alcuni punti, il canale sinistro ha un rumore di fondo superiore al destro anche
di 7 dB (vedi figura 6.2).
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 6.2. Rumore di fondo all’inizio di Musica su due dimensioni, canale sinistro (sopra), canale destro (sotto).
Figura 6.3. AC hum in Musica su due dimensioni, canale sinistro.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 6.4. Frequenze estranee a banda stretta (1656 e 5562 Hz) rilevate in un campione di rumore alla fine di
Musica su due dimensioni, canale sinistro.
Sono stati individuati i seguenti ‘difetti’ passibili di restauro:
1) rari rumori impulsivi di ampiezza contenuta;
2) hum a 50 Hz con alcuni armonici in rilievo (figura 6.3);
3) frequenza costante a banda strettissima intorno a 1656 Hz (figure 6.2 e 6.4);
3) alta frequenza a banda strettissima in glissando da circa 3560 Hz (figura 6.2) a circa 5562 Hz
(figura. 6.4);
4) rumore nelle pause;
5) rumore di fondo molto diversificato (figura 6.2).
I pochi rumori impulsivi individuati a orecchio sono stati eliminati manualmente.
Per quanto riguarda le due frequenze fisse di 50 (con alcuni armonici: 100, 150, 200, 250, 400) e
1656 Hz sono state eliminate con un filtro notch a banda molto stretta, rispettivamente di 7 (per
l’AC hum e gli armonici più rilevanti) e 10 Hz. Il glissando è stato invece eliminato con un filtro
notch dinamico (da 3560 a 5562 Hz in 11’23”) con banda passante variabile da 12 a 25 Hz.
Alle numerose e relativamente lunghe pause presenti nel nastro si è deciso di sostituire il
silenzio, tranne nei casi in cui la differenza tra suono e rumore di fondo non fosse molto bassa, nel
qual caso si è realizzata una dissolvenza del rumore di fondo nel silenzio. Queste scelte sono state
prese soprattutto tenendo presente che il brano comprende anche uno strumento dal vivo, che spesso
copre i ‘silenzi’ del nastro.
Le numerose pause hanno permesso di prelevare in più punti su entrambi i canali vari
campioni di rumore da sottoporre ad analisi. Si è potuto notare immediatamente che ogni singolo
frammento presenta caratteristiche di rumore diverse dagli altri. Inoltre vi è una certa differenza tra
il rumore presente nelle pause e quello presente nelle parti musicali, le cui elaborazioni,
sovraincisioni, montaggi, introducono caratteristiche fasce di rumore. Questo ha comportato la
frammentazione del brano in numerose sezioni e la valutazione del rumore in ogni singola sezione
per ogni singolo canale. Dal punto di vista dell’analisi musicologica può essere interessante notare
che a diverse ‘colorature’ del rumore di fondo corrispondono diversi tipi di elaborazioni
elettroacustiche e diverse sezioni del brano. Si è scelto di limitare il più possibile l’eliminazione del
rumore di fondo, evitandola nelle parti in cui il contenuto musicale lo maschera completamente o lo
contiene quale parte integrante.
§ 91. Secondo esempio: Bosa resuscitada
Il brano in questione – di particolare interesse etnomusicologico – è tratto da un registrazione su
acetato a 78 giri effettuata dalla RAI di Cagliari (Sardegna) nel 1948. Queste informazioni, ricavate
da un foglio allegato al nastro fornito come materiale di lavoro, sono sufficientemente attendibili, e
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
provengono dall’esecutore della copia su nastro, che a sua volta le aveva avute dal collezionista
proprietario del disco che, consultato, non metteva più a disposizione l’originale. La copia sulla
quale è stato effettuato il lavoro di restauro è relativamente recente; si tratta di un nastro magnetico
a due tracce, mono, 1/4 di pollice, registrato a 19 cm/s. La copia conservativa è stata realizzata
tarando la macchina di riproduzione col nastro campione in uso oggi alla RAI. La durata del brano è
di 1'22".
Il primo passo è stato quello di identificare le ‘alterazioni introdotte’ e pianificare gli
interventi di restauro. Il materiale in questione presenta quasi tutti i difetti tipici delle registrazioni
su dischi a 78 giri:
1) frequenza di linea (hum);
2) rumori impulsivi isolati di varia durata, ampiezza e vario contenuto spettrale (click);
3) rumori impulsivi sovrapposti (crackle);
4) rumore di fondo (hiss);
5) equalizzazione scorretta;
6) banda limitata.
Con un filtro passa alto del terzo ordine centrato sui 60 Hz si sono eliminati tutti i disturbi nelle
basse frequenze senza tuttavia intervenire sul materiale musicale, la cui frequenza fondamentale più
bassa è intorno ai 107 Hz. Con una serie di notch centrati alle frequenze di 100, 200 e 397 Hz con
un'ampiezza di banda rispettivamente di 12.5, 13.3 e 10 Hz si è eliminata la frequenza di linea con
gli armonici più rilevanti.
L’individuazione e la rimozione dei clic è avvenuta in più riprese. Poiché l’equalizzazione
della copia su nastro ha limitato l’energia alle alte frequenze è stato difficile individuare in maniera
agevole tutti i clic contenuti nel materiale da restaurare. Laddove gli algoritmi automatici –
opportunamente tarati per quanto riguarda dimensione, ampiezza dei clic e delle zone corrotte
circostanti – non sono riusciti a segnalare tutte le imperfezioni di carattere impulsivo presenti, si è
dovuto intervenire in parte ad orecchio e in parte filtrando, in sede di analisi, il materiale in modo da
individuare il maggior numero di imperfezioni introdotte, a seconda del loro contenuto di energia
alle alte o alle basse frequenze. Questa fase è stata la più lunga, data l’eterogeneità dei rumori
impulsivi presenti (figure 6.5-6.7).
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 6.5. Click di 0.7 ms circa prima (sopra) e dopo (sotto) l'interpolazione.
Figura 6.6. Click di 3.5 ms circa prima (sopra) e dopo (sotto) l'interpolazione.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Figura 6.7. Tipico clic seguito da ‘ringing’ prima (sopra) e dopo (sotto) l'interpolazione.
Per valutare il rumore di fondo si sono scelti due punti del nastro: prima dell’inizio del brano e in
una breve pausa centrale. Il risultato è che il rumore di fondo, come tutto il brano, risulta
particolarmente colorato (figura 6.8).
Figura 6.8. Rumore di fondo colorato della Bosa resuscitada.
Si ritiene – e la coloratura del rumore lo conferma – che l'equalizzazione della copia su nastro sia
stata effettuata seguendo lo standard RIAA (turnover a 500.5 Hz, 10 kHz rolloff=-13.7 dB)
enfatizzando quindi le frequenze al di sotto dei 1000 Hz (0 dB di riferimento) e attenuando quelle al
di sopra.
Si è deciso tuttavia, prima di procedere alla riequalizzazione, di togliere il rumore di fondo,
essendo quest’ultimo certamente estraneo al contenuto sonoro originale, mentre l’equalizzazione
scorretta è solo una nostra ipotesi. La scelta, pur essendo discutibile, è stata presa tenendo presenti i
pochi dati a disposizione sulle curve di equalizzazione delle registrazioni su disco precedenti il
1956, anno di adozione dello standard RIAA. Per l’attenuazione del rumore di fondo si è proceduto
come per il caso precedente, con minori problemi riguardo alla coloratura del rumore ed alla
possibilità che esso mascheri parte del contenuto sonoro. Si sono quindi limitate le sezioni sulle
quali si è intervenuti, diversificandole solo laddove erano presenti particolari problemi.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Infine, ipotizzando un turnover di 450 Hz e un rolloff a 10 kHz di 0 dB, si è attenuata la zona sotto i
450 Hz di 6 dB per ottava e si è enfatizzata la zona sopra i 1000 di 6 dB per ottava al fine di
riequalizzare il brano correggendo la curva RIAA presumibilmente introdotta.
Tenendo presente che il contenuto spettrale della registrazione non supera i 5 kHz nel punto
di massimo contenuto in alta frequenza (figura 6.9), si può ipotizzare la ricostruzione del contenuto
spettrale perduto (vedi Stroppa e Vidolin 1998), comunque non effettuata, anche confrontando il
materiale con registrazioni simili più recenti e quindi con maggiori informazioni sul contenuto
spettrale.
Figura 6.9. Sonogramma di una porzione della Bosa Resuscitada che ne evidenzia il contenuto di energia spettrale
ridotto sotto i 5 kHz.
§ 92. Schedatura
Si fornisce di seguito un modello di scheda (molto schematico) da utilizzare per archiviare il
materiale trattato. Si tenga presente che nella scheda vanno riportate solo le informazioni essenziali
che devono essere conservate contestualmente al supporto. Vi sarà inoltre una scheda tecnica
contenente un rapporto su tutti gli interventi effettuati. Quello che viene fornito non vuole essere un
modello esauriente, ma solo un primo approccio ai problemi – numerosissimi – relativi ai metadati
da conservare insieme al documento. Per un modello di schedatura dei documenti sonori si vedano
le IASA Cataloguing Rules [IASA 1999].
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
AUTORE (AUTHOR) BRUNO MADERNA
TITOLO (TITLE) MUSICA SU DUE DIMENSIONI
(NASTRO)
DATA (DATE) 1958
FORMATO E NASTRO MAGNETICO, 1/4 DI
VELOCITA’ (FORMAT POLLICE, 2 TRACCE, STEREO, 15
AND SPEED) IPS
MARCA (MARK) BASF LR 56 P
EQUALIZZAZIONE SCONOSCIUTA
(EQUALIZATION)
APPARECCHIO DI AMPEX [?]
REGISTRAZIONE
(RECORDING
EQUIPMENT)
LUOGO MILAN, RAI STUDIO DI
(PLACE) FONOLOGIA, E3
NOTE (NOTES) 1) TECNICO: MARINO ZUCCHERI
2) RAI TAPE TEST - 1982 PER
CALIBRARE L’APPARECCHIODI
RIPRODUZIONE
APPARECCHIO DI STUDER A 812
RIPRODUZIONE
(PLAYBACK
EQUIPMENT)
Originale
DATA (DATE)
FORMATO E
VELOCITÀ (FORMAT
AND SPEED)
MARCA (MARK)
EQUALIZZAZIONE
(EQUALIZATION)
APPARECCHIO DI
REGISTRAZIONE
(RECORDING
EQUIPMENT)
LUOGO (PLACE)
NOTE (NOTES)
1998
DAT, SR 48 kHz
BASF LR 56 P
CFR. LA DOCUMENTAZIONE
INCLUSA NEL RAI TAPE TEST
SONY PCM 2800
MILANO, RAI
TECNICI: Massimo Bozzoni, Giovanni
Belletti, Maddalena Novati, Fabio Ferrarini.
COORDINATORE: Paolo Zavagna.
Copia conservativa
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
7. Conclusioni
§ 93. «Memoria del Mondo»
Federico Mayor, nel 1993, quando era direttore generale dell’UNESCO, disse: “se non agiremo in
fretta, sperimenteremo un’amnesia globale”. Il contesto in cui pronunciò queste parole era un
incontro preliminare, svoltosi a Pultusk, in Polonia, del programma «Memoria del Mondo», che
l’UNESCO sta portando avanti da alcuni anni7. Seppur riferendosi principalmente ai documenti
cartacei, Mayor aveva individuato uno dei punti critici della preservazione della nostra cultura: la
rapida deperibilità dei materiali. Nel 1998, a disposizione del pubblico in internet, viene pubblicato
un documento intitolato Memory of the World Programme. Safeguarding the Documentary
Heritage. La sottocommissione sulla tecnologica del programma «Memoria del Mondo» ha steso
questo documento, contenente raccomandazioni di vario genere, per favorire la conservazione e
l’accesso ai documenti di ogni tipo e formato.
Dal 1993 ad oggi, dell’urgenza di interventi di salvaguardia si sono accorte anche varie altre
istituzioni, sensibilizzando organi governativi e non al problema della conservazione.
§ 94. Standard
All’interno del programma «Memoria del Mondo» trovano posto i documenti sonori, che vedono in
una sottocommissione della AES8 in collaborazione con l’ANSI9 un altro organo per la definizione
di criteri e di standard per la salvaguardia del patrimonio audio. Il documento denominato AES22xxxx – dove xxxx è l’anno di pubblicazione – offre raccomandazioni pratiche sulla conservazione e
il restauro, lo stoccaggio e la manipolazione dei nastri magnetici con base in poliestere. Una buona
parte di questo documento si trova riportata nell’Appendice I.
La stesura di standard o, quanto meno, i tentativi volti in quella direzione, danno alcuni
riferimenti agli operatori nel settore che, tuttavia, si trovano molto spesso a dover risolvere problemi
non specificamente contemplati nei vari documenti di riferimento. Ogni standard, infatti, oltre ad
essere oggetto di continue ridefinizioni e aggiornamenti, ha la caratteristica di essere – almeno nel
settore da noi considerato – il più possibile generico, lasciando ampio spazio all’interpretazione.
Lo standard ha quindi una funzione guida ed è molto spesso legato al contesto in cui nasce, e
sempre più frequentemente, nella compilazione di uno standard, troviamo raccomandazioni come la
seguente: “questo documento è soggetto a periodiche revisioni e l’utente è invitato a consultare
l’ultima edizione” [AES 1997].
Pur essendo ovvio che con l’avvicendarsi delle tecnologie anche gli standard cambiano,
tuttavia questo avvicendamento, da un punto di vista archivistico, costituisce un problema, e la
necessità di standard ‘duraturi’ è molto sentita.
§ 95. Diffusione
Carlos Arnaldo dell’UNESCO scrisse, in occasione della pubblicazione degli atti del terzo simposio
Archiving the Audio-Visual Heritage svoltosi a Ottawa, Canada, nel 1990, che “il problema non
sono i soldi, ma come trovarli”.
Il diffuso interesse per il patrimonio culturale mondiale, in particolare quello delle
popolazioni le cui tradizioni rischiano di scomparire, ha incrementato la ricerca e i finanziamenti
alle attività dedicate alla conservazione e al restauro. Ancora una volta gli enti radiotelevisivi –
anche se con apparente minor interesse delle università – con i loro archivi il cui sfruttamento può
risultare vantaggioso, sono fra i promotori e diffusori di queste iniziative. Come già visto per
7
Hans Rütimann, “La conservazione del nostro patrimonio culturale. Un interesse di tutti”, in [Gregory e Morelli, 1-13].
AES Standard Committee SC-03 Subcommitte on Audio Preservation and Restoration.
9
American National Standards Committe Subcommittee IT9-5 on Stability of Electronic Imaging Materials.
8
68
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
numerose altre invenzioni e applicazioni pratiche sono proprio questi enti che hanno vasti interessi
nelle problematiche della conservazione, del restauro, dell’accesso e della diffusione.
A questo contributo si affianca l’attività degli organi di governo che, a livello sia locale – dai
comuni alle nazioni – sia internazionale – dalle varie federazioni come USA e CEE all’UNESCO –
finanziando ricerche ed iniziative volte alla salvaguardia del patrimonio culturale incrementano le
attività in questa direzione.
§ 96. Evoluzione continua
Bisogna rilevare che, proprio a causa del recente sviluppo di questi progetti, molto lavoro è stato
fatto e notevoli progressi sono sotto i nostri occhi, tuttavia ci sono ancora molti problemi da
risolvere. La ricerca scientifica e tecnologica hanno ritmi e tempi la cui velocità andrebbe analizzata
in altra sede e che influiscono notevolmente sulla fruizione del nostro patrimonio culturale.
Nel campo del restauro dei documenti sonori vi sono innovazioni continue e non vi è annata
della rivista dell’AES che non riporti qualche contributo su queste tematiche. Anche da un punto di
vista commerciale ogni nuova uscita di software e/o hardware dedicati al suono riservano sempre
nuove applicazioni al restauro audio.
Nel tentativo di porre alcuni termini all’attività di conservazione che archivi ed enti – con
tempi molto più lunghi dell’innovazione tecnologica – stanno portando avanti, gli standard
internazionali forniscono utili indicazioni che però spesso devono essere aggirate per risolvere
problemi pratici e/o economici.
Una prospettiva sul lungo termine, che sembrerebbe indicare in questo periodo un momento
di transizione, è quella che si intravede negli archivi che si autocontrollano e che si autorigenerano,
sia dal punto di vista dei materiali che della loro consultazione. Questi archivi, dotati di sistemi
robotizzati per la manutenzione e il controllo periodico dello stato di conservazione [Dimino] ed
eventualmente della realizzazione di una copia in caso di rilevamento di danni [Schüller 1992],
sono allo stato di progetto e la fase più delicata – quella cioè del riversamento delle informazioni
contenute sui supporti ormai obsoleti – è appena incominciata.
È proprio nella fase del riversamento da un supporto ad un altro e, ormai universalmente
accettata, dall’analogico al digitale, che la presente guida può essere d’aiuto agli operatori del
settore.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
8. Appendice I: conservazione
§ 1. Premessa
Sebbene la presente guida si occupi sostanzialmente dei problemi relativi alla copia e all’eventuale
restauro dei documenti sonori, non si potrà prescindere dal dare indicazioni in merito alla loro
preservazione e alla loro manipolazione. Se oggi abbiamo infatti la possibilità, su una copia digitale,
di lavorare senza intervenire più sul supporto originale e senza perdita di informazione anche dopo
vari passaggi, non è detto che in futuro nuove tecnologie non riescano a ‘leggere’ sulla fonte
informazioni che sulla copia digitale non si possono trovare.
Alcune raccomandazioni sono comuni ad entrambi i media trattati, dischi e nastri magnetici,
e potrebbero essere ripetute.
Le raccomandazioni si applicano all’originale, non alla copia d’uso o di lavoro.
§ 2. Dischi
Parametri climatici di stoccaggio dei dischi raccomandati
Temp
±/24 ore ±/anno
RH
±/24ore
Stoccaggio per la
fra 5°C e
30%
±5%
±1°C
±3°C
preservazione
10°C
Stoccaggio per
40%
±5%
20°C circa ±1°C
±3°C
l’accesso
Tabella I.1. Temperatura e umidità relativa per lo stoccaggio dei dischi.
±/anno
±5%
±5%
Le aree in cui si opera dovrebbero avere le stesse condizioni climatiche delle aree di
stoccaggio.
È di fondamentale importanza controllare temperatura e umidità contemporaneamente. Gli
archivisti sanno di non raffreddare l’ambiente di stoccaggio senza deumidificarlo poiché
quest’operazione porta normalmente a un aumento inaccettabile dell’umidità relativa e può favorire
l’insorgere di muffe e funghi.
§ 3. Nastri magnetici
Le seguenti raccomandazioni sono tratte principalmente da un documento della Audio Engineering
Society del 1997 che riassume, aggiornandole, tutte le indicazioni che i vari organismi preposti alla
salvaguardia dei documenti sonori su nastro magnetico hanno dato nel tempo. Ad esso si rimanda
[AES 1997] per ulteriori informazioni. Vi sono descritte due condizione di immagazzinamento: una
a medio termine, con una speranza di vita di circa 10 anni, l’altra, a lungo termine, con la speranza
di vita massima raggiungibile. Le condizioni qui esposte rappresentano un compromesso tra
massimizzare la vita del nastro, convenienza, costi dell’edificio e del mantenimento dei valori
prescritti. Laddove il documento è stato integrato, soprattutto nel caso in cui i materiali della base
del nastro non siano in poliestere, i dati verranno riportati fra parentesi quadra con la citazione della
fonte.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Condizioni ambientali
Umidità e temperatura.
Deposito a medio termine
Temperatura
massima
°C
°F
23
73
RH (vedi note
1,2)
%
20-50
Deposito a lungo termine
Temperatura massima (vedi nota
3)
°C
°F
20
68
15
59
10
50
RH (vedi note
1,4)
%
20-30
20-40
20-50
NOTE
1 Il contenuto di umidità del nastro da immagazzinare non dovrebbe essere maggiore di quella
indicata.
2 Le variazioni non dovrebbero superare ± 10 % di RH in 24 ore.
3 Le variazioni non dovrebbero superare ± 2 °C in 24 ore.
4 Le variazioni non dovrebbero superare ± 5 % di RH in 24 ore.
5 Il deposito di nastri a temperature inferiori di 8 °C (46 °F) possono causare lo scollamento
del lubrificante dal legante. Si dovrebbe consultare il fabbricante per determinare se lo
scollamento può avvenire.
Tabella I.2. Massima temperatura e variazioni di RH per lo stoccaggio dei nastri magnetici.
Larghezza del Tempo di acclimatazione Tempo di acclimatazione per
nastro, mm (in) per la temperatura*, ore
l’umidità relativa**, giorni
6.35 (1/4)
0.5
1
12.70 (1/2)
0.5
4
19 (3/4)
1
8
25.4 (1)
1
14
50.8 (2)
4
50
* Per scaldare il nastro non più di 5 °C.
** Per umidificare il nastro non più del 10 % di RH.
Tabella I.3. Tempi di acclimatazione approssimativi dei nastri magnetici.
[Parametri climatici di stoccaggio raccomandati
Temp ±/24 ore ±/anno
RH
±/24ore
Stoccaggio per la
fra 5°C e
30%
±5%
±1°C
±2°C
preservazione
10°C
Stoccaggio per
20°C
40%
±5%
±1°C
±2°C
l’accesso
circa
±/anno
±5%
±5%
Tabella I.4. Temperatura e umidità relativa per lo stoccaggio dei nastri magnetici. Fluttuazioni attorno ai valori
raccomandati devono essere minime. Le aree in cui si svolgono le operazioni sui nastri dovrebbero avere le stesse
condizioni climatiche. [Boston 1998.]
Impurità gassose. Le migliori tecnologie disponibili saranno usate per minimizzare la presenza di
impurità gassose quali ammoniaca, chlorine, sulfides, perossidi, ozono, ossido di nitrogeno, fumo e
gas acidi.
Campi magnetici. Il picco massimo di un campo magnetico esterno di corrente continua non deve
superare i 4 kA/m (50 Oe) [2 kA/m (25 Oe) in Boston 1998, p. 31] e il picco massimo di un campo
magnetico esterno di corrente alternata non deve superare gli 800 A/m (10 Oe) [400 A/m (5 Oe) in
Boston 1998, p. 31]. Campi magnetici si possono osservare vicino a motori e trasformatori
(installazioni di ascensori), cuffie, altoparlanti, microfoni, attrezzi magnetizzanti. Una distanza di 1
71
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
o 2 metri [10-15 cm in Boston 1998, p. 31] da una sorgente di un campo magnetico è sufficiente per
proteggere il nastro da eventuali danni.
Materiali
I materiali usati per perni, flange, bobine, cassette, cartucce, contenitori e ambienti di stoccaggio,
dovranno essere chimicamente stabili, non dovranno produrre residui e dovranno soddisfare le
condizioni poste al punto Protezione contro il fuoco. Dovranno essere indeformabili. I metalli non
dovranno essere magnetizzabili. La plastica è adatta per flange, perni, cassette e cartucce ma deve
essere sufficientemente resistenti da non subire deformazioni o rotture durante l’uso. Non è invece
adatta per bobine aperte.
Contenitori e loro parti
Bobine.
Perni per bobine. I perni, sia con flange sia senza, dovranno essere cilindrici e costituiti da materiali
resistenti alla deformazione. Non dovranno presentare scanalature o deformazioni sulla superficie a
contatto con il nastro. La loro forma non dovrà danneggiare il nastro. Il diametro dei perni dovrà
essere sufficientemente grande da evitare deformazioni nella parte interna dell’avvolgimento del
nastro.
Flange. Le flange con aperture piccole sono preferibili alle flange con aperture grandi. Dovranno
essere rimovibili e sostituibili.
Involucri per cassette e cartucce. Gli involucri per cassette e cartucce e i loro componenti dovranno
essere resistenti agli urti. La loro forma non dovrà danneggiare il nastro e dovranno essere
facilmente smontabili e rimontabili.
Perni per cassette e cartucce. I perni dovranno essere cilindrici e avere il maggior diametro
possibile. Dovranno essere costruiti in modo tale da ridurre irregolarità di avvolgimento causate
dall’attacco del nastro o del leader al perno. I perni si bloccheranno in modo tale da non permettere
movimenti al nastro quando la cassetta non è nella macchina. Gli involucri non dotati di questo
dispositivo di bloccaggio dovranno essere posti in contenitori che ne sono dotati.
Contenitori. I contenitori dovranno essere resistenti all’urto, all’umidità e alla polvere. Non sono
consigliati contenitori di carta o cartone. Dovranno essere progettati in modo che le flange non
sostengano peso quando il contenitore è nella corretta posizione verticale. Non dovranno deformarsi
durante le condizioni di stoccaggio definite. Dovranno essere sigillati e bloccati al fine di prevenire
aperture accidentali.
Etichettatura.
Bobine, cassette, cartucce e contenitori dovranno consentire l’etichettatura per identificare le
informazioni in essi contenute. Le etichette non dovranno produrre acidi, residui, o ossidanti, e
dovranno essere attaccate o incollate in modo tale da aumentare [?] la LE del mezzo. Il numero di
etichette deve essere ridotto al minimo per evitare la migrazione del materiale adesivo. La gran
parte delle informazioni dovrà trovarsi sull’etichetta del contenitore. Le etichette dovranno essere
piccole per evitare di contaminare il nastro con il materiale adesivo in esse contenuto e non
dovranno sovrapporsi al nastro.
Le informazioni originali del costruttore sul prodotto dovranno essere archiviate col nastro.
Il nastro magnetico o il nastro leader non dovranno essere segnati, etichettati, stampati, o marcati
con identificatori.
Preparazione
Ogni preparativo per lo stoccaggio dei nastri magnetici sarà effettuato in aree aventi una
temperatura approssimativa di 20 gradi C (68 gradi F) e una RH di (50±10) %. Tutti i nastri saranno
riposti in bobine, cartucce o cassette e in contenitori appropriati.
Acclimatizzazione
72
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Il nastro imballato subirà un processo di acclimatizzazione per prevenire l’insorgere di umidità
quando trasferito da un ambiente freddo all’ambiente di manipolazione o quando trasferito da un
ambiente di archiviazione a lungo termine a un ambiente di produzione o accesso. I materiali
saranno contenuti in appropriati contenitori durante l’acclimatizzazione.
Avvolgimento, imballo
Prima di essere immagazzinati, i nastri saranno riprodotti dall'inizio alla fine, o riavvolti
continuamente ad una tensione pari a quella di riproduzione, per assicurare un imballo alla giusta
tensione. Dovranno essere evitati un imballo troppo teso o troppo rilasciato. Un imballo troppo
rilasciato può causare lo scivolamento del nastro sul perno e un conseguente danno al nastro. Un
imballo troppo teso può causare stiramenti e deformazioni del nastro, specialmente se le variazioni
di temperatura e umidità sono significative.
I nastri in cassette o cartucce saranno avvolti in modo che il nastro si trovi tutto su un perno.
Il print-through è un problema delle registrazioni audio su nastri analogici. Si presenta quando una
sezione di nastro registrata (magnetizzata) a forte intensità si trova in un nastro avvolto sovrapposta
a una sezione di nastro con una bassa magnetizzazione. Col tempo, il segnale con un forte campo
magnetico, stamperà una propria copia sulla parte sovrapposta magnetizzata debolmente. Può essere
significativo per l’utente se l’effetto simile a eco è sufficientemente forte da influire sulla qualità
della registrazione.
Quando le registrazioni sono immagazzinate con la testa fuori (head out), il fenomeno del printthrough precede l’informazione registrata ed è maggiormente fastidioso. Quando le registrazioni
sono immagazzinate con la coda fuori (tail out), il print-through può diventare meno evidente
poiché un’eco è meno fastidiosa di una pre-eco. Lo stoccaggio dei nastri analogici con la coda fuori
ha l’ulteriore vantaggio di necessitare di un riavvolgimento, che diminuisce il livello del printthrough.
Giunture
Quando il nastro presenta giunture non previste dal fabbricante, è raccomandata una copia di
backup. Tutte le giunture saranno esaminate e rimpiazzate quando è evidente la presenza di
deterioramenti. Saranno utilizzati solo nastri raccomandati per le giunture. Ogni giuntura su
materiale cartaceo sarà sostituita da nastro in poliestere.
Mobilio per lo stoccaggio
Il materiale utilizzato per il mobilio dovrà essere conforme alle indicazioni date al punto Materiali.
Cassetti, sistemi di ripiani, scaffali saranno progettati in modo da permettere la collocazione di
nastri, cassette, cartucce nei loro contenitori nell'appropriata posizione verticale e supportati dai loro
stessi perni. Saranno progettati e utilizzati in modo che nessun contenitore si sovrapponga ad un
altro. Gli scaffali saranno abbastanza resistenti da sopportare forma e peso dei contenitori senza
deformarsi o deformare i contenitori stessi. Gli scaffali permetteranno un'adeguata areazione in
modo che l'ambiente condizionato possa essere mantenuto omogeneo in tutta l'area di stoccaggio.
Per evitare danni catastrofici gli scaffali non dovranno essere collocati vicino a fonti di calore, tubi
dell'acqua, ugelli. Gli scaffali saranno dotati di grondaie per ridurre al minimo lo sgocciolamento
della plastica fusa e della plastica infiammata nello scaffale sottostante in caso di incendio.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
I nastri magnetici possono anche interagire con altri supporti che presentano segni di degrado. Non
devono essere riposti negli stessi mobili che contengono dischi in vinile o nastri in acetato di
cellulosa che presentano segni di degrado.
Ambienti per lo stoccaggio
Gli ambienti per lo stoccaggio saranno progettati in modo da sopportare il carico di tutto il mobilio
completamente pieno. Devono essere aree pulite, che soddisfino standard come l'ANSI classe
100.000 (ANSI/NFPA 90A/1993) e le cui condizioni ambientali siano sotto costante controllo.
Materiali e/o apparecchiature che generano polvere e/o residui non saranno permessi all'interno
degli ambienti di stoccaggio (ad esempio tappeti, moquette, tendaggi, rivestimenti fibrosi, isolanti
non sigillati, e simili). Gli ambienti di stoccaggio non saranno adibiti ad attività diverse dallo
stoccaggio.
Al fine di minimizzare i danni causati dai raggi ultravioletti (UV) alle etichette e ai materiali
d'imballo, gli ambienti saranno illuminati esclusivamente durante le operazioni di accesso. Muri e
contenitori saranno progettati per prevenire la condensazione di umidità sulla loro superficie
interna. Provvedimenti saranno presi per prevenire danni provocati dall'acqua, cioè allagamenti,
infiltrazioni, spruzzi e simili. I pavimenti saranno dotati di drenaggi o altri sistemi che permettano
una facile rimozione dell'acqua. Gli ambienti di stoccaggio saranno collocati al di sopra del livello
base (piano terra) e comunque al di sopra di un eventuale livello previsto di allagamento.
Gli ambienti di stoccaggio saranno puliti periodicamente. L'intento è di rimuovere la polvere senza
sollevare particelle nell'aria e rimuovere lo sporco senza utilizzare acidi o ossidanti. Sia per la
pulizia dei contenitori sia per quella dei pavimenti non dovranno essere utilizzati prodotti chimici
per la pulizia, compresi quelli normalmente utilizzati per la pulizia della casa. Una minima quantità
d'acqua sarà utilizzata per pulire i pavimenti con uno strofinaccio. Tutte le tracce di acqua dovranno
essere asciugate immediatamente con uno strofinaccio asciutto e pulito.
Protezione contro il fuoco
Durante il riscaldamento per 4 ore a 150 ºC (302 ºF) degli imballi che devono essere immagazzinati,
i materiali componenti i contenitori devono essere ignifughi e non devono rilasciare fumi
maggiormente reattivi del nastro stesso. I materiali utilizzati per i perni, le flange, le bobine, le
cassette o le cartucce non saranno più infiammabili o più decomponibili del nastro stesso.
Per la protezione contro il fuoco e i pericoli associati, l’imballo dei nastri sarà collocato in
contenitori isolati o ambienti ignifughi. In quest’ultimo caso, essi dovranno essere costruiti secondo
precise norme contenute in appropriati standard e regolamenti (come l’ANSI/NFPA 232-1991) con
particolare attenzione alla protezione dai vapori. Muri in cemento o in muratura possono rilasciare
vapori durante un incendio a causa dell’acqua contenuta in questi materiali. Una barriera contro i
vapori è consigliata in ambienti di questo tipo oppure possono essere usati anche contenitori isolati.
Per una migliore protezione delle informazioni dal fuoco saranno collocate copie dei nastri in altri
ambienti di stoccaggio
Identificazione.
Ogni unità archivistica avrà tutte le informazioni utili per identificarlo quali data, numero
identificativo, collocazione, titolo e altro.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Ispezione.
Campioni di nastri rappresentativi saranno ispezionati ogni cinque anni. Se si sono riscontrate
deviazioni rispetto ai valori di temperatura e di RH raccomandati, l’ispezioni sarà effettuata ad
intervalli più frequenti. Sarà utilizzato un piano di campioni stabilito in precedenza e verrà
ispezionato ogni volta un lotto diverso. La presenza di parti deteriorate sia dei nastri che degli
imballi sarà annotato. Le operazioni di manipolazione verranno effettuate con appositi guanti.
Pulizia.
Se durante l’ispezioni si è rilevata la presenza di polvere o frammenti rilasciati dai materiali sia nei
nastri sia nei contenitori o negli imballi, si provvederà a pulire prima di riporre il nastro
nell’imballo. Non saranno utilizzati prodotti con solventi. Tutte le operazioni di pulizia saranno
effettuate in condizioni di particolare controllo.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Appendice II: traduzione italiana parziale dello IASA TC-03
TECHNICAL COMMITTEE
Standard, pratiche raccomandate e strategie
IASA-TC 03
La salvaguardia dell’eredità audio:
etica, principi e strategie di conservazione
Versione 2, settembre 2001
Lo scopo di questo documento
Il Comitato Tecnico dell’Associazione Internazionale degli Archivi Sonori e Audiovisivi (IASA)
[International Association of Sound and Audiovisual Archives] ha preparato queste direttive
generali per la salvaguardia dell’eredità audio in risposta alle richieste dei membri dello IASA for
advice riguardo alla direzione da prendere in un ambiente digitale in espansione.
Il presente documento è un tentativo di identificare le aree di problemi e di proporre pratiche
raccomandabili per gli archivi sonori e A[udio]V[isivi] nell’ambito tecnico odierno. Queste
raccomandazioni sono un compromesso tra la situazione ideale e il mondo reale in cui viviamo.
Il quadro prospettato in questo scritto sarà ampliato dalla proposta di ulteriori pubblicazioni
contenenti raccomandazioni più dettagliate riguardanti specifici formati e materiali. È auspicabile
che il personale degli archivi trovi il tempo di esaminare e commentare il presente testo – in
particolare per segnalare ogni omissione e/o possibile mancanza di chiarezza – e quindi contribuire
alle ulteriori elaborazioni di queste direttive.
Queste direttive costituiscono una revisione del TC-03, versione 1, uscita nel febbraio 1997 quale
risultato di un anno di lavoro del Comitato Tecnico. La revisione tiene conto dei recenti sviluppi
tecnologici e del mercato, e le potenzialità delle tecniche digitali per la salvaguardia dell’eredità
audio.
Questa nuova struttura identifica le differenze fra originali analogici e digitali e tra formati
obbiettivo analogici e digitali. Sono introdotti i principi necessari quando si lavora nel dominio
digitale, ed è discusso il concetto di Memorie di Massa Digitali [Digital Mass Storage System]. È
sottolineata la necessità di una strategia, così come l’importanza della collaborazione fra archivi
nello scambio di informazioni.
76
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
© iasa 2001
Vocabolario e definizioni
Il suono è una variazione continua della pressione dell’aria che può essere rappresentato attraverso
un segnale immagazzinabile come informazione primaria su un supporto che utilizza un particolare
formato di registrazione. La rappresentazione del segnale può essere analogica o digitale.
Analogico significa la rappresentazione continua delle variazioni della forma d'onda nel tempo,
mentre digitale significa una rappresentazione discontinua o discreta di valori, ognuno dei quali
rappresentato da un numero. Il segnale digitale consiste in una stringa di misurazioni istantanee
dell'ampiezza campionate ad istanti equidistanti di tempo (frequenza di campionamento) ed
espresse in un codice binario. È caratterizzato da un andamento incrementale, a gradini.
Il processo attraverso il quale un segnale analogico è sostituito da un segnale digitale è chiamato
digitalizzazione [digitisation]. L’accuratezza della risoluzione in ampiezza è definita dal numero di
bit utilizzati nel sistema di elaborazione digitale. Il numero di bit è chiamato lunghezza della parola
digitale del campione.
I sistemi che elaborano segnali analogici sono caratterizzati dalla loro larghezza di banda
(l’intervallo di frequenza utile). L’equivalente larghezza di banda analogica di un segnale digitale è
determinata dalla frequenza di campionamento – essendo la massima frequenza riproducibile
leggermente minore della metà della frequenza di campionamento.
Nell’immagazzinare segnali distinguiamo tra supporti implicanti fenomeni magnetici, fenomeni
ottici e deviazione meccanica di un solco su una superficie. Di conseguenza si può parlare di
supporti magnetici, ottici, magneto-ottici (MO) o meccanici. Vi sono altre forme di
immagazzinamento ma sono al di fuori dello scopo di questo documento. Supporti magnetici e
ottici sono utilizzati per segnali analogici e digitali mentre supporti meccanici, cilindri o dischi,
sono stati utilizzati solo per segnali analogici e dischi MO solo per registrazioni digitali. Matrici di
metallo – negativi (padri), positivi (madri) e stampatori (figli), vengono utilizzati tanto per la
produzione di supporti meccanici quanto per quella di CD e DVD.
In numerosi casi (film, video) il contenuto sonoro è associato ad immagini immagazzinate con lo
stesso o con un diverso principio fisico sullo stesso supporto o su un supporto separato, ma
collegato. In questi casi, il contenuto visivo ha frequentemente attirato l’attenzione maggiore.
Comunque, si dovrebbe trovare un adeguato equilibrio tra informazione sonora e informazione
visiva.
I supporti non possono essere letti senza un apparato specifico – hardware. Le apparecchiature di
riproduzione [items of hardware] negli archivi non devono essere considerate pezzi da museo –
piuttosto saranno tenute funzionanti anche se questo significa distruggere il valore della macchina
come oggetto da museo. Supporto e apparecchiatura [hardware] costituiscono un sistema.
L’obsolescenza di un sistema è spesso causata da una discontinuità, guidata dal mercato, nella
produzione e nell’assistenza all’hardware.
A causa della durata limitata dei supporti e dell’hardware, la salvaguardia dell’eredità audio si può
ottenere solo copiando i contenuti registrati da vecchi a nuovi supporti. Per lo scopo di questo
documento il termine copiare [copying] è usato per ogni tipo di trasferimento di contenuto (incluso
dall’analogico al digitale, o da lineare a compresso); rinnovamento [refreshment] per la copia di dati
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
digitali che mantengono la struttura del formato del fiale, del supporto e dell’hardware; e
migrazione [migration] per la copia di dati digitali che comprende il cambiamento del formato del
file, e/o del supporto, e/o dell’hardware.
Per ulteriori definizioni si può trovare nel sito dell’UNESCO all’indirizzo
http://www.unesco.org/webworld/audiovis/avarc/glossary.pdf un ampio glossario di termini in
inglese, con riferimenti a termini francesi, tedeschi e spagnoli.
Considerazioni etiche
Attualmente non c’è un codice etico concordato internazionalmente per ogni campo dell’attività di
Conservazione. Le istruzioni che seguiranno non vogliono comunque essere in conflitto con altri
codici etici conosciuti dagli archivi:
Preservation enables us to provide our successors with as much of the information contained in our holdings
as it is possible to achieve in our professional working environment. It is the responsibility of an archive to
assess the needs of its users, both current and future, and to balance those needs against the conditions of
the archive.
Il compito degli archivi sonori
Vi sono quattro compiti che tutti gli archivi devono realizzare – acquisizione, documentazione,
accesso, preservazione. Il compito primario, comunque, è di preservare l’informazione affidata alla
sua cura. Per la maggior parte dei documenti questo significa l'uso delle pratiche migliori per
assicurare l’integrità fisica e chimica dei documenti originali. Gli archivi sonori devono anche
assicurare che, nel processo di copiatura, il segnale registrato possa essere recuperato con uno
standard uguale o migliore di qualità/integrità di quando venne registrato.
Commento: miglioramenti nella tecnologia spesso rendono possibile ai moderni apparecchi di
riproduzione di recuperare dai supporti più informazione di quelle che era possibile recuperare
all’epoca della registrazione.
Bisogna anche notare che, per una serie di ragioni, alcuni archivi sonori non conservano le
registrazioni originali del loro patrimonio ma le trasferiscono. In questi casi, il trasferimento dovrà
essere considerato l'originale.
Informazione primaria e secondaria
I supporti sono i portatori delle informazioni: l'informazione primaria o voluta, consiste nel
contenuto sonoro intenzionale, e l'informazione secondaria o ausiliaria, che può prendere molteplici
forme. Entrambe le informazioni, primaria e secondaria, sono parte dell'eredità audio. L'importanza
relativa delle due varierà a seconda del contenuto, del tipo di supporto e delle necessità degli utenti
(futuri).
Commento: in numerosi casi i supporti stanno diventando oggetti culturali da collezionare per se
stessi, come ad esempio i dischi per la produzione di massa. Inoltre, i documenti possono contenere
informazioni come note scritte a mano ecc. che costituiscono una parte indispensabile del
documento. In altri casi, comunque, l’informazione secondaria può essere di poca importanza. È
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
compito degli archivi valutare il grado in cui i supporti originali e il relativo materiale hanno
bisogno di essere conservati in funzione di utenti futuri, e quindi attuare una appropriata strategia di
Conservazione.
L’instabilità e la vulnerabilità dei supporti audio
Per i tradizionali documenti testuali, la conservazione a lungo termine dei supporti originali è (con
qualche eccezione) generalmente fattibile. In generale, i supporti audio (escluse le matrici
metalliche per realizzare i dischi meccanici) hanno una speranza di vita più breve dei materiali di
testo tradizionali di buona qualità.
Inoltre, i supporti audio sono più vulnerabili dei normali documenti nei casi di manipolazione
sbagliata, di apparecchiature malfunzionanti o maltenute, e di cattivo immagazzinamento. A causa
dell’alta densità delle informazioni, i supporti digitali sono generalmente più vulnerabili alla perdita
di informazioni causata da danni dei supporti analogici.
Se il supporto è danneggiato a causa di un cattivo immagazzinamento o da manipolazione sbagliata,
l’informazione può essere persa. Questo vale sia per i materiali analogici sia per quelli digitali.
Commento: il livello di vulnerabilità dei supporti dipenderà dal tipo di supporto, dalla qualità e
dalla manutenzione delle macchine di riproduzione, dall'abilità professionale dell'operatore e dalla
qualità dell'immagazzinamento. Il livello di rischio varia da molto alto per gli LP usati
frequentemente in una biblioteca, a relativamente basso per un nastro 1/4 di pollice usato di rado.
La produzione di copie di documenti aumenterà la probabilità statistica della sopravvivenza
dell'informazione.
Obsolescenza dei formati
a.
Analogico
I formati analogici [...]
b. Digitale
Attualmente, nessun sistema di registrazione digitale sviluppato specificatamente per l’audio ha dimostrato
una stabilità provata sul mercato, let alone in an archive. La vita commerciale dei sistemi e dei formati
moderni sta diventando probabilmente sempre più breve. In the future this may increasingly lead to the
obsolescence of hardware while the carriers are still in good condition. In vista di un rapido sviluppo di
supporti di dati audiovisivi, it is unlikely that a digital audio format will ever achieve the depth of penetration in
the market place of formats such as the LP or the analogue quarter inch tape. It is also likely that in some
arenas there will be no physical carrier to distribute, in which event the issues of format obsolescence
applies to the file format itself.
Commento: attualmente il R-DAT e il CD-R (audio) sono i sistemi di registrazione digitale con una
considerevole diffusione del mercato nel campo dell’audio. Come accennato sopra, nessuno di questi due
sistemi ha una proven record of archival stability. Sebbene il CD-R sia sempre più utilizzato come supporto
per il trasferimento di registrazioni analogiche, questo lavoro, in molti casi, non viene effettuato in accordo ai
principi suggeriti nei paragrafi 9, 11 e 13.
79
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Salvaguardia dell’informazione
c.
Attraverso la conservazione del supporto
Sebbene la vita di gran parte dei supporti audio non possa estendersi indefinitamente, devono essere fatti
degli sforzi per conservare i supporti in condizione di utilizzo il più a lungo possibile.
Preservazione significa immagazzinamento in un ambiente pensato a tale scopo, separando le fonti di
informazione primaria da quelle di informazione secondaria dove necessario e possibile, e mettendo in atto
programmi di mantenimento e pulitura al bisogno. Inoltre, le attrezzature utilizzate per manipolare e
riprodurre devono essere compatibili con i requisiti fisici del supporto. La preservazione prevede di
minimizzare l’utilizzo della copia originale o d’archivio predisponendo delle copie d’accesso.
d.
Copiando l’informazione
A causa della limitata speranza di vita dei supporti audio, la conservazione del loro contenuto nel
lungo periodo può essere ottenuta solo copiando i contenuti in nuovi supporti quando necessario.
Nel dominio analogico, l’informazione primaria si degraderebbe ulteriormente ad ogni copia.
Soltanto il dominio digitale offre la possibilità di trasferire dati da un supporto ad un altro senza
perdite. Per la conservazione nel lungo periodo dell’informazione primaria contenuta in un supporto
analogico, è quindi necessario trasferirla innanzitutto nel dominio digitale.
Se il supporto è danneggiato a causa di cattivo immagazzinamento e di cattiva manipolazione
l'informazione può essere persa. Questo per quanto riguarda sia il materiale analogico sia quello
digitale. Per proteggere l'informazione la realizzazione di copie è caldamente raccomandata.
Commento: si noti che non tutti gli archivi hanno una politica di sistematica duplicazione del loro
patrimonio. Questi archivi rischiano di perdere materiali importanti. Inoltre, la produzione di
duplicati aiuterà, per se stessa, a conservare l'originale riducendone la frequenza delle letture e
riducendo cisì la sollecitazione del supporto.
Recupero ottimale del segnale da supporti analogici
Il recupero ottimale del segnale da registrazioni storiche può essere ottunuto solo da
apparecchiature di riproduzione moderne e ben mantenute, possibilmente dell’ultima generazione,
al fine di ridurre al minimo le distorsioni nella riproduzione. Quando si riproducono formati storici,
i parametri della riproduzione (velocità, equalizzazione, formato delle tracce, etc) devono essere
scelti oggettivamente e basarsi sulle conoscenze del formato storico dato. L’apparecchiatura di
riproduzione deve essere optimally adjusted ai parametri corretti. Al fine di ridurre al minimo
possibili danni al supporto originale, l’apparecchiatura di riproduzione deve essere regolarmente
mantenuta su standard professionali.
Commento: non è facile determinare i corretti parametri di riproduzione per un dato documento
sonoro se non si trovano informazioni oggettive sui parametri del formato di registrazione. Come in
altri campi della ricerca storica, the use of cautiously chosen approximations is permissible when
necessary. In linea di principio, comunque, devono essere evitati passi irreversibili. Trattamenti
soggettivi possono essere applicati solo sulla copia d’accesso, if at all. It must be noted, however,
that some inaccuracies of original recordings, such as those caused by misaligned recording heads
(e.g. "azimuth error") in magnetic tape recordings, can only be corrected successfully in the replay
process of the original tape. Print-through must also be diminished on the original tape before the
transfer.
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
In the transfer of any historic and/or endangered carrier, the use of the originals must be kept to the
minimum at all times. Some carriers may even be playable only once. Any experimental calibration
of parameters may be done by means of an intermediary or preliminary copy.
It should be noted that several recent digitisation projects suffer from inadequate signal retrieval
from analogue documents, due to the lack of professional knowledge and appropriate equipment.
7.
Trasferimento senza modifiche in un nuovo formato
È obbligatorio che i trasferimenti da un formato archivistico vecchio a uno nuovo siano eseguiti
senza alterazioni soggettive o “miglioramenti” quali riduzione del rumore, ecc. I parametri di
riproduzione (velocità, equalizzazione, formato delle tracce, ecc.) devono essere scelti
oggettivamente e basarsi sulle conoscenze del formato storico dato. Il processo di copiatura deve
assicurare il trasferimento di tutta la gamma dinamica e della risposta in frequenza dell'originale,
lasciando un margine sufficiente per i picchi delle registrazioni rumorose. E’ essenziale un’accurata
documentazione di tutti i parametri e di tutte le procedure impiegate nel processo di trasferimento.
Quando possibile si devono fare copie di consultazione. In contrasto con la copia a scopo
archivistico, si potrà modificare la copia di consultazione o di distribuzione basandosi sulle richieste
dei clienti, correggendo la velocità, filtrando, ecc. Anche in questo caso è essenziale un’accurata
documentazione di tutti i parametri e di tutte le procedure impiegate.
Commento: non è un compito facile valutare quali siano i corretti parametri di riproduzione per un
formato storico poiché l'informazione oggettiva è raramente disponibile ??? Quando necessario,
sono permesse caute approssimazioni, come in altri campi della ricerca storica. In linea di principio,
comunque, passi irreversibili vanno evitati. Trattamenti soggettivi devono essere effettuati solo
sulla copia di consultazione, se non per nulla.
Nel trasferimento di qualsiasi supporto storico e/o in pericolo, l’uso degli originali deve essere
ridotto al minimo in ogni caso. Alcuni supporti possono essere riproducibili una sola volta. Tutte le
calibrazioni sperimentali dei parametri devono essere eseguite su una copia preliminare o
intermediaria.
8.
Miglioramento nelle tecnologie di trasferimento
Le tecnologie per il trasferimento dal dominio analogico a quello digitale potranno in futuro
migliorare, in particolare ci potrebbero essere miglioramenti nella riproduzione del supporto
originale.
I supporti originali possono contenere informazione secondaria, che cade al di fuori dell’intervallo
di frequenza dell’informazione primaria, ma che può aiutare nel correggere imperfezioni nella
registrazione originale. Le attuali tecnologie di trasferimento perdono irrimediabilmente questa
informazione.
Commento: un potenziale miglioramento nella tecnologia del trasferimento potrebbe essere,
ad esempio, la possibilità di riprodurre supporti meccanici tramite sistemi ottici, evitando così il
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
contatto. Si potrebbero ricavare informazioni riguardo le fluttuazioni di velocità (wow e flutter) dei
nastri magnetici dalle variazioni della frequenza di bias riprodotta. Routine non standard che
utilizzano questa informazione per correggere l’informazione primaria sono correntemente
disponibili.
7.
Riduzione dei dati
E’ ormai generalmente accettato il fatto che, una volta scelto un supporto digitale, non si devono
adottare tutti quei formati che utilizzano riduzioni di dati (compressione dei dati) basati su principi
percettivi (con perdite codecs). Il trasferimento che utilizza questo tipo di riduzione dei dati implica
che parte dell'informazione primaria sia irrecuperabilmente perduta. Il risultato di questa riduzione
di dati con perdite può suonare identica o molto simile al segnale non ridotto (lineare), ma
l’ulteriore utilizzo del segnale con dati ridotti sarà severamente ristretto.
Commento: la riduzione dei dati è uno strumento molto potente per la divulgazione dei segnali
audio. Il suo utilizzo è, comunque, contro i principi etici della migliore conservazione possibile
dell'informazione primaria. La riduzione dei dati non permette di ritornare alle condizioni acustiche
originarie del segnale e limiterà, inoltre, l’ulteriore utilizzo in seguito alla produzione di artefatti
generati in fase di codifica percettiva del materiale e durante la post-produzione.
8.
Instabilità dei supporti digitali e obsolescenza dei formati
A causa dell’alta densità dell'informazione, i supporti digitali sono generalmente più vulnerabili alla
perdita di informazione in seguito a danni dei supporti analogici.
[…] La vita commerciale dei sistemi e dei formati moderni sembra diventare sempre più breve. In
futuro questo porterà all’incremento dell’obsolescenza delle apparecchiature mentre i supporti
rimarranno in buone condizioni. In vista della rapida evoluzione dei supporti di dati audio-visivi, è
improbabile che un formato audio digitale raggiungerà mai l’ampiezza di diffusione sul mercato dei
formati come l’LP o il nastro 1/4 di pollice.
Commento: attualmente, ci sono due formati audio digitali con una considerevole diffusione sul
mercato – il R-DAT e il CD-R. […] Sebbene il CD-R sia sempre più utilizzato come mezzo di
riferimento per il trasferimento di registrazioni analogiche, non sono ancora state fatte valide
previsioni sulla sua speranza di vita. Bisogna anche notare che un archivio di registrazioni digitali
richiede regolari test per verificare l’integrità e la recuperabilità dei dati. Test di questo tipo
possono essere semplici ed economici in confronto a verifiche simili su registrazioni analogiche.
9.
Limitata risoluzione dei formati digitali
I formati digitali hanno una risoluzione definita e, quindi, limitata in termini di larghezza di banda e
ampiezza. Risoluzioni più alte sono auspicabili per la miglior salvaguardia di alcuni segnali
analogici originali.
Commento: attualmente, i due formati di registrazione digitali principali – il R-DAT e il
CD-R – permettono un massimo di risoluzione di 16 bit. Tuttavia, convertitori A-D a 20 bit stanno
diventando standard e siamo vicini ai 24 bit di risoluzione. Una più alta frequenza di
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
campionamento, qual è quella di 96 kHz usata da alcune apparecchiature commerciali, può anche
essere auspicabile.
10.
Conservazione dell’originale
In seguito ai potenziali miglioramenti nei processi di trasferimento e alla possibilità di risoluzioni
digitali più alte, ogni trasferimento sarà considerato preliminary. Per questo motivo i supporti
originali e le appropriate apparecchiature di riproduzione devono essere conservate quando
possibile.
11.
Copie di conservazione analogiche
A causa dell’incertezza riguardante i formati digitali attuali sia in termini di stabilità del supporto
sia per quanto concerne la futura disponibilità delle apparecchiature di riproduzione dedicate, si
raccomanda di fare, oltre che copie digitali, anche copie analogiche su nastro a 1/4 di pollice con la
base di poliestere e provate qualità archivistiche. Questa pratica dovrà essere messa in atto finché
non saranno disponibili procedure universalmente accettate per l’archiviazione di documenti sonori
nel dominio digitale.
12.
Sistemi digitali di immagazzinamento di massa
In un futuro prossimo, sistemi di immagazzinamento auto-controllanti e auto-rigeneranti potranno
ridurre, o anche eliminare, il bisogno di dettagliata attenzione alle copie di sicurezza delle
registrazioni sia analogiche sia digitali e rendere meno pesante il problema dell'obsolescenza
dell’hardware.
Commento: alcuni tipi di archivi sonori (archivi radiofonici e archivi nell’industria discografico)
stanno attualmente esaminando installazioni pilota di immagazzinamento di massa. Questo tipo di
sistemi possono potenzialmente auto-controllarsi e auto-rigenerarsi. […]
13.
Sommario
Come conseguenza di quanto detto sopra, viene raccomandata una strategia per la digitalizzazione
dei documenti analogici cauta e meditata. Si assegnerà una priorità a quei documenti analogici
* che sono a rischio immediato e/o
* che sono regolarmente consultati.
Quando possibile, i supporti originali assieme con le apparecchiature di riproduzione appropriate
saranno collocati in magazzini a disposizione per usi futuri.
I seguenti supporti analogici possono essere considerati instabili per loro natura e dovranno essere
quindi copiati:
• cilindri
• dischi istantanei di tutti i tipi e specialmente dischi “acetati”
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
•
•
•
nastri in acetato
tutti i tipi di bobine a lunga/doppia/tripla durata e tutti i tipi di nastro in cassetta
ogni supporto che mostra evidenti segni di degrado sia per la naturale instabilità (ad esempio la
sindrome da fuoriuscita di collante) sia di deterioramento causato da immagazzinamento o
manipolazione impropri (ad esempio deformazioni meccaniche, muffa, ecc.).
I supporti digitali possono essere in pericolo in seguito al decadimento e all’obsolescenza
dell'hardware. Per esempio, le registrazioni pseudo-video realizzate su apparecchiature video VHS,
Betamax o U-matic utilizzando un processore audio, sono minacciate dall’obsolescenza
dell’hardware e sono anche prone to supporti decay.
Commento: Bisogna notare che – con una eccezione – la lista di supporti sopra citata non implica
un ordine di priorità. La priorità dei riversamenti sarà decisa solo dopo che i supporti saranno stati
esaminati. Dipenderà dalla velocità di degrado del singolo supporto, dalla disponibilità di
apparecchiature di riproduzione funzionanti, e, to lesser extent, dall’esistenza di duplicati del
materiali.
L’eccezione a queste priorità sono i “dischi acetati”. […] I dischi acetati dovranno avere quindi la
massima priorità nel programma di copiatura.
La revisione del documento IASA TC-03 è stata scritta dal Comitato Tecnico della IASA:
Michael Alexander, United Kingdom
George Boston, United Kingdom
Kevin Bradley, Australia
George BrockNannestad, Denmark
JeanMarc Fontaine, France
Lars Gaustad, Norway
Gerald Gibson, United States of America
Ian Gilmour, Australia
Albrecht Häfner, Germany
Clifford Harkness, United Kingdom
Barbara Iwanicka, Poland
Drago Kunej, Slovenia
Franz Lechleitner, Austria
Stig Lennart Molneryd, Sweden
Hans Schubert, Germany
Dietrich Schüller, Austria
Lloyd Stickells, United Kingdom
William Storm, United States of America
Zoltan Vajda, Hungary
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9. Glossario e sigle
3M Minnesota Mining and Manufacture. Ditta americana che produceva – fra l’altro – nastri
magnetici. http://www.3m.com/
µ (o µ m) vedi micromètro.
AAA Associated Audio Archive (USA).
AC Alternating Current. Inglese: corrente alternata.
Acetato termine generico utilizzato per designare i dischi ad incisione diretta per le registrazioni
istantanee (utilizzato prima dell’affermarsi del nastro magnetico). Disco laminato da una lacca di
cellulosa o di acetato di nitrato su anima di alluminio o, a volte, di vetro.
Acustica
⇒ registrazione processo di registrazione completamente meccanico dove le vibrazioni sonore
sono raccolte da un corno di registrazione e incanalate verso un diaframma, a sua volta collegato a
uno stile d'incisione. Lo stilo è mosso dalla sola potenza sonora.
⇒ riproduzione processo di riproduzione completamente meccanico dove le variazioni di
ampiezza di un solco sono raccolte da uno stilo e incanalate verso un diaframma, che viene messo
in vibrazione amplificando così meccanicamente, fino a renderlo udibile, il movimento dello stilo.
AEG Allgemeine Elektricitats-Gesellschaft. Marchio tedesco di costruzione dei primi magnetofoni
a nastro risalenti al 1935.
AES Audio Engineering Society (USA). http://www.aes.org/. Si segnala in particolare il lavoro
svolto da questa società relativamente a Standards and information documents.
http://www.aes.org/standards/.
AFAS Association Française des détenteurs de documents Audiovisuels et Sonores (France).
http://afas.imageson.org/
AGFA Aktien-Gesellschaft für Anilin-Fabrikation. Marchio che produceva nastri magnetici di alta
qualità.
Produceva
nastri
campione
per
la
taratura
dei
registratori.
http://www.agfa.com/en/co/about_us/our_company/history/history/index.jsp
AMPEX sigla formata da AMP, iniziali di Alexander M. Poniatoff, fondatore della ditta, e
EXcellence. Marchio americano di produzione di registratori.
ANSI American National Standards Institute (USA). http://web.ansi.org/
ARD Arbeitsgemeinschaft der Rundfunkanstalen der Bundesrepublik Deutschland (Germania).
ARSC Association for Recorded Sound Collections (USA). Pubblica una rivista, l’ASRC Journal,
di riferimento per il settore della conservazione di documenti sonori. http://www.arscaudio.org/index.html
Azimut angolo formato dal traferro di una testina e l’asse longitudinale del nastro magnetico.
Backup inglese: copia di sicurezza. La copia di backup è la copia che si realizza dall’originale e
dalla quale si ottengono copie di lavoro, accesso, distribuzione. Nei sistemi digitali, dalla copia di
backup si possono ottenere in teoria infinite copie identiche.
Banda
⇒ audio banda delle frequenze percepibili dall’orecchio umano. Generalmente compresa tra 20 e
20000 Hz, la banda audio varia notevolmente con l’età e a causa di fattori fisio-patologici di vario
tipo.
⇒ larga nel contesto del segnale audio comprende zone di suono la cui larghezza di banda è
paragonabile a quella di udibilità.
⇒ passante larghezza delle frequenze occupate da un segnale o necessarie alla sua trasmissione.
BASF marchio che produceva nastri magnetici di alta qualità. Produceva nastri campione per la
taratura dei registratori.
Bias (anche AC bias) tensione di polarizzazione o corrente di premagnetizzazione. Segnale ad alta
frequenza (30-400 kHz) ed alta intensità che viene aggiunto durante la registrazione al segnale
audio. Ascoltando un nastro magnetico, o una sua copia, con un sistema che permetta il ralenti (jog85
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
shuttle e simili), si potrebbe percepire un suono continuo di frequenza comunque più acuta del
segnale in banda audio.
BSI British Standards Institution - British Standards House (Regno Unito). http://www.bsi.org.uk/
Buzz inglese: ronzìo. Genericamente ogni fenomeno acustico con spettro armonico le cui
componenti abbiano tutte la stessa ampiezza o comunque ampiezze di ordine di grandezza
paragonabile.
CCIR Comité Consultatif International des Radiocommunications (Svizzera).
CD Compact Disc. Inglese: disco compatto.
⇒ - A (Digital) Audio. Standard di registrazione digitale dei CD a lettura ottica con una frequenza
di campionamento di 44.1 kHz, stereo e una risoluzione di 16 bit.
⇒ - I Interactive. Inglese: interattivo.
⇒ - R Recordable. Inglese: registrabile una volta sola.
⇒ - RW Re-Writeable. Inglese: registrabile più volte.
⇒ - ROM Read Only Memory. (In AES28-1997 si trova Read-Only Medium.) Inglese: memoria
soltanto leggibile.
CEI Commission Electrotechnique International (vedi IEC).
Click inglese: scatto, clic. Nome generico, onomatopeico, che viene utilizzato per designare rumori
impulsivi (vedi).
CLIR Council on Library and Infomation Resources (USA). http://www.clir.org/
Coercitività facoltà di un magnete di conservare il suo stato di magnetizzazione. Nel SI si misura in
kA/m (kiloamp-giri/metro) e nel sistema CGS in Oe (oersteds = gilberts/cm). Nei materiali
magnetici per la registrazione una maggior coercitività permette una maggiore risposta in frequenza
sugli acuti.
CPA Commission on Preservation and Access (USA). Vedi anche EPCA. http://www.clir.org/
CPS Cycles Per Second, vedi Hz.
Crackle inglese: crepitìo. Tipico rumore, simile a quello provocato dalla frittura, prodotto da un
disco particolarmente usurato. È causato dalla presenza di rumori impulsivi che si susseguono
frequentemente nel tempo (valori tipici: fra 2000 e 5000 al secondo).
DAT o R-DAT Rotary-Digital Audio Tape; registratore audio digitale con testina rotante.
dB deciBel. Il dB (la decima parte del Bel) è l’unità di misura di varie grandezze, fra cui:
il livello di pressione sonora LPS=10log(P/P0)2=20log(P/P0), dove P0=20 pascal è il livello di
riferimento della pressione sonora;
il livello di potenza sonora Lw=10log(W/W0), dove W0=10-12 W è il livello di riferimento della
potenza sonora;
il livello di intensità sonora Li=10log(I/I0), dove I0=10-12 W/m2 è la soglia di percettibilità di un
suono a 1000 Hz.
Esistono vari tipi di misurazioni in dB, pesate secondo certi valori che rimandano spesso a criteri di
tipo percettivo. Ricordiamo il dBA; il dBB; il dBC; il dBm, decibel riferiti a 1 mW; il dBu o dBv,
decibel riferiti a 0.775 volt; il dBV, decibel riferiti a 1 V; il dB FS (Full Scale), riferimento, nei
sistemi digitali, al livello massimo oltre il quale il segnale viene distorto; ognuno con valori di
riferimento a seconda del contesto di misurazione in cui si trova e dell’unità di misura utilizzata.
DCC Digital Compact Cassette.
Declicking (de-clicking) procedimento di eliminazione dei click.
Denoising (de-noising) procedimento di eliminazione del rumore.
DIN Deutsche Industrie Normen (Germania). Tedesco: norme industriali tedesche. Usata come
sigla delle tabelle di unificazione del Deutscher Normenauss-chuss (DNA).
Distorsione termine generico che indica vari tipi indeterminati di difetti presenti nei materiali
audio. Una distorsione caratteristica è la saturazione.
Dolby famiglia di riduttori di rumore inseriti nei circuiti di registrazione e di lettura al fine di
migliorare il rapporto segnale/rumore e di attenuare rumori indesiderabili. Dal nome dell’ing. Ray
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Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
M. Dolby. I differenti sistemi sono incompatibili: Dolby A (professionale), B, C (commerciali), Hx
pro, SR (Spectral Recording).
Dropout inglese: interruzione. Fenomeno di drastico abbassamento o di interruzione completa del
segnale nei supporti magnetici.
DSP Digital Signal Processing. Inglese: elaborazione di segnale digitale. Il complesso delle
operazioni dedicate al trattamento numerico dei segnali.
DVD Digital Versatyle Disc. Supporto ottico di registrazione di dati digitali. Può contenere fino a
8.5 Gbyte di dati.
EIA Electronic Industries Association (USA).
Elettrica
⇒ registrazione processo di registrazione che comprende l'uso di microfono(i), amplificatore(i) e
una testina d'incisione elettrica. Il microfono è il trasduttore che converte l'energia meccanica
fornita dalle vibrazioni sonore in energia elettrica. Anche la testina d'incisione è un trasduttore che
trasforma il segnale elettrico amplificato in vibrazioni meccaniche che incidono il solco del disco.
⇒ riproduzione processo di riproduzione che comprende l'uso di una testina di lettura elettrica o
elettro-magnetica, di un amplificatore e di uno o più diffusori. La testina è il trasduttore che
converte l'energia meccanica fornita dai movimenti dello stilo o le variazioni di campo magnetico
registrate su un supporto magnetico in energia elettrica. Anche il diffusore è un trasduttore che
trasforma il segnale elettrico amplificato in vibrazioni meccaniche che fanno variare la pressione
dell’aria.
ELO Equally Likely to Overload; uguale probabilità [per tutte le frequenze] di andare in
distorsione. Una delle teorie su cui si basa l’equalizzazione dei nastri magnetici.
EMI Electric & Musical Industries. Formata nel 1931 dalla fusione della HMV e della Columbia.
http://www.emigroup.com/
EMTEC marchio che produce supporti sia magnetici sia ottici per la registrazione.
http://www.emtec-international.com/
EPCA European Commission on Preservation and Access (Olanda). Vedi anche CPA.
http://www.knaw.nl/ecpa/
Escursione lo spazio percorso dallo stilo dal centro del solco (zero-crossing) per raggiungere i
picchi massimo e minimo e tornare al centro. Questo spazio percorso nell'unità di tempo fornisce la
velocità sia di registrazione che di riproduzione.
FFRR Full Frequency Range Recording. Inglese: registrazione su tutta la gamma di frequenze.
Introdotto dall’inglese Decca nel 1941, viene usato commercialmente dal 1944 e stabilisce valori di
turnover e di rolloff che variano a seconda dell’epoca e del tipo di disco (vedi tabella 2.7).
FIAF Fédération International des Archives du Film (Francia).
FIAT Fédération International des Archives de Télévision (Francia).
Flutter rapida fluttuazione nella velocità di scorrimento di giradischi e registratori compresa tra 6 e
200 fluttuazioni al secondo.
Fonografo apparecchio riproduttore di cilindri. Attualmente sinonimo di grammofono, nel
19esimo secolo indicava una macchina che riproduce il suono di cilindri incisi verticalmente.
Fonoteca Nazionale Svizzera. http://www.fonoteca.ch/
Frequenza
⇒ di campionamento valore in Hz delle misurazioni dell’ampiezza istantanea; determina la
larghezza di banda (gamma di frequenze) di un segnale. Secondo il teorema di Nyquist la
frequenza di campionamento è il doppio della massima frequenza rappresentabile. Il termine
italiano è la traduzione dell’inglese rate, più propriamente tasso.
⇒ di turnover (vedi).
⇒ risposta in il valore dell’ampiezza di tutte le frequenze di un sistema. Si dice che un sistema ha
una risposta in frequenza piatta quando tutte le frequenze hanno la medesima ampiezza, che
generalmente è presa come riferimento pari a 0 dB. Anche: curva di risposta in frequenza.
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Gommalacca dischi in. Termine generico per indicare i dischi a 78 giri prodotti dal 1897 alla
seconda metà degli anni ’50 circa. Vedi tabella 2.1.
GPI General Program of Information (anche in francese PGI).
Grammofono apparecchio riproduttore di dischi. Attualmente sinonimo di fonografo, nel 19esimo
secolo indicava una macchina che riproduce il suono di dischi incisi lateralmente.
Hill-and-dale inglese: lett. “colle-e-valle”. Metodo di incisione verticale di dischi e cilindri, in cui
la profondità del solco varia in funzione della forma d’onda registrata.
Hiss inglese: fischio. Rumore di fondo a banda larga localizzato prevalentemente sulle alte
frequenze.
HMV His Master Voice. La Voce del padrone.
Hum inglese: ronzìo. Rumore a bassa frequenza dovuto all’eccessiva amplificazione della
frequenza della corrente alternata. Teoricamente sinusoidale, spesso distorto dalle apparecchiature –
sia in registrazione che in riproduzione –, assume caratteristiche complesse, con la presenza di
armoniche della fondamentale. Negli USA la corrente alternata ha una frequenza di 60 Hz, in
Europa di 50 Hz. E’ una particolare forma di buzz.
Hz Hertz, unità di misura della frequenza, in cicli per secondo (in inglese, anche cps). Esistono
alcuni valori di riferimento espressi in Hz spesso usati nei nastri campione o per tarare certi tipi di
registratori. Ricordiamo, ad esempio, 1000 Hz (riferimento della soglia di percettibilità e
dell’equivalenza dB=Phon nelle curve di Fletcher e Munson).
IASA International Association of Sound and Audiovisual Archives. Pubblica una rivista, il
Phonographic Bulletin, di riferimento per il settore della conservazione di documenti sonori.
http://www.iasa-web.org/
ICA International Council on Archive. http://www.ica.org/
IEC International Electrotechnical Commission (Svizzera). http://www.iec.ch/
IEE Institute of Electrical Engineers (USA). http://www.iee.org/
IEEE Institute of Electrical and Electronics Engineers (USA). http://www.ieee.org/
IFLA International Federation of Library Associations and Institutions. http://www.ifla.org/
IFPI International Federation of the Phonographic Industry. http://www.ifpi.org/
IMD (anche IM) Intermodulation Distortion. Inglese: distorsione di intermodulazione. Distorsione
del segnale audio che risulta quando due differenti frequenze passano attraverso un qualsiasi
componente della catena di amplificazione. La IMD aggiunge due nuove frequenze alle frequenze
in ingresso, che sono la somma e la differenza di queste ultime. La IMD è misurata in percentuale
relativamente al rapporto tra i voltaggi combinati delle frequenze indesiderate e i voltaggi combinati
delle frequenze in ingresso.
Inch inglese: pollice (abbrev.: in). Nei paesi anglosassoni, unità di misura pari a 2.54 cm.
Incisione
⇒ laterale sistema di incisione dei dischi in cui l’ampiezza del segnale è analoga alla larghezza
del solco inciso. Anche incisione a piatto.
⇒ verticale sistema di incisione di cilindri e dischi in cui l’ampiezza del segnale è analoga alla
profondità del solco inciso.
IPS Inches Per Second. Inglese: pollici al secondo. Unità di misura della velocità di scorrimento dei
nastri magnetici.
IRE Institute of Radio Engineers.
ISO International Organization for Standardization (Svizzera). http://www.iso.ch/
JIS Japanese Standards Association (JSA) (Giappone).
Jitter fluttuazione intorno ad un riferimento desiderato; nel caso di clock jitter o timing jitter si
intende lo scostamento temporale dalla posizione ideale nel tempo (es: ritardo o anticipo di
pochi picosecondi dell'istante di campionamento). [Roberto Neri]
Library of Congress, The (USA). http://www.loc.gov/
LP Long Playing. Inglese: lunga durata (detto anche microsolco). Disco introdotto dalla Columbia
con un brevetto depositato il 21 giugno 1948. La larghezza dei solchi varia tra 50 µ m e 70 µ m e la
88
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
distanza fra di essi è pari a 30 µ m, con una densità che varia da 88.5 a 157.5 solchi per centimetro.
Per questo motivo viene chiamato anche microsolco. Normalmente la velocità di registrazione è di
33 giri 1/3 al minuto.
Magnetizzazione residua livello di magnetizzazione che permane dopo l’applicazione di un campo
magnetico ad un materiale ferromagnetico. Nel SI si misura in T (tesla = Wb/m2) e nel sistema CGS
in G (gauss = Mx/cm2). Nei materiali magnetici per la registrazione una maggior magnetizzazione
residua permette una maggiore risposta in frequenza sui bassi.
Micromètro (o micron) milionesima parte del metro. Simbolo µ o µ m.
Microsolco vedi LP.
Mil millesimo di pollice.
MRIA Magnetic Recording Industries Association (accorpato all’EIA).
MRL Magnetic Reference Laboratory. Attualmente, l’unico produttore di nastri campione al
mondo. http://home.flash.net/~mrltapes/
NAB National Association of Broadcasters (USA). http://www.nab.org/
Nastro
⇒ campione nastro magnetico utilizzato per calibrare i registratori.
⇒ magnetico nome generico per identificare un supporto nastriforme contenente uno strato
magnetizzabile.
NLA National Library of Australia. http://www.nla.gov.au/
NML National Media Laboratory. http://www.imation.com/government/nml/
ONG Organizzazione Non Governativa.
PET PolyEthiylene-Terephthalate. Materiale plastico utilizzato per la realizzazione della base di
alcuni nastri magnetici.
PGI Programme Général d’Information (anche in inglese GPI).
Pop inglese: schiocco, scoppio.
PPI Philips Phonographic Industries (Olanda); standard per le compact cassette.
PVC Poly Vinyl Chloride. Inglese: cloruro di polivinile. Composto ottenuto dalla polimerizzazione
di molecole contenenti il radicale vinile. È la più importante tra le resine poliviniliche. Scoperto da
Regnault nel 1835, fu prodotto industrialmente solo nel 1912 da acido cloridrico gassoso e acetilene
in presenza di cloruri metallici come catalizzatori. Viene utilizzato per la base dei nastri magnetici a
partire dal 1940 circa.
R-DAT vedi DAT.
RH Relative Humidity. Inglese: umidità relativa. Rapporto tra la quantità di vapore acqueo per 1 kg
d'aria umida e quella che si avrebbe qualora fosse satura nelle stesse condizioni di temperatura e
pressione.
RIAA Record Industry Association of America (USA). Nel 1956 adotta uno standard per
l’equalizzazione dei dischi al quale si uniformeranno presto tutte le case discografiche. Lo standard
prevede che le frequenze di turnover principali siano impostate a 500.5 e a 2122 Hz.
Ritentività facoltà dei materiali ferromagnetici di resistere alla smagnetizzazione.
Rolloff durante la riproduzione dei dischi, valore in dB di attenuazione degli acuti sopra i 10 kHz
per compensare l’amplificazione avvenuta in registrazione. Il riferimento è 0 dB a 1000 Hz.
RPM Reels Per Minute. Inglese: giri al minuto. Misurazione della velocità di rotazione dei
giradischi.
Rumble rumore a bassa frequenza provocato dal motore del giradischi; secondo una norma DIN
non deve superare -35 dB.
Rumore
⇒ di fondo rumore percepibile durante la riproduzione in assenza di segnale.
⇒ impulsivo rumore dalla durata molto breve, generalmente compresa tra 1 campione (0.0023 ms
a una frequenza di campionamento di 44100 Hz) e 60 ms circa.
⇒ a larga banda rumore che occupa ampia parte delle frequenze udibili.
⇒ di modulazione indica la parte di rumore che varia al variare dell’ampiezza del segnale.
89
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
⇒ musicale fenomeno che si produce dopo una sessione di denoising a causa dei residui armonici
oltreppasanti la soglia della maschera di rumore imposta.
⇒ di superficie rumore prodotto dalle caratteristiche chimico-fisiche del disco. Dipende
principalmente dai materiali utilizzati per la realizzazione dello strato su cui viene inciso il solco.
Saturazione fenomeno per cui l’ampiezza di un segnale registrato, superando le possibilità del
sistema di registrazione, viene mantenuta al livello massimo del sistema stesso. In particolare la
saturazione magnetica è quel fenomeno per cui in una sostanza ferromagnetica posta in un campo
magnetico sufficientemente intenso, la magnetizzazione rimane praticamente costante rispetto a
ogni ulteriore aumento dell'intensità del campo magnetico.
Schellac inglese: gommalacca in scaglie.
Scotch marchio di nastri magnetici e accessori per la registrazione appartenente alla 3M.
Scratch inglese: graffio. Rumore prodotto dallo stilo di una testina di giradischi in fase di
riproduzione in presenza di un graffio o di una rottura del disco.
SGML (ISO 8879) Standard Generalised Murk-up Language. Standard ISO per la descrizione,
separazione dei contenuti e struttura dei documenti.
Sindrome dell’aceto rilascio, da parte dei supporti contenenti acetati, di acido acetico – e quindi
dell’odore di aceto – a seguito di idrolisi. Questo fenomeno, una volta innescato, si autoalimenta e
provoca la rapida degenerazione del supporto.
SMPTE Society of Motion Picture and Television Engineers (USA). http://www.smpte.org/
SNR Signal to Noise Ratio. Inglese: rapporto segnale/rumore.
Sticky syndrome o “Sticky-Shed” Syndrome. Inglese: sindrome dell’appiccicaticcio. Fenomeno
chimico riscontrato in alcuni nastri magnetici prodotti dalla metà degli anni ’70 dovuto al rilascio da
parte del legante della colla in esso contenuta.
TCC Technical Coordinating Committee; gruppo composto dai membri delle seguenti ONG:
IASA, FIAT, FIAF, ICA, IFLA.
THD Total Harmonic Distortion. Inglese: distorsione armonica totale. Distorsione del segnale audio
che risulta quando una singola frequenza passa attraverso un qualsiasi componente della catena di
amplificazione. La THD aggiunge alla frequenza in ingresso nuove frequenze che sono armoniche
superiori. La THD è misurata in percentuale relativamente alla potenza del suono in ingresso.
Thump inglese: colpo sordo, tonfo. Nome generico onomatopeico per identificare rumori di breve
durata con forte contenuto alle basse frequenze.
Traferro fessura dell’ordine dei micrometri presente sulle testine dei registratori magnetici e
perpendicolare al senso di scorrimento del supporto. Ha la funzione di interrompere il flusso del
campo magnetico sia in scrittura, quello proveniente dalla bobina della testina, sia in lettura, quello
proveniente dal supporto magnetizzato.
Trasduttore qualsiasi elemento nella catena elettroacustica che trasforma l’energia da una forma ad
un'altra (ad es. da energia meccanica in energia elettro-magnetica). Sono trasduttori le testine – sia
dei giradischi che dei registratori-riproduttori magnetici – gli altoparlanti, i microfoni.
Turnover frequenza di. Anche bass turnover frequency. Nella registrazione dei dischi la frequenza,
normalmente compresa tra 250 e 1000 Hz, di transizione da registrazione ad ampiezza costante a
registrazione a velocità costante e viceversa. Sotto la frequenza di turnover i bassi vengono
amplificati in riproduzione per compensare la corrispondente attenuazione avvenuta in fase di
registrazione.
UNESCO
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Scientific
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UNI Ente Nazionale Italiano di Unificazione (Italia). http://www.uni.com/it/
USA FED United States of America, Federal Specifications (USA).
UTE Union Technique de l’Electricité (Francia). http://www.ute-fr.com/FR/
Velocità relativamente alla registrazione e riproduzione dei dischi, lo spazio percorso dallo stilo
nell'unità di tempo. Si parla di velocità costante quando l'ampiezza del solco diminuisce mentre la
frequenza aumenta.
90
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
Vinegar syndrome inglese: sindrome dell’aceto.
Wow lenta fluttuazione nella velocità di scorrimento di giradischi e registratori compresa tra 0.5 e 6
fluttuazioni al secondo.
91
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
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94
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
0. Introduzione
1
§ 1.
Premessa
2
§ 2.
Problemi terminologici e unità di misura
2
§ 3.
Ringraziamenti
3
1. Quali documenti per quale salvaguardia?
4
§ 4.
Asimov
4
§ 5.
Una possibile definizione di documento sonoro
4
§ 6.
La gran massa dei documenti
5
§ 7.
“In teoria, sì, ma in pratica…”
5
§ 8.
Più copie in luoghi diversi
6
§ 9.
Deterioramento e copie di sicurezza
6
2. Individuazione delle fonti e valutazione preliminare dello stato di conservazione
8
§ 10.
Ricerca di documenti
8
2.1.
Tipologia delle fonti.........................................................................................................8
§ 11.
I materiali che compongono…
8
§ 12.
…i dischi…
8
§ 13.
…e i nastri
10
2.2.
La fonte unica.................................................................................................................15
§ 14.
Qual è la fonte unica?
15
2.1.1.
Problemi filologici
16
§ 15.
Come si individua la fonte?
16
§ 16.
In assenza dell’originale
16
2.3.
Tipologia dei supporti ....................................................................................................16
§ 17.
Dove si parla ancora di supporti
16
2.1.2.
I dischi
17
§ 18.
Supporti meccanici
17
2.3.1.1.
Da 70 a 120 giri al minuto (1887-1948)
17
§ 19.
Velocità di registrazione
17
§ 20.
Equalizzazione
18
§ 21.
Registrazione acustica
19
§ 22.
Metodi di incisione
19
§ 23.
Registrazione elettrica
20
2.3.1.2.
Registrazioni di lunga durata (1906-1956)
22
§ 24.
Prima del Long-Playing
22
§ 25.
Long-Playing
23
2.3.1.3.
Dallo standard RIAA (1956) all’avvento del CD audio
23
§ 26.
Stereofonia
23
§ 27.
Registrazione diretta su disco
24
I nastri magnetici
25
§ 28.
Cenni sulla registrazione magnetica
25
§ 29.
Nascita
26
2.3.1.4.
Bobine: dalle origini agli standard di equalizzazione internazionali
26
§ 30.
1935-1946
26
§ 31.
Curve di equalizzazione
28
§ 32.
Preeanfasi alle alte frequenze
29
§ 33.
Preeanfasi alle basse frequenze
29
§ 34.
Standardizzazione
29
§ 35.
Miglioramenti
30
2.3.1.5.
Formati e velocità delle bobine
31
95
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
§ 36.
Dimensioni dei nastri e tracce
31
§ 37.
Effetti della velocità sulla risposta in frequenza
34
2.3.1.6.
Compact cassette
35
§ 38.
Stereofonia e praticità
35
3. Ricostruzione tecnica del processo di realizzazione del documento sonoro
37
§ 39.
Vari documenti, varie tecniche di realizzazione e produzione
37
2.4.
Musica di consumo (produzioni e grande diffusione) ...................................................37
§ 40.
Galvanoplastica
37
§ 41.
Stampa del disco
37
§ 42.
Realizzazione del master
38
§ 43.
Dal vivo
39
§ 44.
In studio
39
2.5.
Documenti sonori di interesse etnologico ......................................................................40
§ 45.
Peculiarità
40
§ 46.
Apparecchiature
40
2.6.
Musica elettronica ..........................................................................................................41
§ 47.
Enti radiofonici
41
§ 48.
Università
41
§ 49.
Privati
41
§ 50.
Tecnici, tecniche e compositori
42
§ 51.
Un esempio: il nastro di Musica su due dimensioni di Bruno Maderna
42
2.7.
Registrazioni amatoriali .................................................................................................43
§ 52.
Testimonianze
43
§ 53.
Un esempio: il fondo Valter Colle della Biblioteca Comunale di Udine
43
4. La copia conservativa
44
§ 54.
Non intervento
44
§ 55.
Criteri di riversamento
44
2.8.
Quali apparecchiature per la lettura? .............................................................................45
§ 56.
Lo studio
45
§ 57.
Dischi
46
2.9.
Tarare le apparecchiature ...............................................................................................46
§ 58.
Dischi e nastri campione
46
§ 59.
Dischi
47
2.10.
Quali apparecchiature per la registrazione? ...................................................................48
§ 60.
Lo studio
48
2.1.3.
Dominio digitale
49
§ 61.
Analogico vs digitale
49
§ 62.
Conversione
49
2.1.4.
Formati e materiali
50
§ 63.
Standard
50
§ 64.
Materiali
50
5. Interventi di ‘restauro’
52
§ 65.
Cosa si deve e cosa si può fare
52
§ 66.
Degrado chimico-fisico
52
2.11.
Correzione delle alterazioni intenzionali .......................................................................52
§ 67.
Equalizzazione
52
§ 68.
Sistemi di riduzione del rumore
52
§ 69.
Dolby
53
§ 70.
dbx
53
§ 71.
Altri
53
2.12.
Correzione delle alterazioni non-intenzionali ................................................................53
96
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
2.1.5.
Rumori ‘impulsivi’
54
§ 72.
Click, thump, crackle, pop, tick, pump…
54
2.1.6.
Rumori di durata limitata
55
§ 73.
Distorsioni
55
§ 74.
Montaggio
55
2.1.7.
I buzz
55
§ 75.
Tanti tipi di ‘difetti’
55
§ 76.
AC hum
55
2.1.8.
Rumore di fondo
55
§ 77.
Definizione
55
2.1.9.
Altri problemi
56
§ 78.
Problemi di fase
56
2.13.
Re-interpretare ...............................................................................................................56
2.1.10. Riequalizzazione
56
§ 79.
‘Brillantante’
56
§ 80.
‘Ambiente’
56
2.1.11. Editing
56
§ 81.
Fonti diverse
56
§ 82.
In presenza di: compositore, tecnico, esecutore
57
6. La fase di restauro
58
§ 83.
III e IV criterio di riversamento
58
§ 84.
Filtri
58
§ 85.
Sessione tipo
59
§ 86.
Deckling
59
§ 87.
Decrackling
60
§ 88.
Denoising
60
§ 89.
Equalizzazione
60
§ 90.
Primo esempio: ancora intorno a Musica su due dimensioni
60
62
§ 91.
Secondo esempio: Bosa resuscitada
§ 92.
Schedatura
66
7. Conclusioni
68
§ 93.
«Memoria del Mondo»
68
§ 94.
Standard
68
§ 95.
Diffusione
68
§ 96.
Evoluzione continua
69
8. Appendice I: conservazione
70
§ 97.
Premessa
70
§ 98.
Dischi
70
§ 99.
Nastri magnetici
70
9. Appendice II: traduzione italiana parziale dello IASA TC-03
76
2.1.12. Standard, pratiche raccomandate e strategie
76
2.1.13. Lo scopo di questo documento
76
2.1.14. Vocabolario e definizioni
77
2.1.15. Considerazioni etiche
78
2.1.16. Il compito degli archivi sonori
78
2.1.17. Informazione primaria e secondaria
78
2.1.18. L’instabilità e la vulnerabilità dei supporti audio
79
2.1.19. Obsolescenza dei formati
79
2.1.20. Salvaguardia dell’informazione
80
2.1.21. 6. Recupero ottimale del segnale da supporti analogici
80
2.1.22.
80
97
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
2.1.23.
2.1.24.
2.1.25. 7. Trasferimento senza modifiche in un nuovo formato
2.1.26. 8. Miglioramento nelle tecnologie di trasferimento
2.1.27. 7. Riduzione dei dati
2.1.28. 8. Instabilità dei supporti digitali e obsolescenza dei formati
2.1.29. 9. Limitata risoluzione dei formati digitali
2.1.30. 10. Conservazione dell’originale
2.1.31. 11. Copie di conservazione analogiche
2.1.32. 12. Sistemi digitali di immagazzinamento di massa
2.1.33. 13. Sommario
10. Glossario e sigle
11. Bibliografia
98
Paolo Zavagna, Guida alla copia e al restauro dei documenti sonori, dispense interne (2006), Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze
81
81
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83
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