Scienze e Tecnologie Applicate

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INTRODUZIONE
E’ l’inizio di una lunga storia.
I nostri lontani antenati erano esposti alle imprevedibili e volubili azioni di una natura indecifrabile e capricciosa che li
investiva con le sue molteplici sfide e con le sue continue sollecitazioni.
Era difficile comprenderla e impensabile dominarla. Quando un evento si poneva davanti alla vita di un uomo preistorico,
che fosse qualcosa di nuovo che non aveva mai visto, o un vecchio problema che si poneva in modo diverso, questo
appariva come un evento che trascendeva le normali vicissitudini quotidiane di una vita dura ma monotona. Era allora
che quell'essere intuiva ed immaginava la possibilità di una via diversa dalla solita percorsa. Da alcuni segnali che la
natura attorno gli mandava, quell'essere intuiva che alcune sue azioni avrebbero potuto cambiare il corso della propria
vita, procurandogli benessere o conseguenze drammatiche. Ma quali erano queste azioni da compiere? Cosa avrebbe
dovuto fare?
Come avrebbe potuto comprendere i segnali?
Inizia la ricerca, inizia un barlume di indagine scientifica.
Confrontare dati diversi e prevedere le conseguenze di alcune scelte rispetto ad altre; sfruttare delle condizioni esistenti
per arrivare ad un risultato cercato, ma mai sperimentato, o meravigliarsi di fronte a una scoperta casuale mentre altro
si cercava (serendipity), creare nuove situazioni, nuove opportunità, nuovi oggetti per raggiungere un obiettivo.
Come mai la natura ci appare così incomprensibile e misteriosa? Per quale motivo dobbiamo applicare sforzi enormi per
capire a fondo ciò che abbiamo davanti ai nostri occhi ogni giorno?
Tante le risposte ipotizzabili che hanno a che fare con la natura stessa dell’essere umano: voglia di onnipotenza che
spinge l’uomo ad affrontare continui tentativi per superare i propri limiti (pensiamo al sogno di Icaro …); voglia di dominare
gli eventi naturali che per questo vanno conosciuti ed indagati, o semplicemente voglia di conoscenza, curiosità di fronte
a ciò che esiste ma sfugge al nostro sguardo più immediato.
Oggi siamo bombardati da grandi quantità di informazioni, ma solo una piccola parte di queste è fondamentale e risolutiva
per capire. Solo una piccola parte di queste informazioni è essenziale, il resto ne deriva in modo vario e spesso è molto
più appariscente delle informazioni fondamentali, dalle quali tutte le altre originano.
E' proprio la difficoltà di separare i dati oggettivi dalla soggettività della percezione che ci rende così indecifrabile la natura
attorno. La scienza ci insegna come poco a poco e con mille limiti si riesce a separare quelle che sono le leggi della
natura da quelle che sono le sovrastrutture, le ipotesi, le teorie.
Ma la comprensione della natura ci pone ulteriori domande che prima non avremmo potuto farci, apre nuovi settori di
indagine e ci fornisce eccellenti opportunità di risolvere problemi prima irrisolvibili.
Molto spesso queste nuove possibilità teoriche, per essere sfruttate, richiedono nuovi strumenti, nuove metodologie,
nuove tecniche, nuove abitudini. I risultati ottenuti sono a loro volta indagati per vedere se rappresentano il modo migliore
per dare risposta alle domande o se possiamo migliorare ancora. Nasce e si sviluppa su questa base un sistema di
conoscenze e poi la sua applicazione: la tecnologia.
La nostra capacità di sfruttare le conoscenze teoriche che poco a poco si accumulano nel nostro sapere, passa attraverso
la capacità tecnica di costruire strumenti e macchinari, progetti e processi che le rendono fonte di ricchezza o di miseria,
di cambiamento, di crescita o di sconfitta.
Ma lo sviluppo della tecnologia, che deriva dall'applicazione delle scoperte scientifiche, mette a disposizione della scienza
nuovi e più sofisticati strumenti che generano una sempre più travolgente crescita delle capacità di indagine. Un processo
circolare che sembra non dover arrestarsi mai. Fonte di speranza per nuovi benefici approdi ma anche di timori per gli
usi distorti e drammaticamente tragici che la storia ci rammenta.
E’ proprio questa la correlazione che esiste fra due essenziali facce del sapere umano.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Questo book si propone di offrire a giovani studenti una visione concreta della relazione tra scienza e tecnologia attraverso
la trattazione di tematiche vicine alla vita di ciascuno. Pensiamo all'impiego di sostanze come farmaci, alle tecniche
diagnostiche più all’avanguardia, all’utilizzo dei minerali da cui si ottiene il silicio utilizzato nell’elettronica, di tecnologie
che permettono di inquinare meno per la salvaguardia del nostro pianeta, di altre che consentono di produrre materiali
di basso costo o di recuperare energia dai materiali di scarto.
Il book si struttura in 8 capitoli che trattano contenuti di interesse comune a tutti gli indirizzi di studio previsti per l’Istruzione
Tecnica e approfondimenti di natura specialistica collegati ai diversi indirizzi di studio.
In particolare i contenuti del primo capitolo si riferiscono più strettamente all’integrazione tra scienza e tecnologia, con
l’intento di evidenziare come il progresso intervenga nella vita di ogni giorno in ambiti diversi. Vengono affrontati argomenti
quali i moderni metodi per diagnosticare le malattie, attraverso un excursus storico che racconta come l’invenzione del
microscopio abbia rappresentato una tappa importante dello sviluppo delle tecniche analitiche; gli strumenti di misura
ad alta tecnologie che permettono di misurare le grandezze fisiche con più precisione e accuratezza; lo sviluppo della
robotica nella meccanica e nell’informatica e i principi di automazione tanto importanti per aumentare l’efficienza dei
moderni sistemi produttivi. Vengono trattate tematiche fondamentali e ancora in via di sviluppo come le biotecnologie
che mettono a disposizione dell’uomo tecniche di produzione alternative rispetto alla produzione chimica industriale.
Il secondo Capitolo affronta più specificatamente le tecnologie per la conservazione degli alimenti mettendo in luce la
loro implicazione sulle dinamiche sociali, sulla loro capacità di modificare lo stile di vita delle persone.
Il terzo capitolo si occupa della comunicazione in ambito scientifico affrontando il tema della divulgazione scientifica e
dei diversi modi per diffondere contenuti di natura scientifica. Due gli obiettivi: il primo è quello di fornire agli alunni
strumenti per una lettura consapevole e, quanto più possibile, al riparo dai rischi legati all’acquisizione di informazioni
distorte da messaggi latenti non immediatamente riconoscibili; il secondo, non per importanza, rappresentare i diversi
linguaggi della scienza affinché i ragazzi imparino a tradurre lo stesso contenuto nelle forme espressive più appropriate
in relazione all’obiettivo da raggiungere. Non è trascurabile l’opportunità di cogliere l’integrazione tra ambiti
apparentemente tanto distanti come l’arte, la scienza e la tecnologia, che si integrano nella produzione di elaborati come
gli atlanti scientifici.
Il quarto capitolo tratta il tema della progettazione affinché si comprenda che ogni attività umana, materiale o puramente
intellettuale, dalla più semplice alla più complessa, deve iniziare sempre da una progettazione della stessa, affinché
proceda con efficacia e attraverso una sequenza di eventi logicamente connessi, che concorrano sinergicamente al
raggiungimento del miglior risultato. Per progettare secondo standard di qualità assume particolare importanza
l’organizzazione aziendale all’interno del “sistema Qualità”. E’ necessario inoltre far comprendere i principi fondamentali
su cui si basa il sistema produttivo moderno e fornire agli alunni i primi elementi per la promozione di una cultura d’impresa
utile all’inserimento nel mondo del lavoro.
Una prospettiva globale dei materiali impiegati nei differenti settori produttivi offre, nel quarto capitolo, un quadro generale
del progresso nel settore della produzione anche grazie alle conoscenze relative ai materiali tradizionalmente utilizzati e
ai materiali innovativi.
Fondamentali ed attuali le tematiche inerenti lo smaltimento dei rifiuti e la gestione delle risorse nell’ottica della tutela
ambientale, trattate nel sesto capitolo, così come le problematiche riferibili al recupero e al risparmio energetico che
vengono affrontate nel successivo capitolo, con uno sguardo attento alle fonti rinnovabili di energia.
La sicurezza nei diversi ambienti di lavoro e di vita occupano il ottavo capitolo soprattutto nella prospettiva di contribuire
alla costruzione nei giovani della cultura della prevenzione correlata alla valutazione dei rischi.
Tutte queste conoscenze teoriche e pratiche portano, infine, all'esercizio di professioni che richiedono abilità e propensioni
peculiari. Non mancano quindi costanti riferimenti alle figure professionali afferenti ad ogni ambito trattato, con la finalità
di fornire agli studenti una prospettiva concreta, riferibile alle diverse possibilità di studio e di lavoro, di attivare negli alunni
interessi particolari e il piacere della ricerca nell’applicazione delle conoscenze e di favorire lo sviluppo delle relative
competenze.
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
CAPITOLO PRIMO
LA SCIENZA E LA TECNOLOGIA
Galileo mostra ai Dogi di Venezia come si usa il telescopio
Affresco di Giuseppe Bertini (1825-1898)
QUADRO INIZIALE
In questo capitolo ci si propone innanzi tutto di offrire una visione immediata e sintetica delle tematiche afferenti alle
scienze e tecnologie applicate, definendo termini quali “scienza”, “tecnologia” e “tecnica”. Di seguito viene trattato “il
metodo scientifico” attraverso il quale le conoscenze sperimentalmente acquisite assumono validità scientifica. Il capitolo
poi si sviluppa volendo fornire esempi significativi delle ricadute per la vita dell'uomo che il progresso, collegato alle
scienze applicate, ha avuto nel corso dei secoli. Il microscopio è assunto come simbolo dell’evoluzione tecnologica; la
storia della medicina e in particolare il progresso in ambito diagnostico e l'ingegneria genetica sono chiari esempi di
come l'uomo possa usare le scoperte scientifiche per fini buoni; i principi di automazione e gli strumenti di misura ad alta
tecnologia, che hanno rivoluzionato le modalità di lavoro, migliorando le prestazioni in tutti i settori, completano una
prospettiva d'insieme che lascia ampi spazi ad approfondimenti personali a trecentosessanta gradi.
1.1 Scienza, tecnica e tecnologia
Gli alunni che si apprestano a studiare la disciplina chiamata “Scienze e Tecnologie Applicate”, per comprendere meglio
l’oggetto del loro sforzo, devono conoscere il significato stesso delle parole che definiscono l’ambito di studio. Per questo
è bene dire brevemente, prima di ogni altra cosa, cosa è la scienza, cosa è la tecnologia, quale è la differenza tra tecnica
e tecnologia e cosa significa scienza e tecnologia applicata.
La scienza è un sistema di conoscenze, acquisite con procedimento sistematico e rigoroso, per descrivere la realtà fattuale
in modo oggettivo attraverso le leggi che governano i fenomeni naturali. Si tratta dunque dell’insieme dei risultati dell’attività
di ricerca dell’uomo, prevalentemente organizzata, con lo scopo ultimo di comprendere e modellizzare gli eventi naturali al
fine di prevederne i possibili sviluppi.
Tali conoscenze, per assumere validità scientifica, devono essere raggiunte attraverso il metodo scientifico. Il metodo
scientifico rappresenta la modalità di procedere per indagare sui fenomeni della natura e raggiungere la conoscenza della
realtà che sia oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile. Prevede l’osservazione sperimentale di un evento, la
formulazione di un’ipotesi generale e la possibilità di verifica attraverso osservazioni successive.
Le fasi tipiche del metodo scientifico sono le seguenti:
• Analisi del problema: l’indagine inizia da un problema da risolvere in riferimento al quale il ricercatore comincia a
raccogliere informazioni per comprenderne la natura.
• Formulazione di una ipotesi: l’ipotesi è un assunto non ancora supportato da verifiche sperimentali. Il ricercatore
formula una ipotesi di soluzione al problema.
• Definizione del metodo di lavoro: il ricercatore definisce il metodo di lavoro che seguirà per la sua ricerca.
• Raccolta dei dati: il ricercatore raccoglie dati e informazioni che emergono dalla sperimentazione.
• Elaborazione dei dati raccolti: il ricercatore elabora i dati raccolti perprodurre risultati finali e definire uno o più modelli
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del fenomeno studiato.
• Verifica dell’ipotesi: in questa fase il ricercatore verifica la corrispondenza tra i risultati ottenuti dall'attività di ricerca e
le sue ipotesi iniziali.
• Comunicazione del risultato: la comunicazione dei risultati ottenuti rappresenta la fase finale dell’attività di ricerca.
Il ricercatore comunica alla comunità scientifica la sua attività di ricerca, il metodo, i dati e i risultati ottenuti, tramite la
pubblicazione di apposite relazioni su riviste scientifiche o accademiche. E’ una fase che assume rilievo sia perché
consente la divulgazione della conoscenza, sia in quanto permette di avviare successive verifiche da parte di altri
ricercatori per confermare i risultati o per verificare eventuali anomalie nell'attività di ricerca. La comunicazione scientifica
prevede un linguaggio formalizzato e specifico.
Elementi importanti di ogni indagine scientifica, in relazione alla verificabilità e alla significatività dei risultati ottenuti, sono la
ripetibilità e la riproducibilità dei dati. Per ripetibilità si intende la concordanza tra i dati riscontrati mantenendo le stesse
condizioni ed effettuando le misure nel breve periodo. Per riproducibilità si intende la concordanza dei dati cambiando una
o più condizioni.
Dall’attività di ricerca emergono leggi e teorie. La legge è una generalizzazione del fenomeno che ha valore assoluto nel
suo ambito di applicazione.
Esempio: la legge di gravitazione universale di Newton afferma che ogni punto materiale attrae ogni altro punto materiale
con una forza che è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato
della loro distanza secondo una costante G (costante di gravitazione universale).
𝑴𝟏 × M𝟐
𝑭=𝑮
r𝟐
La teoria invece è la spiegazione di un fenomeno che ha solide basi sperimentali. Ogni teoria scientifica sviluppa un modello,
cioè un’astrazione che permetta la rappresentazione matematica o, più in generale, razionale del fenomeno. Un modello
quindi è una descrizione semplificata di un insieme di fenomeni che si basa su osservazioni e leggi sperimentali.
Un modello è utile per fare previsioni
Esempio: il modello che, secondo la meccanica quantistica di Newton, descrive come si muovono i corpi per effetto
delle forze che agiscono su di essi, permettere di prevedere con precisione quando avvengono le eclissi di sole.
Un modello è utile per progettare dispositivi tecnologici
Esempio: nel 1969 è stato possibile inviare un astronave sulla luna grazie ad un modello che, secondo la meccanica
quantistica di Newton, descrive il moto della navicella spaziale, della Terra e della Luna.
Quando si parla di metodo scientifico non si può non menzionare Galileo Galilei, al quale si deve la moderna concezione
del metodo scientifico. Per primo infatti affermò l'importanza della sperimentazione empirica e della dimostrazione
matematica per spiegare qualsiasi fenomeno naturale osservabile. L'affermazione del metodo scientifico demarca il confine
inviolabile tra la scienza e la superstizione e segna l’inizio della scienza moderna, storicamente ravvisabile nella rivoluzione
scientifica del XVII secolo.
La scienza è strettamente legata alla tecnologia e alla tecnica.
La tecnologia studia i materiali, i procedimenti e le attrezzature necessarie alla trasformazione di una materia prima in un
prodotto industriale, basandosi sui principi della scienza.
La tecnica invece si occupa di tutte le modalità pratiche di lavorazione acquisite empiricamente, basate sulla prassi e/o
sull’applicazione di conoscenze scientifiche.
L’evoluzione della tecnica indica il grado di sviluppo sociale, in una determinata epoca e in una specifica area geografica,
definendone anche la capacità produttiva.
Quando la tecnica viene sistematizzata si ha il passaggio alla tecnologia. Con il progressivo affermarsi di una società
industriale e con il successivo evolversi dell’organizzazione aziendale, l’azienda diventa anche la sede per fare ricerca e
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
sempre più la tecnica corrisponde al modo di operare di tipo industriale in tutti i settori della società, investendo quasi tutte
le aree di attività.
E’ a questo punto agevole definire le “scienze applicate” come tutte quelle discipline scientifiche che trasformano i risultati
della ricerca pura in tecnologia, impiegando le conoscenze scientifiche per la realizzazione di prodotti e servizi.
La tecnologia ha avuto un’influenza decisiva sul benessere dell’uomo e della collettività. L’utilizzo delle tecnologie per
convertire le risorse naturali in oggetti e servizi utili alla vita dell’uomo risale nel tempo. Fin dalla preistoria l’uomo si ingegna:
la scoperta del fuoco aumenta le fonti disponibili di cibo e l’invenzione della ruota ha permesso all’uomo di viaggiare
coprendo distanze sempre più ampie. Dal telegrafo senza fili di fine ottocento ad internet sembra passato un tempo infinito.
In realtà il progresso scientifico e tecnologico procede molto in fretta e permette alle persone di comunicare e interagire
in un mondo globalizzato che appare sempre più ristretto. Ma come non ricordare che l’uomo non ha usato le tecnologie
sempre a scopo pacifico? Dal tempo in cui gli strumenti di aggressione reciproca erano i bastoni, si è passati alla bomba
atomica e allo sviluppo di armi con un sempre crescente potenziale distruttivo.
Le diverse tecnologie rappresentano lo sbocco pratico di svariati percorsi di studio e formazione, intuizioni e sperimentazioni
che si incontrano con le esigenze pratiche dell’uomo di oggi, ma anche con interessi economici spesso non pregevoli.
Chi trascura gli ambiti disciplinari di cui ci stiamo occupando rischia di appartenere a crescenti sacche di nuovo
analfabetismo. Il fascino del sapere scientifico consiste nell’illusione della certezza che ci rende sicuri
del proprio agire fino al delirio di onnipotenza. Un’illusione appunto. Osservare, interpretare, verificare e comprendere
costituiscono la natura stessa del pensiero critico che pone il dubbio, più che la certezza, al centro del metodo scientifico
e della costruzione della conoscenza. Non a caso Einstein consigliava di passare almeno mezz’ora al giorno a pensare il
contrario di quello che dicevano i colleghi.
ESPERIENZA DI BIOLOGIA: LE TAPPE DEL METODO SIENTIFICO
Per comprendere il significato del metodo sperimentale viene proposta una semplice esperienza.
MATERIALI OCCORRENTI:
Capsule di Petri, soluzione di Lugol, spatole, amido, latte, farina, carne, pasta.
1. OSSERVAZIONE DEL FENOMENO: porre una goccia di Lugol sull’amido, sul latte, sulla farina. Il Lugol da giallo
diventa blu scuro a contatto con l’amido e la farina, resta giallo a contatto con il latte.
2. ANALISI DEL PROBLEMA: Il Lugol reagisce con l’amido e il suo cambiamento di colore è una conferma. Esso si
comporta nello stesso modo con la farina e non con il latte, in quanto la farina contiene amido. PROBLEMA: “Quali
cibi hanno l’amido?”
3. FORMULAZIONE DI UNA IPOTESI: Poiché la differenza tra la farina e il latte è che la farina è di origine vegetale,
mentre il latte è un alimento di origine animale, è possibile ipotizzare: “Poiché la farina contiene amido e la farina è
un cibo di origine vegetale, se l’amido è lo zucchero dei vegetali, allora ogni altro cibo di origine animale non lo
contiene”.
4. DEFINIZIONE DEL METODO DI LAVORO: si utilizza come cibo vegetale la pasta e come cibo animale la carne e
si osserva il comportamento del Lugol (variabile dipendente) a contatto con i due materiali (variabili manipolate).
5. RACCOLTA DEI DATI e LORO ELABORAZIONE: il Lugol non cambia colore a contatto con la carne, mentre cambia
a contatto con la pasta.
6. VERIFICA DELL’IPOTESI: il Lugol a contatto con la carne non cambia colore, perché essa è un cibo di provenienza
animale, come previsto nell’ipotesi (infatti contiene il glicogeno, zucchero di riserva negli animali); il Lugol a contatto
con la pasta cambia colore, perché essa è un cibo di provenienza vegetale, come contenuto nell’ipotesi (contiene
l’amido, zucchero di riserva nei vegetali).
7. COMUNICAZIONE DEL RISULTATO: “I cibi animali non contengono amido, ma un altro tipo di zucchero”.
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GALILEO GALILEI
Galileo Galilei (Pisa 1564 – Arcetri 1642), fisico astronomo e filosofo, è chiaro esempio della sintesi
naturale e possibile tra le diverse dimensioni del sapere che, unitariamente intese, illuminano il
percorso di menti eccelse come la sua, e indicano agli uomini la strada verso la
comprensione del mondo.
L’accademico dei Lincei (fu tra i soci fondatori dell’Accademia Nazionale dei Lincei, fondata dal
principe Federico Cesi nel 1603, con l’intento di rinnovare il sapere scientifico) è anche l’emblema
della integrazione tra la scienza e la tecnologia: il cannocchiale, da lui perfezionato, pone l’accento
sulla dimensione tecnologica senza la quale le teorie non potrebbero essere sostenute dall’evidenza scientifica. Con il
cannocchiale Galilei cominciò a studiare il cielo e rivoluzionò l’astronomia, costringendo tutti a guardare l’universo mondo
con occhi nuovi e critici. Di fronte alla possibilità di ammettere l’errore, le menti oscurate da anni di aristotelismo indiscusso
e accolto dalla chiesa come la verità dell’ “ipse dixit”, preferirono non guardare e perseverare nell’errore. Il Sant’Uffizio
imprigionò l’eretico Galileo che fu costretto ad abiurare, ma oggi il mondo lo riconosce come “il padre della scienza
moderna” e Giovanni Paolo II nel 1992 ha ufficialmente ritirato la condanna di Galileo, giudicandola una tragica
incomprensione tra lo scienziato e l’Inquisizione. Il fatto va letto non solo con riguardo alla vicenda storica, ma soprattutto
riflettendo sulla dialettica, ancora estremamente attuale, tra posizioni erroneamente considerate antitetiche. Galileo non
ha mai smesso di affermare la conciliabilità delle sue teorie con la verità della Bibbia. I suoi scritti in prosa, celebrati per
la chiarezza del linguaggio usato, sono pervasi dalla sua religiosità, dalla consapevolezza della grandezza di Dio, verso
cui esprime gratitudine per le infinite possibilità dell’ingegno umano che trova un limite invalicabile in una verità più grande,
di fronte alla quale ciascuno deve arrestarsi.
Abile divulgatore scientifico, fu il primo a scrivere di scienza in volgare. Galileo nelle sue opere usa spesso il dialogo tra
personaggi, realmente esistenti o di fantasia, per vivere dialetticamente le sue convinzioni, pur essendone persuaso.
L’insegnamento che se ne ricava riguarda il pensiero critico, approccio ineludibile alla scienza, sistema di
conoscenze temporanee e rivedibili.
Galileo occupa un posto di rilievo nel pensiero scientifico anche per aver descritto nelle sue opere un modo di procedere
che ha innovato il metodo della ricerca. “Il metodo scientifico”, sintesi di analisi sperimentale e modelli matematici, è il
metodo della scienza moderna. La necessità di convalidare le teorie attraverso la verifica sperimentale è ben spiegate
dalle parole di Galilei: “I discorsi nostri hanno ad essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta”.
1.2 Scienza e tecnologia al servizio dell’uomo
Questo viene detto da un insegnante ai suoi studenti …
Due mondi a confronto
Perché ora siamo qui e stiamo chiacchierando tranquillamente assieme di futuro, di speranze, del dolce mondo che ci
aspetta?
Perché non abbiamo il problema della sopravvivenza. Abbiamo mangiato, siamo piuttosto sani, senza malattie gravi,
non abbiamo arti feriti o danneggiati. Voi siete ancora giovanissimi, non avete pensieri e non avete nessuna intenzione
di preoccuparvi dei vostri discendenti, i vostri futuri figli. Le vostre previsioni per i prossimi anni sono: molto divertimento
ed un po’ di studio. Voi avete i vostri genitori ancora giovani e sani che vi garantiscono un futuro tranquillo, io come
docente sono vivo e spero di esserlo ancora a lungo.
Questo succede perché ci sono la scienza e la tecnologia che ci consentono e che creano questa vita agiata, che creano
uno scudo potente contro la brutalità e le spietate leggi della natura. Che cosa succederebbe se tecnologia e scienza
non ci fossero?
Tanto per cominciare io non ci sarei, sarei già morto perché ho assai più di 30 anni.
La speranza di vita media in una civiltà pretecnologica è di 25/35 anni.
Voi non avreste più i genitori, anche loro probabilmente sono over 35 e sarebbero già morti. Voi sareste a metà della
vostra vita, dovreste affrettare i tempi per accoppiarvi e procreare, altrimenti al momento della vostra morte che si
approssima, i vostri figli sarebbero ancora troppo piccoli per sopravvivere.
Sareste malati di infezioni cutanee, avreste forse giardiasi, filariosi, sareste pieni di parassiti, ed incredibilmente sporchi,
talmente sporchi che il vostro nauseante odore sarebbe un pericoloso richiamo per i predatori ed un avviso di pericolo
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
per le possibili prede: le vostre tattiche di caccia sotto vento acquisite da tempo da voi e dai vostri simili ne sono una
conferma. Ma soprattutto siete affamati, una fame costante, una fame senza speranza di essere mai completamente
saziata.
Non avreste tempo da perdere qui a chiacchierare e scherzare con me, e dopo queste leggere e amichevoli ore di scuola
non tornereste al caldo nelle vostre accoglienti casette, perché la casa non ci sarebbe, la scuola non ci sarebbe e nulla
di ciò che vi è consueto sarebbe attorno a voi.Sareste in giro in una disperata ricerca di cibo, per voi e la vostra compagna
che vi aspetta affamata nella tana in qualche modo ricavata in un anfratto naturale. Sareste appena consci, nella visione
nebbiosa del vostro futuro, che un incidente o una ferita potrebbero esservi fatali. Ogni caccia sarebbe una partita con
la morte, ogni ferita una morte probabile. Vi muovereste in modo circospetto in un ambiente altamente ostile per cercare
di evitare incontri pericolosi. Non avreste statistiche sotto mano e dunque non sapreste che la caccia a cui andate
incontro si risolve positivamente una volta su dieci e perciò, immaginando il sapore della carne fresca fra i denti, vi
dirigereste emozionati e famelici verso l'ennesimo probabile insuccesso che vi lascerebbe ancora più affamati. Vi siete
mai rotti una gamba, un piede, una spalla, nella vostra dolce e comoda vita di esseri tecnologici? Bene, probabilmente
quello sarebbe stato il punto di svolta della vostra vita in un mondo primitivo. Sarebbe stata l'ultima cosa fatta da voi, ci
sarebbe forse voluto un giorno, una settimana, un mese, ma un uomo con un arto gravemente danneggiato, nella vita
pretecnologica, è inesorabilmente avviato all'estinzione, non può essere efficiente nella caccia, non può nutrirsi bene ed
essere forte e quindi deperisce e si incammina verso la fame più nera. Se la vostra compagna non vi abbandona, anche
lei farà la stessa fine e dunque presto sarete solo e per voi ci sarà la fine. Il branco vi aiuterà se è nutrito e florido ed in
buone condizioni, ma lo farà per un certo tempo e poi vi abbandonerà, ferite gravi sono un rischio anche per chi vi aiuta.
Dunque, l'imperativo è procacciarsi il cibo ma restare
integri: ecco perché, nel nostro subconscio, abbiamo tanta paura del nostro sangue e ci sgomentano così le nostre ferite.
In questo scenario duro e spietato siete infelici? No, non avete confronti, queste sono le condizioni del gioco e questo
è l'unico modo di giocare che conoscete, il caldo di una compagna alla sera, il cibo in qualche modo rimediato, qualche
ora di riposo, sono loro stessi la felicità. Certo non siete meno felici di ora, qui con me. La nostra analisi non ha
nulla a che fare con la felicità dell'animo, si occupa solo di benessere materiale e la tecnologia non contribuisce alla
felicità, solo al benessere materiale, ma questa è tutta un’altra storia.
Le conoscenze in ambito scientifico e gli strumenti e le tecnologie che da esse derivano servono per risolvere problemi
pratici della vita umana ottenendo vantaggi pratici.
Ecco alcuni esempi in diversi settori.
• Una massa cellulare come un neo o un fibroma sono alterazioni di cellule e tessuti che pregiudicano la sopravvivenza
di un individuo? SOLUZIONE: il chirurgo asporta e l’istologo o il citologo fa un esame istologico o
citologico per osservare, con l’uso del microscopio, i caratteri strutturali delle cellule e capire se vi è un’alterazione
patologica.
• Resti umani ritrovati in un canale a chi appartengono? SOLUZIONE: l’antropologo forense compie analisi
sull’osso, denti, larve di insetto raccolte per dare un’identità; l’anatomopatologo esegue un’autopsia per stabilire
la causa del decesso. Queste informazioni permetteranno agli organi di investigazione di chiudere un’indagine
investigativa.
• L’inquinamento del mare da fuoriuscita di petrolio si può eliminare? SOLUZIONE: un ingegnere civile ed ambientale
applica tecnologie fra cui la biodegradazione delle sostanze organiche con carica batterica aerobia in opportuno
ambiente (ossigeno, nutrienti).
• Come si può risolvere il problema dell’ottenere energia senza produrre inquinamento? SOLUZIONE: l’ingegnere
recupera energia dai materiali di scarto utilizzando le tecnologie di un termovalorizzatore (combustione, tecnologie
per conversione dell’energia termica a energia elettrica, tecnologie per ridurre le polveri sottili).
• Quanti incidenti accadevano quando un guidatore era costretto ad una frenata improvvisa in emergenza? SOLUZIONE:
un ingegnere meccanico si è inventato un dispositivo che impedisce il bloccaggio delle ruote, il
quale causa la diminuzione della capacità frenante con conseguente aumento dello spazio di frenata. Le macchine
oggi sono più sicure!
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Scienze e Tecnologie Applicate
• La Sacra Sindone, lenzuolo che secondo la tradizione ha avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro, è autentica o è un
falso? SOLUZIONE: i chimici dei laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo, indipendentemente l’uno dall’altro, hanno
datato il lenzuolo con la tecnica radiometrica del 14C. Questo è un isotopo radioattivo che rimane integro negli
organismi viventi. Dopo la morte il 14C decade e la quantità che si ritrova nei reperti archeologici, conoscendo la
curva di decadimento radioattiva, permette di risalire al periodo riferibile ad un istante prima della morte. I risultati
sulla Sacra Sindone la fanno risalire ad un periodo compreso tra il 1260 e il 1390.
Le conoscenze teoriche e pratiche costituiscono il patrimonio professionale di lavoratori impegnati nei vari settori, come nel
campo medico e sanitario, ambientale, chimico-analitico, ingegneristico e tanti altri.
ESERCIZIO
Individuare un problema in ambito sanitario ed uno in ambito ambientale e individuare le tecnologie da applicare per la
sua risoluzione, precisando le figure professionali coinvolte.
1.3 Il progresso scientifico nella medicina
Il progresso scientifico nell’ambito della Medicina è un chiaro esempio di come la Scienza e la Tecnologia abbiano contribuito
fortemente ad allungare la speranza di vita media del genere umano e a migliorarne la qualità.
Periodo
Uomini
Donna
1951
71,52
74,22
1961
72,56
76,47
1971
72,68
77,55
1981
73,25
79,12
1991
75,68
81,2
2001
78,24
83,39
2006
85,03
89,01
Dati ISTAT
Figura 1.1-Andamento dell’aspettativa di vita media nel tempo
La paleopatologia ha evidenziato che tante malattie, ancora molto attuali, esistevano già nelle più antiche civiltà. La storia
della medicina aiuta a capire come nei secoli lo sviluppo di tecniche diagnostiche e di analisi strumentali abbiano aiutato a
comprendere la genesi di molte malattie (eziologia) e, di conseguenza, la migliore terapia.
Per esempio, solo in anni recenti, grazie allo studio dei tessuti (istologia), è stato possibile riscontrare una neoplasia rettale
in una mummia egiziana mentre a Stetten, in Germania, studi su resti ossei provenienti da fossili dell’Uomo di Neanderthal,
risalente a circa 35000 anni prima di Cristo, hanno permesso di ipotizzare una neoformazione probabilmente riferibile ad
un meningioma. Nell’antica Grecia notizie circa l’esistenza del cancro fin dal quindicesimo secolo A.C. sono affidate agli
scritti di numerosi autori. Testi più recenti, come lo “Hippocratic Corpus” (dal 410 fino al 360 A.C.), attribuito ad Ippocrate,
il padre della medicina, identificano in un eccesso di bile nera la causa di un tumore; ipotesi adottata da Galeno, altro illustre
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Book in
progress
Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
medico, nel Pergamum.
Ippocrate usò le parole “carcinos” e “carcinoma” per descrivere alcune varietà di tumori e rigonfiamenti che per Galeno
somigliavano al granchio. Da qui il nome attualmente in uso per identificare alcune patologie tumorali.
Ippocrate: la medicina diventa scienza. Il volto amabile di
Ippocrate dà senso al suo aforism a: “Dove c’è am ore per il
genere um ano, c’è am ore per l’arte del curare”.
Molti altri esempi si potrebbero fare per dimostrare come la
scienza medica, grazie allo sviluppo tecnologico, ha realizzato
una straordinaria evoluzione in tutte le sue branche, segnando la
storia dell’umanità di episodi che si identificano con il progresso
stesso del genere umano e sottolineano i grandi passi compiuti
dall’uomo grazie alla sua capacità di intuizione, alla sua curiosità,
alla sua voglia di conoscenza. Dal primo test diagnostico di
gravidanza presso gli antichi egizi nel 1250 A.C. ad oggi, tempo
in cui robotica e telematica solo apparentemente si sostituiscono
all’umana intelligenza per guidarci verso diagnosi sempre più
accurate e precoci, sembra trascorso l’infinito, ma l’unico
pensiero che induce a rinnovate speranze è la convinzione che
tanto ancora manca nel puzzle dell’umana conoscenza, vogliosa
di intraprendere nuove inimmaginabili strade che ci stupiranno
ancora.
Scoperte scientifiche e curiosità
I fatti che seguono vanno letti ricordando sempre che si tratta di scoperte fatte in periodi molto successivi rispetto ai tempi
in cui sono accaduti, grazie a tecniche strumentali come quelle spettroscopiche che tanto impulso hanno dato all’evoluzione
scientifica in svariati settori. Lo scopo non è solo quello di proporre eventi che suscitino la curiosità del lettore, ma anche
quello di far volgere lo sguardo verso mestieri e professioni che della tecnologia si nutrono per fare ricerche volte alla
conoscenza, che sempre sviluppa progresso se orientata dalle buone intenzioni dell’intelligenza umana.
Nel periodo del tardo giurassico, circa 80 milioni di anni fa, la terra era popolata di predatori dalle lunghe e possenti zampe
posteriori, ma aventi zampe anteriori deboli e con solo tre dita: gli allosauri. Come avremmo potuto immaginare che anche
gli allosauri si ammalavano di tumore?
Eppure nel British Museum, a Londra, in un fossile di allosauro sono visibili tracce di un tumore alla coda. In uno scheletro
umano di 2 milioni di anni fa sono stati riscontrati quei segni di osteoartrosi di cui ancora oggi si lamentano i nostri vecchi.
E se dovessimo pensare che l’alcolismo è un problema frutto della nostra decadente società dei consumi, dovremmo
ricrederci leggendo un papiro egizio del 2500 A.C. Il termometro per misurare la temperatura del nostro corpo appare a noi
uno strumento banale, ma quante volte avrete visto il vostro medico rilevare i battiti del polso per capire se avete la febbre?
Bene, i medici cinesi nel 3500 A.C. introdussero la rilevazione del polso rilevandone 200 tipi di cui 21 di esito letale.
Se per medicina si intende qualsiasi atto o procedimento che permetta di allontanare gli agenti patogeni (agenti che generano
malattie), possiamo affermare che l’origine di questa scienza coincide con l’origine stessa dell’uomo, strettamente legata
a risvolti di carattere religioso, filosofico, etnologico, ma è nel 1800 A.C. che si sviluppa in Egitto l’arte medica coltivata da
sacerdoti.
Le “tecniche diagnostiche” consistono nella palpazione,
nell’ispezione e, probabilmente, nell’auscultazione; l’uroscopia,
cioè l’arte di fare diagnosi attraverso l’esame delle urine, che
Shakespeare cita almeno due volte nelle sue opere, è il mezzo
diagnostico più diffuso. Tutte le risorse del regno vegetale,
animale e minerale vengono empiricamente impiegate in
medicina, affiancate da immancabili rituali mistico-magicoreligiosi. Nel papiro di Ebers del 1500 A.C. compare per la prima
volta la parola “cervello”.
Nello stesso periodo in Sardegna si definisce il ruolo della
levatrice (“femina acabadora”), che non solo aiuta i bambini a
venire al mondo, ma viene anche chiamata dai familiari dei malati
terminali affinché ponga fine alle loro sofferenze in una sorta di
La medicina nell’antico Eg itto: la veste linda di lino bianco e la
parrucca del m edico sono il segno della dignità del suo stato.
11
Scienze e Tecnologie Applicate
occulta eutanasia popolare.
Le formiche e le mosche attratte dall’urina nel vaso e dal corpo di pazienti inducono i medici
Indù a fare le prime empiriche diagnosi di diabete.
Un papiro conservato nel museo egizio di Berlino ci informa che, intorno al 1250 A.C., in
Egitto, i medici per diagnosticare una gravidanza innaffiavano i sacchetti di semi di grano e
di orzo con le urine della donna e, nel caso i semi germogliassero, non dubitavano che la
paziente fosse in dolce attesa.
Nello stesso secolo nasce la medicina ebraica connotata fortemente dal concetto teurgico
della medicina: Dio è l’unica fonte di malattia o di ritrovato benessere per cui solo il sacerdote,
Figura 1.2-Strumenti chirurgici in in quanto uomo scelto da Dio, è il depositario dell’arte medica e unico strumento di
un bassorilievo del tempio di
guarigione.
Kom Ombo, Egitto
Il primo esempio di rudimentale doping possiamo farlo risalire alle prime Olimpiadi di Atene
(776 A.C.): gli atleti nei trenta giorni che precedevano i giochi venivano alimentati con enormi quantità di carne, che potevano
raggiungere i 18 chilogrammi al giorno e, per incrementare i livelli ematici di testosterone arricchivano la loro dieta con
testicoli di pecora. Soddisfacenti i risultati ottenuti in gara ma spesso letale l’esito della dieta.
Tanti altri esempi si potrebbero fare per ripercorrere le tappe dello sviluppo della medicina attraverso i secoli, dimostrando
come tale cammino sia costellato di nuove scoperte e sia segnato dall’applicazione della scienza alla natura, in una parola
dalla tecnologia.
Per questo, dopo aver illustrato alcuni curiosi modi per fare la diagnosi, facciamo un grande salto in avanti per comprendere
la nuova concezione delle malattie nell’ottocento e l’impulso che alla medicina moderna è stato dato dalle strumentazioni
diagnostiche.
· MUSEO DI STORIA DELLA MEDICINA
·STORIA E SCOPERTE DELLA MEDICINA
http://www.youtube.com/watch?v=D9ihzoLO-aQ
http://www.youtube.com/watch?v=H_bZmDr7ivo
Un nuovo modo per fare le diagnosi
All’inizio dell’ottocento si pensava che la malattia, qualunque fosse, riguardasse l’intero organismo. Nel corso del secolo
tale concezione mutò e si cominciò a considerare la malattia come un’affezione riguardante un’area specifica del corpo
umano e ogni patologia dovuta ad una determinata causa. Tale rinnovata concezione incoraggiò lo sviluppo di nuove
tecniche diagnostiche e di nuove terapie.
Prima i medici seguivano le indicazioni dettate dagli scritti di Ippocrate, il quale riteneva che così come il mondo era costituito
dai quattro elementi essenziali, aria terra acqua e fuoco, anche il corpo si componeva di quattro umori fondamentali: sangue,
flegma, bile nera e bile gialla. La giusta proporzione tra questi elementi era garanzia di benessere, mentre la malattia era da
attribuire allo squilibrio di uno dei quattro umori primari. Gli sforzi del medico per diagnosticare il male si concretizzavano
nella identificazione dello squilibrio e lo strumento diagnostico più efficace era la compilazione della “storia” del paziente,
l’attuale anamnesi che, ancora oggi, assume fondamentale rilievo.
Quando la concezione della malattia cambiò, anche la diagnosi fu intesa come l’identificazione di un’affezione localizzata
e, nei grandi ospedali della Francia postrivoluzionaria, si cominciarono ad usare nuovi strumenti diagnostici per individuare
specifiche lesioni e confermarle dopo la morte attraverso l’autopsia.
La consapevolezza della necessità di individuare la causa della malattia rende possibile lo sviluppo della medicina preventiva
sulla quale ancora oggi è necessario soffermarsi in campagne di sensibilizzazione, vista la fondamentale ricaduta sociale in
termini di benessere collettivo e capacità produttiva.
L’uso di strumenti diagnostici venne ritenuto ormai essenziale e lo strumento che più di tutti aprì la strada alla medicina di
laboratorio fu, fin dal XVII secolo, il microscopio e poi, nell’ottocento, l’opportunità di migliorare la conoscenza del corpo
umano fu affidata a microscopi composti (formato da più lenti).
Il microscopio: esempio di scienza e tecnologia
Il microscopio è lo strumento che consente di ingrandire oggetti di piccole dimensioni permettendone l’osservazione diretta.
Galileo Galilei (1564 - 1642), che ne inventò uno e lo mandò al fondatore dell’Accademia dei Lincei, il principe Federico
Cesi, lo chiamò “un occhialino per vedere le cose minime”.
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Book in
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
Figura 1.3-Modello di microscopio
composto di John Cuff del 1744, con
accessori
a)
b)
c)
Figura 1.4-Microscopi di epoche diverse a confronto: a) Microscopio
composto di John Cuff del 1750; b) Microscopio Zeiss del 1879; c)
Microscopio Reichert degli anni Cinquanta
BREVISSIMA STORIA DEL MICROSCOPIO
La paternità dell’invenzione vera e propria del microscopio è ancora controversa, ma i primi microscopi ottici furono
prodotti in Olanda verso la fine del 1500. Infatti, dopo che le prime lenti furono costruite tra il 1100 e il 1200, e che
Leonardo da Vinci nel 1508 pensò alle lenti a contatto per correggere difetti della vista, nel 1674 un commerciante
olandese, Anton Van Leeuwehoek, fabbricò un microscopio costituito da una lente oculare e da una lente obiettivo.
L’importanza del microscopio nel nuovo modo di fare scienza medica fu messa in luce nel 1858 dal patologo tedesco
Rudolf Virchow (1821-1902) che descrisse la condizione fisiologica e patologica del corpo umano partendo dalle cellule,
nella sua opera Die Cellularpathologie (La patologia cellulare).
Il microscopio divenne dunque il simbolo del medico moderno ed aggiornato mentre la medicina tutta cominciò ad
apprezzare l’impiego della scienza e della tecnologia.
L’indagine microscopica ha determinato una svolta nella ricerca in ambito medico, biologico e non solo. Lo studio dei tessuti
e dei materiali, indagati fin nelle più piccole strutture, ha aperto nuove strade segnando tappe importanti del progresso
scientifico. Una breve descrizione di alcune tipologie di microscopio oggi a disposizione servirà per mettere in luce come
l’impiego della tecnologia sia stata alla base del progresso.
• Il microscopio ottico
Utile per studiare organismi viventi come i batteri ed altre strutture cellulari, fornisce immagini colorate di campioni in vivo,
è economico ma ha risoluzione inferiore rispetto al microscopio elettronico.
a)
b)
c)
Figura 1.5-Immagini al microscopio ottico: a) Aschi Peziza pseudovesiculosa (cortesia del prof. Marcello Boragine); b) Aschi di Helvella
leucomelaena (cortesia del prof. Marcello Boragine); c) sangue umano
• Il microscopio a raggi X
Le immagini fornite hanno risoluzioni maggiori rispetto a quelle proprie del microscopio ottico e minori rispetto a quelle del
microscopio elettronico. Vengono impiegati i raggi X per lo studio delle strutture biologiche.
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Scienze e Tecnologie Applicate
• Il microscopio elettronico
Con il microscopio elettronico è possibile evidenziare proprietà fisiche del campione non visibili con il microscopio ottico e
di distinguere, con maggiori ingrandimenti, gli atomi.
E’ uno strumento complesso e costoso, deve funzionare in assenza di aria, di vibrazioni e di campi magnetici. Non fornisce
immagini in vivo.
Figura 1.6-Microscopio elettronico(TEM), Siemens
del 1969
1. Cavo dell'alta tensione;
2. Emissione di elettroni;
3. Motori di centraggio del raggio;
4. Condensatori;
5. Regolazione dei diaframmi;
6. Porta campione;
7. Obiettivo;
8. Proiettori;
9. Microscopio ottico stereoscopico;
10. Schermo fluorescente;
11. Tubi del sistema per produrre il vuoto;
12. Sposta preparati;
13. Controllo del vuoto ed ingrandimenti;
14. Manopole di messa a fuoco
Tra i microscopi elettronici sono da menzionare il microscopio elettronico a scansione (SEM) e il microscopio elettronico
a trasmissione (TEM).
Il primo produce immagini tridimensionali ed è in grado di analizzare solo oggetti conduttori o semiconduttori dei quali
fornisce l’immagine della superficie.
a)
b)
c)
Figura 1.7-Immagini al microscopio elettronico a scansione: a) fibre di amianto; b) diatomee; c) sangue umano
L'altro permette di osservare anche le strutture interne del campione in esame ma solo con una immagine 2D. La risoluzione
efficiente permette di vedere anche le più piccole molecole.
a)
b)
Figura 1.8-Immagini al microscopio elettronico a trasmissione: a) Virus ebola; b) Virus epatite B
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Book in
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
• Il microscopio ionico
Sfrutta gli stessi principi teorici del microscopio elettronico ma impiega fasci di ioni al posto di elettroni
• Il microscopio a scansione di sonda (SPM, Scanning Probe Microscopy)
Il microscopio a scansione di sonda produce immagini scansionando il campione con una sonda fisica attraverso
l’interazione sonda-superficie.
Possono essere registrate più interazioni simultaneamente raggiungendo anche risoluzioni molto elevate.
• Il microscopio confocale laser (CLSM, Confocal Laser Scanning Microscope)
Il microscopio confocale laser utilizza come fonte luminosa un laser che, attraverso un sistema di lenti, converge in punti
molto piccoli del preparato da analizzare. E’ possibile così accrescere la risoluzione tridimensionale del campione e, con
tecniche di immunofluorescenza, si possono distinguere con colori diversi le differenti molecole senza fenomeni di aberrazioni
e diffrazione tipici di altre fonti luminose. Le immagini sono spettacolari
L’IMPORTANZA DEL MICROSCOPIO IN BIOLOGIA
Anche nelle scienze biologiche il microscopio semplice ha aperto ampi orizzonti, permettendo a Anton Van Leeuwenhoek
(1632-1723) di osservare nell’ambiente acquatico, nel suolo e nel cibo gli “animalcules”, microrganismi ingranditi da una
sola lente, attualmente classificati nei regni Eubatteri e Protisti.
Il successivo microscopio composto dotato di due sistemi di lenti, oculare e obiettivo, ha aumentato gli ingrandimenti,
che hanno ampliato nel XIX secolo le applicazioni nella istologia vegetale (studio dei tessuti
vegetali da parte di Matthias Jacob Schleiden 1804-1881) e animale (studio dei tessuti
animali da parte di Matthias Jacob Schleiden 1804-1881) e che, grazie agli studi di Rudolf
Ludwig Karl Virchow
(1821 1902) sulla patologia cellulare, ha permesso di elaborare
la teoria cellulare , fondamento della BIOLOGIA:
• l’unità dell’organizzazione dei viventi è la cellula (identificata da Robert Hooke
1635-1703 nel sughero);
• gli organismi sono formati da una o più cellule (Schleiden e Schwann);
• ogni cellula deriva da un’altra cellula (Virchow).
Per rendere distinguibili le cellule di tessuti diversi di uno stesso organo, si sono utilizzate
tecniche microscopiche quali le colorazioni (applicate in preparati istologici da Paul Ehrlich
1854-1915) mediante l’impiego di coloranti, sostanze organiche naturali estratte da
animali (carminio da una cocciniglia) o da vegetali (ematossilina dalla corteccia di una
leguminosa) e, in seguito, sostanze organiche di sintesi derivate dal catrame. I coloranti
presentano affinità chimica diversa a seconda dei differenti componenti cellulari.
Figura 1.9
Immagine al microscopio ottico di
infuso di fieno
Figura 1.10
Immagine al microscopio del
sughero
LE TECNICHE MICROSCOPICHE
Le tecniche microscopiche servono per rendere l’oggetto di studio utilizzabile dal microscopista. Le caratteristiche del
preparato microscopico sono:
• essere distinguibile e osservabile;
• avere dimensioni ridotte compreso lo spessore;
• mantenere la sua struttura inalterata.
Le operazioni che hanno questi scopi sono:
1. DISSEZIONE: consiste nel togliere dall'organismo l'organo da studiare o dall'organo il tessuto o, più semplicemente,
le parti da osservare, con l’uso di forbici, bisturi e/o l'ago da microscopia. La lunghezza dell’oggetto deve essere inferiore
al centimetro, per poter essere coperto dal vetrino coprioggetti, che ha un’area di 1 o 2 centimetri. Il volume dell’oggetto
deve essere inferiore ai 3 centimetri per permettere le operazioni successive.
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Scienze e Tecnologie Applicate
2. DISSOCIAZIONE: serve ad allontanare dalla porzione di organo un elemento da sottoporre all'osservazione (si opera
con la pinza e l’ago)
3. INCLUSIONE: rende l’oggetto consistente per poter essere sezionato nell’operazione successiva. Si esegue utilizzando
un pezzo di sambuco o di sughero lungo circa 3 cm. Lo si divide longitudinalmente a metà col bisturi, si compie una
incisione nella parte centrale delle due metà in modo che l’oggetto da sezionare vi possa stare ben fisso.
4. SEZIONAMENTO: permette di ottenere una sezione dallo spessore ridotto, di 5-10 μm per l'osservazione al M. Ottico,
di 0,2-0,01 μm per l'osservazione al M. Elettronico. Si esegue con il bisturi o col "rasoio" a mano, ma per avere sezioni
di spessore uniforme si usano degli strumenti chiamati "MICROTOMI"; ci sono microtomi manuali ed elettrici, per i
preparati da utilizzare col microscopio elettronico si usa l’ “ULTRAMICROTOMO”.
5. COLORAZIONE: si applica una soluzione colorante avente affinità chimica con la struttura cui si fissa (tessuti o
componenti cellulari) che viene così resa più distinguibile e osservabile nei dettagli. La colorazione si rende necessaria
nel caso delle cellule animali o vegetali prive di colorazione propria, visto che il loro citoplasma è una soluzione acquosa
con l'indice di rifrazione vicino a quello dell'acqua con cui si esegue il successivo montaggio. Senza una colorazione
risulterebbero quasi trasparenti. Il colorante biologico è detto vitale se il suo assorbimento da parte delle strutture cellulari
non comporta la morte delle cellule.
6. MONTAGGIO: si pone una goccia di acqua sul preparato, che si copre col coprioggetto in modo da ottenere un
preparato ad acqua.
Tali operazioni si applicano alla realizzazione di un preparato microscopico a fresco, che consente osservazioni di breve
durata per la scarsa conservabilità del campione.
Per rendere il preparato idoneo a una osservazione di maggiore durata mantenendo la sua struttura nel tempo con le
stesse caratteristiche del campione in vivo e senza subire l’attacco dei decompositori, è necessario effettuare operazioni
nuove o modificate rispetto a quelle applicate al p.m. a fresco per realizzare un preparato permanente:
• FISSAZIONE: si esegue dopo la dissezione e la dissociazione. Ha lo scopo di bloccare le attività cellulari, mantenendo
inalterate le strutture, mediante una rapida disidratazione cellulare, per favorire le successive operazioni. Si esegue
mediante agenti chimici, quali, per esempio, alcool etilico 75°, metanolo, acido acetico, formaldeide scelti sulla base
della struttura da osservare e delle caratteristiche del preparato quali la colorazione e lo spessore della sezione; segue
lavaggio di solito con acqua per eliminare il fissativo in eccesso. Oppure si usano agenti fisici, (congelamento del
campione oppure riscaldamento con bunsen).
• INCLUSIONE: si può usare anche la paraffina fusa. A tale scopo si passa sul campione lo xilolo per eliminare gli alcoli
utilizzati nel fissaggio; poi si lava con acqua per togliere lo xilolo. Infine si immerge il campione in paraffina fusa e si lascia
solidificare.
• SEZIONAMENTO: ottenuta la sezione si trasferisce sul vetrino portaoggetti in cui si pone della gliceroalbumina per
favorire la sua adesione; poi sul vetrino si posa lo xilolo per eliminare la paraffina; infine si lava con acqua per togliere lo xilolo.
• COLORAZIONE: ogni colorante ha un suo tempo di applicazione, l'osservanza di questo tempo impedisce la
formazione di precipitati che impedirebbero la visione del campione. Lo si sciacqua con acqua distillata. Quindi si asciuga
il preparato con un debole riscaldamento tenendo il vetrino a 20cm dal bunsen o sopra un termosifone.
• MONTAGGIO: si può mettere sul preparato gliceroalbumina e acqua distillata, per poi appoggiarvi sopra il vetrino
coprioggetti. Oppure si usa sul coprioggetti il balsamo del Canada, una resina prodotta da conifere americane, Abies
canadiensis e Abies balsamea, sciolta in xilolo.
• LUTUAZIONE: se nel montaggio non si è usato il balsamo del Canada, per sigillare in modo permanente il preparato
microscopico si depone sui bordi del coprioggetti una sostanza solidificante come la paraffina o la ceralacca.
LA COLORAZIONE
Il colorante è un composto organico di origine naturale (es: rosso carminio estratto dalla cocciniglia, ematossilina dal
legno) o sintetica (sono idrocarburi con anello benzenico di base derivati dal catrame).
Il colorante è formato da 2 gruppi funzionali: il gruppo cromogeno incolore, formato dall’anello benzenico che, qualora
presenti un gruppo CH3, è un derivato del toluene, qualora abbia un OH è un derivato del fenolo, qualora contenga un
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Book in
progress
Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
NH2 è un derivato dell’ anilina; tale gruppo è legato al gruppo cromoforo costituito da doppi
legami C=C, C=N, C=O, N=O, che hanno la caratteristica di assorbire tutte le radiazioni del visibile mediante l'eccitazione
degli elettroni dei doppi legami, che passano ad un livello energetico superiore, per poi tornare al livello fondamentale
liberando energia
luminosa corrispondente alla differenza di energia fra i due livelli: il gruppo cromogeno fa assumere al substrato il proprio
colore se è unito all’altro gruppo funzionale chiamato auxocromo, che si fissa al substrato da colorare; tale gruppo è
rappresentato da: -OH, -NH2, -COOH, -NR2, -OCH3 .
Per esempio l’acido picrico è un colorante che colora di giallo il substrato
per la presenza di tre gruppi cromofori NO2 che, assorbendo la luce bianca,
riflettono quella gialla. I cromofori fanno parte del gruppo cromogeno
costituito dall’anello benzenico. Il gruppo cromogeno è unito al gruppo
auxocromo OH il quale lega il substrato e lo colora.
Figura 1.11-Formula di struttura dell’acido picrico
In relazione alle proprietà chimiche i coloranti possono distinguersi in basici (o cationici) e acidi (o anionici). I primi sono
detti coloranti del nucleo in quanto hanno affinità chimica per le strutture acide come la cromatina del nucleo, formata
da acidi nucleici. Es: Cloruro di blu di metilene, fucsina basica, safranina, violetto di genziana o cristalvioletto, ematossilina.
I secondi sono detti coloranti protoplasmatici in quanto reagiscono con le sostanze basiche come le strutture
citoplasmatiche (per es. eosinato di sodio, nigrosina, fucsina acida, acido picrico). Possiamo inoltre parlare di coloranti
neutri quando sono formati da basi e acidi entrambi colorati (per es. eosinato di blu di metilene); i colorante si dicono
invece indifferenti se sono formati da gruppi non acidi e non basici, non sono solubili in acqua, ma lo sono nei lipidi (per
es. sudan III). I coloranti più usati sono quelli basici in quanto il materiale nucleare da colorare è acido e quindi basofilo
(affine per sostanze basiche). I coloranti acidi vengono normalmente impiegati come coloranti di "contrasto” poiché non
si legano alle strutture cellulari e costituiscono lo sfondo sul quale evidenziare le cellule.
Le colorazioni possono essere semplici se si usa un solo colorante e si eseguono su preparati microscopici a fresco e
permanenti. Le colorazioni sono complesse se si impiegano più coloranti e anche "altre sostanze", come mordenti,
decoloranti, intensificatori e si eseguono su preparati microscopici permanenti.
I mordenti favoriscono la reazione tra colorante e substrato (es: Lugol); di solito si impiegano mordenti acidi (Lugol) per
fissare i coloranti basici al substrato e mordenti basici (allume) per fissare il colorante acido. I decoloranti sono acidi o
alcooli che eliminano l'eccesso di colorante; se l'azione è selettiva (cioè avviene su certe strutture e non su altre) si parla
di "differenziatori" (es.: etanolo).
Gli intensificatori sono acidi o basi deboli che, cambiando il pH dell'ambiente, favoriscono la colorazione. Le colorazioni
possono essere vitali quando si usano coloranti poco tossici che permettono la sopravvivenza dei tessuti e delle cellule
(blu di metilene, rosso neutro, verde iodio, rosso Congo).
Le colorazioni possono essere negative quando si usano coloranti speciali di contrasto e si eseguono su preparati
microscopici a fresco e permanenti. Le colorazioni possono essere policromatiche quando si usano più coloranti.
ESERCIZI
1. Quali sono le differenze tra il principio di funzionamento del MO e quello del ME?
2. Quali sono le differenze tra il MO e il ME relativamente al preparato microscopico?
3. Quali sono le differenze tra il tra il principio di funzionamento del TEM e quello del SEM?
4. Cos’è il potere di risoluzione del microscopio? Quanto vale per il microscopio ottico?
5. Quali sono le cellule più piccole osservabili al microscopio ottico? E quali quelle più grandi?
6. Su quale parte del microscopio ottico si posiziona il preparato microscopico? In che modo lo si sposta durante
l’osservazione?
7. Qual è la funzione delle viti macrometrica e micrometrica?
8. Come si ottiene l’ingrandimento totale del preparato?
9. Quali sono le caratteristiche dell’immagine ottenuta col microscopio?
10. Descrivi l’inclusione e il sezionamento nel preparato a fresco.
11. Descrivi le componenti della molecola di un colorante e le sue caratteristiche chimiche.
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Scienze e Tecnologie Applicate
12. Come si classificano i coloranti sulla base delle loro caratteristiche chimiche?
13. Descrivi le caratteristiche del blu di metilene.
14. Descrivi la funzione delle sostanze che compongono una colorazione complessa.
15. Descrivi le fasi che distinguono il preparato permanente dal preparato a fresco.
La diagnostica per immagini
La diagnostica per immagini comprende tutte le tecniche connesse alla formazione di immagini, come la radiologia,
l’ecografia, la tomografia computerizzata, la risonanzamagnetica nucleare. Tali tecniche, che sono un esempio evidentissimo
di come le scoperte scientifiche siano state applicate e siano quindi diventate tecnologia impiegata
dall’uomo per fini buoni, utilizzano l’interazione tra energia e materia, in questo caso l’organo del corpo umano che si sta
esaminando. Quando l’energia emessa da una sorgente si propaga nello spazio sotto forma di radiazione elettromagnetica
e incontra l’organo bersaglio, una parte viene assorbita, una parte viene riflessa e una parte viene rifratta. Si tratta di fenomeni
fisici che variano al variare del mezzo che attraversano (quindi del tipo di tessuto oggetto di studio) e dell’energia impiegata
(quindi della tecnica diagnostica). Lo studio quantitativo dei suddetti fenomeni fisici, possibile grazie a dispositivi quali
rivelatori, trasduttori e, in alcuni casi, grazie all’applicazione della tecnologia informatica, rende possibile la formazione di
immagini su idonei supporti.
• Breve storia della diagnostica per immagini
Le origini della diagnostica per immagini risalgono al 1895, quando W.C. Röntgen, premio Nobel nel 1901, scoprì i raggi X
ed eseguì la prima radiografia, il 22 dicembre dello stesso anno, per dimostrare che tali raggi avevano la proprietà fisica di
attraversare i corpi solidi permettendo di esplorare l’interno del corpo umano senza sezionarlo.
E’ solo l’inizio di una lunga storia, ancora non compiuta, che vede la tecnologia segnare tappe inimmaginabili del progresso
dell’uomo.
Dopo la scoperta dei raggi X, l’applicazione dell’informatica alle tecniche di elaborazione delle immagini ha introdotto la
tomografia computerizzata e, ancora, l’ecografia e la risonanza magnetica permettono oggi la pratica di diagnosi preventive
e di tecniche curative che hanno contribuito a migliorare la qualità della vita dell’uomo e la stessa aspettativa di vita.
• Tecniche radiologiche
La radiologia convenzionale sfrutta un fascio di raggi X, radiazioni
elettromagnetiche ionizzanti di lunghezza d’onda compresa tra i
10 e i 10-2 nm che, attraversando i tessuti del corpo umano,
raggiungono e impressionano la lastra fotografica con una
intensità diversa dipendente dalla densità dei tessuti esaminati.
La densità dei tessuti dipende a sua volta dalla struttura chimica
degli stessi e dal numero atomico medio degli atomi costituenti.
I limiti della radiologia convenzionale sono legati all’ impossibilità
di esplorare tutti i tessuti in quanto la maggior parte di loro sono,
dal punto di vista della composizione
chimica, molto simili e soprattutto
costituiti da acqua.
Proprio la volontà di superare i limiti
appena descritti ha dato impulso a
nuove conoscenze e a nuove
applicazioni:
lo
sviluppo
della
contrastografia che utilizza sostanze
(MDC, mezzi di contrasto) che
permettono di studiare indirettamente
gli spazi cavi del corpo umano.
Gli anni ’70 vedono lo sviluppo delle
18
Figura 1.12-Prime radiografie di prova su oggetti metallici, 1896;
a)
b)
Figura 1.13-Immagini radiografiche: a) Esame radiologica del grosso intestino mediante clisma
a doppio contrasto; b) Immagine radiografica di ginocchio
Book in
progress
Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
tecniche di diagnostica per immagini che sfruttano i raggi X grazie
ai progressi tecnologici conseguiti nel campo dell’elettronica.
Su questi presupposti si basa la tomografia computerizzata
proposta da G.N. Hounsfield che, nel 1971, inventò la prima
apparecchiatura utile. Lo scienziato per la sua invenzione
fu insignito del premio Nobel nel 1979 insieme ad A. Cormack
che, con i suoi studi teorici e sperimentali, aveva posto le basi
per l’invenzione di Hounsfield.
Splendida sinergia tra menti eccelse, paradigma della
imprescindibile dialettica tra scienza e tecnologia.
Gli esami diventavano sempre più veloci e validi dal punto di vista
diagnostico, meno invasivi e più tollerati dai pazienti.
Figura 1.14-Una TAC di pronto soccorso (Ospedale di Ancona L’altro problema collegato all’uso dei raggi X ionizzanti deriva dai
Torrette)
possibili effetti collaterali di tali tecniche diagnostiche.
Metodiche che non sfruttano i raggi X e che si basano su diversi principi teorici, come l’ecografia e la risonanza magnetica
nucleare, sono prive di effetti biologici e possono essere impiegate senza il timore di effetti collaterali anche in pazienti molto
giovani e in donne in gravidanza.
• L’ecografia
L’ecografia, che sfrutta il principio della riflessione (eco) delle onde ultrasonore generata dall’interazione tra ultrasuoni e
strutture corporee, è nata negli anni ’70.
Strumenti sempre più sofisticati hanno permesso di affinare l’indagine associando all’informazione ecografica di tipo
morfologico anche quella di natura funzionale collegata alla perfusione di organi e lesioni (eco-color-doppler).
ECOGRAFIA OSTETRICA
http://www.youtube.com/watch?v=F7QnYfoeVhE
b)
c)
Figura 1.15- Ecografia ostetrica: in b) si osserva anche la perfusione degli organi
(cortesia della sign.ra Chiara Massa)
a)
• La risonanza magnetica nucleare
La risonanza magnetica nucleare ha avuto applicazione a partire dagli anni Ottanta, anche se il fenomeno fisico che
rappresenta la base teorica della tecnica in questione fu scoperto indipendentemente da E.M. Purcell e da F. Bloch, i quali
furono di conseguenza insigniti del premio Nobel per la fisica nel 1952.
Il metodo sfrutta le proprietà magnetiche della materia per fornire immagini la cui qualità supera quelle ottenute con altre
tecniche.
19
Scienze e Tecnologie Applicate
a)
b)
c)
d)
Figura 1.16-Immagini di Risonanza Magnetica Nucleare: a) e b) RMN dell’encefalo; c) RMN del tratto dorsale del rachide; d) RMN mammaria bilaterale
LA RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE
http://www.federica.unina.it/medicina-e-chirurgia/corso-integrato-di-diagnosticaper-
1.4 Le biotecnologie
“Biotecnologie” è un termine che fa pensare al biotecnologo
come un operatore che in laboratori sofisticati manipola i
microrganismi, per ricavare dalle loro attività prodotti altamente
innovativi. In realtà la storia ci racconta che fin dai tempi più
antichi l’uomo è stato un biotecnologo.
Quando ancora non si conoscevano i microrganismi, i loro
processi, come le fermentazioni, erano utilizzati per la
produzione di bevande e alimenti. La Bibbia ci racconta che
Noè si era ubriacato di vino e dalle fonti storiche risulta che Figura 1.17-L’uomo biotecnologo
questa bevanda era nota agli antichi Sumeri ed Egizi.
Naturalmente a quei tempi i lieviti non erano conosciuti, ma la loro presenza sulle bucce degli acini consentiva la
vinificazione. Anche il pane lievitato era in uso presso gli Egizi, forse ottenuto casualmente da un impasto in cui era finita
della birra, che i popoli della mezzaluna fertile conoscevano e apprezzavano.
Jogurt, kyr e kefir erano alimenti diffusi fra i popoli pastori, dai Greci ai Fenici alle popolazioni uralo-altaiche; probabilmente
li ottenevano conservando il latte in recipienti ottenuti dallo stomaco degli animali, in cui si produceva una fermentazione
spontanea. Il sakè, ottenuto dal riso fermentato, era prodotto in Cina fin dal quinto millennio A.C. e successivamente si
diffuse anche in Giappone. Il pulque, ottenuto dal succo di agave fermentato, era utilizzato dagli Aztechi per le preghiere
rituali ed è ancora una bevanda tradizionale messicana. Gli Egizi, i Maya, i Greci, le popolazioni celtiche e vichinghe
utilizzavano l’idromele, una bevanda considerata sacra, ricavata dalla fermentazione del miele.
Oggi le biotecnologie, sfruttando batteri, lieviti e muffe, mettono a disposizione non solo prodotti alimentari, ma anche
materiali utilizzati dall’industria tessile, cartaria, chimica e farmaceutica.
Tramite le attività dei microrganismi si ottengono: acido butirrico, utilizzato dall’industria alimentare, dei tessuti, delle
vernici, dei profumi; alcol etilico non solo per le bevande alcoliche, ma anche per i biocombustibili; acido lattico per le
bioplastiche e per la conservazione di alcune bevande e alimenti, acido citrico come
conservante; acido aspartico che fa parte di un dolcificante noto come aspartame,
acido glutammico che in forma di glutammato di sodio si utilizza per i dadi che
insaporiscono le pietanze; diversi tipi di enzimi utilizzati nell’industria cartaria per la
pulizia delle fibre, per i detersivi biodegradabili nonché nel settore tessile per far
assumere ai jeans l’aspetto usurato (denim stone wash); antibiotici, dalla penicillina
alle cefalosporine e vitamine del gruppo B per l’industria farmaceutica.
Ceppi selezionati di microrganismi, coltivati in fermentatori opportunamente progettati
20
Book in
progress
Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
per mantenere il controllo delle loro condizioni di crescita, permettono di ottenere rese più elevate e qualità omogenee
del prodotto nell’industria farmaceutica e alimentare.
L’industria estrattiva si avvale dell’utilizzo di batteri per estrarre metalli come il ferro, il rame, il piombo e lo zinco da rocce
poco produttive, grazie alla lisciviazione microbica.
Il cianobatterio Spirulina, venduto in erboristeria come integratore alimentare perché contiene amminoacidi e acidi grassi
essenziali, ferro, potassio, cromo, zinco, carotenoidi, è stato recentemente
utilizzato in Etiopia al fine di integrare la dieta dei bambini sottoalimentati, grazie
alla sua coltivazione in un fotobioreattore.
In alcuni casi l’attività dei microrganismi è impiegata per risolvere problemi di
natura ambientale come la depurazione delle acque reflue, il compostaggio di
rifiuti organici, il biorisanamento di aree inquinate dalla presenza di sostanze che
Figura 1.18 - Spirulina platensis al microscopio i microrganismi riescono a demolire.
Figura 1.19 – Vasche termali e fanghi
Anche in campo sanitario l’utilizzo di fanghi termali sfrutta la produzione di sostanze antinfiammatorie e miorilassanti da
parte di cianobatteri e microalghe, che vengono coltivati in vasche riempite di fango irrorato dall’acqua termale. La
conoscenza e lo studio di questi microrganismi ha permesso di identificare le sostanze prodotte nei loro processi biologici
e di utilizzarle per la produzione di creme e maschere di bellezza.
L’ingegneria genetica
Le nuove frontiere delle biotecnologie moderne hanno aperto ampi spazi alla manipolazione del patrimonio genetico degli
organismi, perché acquisiscano nuove caratteristiche derivate da specie diverse: gli OGM, organismi geneticamente
modificati, che vengono utilizzati direttamente, o per i prodotti che da essi si ottengono, o per studiare modelli e future
possibili applicazioni.
In campo farmacologico e medico, da quando nel 1982 si commercializzò l’insulina,
ottenuta con un batterio di Escherichia coli ingegnerizzato con l’inserimento del
gene umano dell’insulina, molti biofarmaci (quali anticoagulanti, coagulanti, antivirali
e antitumorali, stimolanti la produzione di globuli rossi) sono stati prodotti dal latte
di mammiferi transgenici.
L’immunologia moderna ha tratto vantaggio dalla manipolazione genetica di batteri
e di lieviti per la produzione di vaccini ricombinanti, come quello dell’epatite B.
Figura 1.20 - Immagine al microscopio Vari sono i vantaggi dei biofarmaci, come la disponibilità illimitata, i costi ridotti, la
elettronico a scansione di E. Coli, il primo maggiore sicurezza dal rischio di infezioni e di allergie.
batterio ad essere modificato attraverso
In zootecnia la sperimentazione sul miglioramento di animali da allevamento, quali
tecniche di ingegneria genetica
pesci, conigli, pecore, capre, maiali e bovini transgenici per l’ormone della crescita,
ha permesso di ottenere ovini che producono più latte e lana e dalle carni più magre, suini con carni più magre e crescita
maggiore, bovini che forniscono un latte più proteico.
I mammiferi transgenici dai caratteri migliori, quali buoi, capre, topi, gatti, maiali, cavalli e cani, sono stati clonati per
trasferimento del nucleo di una cellula adulta in un uovo privato del proprio nucleo, in modo da ottenere tanti mammiferi
transgenici identici.
Al momento la clonazione ha dei limiti: un sistema immunitario più debole e una durata di vita più breve. Interessante è la
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Scienze e Tecnologie Applicate
possibile applicazione alla salvaguardia delle specie in estinzione.
In campo medico gli animali mosaico che hanno una parte di cellule transgeniche,
sono utilizzati per lo studio del differenziamento cellulare; i topi knockout, con una
parte di cellule transgeniche per la predisposizione alle malattie genetiche, sono
impiegati per la sperimentazione di farmaci.
Altri esperimenti si eseguono per ottenere organi per gli xenotrapianti, come è
avvenuto per cuore e rene di maiali ingegnerizzati trapiantati su babbuini, anche se
problemi di rigetto o di trasmissione di agenti infettivi fino ad oggi bloccano l’utilizzo
Figura 1.21-Cellule staminali embrionali di
della tecnica sull’uomo.
topo in coltura
L’ingegneria genetica ha aperto nuove frontiere nella ricerca di più efficaci cure per
combattere tumori e alcune malattie genetiche. La terapia genica sperimentale prevede l’inserimento di geni “sani”, con o
senza vettori virali, in cellule di tessuti e organi malati. L’inserimento di geni “sani” in cellule Embrionali Staminali adulte ha
permesso di combattere alcune malattie genetiche; ad esempio è possibile introdurre geni “corretti” nelle cellule di midollo
osseo, che così possono differenziarsi in cellule del sangue e in cellule del sistema nervoso centrale perfettamente
funzionanti. Anche l’agricoltura ha tratto vantaggio dagli OGM con la produzione di mais, cotone, colza, soia, lino e riso
resistenti ad erbicidi, con l’introduzione su larga scala di mais, pomodoro, cotone e patata resistenti agli insetti nocivi, con
il controllo della maturazione dei frutti per l’inattivazione di geni che avviano la marcescenza dei vegetali.
La possibilità di preservare i prodotti agricoli è importante, come anche migliorare l’aspetto estetico di frutti e fiori con altri
metodi, che si aggiungono alla più tradizionale selezione artificiale. Per i Paesi con climi estremamente aridi o gelidi, con
terreni salati o poveri di nutrienti, si possono impiegare le tecniche dell’ingegneria genetica per
ottenere piante più resistenti e migliorare il raccolto. L’industria alimentare si è servita degli OGM per potenziare il valore
nutrizionale degli alimenti con la produzione di pomodori, le cui antocianine fungono da antiossidanti protettivi contro i
tumori, di riso della varietà “Golden”, che contiene i precursori della vitamina A, di soia e colza ricchi di acidi grassi essenziali.
Tutto questo ha permesso l’arricchimento delle multinazionali dei Paesi più ricchi, ma lascia sperare in possibilità di
miglioramento nella produzione agricola di Paesi con problemi di sottoalimentazione.
L’utilizzo delle piante transgeniche presenta alcuni vantaggi rispetto ai prodotti ricavati da animali transgenici: maggior
sicurezza dal rischio di infezioni da parte di virus animali che potrebbero trasmettersi all’uomo, una produzione maggiore e
a costi ridotti anche se è più difficile ottenere il prodotto transgenico dal tessuto vegetale.
In campo farmacologico vi sono studi sperimentali per l’allestimento di vaccini a costo ridotto somministrabili direttamente
con gli alimenti: sarebbe più piacevole per i bambini assumere un vaccino mangiando una banana!
Per la salvaguardia dell’ambiente, cavoli OGM sono impiegati nella produzione di biopolimeri da cui si ricavano plastiche
biodegradabili. Altre piante transgeniche sono utilizzate per il biorisanamento di ambienti contaminati da metalli pesanti, in
quanto concentrano nei loro tessuti una buona quantità degli stessi, offrendo anche la possibilità di recuperarne di utili
come il nichel. Microrganismi transgenici “mangia petrolio” sono adoperati per la bonifica delle aree inquinate, altri per la
depurazione delle acque e dei reflui. E cosa accade di questi OGM una volta terminata la bonifica?
I ricercatori hanno pensato di regolare il loro orologio biologico introducendo geni killer che ne provocano la fine. Parallelamente
agli esperimenti e alle realizzazioni dell’ingegneria genetica, si è sviluppato lo studio dei genomi di molti organismi appartenenti
a tutti i cinque regni, che è culminato nel “Progetto Genoma Umano” (1990-2003).
Nel caso dell’uomo questo studio è stato utile per l’identificazione di geni difettosi: l’allestimento di test genetici ha permesso
di scoprire quei genitori portatori di alleli che causano malattie genetiche quali la fibrosi
cistica e le persone predisposte all’insorgenza di tumori al seno, ovaio, colon, tiroide.
Le indagini forensi hanno approfittato della tecnologia fornita dagli studi sulla
manipolazione del DNA per l’identificazione dei sospetti di attività criminali: ogni individuo
possiede tratti del DNA ben identificabili che costituiscono le
cosiddette “impronte genetiche”.
Il ritrovamento di queste impronte sul luogo del crimine è ora considerata una prova
inconfutabile. La stessa tecnologia si applica nei test di paternità, permettendo di stabilire
le reali relazioni biologiche di parentela tra genitori e figli.
Figura 1.22-Struttura a doppia elica
del DNA: sono messi in evidenzia gli
accoppiamenti delle quattro basi
nucleiche
22
LE FRONTIERE DELLA VITA
http://www.treccani.it/enciclopedia/piante-transgeniche-e-loro-applicazioninelleagrobiotecnologie_(Frontiere-della-Vita)/
Book in
progress
Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
Limiti e problemi della biotecnologia
Nel corso della storia il miglioramento della qualità della vita dell’uomo si è basato principalmente sulla sperimentazione di
nuove tecnologie e sulla loro applicazione.
Questo vale anche per le biotecnologie moderne.
Altre scienze, quali la fisica nucleare e la chimica industriale, nel periodo storico in cui si sono affermate, ossia nella seconda
metà del secolo scorso, hanno incontrato nella pubblica opinione maggiori ostacoli per affermarsi. Gli aspetti negativi dell’uso
degli elementi radioattivi, dei metalli pesanti, dei prodotti aromatici legati allo sfruttamento del petrolio, degli antiparassitari,
dei detersivi, dei fertilizzanti artificiali hanno determinato pesanti effetti sull’ambiente e sulla salute dell’uomo. Di conseguenza,
anche le scelte politiche dei Paesi industrializzati e l’atteggiamento delle loro popolazioni nei confronti delle nuove frontiere
del progresso si sono fatti più cauti.
Oggi le applicazioni delle biotecnologie nell’agricoltura, in zootecnia, nell’industria chimica farmaceutica, nella medicina, in
tutti gli Stati industrializzati non sono praticate liberamente, ma sono regolamentate da leggi. In Italia le piante OGM non
possono essere coltivate, perché non si vuole compromettere la biodiversità delle varietà locali delle specie coltivate, il cui
patrimonio genetico esalta peculiarità uniche: ne sono esempi prodotti mediterranei, quali i pomodori, le zucchine, l’uva,
ma anche prodotti cerealicoli come il riso, il mais, il grano.
In altri Paesi, in cui gli OGM sono stati introdotti, le coltivazioni transgeniche sono separate dalle altre coltivazioni per evitare
che ne modifichino il patrimonio genetico e per impedirne l’attacco da parte degli insetti dannosi che, negli OGM, per le
modifiche introdotte, trovano la morte. Inoltre, non è da sottovalutare il rischio che le tossine prodotte dagli OGM uccidano
anche gli insetti utili all’impollinazione. E’ difficile ottenere una separazione così netta e invalicabile tra terreni in cui si coltivano
OGM e non, in quanto il polline è trasportato da insetti e dal vento e può fecondare piante affini
trasmettendo alle infestanti la resistenza agli erbicidi.
L’introduzione di specie alloctone da parte dell’uomo ha spesso danneggiato l’integrità degli ecosistemi. La robinia che ha
soppiantato l’olmo e i lecci nel bosco della pianura padana, così come il pino che ha sostituito i lecci e le roverelle del bosco
mediterraneo litoraneo sono esempi di piante che in natura hanno acquisito una maggiore resistenza, che ha permesso
loro di soppiantare specie autoctone in un tempo relativamente lungo.
Molto più rapida è la diffusione degli OGM, che hanno caratteri già predisposti ad un adattamento più ampio ed efficace
rispetto alle tradizionali specie coltivate, in quanto portatori di un successo evolutivo maggiore non solo nei confronti delle
specie con cui competono, ma anche nei confronti dei propri parassiti. Ma il rischio è di diminuire la biodiversità e permettere
l’evoluzione di parassiti resistenti e maggiormente aggressivi, di monocolture sempre meno vigorose, di qualità dei prodotti
agricoli limitata, perché dipendente da poche varietà anche se frutto di manipolazioni tra specie diverse.
Altri problemi legati all’utilizzo degli OGM sono dovuti ai nuovi geni acquisiti nelle specie di uso alimentare, che si esprimono
con proteine e altre sostanze che possono dar luogo a reazioni allergiche in persone predisposte. Vi è poi il rischio da parte
dei batteri patogeni di acquisire geni per la resistenza agli antibiotici, che si aggiunge alla multi resistenza che i batteri
patogeni hanno acquisito a causa dell’uso eccessivo degli stessi.
Per coloro che si sottopongono ai test genetici, è utile diagnosticare la probabilità del futuro insorgere di un tumore al colon
o al seno, perché è data loro la possibilità di intervenire sul proprio “stile di vita” per prevenire la malattia. Ma test eseguiti
non per necessità (oggi è possibile inviare per posta a siti internet specializzati campioni biologici e ottenere test genetici
relativamente alla possibilità di insorgenza di alcune malattie) e soprattutto non correttamente interpretati da personale
medico preparato, possono mettere a rischio la serenità dei pazienti e delle loro famiglie.
I test genetici pre-impianto possono anche determinare la scelta degli ovuli da fecondare nei procedimenti di fecondazione
assistita, cosa che potrebbe porre problemi di carattere etico, sia quando si devono eliminare embrioni con sospette malattie
genetiche, sia per quanto riguarda la possibile discriminazione per altre caratteristiche meno importanti come il sesso.
Altri problemi di carattere economico ed etico intervengono quando le applicazioni biotecnologiche, relative a farmaci o
sementi o altri prodotti, sono coperte da brevetti in mano a poche multinazionali, che offrono questi loro prodotti a prezzo
elevato. Le innovazioni che potrebbero portare a incrementi di raccolti o del valore dietetico di prodotti alimentari nei paesi
poveri, si traducono in un ulteriore aumento del gap tra paesi ricchi e poveri. Certe piante ottenute da sementi OGM sono
state rese sterili proprio per impedire che l’agricoltore possa continuare a coltivarle senza acquistare ogni anno nuove sementi.
Anche la decodifica del DNA di alcuni microrganismi è soggetta a brevetti. Le grandi imprese farmaceutiche che impegnano
risorse per arrivare a determinate scoperte, intendono ovviamente ricavare successivamente vantaggi economici; alcune
Associazioni internazionali di difesa dei diritti dell’uomo si chiedono però se possa essere consentito, quando la scoperta
riguarda la salute dell’uomo e la possibile cura di malattie fortemente invalidanti.
Non tutti i ricercatori e gli studiosi sono d’accordo su una interpretazione privatistica del loro lavoro: Ilaria Capua dell’Istituto
Zooprofilattico delle Venezie nel 2006 resepubblica e accessibile a tutta la comunità scientifica la sequenza genetica del
23
Scienze e Tecnologie Applicate
virus dell’influenza aviaria, per consentire a tutti i laboratori del mondo di portare avanti le ricerche sui vaccini e le prevenzioni
possibili.
L’IMPORTANZA DEI TEST GENETICI PER LA DIAGNOSI PREVENTIVA DEL TUMORE
http://www.airc.it/diagnosi-del-tumore/test-genetici.asp
ESERCIZI
Rispondi alle seguenti domande:
1. La sperimentazione di nuove tecnologie ha sempre rappresentato un miglioramento per la vita dell’uomo?
2. Quali sono gli aspetti positivi e negativi degli OGM in agricoltura?
3. Quali sono gli aspetti positivi e negativi dei test genetici?
4. Quali sono gli aspetti positivi e negativi degli OGM nell’ industria chimica?
1.5 Le nanotecnologie
La Scienza applicata alla Tecnologia ha permesso l’esplorazione di mondi finora sconosciuti.
Immaginiamo di ribaltare il concetto di universo come spazio infinitamente grande:
l’ultraminuscolo è un universo infinitamente piccolo che rappresenta, da un certo punto di
vista, l’altra faccia dello Spazio intergalattico! Fino a qualche decennio fa, lo scienziato era in
grado di esplorare un “mondo” microscopico, i cui abitanti erano corpuscoli con dimensioni
molto piccole; con il microscopio elettronico si arriva a risolvere particelle di dimensioni
dell’ordine di pochi micrometri (1 μm = 10-6 m): in pratica, lo scienziato poteva osservare al
microscopio corpuscoli di millesimi di millimetro. Anche se il risultato poteva essere buono, il
progresso scientifico impone il raggiungimento di nuove frontiere per poter migliorare le
condizioni di vita dell’uomo.
Oggi grazie ad una tecnologia sofisticata è possibile osservare corpuscoli aventi dimensioni estremamente ridotte. Con il
nanoscopio, ad esempio, lo scienziato riesce a studiare particelle le cui dimensioni tendono all’universo “infinitamente
piccolo”: un miliardesimo di metro (1nm = 10-9 m). Con parole più semplici diremmo che lo scienziato dei nostri tempi
riesce a studiare corpuscoli 1000 volte più piccoli di quelli che osservava il suo collega più anziano di qualche decennio!
Grazie alle nanotecnologie il progresso scientifico permetterà di raggiungere un equilibrio migliore tra sviluppo e sostenibilità,
migliorando di molto la qualità della vita dell’Uomo in settori molto importanti che vanno dall’energia, alla salute e ai trasporti
fino ad arrivare alla realizzazione di materiali sempre più rispondenti ai bisogni dell’uomo. Per questo, spesso le
nanotecnologie si ispirano alla natura (nanomeccanica bioispirata).
La tenacità della ragnatela che potrebbe resistere all’impatto di un boeing 747, la capacità del geco di aderire sulle pareti
lisce sei volte più fortemente di una ventosa e tanti altri esempi che la natura ci regala ispirano gli scienziati nella ricerca di
soluzioni tecnologicamente avanzate come il grafene o il vetro autopulente e idrorepellente.
LE NANOTECNOLOGIE
http://www.youtube.com/watch?v=AMDAZp5G7cU
Fondamentali per la vita dell’uomo anche soluzioni nuove in ambito medico. Per esempio le nanotecnologie hanno permesso
di inventare un peptide capace di “ingannare” il sistema immunitario. Senza essere riconosciuto come corpo estraneo
dall’organismo, tale peptide è in grado di trasportare farmaci e presidi terapeutici verso organi mirati, riducendo gli effetti collaterali
dei farmaci non selettivi ed evitando fenomeni di rigetto quando vengono impiantate protesi o dispositivi come il pacemaker.
1.6 Automazione e robotica
Sin dall'antichità l'uomo ha cercato di non compiere personalmente lavori pesanti e/o pericolosi e ha quindi cercato di
inventare e realizzare strumenti in grado di svolgere i lavori più pesanti, lasciando a se stesso il compito di controllare. Con
l'evoluzione tecnologica e quindi con l'utilizzo di macchine in grado non solo di svolgere azioni materiali, ma anche di
“rispondere” a determinate situazioni (computer, ma non solo) anche l'azione del controllo può essere demandata a una
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Book in
progress
Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
macchina: si parla allora di controllo automatico.
Di seguito si cercherà di rendere più chiaro questo concetto, facendo riferimento a situazioni di vita reale.
Alla base dei sistemi di controllo automatici c'è il confronto continuo tra il comportamento della macchina controllata e il
comportamento che si vuole ottenere (il comportamento “ideale”) o, più precisamente, il confronto è effettuato tra i valori
dei parametri che sono oggetto del controllo e i valori che si vogliono (o devono) ottenere.
Questo principio è detto retroazione e di fatto è un fenomeno che si osserva nell'agire quotidiano degli esseri umani.
Un esempio: Luca sta ascoltando la radio, ma è disturbato dal volume troppo alto. Interviene sulla manopola (o sul
telecomando) per portare l'audio ad un livello per lui gradevole.
Si esamini con attenzione quanto descritto, cercando di suddividere il fatto in una serie di azioni, individuando le varie fasi,
dall'inizio alla fine: il processo inizia con la rilevazione da parte dell'orecchio di Luca di suoni percepiti come troppo alti, il
cervello (sempre di Luca) riceve questo impulso e decide di far muovere braccio e mano per modificare la posizione della
manopola da quella attuale a quella corrispondente al volume desiderato.
Probabilmente Luca non riuscirà ad ottenere il risultato voluto dopo il primo aggiustamento, ma dovrà procedere per tentativi
avvicinandosi sempre di più al risultato atteso fino a centrarlo completamente.
Se la regolazione del volume di un'apparecchiatura radiofonica verrà svolta non dall'uomo, ma da un'altra macchina,
ebbene, si è in presenza di un controllo automatico o, meglio, di un processo automatizzato. Ma quali caratteristiche
deve avere la macchina che controlla? Sicuramente deve possedere dei sensori in grado di rilevare il suono (acquisizione
di informazioni), poi deve avere un organo di controllo ed elaborazione che, ricevuti in input dei valori, li elabora
(elaborazione delle informazioni), in questo caso li confronta con i valori di riferimento, prende delle decisioni in base alle
quali genera comandi (generazione di comandi).
Una macchina in grado di fare questo è chiamata automa, il processo di controllo effettuato da una macchina è detto
automazione, termine coniato nell'immediato dopoguerra negli Stati Uniti nel campo automobilistico.
Le definizioni precedenti sono tutt'altro che rigorose; tralasciando la definizione di automa per la quale si rimanda ad altri
testi, ci si sofferma su automazione.
Con il termine automazione si intende “l' insieme dei sistemi e delle operazioni atte a rendere completamente automatico
un processo produttivo, eliminando in tutto o in parte l'opera dell'uomo” (Hoeply.it). E' importante non confondere
l'Automazione con la Meccanizzazione, termine con il quale si indica il processo di “sostituzione del lavoro manuale con
una macchina in una o più fasi di un processo produttivo allo scopo di incrementare la produttività del lavoro” (cerca la
parola “automazione” sul dizionario).
Più semplicemente: nell'era della meccanizzazione, dispositivi meccanici
sostituiscono sì il lavoro dell'uomo, ma sono macchine che comunque hanno
bisogno della presenza umana perché possano funzionare; nell'era
dell'automazione, il compito di azionare le macchine è affidato ad altre macchine.
Il “regolatore centrifugo di Watt” è considerato uno dei primi esempi di macchina
automatizzata. Se lo sviluppo della rete elettrica ha rappresentato il punto di svolta
per il diffondersi dell'automazione su larga scala, l'elettronica ha permesso
l'espandersi dell'automatizzazione nel settore dei servizi, grazie al trattamento
elettronico dei dati e quindi all'informatizzazione di diversi settori.
Si può sintetizzare il processo che ha portato all'automazione nell'accezione attuale
del termine, pensandolo come la sintesi tra la tecnologia impiegata in campo Figura 1.23-Esempio di scheda cablata
industriale e la tecnologia informatica. Dal punto di vista dell'implementazione,
l'automazione può essere realizzata progettando il circuito e collegando
elettricamente i dispositivi secondo uno schema funzionale. Si parla di tecnica a
logica cablata; qualsiasi modifica comporta la variazione del progetto e del
cablaggio, risultando inevitabilmente costosa in termini di tempo e denaro.
L'automazione a logica programmata permette la realizzazione del controllo
mediante programmi implementati in opportuni sistemi di elaborazione, che
sostituiscono i circuiti cablati. Ciò consente di modificare la funzionalità del controllo
velocemente ed in modo semplice, agendo sulle istruzioni del programma senza
modificare nessun collegamento.
La logica programmata, favorita dall’introduzione del microprocessore e dalla Figura 1.24- Esempi di dispositivi a
diffusione dei PLC (Controllori Logici Programmabili), ha di fatto consentito una vera logica programmata
25
Scienze e Tecnologie Applicate
e propria rivoluzione nell'ambito
dell’automazione e dei controlli elettronici.
Un vantaggio fondamentale è costituito dalla flessibilità di utilizzo, che permette di impiegare lo stesso dispositivo per il
controllo di diversi cicli produttivi, cambiando le funzionalità con una semplice modifica del programma.
Per automatismi di limitata complessità si stanno ormai affermando i microcontrollori, nell’ambito dei quali hanno assunto
un rilievo fondamentale i sistemi basati sulla piattaforma “open source” Arduino.
Le principali applicazioni dell’automazione, che hanno ormai una grande ripercussione nella società moderna sono:
• Ambito industriale (in particolare manifatturiero), con l’utilizzo di sistemi CAMCAD, dei robot nelle catene di montaggio
e delle Macchine a Controllo Numerico.
• Ambito biomedico: diagnostica, ausilio alla chirurgia, protesi.
• Qualità della vita e sicurezza: domotica (building automation)
Automazione industriale
Il settore industriale è certamente quello che maggiormente ha tratto vantaggio dall’applicazione di sistemi automatizzati,
in particolare nell’ambito della produzione.
Il sistema più rilevante è quello della produzione assistita da calcolatore, il cosiddetto CAM (Computer Aided Manufacturing).
Grazie all'integrazione con il CAD (Computer Aided Design), questo sistema riesce a progettare e quantificare le varie fasi
di lavorazione, determinando anche quali devono essere le linee di produzione, dove e come installare le macchine operatrici
e quale tipo impiegare. Integrandolo con l'automazione d'ufficio, permette anche di provvedere alla gestione degli
approvvigionamenti, alla programmazione delle risorse produttive e al controllo dei costi di produzione. Il CAM è un sistema
molto diffuso nelle piccole e medie aziende del settore manifatturiero, nelle quali la produzione non deve cambiare tipologia
di frequente, e nelle industrie caratterizzate da cicli standardizzati di produzione, con impianti di produzione dal costo elevato.
Il software di un sistema CAM analizza un modello geometrico bidimensionale o tridimensionale, e genera le istruzioni per
una macchina utensile a controllo numerico computerizzato (CNC), la quale riesce a fabbricare il prodotto nella forma
specificata nel modello.
Le macchine CNC (Computer Numerical Control) sono oggi molto diffuse e rappresentano uno dei fondamentali sviluppi
della meccatronica. La tecnologia delle macchine CNC copre tutti i rami della meccanica industriale, le più comuni sono:
presse, piegatrici, punzonatrici, torni, fresatrici, saldatrici e macchine di taglio lamiera. Questo tipo di macchine presentano
i seguenti vantaggi: riduzione dei tempi e dei costi, maggiore flessibilità, grazie alla possibilità di usare la macchina con gli
stessi utensili per eseguire rapidamente lavorazioni diverse cambiando solo il programma.
Un livello di automazione più avanzato si ottiene realizzando un sistema flessibile di produzione o FMS (Flexible
Manufacturing System), integrando cioè anche sistemi automatizzati per la movimentazione dei pezzi, per il loro trasporto
e per l'immagazzinamento dei materiali e dei prodotti finiti. In tale contesto si sono realizzati i sistemi di produzione
computerizzata integrata, o CIM.
L'introduzione dei sistemi CIM, con la diffusione di robot sempre più perfezionati e di computer e software ad elevate
prestazioni, ha favorito la realizzazione della fabbrica completamente automatizzata, nella quale la presenza dell'uomo è
limitata ad alcune funzioni di progettazione, supervisione e manutenzione, oltre a quelle di ideazione e decisione.
Robotica
E’ forse nella robotica che l’automazione trova la sua massima espressione. Il termine robot, che deriva dal ceco ROBOTA
(lavoratore), è stato utilizzato per la prima volta dallo scrittore di fantascienza Karel Capek in una sua opera teatrale nel
1920, ma deve la sua diffusione allo scrittore statunitense di origine russa Isaac Asimov che, con le sue tre leggi, ha di fatto
dato l'input alla nascita della robotica.
Leggi della Robotica di Isaac Asimov in “Io, Robot” (1950)
1. Un robot non deve danneggiare un essere umano, né direttamente né per inazione
2. Un robot deve obbedire agli ordini degli umani, tranne quando ciò contrasta con la prima legge
3. Un robot deve preservare la sua esistenza, tranne quando ciò contrasta con la prima o con la seconda legge
Secondo quanto definito dal R.I.A. (Robotic Industries Association) il robot è un “manipolatore programmabile multiscopo
per la movimentazione di materiali, di attrezzi ed altri mezzi di produzione, capace di interagire con l’ambiente nel quale
si svolge il ciclo tecnologico di trasformazione relativo all’attività produttiva”.
Ma questa definizione, datata 1985, appare limitativa rispetto all'impiego che si fa deirobot al giorno d'oggi; ecco perché
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Book in
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
si può affermare che la robotica è attualmente quella disciplina che progetta e realizza robot in grado di sostituire l'uomo
nei contesti più disparati, dai robot militari ai robot antropomorfi (solo per fare un esempio: il cane AIDO della Sony), dai
robot spaziali ai robot medici. La robotica (per sua natura, interdisciplinare poiché in essa ci sono elementi di meccanica,
informatica, elettronica, elettrotecnica, automazione, fisica, matematica, medicina etc.) ha avuto un grande sviluppo
nell'automazione industriale grazie alle caratteristiche di programmabilità e flessibilità che offre.
In ambito industriale, le principali aree dove i robot trovano applicazione sono tutte quelle caratterizzate da compiti ripetitivi
e/o nocivi quali, per esempio, le lavorazioni ad alta temperatura (fusioni, stampaggio, forgiatura), la saldatura, la verniciatura
e in tutti quei trattamenti che hanno bisogno di prodotti tossici per essere realizzati.
In generale si dice che è auspicabile impiegare i robot in tutti quegli ambienti o per tutti quei compiti che possono essere
etichettati come “4D”:
1. Dangerous = pericoloso
2. Difficult = difficile
3. Dirty = sporco
4. Dull = stupido
Restando nell’ambito dei compiti pericolosi si pensi al ruolo svolto dai robot artificieri,che svolgono sempre più
frequentemente l’azione di supporto ai tecnici impegnati nelle operazioni di disinnesco di ordigni inesplosi e nella ricerca di
eventuali ordigni innescati per attentati.
Altro settore della robotica in forte evoluzione è quello dei droni, cioè gli aeromobili a pilotaggio remoto. Un drone è un
velivolo senza pilota umano a bordo, che vola controllato dal computer a bordo del velivolo, gestito dal navigatore o pilota,
sul terreno o in un altro veicolo.
Il loro utilizzo è ormai consolidato per usi militari (i famosi aerei spia) e sta crescendo anche nelle applicazioni civili: per usi
di sicurezza non militari (ad esempio in operazioni di prevenzione e intervento in caso di incendi), per sorveglianza di siti
strategici, in ambiti di telerilevamento e ricerca. La loro opera si presta ai casi in cui possano eseguire missioni "noiose,
sporche e pericolose", spesso con costi minori rispetto ai velivoli tradizionali.
• La robotica nella medicina
I robot per applicazioni medicali sono in genere definiti come “robotic medical assistant”, quindi assistenti che generalmente
amplificano l’efficacia dell’intervento umano consentendo enormi progressi soprattutto nei seguenti campi:
• attività diagnostica diversamente non attuabile, grazie a sistemi robotizzati che possono inserirsi all’interno del corpo
umano con telecamera miniaturizzata e sensori, attraverso orifizi naturali o limitate incisioni; tali sistemi sono controllati da
remoto dal medico;
• chirurgia, con interventi che rendono più precisa l’azione del chirurgo e che comportano poche e fisicamente limitate
incisioni; la telerobotica consente inoltre di effettuare degli interventi mediante controllo remoto degli strumenti chirurgici;
• ausilio alle disabilità, con la realizzazione di protesi che dispongono di tecnologie sensoriali per il coordinamento
percezione-azione e sistemi avanzati di controllo, con lo scopo di restituire capacità perdute di interazione con l’ambiente
a soggetti che hanno subito amputazioni o che sono affetti da forti limitazioni percettive e motorie.
Quando si pensa ai robot l’immaginario collettivo va nella direzione di dispositivi con sembianze umane, i cosiddetti androidi,
o umanoidi, possibilmente dotati di una qualche forma di intelligenza artificiale. Molti progressi sono stati realizzati in questo
settore, ma si è comunque ancora lontani da quelle realizzazioni presenti nell'immaginario fantascientifico, alimentate dalla
visione di alcuni film come “A. I. – Intelligenza Artificiale” di Spielberg, che ci ha emozionato e commosso con la storia del
bambino robot.
Qualità della vita e sicurezza - Domotica
La domotica, da “domus (casa)” + “robotica”, si occupa dello studio della tecnologia che migliora la qualità della vita
domestica.
Oggigiorno ogni individuo guarda alla propria abitazione in un’ottica molto più esigente rispetto al passato. Essa diventa
sempre più uno spazio sociale dove si fondono nuove necessità legate alla qualità della vita ed ai bisogni proposti da una
società in costante trasformazione.
Anche in questo settore la tecnologia digitale è in grado di offrire risposte e mette adisposizione soluzioni adeguate per
quanto riguarda il relax, il comfort e la sicurezza domestica.
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Scienze e Tecnologie Applicate
L’automazione domotica permette di controllare efficacemente la funzionalità degli accessi, la climatizzazione degli
ambienti, l’illuminazione. Si riesce inoltre ad ottimizzare i tempi di utilizzo dei dispositivi elettrici, in modo da ottenere anche
un importante obiettivo legato al risparmio energetico.
Si può personalizzare il proprio impianto in modo estremamente flessibile e vario, realizzando dei veri e propri scenari.
Alcuni esempi:
• All’uscita di casa, premendo un pulsante, può essere programmato lo spegnimento di tutte le luci e
degli altri apparecchi elettrici, la chiusura delle tapparelle e lo spegnimento dell’impianto di climatizzazione. Le azioni
opposte possono avvenire al rientro.
• Luci, tapparelle ed altri utilizzatori potrebbero anche essere controllati da sensori che ne determinano l’accensione o
lo spegnimento solo quando necessario (magari le luci non le accendiamo di giorno e le tapparelle le lasciamo
abbassate al rientro di sera).
• Un altro pulsante potrebbe comandare la predisposizione di un impianto audiovideo per la visione di un film, attivando
contemporaneamente l’illuminazione più idonea.
La sicurezza rappresenta un aspetto molto importante della casa domotica. Si possono integrare sistemi in grado di rilevare
fughe di gas, incendi, allagamenti, oltre a sofisticati sistemi d’allarme ed antintrusione.
La maggiore efficacia si ottiene se l’abitazione viene pensata e progettata in ottica domotica, prevedendo già in fase
costruttiva le soluzioni più idonee a soddisfare le esigenze dell’inquilino in termini di comfort e sicurezza.
LA ROBOTICA NELLA DIDATTICA
La robotica nella didattica contribuisce ad avvicinare i giovani allo studio delle materie scientifiche e tecnologiche.
La robotica educativa sta assumendo un ruolo sempre più rilevante nello scenario dei più moderni ed efficaci strumenti
didattici.
La Direttiva del MIUR n. 93 del dicembre 2009, in tema di ampliamento dell’offerta formativa, indica la robotica educativa
come strumento per lo sviluppo di progetti “finalizzati alla risoluzione di problematiche di tipo costruttivo e di
programmazione”.
La robotica non serve soltanto per imparare a costruire o usare i robot, ma anche per acquisire un metodo di
ragionamento e sperimentazione del mondo; essa può essere introdotta come complemento ad attività di Problem
Solving e rappresenta un ottimo strumento soprattutto per specializzazioni quali “informatica e telecomunicazioni” ed
“elettronica e elettrotecnica”.
Si tratta infatti di sistemi complessi e completi in cui è possibile vedere i vari aspetti delle tecnologie applicate.
Si potranno considerare prevalentemente le componenti elettroniche enfatizzando le capacità di interazione sensoriale
con il mondo esterno e la parte circuitale della macchina.
Chi si occupa di informatica affronterà invece il robot dal punto di vista della intelligenza artificiale lavorando principalmente
sulla programmazione.
Ma si può affrontare la robotica anche in un indirizzo meccatronico, considerando prevalentemente gli aspetti meccanici,
per cui si tenderà a vedere i Robot come macchine automatiche in cui prevalgono le problematiche di movimento e di
componentistica.
Sono ormai tante le scuole che sperimentano con successo l’impiego dei robot nella didattica, con un’impostazione che
favorisce:
• le attitudini creative degli studenti, nonché la loro capacità di comunicazione, cooperazione e lavoro di gruppo;
• un atteggiamento di interesse e di apertura verso le materie scientifiche con conseguente recupero motivazionale
degli studenti, portando a significativi miglioramenti nell’apprendimento.
Se poi si pone come obiettivo la partecipazione a competizioni, gli alunni manifestano una motivazione in più per
impegnarsi.
Tra le competizioni che si svolgono in ambito nazionale ed internazionale si segnala Rome Cup, che si svolge annualmente
a Roma nel mese di marzo e che prevede competizioni nelle seguenti categorie robotiche:
• Soccer (primary e secondary)
• Rescue (primary e secondary)
• Dance (primary e secondary)
• Explorer (junior e senior)
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Book in
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
1.7 Strumenti di misura ad alta tecnologia
Ogni qualvolta l’uomo decida di effettuare una misura
commetterà sempre alcuni errori!
Di fatto il valore numerico espresso dalla misura non
corrisponde mai al valore effettivo (valore vero). Questo
scostamento tra il valore vero (dato certo e caratteristico
del corpo materiale) e il valore misurato (dato incerto
determinato dall’uomo) ci dice che l’operazione del
misurare presenta sempre un certo grado di incertezza.
Un conto è misurare l’altezza di un tronco con una vecchia
fettuccia sfibrata dal tempo, ben altro sarebbe avere la
possibilità di effettuare la stessa misura con un
distanziometro laser!
La misura di un tronco effettuata utilizzando
comestrumento una comune riga di plastica, come quelle che normalmente si utilizzano a scuola, avrà un margine di
incertezza (errore) intorno allo 0,1% in quanto sulla riga sono visibili le “tacchette” relative ai millimetri. La stessa misura
eseguita con il raggio laser garantisce un valore molto, ma molto più preciso, avendo un margine di incertezza dello
0,00001% (prossimo al valore vero, quindi con bassissimo grado di incertezza)! Inoltre la velocità dell’operazione relativa
alla misura di un tronco richiede qualche minuto nel caso si utilizzi come strumento la riga, pochissimi secondi quando si
impiega come strumento di misura il raggio laser. L’incertezza della misura, (differenza tra valore vero e valore trovato) o
errore, dipende anche dalla abilità ed esperienza dell’operatore. Un tecnico distratto o maldestro può commettere un errore
che fa aumentare l’incertezza della misura. Gli errori determinati per difetti propri degli strumenti di misura vengono definiti
errori strumentali. Gli errori di misura che dipendono invece dalla scarsa abilità dell’operatore, oppure da cause non
collegate al funzionamento normale dello strumento, prendono il nome tecnico di errori accidentali. Generalmente gli errori
strumentali possono considerarsi meno gravi in quanto possono essere evitati medianteoperazioni di taratura e messa a
punto degli strumenti prima di effettuare qualsiasi misura. Gli errori umani possono essere corretti mediante l’effettuazione
di più misure facendo poi un calcolo statistico dei dati ottenuti. In questo modo possiamo ottenere misure con grado di
incertezza relativamente accettabile. Se invece vogliamo un grado di precisione molto elevato allora dobbiamo affidarci alla
tecnologia!
Il laser ovvero come misurare oggetti e distanze con precisione quasi assoluta!
Immaginiamo di dover misurare la nostra aula scolastica con una normalissima cordella metrica da 20 metri (doppio
decametro), quella che si arrotola e che di solito, alcuni anni fa, veniva impiegata dal capomastro sui cantieri. Quanto tempo
ci occorrerebbe per sapere la superficie dell’aula? Inoltre, che errore commetteremo impiegando una simile tecnica? Le
risposte sono naturalmente legate alla abilità, alla nostra perizia, nel compiere in modo corretto l’azione del misurare, vale
a dire in pratica, contare quante volte l’unità rappresentativa della grandezza fisica, in questo esempio il metro, si ripete fino
a coprire l’intera lunghezza che si intende, per l’appunto, misurare. La prima volta impiegheremo molto tempo poiché
saremo incerti sulla tecnica e la manualità si acquista con il tempo e l’esperienza. Anche l’errore di misura sarà
considerevole: la fettuccia non è rigida, tende ad attorcigliarsi e se la tiriamo troppo si allunga, pertanto la misura risultante
sarà molto imprecisa, viziata da errori considerevoli. Per verificare ciò basta fare una prova pratica. Prendiamo ad esempio
cinque coppie di alunni della classe che a turno misureranno le dimensioni dell’aula: lunghezza, larghezza, altezza e che,
dopo la rilevazione di queste grandezze fondamentali, calcoleranno rispettivamente superficie e volume (grandezze
derivate) della nostra aula. Basterà confrontare i risultati per renderci conto di cosa significhi parlare di “incertezza” della
misura. La tecnologia ci aiuta molto nell’operazione del misurare. Oggetti piccolissimi o distanze considerevoli possono
essere facilmente misurabili con il raggio LASER, proprio quello che alcuni tifosi molto scorrettamente ed illegalmente
utilizzano allo stadio per disturbare i calciatori durante l’esecuzione dei calci di rigore, inducendoli a sbagliare!
• Come funziona un calibro laser?
Immaginiamo di voler misurare il diametro di una sferetta di acciaio di pochi millimetri. Utilizzando un calibro comune, quello
a disposizione dei meccanici, avremo un risultato abbastanza preciso ma se volessimo migliorare la precisione allora il
LASER ci permetterà di ottenere un risultato sorprendente, in termini di precisione e velocità di misura.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Figura 1.25-Schema di funzionamento del raggio laser come strumento di misura
Il raggio laser viene emesso da un dispositivo particolare spostandosi continuamente dall’alto verso il basso e viceversa.
Quando non incontra ostacoli, il raggio vieneregistrato da un ricevitore. Se interponiamo tra il ricevitore e l’emettitore un
ostacolo, ad esempio la sferetta di acciaio di cui vogliamo conoscere esattamente il diametro, allora il raggio laser nello
spostarsi rapidamente dall’alto verso il basso, lungo il suo percorso, incontrando l’ostacolo verrà bloccato e sul ricevitore
si creerà una zona d’ombra, nel senso che per un certo tempo non arriverà più il raggio. La zona d’ombra rilevata dal
ricevitore corrisponde al diametro della sferetta d’acciaio che vogliamo misurare con assoluta precisione! Un particolare
software collegato al ricevitore fornirà i dati relativi alla misura effettuata arrivando alla precisione di 1/1000 di millimetro.
L’operazione avviene in pochissimi secondi, visto che il raggio laser viaggia alla velocità della luce (circa 300000 Km/s nel
vuoto). Con la tecnologia laser basata, come descritto precedentemente, sull’analisi luce-ombra, sarà possibile ottenere
informazioni sulla qualità del materiale di cui è fatta la sferetta. L’estrema precisione della misura permette infatti di rilevare
eventuali difetti nella struttura dei materiali, come microfratture, piccolissimi difetti, rugosità e ancora altro che ad occhio
nudo non riusciremmo a vedere. Oltre ad ottenere misure ad elevatissima precisione ed estremamente rapide, la tecnologia
laser ci permette di effettuare anche un rapido controllo sulla qualità dei materiali. Un idoneo software collegato al ricevitore
completa il quadro delle analisi possibili sui materiali. Il report finale potrà essere direttamente visualizzato su monitor,
stampato su carta, memorizzato su supporto magnetico. Questo nuovo modo di “misurare” che collega la grandezza fisica
determinata ad una analisi sulla qualità del materiale prende il nome tecnico di “controllo dedicato”.
• L’autovelox a pistola laser
Un esempio meno “simpatico” della tecnologia LASER è la misura della velocità di una automobile effettuata dalla Polizia
per controllare i limiti di velocità. Come funziona un autovelox laser? La tecnologia applicata per questo tipo particolare di
misura della velocità, “poco simpatica” ma utile, si basa sul fatto che il raggio laser quando colpisce la carrozzeria della
nostra macchina emette una radiazione infrarossa (invisibile ad occhio nudo) ma rilevabile da particolari cannocchiali. Il
fittizio agente di Polizia “spara due colpi” con la pistola laser contro una macchina che sta transitando. La carrozzeria
colpita dal raggio laser emette immediatamente una radiazione infrarossa. Il secondo “colpo sparato” dall’agente serve a
misurare lo spazio percorso dalla macchina in un certo tempo e quindi lo strumento fornirà, nel giro di qualche frazione di
secondo, informazioni sulla velocità dell’autovettura in transito. Nel caso in cui l’autovelox laser rilevi una velocità superiore
a quella stabilita nel tratto di strada percorsa, il conducente della macchina sarà sanzionato con una multa salata e con
detrazione di punti sulla patente di guida!
• Come si genera un raggio laser?
La parola laser deriva da un acronimo inglese (L=Light; A=Amplification; S=Stimulated; E=Emission; R=Radiation)
traducendo si tratta di una Radiazione Luminosa Amplificata.
Quando un normale raggio luminoso attraversa un corpo, parte dell’energia luminosa viene assorbita dal corpo stesso, in
quanto parte dell’energia viene ceduta agli atomi incontrati eccitandoli, in pratica portandoli ad uno stato energetico più
alto. Se però la luce che attraversa il materiale incontra atomi già eccitati, perché stimolati in precedenza da una fonte di
energia esterna, allora gli atomi che costituiscono il corpo attraversato dal raggio di luce, forniranno l’energia in eccesso al
raggio luminoso che vedrà amplificata la propria energia man mano che attraversa il corpo. L’effetto finale sarà la
fuoriuscita dal corpo di un raggio luminoso ad energia concentrata.
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Book in
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Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
Figura 1.26-Schema del dispositivo che produce un raggio laser
Un raggio di luce entra nel dispositivo laser in cui gli atomi sono stati portati ad un livello energetico alto mediante stimolazione
energetica esterna. Il raggio luminoso, nell’attraversare il dispositivo, acquista energia dagli elettroni eccitati. L’effetto
amplificazione dell’energia all’interno del dispositivo laser è dato dagli elettroni eccitati. In uscita dal dispositivo si avrà
un fascio molto luminoso coerente, monocromatico e concentrato in un raggio che si mantiene rettilineo. L’elevata capacità
di concentrare una grande potenza in un’area molto piccola permette al laser alcune prestazioni particolari quali: il taglio,
l’incisione e la saldatura di metalli. L’elevata coerenza (la radiazione in uscita ha la stessa frequenza e la stessa fase di quella
in entrata) rende il raggio laser un ottimo strumento per misurare distanze con elevatissima precisione. La monocromaticità
(cioè la capacità di emettere radiazioni di un’unica frequenza) rende il laser adatto a trasportare informazioni tramite fibre
ottiche e nello spazio libero anche a grande distanza.
• La potenza dei diversi raggi laser ed ef fetti sull’uomo
I CLASSE (radiazione perfettamente innocua)
POTENZA DEL RAGGIO LASER < 0,04 mW
II CLASSE (radiazione che non arreca danni alla vista)
POTENZA DEL RAGGIO LASER < 1mW
III CLASSE A (radiazione arreca danni vista) POTENZA
DEL RAGGIO LASER da 1 a 5 mW
III CLASSE B (radiazione arreca seri danni vista)
POTENZA DEL RAGGIO LASER da 5 a 500 mW
IV CLASSE (radiazione molto pericolosa) POTENZA
DEL RAGGIO LASER > 500 mW
Il sistema GPS, ovvero: ogni cosa ha il suo posto
In una celebre scena di un film del 1956, Totò e Peppino, in visita a Milano,
chiedono ad un vigile urbano: “…Per andare dove dobbiamo andare, per
dove dobbiamo andare?”
“TOTO’ PEPPINO E …LA MALAFEMMINA”
http://www.youtube.com/watch?v=pChKzWHiBEw
Figura 1.27-Scena del film "Totò, Peppino e…la malafemmina"
31
Scienze e Tecnologie Applicate
Ovviamente è una scena paradossale, nata per esaltare la comicità del grande attore, ma, quante volte ci capita di chiedere
a qualcuno, per strada “Scusi, saprebbe dirmi dove è …”, oppure “La stazione?” Oppure, quante volte ci è stata chiesta
un’informazione ed abbiamo dovuto rispondere “Mi spiace, non so”.
Tutto questo, però, va scomparendo e scene esilaranti come quella di Totò e Peppino diventano sempre più rare, sia per
le domande rivolte ai passanti, sia per le risposte che vengono fornite (spesso altrettanto esilaranti). Il motivo?
Da alcuni anni a questa parte si sta diffondendo, in maniera sempre più capillare, l’uso di uno strumento di derivazione
militare, detto GPS o, più comunemente: “navigatore satellitare”.
• La tecnologia del GPS
La sigla GPS è l’acronimo di “Global Positioning System” che indica un sistema,
ad alta tecnologia, composto da un dispositivo digitale, a terra, capace di ricevere
una serie di onde elettromagnetiche ad alta frequenza (onde radio) emesse da
satelliti in orbita geostazionaria, e di rappresentare su una mappa che rappresenta,
in modo opportuno, il territorio, la posizione in cui si trova l’apparecchiatura.
Il sistema GPS si compone di tre segmenti: il segmento spaziale, il segmento di
controllo ed il segmento utente.
I primi due sistemi sono sviluppati e gestiti dall’aeronautica militare degli Stati Uniti,
mentre il terzo segmento viene sviluppato e gestito, secondo le esigenze e le
applicazioni, da ditte specializzate e software-house.
1.28-Satellite GPS in orbita
Attualmente sono in orbita, nella cosiddetta “costellazione GPS” 31 satelliti attivi,
più alcuni satelliti dismessi, alcuni dei quali riattivabili in caso di necessità). Il maggior
numero dei satelliti visibili da un rilevatore migliora la precisione del sistema di
rilevamento.
Figura 1.29-Rilevatori GPS
Figura1.30 - Operatrice dell’aeronautica
statunitense in un centro di controllo
Figura 1.31 - stazione di controllo a terra
Figura 1.32 - Esempio di costellazione GPS
• Principio di funzionamento
Il principio di funzionamento si basa su un metodo di posizionamento sferico, detto trilaterazione, che parte dalla misura
del tempo impiegato da un’onda radio a percorrere la distanza tra il satellite ed il ricevitore.
Intersecando tre sfere il cui raggio è la distanza dal satellite, nota, trattandosi di orbite geostazionarie, con la superficie
terrestre, si può individuare un punto su di essa, mediante tre coordinate: la
longitudine, la latitudine e l’altezza.
La distanza viene misurata mediante il tempo che l’onda elettromagnetica impiega
a raggiungere il ricevitore.
Affinché il sistema funzioni, è necessario che un ricevitore sia collegato,
contemporaneamente, ad almeno 4 satelliti ed il motivo è molto semplice.
Infatti, il ricevitore non conosce il momento in cui è stato trasmesso, dal satellite, il
segnale radio. Per questo motivo, il segnale inviato è del tipo orario; ovvero: un
Figura 1.33 - Esempio di trilaterazione
classico segnale orario.
Il calcolo della differenza dei tempi, orario di trasmissione – orario di ricezione (di qualche milionesimo di secondo), in funzione
della velocità di propagazione dell’onda elettromagnetica (velocità della luce) consente di determinare la distanza tra il
satellite ed il ricevitore. Sembra semplice, ma….
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Book in
progress
Capitolo 1 - La scienza e la Tecnologia
Ma sul satellite l’orario è scandito da un orologio atomico molto preciso, mentre sui
ricevitori GPS viene montato un orologio, molto meno sofisticato di quello a bordo
dei satelliti, che deve essere corretto frequentemente non essendo preciso sul lungo
periodo.
Per questo motivo, occorre sincronizzare i due orologi e la sincronizzazione
dell’orologiodel ricevitore avviene all'accensione del dispositivo ricevente, utilizzando
l'informazione che arriva dal quarto satellite venendo così continuamente
aggiornata.
Figura 1.34 - Orologio atomico
Per una maggior precisione nella misurazione, dell’ordine di pochissimi centimetri,
ciascun satellite emette il proprio segnale su due canali: L1 ed L2. La maggior parte
dei sistemi GPS per uso civile riceve solamente il segnale L1; mentre il segnale L2
è ricevuto, unitamente al primo, dai sistemi di rilevamento per usi militari.
Lo scopo della doppia frequenza è quello di eliminare l'errore dovuto alla rifrazione
causata dall’attraversamento dei vari strati,
di diversa densità, dell’atmosfera terrestre.
Negli ultimi anni, però, alcuni modelli di Figura 1.35 - Satellite GPS esposto al
museo dell'aeronautica di San Diego (USA)
ricevitori GPS per uso civile hanno la
possibilità di usufruire del secondo canale L2, permettendo così di raggiungere un
margine di precisione maggiore.
Tali sistemi trovano applicazione soprattutto in campo topografico, rendendo
possibili rilievi di zone poco accessibili.
Figura 1.36-Operatori topografici in azione
• Applicazioni del sistema GPS
In campo civile, il GPS ha numerosi impieghi e si utilizza ogni volta si debba determinare con precisione la posizione e la
velocità di un corpo nello spazio atmosferico.
Per l’aviazione è stato dato l’avvio alla realizzazione di un sistema, connesso al GPS, per l’atterraggio anche in aeroporti
privi di ogni assistenza a terra: grazie a questo sistema, sarà quindi possibile
atterrare senza l’ausilio di infrastrutture aeroportuali. Anche il traffico automobilistico
beneficia del GPS grazie alla possibilità offerta dal sistema di mostrare la posizione
del veicolo sovrapposta a cartine topografiche; perfino in caso di furto è possibile
conoscere la posizione dell’auto.
Alcuni moderni smartphone, come Apple o Samsung, presentano un'antenna in
grado di riceve sia i segnali GPS sia i segnali GLONASS, con la possibilità di
abbinare i segnali ad applicazioni di diverse utilità.
Figura 1.37- Modelli di smartphone
• Sistemi alternativi
Oltre al sistema statunitense, denominato GPS, attualmente sono in uso o in fase di sviluppo altri sistemi satellitari; primo
fra tutti, il sistema russo, denominato GLONASS (Global Navigation Satellite System).
Il sistema è stato impiegato, fino al 2007, solamente per scopi militari, nell’Unione Sovietica e nella Russia. Anche in questo
caso, a partire da tale data, il sistema è stato reso pienamente disponibile anche ai civili.
Anche la Cina ha realizzato un proprio sistema di posizionamento, denominato BEIDOU, per uso civile esteso a tutta l'Asia,
ed è prevista per i prossimi anni la messa a punto di un sistema di navigazione, denominato COMPASS.
Infine, l’Unione Europea ha in progetto il completamento di una propria rete di satelliti, al fine di creare un suo sistema di
posizionamento, denominato GALILEO, da impiegare sia per scopi civili che militari.
Questo progetto ha un'evidente valenza strategica in quanto la rete statunitense è proprietà degli Stati Uniti d’America ed
è gestita da autorità militari che, in particolari condizioni, potrebbero decidere discrezionalmente e unilateralmente di ridurne
la precisione o bloccare selettivamente l'accesso al sistema: la condivisione dell'investimento e della proprietà da parte
degli stati utilizzatori garantisce continuità, accessibilità e interoperabilità del servizio europeo.
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Scienze e Tecnologie Applicate
ESERCIZIO
Nella tua vita quotidiana ti imbatti ogni giorno in oggetti tecnologici. Individuane almeno tre e descrivine il funzionamento
tentando di risalire, in base alle tue conoscenze, alla scoperta scientifica che ne è il fondamento.
NESSI E COLLEGAMENTI
Il sistema di conoscenze acquisito attraverso il rigore del metodo scientifico, quando viene sfruttato per realizzare nuovi
prodotti, nuovi materiali (cfr. cap. V) e nuovi mezzi, produce un binomio indissolubile tra scienza e tecnologia che, insieme
alla tecnica, sintesi di sapere teorico, pratica empirica e creatività, genera quel progresso che, usato per fini positivi, migliora
la qualità della vita in tutti i contesti (cfr.cap.II) , anche lavorativi (cfr.cap.VIII) e la qualità del lavoro in tutti i settori produttivi
e dei servizi (cfr. cap.IV). La storia di Galileo Galilei stimola riflessioni in relazione al contesto storico sociale che sempre
condiziona l'agire umano, dando impulso o frenando la voglia di ricercare e fare nuove scoperte, e alle possibilità di
comunicare la scienza affinché sia patrimonio dell'umanità (cfr. cap.III). La scienza e la tecnologia al servizio dell'uomo
hanno contribuito ad aumentare le aspettative di vita anche offrendo nuove possibilità in medicina, per esempio attraverso
l'invenzione di nuovi e più sicuri strumenti diagnostici. L’informatizzazione di diversi settori ha rappresentato un ulteriore
passo avanti nell’ambito dei servizi. L'ingegneria genetica è una branca della scienza che apre prospettive nuove in
farmacologia, agricoltura, biotecnologia e in tanti altri ambiti anche in riferimento alla difesa dell'ambiente (cfr. cap.VI).
I
Capitolo
V Capitolo
Materiali
La tecnologia e le
nanotecnologie hanno
permesso di realizzare
materiali sempre più flessibili e
rispondenti ai bisogni
VI Capitolo
Smaltimento
Le biotecnologie e l’ingegneria genetica
aprono nuove prospettive anche in riferimento
all’impatto ambientale delle produzioni
industriali e allo
smaltimento dei rifiuti
IV Capitolo
Qualità e organizzazione
aziendale
L’innovazione tecnologia modifica
le modalità di lavoro rendendo più
efficiente l’organizzazione aziendale
e migliorando la qualità del
processo e del prodotto
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II Capitolo
Conservazione alimenti
Esempio di scienza tecnica e
tecnologia che ha cambiato
le abitudini sociali
III Capitolo
Comunicazione
Quando la scienza viene
divulgata diventa patrimonio
dell’umanità
VIII Capitolo
Sicurezza
L’innovazione tecnologica rende
più sicuri gli ambienti di lavoro e
le conoscenze scientifiche
forniscono soluzioni utili
Book in
progress
Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
CAPITOLO SECONDO
LE TECNOLOGIE PER LA CONSERVAZIONE DEGLI ALIMENTI
La rappresentazione del cibo, da sempre, riflette abitudini e condizioni sociali
Jan Davidsz de Heem: Natura morta con aragosta
QUADRO INIZIALE
Le tecnologie di conservazione degli alimenti sono considerate in questo capitolo come un esempio significativo delle
ricadute che lo sviluppo scientifico ha sugli stili di vita delle persone. Per comprendere pienamente il senso del progresso
scientifico e della conseguente innovazione tecnologica, non si può prescindere dalle dinamiche sociali che, se da una
parte stimolano la ricerca in considerazione di rinnovati bisogni, dall’altra derivano esse stesse dall’applicazione di nuove
conoscenze.
2.1 Comunicare la scienza
Implicazione delle tecnologie per la conservazione degli alimenti
nel cambiamento delle abitudini sociali
Fino alla fine del XIX secolo la nostra società era rurale e la maggior parte delle famiglie produceva le derrate che in parte
consumava. Successivamente, con la rivoluzione industriale, vi fu il trasferimento degli agricoltori, pesantemente provati
dalle carestie e dalle epidemie, verso le città. Cambiò non solo la struttura sociale, ma anche gli stili di vita. Infatti nelle città
i contadini, divenuti operai non specializzati nelle grandi industrie, potevano contare su un salario fisso per l’acquisto di quei
beni sempre più disponibili sui mercati, grazie ad innovative tecniche agricole e di conservazione dei cibi.
Per esempio, P. Durant introdusse la latta dei contenitori per gli alimenti, poi sostituita dall’alluminio, dall’acciaio e infine
dalla plastica; essa non solo servì per il trasporto, ma anche per la conservazione dei cibi in scatola, previo riscaldamento
dei contenitori stessi.
Le ghiacciaie, manufatti che contenevano il ghiaccio e che venivano esposte a nord per
mantenere di più e più a lungo il fresco, furono sostituite con frigoriferi atti ad allungare il
periodo di conservazione del cibo mediante la refrigerazione L. Pasteur arrivò ad ottenere
una lunga conservazione del vino esportato dalla Francia grazie alla scoperta della tecnica
della pastorizzazione che prevedeva il riscaldamento dello stesso a 55 °C in anaerobiosi,
impedendone, così, l’inacidimento. Tale metodo fu applicato ad altri prodotti come la birra,
il latte, i succhi di frutta.
Tyndall diede il nome al metodo detto appunto tindalizzazione che consisteva in ripetuti La prima fabbrica di piselli in scatola
(3x) trattamenti termici blandi a temperature di circa 70-80°C per 30’, intervallati da pause e il primo impianto di lavorazione di
pomodori in scatola si devono a
a temperatura ambiente per 24h. La tecnica venne applicata alle conserve, ai piselli e
Francesco Cirio e risalgono al 1856.
al latte.
35
Scienze e Tecnologie Applicate
Successivamente alla scoperta dell’autoclave fu applicata la sterilizzazione mediante il calore per la produzione di conserve.
Dal 1940 in poi si cominciarono ad applicare gli studi di Dunkey al confezionamento asettico.
Tecniche più recenti sono la sterilizzazione per irradiazione di alcuni alimenti e il sottovuoto mediante le saldatrici.
Questi metodi di conservazione, applicati insieme alle tecnologie ingegneristiche, hanno permesso di valorizzare l’industria
alimentare che ormai è in grado di soddisfare le richieste dei mercati più lontani, grazie all’aumento della shelf-life degli
alimenti, ossia alla durata di vita del prodotto prima del suo consumo, nelle condizioni di conservazione che garantiscono
l’igiene e la sicurezza alimentare, la qualità nutrizionale e le caratteristiche organolettiche.
Perciò la shelf-life dell’alimento è tanto più lunga quanto più efficaci e controllati sono stati i metodi di conservazione dalla
sua produzione, al suo trasporto, al suo immagazzinamento, al mantenimento domestico.
A garanzia del consumatore nel campo della sicurezza alimentare si configura l’obbligo delle aziende alimentari di applicare
il sistema HACCP in materia di analisi dei rischi e controllo dei punti critici.
HACCP
Hazard Analysis and Critical Control Points
Inoltre per essere competitivi sul mercato, le aziende alimentari
adottano il sistema di certificazione ISO 22000, che segue i
protocolli HACCP, le ISO 9000 in materia di sicurezza
alimentare e la CE 178/2002 sulla tracciabilità dei prodotti
alimentari, assumendo un sistema di gestione della sicurezza
alimentare in tutta la filiera del prodotto che segue criteri
standardizzati di qualità. Il consumatore può essere orientato
nella scelta del prodotto, oltre che dalla certificazione ISO
22000, dall’etichettatura degli alimenti, regolamentata dal
Regolamento CE n. 1169/2011 (sull’etichettatura dei prodotti
alimentari) le cui indicazioni obbligatorie riguardano, per
esempio, la dichiarazione nutrizionale, le sostanze che
provocano allergie o intolleranze, il termine minimo di
conservazione o la data di scadenza, le condizioni particolari
Figura 2.1- Un’etichetta di un alimento che riporta i valori nutrizionali
di conservazione. In questo modo l’utente è informato della
necessità di prestare particolare attenzione alla conservazione degli alimenti prima del loro consumo.
Perciò il consumatore utilizza in modo consapevole elettrodomestici come le macchine per conservare sottovuoto gli
alimenti, il frigorifero, il congelatore, orientandosi nella loro scelta in base alle diverse opzioni disponibili: ad esempio, alcuni
frigoriferi, mantengono l’umidità di circa l’80%, ed impediscono la disidratazione quando il prodotto non è ben sigillato,
oppure esistono congelatori che abbassano repentinamente la temperatura, impedendo la degradazione della merce.
Il consumatore, inoltre ha l’opportunità non solo di salvaguardare la propria salute, ma di partecipare alla sostenibilità
ambientale, poiché riduce gli sprechi di cibo o food waste, diminuendo così la produzione di rifiuti e lo sfruttamento delle
risorse alimentari non destinate alla lotta alla fame nel mondo.
Questa sinergia tra le scelte di politica industriale e le scelte consumistiche si completa nelle diverse abitudini sociali che si
sono venute a realizzare nella società post-industriale.
Infatti il peso del lavoro nelle scelte di vita opera una razionalizzazione del tempo dedicato alle attività domestiche: per
questo la conservazione degli alimenti, un tempo ricercata nelle capacità individuali di preparazione domestica dei cibi, va
riducendosi. La pastorizzazione delle conserve (non a base di vegetali al naturale, di carne, di pesce per cui si consiglia la
sterilizzazione industriale) con riscaldamento a bagnomaria, la scottatura dei vegetali prima della conservazione in
congelatore, i vegetali sott’olio, i sottaceto, la preparazione di marmellate e confetture, le gelatine di frutta, la frutta sotto
spirito e sciroppata, i vegetali in salamoia (da http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2176_allegato.pdf)
sono delle pratiche poco diffuse di conservazione domestica dei cibi. Al loro posto si preferiscono gli alimenti di preparazione
industriale: aumenta il consumo di cibi precotti, magari monodose, per un pasto veloce, ma completo, che non richieda
lunghi periodi di conservazione domestica, di veloce consumo individuale, per venire incontro alle richieste di una clientela
sempre più ampia e variegata che comprende una vasta fetta di utenza sempre più anziana e di famiglie mononucleari.
Anche negli incontri conviviali tra le mura domestiche il tempo di preparazione è limitato e si usano prodotti o ingredienti già
pronti.
Un dato che avvalora la frugalità del consumo alimentare è la spesa media mensile per i consumi fuori casa, che è passata
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Book in
progress
Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
da 38,37 euro del 1985 a 72,82 euro nel 2004. Le scelte e i bisogni sociali hanno così permesso l’avvento del catering e
delle mense scolastiche, che utilizzano prodotti alimentari semi cotti o già pronti da cucinare, confezionati in vassoi utilizzati
nella lavorazione, nel trasporto e nella vendita così da escludere il contatto del cibo con le contaminazioni e alterazioni
dell’aria.
Perciò la shielf-life dei prodotti alimentari è soprattutto dipendente dalle buone pratiche di conservazione industriale, che
propongono anche prodotti di minore deperibilità e di facile uso e che rispondono alle esigenze dello stile di vita moderno.
A tal proposito, la corrispondenza tra offerta di prodotti innovativi e le preferenze del mercato si è tradotta in un aumento
dell’acquisto di prodotti surgelati che in 25 anni è aumentato del 50%, in quanto hanno una qualità e praticità maggiore
rispetto ai prodotti freschi, qualora questi non siano a Km zero. Anche la sicurezza dei surgelati è garantita dall’obbligo del
controllo della catena del freddo in base alle norme specifiche del regolamento CE n. 853/2004.
In conclusione, il cambiamento della società (famiglie mononucleari, l’invecchiamento della società, genitori lontani da casa
per lavoro) ha imposto nuove abitudini (pasti fuori casa, consumo di cibi surgelati e precotti, monodose) e una maggiore
attenzione verso la qualità e la conservazione dei prodotti. Ciò ha imposto nuove strategie industriali anche nel campo della
conservazione degli alimenti e nella visibilità delle aziende mediante le certificazioni di qualità nell’ambito della gestione della
sicurezza alimentare.
2.2 Metodi di conservazione degli alimenti
METODI FISICI
TRADIZIONALI
Basse temperature
• Refrigerazione
• Congelamento
• Surgelamento
Alte temperature
• Pastorizzazione
• Sterilizzazione
Disidratazione
• Concentrazione per evaporazione acqua
• Essiccamento
• Liofilizzazione
Radiazioni
• Ionizzanti
Variazione pressione
• Confezionamento sottovuoto
• Confezionamento in atmosfera modificata
(MAP)
• Cryovac
• CAS: conservazione in atmosfera controllata
• MAS: conservazione in atmosfera modificata
METODI FISICI
INNOVATIVI
Alte pressioni
Microonde
Ultrasuoni
Elettricità
• Riscaldamento ohmico
• Campi elettrici pulsanti
METODI
CHIMICI
Luce
• Impulsi luminosi
Conservanti naturali
• Salagione: uso di sale
• Uso di zucchero
• Uso di alcol
• Uso di aceto
• Uso di olio
Conservanti artificiali
METODI
FISICO-CHIMICI
Affumicamento
METODI
BIOLOGICI
Fermentazioni
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Scienze e Tecnologie Applicate
Metodi fisici di conservazione
METODI
CONSERVAZIONE
fisici
Alte
temperature
Basse
temperature
Ambienti
modificati
Sottrazione
d’acqua
pastorizzazione
rifrigerazione
atmosfera
protetta
concentrazione
sterilizzazione
congelamento
atmosfera
modificata
essiccazione
surgelazione
sottovuoto
liofilizzazione
Irradiazione
cryovac
• Alte temperature
L’alimento è portato ad una temperatura che inibisce la crescita batterica, inattiva gli enzimi o distrugge eventuali
microrganismi sopravvissuti, e in alcuni casi anche le spore (forme di resistenza microbica).
Si distinguono 2 metodi:
- pastorizzazione: consiste nel riscaldare l’alimento a 72° C per almeno 15 secondi per uccidere la maggior parte dei
microrganismi patogeni alimentari, quindi raffreddare rapidamente a 5°C. Si effettua su alimenti liquidi (latte, birra, succhi
di frutta,..). Assicura la conservazione per un tempo limitato e associa altri metodi di conservazione (per esempio aggiunta
di anidride solforosa nel vino, refrigerazione per il latte, sottovuoto…)
Figura 2.2 - Sistemi di pastorizzazione
- sterilizzazione: implica il riscaldamento dell’alimento a T > 120° C per almeno 1 secondo seguito da un raffreddamento
rapido per distruggere tutti i microrganismi. La sterilizzazione classica si effettua su alimenti liquidi e solidi, che subiscono
un trattamento a 120°C per almeno 20 minuti. La sterilizzazione ad alta temperatura (Ultra–High Temperature, UHT) si
effettua su alimenti liquidi e prevede un trattamento a 140-150 °C per pochi secondi.
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progress
Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
Gli alimenti possono essere sfusi o precedentemente
confezionati. Gli alimenti confezionati (scatole di metallo,
bottiglie di vetro…) subiscono un trattamento termico in
autoclave. Sugli alimenti sfusi il trattamento si effettua
aumentando la temperatura del prodotto attraverso il
passaggio di calore tra due corpi vicini.
Dopo il trattamento gli alimenti sfusi subiscono un
confezionamento asettico in contenitori sterili.
La temperatura alla quale si esegue il trattamento dipende dal
pH: gli alimenti molto acidi (pH inferiore a 4.5) non sono
attaccabili da batteri sporigeni, dunque possono essere trattati
Figura 2.3 – Sterilizzatore per alimenti
con temperature intorno ai 100°C. Alimenti con pH
maggiore/uguale a 4.5 necessitano di temperature più elevate, intorno ai 120°C per consentire la distruzione delle spore.
I trattamenti ad elevate temperature possono dar luogo a una riduzione del contenuto nutrizionale e una variazione delle
caratteristiche organolettiche. Con il metodo UHT il calo di nutrienti risulta minimo. Nelle tecniche più recenti, il calore è
applicato tramite radiazioni elettromagnetiche come le microonde.
Figura 2.4 – Ortaggi sterilizzati
• Basse temperature
Riducendo la temperatura si riduce il deterioramento dell’alimento perché il freddo arresta o rallenta le reazione
metaboliche di gran parte di microrganismi ed inattiva l’attività degli enzimi degradativi. I metodi tradizionali di
raffreddamento sono:
- Refrigerazione: consiste nel mantenere la temperatura tra 0 °C e 10 °C in frigoriferi o abbattitori di temperatura. Il
limite di questo metodo è che l’acqua contenuta negli alimenti, rimanendo allo stato liquido, rappresenta l’ambiente
ideale per alcuni microrganismi psicrofili, capaci di proliferare intorno a – 10°C. Le temperature di refrigerazione variano
in base all’origine dell’alimento.
- Congelamento: prevede l’abbassamento della temperatura al di sotto dei -18° C (perfino sotto i -196° C nei congelatori
industriali), ed ha come effetto l’arresto dell’attività enzimatica, il rallentamento della crescita (azione batteriostatica) e la
morte di alcuni microrganismi (azione battericida), poiché al di sotto di 0 °C l’acqua cambia il suo stato fisico da liquido
a solido, non rappresentando più un ambiente adatto alla moltiplicazione microbica. Gli alimenti sfusi sono raffreddati
attraverso un getto d’aria fredda (-40°C- -50°C), o spruzzati con azoto liquido a -196 °C o immersi in anidride carbonica
che ha la caratteristica di tornare allo stato di vapore a -80 °C assorbendo il calore dell’alimento.
Gli alimenti confezionati invece sono raffreddati tra piastre refrigerate da un liquido a temperatura compresa tra -40 e 50 °C, o o immersi in liquidi incongelabili (salamoie, glicoli, alcoli).
In base alla velocità con cui avviene il processo si distinguono:
• il congelamento lento: T compresa tra –5 e – 20 °C
• il congelamento rapido: T compresa tra –30 e – 50 °C
• il congelamento ultra-rapido: T inferiore a – 50 °C
Se il congelamento è lento i forti cambiamenti di temperatura in periodi di tempo prolungati portano alla formazione di
cristalli di ghiaccio che causano la rottura delle strutture alimentari riducendo in modo significativo la natura ed il valore
39
Scienze e Tecnologie Applicate
nutrizionale dell’alimento e causano perdite di nutrienti.
- Surgelazione: tecnica basata sui principi del congelamento ultrarapido. Il cuore dell’alimento deve congelare in meno
di un ora e i prodotti devono possedere determinati requisiti merceologici. La formazione di piccolissimi cristalli di ghiaccio
arreca danni minimi all’alimento e perdite organolettiche e nutritive inferiori a quelle derivanti dal congelamento.
Lo scogelamento rappresenta una fase molto delicata, andrebbe compiuto in frigorifero, e una volta scongelato, è
consigliabile consumare il prodotto in breve tempo e non ricongelarlo, altrimenti il ricongelamento porterebbe alla formazione
di grossi cristalli che danneggerebbero irreversibilmente l’alimento.
E’ importante il mantenimento rigoroso delle temperature di refrigerazione o di congelamento durante tutta le fasi del
processo di trasformazione e della distribuzione (catena del freddo). Inoltre bisogna prestare attenzione alla presenza di
brina o agglomerati di ghiaccio che sono indice di interruzione della catena del freddo e parziale scongelamento del prodotto.
Una corretta sistemazione degli alimenti nel frigorifero
prevede la collocazione in basso, nell’apposito cassetto,
di frutta e verdura non lavata; salendo si conservano carni
rosse, carni bianche e pesce, ciascuno in apposito
contenitore con coperchio; nel ripiano superiore salumi e
formaggi; nell’ultimo ripiano in alto cibi cotti,
adeguatamente protetti in contenitori con coperchio.
Figura 2.5 – Corretta disposizione dei cibi in un frigorifero
• Ambienti modificati
Si tratta di una tecnica di conservazione mirata a evitare il contatto dell’ossigeno con la superficie dell’alimento.
Queste tecniche fanno uso di un processo oneroso ma:
• preservano gli alimenti dal contatto con l’ossigeno presente nell’aria
• impediscno le ossidazioni e lo sviluppo dei microrganismi aerobi
• spesso devono essere abbinate ad altre tecniche di conservazione
• sono efficaci solo se applicati a prodotti di ottima qualità igienica
Si possono distinguere 5 metodi:
1. CAS – conservazione in atmosfera controllata: le confezioni sono chiuse ermeticamente, all’interno l’aria è sostituita
da una miscela gassosa differente a seconda dell’alimento da conservare (azoto, anidride carbonica, ecc.) e mantenuta
costante. I gas possono essere usati singolarmente o miscelati tra loro; ad esempio, l’azoto blocca l’irrancidimento dei
grassi e previene lo sviluppo di muffe.
2. MAS- conservazione in atmosfera modificata o protetta: differisce dalla CAS perché presuppone che l’alimento
“respiri” pertanto la miscela originaria di gas cambia durante la sua conservazione. Questa conservazione è effettuata
prevalentemente per i vegetali, per alcuni affettati e per quei prodotti che perderebbero alcune proprietà con lo
schiacciamento del sottovuoto, come ad esempio le patatine fritte.
3. Confezionamento sottovuoto: facilmente praticabile anche in ambito domestico, impedisce che il contatto con l’aria
provochi l’alterazione degli alimenti (come lo svilupparsi di muffe e microrganismi) innescando reazioni chimiche che
vanno a modificare il sapore e il colore dei cibi. La tecnica consiste nel sigillare l'alimento creando un vuoto d'aria all'interno
del contenitore che priva i microrganismi dell’ossigeno e causa lo schiacciamento del sacchetto attorno al prodotto. Il
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Book in
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
vantaggio della tecnica è che non comporta un calo di peso, gli alimenti vengono conservati in frigorifero senza possibilità
di contaminazione batterica e senza odori, aumenta lo stoccaggio delle materie prime, ottimizza la rotazione delle scorte
e offre la possibilità di cuocere l'alimento lasciandolo nel sottovuoto. Vi sono diversi fattori che influiscono sulla scadenza:
la natura dell’alimento, la temperatura del prodotto dell'ambiente di confezionamento e di quello del mantenimento,
l'igiene degli strumenti usati, la qualità del sacchetto usato e la saldatura. Se questi fattori vengono controllati e rispettati
il tempo di conservazione va da 20 a 40 giorni dalla data del confezionamento. Per precauzione, è meglio consumare i
prodotti sottovuoto in 2 o 3 settimane. Può essere utilizzato da solo o in abbinamento ad altri sistemi di conservazione.
4. Cryovac: consiste nel conservare i prodotti sotto vuoto in un film con caratteristiche particolari. L’alimento viene
avvolto da una pellicola speciale e immerso in acqua a 90°C. Il materiale che compone la pellicola è detto termoretraibile,
poiché all’aumentare della temperatura si ritira ed aderisce all’alimento. Si utilizza per la conservazione di salumi e vegetali.
Dopo la chiusura gli alimenti possono essere refrigerati, congelati o cotti.
5. Confezionamento in Atmosfera Modificata (MAP): può essere definito come “chiusura di prodotti alimentari in
materiali formanti una barriera di gas, in cui l’ambiente gassoso è stato modificato”. Solitamente i gas impiegati sono
l’ossigeno, il diossido di carbonio ed il nitrogeno. La riduzione dei livelli di ossigeno e l’aumento dei livelli di anidride
carbonica porteranno entrambi all’inibizione della crescita microbica. L’interazione del materiale di confezionamento con
il prodotto è importante per i prodotti che respirano come la frutta e la verdura. La carne, il pesce e il formaggio sono
invece esempi di prodotti “non-respiranti” che richiedono pellicole con una permeabilità molto bassa ai gas per mantenere
la miscela iniziale di gas all’interno della confezione. Tecniche più recenti prevedono l’uso di una confezione attiva in cui
l’atmosfera cambia continuamente durante la conservazione del prodotto, adattando la permeabilità ai gas della pellicola
del confezionamento alla respirazione dei prodotti, così che l’equilibrio della miscela di gas che si formerà nella confezione
e la durata di conservazione del prodotto aumentano. Questa tecnica permette di mantenere inalterate le caratteristiche
nutrizionali e le proprietà organolettiche iniziali dell’alimento.
Figura 2.6 – Frutta e verdura conservata in atmosfera modificata
• Sottrazione d’acqua:
L’eliminazione totale o parziale dell’acqua libera presente negli alimenti blocca o rallenta la crescita microbica e arresta le
reazioni metaboliche. Allo scopo si possono adottare tre tecniche.
1. Concentrazione: viene effettuata su alimenti liquidi e prevede l’eliminazione di una parte di acqua (70 %).
Può avvenire per:
• evaporazione: avviene in evaporatori che scaldano l’alimento sino alla temperatura di evaporazione dell’acqua;
• crioconcentrazione: il congelamento dell’alimento e la successiva separazione dai suoi cristalli ,elimina l’acqua. Viene
effettuata su alimenti termosensibile come caffè, birra, latte …
• filtrazione: gli alimenti vengono trattenuti da una membrana semipermeabile, che consente il passaggio di acqua ma
non di soluti secondo il principio dell’osmosi.
41
Scienze e Tecnologie Applicate
2. Essiccazione: metodo più antico ed economico, in cui il contenuto d’acqua negli alimenti vegetali viene ridotto ad
un livello in cui le reazioni biologiche, l’attività enzimatica e la crescita microbica sono inibite e la probabilità della perdita
dell’alimento viene così ridotta. Può essere effettuata con:
• metodi naturali: consiste nel lasciare gli alimenti al sole e all’aria per un tempo variabile da poche settimane ad alcuni
mesi, ma non garantisce affidabilità dal punto di vista igienico
• metodi artificiali: avviene attraverso l’ impiego di aria calda, le radiazioni o il contatto con superfici ad alta temperatura,
l’ essiccamento sotto sale (adatta, ad esempio ai pomodori, alle albicocche, etc.) o l’ essiccamento in tunnel (per i pezzi
di vegetali).
3. Liofilizzazione: consiste nell’eliminazione totale d’acqua; può avvenire sottoforma di congelamento rapido seguito
da sublimazione sottovuoto (per i vegetali e il caffè), o per nebulizzazione-essiccamento (per esempio il latte in polvere).
Generalmente si associa un confezionamento sottovuoto o in atmosfera modificata per impedire al prodotto di assorbire
umidità dall’aria. Lo svantaggio di queste tecniche sono le variazioni organolettiche e nutrizionali, dovute alla denaturazione
proteica, alla perdite vitaminiche, di aroma e alla variazione di colore.
• Irraggiamento
L’irraggiamento consiste nel sottoporre l’alimento a quantità ben definite di radiazioni ionizzanti per inattivare il materiale
genetico delle cellule microbiche inibendone la divisione, e per alterare l’attività degli enzimi degradativi presenti negli alimenti
rallentandone il deterioramento. I raggi utilizzati possono essere di diverso tipo: raggi UV o raggi ionizzanti X, beta e gamma.
I raggi ultravioletti sono ottenuti artificialmente per mezzo di lampade di quarzo a vapori di mercurio. Il trattamento consiste
nell'eccitare gli atomi per conferire energia agli elettroni, questo comporta reazioni chimiche nelle cellule dei microrganismi
e negli enzimi presenti nell'alimento con conseguenti modificazioni letali. Data la pericolosità di questa tecnica alcuni paesi
(quali l'Inghilterra e l'Olanda) sono contrari alla sua applicazione. Tuttavia le ricerche hanno dimostrato che l’effetto della radiazione
si interrompe nel momento in cui si blocca la sorgente: in altre parole il cibo trattato non è a sua volta fonte di radiazioni.
L’irraggiamento trova applicazione nell’inibizione della germogliazione dei tuberi e dei bulbi, nella riduzione della carica
microbica di batteri saprofiti in carni, pollame e pesci freschi, nell’inattivazione dei batteri patogeni in prodotti deperibili e in
alimenti congelati, nella inattivazione degli insetti infestanti, inclusi gli stati larvali, e i parassiti, ma i virus e le spore richiedono
trattamenti con dosi più elevate, infine le e tossine e gli enzimi sono insensibili a questo trattamento.
Il principale vantaggio dell’irradiazione è che passa attraverso l’alimento, uccide i microrganismi ma poiché non scalda
l’alimento ha un effetto trascurabile sulla composizione nutrizionale. Non tutti gli alimenti possono essere sottoposti ad
irradiazione: alcuni tipi di carne e di pesce subiscono un’ossidazione e si anneriscono, diventando sgradevoli al gusto e
all’aspetto; in latte e derivati favorirebbe l’irrancidimento; le ostriche possono morire e diventano immangiabili.
Nella legislazione Europea (1999/2/EC e 1999/3/EC), il trattamento con le radiazioni ionizzanti di un alimento specifico può
essere autorizzato solo se:
Metodi chimici di conservazione
• vi è una richiesta tecnologica ragionevole
• non è presente un rischio per la salute
METODI
• è di beneficio per il consumatore
CONSERVAZIONE
• non è usato come sostituto delle pratiche di igiene
e sanitarie oppure per la pratica agricola o industriale
Per essere in linea con le leggi europee, qualsiasi alimento
irradiato o contenente ingredienti alimentari irradiati deve
riportarlo chiaramente sull’etichetta.
Figura 2.7 – L’Italia ammette l’irradiamento solo di patate, aglio,
cipolla, a scopo antigermogliativo.
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chimici
Conservanti
naturali
Conservanti
artificiali
- Sale
- Olio
- Aceto
- Zucchero
- Conservanti antimicrobici
- Antiossidanti
- Addensanti, gelificanti,
stabilizzanti
- emulsionanti
- coloranti
- aromatizzanti
- esaltatori di sapidità
- edulcoranti
- coadiuvanti tecnologici
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
• Conservanti alimentari
Tecniche che si basano sull’uso di sostanze particolari, gli additivi, aggiunte durante la fase di lavorazione, in grado di:
• evitare l’insorgere di infezioni fungine, attacchi batterici (additivi antimicrobici);
• conservare nel tempo le caratteristiche chimiche, fisiche e chimico-fisiche dell’alimento (antiossidanti)
• evitare alterazioni organolettiche;
• impartire all’alimento particolari caratteristiche di aspetto, sapore, odore e consistenza (coloranti, aromi). Gli additivi, infatti,
non hanno solo attività conservante, ma possono essere usati anche solo per migliorare i caratteri organolettici (es.
colore, aroma ...) degli alimenti;
• rendere gli alimenti più appetibili.
Gli additivi possono essere:
• naturali: ottenuti mediante procedimenti fisici o microbiologici da materie prime di origine vegetale o animale (sale,
zucchero, aceto, alcool, olio)
• natural-sintetici: ottenuti per sintesi in laboratorio ma riproducono sostanze naturalmente presenti nei prodotti animali e
vegetali.
• chimici o sintetici: ottenuti per sintesi chimica; non presenti in natura e negli alimenti naturali; aggiunti intenzionalmente
nelle fasi di produzione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto
ADDITIVI NATURALI
La conservazione sottosale indica metodiche di lavorazione degli alimenti nelle quali vengono aggiunti agli alimenti
combinazioni di sale e zuccheri e a volte anche di nitriti e nitrati (che impediscono la crescita dei batteri patogeni Clostridium
botulinum e danno alla carne un aspetto rosa). L'alimento viene a volte anche affumicato. L'aggiunta di sale agli alimenti
riduce l'attività dell'acqua contenuta in essi in fase di conservazione impedendo la crescita di organismi saprofiti.
La salatura viene usata principalmente per la conservazione di carne e pesce. Il sale può essere
aggiunto tal quale o essere strofinato sulla carne. Il pesce salato (merluzzo essiccato o salato) e le
carni trattate con il sale come il prosciutto crudo italiano sono esempi di cibi che utilizzano questo
sistema di conservazione.
Nella salagione l'alimento viene messo in salamoia, saturato in acqua o quasi saturato con sale, (un
metodo comune in passato per conservare carne, pesce e verdure). Oggi la salagione degli alimenti
viene ancora usato per la stagionatura di formaggi come la feta e l'halloumi.
Figura 2.8 – Sale
La conservazione sottaceto implica la salatura o la salagione in combinazione con la fermentazione
o aggiungendo aceto ed è principalmente usata per la conservazione delle verdure (ad esempio i
sauerkraut, i cetrioli, i peperoni, le cipolle e le olive) e del pesce (ad esempio l'arga). Alterando il pH
dell'alimento con l'aggiunta di aceto si rallenta la crescita e si eliminano alcuni microrganismi.
Figura 2.9 – Aceto
L'alcol etilico è un conservante ampiamente usato
perchè impedisce ai microrganismi di moltiplicarsi
(la così detta frutta sotto spirito).
A seconda del tipo di alimento, possono essere ottenuti effetti simili anche
con lo zucchero. È utilizzato per conservare la frutta e il latte condensato.
Figura 2.10 – Ciliegie sotto spirito
Fig.2.11 - Zucchero
43
Scienze e Tecnologie Applicate
L’olio è efficace contro i microrganismi aerobi poiché l’alimento circondato dall’olio non viene a contatto con l’ossigeno
contenuto nell’aria. E’molto usata per il pesce e gli ortaggi.
ADDITIVI CHIMICI O SINTETICI
Secondo il decreto ministeriale del 31 marzo 1965 sono «additivi chimici quelle sostanze prive di potere nutritivo o
impiegate a scopo non nutritivo che si aggiungono in qualsiasi fase di elaborazione alla massa o alla superficie degli
alimenti, per conservare nel tempo le caratteristiche chimiche, fisiche e chimico-fisiche, per evitare alterazioni spontanee
e per esaltarne favorevolmente particolari caratteristiche di aspetto, di sapore, di odore o di consistenza».
A questo decreto sono allegati gli elenchi degli additivi ammessi, i casi e le dosi massime d'impiego, le caratteristiche e la
purezza. Alcuni additivi sono ammessi in alcuni paesi ed in altri no. Ciò dipende dal fatto che queste sostanze non inibiscono
solo la crescita dei microrganismi, ma possono anche disturbare o bloccare importanti reazioni cellulari dell'organismo. Gli
additivi devono essere dichiarati in etichetta tra gli ingredienti. In Europa gli additivi approvati hanno il prefisso “E” per Europa,
e 3 numeri; ad esempio E330 è l’acido citrico acidulante. L’acido citrico è stato isolato per primo nel 1784 dal chimico
svedese Carl Wilhelm Scheele, che lo ha cristallizzato dal succo di limone.
Gli additivi appartengono ai seguenti gruppi:
• conservanti antimicrobici: inibiscono la crescita dei microrganismi
• antiossidanti: prevengono modificazioni indesiderabili provocate dai fenomeni ossidativi, quali l’irrancidimento dei grassi,
il cambiamento di colore della carne, l’imbrunimento di frutta e ortaggi.
• addensanti, gelificanti, stabilizzanti: aumentano la viscosità, la consistenza degli alimenti
• emulsionanti: utilizzati per stabilizzare ed omogeneizzare in un prodotto alimentare sostanze non miscibili tra loro;
• coloranti: modificano il colore di un prodotto;
• aromatizzanti: conferiscono sapore e/odore ai cibi;
• esaltatori di sapidità: accentuano il sapore degli alimenti;
• edulcoranti: conferiscono un sapore dolce agli alimenti
• coadiuvanti tecnologici: si usano per la lavorazione degli alimenti dai quali vengono allontanati al termine della lavorazione
stessa
Si definisce DGA (dose giornaliera ammessa) la quantità di sostanza che può essere assunta quotidianamente per l’intera
vita di un uomo senza provocare danni all’organismo. Espressa in mg/kg (peso corporeo). Inoltre, occorre prestare grande
attenzione all’uso di additivi, alcuni perfettamente leciti, ma non tutti legali.
Tra i prodotti illegali maggiormente utilizzati sia nei punti vendita al minuto del pesce, (pescherie e mercati), sia in quelli
all’ingrosso, c’è il “cafodos", un additivo non commerciabile in Italia, che viene utilizzato da solo o con acqua ossigenata
per conservare i caratteri di freschezza del pesce, che così si presenta apparentemente vivo. Il consumo del pesce trattato
con questa sostanza può causare nelle persone la sindrome sgombroide (HFP-Histamine Fish Poisoning), ovvero una
patologia di origine alimentare dovuta alla presenza di batteri.
GLOSSARIO
Sindrome sgombroide: causata dall’elevata quantità di istamina prodottasi nel pesce tenuto a lungo tempo a
temperatura ambiente. Viene evidenziata con frequenza in specie ittiche a carne rossa appartenenti alla famiglie
Scombridae (tonno, tonnetto, tonno pinna gialla, sgombro, lampuga), Clupeidae (sardine, aringhe, cheppie ed
acciughe) e altre specie ittiche affini. L’intossicazione si verifica in seguito al consumo di tali prodotti refrigerati o
conservati in modo non adeguato dopo la pesca. Solo questi pesci possono diventare pericolosi a causa di un
amminoacido, l’ISTIDINA, che in determinate condizioni di temperatura si trasforma in ISTAMINA. La sindrome
sgombro ide può provocare: arrossamento della pelle, cefalea pulsante, bruciore orale, crampi addominali, nausea,
diarrea, palpitazioni, senso di malessere. (tratto da www.orsacamoania.it).
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
Metodi di conservazione chimico-fisici
METODI
CONSERVAZIONE
chimico - fisici
affumicamento
• Affumicamento
L’affumicamento è un trattamento di conservazione basato sull’esposizione degli alimenti, già leggermente salati, al fumo
prodotto dalla combustione di piante aromatiche, quali alloro, ginepro, abete, rosmarino...il contatto tra fumo ed alimento
avviene all’interno di strutture chiamate affumicatoi, dove può esservi circolazione di aria naturale o forzata.
L’azione conservativa del fumo è dovuta:
• alla disidratazione esercitata dal calore del fumo
• alla penetrazione nel prodotto di alcune sostanze antisettiche gassose che si sprigionano dalla combustione del legno,
tra cui l’aldeide formica
• all’azione antiossidante delle sostanze chimiche che si sviluppano durante la combustione
• l’affumicamento e la qualità del prodotto finale sono influenzate da:
• il tipo di legno usato
• la densità e l’opacità del fumo
• la temperatura del fumo
• durata dell’affumicamento
• umidità del fumo
• per favorire la penetrazione del fumo l’alimento viene preventivamente salato.
Lo svantaggio di questa tecnica è lo sviluppo di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA)
durante la combustione, che si depositano sugli alimenti e sono dei potenziali cancerogeni.
Per ridurre la concentrazione di IPA è consigliabile utilizzare un fumo con combustioni
inferiori ai 40° C, oppure utilizzare un fumo sottoposto a filtrazioni.
Un nuovo metodo consiste nella condensazione del fumo grazie a una pioggia d’acqua e
alla successiva immersione dell’alimento nel fumo liquido.
IL FUMO LIQUIDO
it.wikipedia.org/wiki/Fumo_liquido
• Fermentazione
Alcuni microrganismi fermentanti causano modificazioni nella composizione degli
alimenti migliorandone i caratteri organolettici e la conservabilità (a volte
aumentano anche il valore nutrizionale). La fermentazione, creando particolari
condizioni ambientali, aumenta la conservazione e la sicurezza degli alimenti: sia
l'alcol che l'acidità, come la presenza di microrganismi benefici, impediscono la
crescita di batteri patogeni, funghi etc. Esempi di alimenti ottenuti a seguito di
trasformazioni operate da microrganismi sono lo yogurt, certi tipi di formaggi e
latticini, i crauti, il vino, la birra, l'aceto e il pane.
Esistono vari tipi di fermentazioni:
• Fermentazione aerobia: acetica, fumarica, citrica, malica. È indispensabile
l’ossigeno come accettore di idrogeno
• Fermentazione anaerobia: alcolica, lattica, butirrica, glicerica, propionica,
Fig.2.12 – Salmone affumicato
Metodi biologici di conservazione
METODI
CONSERVAZIONE
biologici
fermentazione
alcolica
fermentazione
lattica
fermentazione
propionica
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Scienze e Tecnologie Applicate
isopropilica, acetonbutilica. Non è utilizzato ossigeno ma aldeidi o acido piruvico fungono da accettori di idrogeno;
Chi agisce
Da cosa
si parte
Tipo di
fermentazione
Prodotti
Lactobacillus bulgaricus e
Lattosio
Streptococcus thermophilus
Lattica
Acido lattico
Anidride carbonica
yogurt
Propionibacterium
Glucosio
Propionica
Acido propionico
Anidride carbonica
emmental
Lieviti
Saccharomyces
Glucosio,
fruttosio
Alcolica
Acido etilico
Anidride carbonica
pane, birra, vino
Batteri acetici
Vino, succo
di mela
Acetica
Acido acetico
aceto
• Fermentazione alcolica: La fermentazione dei lieviti viene usata nei processi come la cottura al forno del pane e la
produzione di bevande alcoliche. In modo simile, la salsa di soia è un risultato della fermentazione dei lieviti. In condizioni
aerobie, cioè quando è disponibile ossigeno, il lievito converte gli zuccheri e altri carboidrati in anidride carbonica che forma
bolle di gas e acqua, facendo lievitare il pane. Durante la cottura al forno la struttura si fissa tramite il calore e il pane assume
la sua tessitura soffice. Il lievito viene ucciso dal calore.
Nella produzione della birra, del vino e di altre bevande alcoliche il ruolo del lievito è di formare l'alcol e in parte anche
rendere frizzante la bevanda. In condizioni anaerobie (senza ossigeno), il lievito trasforma gli zuccheri o altri carboidrati in
alcol (etanolo) e anidride carbonica. Se l'anidride carbonica non viene eliminata, la bevanda sarà frizzante.
• Fermentazione lattica: I batteri usano il lattosio (zucchero del latte) o altri carboidrati come substrato per la produzione
di acido lattico, il cui aumento provoca una diminuzione del pH che influenza le caratteristiche dell'alimento. Per esempio,
in ambiente acido la caseina, una proteina presente nel latte, coagula conferendo allo yogurt e ad altri prodotti caseari la
loro particolare consistenza. Tra gli altri prodotti alimentari che sono fermentati dai batteri produttori di acido lattico ci sono
i sottaceti, il pane lievitato naturalmente e prodotti carnei come i salami.
• Fermentazione propionica: i batteri del genere Propionobacter trasformano il glucosio in acido lattico e quest’ultimo in
acido propionico, acido acetico e anidride carbonica. Questa fermentazione si usa per il formaggio Emmenthal, i cui famosi
buchi si devono proprio alla formazione di anidride carbonica.
La fermentazione può aumentare il valore nutrizionale degli alimenti poiché i microrganismi producono aminoacidi, acidi
grassi e alcune vitamine che vengono assorbiti e resi disponibili quando mangiamo. L'attività microbica può anche ridurre
il contenuto di antinutrienti, sostanze presenti in alcuni alimenti (ad esempio legumi, cereali, verdure), che interferiscono con
l'assorbimento dei nutrienti. Ridurre il contenuto di questi componenti aumenta l'assorbimento dei nutrienti dal cibo e
aumenta pertanto il suo valore nutrizionale.
Un esempio è il lievito naturale, che contiene batteri produttori di acido lattico capaci di eliminare il fitato, un antinutriente
presente nella farina di grano integrale, che, attraverso la sua capacità di formare complessi con i minerali, può impedire
l'assorbimento nell'intestino di nutrienti essenziali come il calcio, il ferro, lo zinco e il magnesio. La biodisponibilità dei minerali
è così alta nel pane lievitato naturalmente che nel pane lievitato solo con il lievito.
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
FACCIAMO LO YOGURT
Cosa serve:
- pentole e posate in acciaio inox (che garantisce l'igiene)
- Contenitori di vetro o gres
- Uno strofinaccio di cotone pulito
- Un panno caldo di lana o trapuntato, ben pulito
- Un termometro
- Una sveglia
- Un thermos
- Una yogurtiera -non indispensabile
Latte
Se non siamo così fortunati da poter usare il latte fresco 'di stalla' (che andrebbe pastorizzato a 80° C per 15 minuti) va
bene del latte fresco di qualità, meglio se biologico. Latte di pecora o di capra mischiato in parti uguali a latte vaccino
consente di avvicinarsi all'autentico yogurt bulgaro.
Fermenti o starter
Per l'inseminazione potete usare:
-un buono yogurt commerciale
-yogurt di vostra produzione
-fermenti liofilizzati (in farmacia)
-colture vive (si comprano in negozi di alimentazione naturale. Si presentano come una massa bianca e spugnosa)
Se si usano fermenti liofilizzati, prima di aggiungerli al latte da inseminare, vanno prima stemperati con un cucchiaio di
latte caldo fino ad ottenere una crema fluida ed omogenea, senza grumi. Se si usano le culture vive, un cucchiaio di
agglomerato di fermenti va aggiunto ad un litro di latte. Il tutto va coperto e lasciato riposare per 24 ore, a temperatura
non inferiore ai 20° C. Una volta pronto, passiamo lo yogurt al colino per recuperare la coltura, che, essendo un po'
delicata, va lavata e riutilizzata, oppure va tenuta costantemente nel latte e in frigorifero, mai per più di qualche giorno
Alcuni consigli da seguire:
- gli utensili devono essere pulitissimi, perché la presenza di bacilli potrebbe ostacolare la regolare fermentazione
- assicuriamoci che i fermenti siano freschissimi
- almeno le prime volte, controlliamo scrupolosamente la temperatura e il tempo
- per avere uno yogurt liscio e omogeneo, lo starter va mischiato accuratamente con il latte
- per avere uno starter casalingo conserviamo in un vasetto chiuso ermeticamente e al fresco -ma non in frigorifero dello yogurt fatto in casa. Si conserva per una settimana, ma è meglio utilizzarlo entro tre giorni dalla produzione. Lo
starter va cambiato dopo non più di 10 preparazioni
- rispettiamo le dosi dei fermenti: se sono pochi lo yogurt viene male, se sono troppi diventa granuloso
- il latte non deve essere né troppo caldo né troppo freddo: nel primo caso lo yogurt viene male, nel secondo acquista
un cattivo sapore
- prima di essere consumato, lo yogurt va messo in frigo per almeno due ore, per risultare più
compatto.
Procedimento
a. utilizzando una pentola abbiamo portato un litro di latte fresco a 80° C per 15 minuti in una pentola
di acciaio inox, spegniamo e lasciamo raffreddare fino a 40/45° C.
b. abbiamo versato un vasetto di yogurt di buona qualità in cui erano riportati in etichetta
la presenza dei fermenti lattici del genere Streptococcus thermophylus e Lactobacillus
bulgaricus.
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Scienze e Tecnologie Applicate
c. Dopo aver mescolato accuratamente il latte mescolato allo yogurt per rendere il miscuglio
omogeneo, questo viene distribuito nei vasetti della yogurtiera.
d. Dopo 12 ore il nostro yogurt è pronto.
e. Una volta pronto, lo yogurt va conservato in frigorifero, in
un recipiente chiuso per fermare il processo di acidificazione.
Si possono conservare un paio di cucchiai come starter per
la nuova produzione: lo yogurt non dura più di 8 o 9 giorni.
Tecnologie di conservazione innovative
Molti dei metodi tradizionali di conservazione causano perdite inevitabili nei livelli di nutrienti e alterano le caratteristiche
organolettiche dell’alimento, influenzando la qualità della successiva lavorazione del prodotto.
Le famiglie oggi desiderano che il cibo sia sicuro, disponibile tutto l'anno, pratico da preparare ma anche salutare e gustoso
e con un prezzo ragionevole. Per soddisfare tutte queste richieste il progresso tecnologico nel campo della produzione
alimentare e le recenti scoperte della scienza nutrizionale hanno portato a standard di qualità sempre più elevati e ad
un'enorme varietà di alimenti. Le ultime tecnologie spesso vengono definite “processi minimali”, hanno lo scopo di produrre
alimenti sicuri che siano di maggiore qualità nutrizionale con qualità organolettiche e di conservazione migliori.
• Microonde
La lavorazione con microonde consiste nel sottoporre l’alimento a radiazioni elettromagnetiche, che raggiungono il cibo
per irraggiamento, provocando l’oscillazione delle molecole di acqua che vibrando generano calore e portano al
riscaldamento dell’alimento. Il calore provoca la distruzione dei microrganismi, ma poiché l’acqua non è distribuita in modo
uniforme in un alimento, è necessario il mescolamento per ottenerne un appropriato riscaldamento e la sanitizzazione. Il
trattamento con microonde porta ad una perdita minima di nutrienti per la velocità del metodo e l’uso di poca acqua. Le
microonde sono trasmesse in modo efficiente nell’acqua ma non nella plastica o nel vetro e sono riflesse dai metalli.
Nel corso dell’utilizzo occorre osservare due accortezze: non guardare per lungo tempo il microonde, perché potrebbe
causare disturbi al bulbo oculare, ed evitare l’avvicinamento se portatori di pacemaker, perché le onde elettromagnetiche
potrebbero creare interferenze e causare mal funzionamento di questi apparecchi.
• Riscaldamento Ohmico
Il riscaldamento Ohmico, noto come “riscaldamento per resistenza”, è un processo termico in cui il calore viene generato
dal passaggio di correnti elettriche alternate che passano attraverso l’alimento che si comporta come una resistenza elettrica.
La generazione di calore all’interno dei solidi evita il riscaldamento del liquido madre evitando il surriscaldamento superficiale
che produce gusto di cotto o altera il colore e l’aroma dell’alimento. Inoltre il calore si trasmette in modo rapido ed uniforme,
raggiungendo alte temperature in breve tempo (High-Temperature Short-Time, HTST) diminuendo i tempi di lavorazione e
di conseguenza la perdita di nutrienti.
Ideale per il trattamento di alimenti viscosi (uova, succhi, vino) o con parti solide (salse, conserve, giardiniere, macedonie).
È utilizzato per sterilizzare, ma anche per riscaldare o cuocere alimenti con poca acqua.
• Alta pressione (Ultra-High Pressure)
La tecnologia rappresenta uno dei più moderni processi tecnologici applicati all’industria conserviera. Si basa sul principio
di Pascal. Gli alimenti sono sottoposti a pressioni di 100 –1000 Megapascal (di solito per 5–20 minuti) che causano
l’inattivazione dei microrganismi o degli enzimi che potrebbero portare al deterioramento dell’alimento. Inoltre causa la
modificazione di biopolimeri (i polisaccaridi gelificano aumentando la digeribilità) e offre la possibilità di trattenere le vitamine,
i pigmenti ed i componenti del sapore aumentando la qualità nutritiva dell’alimento. Questo avviene perché ha effetto sui
legami non-covalenti (come i legami idrogeno, ionici e idrofobici) mentre lascia intatti i legami covalenti ed entrambi senza
utilizzare calore.
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
• Impulsi luminosi
Questo metodo usa flash intermittenti di luce bianca (20% UV, 50% luce visibile e 30% infrarossi) con un’intensità dichiarata
20.000 volte quella del sole sulla superficie della terra. Da uno a venti flash al secondo sono pulsazioni tipiche che portano
a significative riduzioni di superficie nei microrganismi quando usati sulla carne, sul pesce e sui prodotti da forno. Questa
tecnica è ideale per la decontaminazione superficiale dei materiali di confezionamento e funziona meglio su superfici lisce,
prive di polvere.
• Campi elettrici pulsati (Pulsed Electric Fields, PEF)
Questa tecnica prevede l’applicazione di brevi e ripetute pulsazioni di un campo elettrico ad alto voltaggio (20 – 80 kV/cm)
all’alimento posto tra due elettrodi. Non usa l’elettricità per generare calore ma inattiva i microrganismi distruggendo le
pareti e le membrane delle cellule esposte a pulsazioni ad alto voltaggio. La PEF è usata principalmente su prodotti oppure
ambienti refrigerati e poiché è applicata per solo un secondo o meno, non riscalda il prodotto. E’ per questa ragione che
ha vantaggi nutrizionali rispetto ai processi termici più tradizionali che degradano i nutrienti sensibili al calore.
• Ultrasuoni
La tecnica utilizza le vibrazioni meccaniche che provocano le onde
acustiche degli ultrasuoni. Penetrando nell’alimento le onde cedono
energia che viene convertita in calore. Si verifica inoltre una sollecitazione
meccanica che varia la pressione e la permeabilità delle membrane
cellulari. È utilizzata per sterilizzare ma soprattutto per degasare un
alimento.
• Estrusione - nuove forme e consistenze
Snack, cereali da colazione, dolciumi e persino alcuni alimenti per animali
vengono prodotti con un metodo di lavorazione conosciuto come Fig.2.13 – Gli ultrasuoni sono utilizzati per evitare la
estrusione. Il procedimento prevede, essenzialmente, la compressione del cristallizzazione dell'olio
cibo per l'ottenimento di una massa semi solida e il successivo passaggio
di essa attraverso una piccola apertura. Questo processo determina l'aumento delle possibilità di variare la consistenza, la
forma e il colore ottenibili da un ingrediente alimentare base, dando vita a prodotti con forme e consistenze fino ad ora
sconosciute.
L'estrusore classico consiste in una vite principale alimentata da una fonte di energia, un alimentatore per consentire
l'ingresso delle materie prime in proporzioni ben misurate e un cilindro d'acciaio che ospita la vite. La vite trasporta la materia
prima cruda attraverso un foro sagomato, la trafila, che dà la forma al prodotto. L'estrusione può avvenire a temperature e
pressioni elevate, oppure può essere un semplice processo senza cottura.
ALCUNI ALIMENTI DI LARGO CONSUMO
Le numerose tecniche di conservazione degli alimenti hanno lo scopo
di aumentare la shielf-life degli alimenti per poterli consumare in un
periodo più lungo rispetto alla sua produzione. In questo modo si evita
l’alterazione che possono subire gli alimenti prima del loro consumo.
L’attuale normativa nazionale prevede che il consumo degli alimenti
non apporti problemi alla salute del consumatore e nello stesso tempo
mantenga le caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Allo scopo si
evitano carenze nutrizionali e tossinfezioni o intossicazioni alimentari.
Inoltre, la conservazione delle caratteristiche organolettiche è anche Fig.2.13 – Gli ultrasuoni sono utilizzati per evitare la
importante per garantire la commercializzazione dei prodotti. La cristallizzazione dell'olio
moderna industria agroalimentare impiega tecnologie di conservazione
che hanno amplificato, rendendo più sofisticate e sicure, le tecniche casalinghe, che si usavano prima dell’800, come
per esempio la bollitura del latte, la salagione della carne, l’essicazione degli ortaggi.
IL LATTE
Il latte in commercio si trova sotto forma di vari prodotti, come: latte crudo, latte fresco, latte più, latte UHT, latte
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Scienze e Tecnologie Applicate
concentrato, latte in polvere. Il prodotto latte dal punto di vista nutrizionale conserva più o meno le sue caratteristiche,
ma commercialmente ha un utilizzo diverso a seconda delle tecniche utilizzate per conservare il prodotto con tempi
diversi.
Latte crudo: è un latte chiamato anche “tal quale”, perché è appena munto, non subendo alcun trattamento di
conservazione. Si commercializza in appositi distributori refrigerati a 2°C, che sono riforniti quotidianamente per garantire
la freschezza del prodotto. Il consumatore può prelevarlo con contenitori propri; è consigliata la bollitura prima del
consumo.
Latte fresco: è così definito il latte pastorizzato, ossia un latte che è trattato a alte temperature, comunque inferiori a
100° per un breve periodo di tempo. Prima di questo trattamento il latte compie la cosiddetta filiera del latte: dall’azienda
di produzione, dove il latte è munto, esso è raccolto da un “camion cisterna” coibentato per mantenere la t°C al di sotto
di 10°C e diretto alla Centrale del latte, speciale stabilimento di risanamento e confezionamento del latte. Qui è raccolto
in silos e mantenuto alla t° di 2°C per meno di 48h. Il ciclo di produzione inizia con la pastorizzazione, che consiste nel
passaggio del latte crudo su apposite piastre riscaldate a varie temperature in tempi diversi, poi subito raffreddate a 4°C
in modo che il prodotto possa essere confezionato in tetrapack o in bottiglie di plastica mantenendo le caratteristiche
organolettiche e nutrizionali intatte.
La pastorizzazione alta prevede il riscaldamento a 72°C per 15 sec, ma la più utilizzata è la pastorizzazione HTST (Hight
temperature short time), che prevede l’impiego di una t° più alta per un tempo di contatto più breve, quale tra 75-85°C
fra 5 e 10 sec. L’obiettivo della pastorizzazione è quello di uccidere i germi patogeni asporigeni e ridurre il numero degli
alterativi (sopravvivono soprattutto i germi innocui alla salute resistenti a queste temperature) per non compromettere la
salubrità e la qualità del prodotto. A tal scopo si eseguono controlli microbiologici anche per garantire l’assenza prima e
dopo il trattamento di forme di resistenza microbica come le spore. Con la pastorizzazione il prodotto associato alle
temperature di refrigerazione (2-8°C: permette di rallentare o arresta la crescita dei germi) può durare fino ad un massimo
di 10 giorni. Varie sono le tipologie commerciali di latte fresco:
➢
latte ad alta qualità (confezionato entro le 24 ore dalla mungitura)
➢
latte intero con un contenuto minimo di grassi pari al 3,4%
➢
latte parzialmente scremato con un contenuto minimo di grassi compreso tra 1,5 e 1,8%
➢
latte scremato con un contenuto massimo di grassi pari al 0,5%
Latte più: è risanato con una tecnica di filtrazione (passaggio attraverso membrane i cui pori hanno un diametro inferiore
a quello dei germi, che sono trattenuti sul filtro) sotto pressione e alla temperatura ambiente. Proviene da latte crudo,
ma non può essere chiamato fresco, perché questa dicitura è riferita solo al latte pastorizzato. Questo prodotto può
durare fino a 20 giorni associato alle temperature di refrigerazione
Latte UHT (ultra hight temperature): è un latte che alla Centrale del latte è trattato ad alte temperature comunque superiori
a 100° per un breve periodo di tempo. Le temperature utilizzate sono comprese tra i 140 e i 150°C con tempi compresi
fra 2 e 4sec. Questa tecnica prevede due metodi:
• per infusione in cui il latte è fatto scorrere velocemente con un film sottile su piastre riscaldate e subito raffreddato; la
velocità di scorrimento è elevata in modo che il latte rimanga a contatto solo pochi secondi per non alterare la sua
qualità. La temperatura così elevata provoca su tutti i germi (comprese le spore eventualmente presenti) uno shock
termico che li uccide, perché molto sensibili al calore. E’ il metodo più utilizzato.
• per iniezione: viene iniettato vapore sul prodotto già riscaldato per pochi secondi e raffreddato sotto vuoto per eliminare
il vapore, che altrimenti annacquerebbe il prodotto, modificando le proprietà chimiche. Anche in questo caso l’azione è
microbicida e sporicidaIn entrambi i casi la durata di conservazione è al massimo 3 mesi.
• Una tecnica meno comune di sterilizzazione del latte prevede l’impiego di autoclavi (come la pentola a pressione) che
utilizza di 120°C per 20 min. Questo permette di aumentare la conservabilità del prodotto fino a 6 mesi; di contro risultano
leggermente alterate le caratteristiche organolettiche (gusto) e quelle nutrizionali (quantità di proteine e zuccheri).
Latte concentrato: commercialmente si trova in tubetto: è molto denso in quanto è stata tolta quasi tutta l’acqua per
evaporazione previo riscaldamento a 100°C e raffreddamento a 40-50° a pressione ridotta; è confezionato in tubetti o
barattoli, sterilizzati in autoclave. Il prodotto è più concentrato, ha un sapore dolce, un colore tendente al giallognolo per
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
le reazioni fra alcuni componenti alle alte temperature. Il prodotto fa parte delle conserve e ha una durata non inferiore
ai 5 anni.
Latte in polvere: è utilizzato soprattutto per l’alimentazione della prima infanzia. Il latte in polvere è un prodotto
solido,dall’aspetto polverulento, ottenuto direttamente tramite eliminazione dell’acqua dal latte intero, parzialmente o
totalmente scremato, dalla crema di latte o da una miscela di tali prodotti. Il tenore di acqua del latte in polvere deve
essere compresa tra il 5 e il 15 %.
Il prodotto viene ricostituito (come da prodotto originale) aggiungendo la stessa quantità di acqua eliminata durante il
processo di disidratazione.
Esempio: se vengono tolti 875 ml di acqua da 1 litro di latte intero (1000 mL) ottenendo 150 gr di polvere di latte, per
ottenere di nuovo 1 litro di latte dalla polvere, si dovranno aggiungere 875 mL di acqua.
Il latte in polvere si può ottenere attraverso due tecniche di conservazione: la disidratazione e la liofilizzazione.
• La disidratazione prevede l’impiego di essiccatori a spruzzo o spray drying. Il latte (come anche altri alimenti fluidi come
il succo di frutta, il caffè, il tè) è nebulizzato (spray) in una camera in cui circola aria riscaldata e deumidificata (secca). Le
gocce di liquido durante la caduta si prosciugano e si raccolgono come polvere nel fondo dell’apparecchio. Segue il
confezionamento in buste impermeabili all’umidità.
• La liofilizzazione o freeze drying (liofilo = affine al solvente) è una tecnica un po’ più complessa e costosa
dell’essiccamento, ma permette di ottenere prodotti di un certo pregio, perché conservano le stesse proprietà nutrizionali
del prodotto di partenza con il vantaggio che essi si conservano più a lungo. Inoltre, la reidratazione è rapida e l’alimento
ricostituito è del tutto uguale a quello di partenza. Il processo prevede che il prodotto sia congelato rapidamente a
temperature anche di -50°C; si passa poi ad abbassare la pressione atmosferica fino ad avere quasi il vuoto. Si passa
ad aumentare lentamente la temperatura fino a raggiungere i -20°C. In queste condizioni l’acqua congelata presente
nel prodotto passa per sublimazione dallo stato solido a quello gassoso lasciando il prodotto sotto forma di polvere
spugnosa, che si reidrata immediatamente al contatto con l’acqua. Segue il ripristino lento della pressione atmosferica
e il confezionamento in contenitori impermeabili all’acqua. Il prodotto ha un tenore di acqua inferiore al 5%.
CARNE E SALUMI
Carne fresca: con il termine “carne” si intendono i muscoli striati e i tessuti strettamente connessi di:
➢
animali da macello (bovini, suini, ovini, caprini, equini)
➢
animali da cortile (pollame, tacchini, conigli)
➢
selvaggina.
I visceri (cuore, fegato, reni, cervello, milza) prendono il nome di frattaglie, mentre lo stomaco e il primo tratto dell’intestino
dei ruminanti sono conosciuti con il nome di trippa; infine, vengono dette animelle il pancreas, il timo e le ghiandole
salivari degli animali da macello. Dopo l’abbattimento dell’animale i muscoli vanno incontro ad una serie di modificazioni
biochimiche e biofisiche che consentono la commestibilità. Questo processo di maturazione detto frollatura, oltre a
migliorare i caratteri organolettici, favorisce la conservazione della carne.
La carne, essendo un alimento ricco di principi nutritivi, è un ottimo terreno di sviluppo di microrganismi sia alterativi che
patogeni e pertanto diventa indispensabile utilizzare metodi di conservazione, che ne mantengano inalterate le
caratteristiche organolettiche, nutrizionali e la salubrità. Essi sono
• Refrigerazione: E’ largamente usata per la conservazione (stoccaggio, trasporto e vendita) delle carni fresche. A 0/2°C e umidità relativa dell’85%, le carni da mattanza si conservano bene mediamente per 40 giorni, mentre il pollame,
privo di interiora, per circa sette giorni. Le carni fresche refrigerate possono essere vendute confezionate in atmosfera
modificata (confezionamento sottovuoto o ipobarico).
• Congelazione: Viene effettuata con metodi rapidi o ultrarapidi portando le carni a -25/-30°C oppure a -50°C e oltre,
in tunnel o celle raffreddate ad aria, oppure, se piccoli pezzi o pollame, immergendoli in liquidi incongelabili (salamoie o
soluzioni a base di glicoli o alcoli). I tempi a seconda del metodo e delle pezzature, variano dalle 6 alle 30 ore in base al
metodo utilizzato. Le carni congelate possono essere commercializzate come tali o previo scongelamento che deve
essere effettuato a temperature comprese tra i +2 e +4°C. E’ vietato il ricongelamento.
• Surgelazione: metodo rapido di congelamento, che si attua su prodotti destinati al consumo diretto, che debbono
presentare particolari caratteristiche fra cui quella della confezione originale e della conservazione a temperature massime
di -18 °C. Questa temperatura deve essere raggiunta al cuore del prodotto entro 4 ore. Al prodotto surgelato confezionato
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Scienze e Tecnologie Applicate
deve essere garantita la catena del freddo durante il trasporto
• Liofilizzazione: si può applicare su carne tagliata a fette sottili (spessore massimo 2 cm) o granulata. La carne liofilizzata
non è diffusa sul mercato, soprattutto a causa dei costi di produzione non competitivi nei confronti di altri prodotti quali
i surgelati o gli inscatolati.
• Sterilizzazione: la produzione di carne in scatola, in Italia, ha una storia ormai più che centenaria. Nel 1881, un cuoco
pavese, Pietro Sada, imitando il francese Appert, riuscì dopo vari tentativi, a sterilizzare la carne in scatole bollendola in
soluzioni saline iperconcentrate, a 100-115°C. Nel 1926, uno dei suoi figli fondò la prima grande industria del settore, la
Simmenthal, il cui nome deriva dalla specie bovina, di origine svizzera, da cui provenivano le carni. La carne in scatola
si produce a partire da quarti di bovino freschi o congelati previa disossatura e taglio in pezzi. Questi, precotti, liberati
dall’eccesso di grasso e dai tendini, vengono inscatolati insieme alla gelatina che si è ottenuta nel corso della cottura.
Le scatole, ermeticamente chiuse, passano in autoclave per la sterilizzazione, poi, dopo raffreddamento, al reparto di
etichettatura. Nella carne in scatola è consentita l’aggiunta di alcuni additivi tra cui nitrati e nitriti che, oltre ad essere
attivi nei confronti del botulino, consentono il mantenimento del colore rosso, antiossidanti, addensanti e gelificanti e il
glutammato monosodico come esaltatore di sapidità.
• Essiccamento-affumicatura-salagione: queste tecniche vengono applicate contemporaneamente nella produzione
delle diverse tipologie di salumi.
Salumi
I salumi possono essere considerati i prodotti di trasformazione delle carni. Sono a base di carne, di grasso, di frattaglie,
di sangue, in pezzi singoli o sotto forma di miscuglio più o meno finemente triturato. A queste preparazioni vengono
aggiunti sale, spezie, additivi, altri ingredienti e, spesso, microrganismi selezionati, allo scopo di ottenere una
conservazione più o meno protratta nel tempo e una particolare aromatizzazione. La carne impiegata è in prevalenza
quella di suino e in misura molto minore, di bovino e di altre specie. Il grasso proviene quasi esclusivamente dal maiale,
perché di consistenza morbida e di buon sapore.
I salumi possono essere classificati come segue:
PRODOTTI MACINATI E INSACCATI (*)
PRODOTTI INTERI O IN PEZZI
Freschi: salsicce
Non insaccati stagionati: prosciutto, spalla, pancetta,
speck
Stagionati: salmi
Insaccati stagionati: culatello, coppa, bresaola
Cotti: mortadella, würstel, salami cotti, zampone,
cotechino, sanguinacci
Cotti: prosciutto e spalla
(*) l’involucro può essere naturale (budella o altri visceri) o artificiale (tela, plastica)
SCHEMA DI PREPARAZIONE DI UN INSACCATO
Preparazione
delle carni
Triturazione
Impastatura
Confezionamento
Essiccazione
Stagionatura
VERDURE
Col termine di verdure si intendono gli ortaggi commestibili, che si consumano freschi o previa cottura ed eventualmente
conservati. Le tecniche di conservazione si sono evolute anche per tali prodotti per garantire la loro reperibilità nell’arco
di tutto l’anno, anche per i cosiddetti prodotti di “stagione”. Un esempio è il pomodoro, in quanto il suo consumo è
legato alle tante applicazioni industriali e domestiche. Il pomodoro in commercio lo troviamo come fresco, essiccato,
sott’olio, concentrato in tubi, in scatola intero, a pezzetti o come purea. Il pomodoro fresco può essere conservato in
atmosfera controllata su apposite confezioni impermeabili ai gas atmosferici. Per atmosfera controllata si intende una
miscela di gas N2, CO2,O2 con una concentrazione diversa da quella ambiente.
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Book in
progress
Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
Generalmente l’ossigeno è inferiore ai valori normali e la CO2 è invece superiore: questo perché l’O2 ossida i principi
nutrizionali modificandoli e la CO2 inibisce parzialmente la crescita microbica degli aerobi evitando l’alterazione
dell’alimento e prolungando la sua shelf-life. Il pomodoro essiccato si ottiene eliminando quasi completamente l’acqua
in esso contenuta (max 15%). Diverse sono le tecniche utilizzate: dalla più antica esposizione al sole prevalentemente
domestica praticata nelle regioni meridionali italiane (clima secco e caldo) a quella industriale igienicamente più controllata
e più efficace. Il pomodoro secco si ottiene esponendo l’ortaggio tagliato a metà ad un flusso di aria calda e secca dal
basso che favorisce l’eliminazione di acqua per evaporazione. Il prodotto essiccato può essere confezionato come tale
o venduto sfuso, ma anche confezionato sott’olio e sottoposto alla sterilizzazione: quest’ultimo trattamento è necessario
per eliminare anche le eventuali spore di anaerobi obbligati (botulino), mentre la presenza dell’olio impedisce l’ingresso
dell’ossigeno che favorirebbe lo sviluppo degli aerobi. L’olio aumenta il sapore del prodotto. Il pomodoro concentrato in
tubi è preparato da una purea sottoposta a riscaldamento diretto, fintanto che la quantità di acqua risulti non inferiore al
25%. Sterilizzato in autoclave si aggiungono antiossidanti naturali come la vitamina C che abbassano il pH inibendo
ulteriormente lo sviluppo microbico. Il pomodoro in scatola intero, a pezzetti o come purea è ottenuto preparando la
materia prima in pezzatura richiesta, confezionato nell’apposito contenitore di vetro o di alluminio stagnato e sterilizzato
in autoclave.
ESERCIZI
1. L’alterazione di un alimento consiste in una trasformazione, provocata dall’uomo che lo rende
non piùcommestibile
2. Alcuni alimenti possono essere alterati dalla presenza della luce o dell’ossigeno
3. Il contenuto in acqua di un alimento costituisce uno dei fattori che maggiormente predispone
all’alterazione
4. Si definisce batteriostatica l’azione che permette l’eliminazione dei microrganismi
5. L’azione del freddo è di tipo batteriostatico
6. La pastorizzazione è un metodo che sfrutta l’azione battericida del calore
7. Concentrazione, essiccamento e liofilizzazione hanno in comune la sottrazione di aria dall’alimento
8. Il sottovuoto evita lo sviluppo di fenomeni ossidativi nell’alimento
9. L’imballaggio in atmosfera modificata può essere considerato un metodo chimico-fisico di
conservazione
10. Le fermentazioni che avvengono in alcuni alimenti sono tradizionalmente utilizzate anche a
scopo di conservazione
Vr
Vr
Fr
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11. Solo 2 delle seguenti frasi sono corrette, quali?
a)la pastorizzazione “classica” viene fatta a 65 °C per 20-30 secondi
b)la sterilizzazione UHT è preferibile perché utilizza temperature più basse rispetto a quella tradizionale
c)la pastorizzazione HTST permette un minor tempo di trattamento perché la temperatura viene portata fini a 85 °C
d)la sterilizzazione “classica” si effettua in autoclave a 140 °C per circa 20 minuti
e)è preferibile pastorizzare un alimento se vogliamo conservarlo a temperatura ambiente
f) la sterilizzazione di un alimento comporta la perdita di molte sostanze nutritive
12. Suddividi i seguenti metodi di conservazione a seconda dei danni arrecati alle sostanze nutritive:
Sterilizzazione, congelamento, surgelazione, pastorizzazione, essiccamento, liofilizzazione
Lasciano sufficientemente integre le sostanze nutritive
...................................................................
...................................................................
...................................................................
Provocano una riduzione del valore nutritivo dell’alimento
...................................................................
...................................................................
...................................................................
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Scienze e Tecnologie Applicate
13. Sono alimenti deperibili
a) prodotti ittici
b) Bibite
c) alimenti in scatola
d) patate
14. Le più comuni fonti energetiche per i microrganismi sono rappresentate:
a) glucidi semplici
b) trigliceridi
c) carboidrati complessi
d) Sali minerali
15. Con la pastorizzazione si ottiene
a) in attivazione degli enzimi
b) eliminazione dei microrganismi termofili
c) eliminazione delle spore
d) Tutti i predenti effetti
16. La liofilizzazione sfrutta:
a) l’osmosi
b) la bassa pressione
c) la sublimazione
d) la bassa temperatura
17. In Italia l’uso delle radiazioni è consentito per conservare
a) limoni e arance
b) latte e derivati
c) patate ed aglio
d) pomodori e melanzane
18. La sigla CAP si riferisce:
a) conservazione in atmosfera controllata
b) sale di calcio additivo protettivo
c) conservazione ad alta pressione
d) conservazione ad alta protezione
19. Non è un additivo conservante antimicrobico:
a) acido benzoico
b) acido alginico
c) acido propionico
d) acido sorbico
20. Sono responsabili della fermentazione alcolica
a) Lactobacillus
b) Streptococcus
c) Saccharomyces
d) Propionibacterium
21. Cosa si intende con il termine shelf-life?
22. Illustra le differenze tra surgelazione e refrigerazione
23. Quali sono i principali additivi di origine naturale?
24. Quanto tempo si conserva il latte UHT? E quello pastorizzato? Perché?
25. Che cosa è la DGA? Perché è importante?
26. Da quali fattori dipende l’azione battericida del calore?
27. Qual è la principale differenza tra concentrazione ed essiccazione?
28. Spiega quali sono le tecniche innovative di conservazione e quali vantaggi hanno apportato.
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Book in
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
ATTIVITA’:
Si portano in classe le etichette di vari alimenti e si chiede agli studenti di provare ad evidenziare quali sono secondo
loro i metodi di conservazione utilizzati, se tra gli ingredienti sono presenti sigle. Si chiede agli studenti di compilare la
seguente tabella:
Alimento
Tipo di
conservazione
Sigle
eventualmente
presenti
Data di
produzione
Data di
scadenza
Rispondi alle seguenti domande:
1. analizzando queste etichette è possibile risalire facilmente al metodo di conservazione utilizzato?
2. facendo uso delle tabelle prova ad identificare a cosa corrispondono le sigle rappresentate da lettera e numero
3. confronta il periodo di conservazione (più o meno lungo) in base al metodo di conservazione utilizzato.
ESPERIMENTO 1: RICERCA QUALITATIVA DELLA CARICA BATTERICA DEL LATTE
MATERIALE OCCORRENTE
➢ Bagno termostatico
➢ Porta-provette
➢ Provette, Pipette
➢ Blu di metilene
➢ Latte fresco
➢ Latte UHT
CAMPIONI
A: latte fresco conservato a temperatura ambiente per 7 giorni
B: latte fresco conservato a temperatura ambiente per 3 giorni
C: latte fresco conservato a temperatura ambiente per 1 giorno
D: latte fresco conservato in frigorifero chiuso
E: latte UHT conservato a temperatura ambiente
PROCEDIMENTO
- versa 10 ml di latte in ciascuna delle provette
- aggiungi a ciascuna provetta 1 ml di soluzione diluita di blu di metilene
- sistema le provette in un bagno termostatato a 37 oC
- annota l’ora di inizio e controlla le variazioni della gradazione di colore e di odore di ciascuna provetta dopo 15’, 30’,
1 h, 2h, 6 h, annotandole nella seguente tabella
Variazioni in funzione del tempo
15’
30’
1h
2h
4h
Campione A: latte fresco Odore:
conservato a
Colore:
temperatura ambiente
per 7 giorni
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Campione B: latte fresco Odore:
conservato a
temperatura ambiente
Colore:
per 3 giorni
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Campione C: latte fresco Odore:
conservato a
temperatura ambiente
Colore:
per 1 giorni
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
0
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55
Scienze e Tecnologie Applicate
Campione D: latte fresco Odore:
conservato in frigorifero
chiuso
Colore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Odore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Colore:
Campione E: latte UHT
conservato a
temperatura ambiente
Rispondi alle seguenti domande:
1. Dopo quanto tempo osservi una variazione di colore nei diversi campioni?
2. Nel campione D (latte fresco conservato in frigorifero) osservi variazione di colore?
3. Che odore percepisci nel latte fresco lasciato 7 giorni fuori dal frigo (campione A)?
4. Prova a spiegare le differenze osservate
ESPERIMENTO 2: RICERCA DI COLORANTI NELLE BEVANDE
MATERIALE OCCORRENTE
➢ Campioni di bevande (coca cola, fanta, acqua, spremuta d’arancia, succo d’ananas, crodino)
➢ Fornellino
➢ Pinza di metallo (guantone da forno)
➢ Aceto di vino bianco
➢ Filo di lana bianca
➢ Cilindro graduato
➢ 2 becher o beute
PROCEDIMENTO
- Versare 100 ml di acqua di rubinetto in un beker e portare ad ebollizione
- Acidificare con un cucchiaio di aceto
- Aggiungere 30 ml della bevanda da analizzare
- Immergere nella soluzione un pezzetto di lana
- Far bollire 5’, estrarre la lana con la pinza ed osservare
- Lavare la lana utilizzata con acqua
Compila la tabella:
Bevanda:
Colore lana:
Rispondi alle seguenti domande:
1. In quali bevande la lana risulta colorata?
2. Cosa succede se si lava la lana dopo averla colorata?
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Capitolo 2 - Le tecnologie per la conservazione degli alimenti
NESSI E COLLEGAMENTI
Le tecnologie per la conservazione degli alimenti sono solo uno dei tanti ambiti in cui si mettono in evidenza le intersezioni
tra scienza, tecnica e tecnologia (cfr.cap.I). Per comprendere i diversi metodi con i quali i cibi vengono trattati per aumentare
la loro shielf-life bisogna conoscere la composizione degli alimenti, regali della natura imprescindibili per la vita dell’uomo
(cfr.cap.V). La divulgazione delle conoscenze scientifiche e delle tecniche per conservare gli alimenti (cfr.cap.III), delle quali
facciamo un uso quotidiano e in alcuni casi domestico, ha contribuito a modificare le abitudini sociali di pari passo con la
rilevazione di novi bisogni, collegati all’evolversi della società nei diversi momenti della storia dell’uomo. Anche in riferimento
alle tecnologie di conservazione degli alimenti l’energia, nelle sue diverse forme, assume una particolare importanza
(cfr.cap.VII).
II
Capitolo
V Capitolo
Materiali
Le tecnologie per la conservazione
degli alimenti non può prescindere
dalla conoscenza della
loro composizione
VII Capitolo
Energia
L’energia, nelle sue diverse
forme, viene impiegata
per conservare gli alimenti
56
I Capitolo
Scienza e Tecnologia
Le tecnologie per la conservazione
degli alimenti mettono in luce le
intersezioni tra scienza tecnica
e tecnologia
III Capitolo
La comunicazione scientifica
La divulgazione delle conoscenze e
delle tecniche per la conservazione degli
alimenti ha contribuito a modificare
le abitudini sociali
57
Scienze e Tecnologie Applicate
58
Book in
progress
Capitolo 3 - Comunicare la scienza
CAPITOLO TERZO
COMUNICARE LA SCIENZA
Il modello di Friedman Schultz von Thun: il quadrato della comunicazione
QUADRO INIZIALE
L’importanza della comunicazione scientifica assume rilievo in questo capitolo nella convinzione che la scienza debba
essere patrimonio dell’umanità. Perché le conoscenze vengano condivise da tutti, devono essere divulgate. Distinguere
la comunicazione scientifica propriamente detta dalla divulgazione scientifica e conoscere le regole della comunicazione
pubblica permette di orientarsi nella scelta consapevole delle fonti di informazione. Nel presente capitolo viene fornito
anche un quadro delle figure professionali che si occupano della divulgazione scientifica, affinché gli alunni abbiano una
visione quanto più ampia possibile dei diversi aspetti riferibili a chi si occupa di scienza. Gli strumenti per comunicare la
scienza e i differenti linguaggi della scienza assumono rilievo in tale prospettiva. In un’epoca in cui l’informazione scientifica
o pseudo-scientifica entra nelle case della gente, veicolata dai diversi mezzi di comunicazione di massa, ed è in grado
di influenzare le opinioni e i modi di vivere delle persone, particolarmente importante è la riflessione sul tema dell’etica
nella comunicazione. Saper individuare i messaggi latenti a volte presenti in alcune pubblicazioni permette una lettura
consapevole e al riparo dai rischi provenienti da informazioni distorte. Insomma, attraverso le tematiche trattate di seguito
si è cercato di fornire agli alunni gli strumenti per un uso appropriato dei diversi modi di comunicare la scienza, per una
lettura consapevole che permetta loro di scegliere tra le svariate fonti di informazione riconoscendone regole e attendibilità
e per orientarsi in un quadro variegato di figure professionali che riguardano il mondo della conoscenza, di cui la
comunicazione è parte integrante.
Un approfondimento sulla “moda” come veicolo di comunicazione e interazione tra individui che, più o meno
consapevolmente, utilizzano codici non verbali ancora oggi analizzati da sociologi, pubblicitari e da tutti coloro che si
occupano di marketing, evidenzia la complessità dei diversi tipi di linguaggio.
Una lettura consigliata
“La leggenda della pittura” di Michel Tournier
La leggenda della pittura è un avvincente racconto che fa parte di una raccolta dal titolo “Mezzanotte d’amore”. L’autore
parla dell’importanza della comunicazione e del rapporto di interdipendenza tra comunicazione e contenuti da
comunicare.
3.1 Comunicare la scienza
Il tema della comunicazione in genere, e della comunicazione scientifica in particolare, visto l’ambito di cui ci occupiamo in
questo book, assume particolare rilievo nel mondo globalizzato in cui viviamo. Oggi infatti molte persone, anche quelle
meno preparate ad affrontare tematiche tanto specialistiche quanto di interesse generale, hanno accesso ad ogni tipo di
informazione. Il web in quest’ottica è una risorsa fondamentale.
Se è vero però, come diremo meglio in seguito, che la condivisione della conoscenza è un valore irrinunciabile, è altrettanto
vero che il rischio di manipolazione, fraintendimento, distorsione della verità è reale. Per questo motivo i giovani che,
accostandosi allo studio di discipline scientifiche, auspicabilmente saranno intenzionati ad approfondimenti personali e non
necessariamente guidati da adulti più esperti, o che sceglieranno di svolgere professioni in ambito scientifico, dovranno
conoscere seppur sommariamente le regole su cui deve basarsi una corretta divulgazione scientifica, i diversi strumenti a
disposizione per la ricerca dei risultati acquisiti, come i media, internet e banche dati, i diversi modi per rappresentare le
conoscenze scientifiche, scoprendo un interessante legame tra arte scienza e tecnologia e i diversi linguaggiusati per
l’esposizione di risultati analitici, dati e leggi.
59
Scienze e Tecnologie Applicate
La comunicazione scientifica
La comunicazione scientifica propriamente detta è costituita dalla pubblicazione e dalla divulgazione dei risultati della ricerca
da parte di istituzioni private e accademiche che fanno ricerca. Si rivolge alla comunità scientifica e rappresenta una delle
modalità di scambio delle conoscenze acquisite tra esperti ed addetti ai lavori. Molte sono le riviste accreditate come Nature
e Science che pubblicano articoli a tal fine.
Figura 3.1 – La copertina del primo numero di
“Nature”, 4 novembre 1869
Figura 3.2 – La copertina del primo volume di
“Science”, Febbraio/Giugno 1883
• Articolo scientifico
La redazione di un articolo scientifico segue regole precise, pensate per comunicare dati e argomentazioni in maniera rapida
ed efficace. In un articolo scientifico la comunicazione deve essere il più possibile priva di ambiguità. Il linguaggio deve
essere impersonale, specializzatissimo e senza narrazioni; la sintassi è semplificata, la semantica è rigida, la concisione è
estrema. In un articolo scientifico mancano divagazioni e figure retoriche. Prevede, oltre al corpo dell’articolo, un abstract
e una bibliografia.
Proprio per le caratteristiche suddette l’articolo scientifico non è accessibile a tutti, a differenza della comunicazione pubblica.
La comunicazione scientifica in senso stretto si distingue dalla divulgazione scientifica che è destinata ad informare il pubblico
non necessariamente esperto in materia. Riviste, programmi televisivi e numerosi siti internet svolgono questa importante
funzione. Anche i musei, così come il cinema, hanno contribuito ad abbattere le barriere tra il mondo della scienza e le
persone.
La divulgazione scientifica (o comunicazione pubblica)
Esempi di divulgazione scientifica sono lontani nel tempo: a Galileo la Chiesa non perdonò, tra le altre cose, di aver scritto
in volgare e non in latino e Michael Faraday, circa due secoli più tardi, in Inghilterra, a partire dal 1826, ogni venerdì sera
raccontava gli sviluppi della scienza in affollatissime conferenze presso la Royal Institution. Ma la pratica divulgativa spesso
è stata contrastata da una parte della stessa comunità scientifica che, temendo probabilmente una volgarizzazione della
scienza, per bocca di alcuni ricercatori sosteneva che raccontare il proprio lavoro avrebbe sottratto energie al vero compito
degli scienziati, la ricerca, e che il linguaggio dei ricercatori, troppo distante da quello della gente comune, non sarebbe
stato compreso.
Nel ventesimo secolo infatti l’entusiasmo degli scienziati nel diffondere i risultati delle proprie ricerche ha subito un
preoccupante arresto se, nel 1938, Lancelot Hogben, per non pregiudicare la sua nomina a Fellow della Royal Society,
preferì chiedere al collega Himan Levy di attribuirsi la paternità del suo libro Mathematics for the Million, che divenne un
best seller internazionale. Oggi la divulgazione scientifica è sentita quasi come un dovere, tanto che alcune associazioni
scientifiche come la National Science Foundation americana e i Research Council britannici hanno redatto delle linee guida
60
Book in
progress
3-e
Comunicare
Tecnologie la
Applicate
scienza
Capitolo
Scienze
a)
b)
Figura 3.3 – Copertine della rivista divulgativa “Scientific American”: a) copertina del settembre 1848;
b) copertina del 25 novembre 1905
sulla comunicazione, moltissime istituzioni si sono dotate di uffici stampa e di responsabili della comunicazione,
promuovendo iniziative di vario tipo, dai siti web educativi ai documentari, dalle mostre alla previsione di staff adibiti
all’assistenza dei ricercatori per la comunicazione.
Figura 2.4 – Riviste di divulgazione scientifica
esposte in un negozio di giornali
Molte Università in tutto il mondo, anche in Italia, attivano corsi di formazione
di base in comunicazione; le organizzazioni che si occupano di scienza e fanno
ricerca oggi sempre più ritengono la comunicazione una funzione strategica
necessaria per la loro identificazione e legittimazione, per coagulare consensi,
procurarsi risorse economiche.
La scienza vive da sempre un grande paradosso: da una parte assume il ruolo
di cultura egemone visto che nessuna come lei è in grado di intervenire nella
vita dell’uomo, modificando le sue abitudini, il suo modo di pensare, di produrre
e di lavorare; d’altra parte sembra ancora essere una cultura di nicchia,
accessibile solo agli addetti ai lavori e poco condivisa dai più.
• L’importanza della divulgazione scientifica
Il sottosviluppo che attende un paese in cui la mancanza di comunicazione scientifica determina una percezione negativa
della scienza, non sostiene la ricerca e non induce alla formazione di nuovi ricercatori, è un dato incontrovertibile.
L’impresa scientifica deve trovare sostegno attraverso le politiche dei paesi, ma anche facendo conoscere ai cittadini quello
che si fa nei laboratori di ricerca.
La percezione sociale spesso differisce dalla valutazione degli esperti. In questo ambito la comunicazione assume un ruolo
fondamentale laddove rimane il più possibile aderente all’informazione data dagli esperti e non la distorce per fini ulteriori.
Bisogna quindi fare attenzione ai messaggi latenti: quando la comunicazione si veste dell’oggettività della scienza per
diffondere messaggi non immediatamente evidenti ma con obiettivi precisi, bisogna diffidare ed imparare a selezionare.
La comunicazione pubblica deve attrarre i non addetti ai lavori e quindi persone non naturalmente interessate agli argomenti
oggetto della comunicazione. Questa quindi deve partire da ciò che generalmente emoziona, interessa e motiva alla lettura
un pubblico non specializzato.
61
Scienze e Tecnologie Applicate
• Le principali regole della comunicazione pubblica
• Intercettare l’attenzione del lettore
Non è il lettore che deve interessarsi alla scienza, ma è la scienza che deve rendersi interessante per il lettore.
Per questo è utile tener presente che qualcosa diventa una notizia quando il pubblico la trova nuova, rispondente ad un
bisogno umano fondamentale o che sia un tema già di interesse pubblico.
• Individuare l’emozione sulla quale far leva
E’ il primo passo che deve fare chi fa comunicazione pubblica. Il potere delle emozioni distingue la divulgazione scientifica
dalla comunicazione tra scienziati che deve essere neutra, asettica, oggettiva. Nel primo caso invece toccare le corde
emotive di chi legge è obbligatorio per far “passare” la notizia e non farla dimenticare. Non si tratta di un inganno né tanto
meno di distorcere la verità. E’ solo un modo per captare la pubblica attenzione su temi che la meritano.
• Raccontare la scienza narrando una storia
E’ un altro elemento che distingue i due tipi di comunicazione scientifica in base ai destinatari della stessa: comunicare con
la società è cosa completamente diversa dal comunicare all’interno della propria cerchia professionale.
Lo aveva capito James D. Watson quando, nel 1968, per raccontare la storia della scoperta della doppia elica del DNA
scrisse un volumetto, diventato un best-seller, appassionante e divertente, tanto diverso dalle due pagine pubblicate sul
numero di Nature del 25 aprile del 1953.
La storia, a differenza della notizia data asetticamente, crea immagini mentali che sono preziosi riferimenti cognitivi, alleati
della nostra memoria. Le immagini mentali prodotte dal racconto aiutano a ricostruire le esperienze organizzandole in
maniera coerente.
Pensiamo alla muffa di Fleming per ricordare la scoperta della penicillina, alla mela di Newton per ricordare la sua equazione
o al serpente che si morde la coda comparso in sogno a Kekulè per ricordare la struttura molecolare del benzene.
• Comunicare con chiarezza senza semplificare oltre il possibile
Semplificando eccessivamente infatti, si rischia di cadere in approssimazioni e imprecisioni che allontanano dalla verità.
Come diceva Einstein: “Le cose vanno semplificate il più possibile, ma non di più”.
La scienza, pur essendo complessa di per sé, non è necessariamente incomprensibile ai più, pur considerando che non
sempre potrà essere accessibile come l’articolo di un rotocalco.
Ecco alcuni fattori da considerare per favorire il lettore.
- Il linguaggio
Nella scienza si usa un linguaggio tecnico, specialistico, i cui termini spesso richiamano processi e/o concetti anche molto
complessi e non traducibili con vocaboli di uso comune.
Nella comunicazione destinata ad un pubblico inesperto è necessario quanto più possibile utilizzare un linguaggio condiviso,
evitando termini tecnici. Quando questo non è possibile è indispensabile spiegarne il significato e fare analogie con situazioni
di vita quotidiana più comprensibili.
- Le premesse indispensabili
La scienza è un sistema di conoscenze collegate tra loro a diversi livelli di complessità. E’ quindi difficile comprendere un
argomento senza saperne le indispensabili premesse.
Se questo non è un problema per la comunicazione tra scienziati, certamente lo è per il lettore inesperto il quale, se da una
parte deve essere messo nella condizione di comprendere quanto sta leggendo, dall’altra non può essere costretto ad
acquisire tutte in una volta informazioni che esulano dal suo specifico interesse. La giusta mediazione consiste nel fornire
sinteticamente solo le premesse indispensabili alla comprensione del tema affrontato.
- La contestualizzazione del tema
Spesso la scienza sembra essere distante dall’esperienza quotidiana. Questa circostanza allontana l’interesse della gente
comune e di tanti studenti poco motivati allo studio di discipline scientifiche.
Chi si accosta allo studio o alla semplice lettura di argomenti scientifici deve trovare in quel che legge una risposta sul senso
del proprio sforzo. In quest’ottica, mettere in luce i collegamenti esistenti tra le questioni trattate e l’esperienza di ciascuno
assume particolare rilievo.
Per esempio la cosmologia risulta alla maggior parte dei lettori più interessante della chimica organica. Ma quanto può
essere più stimolante il racconto della vita di una stella, se si esordisce dicendo che gli atomi di cui è costituito il nostro
corpo sono stati fabbricati da una fornace termonucleare all’interno di una grande stella?
62
Book in
progress
Capitolo 3 - Comunicare la scienza
LEGGIAMO INSIEME ALCUNI PASSI TRATTI DA “LE BIOTECNOLOGIE ”DI
MARCELLO BUIATTI – IL MULINO
Pag.52: “non a caso negli anni 80 quando nel nostro paese si cominciava a parlare di ingegneria genetica, capitava
che uno studente chiedesse se per apprendere queste tecnologie, allora nuovissime, si dovesse frequentare la facoltà
di ingegneria.”
L’autore mette in evidenza che sono tecnologie sviluppate già da 30 anni e implicitamente afferma che oggi i lettori sono
più informati e consapevoli, ossia interessati alla scienza. Successivamente spiega “un po’ in dettaglio” il meccanismo:
lo scienziato-autore coinvolge il lettore proponendo degli esempi che amplino il campo di conoscenze, ma con garbo.
Pag.65: “Tuttavia un impiego di OGM è pensabile in teoria in tutti quei processi di trasformazione dei prodotti alimentari
che avvengono per fermentazione. Fra questi possiamo citare la vinificazione, la produzione di latticini, le molte verdure
fermentate che sono parte integrante dell’alimentazione del Centro e Nord Europa”.
L’autore cattura l’attenzione sui processi industriali di miglioramento dei prodotti europei che il lettore utilizza.
Pag.66: “come si fa a costruire un’arma biologica efficiente?”
L’autore ripropone la tecnica del DNA ricombinante con cui si ottengono batteri ricombinanti che producono tossine
mortali per il “nemico”, usate come armi biologiche in molti Paesi suscitando paura o addirittura orrore.
Pag.36: “Da oltre 10.000 anni gli esseri umani si sono accorti che è possibile selezionare specie selvatiche di
microrganismi, piante e animali…”
L’autore fa riferimento alla selezione artificiale come tecnica tradizionale di miglioramento genetico, seppure gli scienziati
fino al 1910 (teoria cromosomica dell’ereditarietà) non avessero ancora identificato nei geni contenuti nei cromosomi i
caratteri trasmessi nella discendenza.
Pag.11 “Queste (le cellule) possono essere considerate come dei sacchetti pieni di acqua in cui navigano milioni di
tipi diversi di molecole… Ogni proteina è una catena di elementi, detti aminoacidi, che in natura è tutta avvolta su se
stessa” Il riferimento ad un oggetto materiale semplifica, ma si usa comunque il termine scientifico in modo corretto,
anche se non troppo approfondito. Per es. l’autore non descrive le strutture di una proteina, ma ne disegna un solo tipo.
Pag.19: “Vediamo allora come è fatto il DNA”
L’autore si preoccupa di mettere il lettore nelle condizioni di comprendere il messaggio.
Pag.31: ”Ad esempio, negli individui che hanno gli occhi neri funziona bene un gene per il pigmento che è presente
anche in chi ha gli occhi azzurri, verdi….”
Per spiegare che tutti gli esseri umani hanno gli stessi geni, ma con varianti diverse, detti alleli, l’autore fa riferimento ad
un carattere semplice quale il colore degli occhi su “trentamila geni che ogni individuo possiede”.
Pag.97: ”I media sono molto stimolati dal fatto che quasi quotidianamente ci sono attacchi e accuse spesso molto
aspri fra chi è favorevole e chi è contrario alle innovazioni in campo medico e biologico”
Oltre a presentare le due diverse posizioni, l’autore puntualizza che gli esseri viventi non dipendono in modo assoluto
dal DNA, ma anche dall’ambiente e perciò cambiano rispetto alle caratteristiche ereditate.
Pag.98: ”Non a caso siamo assillati dalle notizie del ritrovamento di questo o quel gene responsabile dei nostri
comportamenti, notizie poi puntualmente smentite o che comunque non hanno conseguenze pratiche”
L’autore desidera che la scienza non provochi lo scetticismo del pubblico e il suo allontanamento, ma vuole comunicare
avvicinandosi ai lettori.
ESERCIZIO
Per ogni passo letto nella scheda precedente, individua la regola della comunicazione pubblica che lo scrittore rispetta.
63
Scienze e Tecnologie Applicate
3.2 Le figure professionali
La comunicazione scientifica è compito degli scienziati e dei giornalisti.
Gli scienziati
Gli scienziati condividono i risultati del loro lavoro nell’ambito della comunità scientifica attraverso pubblicazioni su riviste
accreditate. Le finalità di tali pubblicazioni attengono al lavoro stesso del ricercatore: condividere i risultati della ricerca
significa anche sottoporli a controlli e verifiche da parte degli altri membri della comunità scientifica. L’attività di knowledge
management (gestione e condivisione della conoscenze) permette ai ricercatori di stare al passo con le nuove scoperte
pur se afferenti ad ambiti non strettamente collegati alle loro ricerche, sempre di più riconducibili a settori superspecialistici.
Oggi però i ricercatori hanno coscienza dell’importanza della divulgazione scientifica affinché anche i cittadini, con modalità
e finalità diverse da quelle proprie della comunicazione scientifica propriamente detta, siano informati del lavoro svolto nei
centri di ricerca e ne comprendano il valore.
Per questo si avvalgono del lavoro dei giornalisti.
I giornalisti
I giornalisti permettono l’accesso ai media dei ricercatori e sono quindi necessari alleati. I primi sanno usare le parole e gli
argomenti giusti intuendo i bisogni, le aspettative e gli umori di una società che sanno ascoltare; i secondi sono gli esperti
e conoscono profondamente gli argomenti trattati. La collaborazione tra le due figure professionali si è storicamente
sviluppata tra diffidenze e contrasti legati alla diversa cultura professionale: gli scienziati ritengono che i giornalisti non
capiscano la natura e il valore della scienza e per questo quando non la ignorano tendono a banalizzarne e distorcerne i
contenuti per renderli più sensazionali. Dal canto loro i giornalisti accusano gli scienziati di non farsi capire e ritengono che
il loro lavoro non sia interessante per la gente comune.
Di seguito vengono brevemente descritte le principali differenze nell’approccio alla comunicazione della scienza, che devono
essere tenute presenti dal lettore che intenda accostarsi alla letteratura strettamente scientifica oppure semplicemente
divulgativa, a prescindere dal mezzo che la veicola.
• Come l’opinione pubblica, anche il giornalista si aspetta dalla scienza risposte e certezze, mentre la scienza alimenta
il dubbio e la necessità di indagare ancora.
• Il giornalista cerca nella storia l’emozione che attrae il lettore, mentre lo scienziato tenta di non farsi coinvolgere dalle
proprie passioni per valutare nella maniera più neutra possibile i risultati delle proprie ricerche.
• Il giornalista è alla continua ricerca della notizia clamorosa, mentre la cautela contraddistingue lo scienziato anche di
fronte a risultati che sembrano sensazionali.
• Il giornalista racconta “la storia di un ricercatore”, mentre il ricercatore non dimentica mai che la scienza è un’impresa
cooperativa che si fa in team. Newton ammise di essere salito “sulle spalle dei giganti”.
• Il giornalista cerca la controversia, il dibattito, possibilmente clamoroso, che permetta il confronto tra opinioni diverse;
lo scienziato cerca il consenso ritenendo tanto più accurata una ricerca quanto più venga affermata con una sola
voce autorevole.
• Il giornalista ha sempre fretta e i suoi ritmi vengono dettati da scadenze, numero di battute e spazi
assegnati; lo scienziato si lascia condurre dai ritmi della natura della ricerca che sta conducendo.
La complementarietà tra le due figure professionali emerge chiaramente.
Qualunque giornalista può occuparsi di scienza e di tecnologia. Nell’ambito però di questa categoria professionale possiamo
distinguere il giornalista scientifico e il giornalista non specializzato.
• Il giornalista scientifico
E’ più preparato degli altri, ha in genere una laurea scientifica e spesso ha alle spalle un’esperienza da ricercatore.
Comprende il linguaggio della scienza di cui riconosce il valore. Essendo un giornalista specializzato dedica tempo al
controllo della notizia che approfondisce e sulla quale riflette, cercando di evitare gli errori per essere considerato un
interlocutore autorevole e credibile dalla comunità scientifica e dal pubblico cui si rivolge.
I giornalisti scientifici accreditati hanno meno degli altri il bisogno di far ricorso al sensazionalismo della notizia gridata per
captare l’interesse del pubblico. Nel linguaggio del marketing vengono chiamati gatekeeper, letteralmente “guardiani del
cancello”, il cancello dell’attenzione della gente.
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Book in
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3-e
Comunicare
Tecnologie la
Applicate
scienza
Capitolo
Scienze
Quello del giornalismo scientifico è il canale da privilegiare se ci si vuole interessare di scienza.
• Il giornalista non specializzato
Può essere un cronista, un redattore, un caporedattore che generalmente si occupa d’altro e che solo occasionalmente
tratta temi scientifici.
Generalmente dedicano poco tempo alla verifica della notizia che spesso non viene approfondita. Frequentemente lavorano
presso agenzie di stampa, quasi mai possiedono lauree scientifiche e quindi, non essendo adeguatamente preparati in tale
ambito, il rischio di commettere errori è significativo.
Nonostante i limiti suddetti, spesso la notizia conquista ugualmente le prime pagine di giornali e telegiornali influenzando
l’opinione pubblica. Diventa fondamentale in questo contesto saper selezionare le informazioni, distinguendo quelle attendibili
e accreditate dalla comunità scientifica da quelle gridate con l’intento prioritario di fare clamore.
Una citazione a parte meritano i giornalisti che contano. Quelli cioè che pur non essendo specializzati, godono della credibilità
e dell’apprezzamento dovuti alla grande professionalità. Si tratta di editorialisti e direttori di testate importanti. La loro voce
viene sempre ascoltata.
• L’addetto stampa: un giornalista prestato alla scienza
Quella dell’addetto stampa, o del responsabile delle relazioni esterne, è una figura professionale molto comune in Gran
Bretagna e in via di diffusione anche negli altri paesi europei. Molte istituzioni scientifiche ritengono utile concentrare i loro
sforzi nel lavoro di ricerca, affidando la comunicazione dei risultati a chi per professione conosce
le regole di una comunicazione efficace.
Avere nel proprio team una persona dedicata ai rapporti con i media offre numerosi vantaggi: risparmio di tempo,
concentrazione costante nella individuazione delle migliori strategie mediatiche in relazione al contesto, al messaggio da
diffondere, al pubblico che ne è destinatario, tessitura di una fitta rete di relazioni esterne utili alla ricerca di consenso sociale,
alla costruzione dell’identità dell’istituto di ricerca in cui si opera, a dare visibilità alle linee di ricerca su cui ci si sta impegnando.
3.3 Gli strumenti della comunicazione scientifica: i media
Diversi sono i contesti che ospitano l’informazione scientifica che, per le caratteristiche dette, appare spesso gridata,
sensazionalistica e distorcente. E’ utile indicare a coloro che leggono questo book alcuni criteri che possano aiutarli nella
scelta dei mezzi di comunicazione più adeguati alle esigenze di ciascuno. Lo facciamo partendo dallaprospettiva di chi
vuole comunicare la scienza e la tecnologia, in particolare i ricercatori, e non dalla prospettiva del pubblico, ritenendo che
chi conosce i criteri che inducono i primi a scegliere uno strumento di comunicazione piuttosto che un altro, saprà,
specularmente, anche decidere cosa leggere, ascoltare, vedere, in funzione della propria esigenza di approfondimento.
Quest’approccio ha anche l’intenzione di incuriosire lo studente ponendolo nella posizione di futuro professionista della
comunicazione scientifica.
Esistono due grandi categorie di media: quelli più diffusi e apprezzati dal grande pubblico (la stampa più autorevole, la
televisione, la radio), che hanno spazi informativi ai quali tutti vorrebbero accedere e che sono quindi soggetti ad una grande
competizione e quelli meno diffusi e accreditati che tentano di riempire i propri spazi a volte con difficoltà (i canali tematici
o di sole notizie, i siti internet, la stampa locale, i giornali specializzati). La distinzione non riguarda la qualità delle notizie
scientifiche, ma la potenzialità di essere diffusa ad un numero più o meno elevato di persone, in relazione alla diversa
tipologia di utenti e al differente linguaggio utilizzato.
Ma quando pensiamo ai mezzi per divulgare la scienza non dobbiamo riferirci solo alla televisione, alla radio, ai giornali, o a
internet. Anche i libri, il cinema o i musei delle scienze svolgono una funzione meritoria.
Possiamo dire anzi che, in alcuni casi, sono stati strumenti che hanno preceduto gli altri in ordine di tempo: quando Galileo
Galilei nel 1624 decise di far conoscere le proprie ragioni che tanti guai con la Chiesa gli causarono, pubblicò un libro,
“Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, e non ebbe certo da scegliere altrimenti! Il cinema, che con la forza della
storia e dell’immagine è ancora oggi uno strumento capace di avvicinare un pubblico altrimenti distratto e i musei, che
permettono anche ai bambini di accostarsi al mondo della scienza e della tecnologia.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Figura 3.5 – Frontespizio del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” di Galileo Galilei. 1a ed. originale 1632
Auto d’epoca
Balestra di locomotore
DC3
L’aereo del Barone Rosso
Biella e manovella dello stesso locomotore
Jumbo 747
La macchina di Stanlio e Olio
Sezione di motore diesel a 12 cilindri per
applicazione ferroviaria e agricola
Figura 3.6-Foto tratte dal Museo della tecnica di Spira (cortesia dell’Ing. Nino Cugini)
3.4 L’etica nella comunicazione della scienza
La scienza oggi entra nelle case della gente veicolata dai diversi mezzi di comunicazione di massa ed è in grado di influenzare
le opinioni e i modi di vivere delle persone. Pensiamo all’attenzione che tutti noi abbiamo nella scelta di cibi per una
alimentazione sana, spesso dettata da informazioni assunte occasionalmente attraverso i media; pensiamo alle nostre
opinioni relativamente a protocolli terapeutici alternativi di cui abbiamo avuto notizia, per renderci conto di quanto la
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Comunicare
Tecnologie la
Applicate
scienza
Capitolo
Scienze
comunicazione scientifica abbia la responsabilità di fornire una corretta informazione.
Se la pubblicazione di un lavoro scientifico, redatto secondo i canoni propri della comunicazione tra scienziati, esclude
quegli spazi di vaghezza che spesso nascondono la mancanza di dati, di argomentazioni convincenti e di procedure
sperimentali poco chiare, la comunicazione pubblica, necessariamente meno rigorosa, ha le potenzialità per essere
ingannevole. Se aggiungiamo l’asimmetria nella competenza degli esperti e dei non esperti, il rischio di manipolazione è
enorme.
La comunicazione della scienza diventa dunque un problema etico e alcune regole devono essere rispettate.
• La prima regola consiste nel rispetto della verità fattuale: un resoconto completo e onesto di come si è pervenuti
ai risultati illustrati aiuta a capire l’affidabilità della ricerca, il grado di accordo con altri studi sulla stessa materia, il
grado di condivisione da parte di altri ricercatori, gli eventuali motivi di dissenso.
• Bisogna poi evitare di enfatizzare troppo i risultati della propria ricerca: la scienza si caratterizza per la sua
provvisorietà, che è bene mettere in luce, soprattutto quando si occupa di problematiche di frontiera, nuove e non
ancora sufficientemente indagate. La delusione di chi assume una notizia che poi si rivelerà infondata diventa spesso
scetticismo. Informarsi attraverso un approccio critico rende il lettore consapevole.
• Per gli stessi motivi appena esposti i risultati di una ricerca prima di essere divulgati dovrebbero essere vagliati da
una peer-review: letteralmente “revisione tra pari”. Si tratta di una valutazione da parte di esperti che verificano
l’idoneità alla pubblicazione scientifica.
• Attenzione poi a non commettere omissioni: essere aderenti alla verità fattuale non basta. E’ corretto esporre anche
i possibili risvolti negativi di una ricerca. Per esempio scoprire la base genetica della predisposizione ad una malattia,
se da una parte favorisce la prevenzione, d’altra parte può dar luogo a discriminazioni e condiziona le scelte
dell’interessato, la cui autodeterminazione non può non tener conto della propria condizione. Non si deve poi omettere
di rappresentare, qualora ce ne fossero, eventuali ipotesi opzionali date dai risultati della ricerca, per far passare solo
quella in cui si crede. Pensiamo al dibattito ancora aperto sulle diverse fonti di energia. E’ omissione anche quella di
chi non prende le distanze da un collega scorretto per una sorta di corporativismo inaccettabile.
• E’ doveroso infine dichiarare eventuali conflitti di interesse. L’intreccio tra ricerca pubblica e privata potrebbe dar
luogo a conflitti che, dietro la maschera dell’oggettività scientifica, nascondono interessi non confessati.
ESERCIZIO
Da una pubblicazione scientifica, quale un libro o una rivista scientifica, estrapola le parti del testo che si riferiscono alle
varie caratteristiche che rendono una comunicazione scientifica efficace.
3.5 Arte, scienza e tecnologia
L’atlante scientifico
La scienza e la tecnologia pongono le fondamenta sul metodo scientifico, che si basa sull’osservazione dei fenomeni
naturali. La curiosità e i sensi dello scienziato sono guidati a rappresentare la realtà col disegno per spingerlo a sviluppare
un’attenzione minuziosa agli aspetti particolari.
“Paesaggio con fiume” disegno di Leonardo da Vinci presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe agli Uffizi a Firenze
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Scienze e Tecnologie Applicate
Leonardo da Vinci è lo scienziato che ha saputo fondere
l’arte con la scienza e la tecnologia: profondo scopritore
della natura, ha infatti rappresentato il corpo umano coi
disegni ritenendoli più rigorosi delle descrizioni. umano,
Gallerie dell’Accademia di Venezia.
Leonardo ha ideato e disegnato molte opere
architettoniche. Ha corredato con disegni le sue geniali
invenzioni
L’utilizzo del disegno nel campo scientifico ha due
prospettive:
è lo strumento che interpreta la realtà; è il
Figura 3.7-L’uomo vitruviano di
Leonardo da Vinci, studio di mezzo che fa da ponte tra leggi e calcoli matematici e la
proporzionalità di un corpo.
rappresentazione della tecnologia del futuro.
Per esempio, le tavole di botanica, di zoologia, di anatomia, di paleontologia, di istologia,
sono raccolte in atlanti, che permettono di confrontare le osservazioni sullo specifico
oggetto di studio con i disegni illustrativi al fine dell’identificazione di materiale organico
(pianta, animale, organo, fossile, tessuto): perciò permettono di studiare la natura.
a)
Atlanti geografici e atlanti storici sono spesso talmente belli da rappresentare non solo
fonti di conoscenza ma anche esempio di come l’arte sia un mezzo insostituibile per
comunicare la scienza.
I disegni tecnici sono utilizzati in architettura e in ingegneria, rispettivamente per la
progettazione di edifici e impianti tecnologici d’avanguardia: mettono in luce innovazioni
non ancora realizzate.
Il disegno è comunque un rappresentazione fedele e
scrupolosa della rappresentazione mentale del
presente e del futuro.
Figura 3.9-Progetto di macchina
volante di Leonardo da Vinci
Figura 3.11 - Pianta di Imola
disegnata per Cesare Borgia, Museo
Vinciano, Vinci
Figura 3.12-Mappa del mondo dal
primo Atlante moderno di Abraham
Ortelius -Theatrum Orbis (1570)
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Lo studio dei sistemi, ossia di qualsiasi insieme di
oggetti interconnessi (solare, nervoso, ecologico, delle
telecomunicazioni…), si realizza tramite modelli che
utilizzano disegni semplificati, che rappresentano la
sua struttura, prevedono le sue modificazioni in base
alle variabili dipendenti. Lo studio dei modelli
caratterizza un disegno semplificato, che evidenzia le
connessioni tra gli elementi del sistema: è un artificio
per predire gli effetti in un sistema naturale o artificiale.
b)
Figura 3.8-a) Studio sul movimento del
braccio
b) Anatomia di corpo umano femminile
Negli atlanti la parte testuale è comunque chiara,
estesa, specialistica, ben strutturata. I disegni mettono
in risalto le forme, i particolari strutturali, variazioni di
caratteri strutturali in condizioni diverse. Spesso sono
in gradazioni di grigio, a colori talvolta sfumati per
evidenziare l’aspetto tridimensionale o i rapporti tra
Figura 3.10- Progetto di chiesa a
strutture diverse.
pianta centrale, Parigi, Institut de
Ha fatto letteralmente “scuola” il medico americano
France
Frank Netter, che ha illustrato uno degli atlanti di
anatomia umana più noti ai medici e agli studenti di
medicina.
Oltre agli atlanti, vengono pubblicati manuali che, in aggiunta alle tavole, riportano
informazioni utili ai meno esperti: sono le guide di botanica, zoologia e di altre
discipline scientifiche.
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3-e
Comunicare
Tecnologie la
Applicate
scienza
Capitolo
Scienze
Figura 3.13-Modello di feedback: l’aumento delle piante provoca una maggiore disponibilità di cibo per
le chiocciole e il conseguente aumento dei ricci, che si nutrono di esse. La conseguente diminuzione delle
chiocciole sarà provocata dall’aumento dei loro predatori
Qualunque sia la finalità, la scienza e la tecnologia si servono del disegno scientifico. La rappresentazione dei fenomeni
si attua anche con la fotografia digitale. I colori e le forme si fondono in un’espressione artistica, che comunica istanti di vita
naturale unici, che rimangono per sempre nella memoria di tutti. Gli elementi fotografati mostrano la loro struttura, lo scopo
del loro essere: sono una testimonianza. Così un fossile o un minerale appaiono incastonati nella roccia che li ha custoditi,
un insetto si fa vedere su una pianta in cui trova rifugio, un’alga emerge dal fondo in cui alberga nel momento della bassa
marea. La scienza scruta da vicino la natura, mediante le tecniche di cui si serve il fotografo naturalista.
La conoscenza del mondo che ci circonda da dominio di cultori della scienza, di lettori privilegiati, diventa patrimonio di
massa quando va in scena sui documentari televisivi e cinematografici. La divulgazione scientifica anima i testi e le immagini
con suoni e azioni di vita degli esseri che popolano la Terra. I protagonisti sono gli abitanti della natura che,
inconsapevolmente, ci sorprendono coi loro ritmi, impulsi, strategie maturate in un lungo tempo, oltre la storia dell’umanità.
E’ un altro modo di fare scienza con l’arte di chi fa divulgazione scientifica.
• Il disegnatore scientifico
L’osservazione dei fenomeni naturali rappresenta l’attività primaria di uno scienziato, che ha lo scopo di capirli e interpretarli.
Il lavoro è complesso in quanto nel sistema Terra tutti gli elementi, come l’acqua, l’aria, le rocce, i viventi sono caratterizzati
da continue trasformazioni, veloci o lente che siano, determinate dalle continue relazioni esistenti tra di essi in ogni ambiente.
Occorre quindi che lo studioso raccolga le informazioni osservate e le raffiguri con un disegno.
La rappresentazione della realtà stimola la ricerca dei particolari, sofferma l’attenzione nei confronti dell’oggetto di studio,
sviluppa la curiosità: è uno dei mezzi che favoriscono lo sviluppo della ricerca, il porsi dei perché. Il disegno è utilizzato
anche per dare corpo a un’idea, che rappresenta un’ipotesi di lavoro sulla strada della ricerca di nuovi risultati. Perciò il
disegno scientifico è uno strumento di ricerca dello scienziato.
Lo studioso è anche un comunicatore con lo scopo di trasmettere la conoscenza.
Realizza a tal scopo gli atlanti riportando nelle tavole i disegni, oltre che le immagini e le fotografie.
Gli autori di atlanti e guide sono anche illustratori scientifici, che hanno non solo la capacità di disegnare, ma sono anche
profondi conoscitori della disciplina di studio. Tali abilità sono il frutto di formazioni accademiche e professionali diverse: lo
scienziato ha imparato a disegnare come autodidatta oppure l’artista si interessa ad una disciplina scientifica; l’artista diventa
uno scienziato. Il caso specifico è rappresentato da Frank Henry Netter, che ha imparato il disegno presso la Art Student's
League e la National Academy of Design; successivamente si è laureato in medicina all'Università di New York; durante
l’attività presso un ambulatorio chirurgico ha fatto l’illustratore come secondo lavoro, poi ha abbandonato il camice per
dedicarsi a tempo pieno al disegno.
LO STUDENTE DISEGNATORE SCIENTIFICO
E’ giusto riflettere sull’enorme contributo dei disegni scientifici ai testi scolastici, mentre è inconsueto considerare lo
studente non solo come fruitore di atlanti, guide e libri, ma illustratore per mestiere quando lavora presso un laboratorio
scientifico scolastico.
Nel corso di una attività sperimentale l’allievo riporta le immagini che osserva, in un disegno che ha le seguenti
caratteristiche:
• la qualità che dipende dal suo grado di conoscenza (es: sapere individuare e riconoscere le parti osservate)
• la rappresentazione grafica che deve mantenere le esatte proporzioni con l’oggetto osservato (es: il
disegno dell’immagine del preparato microscopico è ingrandita rispetto al campione allestito per l’osservazione)
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Scienze e Tecnologie Applicate
• la scelta dei colori o delle gradazioni di grigio che rispecchia l’accuratezza dell’osservazione
Questa è la tecnica di un disegnatore scientifico che si applica all’illustrazione e che lo studente fa propria nello
svolgimento di una relazione scientifica.
• Il fotografo naturalista
La fotografia naturalistica in questi ultimi anni ha assunto una estrema importanza sia nella divulgazione, ad opera di
documentari televisivi e cinematografici, che nella editoria scientifica, con libri e riviste scientifiche.
Figura 3.14-foto di fiore di “Capparis spinosa”
Figura 3.15-foto di libellula
I professionisti che si occupano del ramo più difficile della fotografia, hanno una lunga esperienza e amore per l’ambiente
naturale. La fotografia naturalistica si basa su una vasta scelta di tecniche fotografiche, come la fotografia paesaggistica
che ritrae il paesaggio, naturale o urbano, la macrofotografia che ingrandisce soggetti molto piccoli, la fotografia
d'appostamento che si realizza da capanni ben mimetizzati, le trappole fotografiche in cui si allestisce una stazione
fotografica collegata ad un sensore in modo che l'animale, attivando il sensore, provoca lo scatto della fotografia.
Come in ogni professione anche il fotografo naturalista segue un’etica.
Essa si basa sul rispetto della natura, protetta e mantenuta nella
sua integrità, senza interferenze nelle relazioni tra gli elementi che
la rappresentano. La fotografia naturalista è testimonianza di
rapporti, comportamenti, lotte e amori tra i viventi che la
sua invisibile presenza non altera. E’ fedele rappresentazione che
si trasforma in scenari artificiali solo allo scopo di stupire il
pubblico e far conoscere quei comportamenti nascosti da un velo
di mistero. E’ trasmissione di una coscienza naturalistica, frutto
Figura 3.16-Foche ad Ushuaia, nella Terra del Fuoco, in Argentina di un’educazione ambientale.
(cortesia di Luca Iannaccone)
La fotografia naturalistica è praticata non solo da professionisti,
ma anche da appassionati. E’ una attività amatoriale che ha avuto una forte crescita grazie all'avvento della fotografia
digitale, che offre indubbi vantaggi a chi non è uno specialista: la macchina imposta automaticamente la sensibilità
scegliendo il tempo e il diaframma in base alla illuminazione dell’ambiente e al tipo di ripresa (ritratto, panorama, sport,
macro, ecc.); imposta tempi di scatto molto rapidi così da escludere che l’immagine risulti mossa; regola in modo semplice la
messa a fuoco inquadrando il campo dell’immagine che risulta nitido rispetto a ciò che lo circonda prima dello scatto fotografico;
permette di verificare all’istante l’anteprima dell’immagine prodotta; consente modifiche con un programma di fotoritocco.
E’ una pratica divertente e che emoziona, in quanto si colgono momenti curiosi di vita animale, si osservano amalgami di
sfumature di colori fra cielo, terra e mare, si coglie la forza dominante della natura in situazioni particolari che sovrastano le
possibilità umane, si apprezza la grandezza della natura nelle sue vesti multiformi.
Figura 3.17-Le cascate del parco naturale di Foz Iguazu in
Argentina (cortesia di Luca Iannaccone)
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Figura 3.18 - Colonia di Spheniscidae, comunemente conosciuti
come pinguini. Tra questi si riconosce, in posizione eretta, il
pinguino reale (cortesia di Luca Iannaccone)
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scienza
Capitolo
Scienze
QUALCHE NOME DA RICORDARE
Le trasmissioni televisive di divulgazione scientifica più note sono:
• Quark e Superquark, ideate e condotte da Piero Angela su Rai 1, che presentano documentari nazionali e internazionali,
come per esempio quelli del famoso documentarista David Attenbourgh e animazioni sui viventi, sull’uomo, sulla storia
e sulla geografia, sulle nuove tecnologie.
• Geo su Rai 3 è un programma dedicato alla Terra e ai suoi abitanti: è descritta la vita negli ecosistemi acquatici e
terrestri grazie a documentari prestigiosi e al lavoro del fotografo naturalista Emanuele Biggi; è presentato
il comportamento degli animali con le rubriche del biologo Francesco Petretti; è trattato il rapporto tra città, natura e
cultura; sono analizzati i temi della salvaguardia del territorio e della lotta alle sofisticazioni alimentari, con gli interventi
di Danilo Gasparini, docente di Storia dell'agricoltura e dell'alimentazione all’Università degli Studi di Padova; sono
esposti gli studi scientifici anche nel campo della prevenzione delle malattie; sono presentate le attività imprenditoriali
di giovani nel campo ambientale.
• Atlantide su LA7 condotto dal geologo Mario Tozzi si occupa di geologia, geografia, vulcanologia, storia antica
Nuovi canali hanno ampliato l’offerta anche per gli appassionati di scienze. Per esempio:
• Focus è un canale gratuito: i temi che tratta riguardano la scienza e la tecnologia, gli animali e la natura, il mistero e la
psicologia, la storia, le religioni, il comportamento, la sessualità, la salute...
• Discovery Science è una rete televisiva internazionale, ospitata nel canale di Sky nel pacchetto "Sky Famiglia": il canale
trasmette solo programmi dedicati al mondo della scienza, della tecnologia e delle scoperte più innovative.
Anche la cinematografia si interessa alla scienza, soprattutto coi documentari cinematografici che, in questi anni di crisi
del settore, hanno visto aumentare gli spettatori. Sono pellicole rivolte a far maturare nel pubblico una coscienza
ambientalista come “Peak - Un mondo al limite” – 2011, documentario sul processo di trasformazione delle Alpi, che
pone anche alcune domande sul rapporto che deve essere mantenuto tra natura e tecnologia; come “Una scomoda
verità” - 2006, con Al Gore, che si occupa della condizione del pianeta e dei rischi che corre a causa dei gas serra e che
fornisce le risposte alla domanda su come affrontare il riscaldamento globale del pianeta.
Grande offerta ai cultori della scienza o a semplici appassionati è proposta dall’editoria, dove si cimentano spesso i
divulgatori televisivi e gli scienziati, nonché i fotografi naturalisti. Tra gli esperti fotografi e comunicatori scientifici vi è
Emanuele Biggi, naturalista genovese con un dottorato in Scienze Ambientali Marine. Lavora per riviste di settore anche
internazionali (BBC Wildlife Magazine, Rivista della Natura, Geo Magazine, Science Illustrated, Focus Wild), in programmi
televisivi come esperto di animali per Rai3, Mediaset, Sky HD. E’stato curatore del Festival della Scienza di Genova e di
svariate mostre scientifiche tra le quali "Predatori del Microcosmo", dedicata a insetti, ragni, anfibi e rettili (esposta nei
musei italiani di Torino, Trento e altri), “Copioni e Copiati” dedicata al mimetismo ed alla biomimetica (nei musei di Bologna,
Rovereto e altri) "Arachnida, il fascino segreto di ragni e scorpioni" esposta nel museo di Genova. A ottobre 2013 è stato
tra gli speakers del famoso simposio internazionale di fotografia di natura “Wildphotos”, tenuto dalla Royal Geographical
Society in collaborazione con la BBC.
Le fotografie che scatta e che lo hanno reso famoso sono frutto di lunghe ricerche e spedizioni in tutto il mondo, di pazienti
appostamenti, di ricostruzioni di ambienti artificiali in grado di stimolare i comportamenti dei viventi più curiosi e segreti.
Si è affermato a soli 26 anni il fotografo naturalista Vincent Munier, che si è aggiudicato per ben tre anni consecutivi
(2000, 2001 e 2002) il BBC Wildlife Photographer. Ha pubblicato libri (tra i più famosi, Blanc Nature) e DVD e il suo lavoro
è apparso su tutte le maggiori riviste naturalistiche del mondo. Ha allestito le mostre “Animaux et paysages lorrains“ nel
2008, “L'état sauvage“ à Montréal nel 2009, “Kamtchatka, la vie sauvage aux confins du monde“ nel 2010 e “De
crépuscules en crépuscules“ nel 2011 à Nancy.
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Scienze e Tecnologie Applicate
ESERCIZI
Rispondi alle seguenti domande
1. In quali fasi del metodo scientifico uno scienziato utilizza il disegno?
2. Confronta i disegni scientifici attuali con quelli di qualche decina di anni fa: quali differenze evidenzi?
3. Quali differenze e/o analogie individui confrontando i disegni di un atlante, di un libro e di una rivista
specializzata sulla stessa disciplina?
4. Può l’artista diventare uno scienziato?
5. Quali trasmissioni televisive di divulgazione scientifica conosci?
6. In che modo la cinematografia si interessa alla scienza?
7. Che tipo di attività può svolgere un fotografo naturalista?
8. Quali sono alcune tecniche che esegue il fotografo naturalista?
9. Quali principi etici segue un fotografo naturalista?
10. Quali sono i dispositivi di una macchina fotografica digitale che permettono anche agli appassionati di
fotografia di fare fotografie naturalistiche?
3.6 il linguaggio multimediale
La comunicazione della conoscenza scientifica del mondo si basa sul linguaggio verbale, visuale, artistico. Negli ultimi
decenni essa ha acquisito nuove caratteristiche: è veloce, è grande in quantità, è rivolta a un numero sempre più consistente
di persone.
Ciò è stato reso possibile da un nuovo tipo di linguaggio: il multimediale. Quest’ultimo unisce testo, audio, immagini ferme
e in movimento in oggetti multimediali, come, per fare un esempio, l’e-book di Scienze e Tecnologie Applicate, che
rappresenta i concetti mediante elementi raffigurativi schematici, sonori, fotografici, animati in modo da stimolare le molteplici
modalità di apprendimento degli studenti e permette di esplorare i temi articolati in varie relazioni reticolari sulla base di
personali passioni e curiosità. Il computer, il netbook, il notebook, lo smartphone, il tablet, la lim, il proiettore interattivo,
sono sistemi informatici che rendono leggibili gli oggetti multimediali e che si connettono a internet: rete di reti di computer.
Oggi nelle scuole alcuni di questi mezzi sono utilizzati nell’insegnamento delle materie del corso di studio. Su una immagine
scaricata da internet sul notebook, si può scrivere e disegnare con gli strumenti della lim, o del proiettore interattivo, anche
se non siamo dei disegnatori professionisti. Si possono animare gli oggetti inseriti nella pagina del notebook, quali parole e
disegni, per effettuare delle attività interattive, anche se non si è un divulgatore scientifico televisivo. Insomma, si può stupire
e divertire chi partecipa a una lezione multimediale e la conoscenza può assumere connotati artistici, pur nel rispetto del
rigore scientifico. E che dire del computer, dello smartphone, del tablet: non sono solo strumenti di lavoro, ma ormai
compagni di vita con cui gestiamo le immagini, le parole scritte e parlate, i filmati, ossia tutte le forme di comunicazione che
coinvolgono gli altri, rendendoci protagonisti e non solo semplici utenti. Tutto questo è stato reso possibile da internet, il
principale mezzo di comunicazione di massa. La sua caratteristica principale è l’interattività, che permette di scambiare le
informazioni fra internauti legati da uno stesso interesse. I mezzi di comunicazione con internet si estendono da quelli
asincroni, come email, forum, mailing list a quelli sincroni, come chat e videoconferenza. Gli studenti possono ampliare lo
spazio concesso allo studio con la costituzione di classi virtuali, che permettono il superamento dei confini delle proprie
aule, delle barriere dovute alla distanza, moltiplicando gli ambienti di apprendimento e attingendo a biblioteche di risorse
didattiche, possono utilizzare forum, chat e videoconferenze per scambiarsi opinioni e condividere conoscenze.
La ricerca e lo studio si avvalgono di strumenti quali i motori di ricerca in cui occorre:
• inserire le parole chiave specifiche dell’argomento per ottenere fonti web che trattino i temi richiesti;
• selezionare la risorsa web che includa le informazioni e soddisfi la richiesta.
3.7 Le banche dati
Le banche dati possono essere definite come insieme di archivi che contengono informazioni strutturate e messe in relazione
tra loro secondo criteri di carattere logico. Gli archivi devono essere organizzati in modo da consentire una gestione efficace
dei dati, in grado cioè di rispondere alle richieste e ricerche degli utenti, che eseguiranno delle interrogazioni (query)
servendosi di applicazioni software dedicate.
Esse sono da considerarsi perciò come delle “piattaforme di ricerca avanzate” che offrono all'utente una sorta di archivio
digitale di informazioni, cioè un servizio di organizzazione delle risorse elettroniche disponibili in ogni ambito scientifico.
Il valore scientifico delle informazioni è garantito dalla rigorosa selezione dei contenuti effettuata da qualificati comitati
scientifici. Rispetto ad una ricerca condotta su ungenerico motore o sfogliando gli indici cartacei di riviste, una banca dati
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Capitolo
Scienze
offre significativi benefici nella quantità dei risultati ottenibili e, soprattutto, ne garantisce la qualità.
Le banche dati sono fruibili secondo varie modalità e piattaforme: generalmente esse contengono esclusivamente citazioni
di articoli, spesso provvisti di abstract; l'applicazione di software specifici consente la fruizione di altri servizi di supporto,
quali il collegamento alla versione “full text” degli articoli, la loro localizzazione e la possibilità di accedere ad altre informazioni
di varia natura, compresi materiali di tipo multimediale.
Tipologie di banche dati
Le banche dati più diffuse, relativamente all’informazione che forniscono sono le seguenti:
• banche dati di informazione primaria (o fattuali), che consentono l’accesso diretto al documento - es. Computing
Research Repository (CoRR) che mette a disposizione il testo completo degli articoli raccolti dalla Cornell University
relativamente al mondo del computer ed alle sue applicazioni;
• banche dati di informazione secondaria, che aiutano l'utente a localizzare la fonte informativa adatta alle sue
esigenze, rinviandolo per ulteriori dettagli, o per il testo completo, allo specifico documento, all'organizzazione oppure
ancora al ricercatore, autore o possessore della documentazione primaria; in tale categoria rientrano le cosiddette
BD bibliografiche.
La distinzione è sempre più sfumata perché le banche dati bibliografiche sono sempre più dotate di link al testo pieno.
Si parla anche di tipologie:
• numeriche, che contengono dati numerici legati a studi statistici o finanziari;
• di immagini, con archivi di foto ed altri documenti grafici.
• Le banche dati bibliografiche
Le banche dati bibliografiche sono il principale strumento per fare ricerche specialistiche, perché contengono non solo
descrizioni di libri ma anche di articoli, di riviste, saggi di opere, interventi a convegni, poster, recensioni, rassegne, ed altro.
Un significativo esempio di banca dati bibliografica è rappresentata da PubMed. È una banca dati biomedica accessibile
gratuitamente on line, sviluppata dal National Center for Biotechnology Information (NCBI) presso la National Library of
Medicine (NLM). PubMed contiene circa 16 milioni di citazioni di articoli scientifici, di ambito biomedicoo di scienze affini,
dagli anni '50 del Novecento ad oggi.
LA RICERCA NELLE BANCHE DATI BIBLIOGRAFICHE:
L'ESEMPIO DI PUBMED: http://www.aib.it/aib/contr/barazia1.htm
Scegliere una banca dati
La scelta della banca dati cui attingere per effettuare una ricerca coinvolge diversi fattori, tra i quali:
• Area disciplinare coperta
• Tipi di documenti trattati
• Area geografica di pertinenza e lingua
• Copertura cronologica e frequenza con cui viene aggiornata
• Modalità d’accesso e facilità d’uso
Le nostre Università forniscono, attraverso i loro portali web, molteplici servizi in connessione con diverse banche dati
scientifiche internazionali, spesso ad accesso free. Su tali portali vengono generalmente fornite anche delle guide o tutorial
per spiegare le modalità con cui avere accesso alle informazioni.
PORTALE DELL’ UNIVERSITA’ DI BOLOGNA: LE BANCHE DATI PER
AMBITO DISCIPLINARE:
http://biblioteche.unibo.it/portale/risorse-elettroniche/banche-dati/banche-dati/
PORTALE DELL’UNIVERSITA’ DI URBINO: LE PIÙ IMPORTANTI BD DI
CARATTERE SCIENTIFICO:
http://pcb19.bib.uniurb.it:8080/Biblioteca%20Scientifica/risorse/bdscientifiche
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Scienze e Tecnologie Applicate
Consultare una banca dati
Per spiegare il modo in cui avviene la consultazione di una banca dati è necessario accennare a come essa è strutturata.
Una banca dati si presenta sostanzialmente come un database relazionale, cioè un insiemi di archivi ben strutturati,
collegati tra loro mediante relazioni.
Gli archivi che costituiscono la base dei dati sono delle tabelle, le cui colonne rappresentano i campi, cioè gli attributi (ad
es. autore, titolo, ecc.). Le righe delle tabelle rappresentano gli elementi o record contenuti nell’archivio. I campi utilizzati
come chiave di ricerca vengono indicizzati in modo da velocizzare le operazioni di reperimento delle informazioni.
I principali tipi di ricerca sono:
• per soggetto: nella ricerca per soggetto si usa un sorta di vocabolario controllato, cioè un insieme di termini predisposti
ed organizzati in liste (soggettari o thesauri). Questi termini hanno lo scopo di descrivere i contenuti concettuali ed assumono
il ruolo di concetti chiave che, una volta associati ai documenti, ne permettono facilmente il reperimento. L'uso dei termini
del thesaurus o del soggettario consente un recupero di documenti più mirato e pertinente;
• per parola chiave: nella ricerca per parole chiave vengono usati i termini del linguaggio naturale, che sono considerati
rilevanti e significativi per la ricerca. Bisogna tener conto che il software di ricerca individua solo le parole presenti nel record
che descrive il documento. La ricerca per parole chiave è consigliata quando nella banca dati non è disponibile il thesaurus,
oppure se la ricerca per soggetto non produce un numero soddisfacente di risultati. Con questo tipo di ricerca si potrebbero
trovare anche documenti non rilevanti; spetta allora al ricercatore scegliere opportunamente i termini correlati per ampliare
o restringere i risultati.
Le due strategie di ricerca non si escludono a vicenda ma possono opportunamente integrarsi per ottenere migliori risultati.
ESEMPIO DI CONSULTAZIONE
Riportiamo un esempio di consultazione della Banca Dati Farmaci, curata dall’Agenzia Italiana del Farmaco.
Dalla home page si può scegliere di effettuare la ricerca secondo uno dei seguenti soggetti:
• per farmaco
• per principio attivo
• per azienda.
Ipotizziamo una ricerca per principio attivo “diclofenac”: viene visualizzato un elenco di farmaci corrispondenti.
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Book in
progress
3-e
Comunicare
Tecnologie la
Applicate
scienza
Capitolo
Scienze
Scegliendo uno dei farmaci si accede alla videata seguente, che riporta le informazioni generali sul farmaco, sull’azienda
che lo produce e sulle confezioni in commercio.
Vengono poi forniti i link che permettono di accedere ai documenti full text: il foglio illustrativo ed il riassunto delle
caratteristiche del prodotto.
LA BIOINFORMATICA
La bioinformatica è una disciplina che mette le applicazione della scienza dell’informazione e dei metodi informatici al
servizio della ricerca scientifica nel campo delle biotecnologie, tentando di elaborare in termini numerici e statistici i
fenomeni biologici.
Un esempio del genere è rappresentato dai seguenti tre centri e dalle rispettive banche dati di sequenze nucleotidiche
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Scienze e Tecnologie Applicate
dei geni. Essi sono:
• EMBL – European Molecular Biology Laboratory (1980) che gestisce EMBL data library
• NCBI – National Center for Biotechnology Information (1982) che ha elaborato il database GenBank
• DNA Database of Japan (1986) che ha sviluppato il database DDBJ
Esiste un accordo per cui l’inserimento di dati in uno dei 3 database comporta l’automatico inserimento degli stessi dati
negli altri. In particolare, NCBI mette a disposizione database sui geni ed il loro contesto genomico, sulle sequenze
nucleotidiche di tutte le specie, sia quelle codificanti che quelle non codificanti, sulle sequenze di aminoacidi delle proteine,
sulle pubblicazioni di carattere biologico e biomedico sotto forma di articoli e dei loro abstracts sulla classificazione degli
organismi.
Lo scopo è quello di unificare tutte le informazioni scientifiche pubblicate e corredate da esperimenti e dati scientifici, in
modo che gli scienziati dei laboratori di tutto il mondo possano avere gli strumenti per comprendere i meccanismi
molecolari alla base dell’attività biologica di tutte le proteine codificate dal genoma.
MODA E COMUNICAZIONE
Moda: dal latino mos, nei diversi e correlabili significati di: usanza, costume, abitudine, tradizione
Fig. 1: Palazzo Morando oggi
sede del Museo di Milano e
della collezione Costume Moda
(foto di Carlo dell’Orto)
Fig. 2: Modelli sfilano in passerella
(foto di Glenn Francis,
www.PacificProDigital.com)
"La moda è un principio universale, uno degli elementi della civiltà e del costume sociale, che interessa
non solo il corpo ma anche tutti i mezzi di espressione di cui l'uomo dispone"(Saviolo e Testa, 2000: 5)
Moda è ciò che, secondo la percezione comune, è in grado di dare sensazioni stimolanti.
Ma che cosa ci piace?
Perché alle donne piace l'uomo forte e muscoloso?
Quando il nostro cervello si è evoluto nella preistoria, il terribile freddo dell'ultima era
glaciale richiedeva grande forza, grande volontà e capacità di rischiare per abbandonare
gli accampamenti e iniziare una battuta di caccia.
Così come grande forza, coraggio e capacità di rischiare la propria vita si richiedeva per
affrontare un mammut o una tigre con i denti a sciabola. Solo coloro che potevano fare
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Book in
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Capitolo 3 - Comunicare la scienza
questo garantivano la sopravvivenza della famiglia e della specie.
Alle donne piace l'uomo forte ed eroico proprio per questo.
Spalle larghe, muscolatura potente, decisione e coraggio, un tempo garantivano
la vita; oggi, inconsapevolmente, ci ricordiamo proprio quei fatti.
Siamo programmati perché sia questo quello che ci piace.
Ma il cervello è uno strumento fortemente plastico e si adatta all'ambiente.
Anche se oggi le cose rispetto alle origini sono un po’ cambiate.
Oggi un buon cervello in un uomo garantisce la sopravvivenza di una famiglia, una buona
capacità di muoversi nella società. Muscoli e forza stanno perdendo appeal, un architetto
o un avvocato sono più affascinanti di uno scaricatore di porto.
Perché all'uomo piace la donna con gambe lunghe con il “lato B” formoso?
Le gambe lunghe e le cosce formose garantiscono una compagna forte e veloce in grado
di sfuggire ai pericoli e di salvare probabilmente la prole dalle aggressioni e dalla natura.
Un bacino largo e ben formato consente di partorire la prole senza problemi e la
sopravvivenza di madre e figlio. Dunque garantisce la continuità della specie. La selezione
della specie impone agli uomini il loro gusto: agli uomini piacciono donne con queste
caratteristiche.
Ognuno di noi si comporta come il nostro cervello, di origine preistorica, vuole che ci si comporti. Chi fa comunicazione
deve conoscere questi meccanismi ancestrali.
Imitare e differenziare
Io sono eguale agli altri, devo appartenere al gruppo, la mia immagine deve in prima
istanza definire la mia appartenenza a quel gruppo. Ma una volta solidamente al
suo interno, fugato il pericolo di essere un isolato, un solitario, posso manifestare
una mia particolare individualità. Essa non deve contraddire i dettami del gruppo
ma può valorizzare o mimetizzare alcune caratteristiche particolari che io voglio
trattare in modo opportuno.
Questo tipo di approccio prevalentemente inconscio e istintivo può essere
variamente deliberato in alcuni soggetti.
In fondo è prevalentemente questione di sentirsi sicuri.
La natura ci ha insegnato questo in milioni di anni di evoluzione, il gruppo era più sicuro, e dava maggiori chances di
sopravvivenza, comportava la necessità di avere caratteri dominanti e caratteri più remissivi per consentire una gerarchia;
generava un ristretto numero di individui che dettavano le regole e un gruppo vasto che in misura variabile si uniformava
ad esse pena l'esclusione.
La natura ce lo ha insegnato in milioni di anni, il gruppo spesso è più sicuro ed efficiente.
E a noi piace stare in gruppo ed essere del gruppo
Ecco il motivo del successo di molte attività aggregative, che nel bene e nel male
costituiscono manifestazioni massive della nostra società e che possono essere
vissute come gioiose, accanite, rissose o guerresche.
Ma la moda – che propone uno stile generale ma con tantissime possibili variazioni
- appaga anche due spinte contrapposte dell'uomo: da una parte imitare, imitare
per integrarsi, dall'altra quella di differenziarsi, differenziarsi per essere se stessi.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Questa è una delle fonti di business
Solo facendo parte di un gruppo ed essendo accettato da esso come membro posso farmi notare e valutare per quello
che sono dal gruppo stesso.
Dunque prima di tutto uniformarsi, per non essere alieni, poi mostrare la nostra individualità.
Tutti eguali ma io ho qualcosa in più (l'ego da colpire)
E' proprio nella capacità di colpire l'esigenza di appartenere ad un gruppo: il primo punto di forza della moda.
Ed è proprio nella capacità di evidenziare la parte di ognuno di noi che resta caratteristica dell'individuo il secondo punto
di forza. Secondo ognuno di noi è proprio questo che meglio ci descrive. Ed è proprio in questo che la moda coglie uno
dei suoi più importanti bersagli motivazionali, l'acquisto del bene.
Il modello di consumo prevalente è oggi centrato proprio sul consumo giovanile. “Il mercato
del consumo giovanile tende oggi ad espandersi incredibilmente e gli stili di vita che una volta
identificavano le varie generazioni, tendono a confondersi e integrarsi” (Enrico Cietta). Per
questo l’azienda deve vigilare sui prodotti e sui fenomeni che interessano l’universo giovanile,
anche in considerazione della loro capacità di spesa.
Nel 2° millennio si assiste ad una profonda modificazione dello scenario socio-culturale: emerge
il “nuovo giovane”, un’entità difficile da classificare perché non più identificabile da uno stile di
vita determinato e da precisi confini anagrafici.
Indagini moda
Oggi è noto che grazie a Google o ad altri motori di ricerca, è possibile mappare il trend delle mode in modo piuttosto
preciso. L'operazione non è tecnologicamente complessa. Google guarda alle parole inserite nelle ricerche mondiali e
così riesce a stilare una lista di quali sono gli argomenti più ricercati del momento e a determinare il volume d'interesse
per una moda piuttosto che per un'altra (ci indica, per esempio, se al momento ci sia più interesse per i "platform stilettos"
o gli "skinny jeans").
Le variabili nascoste
Fig. 3: Sunset Strip
Fig. 4: Ben Shahn, Manifesto, 1943
Ancora oggi i pubblicitari non sanno in realtà come far funzionare bene le cose e rimane ancora vera l’affermazione di
un pioniere dei supermercati: “Metà del mio budget di pubblicità è sprecata. Il problema è che non so di quale metà si
tratti” (John Wanamaker)
Il fattore umano
Occorre privilegiare le emozioni, i sentimenti, i sensi. Bisogna quindi rivolgersi ai colori, ai profumi e alla musica, perché
circa il 90 per cento del comportamento di acquisto è inconscio.
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Book in
progress
Capitolo 3 - Comunicare la scienza
Colore.
Il colore e la luce per ognuno di noi sono segno di gioia e tranquillità,
il grigio è segno di tristezza e apprensione. Perché questo? Perché
il nostro cervello ci lancia questi segnali? E' una semplice questione
di anatomia, il nostro occhio è strutturato per coprire tutte le
situazioni ambientali in cui l'uomo si può imbattere, è costituito in
realtà da due strumenti di visione diversa. Il primo, fatto per la vita
operativa di tutti i giorni, quando luce abbondante e buona visibilità
consentono al nostro sistema a bassa sensibilità, ma estremamente
accurato e preciso, di lavorare perfettamente. Con questo
strumento disponiamo di un mezzo potente per conoscere il mondo
attorno a noi: visione dettagliata, colori perfettamente classificabili. D'altra parte l'uomo è un animale diurno e con questo
strumento tutto appare codificabile ed una piacevole sensazione di controllo e sicurezza si associa a questo utilizzo.
Ma poi scende la notte, il sistema a bassa visibilità perde di efficienza e si spegne, a quel punto il mondo diventa dei
predatori notturni, l'uomo diventa un ospite in pericolo. Il sistema ad alta sensibilità si attiva progressivamente col calare
della luce: visione approssimata, grande capacità di cogliere il movimento, assenza dei ricettori del colore. Il mondo
diventa grigio e nero, la sensazione di pericolo e di inquietudine si diffonde. L'uomo è cresciuto nelle decine di millenni
passate con questi due parametri di riferimento e oggi il nostro comportamento istintivo continua a darci le stesse
informazioni. Ancora la notte ci fa paura e ci lascia inquieti, i bambini hanno paura del buio (e non solo loro) in memoria
di tutti gli esseri viventi del passato che dal buio hanno avuto da temere. E per quanto oggi nelle nostre città tranquille i
predatori notturni non esistano più, in ogni zona buia, in ogni colore grigio, per noi si agitano quei pericoli che
tormentavano nostri antenati. Quando la luce torna abbondante tutta questa inquietudine si disperde, si gioisce al
risveglio e si parla ad alta voce e si canta, perché un'altra notte ed i suoi pericoli sono trascorsi. Siamo disposti a scherzare
e a cogliere le nuove opportunità di questa giornata. Ecco perché i luoghi di vendita, i supermercati, i centri commerciali
hanno luce e colori abbondanti, musiche di sottofondo e gente che ride a parla tranquilla, questa è una base perfetta
per disporre i nostri animi alla tranquillità, alla sicurezza, alla disattenzione, e in queste condizioni compriamo, compriamo
di tutto, utile o inutile che sia.
Ma perché ciò che ci succede attorno ci spinge all'acquisto o ci allontana da esso?
Ancora una volta la nostra storia più antica ci svela il motivo delle nostre reazioni. Nella storia antica l'uomo leggeva con
attenzione l'ambiente che lo circondava, e leggeva il comportamento degli esseri viventi che aveva attorno. Questo era
un modo molto efficiente e rapido per avere informazioni su quello che succedeva attorno e sui pericoli che potevano
incombere.
Uomini tranquilli che ti camminano attorno, uomini e donne distratti, attenti al loro piacere e alla cura di prole e amici ti
dicono che attorno non ci sono pericoli, predatori ed ambiente naturale non destano preoccupazioni e non celano
pericoli. Ciò ci dispone ad un velato buonumore e alla possibilità di
scherzare e godere dell'ambiente circostante e delle minute gioie della
vita. La musica, i colori, le voci serene, sono la base di questo stato
d’animo che dispone al buonumore, il buonumore dispone all'acquisto
che gratifica e costituisce appunto una di queste gioie minute. Tensione
emotiva, voci concitate, silenzio eccessivo, facce preoccupate,
movimenti rapidi e silenziosi ci comunicano situazioni di pericolo, ci
spingono in una situazione di disagio e ci fanno piombare
nell'apprensione e nel desiderio di allontanarsi rapidamente.
Fig. 5: Le befane shopping Center di Rimini
Il superamento del concetto di usura
Facendo un giro fra gli stracciaioli pratesi che riciclavano il materiale tessile proveniente da ogni parte del mondo si
imparava l'economia.
Lo straccio proveniente dalla Grecia era misero, usato, adatto solo a fare da pezzame.
Quello proveniente dalla Germania era bellissimo, capi nuovi o seminuovi, ben fatti e ricchi.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Quello dall'America ancora migliore, e soprattutto perfettamente di moda qui da noi, potremmo dire che arrivava con
l'esatto ritardo con cui arrivavano le mode.
I paesi ricchi buttano via i loro vestiti non perché usati ma perché non più di moda
Se i capi vengono gettati nuovi, l'industria deve produrne di nuovi per rimpiazzarli, ed il giro economico cresce. Non è
l'usura degli abiti a determinarne il ricambio, è l'impalpabile sensazione che noi abbiamo che quell'oggetto non risponde
più al senso di contemporaneità che essi emanano.
Il frenetico ritmo della moda
Questa è la formidabile potenzialità industriale portata dalla moda, imporre il cambiamento non per motivi funzionali ma
per motivi sociali.
Mode che cambiano velocemente danno la possibilità all'industria di sostituire il vestiario di milioni di persone con la
frequenza stessa in cui cambiano le mode e non del decadimento funzionale del capo.
Trickle down
Ma come mai un abito o un oggetto diventano di moda? Uno dei meccanismi in gioco è l'imitazione di persone che
dettano lo stile. “E il fenomeno del "trickle down", il gocciolamento verso il basso: la moda si diffonde dalle classi più
agiate a quelle inferiori”. “Le élite adottano uno stile e vengono imitate, finché non diventa di massa. Allora, per
differenziarsi, adottano un nuovo stile. Così la moda cambia ciclicamente”.
Hub
La moda si trasferisce per "hub". Questo è un termine che indica qualsiasi cosa (persone, città, riviste, fatti, edifici) che
abbia una grande visibilità.
Questa grande visibilità si espande a qualsiasi cosa sia in prossimità dell’hub.
Può essere una marca di caffè, un’auto, un profumo. Molti sono i tipi di hub, ma alla fine la loro funzione è simile nella
specificità della vocazione di ciascuno. Un famoso motociclista proporrà preferenzialmente qualsiasi cosa abbia a che
fare con velocità e tecnologia; una modella, avrà a che fare con profumi, eleganza e bellezza.
Soldi bellezza e fama
Le icone vendono, immagini invariabili dotate di fama, di grande capacità di essere lette da
chiunque nel loro semplice messaggio, ricchezza, coraggio, altruismo, pericolosità, giuoco.
Sempre rigorosamente eguali a se stesse, la loro forza è nell'immensa riconoscibilità che
hanno, e in questo è la loro necessità di essere invariabili.
Se per conoscere l’ora bastasse un orologio al quarzo da pochi
euro, perché usiamo orologi ben più costosi, talvolta d’oro? Siamo
sicuri di comprare “solo” prodotti?
Le cose hanno un significato ed un uso primario, al quale dedichiamo una certa quantità di
spesa nel nostro acquisto. Ma spesso hanno anche una funzione secondaria e, molto spesso,
la quantità di soldi che assorbe la funzione secondaria è molto superiore a quella dedicata a
risolvere il problema primario.
Una auto serve per muoversi e proteggerci, ma una macchina prestigiosa porta attorno a noi la nostra immagine opulenta
invidiabile e ricca, emana il successo che a noi piace far vedere di avere. Per la mobilità potremmo spendere qualche
migliaio di euro, per il messaggio di benessere qualche decina di migliaia.
La forza del brand: rapporti di forza tra grandi marchi e consumatori
La marca di un oggetto spesso non ha alcun significato per noi. Se compro una scatola di viti io chiedo che facciano la
loro funzione, la motivazione all'acquisto è data dalla necessità fisica che ho di loro. Spesso anche l'abbigliamento,
l'arredamento e tanto altro può andare incontro a questo meccanismo: calzini, mutande, impermeabili. Talvolta però noi
non compriamo un oggetto per la sua capacità di rispondere alle nostre necessità fisiche, ma compriamo una marca; è
la nostra volontà di possedere un oggetto di quella ditta, di quello stilista, di quella tecnologia che ci spinge all'acquisto.
In questo caso noi abbiamo un BRAND, la marca svolge un ruolo decisivo nella nostra spinta all'acquisto.
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Book in
progress
Capitolo 3 - Comunicare la scienza
Che figura! Lui è firmato, io sono con una t-shirt…
La grande marca può fare leva sulla inconscia deduzione che per
diventare grandi occorre avere qualità, ma può anche puntare
sulla strategia spesso vincente che associa ad un intrinseco
concetto di qualità anche una spiccata capacità di essere “IN”, cioè di fare tendenza. Questa particolare capacità non
è legata ad un concetto di grande ditta, ma di grande brand, cioè di ditta in grado di interpretare la moda “giusta” e
questa capacità può essere detenuta da grandi ditte, ma anche da piccole realtà produttive di punta e di tendenza, ma
comunque sempre da grandi brand.
Il consumatore viene affrancato dal brand dalla faticosa scelta dell'oggetto da indossare, e delega in tutto o in parte la
tranquillità di avere scelto bene alla capacità che il brand ha di dare sicurezza di essere accettati.
Non compri un jeans sdrucito, compri una storia avventurosa e che sa di leggenda. Non
compri un abito, compri una parte della maschera che desideri portare in quel
momento.
Puoi sembrare diverso da quello che sei se porti una maschera, quando vuoi, puoi sembrare
cattivo, duro, dolce, moderno, antiquato, puoi sembrare ricco o povero, ma in realtà è
l'immagine che in quel momento vuoi dare di te che conta, un attimo dopo puoi
cambiare. La moda ti aiuta in questo, la moda comunica agli altri quello che tu vuoi
comunicare con la tua immagine.
Le nuove tendenze
Il segreto è andare nel posto giusto: fuori dalle sfilate di moda, nei quartieri della movida in ogni metropoli del mondo e
aspettare che passi il tipo giusto, il Beautiful Stranger - come il nome di uno dei fashion blog più celebri.
La creazione di un desiderio
C'è qualcuno che costruisce i nostri desideri e le nostre necessità.
Quale differenza effettiva di valore intrinseco può esserci tra un vestito da 100 $ ed uno da 5.000 oppure tra un orologio
da 100 €uro ed uno da 10.000? Entrambi i tipi di oggetto assolvono, più o meno bene, alla loro funzione fondamentale
in modo non troppo dissimile. La vera differenza è nella moda, nella notorietà, nell'esibizione, nella sicurezza che può
infondere la possibilità (economica) di poter acquistare un oggetto molto costoso. Il seguire una moda (costosa) o
l'ostentazione di oggetti e stili di vita lussuosi sono comportamenti che, tutto sommato, fanno parte del vivere in società
e sono in larga parte accettati, anche quando è possibile e consentita una certa mobilità tra diversi strati sociali, come
quando la divisione tra i gruppi è più rigida. In singoli individui o in gruppi omologati, la ricerca della propria affermazione
sociale attraverso la messa in evidenza di oggetti e consumi di lusso può raggiungere livelli parossistici e compulsivi tali
da innestare un circolo vizioso che tende solamente a giustificare se stessa.
Si possono ravvisare, in questi casi, degli aspetti psico-patologici che
sottintendono una rinuncia all'affermazione del proprio “IO” attraverso la
crescita delle qualità esistenziali, morali e conoscitive, a vantaggio della
propria imposizione forzata agli altri, attraverso la proiezione di una immagine
della propria ricchezza o della capacità reddituale. Il fenomeno, poi, delle
mode ed il seguire pedissequamente quanto imposto da altri o dal gruppo,
sottintende, specialmente in individui con personalità più debole, la rinuncia
a ricercare un proprio modo personale e originale di comportamento e di proiezione del proprio essere.
Tuttavia occorre anche valutare con attenzione che il proprio modo di vestire è un mezzo di comunicare! Da qui nasce
l'uso di essere o non essere alla moda che sempre è..un modo di presentarsi cioè una "moda".
Attenzione: la "moda" non è solo un modo di vestire!
Fa "moda " anche il comportarsi, il frequentare, il dire parole, l'esprimere concetti cosiddetti "politicamente corretti".
Quindi partendo dal modo di comportarsi di un individuo si puo’ passare alla sua analisi psicologica. La "moda" ha oggi
un'importanza enorme perché le persone che vogliono incidere sul mondo con il loro lavoro e la loro immagine hanno
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Scienze e Tecnologie Applicate
bisogno di comunicare. Hanno bisogno quindi di "mode". Non si può sminuirne l'importanza con il concetto troppo
riduttivo che lega la moda soltanto ad una insicurezza degli individui, in una società per lo più troppo veloce ed
incomprensibile per essere dominata.
C'è qualcuno che costruisce i nostri hobby ed i nostri interessi?
Oggi la moda e le mode percorrono in modo scientifico la strada intrapresa da alcuni pionieri che postulava: non si deve
creare un prodotto e cercare di farlo diventare di moda, ma piuttosto creare la moda attorno ad un prodotto, creare
un’aspettativa e poi fornire il prodotto che la soddisfa, è più economico e più efficiente. Le grandi agenzie di moda ed i
loro Hub oggi sono dei sofisticati meccanismi strutturati proprio per dare questa risposta ai grandi brand.
E se questo è valido per le mode, questo è ancora più efficiente ed efficace nella costruzione degli hobby, interessi e
passioni, che muovono capitali enormi e che grazie a questa azione di pianificazione preventiva possono essere
pienamente soddisfatti tramite un orientamento efficace che, se ben costruito, lascia in ciascuno la sensazione di essere
originale e spontaneo.
Per darci l'oggetto dei nostri sogni qualcuno ha lavorato per idearlo e per produrlo
Il valore aggiunto
Elemento caratteristico dell’aspetto e del comportamento (spesso l'acquisto di un oggetto
di consumo costoso o raro) che tende a dimostrare esteriormente che il possessore ha
raggiunto un determinato status sociale o un livello di ricchezza personale o di potere. La
pulsione ad acquistare o possedere questi beni materiali deriva da alcuni aspetti
dell'inconscio che spingono gli individui con personalità meno sicure ad utilizzarli per
affermarsi, distinguersi, omologarsi, farsi accettare dallo strato sociale a cui appartengono
o nel quale desiderano inserirsi.
Questi comportamenti vengo intercettati dai produttori e dai commercianti di alcuni beni per
spingere sempre nuovi e più costosi consumi laddove il valore intrinseco del bene proposto è inferiore al prezzo richiesto.
In molti casi proprio il prezzo elevato è, di per sé stesso, una componente del valore e quindi della qualificazione della
condizione sociale apparente del detentore o dell'utilizzatore.
La capacità delle “firme “di creare valore aggiunto notevole con minimi investimenti concentrati nel “bene”, deriva dai
precedenti investimenti che la ditta ha voluto e saputo fare, con successo, nell'immagine globale che il mondo ha di lei.
Quando questa immagine è stata formata, e solidamente innestata nella mente dei consumatori, il semplice appartenere
a questo brand consente ad un oggetto di diventare “ambito”, e di costituire di per sé, indipendentemente dal valore
reale dell'oggetto, un valore che il cliente vuole acquistare e senza il quale non si sente adeguato all'immagine che deve
o vuole dare di sé.
Cliente FAN
Il ruolo del cliente diviene simile a quello del fan. Egli va soddisfatto e compiaciuto poiché “la customer satisfaction” non
è fine a sé stessa, vale in quanto generatrice di fedeltà e riacquisto; assume, quindi, un valore economico: è generatrice
di vendite future. Da qui il cliente diviene oggetto di complesse raccolte dati e misurazioni che forniscono input per
massimizzarne la profittabilità.
L'ebbrezza di sovvertire le usanze
Sovvertire le mode canoniche e le usanze è un potente metodo per affermare nuove personalità, nuovi processi, nuove
idee.
L'operazione, molto rischiosa, tende ad essere un flop se non supportata da un'idea di base vincente. Ma se questa
base esiste, se le strategie di comunicazione sono adeguate, la capacità d'immagine della sovversione e la sua capacità
di insediarsi nella mente dell'osservatore al posto di immagini e concetti già esistenti, ma fondamentalmente diversi,
costituisce la capacità di leva per scardinare i concetti precedenti sostituendoli.
Le strategie per distinguersi dagli altri e colpire il bersaglio
La sicurezza, il richiamo istintivo, la sovversione delle regole, la qualità, la tenerezza. Questi sono alcuni dei passepartout
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Book in
progress
Capitolo 3 - Comunicare la scienza
che gli studi pubblicitari sulla moda usano per forzare la diffidenza innata del consumatore. Per ogni utente la chiave
varia fra un certo numero di possibilità, per questo ogni immagine punta soltanto ad una parte dei possibili compratori
del prodotto.
Le nostre paure e le sicurezze che mode e tradizioni ci danno
In sostanza la moda risponde ad alcune delle nostre paure e ci lascia la sensazione di governare scelte e percorsi che
in realtà sono gestiti da altre entità o spesso non sono gestiti affatto.
Nella società più elementare e nelle complesse e strutturate società occidentali la paura dell'uomo è sempre la stessa:
la novità ci attira, ma è portatrice spesso di rischi enormi e abbiamo necessità di sapere che non siamo soli ad affrontarla.
Vorremmo essere i primi, ma solo se siamo sicuri che è una novità che ci aiuta, e dunque qualcun'altro deve esserci
arrivato prima.
Gli orrori della moda
La moda con la sua potente capacità di direzionamento delle coscienze, di per sé contiene una componente aberrante,
forzando i suoi protagonisti, le sue comparse, i suoi attori a comportamenti guidati in tutto o in parte. Può generare dei
mostri e questi mostri talvolta compaiono di fronte a noi o accanto a noi, e possono essere dei piccoli mostri quasi
innocui, o temibili e feroci che portano alla morte e alla distruzione. Di corpi e coscienze.
Il link che segue si riferisce ad un cartellone pubblicitario che ha riempito tutte le strade d’Italia nell’ambito della
campagna pubblicitaria “No Anorexia” di Oliviero Toscani.
http://www.healthforthewholeself.com/wp-content/uploads/2011/01/d1c55752074e1e67488b9bec6f5eb1481500x246.jpg
Del resto me ne ..........
Può non interessarci da dove viene un prodotto, può non
interessarci chi lo produce e come si lavora per produrlo,
può non interessarci come si ricavano le pellicce o come
si fanno le cuciture, chi fa il ricamo o come si produce il
filato o quanta natura abbiamo distrutto per avere
l'oggetto dei nostri sogni, può non interessarci quanti
esseri abbiamo smarrito per arrivare alla fine del prodotto.
Cosa siamo disposti a tollerare, a non vedere, a non
sapere, per il business e per il nostro benessere? Questo
è il punto di equilibrio che ciascuno di noi deve trovare
con se stesso. Noi sappiamo che prezzi troppo bassi e
produzioni incredibilmente economiche celano un modello
di produzione non sano e da qualche parte, cercando
bene, troveremo sicuramente chi ha pagato il conto al
posto nostro.
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Scienze e Tecnologie Applicate
NESSI E COLLEGAMENTI
La comunicazione scientifica, e in particolare la divulgazione scientifica, non solo è utile per sensibilizzare la gente nei
confronti della ricerca, affinché sia sostenuta a tutti il livelli, e perché la scienza (cfr. cap. I) diventi patrimonio dell’umanità,
ma assume un’enorme rilievo laddove contribuisca a determinare comportamenti corretti da parte dei cittadini, sia
nell’ambito lavorativo, sia nella vita quotidiana. Pensiamo per esempio alla necessità di conoscere le problematiche legate
allo smaltimento dei rifiuti e all’uso sostenibile delle risorse per la tutela ambientale (cfr. cap VI). Lavorare in sicurezza significa
conoscere i rischi sulla salute collegati agli errori che spesso vengono commessi, ignorando la pericolosità di un reattivo in
un laboratorio o la risposta a determinate sollecitazioni delle strutture presenti in un cantiere o i rischi derivati dall’uso di
sostanze e dispositivi di vario tipo nei più svariati ambienti, di lavoro e non (cfr. cap VIII). L’utilizzo dei diversi materiali, in
particolari di quelli innovativi per i quali l’esperienza spesso non è abbastanza consolidata, deve essere supportata da
conoscenze relative alla costituzione e alle proprietà meccaniche e tecnologiche osservate e sperimentate nei centri di
ricerca (cfr. cap. V). La comunicazione poi è una convenzione, uno strumento di condivisione di significati, di termini e
protocolli che condizionano fortemente il successo di un’azienda che fa della qualità il suo fiore all’occhiello (cfr. cap. IV).
III
Capitolo
I Capitolo
Scienza e Tecnologia
La divulgazione
scientifica fa sì che la
scienza diventi
patrimonio dell’umanità
IV Capitolo
Progettazione e Qualità
Il successo di un’azienda
dipende anche da un buon
sistema di comunicazione
V Capitolo
Materiali
VI Capitolo
Risorse e am biente
Mate riali innovativi
vengono conosciuti anche
grazie ad una buna
divulgazione
Conoscere le problematiche
legate all’uso sostenibile
delle risorse orienta
comportamenti corretti
VIII Capitolo
Sicurezza
Si può lavorare in sicurezza
solo conoscendo i rischi
collegati a comportamenti non
corretti e all’uso di sostanze e
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4 - Progettare
e Tecnologie
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CapitoloScienze
CAPITOLO QUARTO
PROGETTARE IN TOTAL QUALITY
La concept car Birusa di Bertone del 2003 e, dietro di essa, una serie di proposte elaborate in fase di
progettazione per definirne la linea e lo stile.
QUADRO INIZIALE
In questo capitolo ci si propone di mettere in evidenza il processo che porta alla realizzazione di un qualsiasi prodotto a
partire da un’idea iniziale. Nella prima parte ci si sofferma sulla terminologia che assume un significato specifico. Le fasi
di vita di un progetto chiariscono la complessità del processo che quanto più è definito tanto più corrisponde agli standard
qualitativi individuati anche attraverso apposite norme dell’Unione Europea. Progettare in total quality assume in tal senso
un particolare rilievo che non può prescindere dalla struttura organizzativa dell’azienda, centro di progettazione e
produzione, in cui tutte le figure che operano devono lavorare in sinergia affinché il prodotto finale soddisfi pienamente i
bisogni dei destinatari.
Un’ultima riflessione è indotta dalla lettura del capitolo: ogni attività umana prevede, più o meno compiutamente, una
fase di ideazione, progetto, progettazione ed elaborazione di un risultato finale, non necessariamente un prodotto
materiale, che attiva competenze di natura trasversale e non solo tecniche. Il progettare è dunque una competenza
chiave che anche gli studenti, ad esempio, effettuano quando programmano e organizzano un’attività di studio.
4.1 Progetto, progettazione, prodotto
Ogni forma di comunicazione, perché sia efficace, ha bisogno di essere condivisa, ovvero è indispensabile che i soggetti
coinvolti condividano gli stessi protocolli. In questa ottica vogliamo iniziare chiarendo il significato che verrà attribuito nel
corso di questo capitolo ai tre termini che ne costituiscono il titolo. “E proprio necessario?” si chiederà sicuramente
qualcuno “sono termini che si utilizzano quotidianamente, tutti conoscono il loro significato!”. Ed è proprio questo il punto:
sono termini che si usano spesso, in diversi contesti e quindi non sempre con lo stesso significato.
Pensiamo a frasi come “Questo guaio è il prodotto del tuo ingegno?”, “Ho comperato un prodotto per i capelli che fa
miracoli”, “Google è un prodotto software di grande utilità”. Significati completamente diversi? Sicuramente no, ma neanche
completamente coincidenti. Ma andiamo avanti, pensiamo a frasi come “Il progetto di questa casa è stato realizzato
dall'ingegnere XXX”, “Ho un progetto per le vacanze che ti farà impallidire!”, “Non sono informato sul nuovo progetto di
legge riguardante il divieto di fumo”. E' stata utilizzata sempre la parola progetto, ma con quale significato comune?
ESERCIZIO
Formula 2 o 3 frasi in cui compare la parola progettazione. Quali analogie e quali differenze riesci ad evidenziare?
Suggerimento: pensa a progettazione come sinonimo di:
• sviluppo
• pianificazione
E allora definiamo le tre parole “incriminate”, non limitandoci alla sola dicitura che compare sui dizionari (che pure sarà fornita)
ma cercando di rispondere a domande come: “il progetto è un prodotto?” “Esiste un legame tra progettazione e progetto?
E tra progettazione e prodotto?” “Ma a cosa serve la progettazione se io so perfettamente quello che voglio realizzare?”
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Scienze e Tecnologie Applicate
Definizioni
• Iniziamo con la parola prodotto.
Dal Dizionario on-line del Corriere della Sera copiamo la definizione:
“Prodotto = Frutto di qlco. che lo ha generato, prodotto, in ambito concreto e astratto: p. della terra, dell'ingegno; in
partic. bene materiale creato in un processo di lavorazione: p. industriali, di bellezza”.
Tutto sommato quello che un po' tutti sappiamo e che saremmo stati in grado di formulare anche senza l'aiuto del
vocabolario.
Ma leggiamo la successiva definizione del prof. Giandolfo Dominici (Università di Palermo, corso “Gestione dei processi”):
“Prodotto = insieme di attributi tangibili (caratteristiche fisiche ed elementi fisici quali la confezione) o intangibili (servizi
annessi al prodotto garanzia, qualità, design, marca) il cui combinarsi fornisce un insieme di benefici all'utilizzatore”.
Mettiamole a confronto: la seconda inserisce un concetto se vogliamo nuovo, ovvero il concetto di “servizio” collegato al
prodotto; quindi non più un oggetto avulso dalla realtà, valido in quanto tale, ma un qualcosa inserito in un contesto, che
“funziona” o non funziona in relazione al suo utilizzo e/o al gradimento presso una platea. E quindi vicino al concetto di
prodotto in quanto elemento fisico (di fatto la prima definizione) c'è la definizione di prodotto come insieme di proprietà attese.
• Esaminiamo ora il significato della parola progetto.
Sempre nel Dizionario on-line del Corriere della Sera leggiamo: “Progetto = Studio preparatorio di un'opera, di un'impresa.
SIN piano, programma: p. di rilancio del turismo; approvare, respingere un p. Essere in p., in fase di progettazione. P. di
legge, testo di legge da presentare al parlamento per l'eventuale approvazione.
- In partic., insieme di disegni, di calcoli ecc. che costituiscono lo studio preparatorio di opere edili o d'ingegneria: esaminare
il p. della casa.
- Estens. Ciò che si pensa di fare, di organizzare in futuro SIN proposito, programma: fare dei p. per il fine settimana”
In “Project management. La gestione di progetti e programmi complessi” di R.D. Archibald, edito dalla Franco Angeli,
Milano, 2004, troviamo:
“Un progetto è un’impresa complessa, unica e di durata determinata, rivolta al raggiungimento di un obiettivo chiaro e
predefinito mediante un processo continuo di pianificazione e controllo di risorse differenziate e con vincoli interdipendenti
di costi - tempo - qualità.”
Anche in questo caso due definizioni a confronto: una più “classica” (la prima) in cui progetto, programma e piano sono
considerati sinonimi e la seconda più tecnica dove il termine progetto è strettamente legato ai concetti di:
- contenuto innovativo che permetterà di realizzare un output ben definito;
- tempo perché un progetto ha un inizio e una fine, una fine determinata dal raggiungimento degli obiettivi prefissati o dal
fatto che tali obiettivi si rivelano non raggiungibili. In sintesi deve avere una durata ben precisa collocata in uno spazio
temporale fissato;
- costo, che deve essere determinato già dalle prime fasi;
- qualità, perché devono essere garantiti requisiti standard, osservabili e valutabili.
• Terminiamo con la definizione di progettazione.
Tre le definizioni proposte:
- da Wikipedia: “… In senso più esteso per progettazione si intende l'insieme delle fasi di pianificazione e programmazione
di un insieme di attività che porteranno ad un risultato atteso, il quale potrà essere raggiunto in maniera totale, parziale o
anche essere mancato. In definitiva quindi quasi tutte le attività umane ricorrono, più o meno efficacemente, ad una
progettazione cioè a mezzi, strategie e azioni più opportune per raggiungere determinati fini.”
- da TRECCANI.IT: “Processo logico volto a realizzare un prodotto che soddisfi in modo ottimale requisiti espliciti (relativi a
obiettivi e a vincoli tecnologici, di costo, tempo, qualità) vigenti nell’intero ciclo di vita del prodotto, mediante una sequenza
di scelte, qualitative e quantitative, basate sulla tecnologia disponibile.”
- da Enciclopedia dei ragazzi (2006): “Lo sviluppo di un’idea. Per realizzare un prodotto, per esempio una lampada,
un’automobile o una casa, è necessaria una fase di studio, che comprenda un primo momento creativo d’ideazione e
contemporaneamente una serie di analisi economiche e tecnologiche: questa procedura costituisce la progettazione, che
poi si concretizza in un progetto. Progettare significa non solo concepire un’idea, ma anche svilupparla per poterla
realizzare.” (Fabrizio Di Marco)
In questo caso le tre definizioni sono molto simili, in tutte si sottolinea il concetto di sviluppo e quindi di pianificazione del
percorso, con occhio attento alle risorse che occorre impiegare per raggiungere l'obiettivo, ma nell'ultima definizione c’è
un termine che reputiamo fondamentale: l'IDEA, senza la quale non ci può essere progetto e di conseguenza non ci saranno
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4 - Progettare
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CapitoloScienze
progettazione e prodotto.
A questo punto possiamo concludere affermando che:
un progetto nasce da un'idea, ha un contenuto innovativo, si pone un obiettivo ben definito che, per essere concretizzato,
necessita di una progettazione attenta di un insieme di attività supportate da risorse, il cui fine è la realizzazione di un
prodotto che soddisfi i requisiti attesi.
Ma perché tanta attenzione al progetto? Perché lavorare per progetti è ormai diventato uno standard non solo per le grandi
aziende che lavorano nel campo industriale, ma per qualsiasi realtà lavorativa che si affacci sul mercato per proporre prodotti
e/o servizi.
Parallelamente si è constatato che una non attenta pianificazione del processo che dall'idea porta al prodotto finale troppe
volte è stato condotto senza adeguati studi preliminari causando il fallimento parziale o totale del progetto o addirittura, nei
casi peggiori, della società proponente; da qui la necessità di creare strumenti che permettano di gestire i progetti da
realizzare, cioè di descrivere in termini il più possibile rigorosi e generali le fasi della progettazione.
4.2 Le fasi della progettazione
Il processo della progettazione può essere sintetizzato nel seguente grafo:
Figura 4.1- Rappresentazione grafica semplificata delle fasi della progettazione
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Scienze e Tecnologie Applicate
• Fase 1: L’IDEA
Come più volte sottolineato, l’origine di ogni progettazione inizia da un’ “idea” che scaturisce dalla necessità di soddisfare
un bisogno. Fondamentale è l’identificazione e l’analisi dei bisogni, l’individuazione dei soggetti destinatari e come si vuole
raggiungere l’obiettivo proposto. Si effettua quindi quello che prende comunemente il nome di “studio di fattibilità” , ovvero
si analizza l'idea per verificare se è tecnicamente valida ed economicamente conveniente. In alcuni casi, particolarmente
semplici, la fattibilità non è esplicitamente documentata, perché implicita nello sviluppo dell’idea.
• Fase 2: LA PROGETTAZIONE PRELIMINARE
In questa fase inizia la progettazione vera e propria: l'idea si concretizza in elaborati che evidenziano le caratteristiche salienti
di quanto si andrà a realizzare, caratteristiche che verranno sviluppate successivamente, ma che al momento dovranno
essere inserite nel contesto economico e nella tipologia di intervento da effettuare, coerentemente con quanto emerso nello
studio di fattibilità. La progettazione preliminare produce (o dovrebbe produrre) tutta una serie di
documenti quali la descrizione del prodotto, le motivazioni delle scelte progettuali, le stime dei tempi di realizzazione ed
eventualmente anche uno studio sulla compatibilità ambientale e sui piani di sicurezza.
• Fase 3: LA PROGETTAZIONE DEFINITIVA
Accertata la validità tecnica ed economica dell'idea che ora è diventata progetto, si passa alla progettazione definitiva, in
cui si entra nel dettaglio sia perché le decisioni prese in questa fase sono vincolanti per le fasi successive, sia perché,
spesso, gli elaborati prodotti sono documenti soggetti ad approvazione di organismi ufficiali (si pensi per esempio a
concessioni di diversa natura).
• Fase 4: LA PROGETTAZIONE ESECUTIVA
La realizzazione del Progetto definitivo (output della fase precedente) è lo scopo della progettazione esecutiva: ogni
particolare relativo agli impianti, alle strutture, ai costi deve essere definito perché si possa realizzare ciò che serve per
raggiungere il soddisfacimento del bisogno.
• Fase 5: LA REALIZZAZIONE
Consiste nella realizzazione dell'oggetto della progettazione secondo le caratteristiche definite nella progettazione esecutiva.
Questa fase rappresenta il test sulla validità di quanto fatto finora: una buona progettazione permette la realizzazione del
prodotto così come descritto nelle fasi precedenti, una progettazione non attenta costringerà ad un riesame di quanto
stabilito precedentemente con un aggravio sicuro di costi (nel migliore dei casi, nel peggiore la necessità di abbandonare il
progetto). Attenzione, una buona analisi non esclude comunque una rilettura di quanto stabilito: migliorie e/o adeguamenti
a necessità sorte in corso d'opera devono essere sempre possibili, senza rinunciare necessariamente a quanto stabilito
nelle fasi precedenti.
• Fase 6: IL COLLAUDO
E' la fase di sperimentazione: serve a verificare che l'oggetto della progettazione, ormai pronto, risponda a tutti i requisiti richiesti
ed esegua tutti i compiti per i quali è stato originariamente progettato. Superata questa fase, la progettazione ha termine.
Nella realtà ci sono società che hanno creato uno standard (un modello) di ciclo di vita, che viene seguito a prescindere dal
progetto e altre che hanno un gruppo di lavoro, il Project Management, il cui compito è quello di proporre il modello reputato
più adeguato al progetto da documentare.
Solo per dare un esempio esaminiamo 2 modelli: il modello a cascata e il modello iterativo-incrementale.
DUE POSSIBILI MODELLI DA SEGUIRE
Il modello a cascata
E' caratterizzato dal fatto che una fase inizia solo dopo che
è terminata quella precedente; ben si adatta a progetti non
troppo estesi, con i requisiti definiti, che hanno una durata
prevista e che prevedono un unico rilascio.
Si tratta di un progetto la cui realizzazione prevede la
produzione di un oggetto.
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Il modello iterativo-incrementale
E' caratterizzato dal fatto che il progetto è di dimensioni
notevoli, con requisiti che possono variare, che non
prevede un unico rilascio anzi è possibile suddividere
l'output in più funzioni, ognuna delle quali autoconsistente
(ha un inizio, una fine e uno scopo ben determinati), ogni
funzione incrementa le funzionalità della funzione
precedente. Per esempio, un software per creare un
ambiente di programmazione.
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UN PROGETTO SPECIALE: COSTRUIRE UN ALGORITMO
Algoritmi e principi di programmazione
Definizione di algoritmo
Si definisce algoritmo una procedura che consente di risolvere un problema, arrivando ad un risultato a partire da dati
noti. Possiamo quindi immaginare un algoritmo come una sequenza di istruzioni da seguire passo dopo passo in modo
da riuscire a raggiungere l’obiettivo prefissato.
Un algoritmo deve essere:
• finito: i passi che lo compongono devono essere finiti, ci deve cioè sempre essere un inizio ed una fine;
• deterministico: a fronte degli stessi dati deve produrre gli stessi risultati;
• non ambiguo: le istruzioni devono essere chiare, precise, ossia devono poter essere interpretate in un solo modo
senza alcuna possibilità di errore; realizzabile: deve esistere un esecutore in grado di eseguire ogni passo dell’algoritmo
ed in un tempo finito.
Un esempio della vita di tutti i giorni per capire meglio
- Preparazione del caffè
Supponiamo di voler compiere una certa azione, ad esempio preparare il caffè. Cosa facciamo? Si può pensare di
seguire questa procedura:
1. prendere i pezzi che compongono la moka (la classica caffettiera);
2. riempire la parte inferiore di essa con acqua fino alla valvola;
3. posizionare il filtro sulla parte inferiore;
4. riempire il filtro fino al bordo con caffè;
5. posizionare la parte superiore della moka e chiuderla;
6. mettere la moka sul fornello e accenderlo;
7. aspettare finché il caffè non è completamente uscito;
8. spegnere il fornello.
Questa semplice procedura è effettivamente un algoritmo perché risolve il problema di preparare il caffè e lo fa rispettando
le regole suesposte.
Gli algoritmi e la programmazione strutturata
Gli algoritmi sono alla base della realizzazione dei programmi. Un ottimo metodo di stesura degli stessi è offerto dalla
cosiddetta programmazione strutturata.
Essa prevede di utilizzare nella stesura dell’algoritmo esclusivamente dei blocchi di istruzione ben determinati, essi sono
(nel rispetto del teorema di Böhm-Jacopini):
 sequenza
 selezione – permette di scegliere tra più alternative
 iterazione – permette di ripetere ciclicamente una o più istruzioni.
La descrizione degli algoritmi viene comunemente effettuata servendosi dei diagrammi di flusso o flowchart.
I sim boli principali dei flow chart
E’ il simbolo dell’elaborazione e contiene
l’istruzione da eseguire
E’ il simbolo per le operazioni di Input/Output
FV
V
Test
E’ il simbolo di decisione ed è usato per stabilire
se una proposizione (test) è vera (V) o falsa (F)
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Scienze e Tecnologie Applicate
Esempio: simulazione del gioco del sette e mezzo
Gli algoritmi rappresentano il primo passo che porta alla creazione dei programmi, ottenuti proprio dalla codifica degli
algoritmi mediante i linguaggi di programmazione (C++, Pascal, Visual Basic ed altri).
Gli algoritmi sono quindi alla base della programmazione informatica e delle attività legate all’uso dei computer e di tutti
i dispositivi digitali, diventati ormai fondamentali ed insostituibili nella moderna società.
INDICAZIONI PER UN APPROCCIO DIDATTICO AGLI ALGORITMI ED ALLA PROGRAMMAZIONE
Si ritiene da più parti che il gap negativo dei risultati nelle prove di valutazione delle competenze in ambito scientifico,
ottenuti dagli studenti italiani rispetto alle medie degli altri paesi, sia principalmente dovuto al limitato approccio con
metodologie informatiche che viene adottato nella nostra scuola.
Viene ormai riconosciuta l’enorme validità di tale approccio e viene allora sempre più raccomandato di rafforzare le
competenze legate alla capacità di problem solving ed introdurre proficuamente la programmazione in ambito didattico.
Per un proficuo approccio didattico alla problematica si suggerisce l’utilizzo dei software free:
• AlgoBuild – è un programma didattico per lo studio della programmazione e degli algoritmi. È facile ed intuitivo,
consente di disegnare i diagrammi di flusso e di testarne la funzionalità. Può essere liberamente scaricato all’URL:
http://algobuild.com/.
• Scratch - è un ambiente di programmazione pensato per avvicinare i giovani alla programmazione, permette di
programmare storie interattive, giochi ed animazioni e di condividere le creazioni con gli altri membri della comunità
online. È reso disponibile in maniera completamente gratuita all’URL: http://scratch.mit.edu/.
Particolare valenza didattica ha acquisito Scratch, che rientra nel progetto del Lifelong Kindergarten Group dei Media
Lab del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. Esso aiuta i giovani ad imparare a pensare in modo
creativo, a ragionare in maniera sistematica e a collaborare: tutte queste sono capacità essenziali nel XXI secolo. Milioni
di persone stanno creando progetti con Scratch a casa, a scuola, ma anche in musei, biblioteche e centri ricreativi.
Scratch è usato in più di 150 nazioni ed è disponibile in più di 40 lingue diverse.
Scratch è adatto come linguaggio iniziale di programmazione ed è didatticamente funzionale alla programmazione dei
robot , in quanto governa anche i movimenti e l’aspetto degli oggetti di programmazione ed è in grado di simulare e
gestire l’input da sensori.
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4 - Progettare
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CapitoloScienze
4.3 Progettare in total quality
Progettare non basta, non è più sufficiente stabilire per ogni fase cosa fare, quali output deve o dovrebbe prevedere ogni
step: occorre progettare tenendo conto di tutta una serie di norme che sono state stabilite in relazione a parametri quali la
sicurezza dei lavoratori per prima cosa, ma anche di coloro che fruiranno del prodotto finale, dell'impatto che lo stesso
avrà sull'ambiente circostante. Quando la progettazione segue criteri operativi standardizzati, anche attraverso le norme,
in modo tale che il prodotto o il servizio corrispondano pienamente a tutte quelle specifiche che sono importanti per il
cliente, è possibile parlare di “Progettazione in total quality”.
A questo punto è necessario introdurre il concetto di Qualità, anticipando il fatto che, in tale contesto, bisogna riferirsi sia
all’accurata progettazione del prodotto o del servizio, sia alla reale possibilità dell’azienda di realizzare quanto progettato.
Capire la Qualità è un percorso intrigante e ricco di insospettabili sorprese…. E’ un modo di lavorare che inevitabilmente
sconfina in un modo di essere.
Definizione di “qualità” nella lingua italiana (dal Dizionario Garzanti)
- Qualsiasi caratteristica, proprietà o condizione di una persona o di una cosa che serva a determinarne la natura e a
distinguerla dalle altre
- Caratteristica o proprietà positiva
- Specie, varietà
- La proprietà di un giudizio di essere positivo o negativo
Generalmente, le esigenze/aspettative si traducono in proprietà e caratteristiche con criteri ben precisi. Per prodotti
manifatturieri tali esigenze possono comprendere generalmente:
• conformità alle specifiche;
• affidabilità;
• facilità di utilizzo e di manutenzione.
Ma attenzione... vanno considerate le esigenze di tutte le parti interessate, quindi non solo devono essere soddisfatte le
esigenze del cliente, ma anche quelle tecniche e normative (rispetto degli obblighi di legge).
Dobbiamo considerare le esigenze espresse, ma anche quelle inespresse e/o implicite
Quindi… un prodotto/servizio di qualità è quello che soddisfa le esigenze direttamente specificate dal cliente, quelle implicite
e quelle cogenti.
In breve...
Qualità? (cosa non è):
• non è eccellenza o ricerca della perfezione;
• non è “forma” per accontentare il committente (in tal caso è un costo puro);
• non deve essere mai intesa come un costo, ma come un investimento (se non si è convinti di ciò è meglio non realizzare
un Sistema Qualità).
Qualità? (cosa è):
• rispondenza alle specifiche del committente;
• rispondenza alle attese del Cliente/Utente con in più la competitività: cioè il mezzo per raggiungere la prefissata Qualità
al minor costo.
La Qualità è la soddisfazione del Cliente, non la “perfezione”
Ma cosa significa lavorare in qualità?
Dare una definizione di qualità non è facile. Alcuni guru della qualità hanno detto:
• Fare le cose giuste la prima volta (Philip B. Crosby).
• Costruire consapevolezza circa la necessità e l'opportunità di ricorrere al miglioramento (Joseph Juran).
• La qualità non è mai un caso, è sempre il risultato di uno sforzo intelligente (John Ruskin).
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Scienze e Tecnologie Applicate
Evoluzione del concetto di qualità
Nel corso del tempo, in base alle esigenze rilevate, il concetto stesso di Qualità si è evoluto al fine di garantire quelle che
erano le necessità del momento:
Lo sviluppo delle problematiche della qualità, delle esigenze dei tempi e delle metodologie utilizzate comporta un analogo
sviluppo dei modelli organizzativi aziendali che nel tempo si sono fatti sempre più complessi. Un valido esempio per un
approccio alla qualità è costituito dallo schema P.D.C.A.
Schema P.D.C.A. (Ruota di Deming)
É uno Schema che ci permette di capire quali sono le “azioni” da intraprendere per lavorare in “qualità”. Consiste in quattro fasi:
• PLAN: PIANIFICARE LE ATTIVITÀ, definire gli obiettivi, programmare le attività, ipotizzando una soluzione.
• DO: FARE, CONDURRE IL PROCESSO sia produttivo che “di supporto”.
• CHECK: CONTROLLARE, confrontare i risultati del processo che è stato erogato con il progetto iniziale da cui l’azienda è partita.
• ACT: STANDARDIZZARE LA SOLUZIONE (se il Check ha dato esito positivo) oppure ricominciare dal Plan per una
migliore definizione dei problemi.
Figura 4.2-La ruota di Deming: schema delle azioni che ci permettono di lavorare in Qualità
4.4 Qualità ed origine delle norme UNI EN ISO 9000
La normazione, pur essendo un’esigenza piuttosto sentita fin dai primordi della civiltà, ha avuto un serio sviluppo con
l’avvento della cultura industriale del XIX secolo. La definizione di norma data dall’UNI (Ente nazionale Italiano di
Unificazione) è la seguente:
“La norma è un documento prodotto mediante consenso di tutte le parti interessate e approvato da un organismo
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riconosciuto, che fornisce, per usi comuni e ripetuti, regole, linee guida o caratteristiche relative a determinate attività o
ai loro risultati, al fine di ottenere il miglior ordine in un determinato contesto”.
Gli obiettivi fondamentali della normazione sono i seguenti:
• realizzazione di un mezzo chiaro e univoco di espressione e di comunicazione fra tutte le parti interessate;
• miglioramento dell’economia generale, razionalizzando la produzione dei materiali grezzi, semilavorati e finiti;
• salvaguardia della salute e della sicurezza degli individui e protezione dell’ambiente ;
• protezione del consumatore mediante un livello di Qualità, debitamente controllato, dei prodotti e dei servizi, adeguato
alle sue necessità.
Attualmente la struttura normativa opera su tre livelli:
ISO
(Mondo)
CEN
• internazionale: ISO (International Standard Organization) fondata nel 1906;
• europeo: CEN (comitato europeo di normazione) fondato nel 1961
(Europa)
• nazionale: UNI per l’Italia, fondato nel 1921.
UNI
(Italia)
Figura 4.3-Schema rappresentativo dei
diversi livelli normativi
LA NORMA: UNA GARANZIA PER IL CLIENTE
Per molti anni le norme sono state riferite ai prodotti industriali e avevano un’impronta di carattere unicamente tecnicoscientifico e quindi caratterizzata dallo studio dei metodi e delle tecniche.
La formalizzazione di norme che contribuissero a garantire, nel rapporto cliente/fornitore, il rispetto dei requisiti concordati,
risale al periodo compreso tra gli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta e riguardò il settore militare. Il ministero
della Difesa britannico introdusse norme e procedure che dovevano essere applicate dai suoi fornitori per ridurre gli
scarti; in tempi successivi, venivano incorporate le norme militari AQAP adottate nei paesi Nato e ben presto i benefici
dell’applicazione di chiare regole risultarono evidenti anche in altri settori industriali.
Nel 1979 vennero istituite le norme Britanniche BS5750, che riportarono i criteri organizzativi di un Sistema di Qualità
che un’organizzazione deve possedere. Nel 1987, in un contesto in cui erano già presenti altre norme di carattere
nazionale e internazionale sui sistemi Qualità per i settori commerciale, industriale, militare e nucleare, l’ISO emise le
Norme per la Qualità con sigla ISO 9000, equivalenti come contenuto alle BS5750.
L’ISO è costituita da più di 100 membri, i cui rappresentanti sono i vari organismi nazionali (ANSI negli Stati Uniti, BSI in
Gran Bretagna, DIN in Germania e UNI in Italia). Ha sede a Ginevra ed il suo scopo è quello di promuovere norme comuni,
elaborate da comitati tecnici, che facilitano la circolazione di beni e servizi, promovendo la cooperazione a livello economico,
tecnico, scientifico ed intellettuale.
Queste norme sono generiche e si applicano a qualsiasi tipo di industria.
Le norme ISO 9000, emesse a livello internazionale, sono state recepite a livello europeo e dai singoli paesi con i propri
organismi nazionali; in Italia questo compito è espletato dall’UNI.
Le norme ISO 9000 ieri:
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Scienze e Tecnologie Applicate
Le norme ISO 9000 oggi:
4.5 Le fasi della progettazione o ciclo di vita di un progetto osservato in ottica della
UNI EN ISO 9001:2008
Il ciclo di vita di un progetto conforme alle norme vigenti può essere rappresentato dal diagramma di flusso che segue.
Figura 3.4- Diagramma di flusso rappresentativo di un ciclo di vita di un progetto
• Input
Ogni progetto, sia esso grande e complesso o piccolo, parte sempre da un’idea sorta per migliorare prodotti già esistenti,
soddisfare bisogni espliciti dei consumatori/utenti e perché no anche quelli ancora a loro ignoti.
• Elementi in ingresso alla progettazione
Fin dall’inizio della progettazione ci si chiede che caratteristiche avrà il prodotto, se esistono prodotti similari, se esistono e
si deve tener conto di normative vigenti, tecniche o altro e di tutto ciò che sia necessario per poter procedere con la
progettazione, incluse tutte le specifiche eventualmente richieste dal committente, tale concetto vale sia per l’intera
progettazione che per le singole fasi che la compongono.
• Pianificazione ed esecuzione della progettazione
E’ da considerarsi la fase più delicata, infatti è questo il momento che il progettista o lo staff determina elementi quali:
- fasi di progettazione
- tempi di esecuzione della progettazione per singola fase o più fasi
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- responsabili della progettazione o delle singole fasi
- interfacce esterne o di altri settori che parteciperanno alle fasi
- documenti in ingresso per le singole fasi (infatti alcune fasi non possono essere effettuate se non sono pronti i
documenti emergenti dalla fase precedente)
- necessità di riesami/verifiche/validazioni di fase con relativa previsione di data e tempo per l’effettuazione
- documenti in uscita ossia ciò che la fase di progettazione produrrà.
Una volta pianificati tali elementi si procederà con l’effettuazione della progettazione per come stabilito; nello svolgimento
delle singole fasi di progettazione si terrà conto anche degli elementi in uscita di progettazione.
• Riesami e verifiche della progettazione
In fase di progettazione, per come stabilito precedentemente, il team di progettazione provvede ad effettuare dei controlli
che, sebbene possano sembrare uguali tra loro, hanno finalità diverse. Essi sono:
 Riesame della progettazione
Il riesame del progetto consiste in una verifica allargata a tutte le parti coinvolte (progettisti interni ed esterni e se necessario
anche il Committente) e riguarda i seguenti aspetti:
- Rispetto dei dati e requisiti di base sia espliciti sia impliciti (realizzabilità in sicurezza, manutenibilità,ecc.) e la correttezza
delle impostazioni progettuali in relazione ad essi;
- Rispetto della pianificazione del progetto sia in termini di rispetto dei tempi che di rispetto degli elaborati
da produrre;
- Corretta integrazione tra le varie parti specialistiche di cui si compone il progetto
 Verifica della progettazione
L’attività di verifica del progetto consiste nel confronto dei risultati di ciascuna fase della progettazione con i dati e i requisiti
di base della stessa; tali verifiche possono aver luogo secondo le seguenti modalità:
- Esecuzione di calcoli alternativi;
- Verifica dei dati immessi (nel caso di utilizzo di un programma di calcolo);
- Verifica del rispetto dei requisiti di base;
- Confronto con progetti similari;
- Rispetto delle modalità di produzione concordate;
- Congruenza con altri elaborati di progetto;
- Effettuazione di prove.
Da entrambe le fasi può scaturire la necessità di modifiche alla progettazione già effettuata. In tal caso quindi si ritorna in
fase di pianificazione ed esecuzione per apportare quanto richiesto.
• Validazione della progettazione
La validazione del progetto, di solito, consiste nella verifica delle caratteristiche dell’oggetto in relazione al suo utilizzo e alla
sua capacità di soddisfare le esigenze definite contrattualmente, da obblighi di legge e dalle esigenze dell’utilizzatore finale.
Tale validazione consiste nella valutazione da parte dello Staff di progettazione e della Direzione di:
- precedenti riesami e verifiche della progettazione;
- risultati di verifiche di conformità del progetto alle Specifiche richieste;
- informazioni circa la adeguatezza degli elaborati , disegni emessi dai progettisti;
- risultati di prove funzionali, ove applicabili, in relazione ai dati di ingresso di progettazione.
A seguito di tale operazione il progetto sarà approvato e pronto per la fase di produzione e commercializzazione; in caso
di presenza di un committente il progetto verrà sottoposto a lui per la sua approvazione definitiva.
ESERCIZIO
Le figure 3.1 e 3.4 presentano analogie e differenze
1. Quali fasi possono essere messe in corrispondenza tra i due diagrammi?
2. Ci sono fasi presenti solo in uno dei due? In caso di risposta affermativa, mettile in evidenza.
94
95
Scienze e Tecnologie Applicate
In sintesi il ciclo di vita di un progetto descrive il percorso che lega l'inizio del progetto alla fine dello stesso.
Nell'accezione qui adottata la parola progetto è collegata ad uno studio che deve essere ben organizzato per evitare spreco
di tempo e denaro, quindi occorre seguire una metodologia di sviluppo che viene identificata dall'acronimo WWWWWH:
•
•
•
•
•
•
Why: perché? Perché vogliamo attuare questo progetto? Quale motivazione ci spinge a realizzarlo? Quale è stata l'idea iniziale?
What: quale? Quale (o quali) attività attueremo?
Who: chi? Chi sarà il responsabile o i responsabili? Chi sono le persone coinvolte, anche se con ruoli differenziati?
When: quando? In quale periodo (inizio, fine, durata)?
Where: dove? In quale luogo?
How: come? Quale metodo?
4.6 Il Sistema Qualità secondo le UNI EN ISO 9000 e l’organizzazione Aziendale
Il Sistema Qualità comprende la struttura organizzativa, le attività, i programmi e le azioni tendenti ad assicurare che un
prodotto, un processo o un servizio siano conformi agli obiettivi prefissati e agli scopi per cui devono essere impiegati.
Se consideriamo il termine Qualità nel suo significato più vasto, intendendo con esso economia, sicurezza, disponibilità,
affidabilità, ne consegue che il Sistema Qualità ha la finalità di assicurare la soddisfazione del cliente (assicurazione della qualità
o garanzia della qualità) coinvolgendo l’attività sistematica e coordinata di tuttigli enti e le funzioni dell’organizzazione aziendale.
Alla base della definizione di Sistema Qualità c’è il concetto di sistema: per sistema si intende un insieme di elementi legati
tra loro da relazioni di interdipendenza.
Interdipendenza significa che un intervento effettuato solo su una singola parte del sistema ha ripercussioni anche sulle
altre, per cui, quando si parla di sistema, è necessario un approccio globale e non parziale.
Con l’approccio sistemico non si vuole assolutamente sminuire l’importanza dei componenti, ma si intende considerarli e
studiarli in ragione del loro essere “parti del Sistema”.
Per ottenere questo importante risultato è necessario pianificare e organizzare le cose (le attività, i ruoli, le responsabilità, i
supporti operativi) in modo da coinvolgere tutte le figure aziendali.
Addestramento e sviluppo
del personale
Miglioramento della
qualità
Marketing
Progettazione e sviluppo
del prodotto
Vendita e distribuzione
SISTEMA QUALITA’
Imballaggio e
immagazzinamento
Manutenzione
mezzi e impianti
Prove controlli collaudi
Pianificazione del processo
produttivo
Produzione
Figura 4.5- Diagramma rappresentativo delle attività che, sinergicamente, contribuiscono al sistema Qualità
L’ ORGANIZZAZIONE AZIENDALE NEL SISTEMA QUALITA’
L’organizzazione che si dota di un sistema della qualità lo fa coinvolgendo i suoi membri, apprendendo norme, pratiche,
principi che via via si sedimentano diventando parte del patrimonio della cultura organizzativa.
In questa organizzazione ognuno è in grado di sapere:
 COME SI FA
 CHI FA COSA
 QUANDO
 DOVE
 PERCHE’
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96
96
Book in
progress
4 - Progettare
e Tecnologie
in Total
Applicate
Quality
CapitoloScienze
LA COMUNICAZIONE NELL’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE
La comunicazione riveste un ruolo molto importante. La persona, nei diversi momenti della sua attività lavorativa, riveste
un doppio ruolo: è cliente “interno” quando riceve informazioni e dati da qualcuno, è fornitore “interno” quando trasferisce
ad un collega quanto ha elaborato. Il successo dello scambio di informazioni risiede nella capacità dei singoli di vivere
consapevolmente e al meglio questo doppio ruolo.
Le norme della qualità aiutano a chiarire in che modo le informazioni debbano essere correttamente passate, per far sì
che il processo si svolga nel migliore dei modi; quindi le relazioni e, in ultima analisi, l’efficienza aziendale ne sono
avvantaggiati.
Anche nella vita è così. In casa ad esempio il doppio ruolo di cliente e fornitore si converte nella capacità di curare le
relazioni di chi ci è accanto, di rendersi conto che il nostro benessere è legato alla qualità delle relazioni con gli altri.
Ogni organizzazione ha un suo stile e la comunicazione condiziona ed è condizionata da questo stile.
Vanno considerate, se si parla di comunicazione interna, tutte le modalità, non sottovalutando anche altre sfere della
comunicazione legate a messaggi come i comportamenti, le azioni o ancora elementi come gli spazi, la logistica, i rumori,
le divise…
La capacità di comunicare è insita nella natura umana.
Promuovere una conoscenza più approfondita e una maggiore padronanza delle proprie abilità, può guidare verso una
crescita personale che si traduce, a livello dell’organizzazione, in sviluppo culturale.
La Comunicazione rappresenta il collante dell’organizzazione.
Diventa indispensabile sviluppare competenze in tema di comunicazione.
La formazione va pianificata e diretta a tutto il personale.
Attività coinvolte nel Sistema Qualità
In base alle considerazioni fatte, emerge che il Sistema Qualità interessa tutte le fasi, a partire dall’identificazione iniziale
delle esigenze e delle aspettative del cliente fino al loro soddisfacimento.
Riassumendo, per qualità in azienda si intende:
• attenzione al cliente;
• pianificazione delle azioni e dei procedimenti;
• miglioramento continuo;
• partecipazione e coinvolgimento a tutti i livelli aziendali;
• formazione.
È evidente quindi che il concetto di qualità in azienda è assolutamente indipendente dalle dimensioni dell’azienda, dal
fatturato, dal numero dei dipendenti, dal settore merceologico, dalle tecnologie produttive utilizzate.
4.7 I Principi per la gestione in qualità
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Scienze e Tecnologie Applicate
Attività
Risorse
Elementi in ingresso
PROCESSO
Controlli
Controlli
Elementi in uscita
Controlli
Figura 4.5- Schema rappresentativo dell’approccio per processi nella gestione in Qualità
4.8 Progettare il Sistema Qualità
Progettare un Sistema Qualità significa:
• analizzare i processi lavorativi dell’Azienda in funzione della soddisfazione del cliente al costo minimo;
• individuare e fissare ciò che viene fatto bene, in modo da concentrarsi sul miglioramento dei processi più problematici.
Per far ciò è necessario definire ruoli e responsabilità di ogni partecipante, stabilire quindi chi fa cosa e come, usufruendo,
se necessario, di procedure ed istruzioni scritte.
A questo punto Il sistema qualità deve essere formalizzato per iscritto in un documento denominato “Manuale della qualità”,
che includa o faccia riferimento almeno a:
• politica per la qualità;
• procedure ed istruzioni del sistema qualità per ogni attività avente influenza sulla qualità;
• responsabilità, autorità ed interrelazioni del personale che gestisce, esegue, verifica e riesamina le attività che influenzano
la qualità di un prodotto/ servizio.
Il Sistema Qualità diventa quindi un sistema per organizzare l’impresa che consente di:
• valutare come e perché vengono svolte le cose;
• descrivere come vengono eseguite;
• documentare i risultati ottenuti.
La documentazione del Sistema Qualità
Il Sistema Qualità di una azienda comprende l’insieme organizzativo, comportamentale e metodologico di tutte le attività
inerenti la qualità dei relativi responsabili e addetti.
Esso viene descritto, sostenuto e formalizzato mediante una serie di documenti che, presi nel loro insieme possono essere
definiti e sintetizzati nella “piramide della documentazione”. In questa piramide si individuano le tipologie principali di
documenti che vengono descritte.
MANUALE
DELLA QUALITÀ
PROCEDURE DELLA
QUALITA’
ISTRUZIONI OPERATIVE
RAPPORTI E DOCUMENTI SU CUI SI
REGISTRANO LE VARIE ATTIVITÀ
Figura 4.6- Piramide della documentazione
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Book in
progress
4 - Progettare
e Tecnologie
in Total
Applicate
Quality
CapitoloScienze
• Manuale della Qualità
E’ il documento di base del Sistema Qualità: descrive i criteri generali organizzativi e le politiche dell’azienda rispetto alle
normative di Qualità applicabili per i vari settori di attività.
• Procedure della Qualità
Sono disposizioni scritte che disciplinano le attività, in genere di più enti, al fine di coordinare le azioni tese a garantire la
fabbricazione di un prodotto di qualità.
In sintesi possiamo dire che il manuale delle procedure precisa le condizioni, modalità e responsabilità con le quali va
eseguita una attività tecnica e/o gestionale, esso contiene:
 procedure gestionali di controllo;
 procedure generali.
• Istruzioni operative
Sono chiamate in molti modi; ad esempio pratiche standard, pratiche operative standard, procedure tecniche, POS
(Standard operative procedure) ecc. Sono delle disposizioni scritte che specificano e /o descrivono le modalità (come) di
esecuzione di un’attività ben determinata. In tali disposizioni vengono indicati anche i metodi, le apparecchiature, i materiali
e la sequenza delle operazioni da adottare
• Rapporti e documenti della Qualità
Sono documenti creati al fine di raccogliere i dati e le registrazioni prodotte dal Sistema Qualità per dimostrare la conformità
ai requisiti specificati e l’efficace applicazione del SQ; essi devono essere archiviati in modo da essere rapidamente
rintracciabili.
Lo spirito della documentazione di un Sistema Qualità
E’ molto importante in un Sistema di Qualità, cogliere a fondo da un lato lo spirito della normativa e dall’altro quello della
documentazione. A prima vista altrimenti un Sistema di Qualità apparirebbe come uno strumento estremamente formale,
quindi poco efficace, mentre l’obiettivo è proprio quello di rendere efficaci le attività di tutti i giorni, di integrare cioè la Qualità
nel lavoro normale. La normativa, e quindi la documentazione che si genera a suo sostegno, ha due aspetti fondamentali:
uno interno e uno esterno. Un primo aspetto, interno, è quello di mettere in evidenza in forma logica e sequenziale le attività
svolte nell’ambito dell’azienda, in accordo con i suggerimenti dati dal Sistema Qualità secondo il modello di riferimento ISO.
Relativamente a questo aspetto quindi, lo scopo della documentazione è quello di fissare le regole con cui si fanno
determinate operazioni (ad esempio un acquisto di un materiale, un controllo in laboratorio, un’operazione in produzione,
una manutenzione ecc.).
4.9 La certificazione di un Sistema Qualità
Dopo aver definito, documentato, applicato e verificato il Sistema Qualità, l’azienda è pronta per la certificazione; questa
non è una tappa obbligata per l’azienda che abbia introdotto e applicato le norme ISO 9000.
L’azienda, infatti, potrebbe ritenere sufficiente istituire un Sistema Qualità e documentarlo nel manuale e nelle procedure.
Per certificazione si intende l’azione mediante la quale una terza parte indipendente, detta Organismo di Certificazione,
dichiara che, con ragionevole attendibilità, un determinato processo e/o prodotto possiede i requisiti per essere in conformità
ad una specifica norma.
La certificazione di un Sistema Qualità Aziendale è pertanto un procedimento attraverso il quale un Organismo di
Certificazione verifica e mantiene sotto controllo l’intera struttura organizzativa e produttiva dell’azienda, in relazione alle
prescrizioni della Norma UNI EN ISO 9001, in modo da assicurare il cliente che quanto da lui richiesto in sede contrattuale
verrà rispettato.
Solo dopo aver dimostrato all’organismo di certificazione che il proprio Sistema Qualità è conforme ai requisiti della Norma
UNI EN ISO 9000 di riferimento, l’azienda potrà considerarsi certificata. Garantita da organismi tecnici internazionali,
effettuabile solo da istituti autorizzati, la certificazione del sistema Qualità aziendale costituisce, nei confronti del mercato,
una “prova oggettiva” e soprattutto volontaria, riconosciuta a livello internazionale, della qualità, della sicurezza e della
99
Scienze e Tecnologie Applicate
conformità alle norme dei prodotti e/o processi produttivi aziendali. In altre parole la certificazione è un biglietto da visita
che rende immediatamente visibile l’affidabilità dell’Azienda, costituendo così una chiave spesso indispensabile per accedere
ai mercati stranieri.
Mappatura dei principali enti
DENOMINAZIONE
Ministeri ed Organi
tecnici dello Stato
TIPO DI ISTITUZIONE
COMPETENZA
Pubblica Amministrazione
Emanazione di regole tecniche
obbligatorie
Associazione tra soggetti
privati e pubbliche
Ente Nazionale Italiano di amministrazioni dotata di
Unificazione
riconoscimento giuridico
UNI
CEI
Comitato Elettrotecnico
Italiano
ACCREDIA
Ente Italiano di
Accreditamento
Emanazione norme tecniche
volontarie in tutti i settori
(esclusi elettrico ed elettronico)
membro italiano di ISO e CEN
Associazione tra soggetti
privati e pubbliche
amministrazioni dotata di
riconoscimento giuridico
Emanazione norme tecniche
volontarie (settore elettrico ed
elettronico) membro italiano di
IEC e CENELEC
Nato come Associazione
senza scopo di lucro, dalla
fusione di SINAL e
SINCERT e con il
contributo di SIT - INRIM,
ENEA e ISS.
Accreditamento di organismi di
certificazione, laboratori di
prova e taratura; gestione del
mutuo riconoscimento con
analoghe istituzioni estere
Organism i di
Certificazione (Kiwa,
DNV, RINA, CERMET,
ecc.)
Certificazione Sistemi Qualità e
S.p.A., S.r.l., Associazioni,
prodotti in base alle norme
ecc.
vigenti
Laboratori di Prova
Università, CNR, ENEA,
S.p.A. S.r.L., ecc.
Esecuzione di prove sui prodotti
in base alle norme vigenti
Tipologie di certificazione
• Certificazione di prodotti e servizi
Quando la certificazione avviene mediante controlli delle caratteristiche con test sul prodotto (e servizi) viene definita
certificazione del prodotto. In questo caso sulla confezione del prodotto o sullo stesso deve apparire, in modo chiaro e
inequivocabile il marchio dell’organismo di certificazione e il numero del certificato.
Tale certificazione verrà soddisfatta se rispetterà valori minimi di alcune caratteristiche del prodotto, come richiesto da una
norma o da un regolamento tecnico.
La certificazione di prodotti e servizi viene attuata per mezzo di:
- un organismo di certificazione (pubblico o privato, ma “notificato”), che controlla la permanenza della
conformità, mediante prove di laboratorio sui prodotti prelevati sul luogo di produzione e sul mercato, applicando
uno schema di certificazione adatto al prodotto considerato;
- un laboratorio che effettua le prove di conformità;
- un ente, rappresentativo di tutte le categorie interessate, che gestisce e garantisce l’intero sistema di certificazione
attraverso l’accreditamento degli organismi di certificazione;
- un ente rappresentativo di tutte le categorie interessate che garantisce le prestazioni dei laboratori
attraverso l’accreditamento. (ACCREDIA).
In linea di massima si può inoltre affermare che ricadono in tale tipo di certificazione anche i prodotti soggetti a marcatura
CE secondo il Regolamento dei Prodotti da Costruzione (CPR-Construction Products Regulation) n° 305/2011 che ha
sostituito la CPD Direttiva Prodotti da Costruzione 89/106/CEE.
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4 - Progettare
e Tecnologie
in Total
Applicate
Quality
CapitoloScienze
A titolo di esempio ecco alcuni tipi di marchi che è possibile riscontrare sui prodotti
certificati IMQ Istituto Italiano dei Plastici Marchio CE (Comunità Europee).
• Certificazione di sistemi
Quando la certificazione avviene mediante test e verifiche sui parametri organizzativi aziendali nel loro complesso viene
definita “Certificazione di sistema”. In questo caso, sul prodotto, non può essere riportato il marchio, ma può essere
evidenziata la dichiarazione che lo stesso è stato realizzato in un’azienda con sistema certificato e, per motivi di trasparenza,
sarebbe opportuno citare anche l’organismo e il numero del certificato. Tale certificazione viene rilasciata alle imprese che
dimostrino di aver attuato un sistema di gestione aziendale che garantisca la capacità di realizzare prodotti o servizi in grado
di soddisfare le necessità del potenziale cliente e che ottemperi alle vigenti normative.
La certificazione dei Sistemi viene attuata per mezzo di:
- un organismo di certificazione (pubblico o privato) che controlla la permanenza delle caratteristiche
del sistema dell’azienda applicando uno schema di certificazione adatto al settore produttivo considerato;
- un ente, rappresentativo di tutte le categorie interessate, che gestisce l’intero sistema inteso come complesso di
operatori e di attività di certificazione attraverso l’accreditamento degli organismi di certificazione (ACCREDIA).
L'accreditamento degli organismi di certificazione dei sistemi viene rilasciato a fronte della norma UNI CEI EN ISO/IEC
17021:2011
Tra le norme soggette a certificazione di sistema oltre la già citata ISO 9001:2008 rientrano anche, a titolo esemplicativo
ma non esaustivo, norme quali:
- ISO 14001 Gestione ambientale
- OHSAS 18001 Gestione della sicurezza e salute dei lavoratori
- SA 8000 Etica
A titolo di esempio ecco alcuni tipi di loghi che è possibile riscontrare in merito ad aziende con sistemi certificati
Kiwa Italia S.pa.
RINA S.pa.
I VANTAGGI DELLA CERTIFICAZIONE DI QUALITA’
http://www.youtube.com/watch?v=M5RkwAutaFM
101
Scienze e Tecnologie Applicate
NESSI E COLLEGAMENTI
Ogni attività umana prevede una progettazione. Saper progettare è una competenza trasversale, che assume rilievo in ogni
ambito di vita e professionale. Una progettazione ben fatta permette di realizzare prodotti e servizi di qualità. Materiali
innovativi (cfr. cap.V) sono oggi il frutto di una ricerca attenta ai bisogni di clienti sempre più esigenti; alla base della loro
produzione c’è un progetto di ricerca e un progetto per la realizzazione. Le fasi che caratterizzano un ciclo di vita di un
progetto precedono sempre la costruzione di infrastrutture di qualsiasi genere come, per esempio, gli impianti per lo
smaltimento dei rifiuti o la definizione di processi utili alla tutela ambientale e alla ottimale gestione delle risorse (cfr. cap.VI).
La progettazione è alla base di un’organizzazione aziendale che fornisce prodotti/servizi di qualità, coinvolgendo tutte le
figure professionali che operano al suo interno e che, per questo, si servono di una comunicazione efficace (cfr. cap.III),
che contribuisca alla costruzione di un “Sistema di Qualità”.
IV
Capitolo
III Capitolo
Com unicazione
V Capitolo
Materiali
La produzione di materiali
innovativi per soddisfare
maggiormente i clienti si
basa su una progettazione
in Qualità
Un’organizzazione
aziendale di Qualità
prevede una
comunicazione efficace
VI Capitolo
Sm altim ento
La progettazione è alla
base anche della
costruzione di impianti per
lo smaltimento dei rifiuti
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102
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Book in
progress
tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
CAPITOLO QUINTO
MATERIALI: TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
Dall’antico che resiste al moderno che avanza, la storia dell’uomo è costellata di
contrasti che mettono in risalto evoluzione e iniquità
QUADRO INIZIALE
In questo capitolo non ci si propone di dare un quadro completo di tutti i materiali che oggi possono essere utilizzati nei
più svariati ambiti della vita dell’uomo. Sarebbe impossibile infatti rappresentarli tutti ed ogni omissione sarebbe colpevole.
Si vuole invece offrire una prospettiva ampia delle tipologie di materiali di cui oggi l’uomo dispone per soddisfare i propri
bisogni. In quest’ottica si è ritenuto di procedere facendo solo alcuni esempi in settori diversi, sempre a partire da
manufatti o da “cose” con le quali ci si confronta quotidianamente. Affiancando la tradizione, rappresentata dai materiali
che da tempo vengono utilizzati per realizzare prodotti e/o fornire servizi, all’innovazione, costituita dai materiali innovativi
e tecnologicamente avanzati con i quali oggi si costruiscono, per esempio, automobili dalle prestazioni prima non
immaginabili o edifici capaci di resistere a sollecitazioni esterne che una volta costituivano un pericolo o giubbotti
antiproiettile un tempo molto meno efficaci, si vuole mettere in luce come le nuove conoscenze si intersechino con la
tecnica e le conoscenze consolidate per fornire nuova tecnologia al servizio dell’uomo. Per materiali poi, non si intendono
solamente quelli utili alla “costruzione” di qualcosa, come il cemento, i leganti o il legno, ma anche quelle sostanze
presenti naturalmente in quello che mangiamo, come l’amido di un piatto di spaghetti, testimonianza di quanto la natura
fornisca tesori ancora non sostituibili totalmente.
5.1 Materiali: tra tradizione e innovazione
Ogni giorno compiamo le solite azioni, ci svegliamo, ci affacciamo alla finestra perguardare il mondo che ci circonda,
andiamo in giro per le strade freneticamente, poi mangiamo, giochiamo, “costruiamo” la nostra personalissima storia…
ma quante volte ci soffermiamo a pensare che noi, tutti, in qualsiasi mondo ci troviamo, siamo
circondati da materiali … per vestirci, per costruire le nostre case, le nostre macchine, per mangiare, bere dormire… siamo
immersi nella materia che diventa “materiale” quando viene plasmata e resa idonea alla soddisfazione dei nostri bisogni.
Nel nostro tecnologico mondo all’avanguardia, dove le case sono anche enormi grattacieli pensati
per resistere alle sollecitazioni più forti, dove i nostri giacigli sono realizzati in modo da non compromettere il nostro riposo,
così come nei paesi dove ancora le case sono fatte di lamiere e fango e la gente dorme su giacigli di foglie, sempre di
materia, o di materiali, si tratta.
Tra tradizione e innovazione. La tradizione che non ci abbandona quando incontriamo un cantiere pieno di sabbia, calce e
mattoni e che lascia spazio, poi, all’innovazione, per la realizzazione, con materiali ceramici tecnologicamente avanzati, di
oggetti e strutture usati negli spazi interni di una cucina all’avanguardia.
La tradizione di antiche costruzioni come il Pantheon, che resiste all’usura del tempo, e che, maestoso nella sua grandiosità,
si confronta, superbo, con la Torre del Qatar che sembra guardarlo con sprezzo e presunzione.
La tradizione dell’acciaio di un’antica 500 FIAT, sogno dei giovani del secolo scorso,scalzata, ma non del tutto, dalle fibre
103
Scienze e Tecnologie Applicate
di carbonio, e non solo, di una FERRARI F40 dalle prestazioni sempre più elevate.
E tanti esempi ancora si potrebbero fare per delineare un percorso che, attraverso l’evoluzione dei materiali, descrive il
passare del tempo, la storia che si compie e si racconta anche attraverso l’innovazione tecnologica che, grazie alla ricerca,
accompagna l’uomo verso la soddisfazione di nuovi bisogni.
5.2 I materiali da costruzione
I leganti
L'uomo fin dai primordi della sua civiltà ha avuto la necessità di realizzare costruzioni e manufatti assemblando insieme
parti più piccole esistenti in natura (ad esempio le pietre) oppure artificiali (ad esempio i mattoni). Però, per poter realizzare
dei manufatti resistenti e durevoli nel tempo, bisognava legare insieme questi elementi. Per fare ciò ha utilizzato prima quello
che esisteva in natura e dopo materiali prodotti da lui stesso, cioè artificiali. I prodotti che servono a unire insieme diverse
parti prendono il nome di leganti.
Le prime civiltà usavano mattoni fatti di argilla semplicemente essiccati al sole
e usavano come legante l’argilla stessa mescolata con acqua, in modo da
ottenere una miscela molto fluida che spalmavano sui mattoni crudi realizzando
delle murature. È chiaro che il legame così ottenuto era molto debole e quindi
l’intera costruzione era poco resistente agli agenti atmosferici e, ancor più, alle
scosse sismiche, anche quelle lievi, che risultavano rovinose.
I Romani volevano costruzioni che durassero di più nel tempo, specialmente i
ponti, gli acquedotti, le case signorili. Per cui essi utilizzarono, oltre alla pietra,
anche i mattoni cotti col fuoco, molto più resistenti rispetto a quelli crudi.
Figura 5.1 - Illustrazione sull’uso di mattoni Come leganti usavano la calce che mischiavano spesso con un cemento
nell’antico Egitto
naturale quale era la pozzolana (da loro chiamata pulvis puteolana). Nei tempi
moderni è stato possibile produrre una specie di “pozzolana artificiale” quello
che è da noi conosciuto col nome di cemento e che ha permesso una vera rivoluzione nei sistemi costruttivi.
Il Pantheon è un edificio di straordinaria valenza ingegneristica, l’unico nell’antichità dotato di una cupola di quelle dimensioni,
con un diametro di 43,44 metri, superata solo dalla cupola del Brunelleschi del 1436. Le mura del pantheon furono costruite
utilizzando grandi blocchi di marmo e mattoni pieni, la cupola è stata realizzata con un
impasto di pozzolana e calce insieme ad inerti di diverso peso: nella parte più bassa della
cupola stessa sono stati utilizzati inerti pesanti, quali frammenti di marmo e di laterizi,
sostituiti con pietra pomice nelle parti più alte per rendere la cupola più leggera. Il pantheon
è stato interamente ricostruito nella forma in cui lo conosciamo nel 128 D.C. sotto l'impero
di Adriano.
Vediamo più da vicino i leganti utilizzati nella sua costruzione: la calce e la pozzolana, che
sono ancora oggi utilizzati nelle costruzioni nel modo che vedremo. Parleremo anche del
cemento che è molto simile alla pozzolana nella sua composizione, ma è di produzione
industriale.
• La calce
La calce è un legante molto antico, il suo utilizzo risale alla preistoria. Il primo manufatto
realizzato utilizzando la calce come legante è una pavimentazione rinvenuta in Galilea
(Israele) e risalente all'anno 7000 A.C.
La calce, il cui nome deriva dal latino calx, viene ottenuta in modo molto semplice partendo
da una roccia abbastanza diffusa in natura che è il calcare. Nel suo trattato "Della Natura"
Empedocle descrive così il processo di produzione della calce: “Vi è del magico nel
cogliere un sasso dalla terra, cuocerlo e demolirlo al fuoco, renderlo plastico con l'acqua,
lavorarlo secondo volontà e riottenerlo solido grazie all'influsso dell'aria”.
Il calcare è una roccia di colore biancastro ed è composto prevalentemente da carbonato
di calcio, con formula chimica CaCO3. Il carbonato di calcio, se riscaldato ad una
temperatura di circa 900 – 1000°C, cosa che si può fare in delle semplici fornaci bruciando
legna, si scinde in due composti : ossido di calcio (CaO) e anidride carbonica (CO2) che
essendo un gas e si disperde nell’atmosfera.
104
Figura 5.2- Interno del Pantheon
(Dipinto di Giovanni Paolo Pannini)
Figura 5.3 - Antico forno per la
calce
Book in
progress
tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
L’ossido di calce, detto comunemente calce viva, per essere utilizzato, deve essere prima mescolato con acqua
(spegnimento della calce), dando origine ad una nuova reazione chimica che genera quella che viene poi utilizzata in edilizia
come legante: l’idrossido di calcio detto comunemente calce spenta o semplicemente calce (Ca(OH)2). Se l’acqua aggiunta
è superiore alla quantità minima necessaria, si produrrà un massa pastosa di colore bianco detta grassello di calce; se
invece, ma questo si può fare solo oggi, viene aggiunta la quantità di acqua strettamente necessaria per fare avvenire le
reazioni chimiche, si ottiene una polvere asciutta, simile alla farina, di colore bianco: la calce in polvere.
La calce spenta impastata con acqua ed esposta all'aria, dà origine ad una reazione inversa che ne provoca l'indurimento
trasformando l'idrossido di calcio nuovamente in carbonato di calcio.
Anidride
carbonica(CO 2 )
Acqua
H2O
Calcare
CaCO3
Presa e
indurimento
Anidride
carbonica(CO 2)
Cottura a
900 -1000°
Acqua
H2O
Ciclo della
calce
Calce
spenta
Ca(OH2)
Acqua
H2O
Calce viva
CaO
Spegnimento
Figura 5.4-Il ciclo della calce rappresenta il processo che dopo alcuni passaggi rende la pietra calcarea uno dei leganti più usati in edilizia
• Utilizzo della calce
La calce in edilizia oggi non viene più impiegata per realizzare murature, come avveniva in passato, ma sostanzialmente
per opere di finitura e come base per pitture. Impastata insieme a sabbia ed acqua si ottiene quella che si chiama malta di
calce, utilizzata per intonaci principalmente all’interno di edifici. Di solito si usa la malta di calce per realizzare l’ultimo strato
di intonaco, quello che ha un aspetto liscio e gradevole alla vista. Tuttavia oggi l'intonaco di malta di
calce torna ad avere applicazioni anche all'esterno degli edifici perché, a differenza dell'intonaco
realizzato con malta di cemento, permette all'acqua che spesso si trova dentro le murature
tradizionali di traspirare all'esterno, evitando fenomeni di condensa, di formazione di sali e di
ammaloramento dell'intonaco stesso.
All'interno dei locali l'intonaco fatto interamente di malta di calce, per la sua traspirabilità, crea un
ambiente più gradevole e vivibile.
• Produzione della calce
Per molti millenni e fino a qualche decennio fa, la calce veniva prodotta in modo molto artigianale
utilizzando dei forni in pietra alimentati a legna (a dir il vero in molte regioni arretrate viene ancora
prodotta così). Oggi viene prodotta in grandi forni verticali o rotanti alimentati con olio combustibile,
carbone fossile o gas metano. Essa viene posta in commercio in sacchi di plastica sigillati
ermeticamente nella forma di grassello di calce, oppure in sacchi di carta del peso di 25 Kg se è
calce in polvere.
Figura 5.5 - Moderno
forno per la calce
• La calce idraulica
La calce idraulica viene prodotta partendo da calcare misto ad argilla. Il processo di produzione è simile a quello della calce
comunemente detta, ma ha una proprietà che la differenzia dalla precedente: il processo di presa e indurimento può avvenire
anche se essa è completamente immersa in acqua, questo perché i processi chimici che portano all'indurimento della
calce idraulica sono diversi da quelli della calce aerea e richiedono la presenza dell'acqua e non la sua eliminazione. La
calce idraulica è anche molto più resistente della calce aerea.
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Scienze e Tecnologie Applicate
a)
b)
c)
Figura 5.6 - I componenti della calce idraulica: a) l’argilla vista al microscopio elettronico; b) pietra calcarea; c) cava di argilla.
• La pozzolana
La pozzolana, così chiamata perché si trova in abbondanza nella zona di Pozzuoli (NA), è una terra di colore grigio scuro
di origine vulcanica. Quindi è il vulcano che produce questo legante naturale attraverso la “cottura”, che avviene all’interno
del camino vulcanico, di materiali che contengono calcare, silicati, ossidi di
ferro, di alluminio e altri composti. Eruttata dal vulcano sotto forma di polvere
e pietre di diverse dimensioni, essa, macinata in polvere sottile, con l’aggiunta
di acqua forma una massa pastosa i cui elementi, reagendo con l’acqua di
impasto, danno origine ad un risultato finale che consiste in una roccia di colore
grigio scuro. Il processo di indurimento è simile a quello della calce idraulica.
Anticamente veniva utilizzata dai Romani mescolata alla calce e a inerti, spesso
rottami di laterizi, dando origine a un calcestruzzo molto resistente per l'epoca.
Oggi viene ancora utilizzata, mescolata al cemento artificiale, perché conferisce
Figura 5.7 - Pozzolana allo stato grezzo
a esso una maggiore resistenza agli agenti atmosferici.
LE REAZIONI CHIMICHE
Formazione della calce dal calcare di partenza:
CaCO3 + Calore = CaO (calce viva) + CO2 (anidride carbonica)
Spegnimento della calce:
CaO + H2O = Ca(OH)2 (idrossido di calcio detto calce spenta)
Processo di indurimento:
Ca(OH)2 + CO2 (atmosferica) = CaCO3 + H2O
• Il cemento
Il cemento è il principale legante che si usa oggi in edilizia. Il materiale di partenza per la sua produzione è una miscela
composta da argilla per il 22 ÷24% e roccia calcarea per il 68÷66%; questi elementi vengono prima macinati molto finemente
in mulini di circa due metri di diametro e aventi una lunghezza di 10 metri, quindi la polvere ottenuta viene messa in grossi
serbatoi, detti silos, dove la miscela viene rimescolata con immissione di aria dal basso in modo da ottenere una composizione
omogenea. Questa polvere viene inviata, insieme ad un filo d'acqua, su degli appositi "piatti granulatori" che sono dei dischi
di acciaio inclinati di 50° che ruotano rapidamente, formando delle piccole palline di circa 1-1,2 cm di dimetro.
La cottura avviene in un grande forno cilindrico avente un diametro tra i 3 e i 5 metri e una lunghezza tra 70 e 120 metri,
rivestito all'interno di materiale refrattario. Il forno ha l'asse inclinato di 3°÷5°, ruota
lentamente intorno al proprio asse (un giro al minuto) ed è internamente rivestito di materiale
refrattario. Il materiale viene immesso dalla parte alta del forno e scende gradualmente fino
alla parte più bassa, dove grazie alla combustione di olio combustibile, gas metano o carbon
fossile in polvere, si raggiunge una temperatura di circa 1500 gradi che fonde in parte il
materiale immesso. Dal forno escono dei granuli di diametro inferiore al centimetro che sono
composti essenzialmente da quattro ossidi: ossido di calce (CaO), ossido di silice (SiO2),
allumina (Al2O3), ossido ferrico (Fe2O3), variamente combinati tra loro. Questo prodotto, che
dopo un primo raffreddamento ha ancora una temperatura di 100°, prende il nome di clinker.
Figura 5.8 - Forno per la Il clinker viene successivamente immesso dentro a mulini rotanti in ferro all’interno dei quali
produzione del cemento
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e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
sono presenti sfere di diverso diametro sempre di ferro. Insieme al clinker viene
aggiunto del gesso (CaSO4.2H2O) in una percentuale dal 2%÷4% che ha il
compito di rallentarne la presa in fase d'impiego.
Il mulino ruota velocemente permettendo alle sfere di ferro di macinare il clinker
e ottenere una polvere molto sottile. Il diametro finale dei granelli di polvere
estratti dal mulino viene misurato e se risulta superiore a quanto richiesto, la
polvere viene rimandata al mulino per una ulteriore macinazione, e questo
perché il cemento è tanto migliore quanto più è fine. La polvere ottenuta è il
Figura 5.9 - Granuli di clinker
cemento comune detto anche cemento portland perché ha il colore grigio
simile alla roccia che si trova in Inghilterra nell'isola di Portland.
Se la composizione del materiale di partenza viene variata o vengono aggiunti altri elementi durante la macinazione, si
ottengono i cosiddetti cementi speciali che hanno caratteristiche diverse rispetto al cemento comune.
• Utilizzo del cemento
Il cemento è il legante principe dell’era attuale che, mescolato insieme alla
sabbia e all’acqua dà origine alla malta di cemento, utilizzata per le murature in
pietra, per quelle in mattoni e per opere di finitura quali gli intonaci.
Il cemento può essere utilizzato anche per realizzare industrialmente tegole di
cemento, blocchi di cemento per murature, piastrelle e blocchi per
pavimentazioni, miscele speciali per incollaggio di piastrelle per rivestimento,
miscele colorate per realizzare pavimenti stampati.
L’uso più diffuso del cemento si ha nella realizzazione di opere civili quali
Figura 5.10 - Cemento in sacchi
fabbricati,
ponti, dighe ed altro. In questo caso il cemento viene impastato con acqua,
sabbia, pietrisco di diverso diametro, ottenendo il calcestruzzo. Quest’ultimo è molto più resistente della malta di cemento
e di solito viene impiegato inserendo delle barre di ferro di rinforzo. L’insieme dei due materiali, calcestruzzo e ferro, viene
detto calcestruzzo armato, o semplicemente cemento armato.
• Presa ed indurimento del cemento
Già dopo un’ora dall’impasto inizia una serie di reazioni chimiche che conferiscono al calcestruzzo una elevata resistenza,
specialmente a sforzi di compressione. Subito dopo l’aggiunta di acqua, cominciano i processi di idratazione che danno al
calcestruzzo, nel giro di 10÷12 ore, una forma solida, ma avente ancora una resistenza nulla: è questo il fenomeno detto
“presa del cemento”. Successivamente, l’idratazione prosegue facendone aumentare via via la resistenza. Questo processo
continua in modo molto lento per anni, ma può ritenersi completato dopo circa 28 giorni, perché l'aumento di resistenza
successivo ai primi 28 giorni è poco significativo. Poiché il processo di indurimento ha bisogno solo della presenza
dell’acqua, il cemento è un legante idraulico e non aereo. È opportuno che venga bagnato nei giorni successivi al getto,
specie in ambienti caldi, per fornire tutta l'acqua necessaria all'idratazione e per ridurre il fenomeno del “ritiro”.
I CEMENTI SPECIALI
I cementi speciali si ottengono in due modi:
- variando la composizione della miscela di partenza
- aggiungendo al clinker altri materiali in fase di macinazione.
Sono ottenuti cambiando la composizione della miscela di partenza:
• Cemento alluminoso
Per la produzione del cemento alluminoso si parte da una miscela diversa rispetto al cemento normale, infatti si usa una
miscela di calcare e bauxite ricca di ossidi idrati di alluminio. La cottura viene spinta fino a 1600 °C. Si ottiene così un
cemento resistente, molto più di qualsiasi altro cemento, anche alle acque solfatiche e alla corrosione delle acque normali.
Il processo di presa è più lento del cemento comune, ma l'indurimento è invece molto più rapido. Il suo utilizzo è limitato
a causa del suo alto costo di produzione dipendente dalla maggiore quantità di energia necessaria e dall'impiego della
bauxite, materiale più costoso dell'argilla.
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Scienze e Tecnologie Applicate
• Cemento ferrico
È un cemento portland in cui gli ossidi di ferro sono presenti in maggiore quantità.Ciò conferisce al cemento una maggiore
resistenza alle acque solfatiche. La minore presenza di ossidi di alluminio ne diminuisce la velocità di indurimento, perciò
la resistenza meccanica viene raggiunta in un tempo maggiore. Viene usato nel caso di grandi getti di calcestruzzo come
nelle costruzioni delle dighe, poiché la minore velocità di indurimento permette al calore che si sviluppa nel processo di
disperdersi senza danneggiare il calcestruzzo stesso.
• Cemento bianco
Il cemento bianco è sempre un cemento portland, in cui gli ossidi di ferro sono assenti e, poiché sono proprio questi
ossidi che conferiscono al cemento comune il colore grigio, il cemento acquista un colore bianco, utile nel caso di
cemento ornamentale o a faccia vista. Aggiungendo altri materiali al clinker, si ottengono i seguenti cementi:
• Cemento pozzolanico
Il cemento pozzolanico si ottiene aggiungendo al clinker in fase di macinazione una percentuale intorno al 30%÷45% di
pozzolana. Questo conferisce al cemento ottenuto una minore velocità di indurimento, ma comunque la resistenza finale
raggiunge, e qualche volta supera, quella del cemento comune. È un cemento più economico perché parte del materiale
impiegato, la pozzolana, non ha bisogno di essere cotto, è anche più resistente alle acque correnti, alle acque solfatiche
che invece attaccano e disgregano il cemento portland.
• Cemento d'alto forno o siderurgico
Questo cemento si ottiene aggiungendo al clinker, anziché pozzolana, una percentuale variabile tra il 30% e il 70% di
scorie d'altoforno (loppa), derivanti dalla produzione di ghisa. Ha caratteristiche analoghe al cemento pozzolanico.
ESERCIZI - QUESITI A RISPOSTA SINTETICA
1) Descrivere la composizione e l'utilizzo del "calcestruzzo romano".
2) Riassumere il ciclo di presa e indurimento della calce.
3) Descrivere la differenza tra leganti aerei e leganti idraulici e citare qualche tipo di legante.
4) Descrivere sinteticamente il ciclo di produzione del cemento.
Le malte
Le malte sono degli impasti di sabbia legante ed acqua. A seconda del tipo di legante che si utilizza, distinguiamo i
seguenti tipi di malta:
• Malta di calce aerea
Il legante è costituito da calce aerea (Ca(OH)2), ha una colorazione biancastra, si prepara utilizzando una comune betoniera
mescolando una percentuale di 2 parti di calce idrata, 2 parti di acqua e 3 parti di sabbia. La malta di calce aerea viene
anche commercializzata già premiscelata in sacchetti di carta del peso di 25 Kg, a cui bisogna aggiungere solo l’acqua,
oppure in sacchi di plastica dove è presente anche l’acqua di impasto e pertanto già pronta all’uso; questo è possibile
perché la presenza di acqua impedisce l’indurimento della calce. Questo ultimo tipo di prodotto viene comunemente detto
“tonachino”. La malta di calce viene impiegata per realizzare intonaci, specie
• Malta di cemento
Il legante della malta di cemento è costituito da cemento portland comune. La malta si compone di una parte di cemento,
una parte di acqua di impasto e quattro parti di sabbia.
È una malta con resistenza molto superiore a quella di calce. Viene usata come
legante per le murature di pietra o mattoni, per gli intonaci, per la posa in opera
dei pavimenti (in questo caso prende il nome di malta di allettamento) per
sottofondi.
La presa e l’indurimento avvengono anche in presenza di acqua essendo il
cemento un legante idraulico.
In commercio si trova anche una malta preconfezionata cui bisogna aggiungere
solo l’acqua di impasto, che non può essere aggiunta precedentemente negli
stessi sacchetti in quanto la malta indurirebbe prima che sia possibile utilizzarla. Figura 5.11 - Muratura di mattoni legati con
malta
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e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
• Malta di cemento e calce
In questo caso vengono mescolati oltre alla sabbia anche i due leganti: il cemento e la calce. Si forma così una malta con
buone caratteristiche di resistenza e con una migliore plasticità rispetto alla malta di solo sabbia e cemento. Ne risulta
migliorata la lavorabilità, cioè la facilità di impiego della stessa. Comunemente viene chiamata “malta bastarda”.
Le diverse composizioni sono riportate nella seguente tabella:
Malta di calce
Elemento
Quantità
(Num. parti)
Calce idrata
2
Acqua
Sabbia
2
3
Malta bastarda
Elemento
Quantità
(Num. parti)
Calce
3
idrata
o
idraulica
Cemento
1
Acqua
3
Sabbia
10
Malta di cemento
Elemento
Quantità
(Num. parti)
Cemento
1
Acqua
Sabbia
1
4
• Il calcestruzzo
Il calcestruzzo è oggi uno dei più importanti materiali da costruzione, grazie al suo basso costo, alla sua versatilità e alla
resistenza. Il cemento chiamato Portland, è stato scoperto e brevettato in Inghilterra nel 1824 da J. Aspdin, ma una forma
primitiva anche se efficiente di calcestruzzo era conosciuta e usata dagli antichi romani col nome opus caementicium ed
era costituita da un impasto di calce e pozzolana. Un ulteriore passo avanti nell’utilizzazione del calcestruzzo si ebbe con
l’idea di rinforzarlo con delle barre di ferro. Questo ha consentito di sopperire alla scarsa resistenza a trazionedel calcestruzzo,
ampliandone enormemente l’impiego. Il calcestruzzo rinforzato con barre di ferro viene detto calcestruzzo armato, o più
semplicemente cemento armato.
La prima copertura realizzata con questa tecnica si deve a Coignet e risale al 1847.
Fu però Joseph Monier, nel 1877, a brevettare l’idea di fare assorbire gli sforzi di trazione, che si verificano in una trave
sottoposta a flessione, al ferro.
• Composizione del calcestruzzo
Il calcestruzzo è composto da inerti e da cemento. Gli inerti vengono detti così
perché non prendono parte alle reazioni chimiche che portano il cemento a
indurire e diventare simile ad una roccia lapidea; essi sono composti da sabbia
e pietrisco di diverse dimensioni. Gli inerti devono essere ben assortiti nelle loro
dimensioni, ossia è necessario che i granelli siano presenti in tutti i diversi
diametri in modo che si incastrino gli uni con gli altri, andando a costituire una
massa priva di vuoti ed il più possibile compatta, conferendo al calcestruzzo
una maggiore resistenza.
Figura 5.12 - Inerti (pietrisco e sabbia) per la
produzione di calcestruzzo
I granelli con diverso diametro vanno a costituire quella
che si chiama “granulometria degli inerti”.
La composizione ottimale delle particelle con diverso
diametro è stata studiata da Fuller che ha realizzato
un grafico in cui sono riportati sull’asse delle x, la
percentuale in peso dell’inerte e sull’asse delle y il
corrispondente diametro. In questo grafico sono
presenti due curve: è sufficiente che la curva degli gli
inerti che si usano per il confezionamento del
calcestruzzo sia compresa all’interno delle due curve
affinché il dosaggio degli stessi sia corretto.
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Scienze e Tecnologie Applicate
• Preparazione del calcestruzzo
Per la preparazione del calcestruzzo è importante dosare gli inerti in base alla granulometria, utilizzare inerti lavati e quindi
privi di polvere e con una buona resistenza meccanica, utilizzare il giusto quantitativo di acqua che deve essere pulita e
priva di sostanze organiche e di sali quali solfati e cloruri.
Per dosare gli inerti in modo da ottenere la granulometria rientrante nel fuso di Fuller, è necessario che siano pesati con una
bilancia; anche il quantitativo d’acqua che va immesso nell’impasto deve essere dosata in modo da mantenere un rapporto
acqua/cemento prossimo a 0,5.
Per la composizione di un metro cubo di calcestruzzo sono necessari, approssimativamente, le seguenti quantità:
Con questo quantitativo d’acqua però, il calcestruzzo è scarsamente lavorabile, pertanto si può ammettere un quantitativo
Com ponente
Sabbia
Pietrisco +
pietrischetto
Acqua
Cemento
Quantità in
volum e
0,42m c
0,84 mc
0,15mc
0,21mc
Quantità in
peso
800 Kg
1000 Kg
150 Kg
300 Kg
d’acqua superiore, ad esempio 155 litri, corrispondente ad un rapporto acqua/cemento pari a 0,55. Non si deve eccedere
col quantitativo d’acqua perché la troppa acqua fa ottenere un calcestruzzo di scarsa resistenza. Tale fenomeno dipende
dal fatto che l’acqua in eccesso, evaporando, provoca delle microfessurazioni nel calcestruzzo.
Se si vuole migliorare ulteriormente la fluidità del calcestruzzo senza aumentare il quantitativo di cemento presente
nell’impasto, è necessario ricorrere a degli additivi appositi che
vengono detti fluidificanti. Essi oltre ad aumentare la fluidità del
calcestruzzo permettendone, ad esempio, il pompaggio,
allungano il tempo di presa aumentando il tempo in cui il
calcestruzzo si mantiene plastico e quindi lavorabile.
• Getto del calcestruzzo
L'operazione di getto del calcestruzzo si esegue dopo avere predisposto le casseforme e le eventuali armature in ferro.
Tale operazione avviene oggi sempre più spesso ricorrendo al pompaggio, pertanto il calcestruzzo deve essere
sufficientemente fluido per evitare l'intasamento del tubo. È importante che durante le operazioni di getto il calcestruzzo
venga vibrato con apposito vibratore per realizzare un getto che sia compatto. Ciò è necessario per permettere al
calcestruzzo di entrare anche negli spazi più stretti, avvolgendo bene le armature in modo da proteggerle dalla corrosione,
e perché si riducano gli spazi tra gli inerti. Più è compatto il getto, maggiore sarà la resistenza finale.
Figura 5.14 - Getto di un solaio con l'utilizzo di una pompa
Figura 5.15 - Operazioni di vibratura durante il getto
• Resistenza del calcestruzzo
La resistenza del calcestruzzo dipende da molti fattori: il giusto dosaggio degli inerti, la qualità degli inerti, la pulizia degli
stessi che devono sempre essere lavati, il quantitativo d'acqua d'impasto che non deve essere eccessivo, la vibratura
durante il getto, il quantitativo e la qualità del cemento. Dopo circa un'ora dall'impasto, comincia la presa del calcestruzzo
che dura circa 12 ore e, in seguito, l'indurimento. Il processo prende il nome di maturazione del calcestruzzo. È durante
questo processo che avvengono le reazioni chimiche di idratazione dei composti del cemento. Gli inerti non hanno alcuna
funzione nel processo, servono solo a creare una sorta di scheletro. La funzione di legare le varie particelle è esclusiva del
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e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
cemento. Affinché le reazioni di idratazione avvengano completamente, è necessario che il calcestruzzo venga
mantenuto umido durante tale processo, specie nei primi giorni durante i quali le reazioni sono più veloci, pertanto è utile
bagnarlo periodicamente, specialmente nella stagione estiva. L'indurimento è più rapido nei primi giorni poi la sua velocità
diminuisce anche se non si ferma mai completamente. Si considera comunque convenzionalmente concluso dopo 28
giorni dal getto. Dopo 7 giorni, un calcestruzzo confezionato con cemento tipo R32,5 raggiunge una resistenza pari al 50%
del totale, un cemento R 42,5 raggiunge nello stesso tempo una resistenza pari al 76% del totale.
Figura 5.16 - Il grafico mostra come varia la resistenza a compressione in funzione dei giorni di maturazione
5.3 il legno strutturale, ovvero: l’utilizzo del legno come sistema costruttivo
dall’antichità ad oggi
Per legno strutturale si intende il legno impiegato per la costruzione di edifici.
Come è noto, a causa della sua facile reperibilità e lavorabilità, il legno è il più antico materiale da costruzione utilizzato
dall'uomo per la propria casa e non solo, come testimoniano numerosi ritrovamenti archeologici.
Numerose sono le testimonianze di costruzioni civili o di opere infrastrutturali
realizzate nel corso dei secoli e giunte fino ai nostri giorni e può essere motivo
di curiosità o di interesse andarle a ricercare sui più comuni motori di ricerca di
internet.
In tempi recenti, in Italia, sono state realizzate, con strutture in legno:
l'Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano a Roma, il Modigliani Forum di
Livorno…...
Figura 5.17 - Auditorium Parco della Musica
Sistemi costruttivi del legno strutturale
• Costruzioni a travi
Uno dei più antichi metodi di costruzione delle case è quello definito blockbau, nel
quale si sovrappongono orizzontalmente tronchi o travi fino a formare delle pareti.
L'aggancio è ottenuto agli angoli, dove vengono ricavate delle connessioni che
permettono l'incasso e, allo stesso momento, un irrigidimento della struttura.
Questo sistema costruttivo, che si è affermato velocemente e durevolmente nelle zone
con clima rigido, dove sono presenti boschi ricchi e fertili, necessita di una notevole
quantità di legname da costruzione. Si ottengono così edifici interamente in legno.
• Costruzioni a traliccio
Nell’area tedesca e dell’Europa centrale si tende ad usare, nelle costruzioni, una
combinazione tra legno e argilla, con un sistema strutturale a traliccio.
Il sistema costruttivo consiste nel disporre gli elementi in legno in modo da formare un
reticolo di travi orizzontali, verticali, o diagonali, in modo da ottenere una successione
Figura 5.18 - Esempi di costruzioni in
legno blockbau
111
Scienze e Tecnologie Applicate
di figure triangolari.
Il fabbisogno di legno è così minore, perché la costruzione a traliccio viene riempita con argilla o, in alcune regioni o epoche
diverse, con altri materiali da costruzione più economici per la zona.
Anche il clima più mite rispetto alle regioni alpine o nordiche fa preferire questa tipologia di costruzione a quella a travi.
Figura 5.19 - Esempi di costruzioni in legno a traliccio
• Costruzioni a colonna
In America le case in legno si costruiscono con un sistema strutturale detto a colonna.
Il sistema consiste nel disporre gli elementi in legno verticalmente per tutta l’altezza del fabbricato, collegandoli fra loro, alla
base ed in sommità, con elementi orizzontali; la struttura viene irrigidita con un elemento posto in diagonale lungo ogni
parete.
Il fabbricato viene completato rivestendo la struttura in legno con delle assi, inchiodate alle colonne montanti.
L’uso del legno qui è minimo, ma di conseguenza anche la qualità e resistenza della costruzione è bassa. A partire dagli
anni ’70, però, la qualità dei materiali in legno americani è aumentata.
Figura 5.20 - Esempi di costruzioni in legno a colonna
ASPETTI NORMATIVI
Come tutti gli altri materiali da costruzione, anche il legno strutturale è soggetto al rispetto delle normative tecniche
vigenti in Italia, siano esse determinate a livello nazionale o recepite dalla Comunità Europea (Eurocodici).
• Requisiti essenziali
1. Resistenza meccanica e stabilità (Ministero Infrastrutture)
2. Sicurezza in caso di incendio (Ministero Interno)
3. Igiene, salute e ambiente (Ministero Sviluppo Economico)
4. Sicurezza nell'impiego
5. Protezione contro il rumore
6. Risparmio energetico e ritenzione di calore
Col decreto del 14 settembre 2005 prima, rivisto poi dalle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008, finalmente si
contempla anche il legno come materiale strutturale e si dettano le modalità di calcolo, esecuzione, collaudo, con
particolare riguardo alla certificazione e controllo della qualità. Finalmente dunque anche in Italia c'è una norma che
legittima il legno ed i prodotti derivati per l'uso costruttivo.
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tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
Le norme tecniche contengono molte interessanti novità anche sul piano scientifico, soprattutto in materia sismica e
nell'impostazione semiprobabilistica della sicurezza.
• Contenuto di umidità del legno
Mentre, per motivi commerciali, le travi di legno massiccio non vengono più trattate in
essiccatoio, le tavole e gli sfogliati impiegati per realizzare il legno lamellare e i compensati devono obbligatoriamente
essere soggette al controllo dell'umidità del legno.
Il fenomeno più difficile da gestire, da un punto di vista estetico, è il punto di saturazione delle fibre legnose.
La produzione del legno: dal bosco al semilavorato
Il percorso produttivo
Inizia nelle foreste,
dove gli alberi
vengono abbattuti e…
…prosegue nelle
segherie dalle quali,
dopo un periodo di
essiccamento
escono…
…i semilavorati, adatti alle più svariate lavorazioni.
Ma osserviamo in dettaglio le fasi di produzione.
Fase 1: l’abbattimento
L’abbattimento degli alberi avviene nel bosco per mezzo di
motoseghe, generalmente nella stagione invernale.
L’albero, tagliato alla base, viene privato dei rami e, almeno
parzialmente, della corteccia: queste parti non vengono
sprecate, ma impiegate come legna da ardere.
Il resto del tronco, intero o tagliato in pezzi più piccoli, viene
inviato alla segheria.
Figura 5.21 - Nella foresta alberi abbattuti sono pronti per essere
trasportati in segheria
Fase 2: il trasporto
Se il bosco si trova in montagna i tronchi vengono portati
a valle con teleferiche (simili alle funivie) o per mezzo di
autocarri.
Nel caso in cui il bosco sia in pianura, il trasporto può
avvenire anche per fluitazione, sfruttando cioè la possibilità
di galleggiamento dei tronchi sulla corrente dei fiumi,
oppure con autocarri o per ferrovia.
Figura 5.22 - Un albero viene abbattuto
113
Scienze e Tecnologie Applicate
Fase 3: il taglio
Arrivati in segheria, i tronchi vengono prima scortecciati
meglio, poi lavati e tagliati con squadratura meccanica del
fusto. Da quest’ultima possono essere ricavati sia elementi
monolitici con sezioni rettangolari aventi diversi rapporti di
larghezza/altezza (con cuore o fuori cuore), sia elementi
sottili come tavole, listelli o morali.
Figura 5.23 - I tronchi degli alberi abbattuti vengono trasportati in
segheria
Fase 4: la stagionatura
I pezzi commerciali (tavole, travi, listelli) vengono sottoposti
alla maturazione o essiccamento mediante la stagionatura,
che può essere naturale (all’aria aperta) o artificiale (in
speciali forni ad aria calda).
La stagionatura naturale è più efficace e consiste
nell’accatastare le tavole in un luogo asciutto e coperto, in
modo che l’aria circoli fra i vari pezzi, permettendo la lenta
e spontanea evaporazione dell’acqua.
Questo processo richiede diversi mesi, ma evita
inconvenienti e deformazioni, dovuti al ritiro del legno
provocato da una perdita d’acqua troppo rapida.
Figura 5.24 - Il tronco in segheria viene tagliato con squadratura
meccanica
Figura 5.25 - La stagionatura
Produzione ed utilizzo del legno strutturale e del legno lamellare
I prodotti e gli elementi costruttivi derivati dal legno utilizzati nelle opere da costruzione possono essere di vario tipo ma
derivano tutti dalla segagione, dalla sfogliatura e tranciatura, dalla sminuzzatura o dalla sfibratura del fusto di alberi di
abete rosso, di pino, di larice o di castagno, che rappresentano le specie arboree più utilizzate ai fini strutturali
dell'arboricoltura italiana.
Gli elementi monolitici ricavati dal taglio del tronco, vengono impiegati nelle costruzioni con il nome di legno massiccio (o
massello) ma, in tempi recenti, è stato introdotto un nuovo prodotto, ottenuto dall’unione di elementi sottili mediante una
specifica colla, o con viti (meccanica) o con collegamenti realizzati in acciaio da carpenteria, per dar luogo ad un elemento
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tra tradizione
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e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
monolitico ricomposto.
Si ottiene così, in stabilimento, il cosiddetto “legno lamellare” che può assumere forme ed andamenti di diversa fattura.
a)
b)
Figura 5.26 - a) e b): Elementi in legno lamellare
PERCHE’ SCEGLIERE IL LEGNO?
Il legno è uno dei materiali più antichi da costruzione, utilizzati nel corso della storia, quindi risulta essere
duraturo.
E’ un materiale
antisismico
per eccellenza, per le caratteristiche di leggerezza, resistenza e flessibilità.
E’ un buon
termoisolante.
Ha un buon
risparmio energetico.
Rispetto ad altri tipi di materiali è più
confortevole.
Ha un buon
isolamento acustico.
Ha una notevole
resistenza al fuoco:
il comportamento eccellente di elementi costruttivi in legno garantisce, in caso di incendio, elevati livelli di sicurezza.
Ha tempi di messa in opera e di esecuzione molto rapidi.
E’ anche
ecosostenibile
in quanto, essendo un grande accumulatore di anidride carbonica, sottrae all’atmosfera ed immagazzina una quantità
notevole di CO2.
Analizziamo più da vicino questi aspetti
• Duraturo
Il legno veniva usato nella preistoria per fare le primitive dimore, poi durante il medioevo l’impiego del legno si diversifica in
funzione delle condizioni geografiche, infatti nelle regioni alpine continua lo sviluppo della costruzione interamente in legno
(block bau).
a)
b)
Figura 5.27 - a) e b): Tipiche costruzioni in legno
114
Figura 5.28 - Il legno come risorsa
115
Scienze e Tecnologie Applicate
In estremo Oriente il legno trova uso sia nella realizzazione di edifici residenziali sia di templi, con particolari e sofisticati
sistemi di incastro degli elementi, ancora esistenti.
• Antisismico
La stabilità dimensionale del legno è dovuta a tre aspetti fondamentali:
- la leggerezza;
- l’elevata duttilità dei giunti;
- la capacità dissipativa.
La casa in legno è caratterizzata da un ottimo rapporto tra resistenza e peso proprio inquanto, essendo dotata di una
massa inferiore rispetto alla sua equivalente in muratura, subisce in modo ridotto gli effetti di un sisma. Inoltre, gli elementi
in legno vengono collegati tra loro tramite l’uso di connettori deformabili che permettono alle strutture di essere duttili.
Le prestazioni delle strutture in legno in caso di sisma, grazie alle caratteristiche meccaniche del materiale, sono
particolarmente interessanti.
Diversamente dalle strutture in laterizio o murature, il legno ha buone capacità di resistenza non solo alla compressione ma
anche alla trazione, è elastico e, di conseguenza, ha una buona capacità di oscillazione ed è leggero. Quest'ultima
caratteristica rende gli edifici di minore massa complessiva, proprietà che limita gli effetti delle onde sismiche.
• Termoisolante
Il legno è un buon isolante termico, una proprietà che gli deriva dalla giusta combinazione tra le grandezze di conducibilità
termica e calore specifico. La prima è bassa, quindi al suo interno il calore ha una velocità di propagazione molto bassa. Il
secondo è elevato, per cui è necessaria una notevole quantità di calore per innalzare di un grado la temperatura della sua
unità di massa.
Questi elementi contribuiscono a diminuire i consumi per il riscaldamento d’inverno e la climatizzazione d’estate e la capacità
di assorbire velocemente e cedere lentamente l’umidità incrementa il confort abitativo.
• Risparmio energetico
L’elevata capacità di accumulo termico rende le pareti in legno molto più efficienti, dal punto di vista della coibentazione,
durante i mesi estivi rispetto ad alternative equivalenti.
Le strutture portanti di una casa in legno possono essere considerate delle vere e proprie componenti attive del pacchetto
isolante, in grado di assicurare una trasmittanza ottimale pari a 0,13 W/mK ed una minimizzazione degli stessi ponti termici.
• Confortevole
Il legno è un materiale traspirante e naturale, capace di mantenere la giusta temperatura e quindi di donare benessere.
È stato infatti dimostrato che il legno ed i suoi derivati risultano confortevoli già a temperatura ambiente, a differenza del
cemento o della pietra che lo diventano solo a temperature superficiali superiori.
• Resistenza al fuoco
Può sembrare un paradosso, ma una casa in legno è più sicura anche in caso di incendio. Le polizze assicurative, infatti,
non penalizzano per nulla questa tipologia di fabbricati.
Il legno è un pessimo conduttore di calore, brucia lentamente, in modo perimetrale salvaguardando la struttura centrale e,
soprattutto, a differenza di altri materiali che possono deformare e collassare improvvisamente, carbonizza secondo tempi
e modalità assolutamente prevedibili. Questo rappresenta una grande sicurezza nelle operazioni di evacuazione e di
spegnimento. E, ancora una volta, il legno è più facilmente riparabile dopo l’evento con la completa messa in sicurezza
della struttura danneggiata.
• Tempi di esecuzione molto rapidi
I tempi di esecuzione dei lavori sono sicuramente più rapidi poiché, una volta progettata la casa, i pannelli in legno vengono
tagliati direttamente in fabbrica e, dopo, portati in cantiere per ultimare il lavoro di montaggio.
Così in poco meno di un mese si potrà avere la casa in legno.
116
Book in
progress
Scienze e Tecnologie Applicate
EDILIZIA SOSTENIBILE
Infine, alcune riflessioni sull’edilizia sostenibile.
Per edilizia sostenibile si intende un'edilizia che soddisfi possibilmente ogni bisogno dell'attuale generazione, senza
limitare la capacità delle generazioni future di
soddisfare le proprie. Si tratta di un processo che promuove lo sviluppo economico salvaguardando la salute dei singoli,
della società e dell'ecosistema, senza sprecare risorse. Identifica il progressivo adeguamento al principio di sostenibilità
del modo di costruire e di trasformare il territorio. Utilizzare il legno come materiale strutturale diviene una scelta naturale
per un'edilizia sostenibile. Infatti i principi generali su cui essa si basa sono:
• l'utilizzo di materiali rinnovabili, traspiranti e gradevoli al tatto e viceversa la riduzione del consumo
di risorse non rinnovabili;
• la riduzione del consumo di energia in tutte le fasi del ciclo di vita dell'edificio: produzione,
trasporto, costruzione, esercizio, demolizione e smaltimento;
• la minimizzazione dell'impatto su suolo, acqua ed aria in tutte le fasi del ciclo di vita dell'edificio;
• rendere facili le rimozioni, sostituzioni o integrazioni.
• minimizzare l'inquinamento dell'ambiente abitato e i possibili danni alla salute degli occupanti.
Il legno strutturale in edilizia è dunque un prodotto valido sia per tecnica di produzione che per rispetto ambientale ed
ecocompatibilità.
Tra le peculiarità del legno vanno evidenziati alcuni aspetti legati all'ambiente e alla sua tutela. Il legno, infatti, è un materiale
naturale e una delle fonti rinnovabili di energia, richiede un basso contenuto di energia durante la fase di produzione ed
è biodegradabile oltre che facilmente inseribile nel processo di rigenerazione. La coltivazione della materia prima aiuta il
pianeta Terra. Infatti, per uso industriale, il legname viene sottoposto a segagione solo in fase di invecchiamento, mentre
sono le piante giovani quelle che trasformano più anidride carbonica in ossigeno, attraverso la fotosintesi clorofilliana. A
confronto con materiali metallici, plastici o cementizi, gli elementi strutturali in legno richiedono poca energia primaria
per essere prodotti.
Assumendo come unità di misura il MJ/ton: il valore per le strutture in legno è 1, per il cemento armato 4, per il laterizio
6, per il vetro 24, per l'acciaio 60, per l'alluminio 250, per il titanio 800 e per le fibre composite 4.000.
Nel ciclo completo di vita di una costruzione, lo smaltimento e il relativo riciclaggio dei rifiuti di una struttura in legno
costituisce un onere minore rispetto ad altre tecnologie costruttive, se non addirittura una risorsa, laddove è possibile
riutilizzarlo in altre forme.
5.4 La carta: una produzione antica ma non vecchia
L’industria della carta
Figura 5.29 - Processo industriale per la produzione della carta dal legno
117
Scienze e Tecnologie Applicate
La materia prima in questo processo è costituita da chip di legno che successivamente formano dapprima una pasta
ottenuta rompendo i legami della lignina, poi una sospensione concentrata di fibre in un liquido: la polpa. Le fibre vengono
separate mediante trattamento in soluzioni alcaline (metodo chimico) oppure mediante calore e/o sbattimento (metodo
fisico). Il processo di separazione delle fibre prevede una serie di successivi passaggi e anche di lavaggi. Infine si effettua la
sbiancatura o la tintura a seconda dell’aspetto finale che dovrà assumere il prodotto carta. Nel processo Kraft si ottiene
una pasta marrone in seguito a sfibramento chimico della lignina attraverso NaOH (soda caustica) e Na2S (solfuro di sodio).
Con questo metodo le fibre di cellulosa restano intatte, ma occorre effettuare successivi passaggi di sbiancamento.
Purtroppo il metodo produce un forte impatto ambientale in quanto si libera zolfo che emana un caratteristico e sgradevole
odore di uova marce. La resa del processo Kraft è relativamente bassa: solo il 50% del legno viene trasformato in pasta.
L’aspetto interessante riguarda il recupero energetico in quanto i prodotti di scarto possono essere impiegati come
combustibile.
Con la triturazione e lo sminuzzamento meccanico (grinding) e somministrazione di
calore possiamo ottenere dalla lignina le cosiddette paste termomeccaniche
(thermo mechanical pulp), costituite però da fibre cellulosiche parzialmente
danneggiate dall’azione meccanica.
Talvolta le fibre non si separano adeguatamente e restano raggruppate a mazzetti.
La polpa ottenuta con questo metodo è molto impura e contiene sostanze di scarto
insolubili e spesso dannose per gli impianti poiché provocano incrostazioni.
Il prodotto finale presenta scarsa resistenza meccanica in quanto tra le fibre non si
Figura 5.30 - Macchina per il grinding stabiliscono legami intermolecolari, inoltre è caratterizzato da una certa alterabilità
(sbriciolamento) del legno
alla luce per la presenza di residui di lignina e per questa ragione la carta prodotta
tende ad ingiallire facilmente. Il vantaggio del processo termomeccanico è nella resa elevata: oltre il 90% del legno viene
trasformato in pasta. L’impatto ambientale è ridotto rispetto alla produzione con il metodo Kraft, ma il consumo energetico
è notevole. La carta prodotta con il metodo termomeccanico viene impiegata soprattutto per la produzione di giornali ed
elenchi telefonici. Combinando il metodo chimico con quello termomeccanico si ottiene un prodotto più resistente e il
processo produttivo esercita un minore impatto ambientale rispetto alla produzione delle paste chimiche. Il processo
Chimico – Termomeccanico (CTMP) prevede un tenue attacco chimico della lignina con soda caustica o con solfuro di
sodio e successivamente triturazione meccanica blanda e trattamento a vapore. La separazione delle fibre è quasi completa,
ma la purificazione non risulta essere ottimale. La carta prodotta ha una discreta resistenza meccanica e viene impiegata
per produrre carta patinata.
• Sbiancamento delle fibre
Cloro gassoso e biossido di cloro vengono impiegati per il processo di sbiancamento delle fibre, si preferisce talvolta
utilizzare come sbiancanti ossigeno gassoso e acqua ossigenata. Le fibre sbiancate, che hanno un pH acido o neutro che
va da 4 a 7 unità di pH, vengono successivamente raccolte in balle di cellulosa che costituiscono la materia prima utilizzata
nelle cartiere.
• Formazione del foglio e pressatura
La soluzione ottenuta dalla cellulosa in acqua viene drenata in una apposita cassa di flusso provvista di una fessura che
convoglia la pasta umida su una tela che scorre in continuo sulla macchina. Le fibre in questo modo si compattano
allineandosi e formando un foglio continuo che ancora contiene per l’80% acqua. A seconda della velocità della tela sulla
quale si deposita la pasta umida, si ha l’orientamento delle fibre di cellulosa, quadratura della carta, da cui dipende la
resistenza meccanica della carta prodotta. Con la successiva pressatura in continuo, con rulli dotati di feltri nella fase di
“seccheria”, si ha una maggiore compattazione delle fibre e l’umidità del foglio raggiunge circa il 4%.
La carta grezza ottenuta dalla pressatura presenta ancora una forte capacità di assorbire umidità e quindi è poco adatta
ad essere impiegata come foglio per scrivere o per la stampa. Aggiungendo opportuni additivi si ottiene una patina che
rende il foglio pronto per la scrittura. Di solito vengono impiegati amido e PVA (poliacetato di vinile) o altri polimeri naturali
o sintetici per patinare il foglio di carta. Per rendere liscia la superficie si utilizza il caolino. La carta liscia e patinata, dal
caratteristico aspetto lucido, viene impiegata per le riviste. Dopo il trattamento di patinatura la carta presenta ancora un
grado elevato di umidità. Il foglio quindi viene fatto passare attraverso una serie di rulli riscaldati (calandratura) che rendono
il foglio di carta liscio dalla parte calandrata. Se il foglio di carta viene fatto passare in speciali “supercalandre” ad elevate
pressioni e temperature, le fibre di cellulosa vengono sminuzzate e il foglio acquista una caratteristica particolare detta
“glassine” che lo rende traslucido o addirittura trasparente come il vetro.
118
Book in
progress
tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
Il Caolino è un minerale argilloso idrossisilicato di alluminio (Al2Si2O5(OH)4).
Nell'industria della carta è uno dei principali tipi di cariche utilizzate nella composizione
della patina.
Viene utilizzato sia come materiale inerte per riempire gli interstizi i tra le singole fibre
corte e lunghe della cellulosa durante la fase di miscelazione, contribuendo a dare
brillantezza e uniformità alla carta.
Figura 5.31 - Pezzo di caolino
La produzione antica della carta
L’Antica stampa cinese al lato, descrive la
tecnologia di fabbricazione della carta a partire dalla
corteccia delle piante. Tecnica descritta per la prima volta
nell'anno 105 dall'ufficiale di corte Ts'ai Lun. Secondo la
tradizione, la carta fu prodotta per la prima volta nel 105
da Ts'ai Lun, un eunuco della corte cinese Han
dell'imperatore Ho Ti. Il materiale usato era probabilmente
la corteccia dell'albero del gelso da carta Brussonetia
papyrifera.
Figura 5.32 - Antica stampa cinese
Anticamente la polpa preparata sottoponendo a lisciviazione stracci di lino e cotone era diluita con acqua fino ad ottenere
una poltiglia leggera. In questa sospensione era immersa la "forma", una sorta di telaio, su cui si depositava un intreccio di
fibre. In questa fase si poteva formare una filigrana quando
sulla "forma" erano agganciati fili metallici opportunamente
sagomati che impedivano il depositarsi uniforme della polpa,
generando così un'immagine visibile controluce.
La Colofonia è un polimero naturale, resina vegetale,
ottenuto dalla distillazione delle trementine (resine delle
conifere). Il suo nome commerciale è “pece greca”.
La colofonia è largamente prodotta negli USA ed è composta
principalmente da acidi resinici (acidi organici con 20 atomi
di carbonio). Viene impiegata come materiale collante nella
fabbricazione della carta, come additivo alimentare E- 915 e
per il trattamento dell’archetto dei violini.
Figura 5.33 - La colofonia
119
Scienze e Tecnologie Applicate
SVILUPP O DE LLE
110 0 - 1 65 0
165 0 - 1 80 0
T E C N IC H E DI FA BB RIC A ZION E DE LLA C A RT A DA L
SE C OLO X II A OG G I
M A T E RIA
C OLLA T URA
A DDIT IVI
PRIM A
St ra c c i di lino
G e la t ina anim a le
T a lc o - G e s s o
A llum e di ro c c a
St ra c c i di lino
G e la t ina anim a le
180 0 - 1 85 0
C o t o ne
ANNO
C o lo f o nia
185 0 - 1 90 0
Pa s t a di le gno
C o lo f o nia
190 0 - 1 95 0
Pa s t a d i le gno
d e lignific a t a
C o lo f o nia
195 0 - 2 01 3
Pa s t a d i le gno
d e lignific a t a
Re s ine sint e tic he
( solfato di K e Al)
A llum e del C a rt a io
( Solfato di Alluminio
ricavato dalla Bauxite
– So lf a t o d i B a rio
– C a o lino .
A llum e de l C a rt a io
–
C a rb o na t o
di
C a lcio - C a o lino
A llum e de l C a rt a io
–
C a rb o na t o
di
C a lc io - C a o lino
A llum e de l C a rt a io
–
C a rb o na t o
di
C a lc io – C a o lino –
A m id o .
TEST DI RICONOSCIMENTO DELLE SOSTANZE PRESENTI NELLA CARTA
Alcune semplici analisi chimiche qualitative possono essere fatte in un qualsiasi laboratorio scolastico (prestando molta
attenzione alle norme di sicurezza) per il riconoscimento delle sostanze presenti nella carta. Possiamo risalire al tipo di
fibra presente nel foglio di carta impiegando un reattivi particolari:
Colorante di Herzeberg per riconoscere il tipo di fibra presente nella carta Reattivo di Lugol per il riconoscimento dell’amido
presente nella carta Floroglicinolo per il test della lignina eventualmente presente nella carta Aluminon per il saggio
dell’alluminio presente nella carta
REATTIVO
SOLUZIONE DI
ALUMINON
SOLUZIONE DI
ACETATO DI
AMMONIO
REATTIVO DI LUGOL
FLOROGLUCINOLO
COLORANTE DI
HERZBERG
120
RICETTA
Acido aurintricarbossilico
(aluminon) 0,1 g
Acqua bidistillata 100 mL
Acetato di ammonio 1,0 g
Acqua bidistillata 100 mL
Potassio ioduro 2,6 g
Acqua bidistillata 100 mL
Floroglucinolo 0,5 g
Etanolo 90% 25 mL
Acido Cloridrico concentrato
12,5 mL
Cloruro di Zinco 40 g
Acqua bidistillata 20 mL
Iodio 0,2 g
Acqua 10 mL
TEST DI
RICONOSC IMENTO
Alluminio
Alluminio
Amido
Lignina
Fibra presente nella
carta
120
120
Book in
progress
tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
Un esempio di Spot Test sulla carta con il reattivo di Herzberg per il riconoscimento del
tipo di fibra presente è schematizzato nella tabella seguente:
RICONOSCIMENTO DEL TIPO DI FIBRA CON IL COLORANTE DI
HERZBERG
CELLULOSA PURA
COLORAZIONE ROSSA
LIGNINA – CELLULOSA (misto)
COLORAZIONE GIALLA
PASTE CHIMICHE SBIANCATE
COLORAZIONE BLU – VIOLA
5.5 I materiali nell’industria meccanica: l’industria automobilistica, un esempio tra
tradizione e innovazione
a)
b)
Figura 5.34 - Due automobili a confronto: a) una Ferrari FXX; b) il telaio di una utilitaria di altri tempi
Guardando queste foto, possiamo osservare e confrontare dal punto di vista dei materiali, due automobili molto diverse:
una automobile sportiva e una utilitaria d’altri tempi.
Un’utilitaria, che ha un prezzo modesto e deve durare nel tempo, è costituita da materiali resistenti alle varie
sollecitazioni e nello stesso tempo economici; essi sono presenti nella maggior parte dei componenti meccanici, dal
telaio alla scocca passando per il motore.
Un’automobile sportiva, invece, ha come priorità, oltre all’estetica, la possibilità di raggiungere alte velocità in diverse
condizioni e trasmettere nello stesso tempo forti emozioni.
Pertanto sono fondamentali: la potenza del motore, la leggerezza della struttura, la rigidezza del telaio e la qualità
generale della componentistica, mentre passano in secondo ordine il prezzo e l’affidabilità nel tempo.
I materiali più importanti che troviamo in una utilitaria sono: alluminio e le sue leghe, acciaio, ghisa, rame e plastica;
mentre in una macchina sportiva i materiali presenti, oltre a quelli precedenti, sono: magnesio, titanio, fibre di
carbonio.
• L’alluminio e le sue leghe
Fra tutti i materiali leggeri, è il primo sia per volume di utilizzo che per entrate collegate. Grazie alla sostituzione dei
materiali pesanti con alternative più leggere, il peso delle automobili diminuisce con un impatto diretto sull'efficienza del
carburante e sull'ambiente. Nell’industria automobilistica trova impiego nelle testate dei motori, in alcune parti della
scocca ed in vari componenti meccanici.
121
Scienze e Tecnologie Applicate
L’ALLUMINIO E LE SUE LEGHE
L’alluminio è un metallo di colore argento, che possiede alcune proprietà
interessanti.
E’ il più importante dei metalli non ferrosi: è molto diffuso in natura (è il terzo
elemento in ordine di abbondanza, il primo tra i metalli).
Proprietà:
• Leggerezza: ha un peso specifico di 2700 kg/m3 pari a circa un terzo di
quello dell’acciaio.
• Alta conduttività termica ed elettrica: viene utilizzato nei componenti in cui a)
è richiesto un scambio di calore con l’esterno elevato (per esempio radiatori
automobili o elementi di impianti termici) e per le linee elettriche (anche se la
sua conduttività elettrica è solo il 60% di quella del rame, viene impiegato sulle
linee aeree per il suo peso ridotto e per quelle in cavo a causa dell'elevato costo
del rame).
• Buona fusibilità, malleabilità, tenacità e difficile saldabilità: grazie a queste
proprietà con l’alluminio e le sue leghe è possibile realizzare un numero elevato
di prodotti dalle più svariate applicazioni.
• Ottima resistenza alla corrosione: proprietà dovuta al leggero strato di b)
ossidazione che si forma rapidamente quando è esposto all'aria e che previene Figura 5.35 - Due diversi modi di vedere
l’alluminio: a) blocco di alluminio; b) il
la corrosione in quanto non solubile.
comune rotolo di alluminio
• Eccellente capacità di formare leghe: le proprietà dell’alluminio, con
l’aggiunta di altri elementi tipo rame, magnesio, silicio, manganese, cromo e titanio, anche in piccole quantità,
migliorano notevolmente.
• Convenienza del riciclaggio: il recupero di questo metallo dai rifiuti attraverso il riciclaggio è diventato una parte
importante dell'industria dell'alluminio. Le fonti per il riciclaggio dell'alluminio comprendono automobili e serramenti,
elettrodomestici, contenitori e altri prodotti. Il riciclaggio è molto conveniente: per produrre un chilo di alluminio pronto
all'uso, utilizzando gli scarti, si consuma meno di 1 kWh; di contro, sono necessari 14 kWh per la produzione
dell’alluminio dal minerale; inoltre, ricavare l’alluminio dai minerali è altamente inquinante (per la produzione di una
lattina da 33 cl dal peso di 16 g, vengono prodotti 24 g di anidride carbonica; infine, dal punto di vista energetico, il
consumo di petrolio per produrre un manufatto è abbastanza elevato, infatti equivale a 5 volte il suo peso).
Precauzioni:
L'alluminio, come i metalli pesanti, è tossico per il Sistema Nervoso Centrale nel caso in cui l'organismo non sia in
grado di espellerlo, ad esempio in caso di gravi malattie renali. Alcune ricerche cliniche sembrano dimostrare la
correlazione tra assunzione cronica di alluminio e lo sviluppo di gravi malattie neurodegenerative, quali Alzheimer,
Parkinson, SLA, sclerosi multipla, demenza. Altri effetti di una intossicazione da alluminio possono essere: perdita
della memoria, indebolimento e tremore.
LEGHE
• Alluminio - Rame: leghe adatte per lavorazioni plastiche a caldo e a freddo, anche se hanno una scarsa resistenza
alla corrosione (vengono utilizzate per pistoni di motori e per i profilati molto sollecitati).
• Alluminio – Silicio: hanno un’ottima colabilità e buona resistenza alla corrosione (vengono usate per getti di
componenti di motori endotermici).
• Alluminio – Magnesio (electron): buona saldabilità e resistenza alla corrosione in ambiente marino anche se hanno
modesta resistenza meccanica (vengono impiegate per l’industria navale e chimica, in edilizia ed arredamento).
• Alluminio – zinco: buona resistenza meccanica dei getti, temprabilità (vengono usate nell’industria meccanica,
elettromeccanica, ed automobilistica).
• L’acciaio
Nell’industria automobilistica l’acciaio è molto utilizzato. Esso è presente nella maggior parte degli elementi costitutivi
delle automobili: gli organi meccanici che compongono il motore (biella, manovella, pistoni, cuscinetti, albero motore e
a camme), frizione, giunti, bulloneria, ruote dentate, catene, molle e ammortizzatori, leveraggi del cambio, stelo del
volante, pianale e carrozzeria.
122
122
122
Book in
progress
Capitolo 5 - Materiali: tra tradizione e innovazione
L’ACCIAIO
L’acciaio è una lega tra ferro e carbonio, con una percentuale fino al 2% di carbonio in peso. La presenza di altri
metalli o metalloidi presenti nella lega contribuisce a definirne le proprietà:
• Il silicio conferisce una elevata resistenza e riduce la
saldabilità;
• Il rame ostacola la corrosione;
• Il manganese aumenta la durezza;
• Il cromo aumenta la durezza ma non diminuisce
l’elasticità.
L’acciaio è molto utilizzato in numerosi settori, quali
l’industria, le costruzioni, l’artigianato e l’agricoltura,
grazie al suo basso costo, alla possibilità di essere
facilmente lavorato assumendo forme ben definite per
deformazione plastica a caldo e a freddo e alla capacità
Figura 5.36 - L’acciaio al microscopio
di essere saldato e lavorato con le macchine utensili.
Le caratteristiche degli acciai dipendono fortemente dalla percentuale con cui il carbonio compare nella lega.
Il carbonio si presenta esclusivamente sotto forma di cementite o carburo di ferro. Le particelle di cementite
conferiscono all'acciaio caratteristiche meccaniche migliori di quelle del ferro puro.
Gli acciai sono leghe sempre plastiche a caldo, cioè fucinabili, a differenza delle ghise.
In base al tasso di carbonio gli acciai si dividono in: extra dolci, dolci, semidolci, semiduri, duri, durissimi ed extraduri
con percentuali di carbonio che vanno dal 0.05% fino a 0.85. Gli acciai dolci sono i più comuni e meno pregiati.
C LASS IFIC AZIO N E AC C IAI S EC O ND O un i e n 1 00 27 - 1 (20 06)
S im b o lo
S im b o lo ind ican t e l'im p ie g o
C a ra t t e ris t ic he
in iz iale
m e c c a nic he o
S = impieghi strutturali
P = impieghi sotto pressione
L = tubi
E = costruzioni meccaniche
B = per cemento armato
Y = per cemento armato
precompresso
R = rotaie
Gruppo 1 - acciai
designati in base al
loro impiego ed alle
loro caratteristiche
meccaniche o fisiche
H = prodotti piani laminati a freddo
ad alta resistenza, per imbutitura a
freddo
(Fe)
G
D = prodotti piani per formatura a
freddo
TH = banda nera, stagnata e cromata
(per imballaggi) prodotti a riduzione
diretta
TH = banda nera, stagnata e cromata
(per imballaggi) prodotti a doppia
riduzione
f is ic he
Rs minimo (Mpa
= N/mm 2 )
Rs caratteri stico
(MPa)
Rs minimo (MPa)
Rs minimo (MPa)
Rs minimo (MPa)
C = laminati a
freddo
D = laminati a
caldo destinati
direttamente alla
formatura a
freddo
X = stato di
laminazione non
specificato
Rs minimo (MPa)
Rs minimo (MPa)
123
Scienze e Tecnologie Applicate
ESEMPIO
S 355K2 G4 (nuova designazione degli acciai del primo gruppo)
È un acciaio appartenente al primo gruppo con carico di snervamento di 355 N/mm2, con resilienza minima di 40J a
-20°C, destinato ad impiego strutturale e stato di fornitura G4 a discrezione del produttore.
Fe E 460 (vecchia designazione degli acciai del primo gruppo)
È un acciaio del primo gruppo, per costruzioni meccaniche e con carico unitario al limite di rottura di 460 N/mm2.
- 1 (200 6)
CLA SSIFICA ZIONE ACCIA I SE CONDO uni en 100 27
Com pos iz ione (le concentraz ioni si
Tipo di acciaio
intendono m edie)
Acciai non legati con
100x%C
C
tenore di manganese
<1%
Concentrazione
Simboli degli
degli elementi
elementi
separate da un
presenti in
trattino moltiplicate
ordine
per il rispettivo
decrescente di
Gruppo 2 fattore
concentrazione
Acciai debolmente
acciai
4x ==> Cr, Co, Mn,
100 %
legati con tenore di
designati in
Ni, Si, W
C
manganese >1%
base
10x ==> Al, Be, Cu,
alla
Mo, Nb, Pb, Ta, Ti,
composizione
V, Zr
chimica
100x ==> Ce, N, P,
S
1000x ==> B
Simboli degli
Acciai fortemente
elementi presenti in
legati
100x%C
X
ordine decrescente
(tenore di almeno un
di concentrazione
elemento >=5%
%W - %Mo- %V- %Co
HS
Acciai rapidi
ESEMPIO
36CrNiMo 4 UNI EN 10084:2008
È un acciaio appartenente al secondo gruppo, debolmente legato, con una percentuale media di carbonio dello 0,36
%, contenente i seguenti elementi di lega, 1%Cr, tracce di Ni e di Mo, mentre la tabella di unificazione è UNI EN 1084
ì del 2008 (è l’acciaio più usato nel settore dell’industria automobilistica).
ESERCIZI
Designa i seguenti acciai:
S 235 J0 G1 UNI10025; C 40 UNI EN 10083-1:2006; C16 E UNI EN 10084:20008
36 Cr NI Mo 4 UNI EN 10084:2008;
X6 Cr NI Ti 18-10 UNI EN 10088-1:2005; HS 18-0-1-10
124
124
Book in
progress
tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
• La ghisa
La ghisa è utilizzata anche nell’industria automobilistica nel basamento del motore ed in alcuni alberi motori di macchine sportive.
E’ una lega ferro-carbonio con una percentuale in peso di carbonio teoricamente tra il 2% ed il 6,67% (praticamente tra 2,5% e 5%).
LA GHISA
La composizione chimica della ghisa presenta i seguenti elementi fondamentali: ferro, carbonio, silicio e manganese.
Possono essere presenti anche elementi di lega quali nichel, cromo, molibdeno e rame.
Rispetto agli acciai, le ghise presentano:
• maggiore fusibilità e colabilità, ma minore saldabilità;
• maggiore resistenza alla corrosione;
• diversa resistenza a trazione e compressione: la resistenza a
compressione è maggiore di quella a trazione.
I prodotti finiti in ghisa vengono ottenuti di solito per mezzo di
operazioni di fonderia, ovvero mediante fusione della ghisa liquida
in stampi recanti la forma negativa del pezzo da ottenere e
successivamente rifiniti alle macchine utensili.
Siccome la ghisa è un materiale fragile, non è adatta a lavorazioni
per deformazione plastica (stampaggio e laminazione sia a caldo
Figura 5.37-L’Iron bridge, in Inghilterra. È realizzato
che a freddo).
interamente in ghisa
• Il rame
Il rame viene impiegato nell’industria automobilistica in quantità che varia da 15 a 25 kg, quantità raddoppiata nelle
macchine di nuova tecnologia. Si trova nei cavi elettrici, negli avvolgimenti di motori elettrici, nei relè elettromeccanici e
come componente di vari accessori sofisticati nelle macchine ibride.
IL RAME
Il rame è un metallo pesante non ferroso, conosciuto dall’antichità, molto usato in vari
campi sia puro che in lega. Dal punto di vista meccanico è un materiale duttile e
malleabile, facilmente lavorabile, ma non alle macchine utensili (tornii- macchine ad
asportazione di truciolo) perché ha una certa consistenza pastosa. Ha una ottima
conducibilità termica ed elettrica, una buona resistenza alla corrosione e si lega con
altri metalli formando delle leghe metalliche. Le più importanti sono:
• Ottoni (Rame+Zinco): sono impiegati nelle costruzioni navali e nelle rubinetterie.
• Bronzi (Rame +Stagno): sono utilizzati per fare monete, oggetti d’arte.
• Alpacche (Rame+Zinco+Nichel): sono utilizzate per oggetti d’arte ed ornamentali,
per chiavi.
• Cupronichel (Rame+Nichel): questa lega, detta anche nichelina, viene utilizzataì per
fare le resistenze elettriche (fili), per monete, per le chiglie delle navi.
• Cuprallumini (Rame+Alluminio): sono impiegati per serbatoi, autoclavi, tubazioni.
Le leghe di rame, come gli acciai e le ghise vengono designate secondo unificazione
(UNI EN 1412).
ESEMPIO
CW024A: materiale unificato, appartenente al gruppo di rame. E’ una lega di rame, sotto forma di semilavorato
CW354H: è una lega di rame, sotto forma di semilavorato. Materiale unificato, appartenente al gruppo di rame –nichel
con una certa durezza Brinnel.
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Scienze e Tecnologie Applicate
• La plastica
La plastica si trova nell’automobile nei paraurti, nel cruscotto, come componente dei rivestimenti interni e negli pneumatici.
Si tratta di materiali organici o semiorganici, costituiti da polimeri miscelati con additivi, di elevato peso molecolare, molto
utilizzati per le loro elevate proprietà meccaniche e tecnologiche (si veda anche par.4.7).
LA PLASTICA
I materiali polimerici puri si dividono in:
• termoplastici: con il calore diventano molto malleabili, possono quindi essere modellati o
formati in oggetti finiti e riacquistano le proprietà iniziali una volta raffreddati;
• termoindurenti: dopo una fase iniziale di rammollimento per riscaldamento, induriscono per
effetto della reticolazione; nella fase iniziale per effetto combinato di calore e pressione
risultano formabili; se vengono riscaldati dopo l'indurimento non tornano più a rammollire,
ma si decompongono carbonizzandosi;
• elastomeri: presentano elevata deformabilità ed elasticità;
Figura 4.40 - Oggetti in In genere si sfruttano delle opportune mescole, costituite da uno o più materiali polimerici più
plastica di uso quotidiano l'aggiunta di additivi. Per tale motivo, alla classificazione precedente dei materiali polimerici si
affianca la seguente classificazione:
• fibre: sono dotati di notevole resistenza meccanica, hanno scarsa duttilità rispetto agli altri materiali polimerici e
resistono a elevati carichi di rottura;
• materie plastiche: formulate a partire da termoplastici e termoindurenti;
• resine: particolari materie plastiche formulate a partire da termoindurenti;
• gomme: formulate a partire da elastomeri.
• Il titanio
Il titanio nelle autovetture sportive è presente nei seguenti elementi: molle, bielle, valvole, albero a camme, giunti,
bulloneria.
Il titanio è un metallo che presenta qualità particolarmente importanti.
IL TITANIO
Il titanio risulta più leggero dell’acciaio, più resistente e più elastico; le sue leghe presentano un elevato coefficiente di
qualità, perciò il suo impiego è molto vantaggioso nelle strutture dove è necessario accompagnare la resistenza alla
leggerezza.
Il titanio ha un elevatissima affinità per l’ossigeno e di conseguenza a contatto con l’aria si ossida immediatamente
fungendo da protezione per gli strati inferiori. A causa della sua grande affinità con l’ossigeno è difficile separarlo dai
suoi minerali e, di conseguenza, ha un costo elevato.
a)
b)
Figura 5.41-a) Orologio interamente ricoperto in titanio; b) il Guggenheim Museum di Bilbao la cui facciata è interamente ricoperta di titanio
• Il magnesio
Il magnesio nelle autovetture sportive è presente nei seguenti elementi: telaio, carrozzeria.
E’ un metallo molto leggero, ha un peso specifico inferiore a quello dell’alluminio ed è più resistente. A causa delle
rigorose normative ambientali e degli obiettivi sempre più severi per la riduzione dei gas-serra, il magnesio verrà utilizzato
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e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
in quantità sempre maggiori nelle automobili del futuro.
IL MAGNESIO
Il magnesio fonde alla temperatura di 650° C, ha una grande conducibilità termica ed una elevata affinità con
l’ossigeno. Come metallo puro ha scarso impiego, mentre viene utilizzato come costituente principale nelle leghe
ultraleggere (elektron), inoltre, insieme con il silicio, è un agente
induritore.
Nella lavorazione delle leghe di magnesio, occorre allontanare le
polveri che si vengono a formare poiché esse bruciano all’aria con
grande luminosità. Un inconveniente delle leghe ultraleggere è la loro
elevata corrodibilità agli agenti atmosferici ed all’acqua di mare, per
cui bisogna proteggerle con verniciature speciali o con ossidazione
anodica.
a)
b)
Figura 5.42- a) Molti cibi contengono magnesio;
b) Nastri di magnesio
• La fibra di carbonio
La fibra di carbonio nelle autovetture sportive è presenti nella carrozzeria.
La fibra di carbonio è una struttura filiforme, molto sottile, realizzata in carbonio, con la quale si costruisce una grande
varietà di materiali detti compositi (le fibre sono "composte" ovvero unite assieme ad una matrice). Infatti, le fibre di
carbonio vengono impiegate, data la loro elevata resistenza meccanica e leggerezza, per rinforzare ulteriormente i materiali
compositi. Il rinforzo può essere ottenuto tramite panni, fibre o tessuti a seconda di come le fibre vengono intrecciate tra
loro. Ogni intreccio di filamento di carbonio è costituito dall’unione di migliaia di sottilissimi fili il cui diametro è di circa 5
μm (1μm = 10-6 m, praticamente la millesima parte di un millimetro).
LA FIBRA DI CARBONIO
Figura 4.43-Auto ad alte prestazioni con telaio e scocca in fibra di carbonio
Tra le caratteristiche della fibra di carbonio spiccano l'elevata resistenza meccanica secondo una direzione privilegiata,
la leggerezza e il buon isolamento termico.
Le proprietà meccaniche della fibra di carbonio possono
essereulteriormente migliorate sfruttando opportuni trattamenti
termici. Riscaldando nell'intervallo di 1500-2000 °C
(carbonizzazione) si ottiene un materiale con il più alto carico di
rottura (5650 MPa), mentre la fibra di carbonio riscaldata a 25003000 °C (grafitizzazione) mostra un modulo di elasticità superiore
(531 GPa).
La fibra di carbonio è utilizzata anche nei recipienti per gas
compressi, inclusi quelli per l'aria compressa e quelli per il metano
di alcune automobili.
Recentemente anche alcuni aerei di linea sono stati prodotti con
largo uso di fibra di carbonio per ridurne il peso e di conseguenza Figura 5.43 - Auto ad alte prestazioni con telaio e scocca
in fibra di carbonio
i consumi di carburante.
5.6 Il silicio: una risorsa per l’elettronica
Il silicio è il materiale più abbondante nella crosta terrestre dopo l’ossigeno.
Ovviamente non si trova allo stato puro, ma in combinazione con altri elementi. Sotto forma di silicati si trova nell’argilla,
sotto forma di ossido nella sabbia interamente composta da ossido di silicio, formula chimica SiO2. Il suo simbolo chimico
è appunto Si, ha numero atomico pari a 14, ossia nel nucleo dell’atomo ci sono 14 protoni. Nello stato fondamentale ci
sono quindi 14 elettroni e anche i neutroni sono 14. È stato individuato per la prima volta da Antoine Lavoisier nel 1787
ed è uno dei componentidi base del vetro, del cemento, del silicone e della ceramica, ma oggi il suo impiego più
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Scienze e Tecnologie Applicate
importane ed innovativo è nell’elettronica e nella produzione di energia elettrica dal sole.
Proprietà del silicio
Il silicio (Silicon in inglese, da non tradurre con silicone) ha una struttura cristallina, ossia i suoi atomi sono ordinati secondo
una struttura reticolare in questo caso cubica (fig. 1). Quando si usa allo stato puro prende il nome di silicio intrinseco,
con aggiunta di alti elementi che servono per migliorarne alcune caratteristiche, prende il nome di silicio drogato.
Il silicio è un semiconduttore, ossia la sua capacità di condurre l’energia elettrica
si pone in una via di mezzo tra i materiali conduttori e quelli isolanti. La capacità di
condurre energia elettrica può essere migliorata con l’aggiunta di altri elementi quali
il gallio, il boro, il fosforo e l’arsenico. Ha anche un’altra proprietà: se colpito dalla
luce, produce una piccola quantità di corrente elettrica.
Impiego in elettronica
Oggi il silicio viene largamente impiegato per la costruzione di microcircuiti elettronici
come microchip e processori. Tali elementi contengono i cosiddetti circuiti integrati: Figura 5.44 - Struttura reticolare del Silicio
ossia i vari elementi, come transistor, collegamenti, diodi ed altri, vengono
direttamente ricavati su di un sottile strato di silicio (detto wafer) sul quale, inserendo
altri elementi con maggiore conduttività oppure isolanti,
si ottengono i circuiti desiderati.Oggi si riesce a realizzare
in un unico microprocessore tutti gli elementi di un
computer; il numero di transistor per singolo chip è
passato dal migl iaio del 1971 a 2 miliardi attuali senza
ancora il limite teorico massimo.
Questa miniaturizzazione ha provocato un abbassamento Figura 5.45 - Minerale di silicio
dei costi ed una diffusione di computer sempre più
potenti e più piccoli. Il basso costo dei chip permette oggi di produrre elettrodomestici più
Figura 5.46 - Wafer di silicio
“intelligenti”: frigoriferi, televisori, cucine e tante altre applicazioni, nonché altri tipi di computer
più piccoli, quali i netbook e nuovi apparecchi elettronici che non sono più dei
semplici cellulari, ma qualcosa di diverso e con molte altre funzionalità. Interessanti
applicazioni si aprono anche nel campo della
biomedica.
Ad esempio è stata realizzata una protesi di
gamba artificiale dotata di microprocessore,
che è in grado di prevedere i movimenti
Figura 5.47 - Moderno microprocessore
necessari per camminare permettendo un
andamento fluido e naturale, evitando cadute ed in grado di riequilibrare il peso nel
caso in cui la persona inciampi in qualcosa.
Figura 5.48 - Protesi di gamba artificiale
Impieghi per la produzione di energia elettrica
I cristalli di silicio, opportunamente configurati e drogati, quando sono colpiti dalla luce generano una piccola corrente
elettrica continua. Si parla di effetto fotovoltaico.
Sfruttando questa proprietà, mettendo insieme molti cristalli di silicio collegati elettricamente tra loro, si ottengono delle
celle solari che, unite insieme, formano i pannelli fotovoltaici che sono in grado di produrre energia elettrica in quantità
sufficiente per essere utilizzata.
La realizzazione delle celle solari, a partire dal materiale base silicio, prevede diverse tipologie
costruttive. Le più comuni sono:
• silicio monocristallino – è quella più “pura”, che permette il rendimento più elevato (fino al
17%) ed è la più costosa;
• silicio policristallino – il wafer non è strutturalmente omogeneo, il rendimento è di poco
inferiore ed anche il costo.
• Moduli a film sottile, realizzati con silicio amorfo o altri materiali, hanno rendimento e costo Figura 5.49 - Cella solare di
cristalli di silicio
inferiore, però presentano una notevole flessibilità di utilizzo.
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e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
5.7 I materiali tecnologicamente avanzati
Le tecnologie dei materiali costituiscono uno dei criteri per misurare il livello di sviluppo delle civiltà e sono indicatori
fondamentali dello sviluppo industriale ed economico di un paese, imprescindibilmente legato alla qualità della ricerca
scientifica, contribuendo significativamente a soddisfare i bisogni emergenti della società.
Le frontiere della scienza che studia i materiali si spingono verso una migliore comprensione del comportamento di un
determinato materiale, per sfruttarne al massimo le potenzialità anche tentando di riprodurre i fenomeni che la natura
propone ai nostri occhi.
Progettazione, produzione e trasformazione dei materiali sono le principali sfide delle società industrializzate, con un
approccio che coinvolge la chimica, l’ingegneria chimica e meccanica, la fisica e le biotecnologie, l’elettronica,
l’informatica ed altre discipline.
Uso di materiali innovativi su strutture tradizionali in edilizia
Alcuni materiali innovativi, inventati ed usati in un primo tempo per altri scopi, oggi si stanno affermando anche in edilizia.
• Resina epossidica
La resina epossidica è costituita da polimeri fenolici la cui scoperta risale al 1936. E’ una colla estremamente resistente,
capace di incollare qualsiasi tipo di materiale. Viene fornita in due componenti che mescolati insieme formano il prodotto
finale che rimane fluido per un tempo limitato e poi indurisce.
• Fibra di vetro
La fibra di vetro viene ottenuta filando il vetro in fili molto sottili con un diametro inferiore al decimo di millimetro; in tal
modo perde la caratteristica fragilità del vetro e diventa una fibra estremamente resistente con una tensione di rottura a
trazione che varia da 2000 N/mm2 a 5000 N/mm2, che è una resistenza paragonabile con quella dell’acciaio. È resistente
alla corrosione, flessibile e si unisce bene con le malte di cemento.
• Malta bicomponente
La malta bicomponente è una malta a base di cemento ad alta resistenza, rinforzata con fibre di vetro, con additivi
speciali e polimeri sintetici. Viene fornita in due confezioni, una in polvere e una liquida che mescolate insieme danno
origine ad una malta pronta all’impiego, dotata di grande potere adesivo.
In questi ultimi anni questi materiali vengono anche impiegati per rinforzare strutture in murature tradizionali, quali muri
portanti e volte e per riparare strutture in cemento armato danneggiato. Per queste ultime sostituiscono l’utilizzo di
calcestruzzo armato che comportava un notevole incremento di peso sulle strutture murarie.
• Legno cemento
Unendo insieme i due materiali cemento portland e
fibra di legno si possono ottenere pannelli dotati di
elevato isolamento termico ed acustico, adatti per un
isolamento di tipo ecologico, perché privo di rilascio
di sostanze di qualsiasi tipo.
Tale materiale viene anche utilizzato per la
realizzazione di blocchi da utilizzare come casseforme
a perdere per strutture in cemento armato. Questi
blocchi posseggono già le caratteristiche di isolamento
termico ed acustico, per cui il fabbricato così realizzato
non necessita di ulteriori isolamenti.
Figura 5.50 - Pannello in legno-cemento
Figura 5.51 - Blocchi in legnocemento
utilizzati
per
costruzioni in c.a.
Consolidamento di volte con rete in fibra di vetro e malta bicomponente
Il rinforzo con rete in fibra di vetro strutturale sull’estradosso della volta, avviene secondo le seguenti fasi:
1. pulizia dell'estradosso della volta con eliminazione totale delle parti inconsistenti e di qualsiasi materiale che possa
pregiudicare il buon aggrappo delle lavorazioni seguenti.
Eliminazione totale della polvere dall'intera superficie da trattare da effettuare con aspirapolvere.
Eventuale regolarizzazione della superficie dell’estradosso con opportune malte idrauliche;
2. applicazione della rete in fibra di vetro;
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Scienze e Tecnologie Applicate
3. applicazione di un primo strato di malta bicomponente a
spatola o a cazzuola dello spessore massimo di 4 cm, su sottofondo
opportunamente irruvidito e saturato di acqua;
4. stesura di un secondo strato di malta bi componente.
Consolidamento di volte con tessuto in fibra di vetro e resina
epossidica
L’intervento prevede le seguenti operazioni:
1. pulizia dell'estradosso della volta con eliminazione totale delle
parti inconsistenti e di qualsiasi materiale che possa pregiudicare il
buon aggrappo delle lavorazioni seguenti. Eliminazione totale della
Figura 5.52 - Modello di volta consolidata con fibra di vetro
polvere dall'intera superficie da trattare da effettuare con
aspirapolvere. Eventuale regolarizzazione della superficie dell’estradosso con opportune malte idrauliche;
2. applicazione sulla superficie trattata di resina sintetica consolidante bicomponente in dispersione acquosa;
3. stesura a spatola di adesivo epossidico tixotropico a due componenti esente da solventi, con funzioni di livellare
la superficie da rinforzare e di creare uno strato adesivo per la successiva applicazione del rinforzo;
4. applicazione a fresco di tessuto di armatura unidirezionale in fibra di carbonio o di vetro. Il tessuto dovrà essere
steso con rullo o spatola nella direzione di progetto ed incorporato nella massa resinosa facendo attenzione a non creare
bolle d’aria;
5. impregnazione a fresco del tessuto con resina epossidica
bicomponente fluida, priva di solventi ed a bassa viscosità. Il
prodotto sarà applicato a pennello o rullo in più mani e lentamente in
modo che l'impregnazione del tessuto sia completa.
Le fibre eccezionali: i nuovi materiali super tecnologici che
hanno cambiato la nostra vita
Figura 5.53 - Modello di volta consolidata con resina Cosa hanno in comune oggetti molto particolari come un giubbotto
epossidica e fibra di vetro
antiproiettile, un casco antisfondamento, una tuta da gara per
motociclista, una moderna corda per arrampicata, un calcestruzzo a “prova di terremoto” e una canoa superleggera,
ma molto resistente per il rafting?
Le fibre aramidiche! Particolari materiali prodotti in laboratorio in seguito a
reazioni chimiche, che presentano resistenza meccanica straordinaria,
superiore a quella dell’acciaio di almeno 5 volte, resistenza enorme agli urti
(resilienza) e al calore (refrattarietà).
La particolare struttura a “rete” di una fibra aramidica, fa sì che essa abbia
caratteristiche eccezionali in termini di resistenza agli urti, al calore e agli sforzi
meccanici. La “costruzione” di una fibra di Kevlar deriva da una reazione di sintesi Figura 5.54 - Struttura del Kevlar® chesi
nei laboratori di chimica. Si parte da due composti organici, 1-4 fenilendiammina ottiene da una reazione di policondensazione
e cloruro tereftaloile
Mescolando in opportune condizioni di pressione e di temperatura le due
sostanze, in presenza di particolari catalizzatori, capaci di rendere più
veloce il processo, avviene una reazione speciale che porta alla
formazione di un reticolo di molecole legate saldamente tra loro. Da
questa reazione chiamata tecnicamente policondensazione, le molecole
1-4 fenilendiammina
cloruro tereftaloile
dei reagenti si legano assieme eliminando molecole di acido cloridrico.
Il prodotto finale è una sorta di “mosaico” in cui i tasselli costituiti dalle molecole iniziali, legandosi tra di loro, si ripetono
quasi all’infinito nello spazio creando una fibra dalle proprietà eccezionali.
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e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
IL KEVLAR
Il Nuovo kevlar è un materiale innovativo prodotto da una fibra sintetica (il polistirene, noto come polistirolo) le cui
strutture vengono allineate e allungate, come se fossero di lana, attraverso mollette tanto piccole da essere chiamate
pinze molecolari. Il nuovo kevlar è un materiale leggerissimo e meno costoso della fibra di carbonio, che assicura
elevate prestazioni, capace di resistere a sollecitazioni fortissime e all’usura del tempo. Con il nuovo kevlar si realizzano
oggi giubbotti antiproiettili, leggerissimi da indossare ma in grado di non essere oltrepassati da proiettili di pistola
sparati a breve distanza, carrozzerie di automobili in grado di sopportare pesi inimmaginabili come quello di un elefante,
pale di elicotteri, scafi di navi, strutture per computer che non si romperebbero neanche sotto i colpi di un martello!
Questo materiale innovativo è stato realizzato in team da scienziati italiani dell’università di Milano-Bicocca e da
scienziati dell’università di Kyoto. E’ interessante riflettere sulla sinergia frutto della collaborazione tra menti illuminate
che, apparentemente tanto distanti tra loro, impegnano le proprie vite nella ricerca e nello studio di materiali che poi,
a volte nella più totale indifferenza, rendono la vita più facile e sicura.
Elmetto da combattimento e giubbotto antiproiettile in dotazione dei
corpi speciali dell’esercito, realizzati in Kevlar.
L’elevatissima resistenza all’impatto di questo materiale speciale permette
una protezione straordinaria da schegge e proiettili. Inoltre, l’eccezionale
resistenza al calore e la particolare leggerezza del materiale consente
agilità di movimenti da parte di chi lo indossa. Il Kevlar anche se resiste
bene alla forza d’urto (resiliente), non è altrettanto resistente alla
penetrazione (scarsa durezza), per questa ragione è vulnerabile alla
penetrazione di coltelli e lame in genere. Per eliminare questo punto
debole, si aggiungono sottili strati di leghe al titanio (metallo leggero e
molto resistente). I giubbotti utilizzati dall'esercito e dalle forze dell'ordine
vengono testati per poter resistere all'impatto di raffiche di proiettili, questa
capacità è definita multi strike. Armi difensive davvero molto preziose
quelle in cui vengono impiegate le fibre aramidiche!
a)
b)
Le fibre aramidiche in edilizia
Nel settore edilizio le “superfibre” trovano largo impiego nelle costruzioni antisismiche. Il calcestruzzo viene migliorato
con additivi particolari costituiti da fibre aramidiche composte da “poliammidi aromatiche”. Le fibre poliammidiche
aggiunte al calcestruzzo esercitano una vera e propria azione di rinforzo, in quanto capaci di assorbire sia considerevoli
carichi statici, sia le sollecitazioni dinamiche generate da un terremoto. La nostra amata penisola, lo sappiamo tutti, dal
punto di vista geologico presenta una struttura particolare che la espone ad un rischio sismico alquanto elevato.
Impiegare materiali antisismici per costruire abitazioni, ponti, dighe, gallerie, significa esercitare un’ importante opera
di prevenzione del rischio stesso.
Un materiale composito è costituito da matrice più rinforzo. Questi materiali speciali iniziano ad essere impiegati fin
dagli anni ottanta del secolo scorso negli Stati Uniti e in Giappone. In quei Paesi appunto dove il rischio sismico è elevato
ed è molto forte e sentita la cultura della prevenzione riguardo agli eventi distruttivi. In Italia, i materiali compositi speciali
a base di fibre aramidiche verranno impiegati dopo un decennio circa.
Nei materiali compositi si realizza un vero e proprio gioco di squadra vincente: la matrice, costituita da resine polimeriche
o malte a base di polimeri modificati, ha il compito di prendere la forma e trasferire cariche e sollecitazioni alla fibra che
a sua volta, grazie alla elevata resistenza di cui è dotata, assorbe completamente gli sforzi annullando in questo modo
gli effetti distruttivi di un eventuale terremoto.
Figura 5.55 - Struttura di materiale composito
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Scienze e Tecnologie Applicate
I MATERIALI COMPOSITI
I materiali compositi impiegati nelle costruzioni presentano alcune caratteristiche tecniche fondamentali:
• elevate proprietà meccaniche;
• bassa densità e quindi alleggerimento della struttura;
• assenza di fenomeni di ossidazione e corrosione e quindi niente costi per la manutenzione;
• semplicità di messa in opera e quindi minori costi di cantiere.
Le fibre aramidiche oggi trovano largo impiego nelle costruzioni soprattutto per:
• rinforzare le murature;
• contenimento delle fessure;
• rinforzo delle volte;
• cerchiatura dei pilastri.
Tiranti in fibra aramidica con “core” in carbonio sono state recentemente utilizzati per la messa in sicurezza della
Basilica delle Anime Sante a L’Aquila distrutta dal recente terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009.
Il grafene
Uno strato monoatomico di carbonio costituisce il grafene.
I singoli atomi di carbonio si legano tra di loro ad esagono formando una sorta di “ragnatela” molto resistente.
Le applicazione del grafene nella vita di tutti i giorni sono
davvero tante e gli studi sul grafene e sulle sue applicazioni
(un transistor, dispositivo largamente utilizzato in
elettronica, realizzato in grafene nel 2004) hanno
permesso di vincere il premio Nobel della Fisica nel 2010
a due ricercatori dell’Università di Manchester, Andre
Geim e Konstantin Novoselov. Nel campo della ricerca
applicata, il grafene viene impiegato per intrappolare
l’idrogeno gassoso grazie alle punte (creste) numerose
Figura 5.56 - Struttura del grafene: gli esagoni del monomero sono fusi presenti nella struttura del polimero del grafene.
assieme
Intrappolare idrogeno è molto complicato in quanto è un
gas estremamente volatile e addirittura penetrante, riesce
ad attraversare anche lamine metalliche sottili. Per questa ragione è assai difficile immagazzinare e trasportare idrogeno
gassoso, che è anche facilmente infiammabile ed esplosivo.
Resine al grafene sono anche impiegate per processi di potabilizzazione dell’acqua salmastra grazie a processi
osmotici. La potabilizzazione di acqua di mare diventa mille volte più veloce quando si utilizza grafene.
Un ulteriore e avanzata ricerca ha permesso di sintetizzare in laboratorio un composto organico a base di carbonio, il
Carbyne, che avrebbe una resistenza perfino doppia
rispetto al già estremamente resistente grafene. Secondo
lo scienziato Boris Yakobson il Carbyne avrebbe una
resistenza meccanica almeno 200 volte superiore a quella
dell’acciaio!
La struttura polimerica del Carbyne presenta atomi di
carbonio legati da legami tripli e singoli alternati oppure da
legami doppi consecutivi.
Il poliacetilene “drogato”: la plastica che conduce corrente! Figura 4.57 - Struttura a “ragnatela” del Carbyne
È risaputo che tutti i materiali plastici sono corpi isolanti
dal punto di vista della conducibilità elettrica. La plastica, realizzata
attraverso particolari reazioni chimiche di polimerizzazione, è
costituita da molecole di base (monomeri) che, legandosi insieme,
formano una struttura che si ripete ritmicamente nello spazio come
gli anelli di una catena. La nuova grande molecola prodotta in
seguito alla reazione chimica prende il nome tecnico di “polimero”
(ripetizione di più monomeri).
I “polimeri di sintesi”, creati in laboratorio, presentano molte Figura 5.58 - Isomeri del poliacetilene
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tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
interessanti proprietà: sono leggeri, resistenti agli acidi e alle basi, resistenti agli urti e alla corrosione, inossidabili,
facilmente lavorabili, economici, praticamente indistruttibili. Dal punto di vista elettrico sono ottimi isolanti. L’elevato
costo dei conduttori classici come il rame e il peso considerevole che essi hanno, comportano alcuni svantaggi nel loro
impiego pratico. Grazie alla ricerca scientifica e alle nuove tecnologie applicate, oggi è possibile ottenere conduttori da
polimeri organici come le materie plastiche. Per rendere conduttore un materiale isolante come appunto le materie
plastiche occorre intervenire in modo adeguato. Una delle tecniche consiste nel “drogare” il polimero aggiungendo
microparticelle di oro, argento, rame o grafite all’interno della struttura del polimero. Questa speciale polvere “magica”
dona al polimero le proprietà fondamentali per condurre la corrente elettrica. Questi speciali polimeri conduttori vengono
chiamati ECP (Polimeri Estrinsecamente Conduttori). La polvere “drogante” è presente per circa il 50% in peso.
LA RICERCA SUI POLIMERI
Il ricercatore italiano Giulio Natta, vincitore del prestigiosissimo premio Nobel nel 1963 per i suoi preziosi studi sui
polimeri, iniziò in quegli anni una appassionata ricerca sulla possibilità di ottenere polimeri organici conduttori, a partire
da un gas poco costoso e facile da reperire: l’acetilene.
Natta osservò che in particolari condizioni fisiche di pressione e temperatura e soprattutto utilizzando opportuni
catalizzatori, in grado di innescare la reazione, le molecole di gas acetilene si legano tra loro, fino a formare una
macromolecola ottenuta dalla ripetizione nello spazio della singola molecola di acetilene. Il polimero di sintesi ottenuto
è il POLIACETILENE (PAc) la cui struttura polimerica permetterebbe il trasferimento degli elettroni e quindi il passaggio
della corrente elettrica. Il geniale progetto di Natta non andò avanti; a bloccare le ricerche dello scienziato italiano
furono la scarsa lungimiranza della Comunità Scientifica del tempo e il mancato collegamento e coordinamento tra
fisici e chimici. Di fatto la ricerca non andò avanti e per quindici lunghi anni non si ebbero notizie sul poliacetilene
conduttore.
Giulio Natta (Imperia 1903 – Bergamo 1979).
Ingegnere chimico, fu il primo e unico italiano ad essere stato insignito del
premio Nobel per la Chimica (1963 assieme a Ziegler). La sua attività di
ricerca si concentrò sulle materie plastiche, in particolare il Moplen
(Polipropilene isotattico) di cui sono fatti numerosi oggetti utili per la casa e
per la vita di tutti i giorni.
Tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni ottanta del secolo scorso,
alcuni temerari ricercatori giapponesi ripresero l’idea di Natta e studiarono
http://www.raistoria.rai.it/articoli
a fondo il progetto originale e lo riproposero. Durante una fase della loro
programma/ il-polipropileneisotatticosperimentazione, per un semplice errore, il poliacetilene venne a contatto
e-il-nobel-a-giulionatta/
con
dello Iodio. La fortunosa contaminazione portò alla scoperta del
14095/default.aspx
poliacetilene conduttore “drogato” con Iodio. I risultati furono sorprendenti!
la conducibilità del polimero “drogato” non era certo bassa come ci si sarebbe aspettato da un materiale isolante, sia
pur “drogato”: la conducibilità del Poliacetilene “drogato” arriva ad eguagliare le prestazioni di un comune conduttore
metallico!
Da quel momento gli scienziati che si occupavano di conduttori polimerici presero in seria considerazione il fatto di
allearsi per un obiettivo comune: il progresso scientifico e tecnologico. Nacque una nuova disciplina che si sarebbe
occupata di conduttori organici: Scienza Chimica e Fisica dei metalli organici di sintesi. Ciò dimostra come sia
importante integrare le Scienze e la Tecnologia, lavorare in team, scambiare dati ed informazioni per il conseguimento
di un obiettivo ambizioso e contribuire a m igliorare la qu alità della vita dell’uomo.
Figura 5.59 - Struttura del polipropilene isotattico
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Scienze e Tecnologie Applicate
Il polipropilene isotattico viene largamente impiegato come materia plastica e come fibra sintetica. Costituisce la materia
prima per realizzare contenitori per alimenti, bacinelle, secchi per la spazzatura, appendiabiti, giocattoli ed altro. Resiste
bene alcalore anche essendo una plastica, la sua temperatura di fusione è maggiore di 160° C per questa ragione viene
anche impiegato per ottenere recipienti utili in cucina come piatti per vivande calde. Le fibre in polietilene possono essere
impiegate per otteneremoquettes per interni ed esterni. La straordinaria resistenza agli urti e alle sollecitazioni meccaniche
del polipropilene isotattico dipendono dalla sua particolare struttura molto ordinata e quindi con elevato grado di
“cristallinità”.
Figura 5.60 - Struttura del polipropilene isotattico: in evidenza l’unità monomerica
La struttura del polipropilene isotattico presenta il massimo grado di ordine molecolare con una ripetizione ritmica dei
monomeri nello spazio. Dalla struttura si vede bene che l’unità fondamentale si ripete (monomero) in modo da costituire
una macromolecola perfettamente ordinata nello spazio e quindi con grado di cristallinità elevato. La struttura isotattica
del polipropilene si ottiene grazie all’impiego di alcuni speciali catalizzatori di Ziegler – Natta (dal nome dei due scienziati
che li hanno scoperti) in grado di orientare i monomeri nello spazio durante la reazione di polimerizzazione.
Nel caso di strutture meno ordinate nello spazio, il polimero presenta un grado dicristallinità via via più basso, con
conseguente scadimento delle caratteristiche fisicomeccaniche.
Figura 5.61 - Struttura del polipropilene sindiottico e del polipropilene atattico
Il polipropilene atattico presenta un grado di cristallinità molto basso, pertanto le sue caratteristiche meccaniche saranno
scadenti.
• Lavorazione delle materie plastiche
Per dare la forma ad un oggetto di plastica si impiegano particolari apparecchiature che sfruttano differenti tecniche di
lavorazione. La prima operazione da compiere è quella di preparare la “carica” costituita dalla resina grezza (polimero);
si aggiungono successivamente altri componenti che ne migliorano le caratteristiche. Gli additivi che possiamo aggiungere
sono:
• stabilizzanti, che aumentano la resistenza alla luce del polimero;
• antiossidanti, che danno resistenza agli agenti chimici che possono deteriorare l’oggetto;
• ritardanti della propagazione della fiamma, per evitare che l’oggetto prenda fuoco alimentando eventuali incendi;
• coloranti;
• plastificanti, che fanno aumentare la flessibilità del prodotto finito.
La forma da dare alle materie plastiche si ottiene con particolari processi industriali. Un esempio classico è rappresentato
dallo stampaggio per compressione a caldo, il quale permette di formare oggetti di plastica in uno stampo
precedentementeriscaldato. Il calore dello stampo fa rammollire il polimero che, diventando fluido, assume la forma
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e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
impartita dallo stampo. Dopo il raffreddamento il prodotto è finito.
Questo tipo di lavorazione si utilizza per plastiche termoindurenti come la bachelite. Una volta formati questi oggetti
non possono essere più fusi, neanche ad alta temperatura. Al contrario
le resine termoplastiche possono essere rimodellate a nostro
piacimento ad alta temperatura.
Lo stampaggio per estrusione avviene grazie ad una macchina
come quella rappresentata in figura.
La resina ridotta in polvere e mescolata con additivi (plastificanti,
coloranti e antiossidanti) anch’essi in polvere, costituisce la “carica” che
viene fatta passare attraverso una tramoggia (una sorta di imbuto).
Successivamente, una coclea (vite senza fine) riscaldata spinge la
miscela, ridotta allo stato plastico dal calore, verso un foro di uscita
sagomato. La particolare sagoma fa assumere alla plastica la forma
Figura 5.62 - Rappresentazione di un estrusore
voluta. Questo è anche il principio usato nelle moderne stampanti 3D.
5.8 I regali della natura
COSA C'E' IN UN PIATTO DI SPAGHETTI AL POMODORO?
• Semola di grano duro
Il termine semola si usa per denominare i prodotti della macinazione del grano o di altri
cereali, quando i granuli che la formano sono più grandi e arrotondati rispetto a quelli delle
farine. Di solito si indica come semola il prodotto ottenuto dal grano duro (Triticum
durum) mentre si chiamano farine quelle ottenute dal grano tenero (Triticum vulgare)
nei tipi 0, 00, 1, 2, integrale, a seconda del grado di raffinazione e delle parti del chicco
contenute: la farina 00 contiene le parti più interne del chicco ed è stata più volte
rimacinata e ripulita dai rivestimenti del chicco, quella integrale invece contiene la più elevata quantità di crusca.
La legislazione italiana prevede che le paste secche siano fabbricate esclusivamente con semola di grano duro (Legge
n. 580 del 1967)
Le sostanze contenute nella semola di grano duro sono principalmente amido (70- 80%) e proteine (8-10 %). Il resto è
acqua e poche fibre.
L'amido è un polisaccaride del glucosio che le piante utilizzano come sostanza di riserva.
Il glucosio ottenuto con la fotosintesi viene polimerizzato in amido primario, contenuto nelle foglie, che successivamente
viene idrolizzato in saccarosio e trasportato con la linfa agli organi di riserva come fusti, frutti, semi, radici in cui si riottiene
amido secondario, accumulato in forma di granuli. I granuli di amido hanno una forma caratteristica per ciascuna pianta
e perciò la loro osservazione al microscopio permette di scoprire eventuali frodi alimentari.
a)
b)
Figura 5.63 - Granuli di amido al microscopio: a) amido di patata; b) amido di fagiolo
Dal punto di vista chimico l'amido è composto da due tipi di molecole: amilosio (20%) e amilopectina (80 %); sono
entrambi polimeri di alfa glucosio, ma differiscono per la forma delle catene , ramificata per l'amilopectina, lineare per
l'amilosio.
L'amido è, nella dieta umana, la principale fonte energetica fornendo circa 4 kcal/grammo; oltre che nella pasta è
contenuto in abbondanza nel pane, nel riso, nei cereali in genere, nelle patate e nelle banane.
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Scienze e Tecnologie Applicate
L’AMIDO:
UTILIZZI INDUSTRIALI
L'amido estratto da vari tipi di piante, come riso, frumento, patata, manioca, è utilizzato in diversi tipi di industria:
• nell'industria di tipo alimentare, come addensante di minestre, creme e budini o come
sostituto della farina per chi soffre di intolleranza al glutine; come fecola (amido di patata),
tapioca (amido di manioca) o maizena (amido di mais);
• nell'industria cosmetica, come lenitivo e antiarrossamento (creme all'amido di riso), come
assorbente (al posto del talco), come detergente ad azione delicata (bagni per neonati e
pelli delicate), come cipria e come antiodorante;
• nell' industria cartaria, incorporato alla massa cartaria o aggiunto durante la pressatura,
migliora la qualità della stampa; nell' industria tessile, utilizzato come appretto per la protezione delle trame del tessuto
(anche in casa la salda d'amido era utilizzata per la stiratura dei capi di abbigliamento);
• nell'industria degli imballaggi, utilizzato come schiuma d'amido al posto del polistirene, perché biodegradabile,
isolante e antiurto, e come Mater-Bi, una plastica biodegradabile utilizzata per le buste di bioplastica al posto del
polietilene;
• nell'industria dei collanti, per colle biodegradabili (come quelle dei francobolli);
• nell'industria edilizia, per cartoni isolanti o come additivo per calcestruzzi;
• nell'industria produttrice di alcol mediante fermentazione per la produzione della birra.
Le proteine della pasta sono classificate come solubili e insolubili.
Le proteine sono polimeri di aminoacidi, nelle farine hanno funzione soprattutto energetica: forniscono circa 4 kcal per
grammo.
Le proteine solubili in acqua sono albumine e globuline (20-35 % del totale); quelle insolubili sono gliadine (30-40 %
del totale) e glutenine (40-50 % del totale).
Quando a gliadine e glutenine viene aggiunta acqua si forma il glutine: un intreccio di fibre parallele e intrecciate di
glutenine e fibrille più piccole di gliadine, che danno all'impasto una consistenza elastica.
Durante l'impastamento il reticolo fibroso formato dalle proteine ingloba granuli di amido, acqua e sali.
Alcuni risultano intolleranti in modo permanente al glutine, la malattia è nota come celiachia e deriva dalla combinazione
di fattori genetici e ambientali. Ciò significa che è ereditaria la predisposizione alla malattia, ma si manifesta quando
intervengono anche i fattori ambientali (ad es. l'esposizione precoce al glutine, la presenza di virus enterici che rendono
l’epitelio intestinale permeabile al glutine, che nel derma provoca una risposta autoimmune che distrugge i villi intestinali).
• Pomodoro
Si utilizza il frutto della pianta Solanum lycopersicum in una delle sue numerose varietà. Si tratta di una pianta originaria
dell'America centrale e Sudamerica introdotta in Europa dal 1540. Come tutte le Solanacee la pianta contiene un alcaloide
tossico, la solanina, che si trova in quantità maggiori nelle foglie e nei fusti e in quantità ridottissime anche nel frutto
maturo. L'importanza nutrizionale del pomodoro è però dovuta al suo contenuto di acqua (94% del peso fresco) vitamine
(B, C, E e provitamina A) sali minerali (potassio, fosforo e calcio) oligoelementi (ferro, zinco e selenio), acidi organici
(malico, arabico, citrico) che lo rendono ben digeribile, fibre.
Elevata è la presenza di licopene. Il licopene appartiene al gruppo dei pigmenti carotenoidi presenti nelle foglie e nei
frutti di molte piante. La loro funzione nelle piante è di aiuto alla clorofilla nella captazione di radiazioni luminose diverse
da quelle catturate dai pigmenti di colore verde, mentre nei frutti serve a rendere evidente ed attraente il frutto in modo
che gli animali possano cibarsene e disperderne i semi lontano dalla pianta madre. Nella alimentazione umana il licopene
è un importante antiossidante naturale. Dal punto di vista chimico è costituito da una lunga catena lipofila e viene ben
assorbito se introdotto sotto forma di pomodoro cotto con una piccola quantità di lipidi. La sua azione antiossidante si
esplica nella inattivazione dei radicali liberi, che si formano continuamente durante le attività metaboliche cellulari.
Studi recenti mostrano una attività preventiva nei processi di invecchiamento cellulare e per diversi tipi di cancro.
Tra gli altri carotenoidi presenti il beta carotene è precursore della vitamina A, importante per la salute della pelle, delle
mucose e della vista.
Il contenuto calorico del pomodoro è relativamente basso: 0,17 kcal per grammo.
Il pomodoro, soprattutto se utilizzato con la buccia, contiene una discreta quantità di fibre alimentari: queste sono
costituite dai materiali che formano la parete delle cellule vegetali, cioè cellulosa, lignina, pectine, la cui introduzione con
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tra tradizione
e Tecnologie
e innovazione
Applicate
Capitolo 5 - Materiali:
Scienze
l'alimentazione favorisce un buon funzionamento dell'intestino e un ambiente ottimale per la flora
batterica simbionte presente. Nelle diete ipocaloriche le fibre favoriscono il senso di
sazietà e riducono l'assorbimento di grassi.
• Olio di oliva
Deriva dalla spremitura meccanica delle olive, frutto della pianta Olea europea coltivata in tutta l'area mediterranea.
Contiene lipidi del gruppo dei trigliceridi. I trigliceridi sono composti da glicerolo legato a tre acidi grassi. Se tutti gli acidi
grassi sono uguali, si parla di trigliceridi semplici; se invece sono diversi abbiamo i trigliceridi misti. Nell'olio di oliva si
trovano soprattutto trigliceridi semplici, ma anche misti, digliceridi e monogliceridi. I tipi di acidi grassi presenti dipendono
dalla varietà dell'olivo, si tratta comunque principalmente di acido oleico e acido linoleico noti come acidi grassi insaturi
in quanto presentano doppi legami; la loro presenza nella dieta tende a limitare l'assorbimento di colesterolo e il suo
deposito sulla parete delle arterie, proteggendo l'organismo dal rischio di malattie cardiovascolari.
Nell'olio di oliva sono presenti anche vitamina E, clorofilla e polifenoli.
I polifenoli svolgono un’ azione antiossidante protettiva sulle lipoproteine del sangue.
La loro presenza impedisce anche l'ossidazione dell'olio e la conservazione del tipico sapore.
Dal punto di vista calorico l'olio di oliva fornisce 9 kcal per grammo.
La normativa CEE prevede la classificazione degli oli di oliva (extravergine, vergine o vergine lampante) sulla base del
metodo estrattivo (rispettivamente meccanico o chimico) e della "acidità libera", cioè della percentuale di acido oleico
libero, non legato al glicerolo, presente: più è alta minore è la qualità dell'olio.
• Cloruro di sodio (sale da cucina)
Si tratta di un minerale solido, cristallino, incolore e inodore (NaCl). I suoi cristalli hanno la caratteristica simmetria cubica:
gli ioni Na+ e Cl- sono alternati ai vertici di un reticolo cubico. Si ottiene da evaporazione dell'acqua di mare o da
estrazione da giacimenti di salgemma.
Il sodio è un elemento indispensabile per l'organismo, che lo utilizza nelle ossa, nella cartilagine, nel plasma e nei liquidi
extracellulari; è essenziale per la trasmissione dei segnali nervosi. Il cloro è il principale ione negativo extra e intra-cellulare,
anch'esso è presente nel tessuto connettivo, nell'osso e, come il sodio, è coinvolto negli equilibri chimici, nella
determinazione della pressione osmotica e nei bilanci idrici. Il cloro è presente inoltre nei succhi gastrici sotto forma di
acido cloridrico, essenziale per la digestione delle proteine.
Provoca problemi di salute sia la mancanza che l'eccesso di questi ioni ma, poiché il cloruro di sodio è presente in molti
alimenti, soprattutto conservati, che vengono introdotti con la dieta, si ha più frequentemente l'assunzione in eccesso,
che può produrre ipertensione. Il livello giornaliero raccomandato dalla Società Italiana Nutrizione umana va da circa 1,5
grammi a 8,8 grammi.
IL SALE DA CUCINA
http://users.unimi.it/ECEA/didattica/materiale_anal/IODURO%20E%20IODATO%20PER%20CORSO.pdf
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Scienze e Tecnologie Applicate
NESSI E COLLEGAMENTI
La storia dei materiali, quelli tradizionali ancora considerati un’importante risorsa in tanti settori come quello dell’edilizia,
e quelli tecnologicamente avanzati che aprono nuove strade per la soddisfazione dei bisogni dell’uomo, è un’affascinante
testimonianza del progresso scientifico, dell’innovazione tecnologica e dell’importanza dell’integrazione tra scienza e
tecnologia (cfr. cap I). La ricerca ha profuso molti sforzi per realizzare materiali sempre più in grado di soddisfare le
esigenze delle persone e rendere più sicura la loro vita, per esempio attraverso la realizzazione di materiali ignifughi (cfr.
cap VIII). Questo processo ha avuto ripercussioni anche sull’organizzazione aziendale (cfr. cap IV) sempre più finalizzata
ad immettere sul mercato materiali capaci di rispondere ai bisogni dell’uomo anche dal punto di vista della sostenibilità
ambientale, intesa sia con riferimento allo smaltimento degli stessi (cfr. cap.VI), sia in relazione all’uso di materiali che
permettano un risparmio globale in termini energetici (cfr. cap VII).
V
V
Capitolo
Capitolo
IV Capitolo
Organizzazione aziendale
L’organizza zione aziendale è
finalizzata ad immettere sul
mercato materiali sempre più
rispondenti i bisogni dell’omo
I Capitolo
Scienza e Tecnologia
L’innovazione nella produzione
di materiali tecnologicamente
avanzati testimonia il progresso
della scienza e l’importanza
dell’integrazione tra scienza e
tecnologia
VII Capitolo
L’energia
L’uso di materiali che
permettano un risparmio
globale in termini energetici è
un fondamentale obiettivo
della ricerca
VI Capitolo
Am biente e Sm altim ento
L’innovazione tecnologica h a
prodotto materiali che coni ugano
la soddisfazione dei bisogni
dell’uomo e la sostenibilità
ambientale
VIII Capitolo
Sicurezza
Nuovi materiali rendono più
sicura la vita dell’uomo
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Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
CAPITOLO SESTO
TUTELA AMBIENTALE E GESTIONE DELLE RISORSE
Un’ efficace tutela ambientale e gestione delle risorse comincia nelle nostre case
con una corretta raccolta dei nostri rifiuti
QUADRO INIZIALE
Gli argomenti trattati in questo capitolo contribuiscono a far acquisire agli studenti una particolare sensibilità nei confronti
di tematiche di stretta attualità e interesse anche in riferimento alle realtà produttive in ogni settore. Viene fornita una
panoramica sulle risorse da tutelare, in particolare sull’acqua, bene esauribile da proteggere attraverso un uso corretto.
Il trattamento dei reflui pone un’attenzione speciale sull’ambiente e gli ecosistemi. Anche i rifiuti, definiti attraverso un
richiamo alla norma, ricoprono un ruolo importante per l’ecosistema, in quanto substrato per la demolizione da parte di
microrganismi o nutrimento per alcune specie animali. La gestione dei rifiuti, come il recupero, il riciclaggio e lo
smaltimento, occupa in questo capitolo uno spazio significativo per quanto riguarda le modalità e le tecnologie impiegate,
in relazione alle ricadute ambientali e al loro utilizzo come “risorsa”.
6.1 Le risorse naturali
Le risorse della Terra sono tutti i prodotti esistenti in natura e utilizzabili dall’uomo per soddisfare i propri bisogni. Tale
definizione di risorsa naturale non può essere considerata valida per ogni periodo storico, in quanto le esigenze
dell’umanità cambiano in base alla struttura economica del periodo. Nell'antichità erano considerate risorse naturali le
terre da arare, i campi fertili o i prati in cui pascolare il gregge. Con l'industrializzazione, il concetto di risorsa naturale si
è spostato via via verso il carbone, il petrolio ed altre risorse necessarie per far funzionare le industrie.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Uno dei criteri di classificazione utilizzati le divide in:
• risorse ambientali (o anche biologiche)
• risorse energetiche
• risorse minerarie
Alcune di queste possiamo considerarle illimitate, in quanto virtualmente inesauribili, definite “rinnovabili” come ad
esempio sole, vento, maree, acqua; altre invece sono definite “non rinnovabili” perché presenti in quantità finite o perché
la loro riformazione non avviene in tempi compatibili con la durata della vita umana, come per i minerali, il petrolio, il gas
naturale. Oggi meno del 30% della popolazione mondiale (principalmente dei paesi industrializzati) utilizza l’80% delle
risorse naturali non rinnovabili. In futuro, quando anche i paesi più poveri si industrializzeranno, la carenza di risorse
creerà gravi problemi all’umanità. Già da oggi quindi, bisogna fare un uso più oculato delle risorse disponibili per garantire
lo sviluppo delle generazioni future.
SIGNIFICATO DI ALCUNI TERMINI
• Materie prime: intese, qualitativamente e quantitativamente, come la totalità dei materiali dell’ambiente.
• Risorse: tutte le materie prime utilizzate dall’uomo per i propri bisogni, in un determinato tempo.
• Riserve: quella parte delle risorse che l’uomo sfrutta con i mezzi e le tecnologie in uso in un dato momento storico.
• Risorsa sostenibile: risorsa rinnovabile il cui tempo di riproduzione è uguale o superiore al tasso del suo utilizzo.
ESERCIZI
1. Cosa si intende per “risorse naturali”?
2. Quali sono e quale è la differenza fra risorse rinnovabili e non rinnovabili?
6.2 La risorsa acqua: un bene da tutelare
La “risorsa acqua” è un bene che abbiamo il dovere di tutelare con l’uso corretto e la protezione dall’inquinamento. Basti
pensare alle fatiche dei popoli per i quali tale risorsa è scarsa, in cui l’inquinamento delle fonti idriche causa la morte di
bambini per malattie quali epatiti, colera, tifo, dissenteria, gastroenteriti ed altre malattie, per rendersi conto della
responsabilità che hanno le popolazioni più fortunate, le quali vivono nelle zone più ricche e industrializzate del mondo,
nella gestione corretta di una risorsa limitata.
Il Ciclo dell’acqua
Figura 6.1 - Il ciclo dell’acqua
Il ciclo dell'acqua consiste nella sua circolazione all'interno dell'idrosfera terrestre, attraverso cambiamenti di stato fisico
dell'acqua stessa tra la fase liquida, gassosa e solida. Il ciclo idrologico si riferisce ai continui scambi di massa acquosa
tra l'atmosfera, la terra, le acque superficiali, le acque sotterranee e gli organismi. I più significativi cicli che compie l'acqua
comprendono i seguenti processi fisici:
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Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
•
•
•
•
•
evaporazione;
condensazione;
precipitazione;
infiltrazione;
scorrimento e flusso sotterraneo.
Il Servizio Geologico degli Stati Uniti (USGS) ha identificato 16 parti del ciclo dell'acqua:
• Immagazzinamento dell'acqua nei mari
• Evaporazione
• Evapotraspirazione
• Sublimazione
• Acqua nell'atmosfera
• Condensazione
• Precipitazione
• Immagazzinamento nel ghiaccio e nella neve
• Ruscellamento da fusione delle nevi verso i corsi d'acqua
• Ruscellamento superficiale
• Flusso incanalato
• Immagazzinamento d'acqua dolce
• Infiltrazione
• Immagazzinamento d'acqua sotterranea
• Portata d'acqua sotterranea
• Sorgenti
Così ad esempio l'acqua evapora dagli oceani, forma le nuvole e da esse torna alla terra.
Prima di raggiungere gli oceani l'acqua può evaporare, condensare, precipitare e scorrere molte volte.
- L'evaporazione è il trasferimento dell'acqua da corpi idrici superficiali nell'atmosfera. Questo trasferimento implica un
passaggio di stato dalla fase liquida alla fase vapore.
- La precipitazione è costituita da vapore acqueo che si è prima condensato sotto forma di nuvole (trasformazione
dalla fase di vapore alla fase liquida) e che poi cade sulla superficie terrestre. Questo avviene soprattutto sotto forma di
pioggia, ma anche di neve, grandine, rugiada, brina o nebbia.
- L'infiltrazione è la transizione dell'acqua dalla superficie alle acque sotterranee. L'aliquota di infiltrazione dipende dalla
permeabilità del suolo o della roccia e da altri fattori. Dopo l'infiltrazione l'acqua può raccogliersi nelle falde acquifere,
può ritornare alla superficie attraverso le sorgenti o scaricarsi in mare.
- Lo scorrimento include tutti i modi in cui l'acqua superficiale si muove in pendenza
verso il mare. L'acqua che scorre nei torrenti e nei fiumi può stazionare
temporaneamente nei laghi per poi raggiungere il mare. Non tutta l'acqua ritorna
al mare per scorrimento; gran parte evapora prima di raggiungere il mare o un
acquifero.
La massa totale d'acqua del ciclo rimane essenzialmente costante, così come
l'ammontare d'acqua in ciascuna riserva, quindi, in media, la quantità d'acqua che
lascia una riserva è pari a quella che ritorna ad essa. L'acqua è responsabile del
continuo modellamento della superficie terrestre, agisce sulle rocce erodendole e
trasporta con sé materiali diversi.
Figura 6.2 - Pioggia (tacuinum sanitas
casanatense, XIV secolo)
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Scienze e Tecnologie Applicate
Figura 6.3 - Mappa dei regimi precipitativi nel mondo
Piogge cicloniche extratropicali
Piogge convettive tropicali
piogge tutto l'anno con
massimo in autunno e inverno
piogge tutto l'anno con deboli
variazioni
idem, con massimo estivo
due stagioni piovose con
l'altezza massima del Sole
piogge periodiche con
massimo primaverile
idem, con massimo estivo
piogge scarse (< 200 mm)
piogge convettive periodiche
con massimo invernale
piogge sporadiche delle
regioni polari
una sola stagione piovosa con
l'altezza massima del Sole
idem, con massimo in
autunno - inverno
idem, con massimo in inverno
I fiumi hanno inciso il territorio formando le valli fluviali, il flusso di acqua che li alimenta trasporta enormi quantità di
frammenti rocciosi che, nel tempo, si accumulano nelle zone di deposizione, originando le pianure alluvionali. L'acqua
ghiacciando nelle fessure delle rocce ha contribuito a sgretolarle, i ghiacciai hanno scavato valli glaciali e accumulato i
detriti sotto forma di morene. L'acqua circolante nel sottosuolo ha scavato grandi cavità e ha disegnato fantastici
paesaggi sotterranei: grotte dentro le quali si sono formate nel corso dei millenni stalattiti e stalagmiti. L'acqua del mare,
agitata dal moto ondoso e dalle maree, ha modellato le coste e trasformato le rocce in sabbia.
La distribuzione dell’acqua, però, non è omogenea su tutto il pianeta, infatti, il 60% delle acque dolci disponibili è
concentrato in nove paesi: Brasile, Russia, Cina, Canada, Indonesia, Stati Uniti d'America, India, Colombia, Zaire.
L'acqua dolce accessibile, dunque, è un bene rinnovabile, ma limitato, che rischia però di divenire scarso: fra il 1950 e
1990 l'uso mondiale dell'acqua è triplicato; secondo alcune stime si prevede, nei prossimi 35-40 anni il raddoppio del
consumo di acqua rispetto a quello attuale, con il rischio di non poter aprire i rubinetti a nostro piacimento.
I consumi per usi domestici sono molto diseguali: in media un cittadino degli Stati Uniti d'America consuma una quantità
di acqua 100 volte superiore rispetto a un cittadino del Burundi o dell'Uganda.
Non sempre, inoltre, questo prezioso bene è impiegato nel modo migliore: nei paesi ricchi, la maggior parte dell'acqua
di prima qualità, resa disponibile nelle case, viene usata indifferentemente per l'alimentazione, per innaffiare i giardini o
per lavare la macchina oppure si perde lungo le condutture spesso vecchie e in cattivo stato di manutenzione; molto più
oculato è l'impiego in zone quali l'Asia e l'Africa.
Il rischio maggiore per il futuro non è quello di una carenza di acqua ma, soprattutto, della sua scarsa qualità.
Per prevenire un tale disastro occorre fin da subito rivedere il modo di gestione dell’acqua.
Durante il secolo scorso, a causa dell’inquinamento atmosferico che ha prodotto il riscaldamento globale, il ciclo
dell'acqua è diventato più intenso, con l'incremento dei tassi di evaporazione e precipitazione che hanno comportato,
insieme allo sfruttamento dissennato del suolo, disastri dovuti alle alluvioni che ancora oggi si ripetono anche con
maggior frequenza.
Infatti, accanto ai fenomeni di inquinamento vero e proprio delle acque di scarico e quindi dei corpi idrici recettori, anche
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Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
le seguenti attività umane possono influire nell'alterare il ciclo idrogeologico:
• agricoltura;
• alterazione della composizione chimica del l'atmosfera (inquinamento atmosferico);
• costruzione di dighe;
• deforestazione e riforestazione;
• estrazione dell'acqua dalla falda freatica mediante pozzi ;
• sottrazione d'acqua dai fiumi;
• urbanizzazione.
Le principali conseguenze possono riguardare le condizioni chimiche e fisiche degli oceani, come il cambiamento del
pH della superficie marina causato dal diossido di carbonio (CO2) di origine antropica.
Circa un quarto della CO2 presente nell'atmosfera viene assorbita negli oceani dove si trasforma in acido carbonico
(H2CO3). All'aumento di CO2 nell'atmosfera corrisponde infatti un incremento di quella disciolta nell'acqua marina.
Il processo di continua acidificazione delle acque oceaniche produce effetti anche sulla catena alimentare ad esse
collegata e in particolare può influire sulla profondità di compensazione dei carbonati (CCD - Carbonate Compensation
Depth), cioè la profondità al disotto della quale il tasso di accumulo del carbonato è inferiore alla sua capacità di essere
solvatato e quindi solubilizzato dalle molecole di acqua. Ciò comporta lo scioglimento dei gusci calcarei delle conchiglie
dei molluschi e del plancton calcareo, costituiti da carbonato di calcio (CaCO3).
Altro fenomeno preoccupante è quello delle piogge acide, consistente nella deposizione acida ovvero nella ricaduta
dall'atmosfera sul suolo di particelle acide: composti acidi dovuti all’inquinamento dell’aria e diffuse nell'atmosfera
vengono catturate e deposte al suolo dalle precipitazioni.
La pioggia viene definita acida quando il suo pH è < 5 e normalmente essa è composta prevalentemente (per circa il
70%) da anidride solforica che, reagendo con l’acqua, produce acido solforico. Il rimanente 30% risulta principalmente
costituito dagli ossidi di azoto (NOx).
Il processo di formazione delle piogge acide inizia pertanto con la liberazione in atmosfera di anidride solforosa (SO2) e
biossido di azoto (NO2) prodotti dall’attività industriale. Tali prodotti vengono poi trasformati in acido solforico e acido
nitrico che, assieme all’ aumento della concentrazione di acido carbonico dovuto all'aumento di anidride carbonica,
rendono acide le piogge.
Solo meno del 4% del totale delle acque è dolce e, di questa quantità, solamente l’1% è disponibile per l’uomo e appena
lo 0,008% è potabile. La maggior parte dell’acqua è bloccata nelle calotte polari e nei ghiacciai e pertanto le acque dolci
disponibili sono una parte piccola di tutta la massa idrica.
Le acque reflue
Uno dei passi importanti per ristabilire un corretto ciclo dell’acqua e ricreare un ambiente migliore è sicuramente quello
di produrre meno inquinanti atmosferici e, nello stesso tempo, tutelare le risorse idriche attraverso un corretto uso
dell’acqua e la depurazione delle acque di scarico.
Le acque reflue, chiamate anche acque di scarico, sono tutte quelle acque la cui qualità è stata pregiudicata dall'azione
dell’uomo dopo il loro utilizzo in attività domestiche, commerciali, industriali e agricole, diventando quindi inidonee al loro
utilizzo primario.
Esse possono essere contaminate da diverse tipologie di sostanze, sia organiche che inorganiche, spesso dannose alla
salute e all'ambiente.
Tra le sostanze contaminanti possiamo distinguere:
• sostanze presenti in superficie (oli, grassi, schiume);
• sostanze sospese (insolubili, mantenute in sospensione dalla turbolenza);
• sostanze colloidali costituite da particelle di dimensioni tali da non poter essere separate dall'acqua con alcun
trattamento meccanico;
• sostanze disciolte: (omogeneamente disperse allo stato molecolare o ionico nell'acqua);
• materiali biologici costituiti dagli organismi presenti nell'acqua.
• Gli effetti sui corpi ricettori
Le acque di scarico contengono quindi i residui delle numerose sostanze usate nelle attività quotidiane e nei processi
produttivi, in quantità e qualità tali da alterare l’equilibrio dei corpi idrici ricettori. Occorre quindi sottoporre tali acque a
processi di depurazione artificiali prima di restituirle all’ambiente naturale.
143
Scienze e Tecnologie Applicate
• Le cause principali dell'inquinamento
Le principali fonti di inquinamento sono:
• le industrie, che quotidianamente riversano sostanze chimiche inquinanti in quantità elevate (es. acidi, basi, metalli
pesanti altamente tossici, carichi eccessivi di materiale organico in grado di favorire l’accrescimento di batteri
ed alghe, oppure di sostanze in grado di stendersi sulla superficie del corpo idrico, impedendo il passaggio della luce e
l’assorbimento dell’ossigeno indispensabile alla vita acquatica);
• gli scarichi urbani generati dalle abitazioni, uffici e altre strutture in genere. Pertanto, l’urbanizzazione indiscriminata
può essere considerata la causa principale dell’aumento eccessivo di ogni tipo di inquinamento;
• le attività agricole e zootecniche intensive che, con l'utilizzo eccessivo di fertilizzanti e pesticidi, con lo spandimento
di liquami provenienti dagli allevamenti intensivi e con la deposizione degli escrementi degli animali stessi, possono far
sì che sostanze inquinanti arrivino alle falde acquifere sotterranee e ai fiumi per dilavamento dei terreni. L'azione inquinante
si deve all'elevato tenore in azoto e in sostanza organica biodegradabile e si manifesta con il passaggio dei reflui nelle
acque superficiali, attraverso lo scarico diretto o il dilavamento nella falda freatica. L'inquinamento delle acque superficiali
da reflui zootecnici è causa anche di eutrofizzazione. A questi si deve aggiungere l'eventuale rischio igienico-sanitario
associato al possibile incremento di nitrati e di microrganismi patogeni;
• l’industria petrolifera che, soprattutto con il petrolio che fuoriesce dalle petroliere o dalle piattaforme danneggiate o
incidentate, è in grado di provocare danni da idrocarburi di dimensioni catastrofiche. In particolare lo sversamento del
petrolio dalle petrolifere compromette gravemente l'ambiente terrestre in quanto, avendo questo un peso specifico minore
dell'acqua, inizialmente forma una pellicola impermeabile all'ossigeno sopra il pelo libero dell'acqua, causando oltre agli
evidenti danni per fenomeni fisici e tossici per la macro-fauna, un ambiente anaerobico che uccide il plancton. La
successiva precipitazione sul fondale replica l'effetto sugli organismi bentonici. La bonifica dell'ambiente danneggiato
richiede mesi o anni;
• l’inquinamento termico che va diffondendosi sempre più a causa dell’eccessivo impiego dell’acqua per raffreddare
gli impianti delle industrie, in particolar modo delle centrali termoelettriche. Il rilascio nell’ambiente di ingenti quantità di
acqua a temperatura differente da quella del bacino in cui viene immessa provoca infatti alterazioni delle condizioni fisiche
dell’acqua, con conseguenti danni anche mortali degli organismi e dei microorganismi.
• I principali agenti inquinanti delle acque
Tra i più comuni agenti inquinanti delle acque possiamo citare:
• inquinanti fecali derivanti dagli escrementi animali e dai residui alimentari che contengono microrganismi patogeni
(come quelli portatori di tifo, colera, epatite virale). In ambiente aerobico la loro biodegradazione consuma ossigeno
sottraendolo agli ecosistemi, mentre in condizioni anaerobiche forma composti tossici quali metano, ammoniaca,
idrogeno solforato ed altri;
• sostanze inorganiche tossiche: principalmente metalli pesanti (ad es. cromo, mercurio, cadmio, rame, piombo) in
grado anche di inibire l'azione catalitica degli enzimi dell'organismo determinando avvelenamenti e persino la morte;
• sostanze inorganiche quali i composti del fosforo e dell’azoto: presenti nei fertilizzanti, nei detersivi e in molti altri
agenti dell’industria chimica, sono in grado di provocare fenomeni di eutrofizzazione;
• sostanze organiche non naturali come i diserbanti, gli antiparassitari, i pesticidi e i solventi organici utilizzati dalle
industrie;
• oli, grassi emulsionanti e tensioattivi che si stratificano in superficie
creando dei film oleosi che impediscono l’assorbimento dell’ossigeno
nell'acqua;
• solidi sospesi che rendono torbida l'acqua ed intercettano la luce solare
impedendo lo sviluppo della vegetazione.
Figura 6.4 - Una batteria esausta non
correttamente smaltita e abbandonata è fonte di
inquinamento con rilascio di metalli pesanti (es.
piombo) e sostanze corrosive (es. acido solforico)
con pericolo di inquinamento del suolo e delle
acque.
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progress
Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
LA LEGGE NAZIONALE
L'inquinamento delle acque è stato oggetto di numerose normative sviluppate negli anni, specialmente grazie alle
direttive dell'Unione Europea (UE) che ha imposto regole più severe agli Stati membri.
La normativa nazionale che regolamenta le acque di scarico è contenuta nel D.lgs n. 152/06 e s.m.i. e, più
precisamente, nella sua parte III che contiene le “norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di
tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche”.
Essa stabilisce la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee con lo scopo di
perseguire i seguenti obiettivi:
1. prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
2. conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
3. perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle potabili;
4. mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità di sostenere comunità animali
e vegetali ampie e ben diversificate;
5. impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi
terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.
6. mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo quindi a:
• garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile,
equilibrato ed equo;
• ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;
• proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali in materia, compresi quelli
miranti a impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente
gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a concentrazioni,
nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le
sostanze sintetiche antropogeniche;
Il raggiungimento di questi obiettivi si realizza attraverso strumenti specifici tra cui:
• l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici;
• la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato
sistema di controlli e di sanzioni;
• il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi
di qualità del corpo recettore;
• l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio
idrico integrato;
• l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree
sensibili;
• l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
• l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento
diffuso contenente sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché contenenti sostanze
pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale
per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
• l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio
combinato.
A seconda del tipo di acqua reflua e del corpo ricettore lo scarico nell'ambiente deve essere effettuato rispettando
specifici limiti di emissione che si raggiungono mediante idonei trattamenti di depurazione e secondo le BAT (Best
Available Techniques – Migliori tecnologie disponibili).
145
Scienze e Tecnologie Applicate
LA NORMA FORNISCE LE SEGUENTI DEFINIZIONI:
suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;
acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito specificate;
acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque
sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per
quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche
le acque territoriali;
acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie del
suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o il
sottosuolo;
Figura 6.5-Vasca naturale fiume Cornia,Sasso Pisano
acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e tutte le
acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da riferimento
per definire il limite delle acque territoriali;
fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;
lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura
salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di acqua dolce;
acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un
miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento per definire il limite
delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di transizione;
corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale,
un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonché di acque di transizione o un tratto di acque
costiere;
corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute
a un'attività umana, è sostanzialmente modificata;
corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da
consentire un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative di acque sotterranee;
abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5)
pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae) o a specie come
i lucci, i pesci persici e le anguille;
acque salmonicole: acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i
coregoni;
acque dolci: le acque che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate
appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti
prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
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delle
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risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti in cui si svolgono attività
commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento;
acque reflue urbane: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali
ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato;
acque reflue industriali assimilabili alle domestiche: acque reflue provenienti da installazioni commerciali o produttive
che per legge oppure per particolari requisiti qualitativi e quantitativi, possono essere considerate come acque reflue
domestiche
acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 31;
servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:
scarico: qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza
soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore, acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo
e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di
depurazione;
acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico; rete fognaria: un sistema di condotte per la raccolta
e il convogliamento delle acque reflue urbane;
inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua
o nel terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri
che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri
legittimi usi dell'ambiente;
sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o
gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla lavorazione
delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino
all'applicazione al terreno ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle sostanze nutritive e
ammendanti nei medesimi contenute;
composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello allo stato molecolare gassoso;
concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale; effluente di allevamento: le deiezioni
del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato, ivi
compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura; eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in
particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme
superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità
delle acque interessate;
effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto
forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di piscicoltura;
eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che
provoca una abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo la perturbazione
dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate;
fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più
composti azotati, compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi, sparse sul terreno per
stimolare la crescita della vegetazione;
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Scienze e Tecnologie Applicate
trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo ovvero un sistema di
smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero
sia conforme alle disposizioni della legge;
trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante
processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia
ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento; trattamento secondario: il trattamento
delle acque reflue mediante un processo che comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o
mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tab.1 dell'Allegato 5 stabilimento
industriale: tutta l'area sottoposta al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali o
industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla
parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali sostanze
nello scarico;
fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
Al di là delle definizioni di legge si definisce inoltre:
BOD5 ( Biochemical Oxygen Demand) la quantità di O2 che viene utilizzata in 5 giorni dai microorganismi aerobi
(inoculati o già presenti in soluzione da analizzare) per decomporre (ossidare) al buio e alla temperatura di 20 °C le
sostanze organiche presenti in un litro d'acqua o di soluzione acquosa. Esso viene normalmente espresso in mg/l di
O2. Il BOD è quindi una misura indiretta del contenuto di materia organica biodegradabile presente in un campione
d'acqua o soluzione acquosa ed è uno dei parametri più in uso per stimare il carico inquinante delle acque reflue.
COD (Chemical Oxygen Demand - domanda chimica di ossigeno) la quantità di ossigeno necessaria per la completa
ossidazione per via chimica dei composti organici ed inorganici presenti in un campione di acqua. Insieme al BOD5
rappresenta uno dei parametri comunemente utilizzati per la misura indiretta del tenore di sostanze organiche presenti
in un'acqua.
UN VIAGGIO TRA GLI IMPIANTI
148
Figura 6.6 - Un impianto per il trattamento delle
acque reflue.
Figura 6.7 - Un digestore: le sostanze organiche
presenti nei fanghi, grazie ai microrganismi,
vengono trasformate in sostanze più semplici.
Figura 6.8 - Modello in scala di un impianto di
depurazione delle acque
Figura 6.9 - Il letto percolatore è uno dei metodi per
l’ossidazione biologica delle acque reflue.
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Tecnologie
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Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
LA FITODEPURAZIONE
Con il termine “fitodepurazione” si intende una serie di processi che portano a
rimuovere inquinanti presenti nelle acque e nel terreno ad opera dell'azione combinata
di piante e microrganismi.
Il processo sfrutta la capacità naturale delle piante di creare habitat ideali per la crescita
di microrganismi che lavorano alla demolizione o comunque alla sottrazione di
inquinanti di tipo organico o anche inorganico (come i solidi sospesi) dalle
acque stesse.
I principali inquinanti che possono essere trattati con il sistema della fitodepurazione
Fig. 1: un bacino di fitodepurazione
sono: Azoto, Fosforo e solidi sospesi.
L'azoto e il fosforo sono elementi presenti
naturalmente negli ecosistemi acquatici ma le attività umane, come l'agricoltura (con
l’uso di concimi chimici contenenti nitrati e fosfati), l'allevamento (che produce scarichi
con i residui delle stalle) l'industria (per esempio quella di produzione di concimi) ne
aumentano considerevolmente le quantità portando spesso a fenomeni di
eutrofizzazione.
L'eutrofizzazione è l'abnorme crescita di alghe
microscopiche o macroscopiche (a vita breve) che
si osserva in acque contenenti grandi quantità di nutrienti; alla morte di queste alghe
entrano in azione i batteri decompositori che necessitano di grandi quantità di ossigeno
per smaltire adeguatamente il materiale organico da demolire e, poiché le richieste
sono elevate, finiscono per esaurire l'ossigeno disciolto portando alla morte per anossia Fig. 3: dipinto di Franz Adam:
La stalla
(mancanza di Ossigeno) di pesci e piccoli invertebrati acquatici. In questo modo
aumenta ancora il carico organico da smaltire ma l'ossigeno continua a scarseggiare perciò si avviano processi di
demolizione anaerobica realizzati da altri batteri che producono sostanze dall'odore sgradevole come ammoniaca e
Il acido
rifiuto:solfidrico.
qualche definizione
Fig. 2: concime
Le aree umide possono costituire sistemi naturali di depurazione realizzate tramite piante che vi crescono naturalmente
come la Phragmites australis (cannuccia di palude), la Typha latifoglia (tifa) la Carix riparia (carice), Schoenoplectus
lacustris (giunco di palude), Iris pseudocorus (giglio d'acqua) e anche Oryza sativa (riso).
Queste piante sono chiamate elofite perché, pur avendo le radici ancorate al suolo, presentano fusti e germogli immersi
in acqua mentre altre foglie sono esposte all'aria. Spesso posseggono rizomi, cioè fusti sotterranei che permettono di
accumulare sostanze di riserva e fanno arrivare l'ossigeno alle radici che si trovano in sedimenti anossici, fornendo alle
piante anche una maggiore aderenza al substrato.
Il rizoma, se rotto in porzioni dotate di gemme, può produrre nuove piante cioè permettere la riproduzione vegetativa.
Questa modalità di riproduzione è particolarmente utile quando si voglia impiantare velocemente un'area di
fitodepurazione.
Il loro ruolo nella fitodepurazione è importantissimo poiché creano un
ambiente ossigenato a livello delle radici (spesso il loro fusto è cavo e
l'aria arriva meglio alle radici e si diffonde intorno ad esse per
diffusione) dove vive una comunità di microrganismi aerobi eterotrofi
che provvedono alla decomposizione del materiale organico.
In particolare l'azoto organico, sminuzzato da piccoli invertebrati e
solubilizzato dall'acqua viene mineralizzato in NH4+ che, in presenza
di ossigeno può partecipare al processo di nitrificazione ad opera dei
batteri Nitrosomonas e Nitrobacter diventando ione nitrato che verrà
assorbito dalle piante e trasformato in proteine, acidi nucleici ...e
comunque rimosso dalle acque per un tempo maggiore avendo le
Fig. 4: Bacino di fitodepurazione in fase di realizzazione
piante vita media più lunga delle alghe.
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Scienze e Tecnologie Applicate
NH4+ + 3/2 O2
N02– + 1/2 O2
2 H+ + N02– + H2O
N03–
Anche in condizioni di carenza di ossigeno (come si verificano nel terreno più lontano dalle radici delle piante) però lo
ione nitrato può essere rimosso per denitrificazione e trasformato in azoto gassoso N2 che si libererà nell'aria.
NO3–
NO2–
N2O
N2
I batteri che operano questa trasformazione sono ad esempio Thyobacillus denitrificans e Micrococcus denitrificans.
Il ruolo delle piante, oltre all'ossigenazione del terreno intorno N
alle
2 proprie radici è anche quello di offrire un substrato alla
crescita di questi batteri (che formano sulle radici e sulle foglie sommerse un tipico biofilm), di ridurre la velocità del flusso
dell'acqua (in modo da consentire il depositarsi dei materiali sul fondo), di favorire il filtraggio dei solidi sospesi, e inoltre
quello di ridurre la crescita delle alghe poiché ombreggiano l'acqua con il loro fogliame.
Il fosforo può trovarsi nelle acque sotto forma di ione fosfato, o in soluzione (e allora può anch'esso provocare fenomeni
di eutrofizzazione), o legato alle sostanze organiche di scarto o adsorbito su particelle solide sospese.
Le piante stesse possono assimilare il fosforo utilizzandolo per costruire propri fosfolipidi, acidi nucleici e ATP e
sottraendolo perciò alle acque, ma un’altra via di allontanamento è quella dell'adsorbimento e del successivo
seppellimento.
Poiché l'acqua degli ecosistemi acquatici è spesso ricca di solidi sospesi questi catturano il fosfato per adsorbimento
ed esso può successivamente reagire col ferro, l'alluminio e il calcio formando dei precipitati e quando questi composti
solidi finiscono sepolti sotto strati di sedimenti vengono isolati dalle acque negli strati più profondi e quindi, in pratica,
definitivamente rimossi.
I solidi sospesi sono particelle solide organiche o inorganiche di dimensione
maggiore di 0,45 micron. Queste particelle, presenti in sospensione negli
ecosistemi acquatici, derivano dai rifiuti che sono arrivati alle acque dalla
frammentazione dei tessuti vegetali e dai resti degli organismi animali più
piccoli oltre che prodotti da fitoplancton e batteri.
Essi compromettono la vita dell'ecosistema acquatico poiché impediscono
la schiusa delle uova dei piccoli animali, alterano la respirazione tramite le
branchie dei pesci e di altri animali....
La presenza delle piante e soprattutto del biofilm che riveste gli steli e le
foglie sommerse è importante per filtrare le particelle solide portandole alla
flocculazione cioè all'aggregazione con altre sostanze favorita dalla
diminuzione della velocità dell'acqua, e alla successiva loro sedimentazione Fig. 5: Schemi di funzionamento dei sistemi a
macrofite emergenti
cioè nel loro trasferimento sul fondo.
a) a flusso superficiale; b) a flusso sommerso
Se nel materiale precipitato ci sono sostanze organiche è possibile la loro
orizzontale; c) flusso sommerso verticale
mineralizzazione con successiva assimilazione da parte delle piante.
Gli impianti di fitodepurazione che oggi vengono realizzati sono di diverso
tipo a seconda
➢ a flusso superficiale
➢ a flusso sommerso orizzontale
➢ a flusso sommerso verticale
Impianti a flusso superficiale
Sono costituiti da bacini o canali in cui crescono piante elofite come la cannuccia di palude o in cui viene favorita la
crescita di piante idrofite galleggianti come ninfea, castagna d'acqua , giacinto d'acqua e lenticchia d'acqua (a seconda
del clima della regione e della resistenza al carico inquinante) in cui l'acqua da depurare scorre lentamente, rallentata
Ulteriormente dalla presenza delle piante. Sono adatti alla depurazione di acque non molto inquinate, soprattutto da
carico organico, o per completare il trattamento di acque già sottoposte a un altro trattamento (ad esempio dopo un
impianto a fanghi attivi)
Impianti a flusso sommerso
Si tratta di bacini con fondo impermeabilizzato, riempiti di ghiaia e sabbia grossolana, permeabili, attraverso le quali
150
Book in
progress
Capitolo 6 - Tutela ambientale e gestione delle risorse
scorre l'acqua da depurare.
Il flusso sommerso può scorrere in orizzontale se il bacino possiede una leggera pendenza tra l'ingresso del refluo e
l'uscita o defluire in verticale, come in un filtro, dall'alto (ingresso) verso il basso (dove c'è un pozzetto di uscita). Si
utilizza per trattare acque con carico organico maggiore rispetto ai precedenti.
VANTAGGI DELLA FITODEPURAZIONE
➢ costo relativamente basso
➢ gestione e manutenzione relativamente semplice
➢ flessibilità e adattabilità delle soluzioni
➢ basso impatto ambientale e anzi miglioramento paesaggistico dell'ambiente
➢ salvaguardia delle aree naturali umide
SVANTAGGI DELLA FITODEPURAZIONE
➢ richiesta di ampie superfici, molto maggiori rispetto ai depuratori convenzionali;
➢ andamento stagionale delle prestazioni, con un sensibili calo prestazionali nei mesi più freddi;
➢ problema di produzione di odori molesti in eventuali zone anaerobiche;
➢ proliferazione di zanzare ed altri insetti nei sistemi con superficie liquida esposta.
6.3 I rifiuti e l’ecosistema
Una storia quasi vera
In una terra florida e ridente, riscaldata da un Sole
generoso e sovrastata da un cielo azzurro e limpido, la
vita scorreva serenamente.
Tutti i giorni i contadini, fischiettando quasi a voler
dialogare con gli uccelli, si recavano nei campi a lavorare
la loro amata terra e alla sera ritornavano imbracciando
un cesto con tanti squisiti frutti per i loro figli.
Di cento colori e mille profumi erano i campi, come tutti
i frutti che generosamente davano.
Un giorno passò da quelle parti un certo Mafiusto Camurris, con una schiera di persone al suo seguito. Ammirò le
bellezze del territorio e decise di far costruire la sua villa sulla collina da cui era possibile godere del più bel panorama
della zona in cui l’orizzonte coincideva con il mare.
Mafiusto era un uomo benestante e sapeva farsi rispettare. Raramente sorrideva e si diceva che a sentirlo ridere, non
si sa perché, si avvertiva un brivido lungo la schiena. Il suo sguardo era difficile da sostenere e i più, parlando con lui,
abbassavano la testa.
La gente del luogo credette che fosse rimasto incantato da quella bella terra e che per questo l’avesse scelta come
sua dimora.
Trascorso un po’ di tempo, alcuni contadini iniziarono a sentirsi stanchi ancor prima di iniziare la loro giornata di lavoro.
Questo fenomeno via via sembrava contagiare sempre più persone ma non si capiva il perché, fintanto che, trascorsi
degli anni a tutti fu chiaro…..
La corte di loschi figuri pagati da Mafiusto, la sera, quando nei campi rimanevano solo quelli che si attardavano per
151
Scienze e Tecnologie Applicate
qualche lavoro da finire, si presentavano a quei contadini e, con fare minaccioso, offrivano loro forti somme di denaro
per poter utilizzare il campo come deposito di certi fusti da interrare, a loro dire, senza rischi di nessun genere, se non
quello di fargli guadagnare una quantità di denaro che non avrebbero potuto accumulare in tutta una vita di duro
lavoro.
Per timore di ritorsioni nei confronti dei loro familiari e forse anche per denaro, i poveri disgraziati cedettero alle richieste
con la promessa di non farne parola con alcuno.
Di notte arrivavano camion e ruspe che scavavano e interravano dei neri contenitori con un pittogramma
rappresentante un teschio. Il giorno dopo tutto sembrava normale.
Questa attività si protrasse per diversi anni e mano a mano le coltivazioni venivano trascurate.
Il piacevole profumo che caratterizzava un tempo quella zona andava sempre più svanendo, facendo spazio a
esalazioni, inizialmente poco percettibili, ma che facevano ammalare molte persone ignare.
Nel frattempo Mafiusto cercava di accattivarsi la simpatia della popolazione del luogo e per questo fece costruire
campi da gioco per ragazzi e bambini, giardini per far passeggiare le mamme con i loro piccoli, faceva favori a chi ne
aveva bisogno e tutti gli erano riconoscenti.
Ragazzi e bambini tutti i giorni giocavano a pallone nel campo di calcio di Mafiusto e dal suolo uscivano leggere
esalazioni come fossero sottili e diafani serpentelli che si sollevavano da terra, di tanto in tanto questi “vermicelli” si
fondevano insieme e davano origine ad un serpente anch’esso diafano che si attorcigliava alla gola ora di un ragazzo,
ora di un altro soffocandolo anche fino alla morte.
Nessuno riusciva a spiegare il fenomeno che proprio lì si stava verificando.
In quel periodo erano venuti ad abitare nella villa di Mafiusto la figlia Giuliana con i suoi due bambini, Calogero di 5
anni e Salvatore di 8.
Dal terrazzo della casa del nonno si vedeva bene il campo di calcio
e si sentivano le grida divertite e incitanti dei bambini che vi
giocavano.
Salvatore, un giorno, chiese a sua madre di lasciarlo andare a giocare
a pallone con quei bambini. La madre, dopo le consuete
raccomandazioni, acconsentì ma quando lo seppe il nonno, andò su
tutte le furie e glielo vietò senza dare spiegazioni.
Salvatore, che era di carattere un po’ ribelle, trascorso qualche
giorno, in assenza del nonno, si recò di nascosto a giocare con i suoi
coetanei. Per circa un anno Salvatore continuò a recarsi sempre di nascosto a giocare a pallone in quel campo,
qualche volta portando con sé anche Calogero.
Un brutto giorno, uno di quei “serpentelli “ invisibili si avvinghiò al suo collo.
Tornò a casa che quasi non poteva più respirare, la madre spaventata lo portò subito in ospedale dove rimase per
parecchi mesi in grave pericolo di vita.
Mafiusto, colpito negli affetti, ebbe un attimo di umanità e confessò che i luoghi frequentati dai bambini ricoprivano un
mare di veleni.
La polizia fece i dovuti accertamenti e verificò che tutto il territorio, che ora non aveva più le sembianze di un tempo,
era diventato una discarica abusiva di rifiuti pericolosi, costituiti da scarti industriali di tipo radioattivo, metalli pesanti
ecc….
Verificarono inoltre che quel materiale non solo aveva inquinato il suolo e l’aria ma si era infiltrato nel sottosuolo fino a
raggiungere le preziose falde acquifere. Fu individuata così la causa di tutte quelle gravi malattie che negli ultimi anni
avevano colpito e continuavano a colpire la popolazione residente. Tutto ciò che coltivavano era avvelenato, insieme
all’aria che respiravano e all’acqua che bevevano.
Mafiusto Camurris fu imprigionato ma nessuna condanna potrà mai risarcire il danno causato al luogo e alla gente.
Così la “Terra del Sole” venne ribattezzata “Terra dei fuochi” , forse perché è come se fosse tutta bruciata e inutilizzabile
ormai, forse per l’eternità. Quella terra tanto amata, senza più colori né profumi fu abbandonata. Portandosi via quello
che potevano, tutti lasciarono le loro case, il loro lavoro e si incamminarono in cerca di altri luoghi con la speranza di
poter salvare la vita dei propri figli.
Ma se ciò accadesse anche nel nostro territorio e in quelli di altri e altri ancora dove potremmo migrare? “Almeno se
fossero esistiti i Marziani! avremmo potuto chiedere loro ospitalità”!
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Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
Il rifiuto: qualche definizione
Figura 6.10 - Rifiuti
Vocabolario: “rifiuto” = scarto, è ciò che viene
scartato perchè di nessun valore o si presenta come residuo
inutilizzabile di lavorazione.
Legge italiana: qualsiasi sostanza od oggetto
di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o
abbia l’obbligo di disfarsi.
Legge comunitaria: qualsiasi sostanza od oggetto
di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o
l’obbligo di disfarsi.
In natura: non esiste rifiuto in quanto, ciò che viene eliminato da
un qualunque organismo naturale diventa nutrimento per un altro,
e quindi “tutto viene riciclato”.
“IN NATURA NULLA SI CREA E NULLA SI DISTRUGGE,
MA TUTTO SI TRASFORMA”
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Scienze e Tecnologie Applicate
L’ecosistema
L’ambiente non vivente (componente abiotica) e le comunità formate da popolazioni di esseri viventi (componente biotica)
instaurano interazioni reciproche e sono entrambi necessari al mantenimento della vita sulla terra. Questo sistema
interconnesso di comunità e ambiente prende il nome di ecosistema.
All’interno di un ecosistema alcuni fattori per cause naturali diverse, possono cambiare interrompendo l’equilibrio stabilito.
L’ecosistema però è in grado di rispondere a modesti cambiamenti ristabilendo, in breve tempo, la situazione iniziale.
Questa tendenza prende il nome di: OMEOSTASI
e corrisponde pienamente a ciò che in chimica viene chiamato: PRICIPIO DELL’EQUILIBRIO MOBILE (o di Le Chatelier)
Figura 6.11 - Ecosistemi in equilibrio
Dal punto di vista trofico (nutrimento), un ecosistema è costituito da organismi autotrofi (produttori di materia organica)
per lo più fotosintetici e da organismi eterotrofi (consumatori e decompositori di sostanza organica).
I rifiuti nell’ecosistema
Non necessariamente in natura uno scarto risulta dannoso grazie alla tendenza degli ecosistemi all’omeostasi.
Se consideriamo ad esempio gli scarti costituiti dalle foglie che in autunno cadono al suolo, oppure da un animale morto
o dai suoi escrementi (tutti elementi costituiti da sostanza organica), in un tempo più o meno breve, le miriadi di
microorganismi presenti nel suolo o nelle acque si attivano per demolirli.
La demolizione avviene scomponendo, attraverso attività aerobica o anaerobica, le molecole organiche complesse in
molecole organiche semplici che, successivamente, per l’intervento dei microrganismi stessi, vengono mineralizzate. Le
sostanze minerali prodotte costituiscono il nutrimento per piante e alghe
(organismi autotrofi) e in tal modo viene operato il descritto ciclo della
materia.
Le carogne animali possono diventare nutrimento per altri animali predatori
come le iene, gli avvoltoi o i condor delle Ande o della California. Esse
costituiscono anche un'importante risorsa di cibo per grandi carnivori e
onnivori nella maggior parte degli ecosistemi.
Rifiuti biodegradabili - Ecosistema - Inquinamento
Figura 6.12 - Un tappeto di foglie, substrato per la Quando in un ecosistema vengono immesse sostanze dello stesso tipo di
quelle naturalmente presenti o utilizzate dagli organismi viventi
demolizione da parte dei microrganismi
(biodegradabili) queste non creano problemi se sono in quantità sostenibile
da parte dell’ecosistema mentre, se le quantità introdotte sono elevate,
provocano uno stress dell’ecosistema e, come possibile conseguenza, la
perdita irreversibile del suo equilibrio. In simili casi possiamo parlare di
inquinamento definendolo come la modifica sfavorevole dell’ambiente
non prodotta naturalmente, ma provocata, direttamente o
indirettamente, dall’attività dell’uomo.
Un esempio eclatante di inquinamento è l’eutrofizzazione: questo fenomeno
può verificarsi in un lago, in un fiume o nel mare.
L’eutrofizzazione è causata da un eccessivo apporto al corpo idrico di
Figura 6.13- Un rapace vive anche grazie agli scarti nutrienti a base di fosforo e azoto che provoca una elevata proliferazione e
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risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
crescita di alghe (aspetto apparentemente buono), aumentando così la
sostanza organica. In tale maniera il corpo idrico viene impoverito di
ossigeno in quanto le alghe morte, depositandosi sul fondo, fanno sì che i
microrganismi biodegradatori, cibandosi di esse, consumino molto
ossigeno producendo un ambiente asfittico, che provoca la morte dei pesci.
In tali condizioni infatti possono crescere e svilupparsi solo microrganismi
anaerobici in grado di produrre con il loro metabolismo sostanze tossiche
per tutti gli altri organismi.
La conseguenza estrema è la morte di quell’ecosistema.
Quando in un ecosistema vengono immesse sostanze diverse da quelle Figura 6.14 - Il fiume Potomac in cui è in atto il
processo di eutrofizzazione
naturalmente presenti negli organismi o da essi metabolizzabili (non
biodegradabili), queste possono compromettere la vita di tutto il sistema
biologico e alterano tutta la catena alimentare.
Ciò avviene perché esse tendono ad accumularsi nel corpo degli organismi (bioaccumulo) che vivono in quell’ecosistema
e, attraverso la catena alimentare, si magnificano, vengono ingerite dall’uomo assieme agli alimenti (es. frutta, verdura
pesce, carne) causando malattie anche molto gravi. Ad esempio possiamo citare le sostanze utilizzate per combattere
insetti nocivi (Pesticidi come il DDT = Diclorodifeniltricloroetano) che, nel passato, hanno provocato gravi intossicazioni
alle popolazioni in quanto, entrando nella catena alimentare, sono arrivati fino all’uomo.
Il DDT ed i composti correlati hanno proprietà lipofiliche, di bioaccumulo, biomagnificazione e sono persistenti
nell’ambiente. L’organismo umano riesce a smaltire la metà della quantità assorbita in circa quattro anni. Viene trasferito
anche nel latte. La tossicità si manifesta a livello del sistema nervoso e del fegato, ha inoltre effetti negativi a livello
dell'omeostasi endocrina, della riproduzione, dello sviluppo fetale e del sistema immunitario. Il DDT è stato anche
classificato tra i possibili cancerogeni per l’uomo.
Altri pericolosi inquinanti sono il petrolio e i metalli pesanti come il Mercurio, il Manganese, il Cromo, il Cadmio ed altri.
Figura 6.15 - Lo sversamento in mare del petrolio osservato da un satellite della NASA il 1º maggio 2010
Per tali motivi è fondamentale evitare o almeno controllare sempre fenomeni inquinanti e, in aggiunta, controllare sempre
la qualità degli alimenti.
Figura 6.16 - Il controllo degli alimenti avviene a diversi livelli
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Scienze e Tecnologie Applicate
6.4 La gestione dei rifiuti: recupero, smaltimento e tutela ambientale
La gestione dei rifiuti comprende tutte le procedure e le relative metodologie riguardanti il loro intero ciclo di vita, a partire
dalla loro produzione, alla fase di raccolta, trasporto, trattamento: essa può prevedere il riutilizzo dei materiali di scarto,
il riciclaggio o lo smaltimento, con l’obiettivo primario di ridurre gli effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente.
Per il raggiungimento di tale obiettivo la migliore strategia è quella di prevenire la produzione e la formazione dei rifiuti, e
favorirne al contrario il riciclo e il recupero; in tal modo è possibile risparmiare energia, risorse naturali ed economiche e
proteggere il territorio.
L’adozione di tale strategia è frutto di scelte politiche da tempo sollecitate e incoraggiate da ideologie denominate
Ambientalismo o Ecologismo
AMBIENTALISMO: UN PO’ DI STORIA
La presa di coscienza dei pericoli per la natura e la salute umana che lo sviluppo economico e industriale avrebbe
necessariamente comportato, risale alla seconda metà dell’800.
Fra il XIX e il XX secolo in Inghilterra e, successivamente, in Germania, Francia, Stati Uniti, Olanda, Svizzera e Italia,
nacquero associazioni che misero in discussione l’idea stessa di progresso. Queste hanno mantenuto nel tempo la
loro indipendenza dalle diverse ideologie politiche, decretando la nascita di autorevoli movimenti ecologisti.
L’attività dei diversi gruppi si è affievolita durante il periodo delle guerre mondiali in quanto, in particolare dopo la
seconda guerra, il progresso tecnologico ha prodotto un cambiamento piuttosto repentino nei modelli di consumo,
nei sistemi di produzione industriale e di lavorazione agricola che, abbandonando la vecchia tradizione, hanno
abbracciato l’automazione e l’impiego di prodotti chimici. Questi nuovi modelli producendo più inquinamento, hanno
compromesso la qualità della vita e l’equilibrio naturale.
I movimenti ambientalisti iniziarono quindi a volgere il proprio sguardo non più solo alla salvaguardia dell’ambiente,
ma anche ai cambiamenti nei centri urbani dove l’industrializzazione, l’aumento demografico, la cementificazione
intensiva e il traffico autoveicolare stavano producendo inquinamento e distruzione di habitat naturali.
Sulla spinta degli effetti inquinanti dello sviluppo industriale e della eccessiva produzione di rifiuti (solidi, liquidi e
aeriformi) nacquero negli anni sessanta i primi dibattiti politici.
Nel 1962 Rachel Carson pubblicò il libro “Silent Spring” (Primavera silenziosa) che criticava l'uso indiscriminato che
si faceva allora dei pesticidi in agricoltura, destando notevoli polemiche e interesse fra la gente comune.
I movimenti ambientalisti, oltre alle denunce e alle proteste, hanno sempre fornito diverse soluzioni per non incorrere
in tali disastri. Il loro grande impegno ha portato a buoni risultati nelle politiche ambientali, come la creazione dell'Ufficio
Europeo dell'Ambiente, della Agenzia per la protezione dell’Ambiente in America (EPA), lo sviluppo e l'applicazione di
norme sulla protezione ambientale, lo sviluppo di aree protette, l'introduzione di sistemi di tassazione dei rifiuti o delle
emissioni basati sulla quantità prodotta (ad esempio la carbon tax).
In seguito, altre minacce di rilievo furono individuate nelle piogge acide, nell’inquinamento dei fiumi, nell’eutrofizzazione
dei laghi e dei mari, nel buco dell’ozono, nell’effetto serra, nel cambiamento climatico e nel riscaldamento globale.
Alcuni avvenimenti responsabili di disastri ambientali hanno aumentato la simpatia e il sostegno della gente comune
per i movimenti ambientalisti.
Si riportano di seguito a titolo di esempio solo alcuni degli innumerevoli episodi disastrosi.
Nel 1967 la petroliera Torrey Canyon naufragò sulle coste della Cornovaglia versando nel mare 120mila tonnellate di
petrolio. Contaminate 300 km di coste inglesi, francesi, olandesi.
Nel 1976 a Seveso (Italia) l’esplosione di un reattore di un’industria chimica contaminò l’ambiente con gas altamente
tossici (diossine) esponendo 6.000 persone, contaminando aria, suolo e falde acquifere: vennero abbattuti 80.000
animali e ci sono voluti anni per decontaminare l’ambiente circostante.
Il 16 marzo 1978 la petroliera Amoco Cadiz, nell’Atlantico, nei pressi del porto di Brest, in Francia, sversò 230 mila
tonnellate di petrolio in Mare. Furono inquinati in Bretagna 400 km di costa.
Nel 1984 l’esplosione di una industria chimica a Bhopal (India): 100.000 feriti e 2000 morti.
Nel 1986 a Chernobyl la fuoriuscita di una nube di materiale radioattivo dal reattore di una centrale nucleare contaminò
vaste aree intorno alla centrale, rendendo necessaria l'evacuazione di circa 336.000 persone. Nubi radioattive
raggiunsero anche l'Europa, fortunatamente con minori livelli di radioattività toccando anche l'Italia, la Francia, la
Germania, la Svizzera, l'Austria e i Balcani, fino a porzioni della costa orientale del Nord America: Il rapporto ufficiale
conta 65 morti accertati.
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Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
Nel 1991 un incendio sulla petroliera Haven, nel mar Tirreno al largo di
Arenzano (Genova), sversò in mare 144.000 tonnellate di petrolio, 30
mila tonnellate sono ancora in fondo al mare.
Nel 2010, presso la piattaforma petrolifera Deepwater Horizon del
Golfo del Messico, un’esplosione ha causato un incendio e la morte di
11 persone. La fuoriuscita di petrolio è stata stimata di 1.186.000
tonnellate. Il disastro ambientale più grave della storia americana e
forse del Pianeta, ha distrutto un intero ecosistema naturale.
La Marea Nera ha raggiunto e devastato quasi 200 chilometri di costa.
I danni arrecati agli ecosistemi marini e costieri dureranno per almeno
50 anni.
Figura 6.17 - La piattaforma Deepwater Horizon
prima dell'inabissamento
Nell'aprile del 1968, sulla scia dei dibattiti mondiali sulle problematiche ambientali, presso la sede dell' Accademia dei
Lincei a Roma, l'imprenditore italiano Aurelio Peccei, assieme allo scienziato scozzese Alexander King, a premi Nobel,
leader politici e intellettuali fondarono il “Club di Roma” (The Club of Rome). Scopo del club era quello di studiare come
i cambiamenti globali potessero ripercuotersi sull’umanità intera e ricercare soluzioni ai diversi scenari possibili. Nel 1972
fu pubblicato, ad opera di alcuni studiosi del Massachussets Institute of Technology, il rapporto sui “Limiti dello sviluppo”,
commissionato proprio dal Club di Roma. Tale rapporto riportava l’esito di una simulazione al computer delle interazioni
fra popolazione mondiale, industrializzazione, inquinamento, produzione alimentare e consumo di risorse, nell’ipotesi
che queste stessero crescendo esponenzialmente con il tempo. Dalla simulazione risultava che la crescita economica
era destinata ad arrestarsi a causa della limitata disponibilità di risorse naturali e della limitata capacità di assorbimento
degli inquinanti da parte del Pianeta, nell’arco dei futuri 100 anni.
Nel successivo studio sui “Limiti dello sviluppo”, aggiornato con i dati raccolti nei trent’anni trascorsi e pubblicato nel
2006, è stato ribadito, con maggior convinzione, il concetto di “limiti del pianeta”, limiti intesi come risorse (terra
coltivabile, acqua dolce, petrolio, gas naturale, carbone, minerali, metalli, ecc.) e come discarica di rifiuti affermando che
“La crescita della popolazione e la produzione industriale consumano risorse e producono inquinamento”.
Si è quindi introdotto il concetto di “sviluppo sostenibile”, apparso per la prima volta nel rapporto Brundtland della
Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo (WCED) che, nel 1987, ha così definito lo sviluppo sostenibile: “uno
sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di
soddisfare i propri”.
I requisiti fondamentali per lo sviluppo sostenibile sono:
• la conservazione del patrimonio naturale e del suo equilibrio
• una collaborazione tra tutti i paesi e le regioni per un equo utilizzo delle risorse
• la prevenzione dell’esaurimento delle risorse naturali
• la diminuzione della produzione di rifiuti (ottenuto anche grazie al recupero e al riciclaggio dei materiali)
• la razionalizzazione della produzione e del consumo dell’energia
Benedetto o maledetto progresso?
Cosa ne pensano alcuni personaggi illustri (aforismi)
“Non sempre ciò che vien dopo è progresso” Alessandro Manzoni, Del romanzo storico, 1830.
“Non ci sono regressi di idee, come non ci sono regressi di fiumi. Ma coloro che non vogliono avvenire ci pensino
bene. Dicendo di no al progresso, non condannano l'avvenire, ma loro stessi. Si procurano una triste malattia; si
inoculano nel passato. C'è un modo solo di rifiutare il Domani, è morire.” Victor Hugo, I miserabili, 1862.
“L'uomo ragionevole si adatta al mondo; l'irragionevole insiste nel tentare di adattare il mondo a sé. Quindi, ogni
progresso dipende dall'uomo irragionevole.” George Bernard Shaw, Uomo e superuomo, 1903.
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Scienze e Tecnologie Applicate
“Tutti i progressi della civiltà sono regressi dell'individuo.” Carlo Michelstaedter, La persuasione e la retorica, 1910.
“L'obiettivo sottinteso del "progresso" è, non esattamente, forse, il cervello sotto spirito, ma comunque un orribile
abisso subumano di mollezza e inettitudine.” George Orwell, La strada di Wigan Pier, 1937.
“Le persone affascinate dall'idea del progresso non intuiscono che ogni passo in avanti è nello stesso tempo un passo
verso la fine.” Milan Kundera, Il libro del riso e dell’oblio, 1978.
“Avvelenatore seducente, il progresso maschera sotto clamorosi vantaggi particolari una silenziosa distruzione
universale.” Mario Andrea Rigoni, Variazioni sull'impossibile, 1993.
“L'essenza del progresso è la decadenza. Progredire è morire perché vivere è morire.” Fernando Pessoa, La divina
irrealtà delle cose, 2003 (postumo).
ESERCIZI
1. Spiega brevemente il processo di eutrofizzazione.
2. Qual è il ruolo dei microrganismi presenti nel suolo o nelle acque, rispetto all’accumulo di rifiuti organici
naturali (foglie, rami secchi, escrementi, animali morti…)?
LA NORMATIVA NAZIONALE IN MATERIA DI GESTIONE DEI RIFIUTI
A partire dal 2006 tutta la norma sulla tutela dell’ambiente, e quindi anche quella in materia di gestione dei rifiuti, viene
regolamentata dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 "Norme in materia ambientale" noto anche come Testo
Unico Ambientale (TUA).
CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI SECONDO LA NORMA (Art. 184 Dlgs. 152/2006)
SECONDO L'ORIGINE
Rifiuti urbani
Rifiuti speciali
SECONDO LE CARATTERISTICHE DI PERICOLOSITA’
Rifiuti pericolosi
Rifiuti non pericolosi
ESEMPI DI RIFIUTI URBANI
Rifiuti vegetali provenienti da aree verdi
Rifiuti domestici
Rifiuti provenienti da attività
cimiteriale
(giardini, parchi e aree cimiteriali)
Rifiuti provenienti dallo
spazzamento delle strade
(esumazioni ed estumulazioni)
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Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
ESEMPI DI RIFIUTI SPECIALI
Rifiuti da attività agricole, agro industriali, commerciali, sanitarie
Macchinari e apparecchiature
deteriorati ed obsoleti;
veicoli a motore, rimorchi e
simili fuori uso e loro parti
Rifiuti derivanti dalle attività di
demolizione, costruzione, scavo
Rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento
di rifiuti, fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri
trattamenti delle acque e dalla depurazione delle
acque reflue e da abbattimento di fumi
Combustibile derivato da rifiuti
LA CORRETTA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI È IN OGNI CASO SEMPRE RESPONSABILITÀ DEL LORO
PRODUTTORE
PRICIPALI ATTIVITA’ INERENTI LA GESTIONE DEI RIFIUTI
(le definizione sono tratte dalla norma)
"Gestione": la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresi il controllo di tali operazioni e gli
interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento, nonché le operazioni effettuate in qualità di commerciante o
intermediario.
“Raccolta": il prelievo dei rifiuti, compresi la cernita preliminare e il deposito, ivi compresa la gestione dei centri di
raccolta ai fini del loro trasporto in un impianto di trattamento.
“Raccolta differenziata": la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo ed alla natura dei rifiuti
al fine di facilitarne il trattamento specifico.
“Recupero": qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile,
sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli
ad assolvere tale funzione, all'interno dell'impianto o nell'economia in generale.
“Riciclaggio": qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o
sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il trattamento di materiale organico ma non
il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di
riempimento.
"Stoccaggio": le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti nonché le attività
di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti.
"Deposito temporaneo": il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono
prodotti o, per gli imprenditori agricoli, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi
compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci.
"Smaltimento": qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l'operazione ha come conseguenza
secondaria il recupero di sostanze o di energia.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Recupero e riciclaggio dei rifiuti
I rifiuti, dopo essere stati trasportati all’impianto di destinazione, nei modi prescritti dalla legge, che prevede la loro
tracciabilità, vengono, per quanto possibile, recuperati e riciclati. I restanti devono essere smaltiti.
Si tratta di operazioni che implicano in primis un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti.
Figura 6.18 - Schema degli scarti riciclabili
• La raccolta differenziata
È un sistema di raccolta dei rifiuti solidi urbani che prevede, per ogni tipologia di rifiuto, una prima selezione, in base al
tipo, da parte dei cittadini a differenza della raccolta totalmente indifferenziata, prevalente sino a pochi anni fa.
Il fine ultimo è la separazione dei rifiuti in modo tale da reindirizzare ciascuna tipologia di rifiuto differenziato verso il
rispettivo e più adatto trattamento di smaltimento o recupero che va dallo stoccaggio in discarica o
dall'incenerimento/termovalorizzazione per il residuo indifferenziato, al compostaggio per l'organico e al riciclaggio per il
differenziato propriamente detto (carta, vetro, plastica, metallo ed altro).
Per quanto detto dunque, la raccolta differenziata è propedeutica alla corretta e più avanzata gestione dei rifiuti,
costituendone di fatto la prima fase dell'intero processo, ma perde di senso in mancanza degli impianti di
trattamento/smaltimento dei rifiuti differenziati.
Nella raccolta differenziata porta a porta, non sono i cittadini a portare i rifiuti nei cassonetti, ma sono gli incaricati del
servizio che passano a domicilio a ritirarli. Per facilitare le operazioni, vengono spesso forniti alle famiglie bidoni o bidoncini.
La raccolta differenziata presuppone che in uno stesso contenitore o sacco vengano inseriti rifiuti omogenei (solo carta
o solo plastica o solo vetro e così via). Tuttavia, per comodità degli utenti, è possibile abbinare prodotti facilmente
separabili a valle e si parla allora di raccolta multimateriale (per esempio, vetro e metallo, oppure plastica e metallo).
La norma prevede che i Comuni debbano provvedere a realizzare la raccolta differenziata e che le autorità competenti
debbano realizzare, altresì, la raccolta differenziata almeno per carta, metalli, plastica e vetro e, ove possibile, per il legno.
Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti devono essere raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto
di vista tecnico, economico e ambientale, e non devono essere miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà
diverse.
• Riciclaggio e riutilizzo, di materiali
(es. carta, plastica , vetro, oli esausti, scarti alimentari …)
Il riciclaggio è l'insieme di strategie e metodologie volte a recuperare dai rifiuti materiali utili al fine di riutilizzarli anziché
smaltirli direttamente in discarica o in inceneritore.
Il riciclaggio dei rifiuti, oltre a risolvere il problema delle discariche, consente importanti risparmi di energia e di materie
prime (p.es. la produzione di 1 t di carta riciclata richiede circa 400.000 litri d'acqua e 5000 kWh in meno di una stessa
quantità di carta nuova e fa risparmiare 15 alberi). Anche il conferimento in discarica tradizionale dell'umido risulta uno
spreco, poiché può essere utilizzato per produrre compost.
I materiali riciclabili sono tutti i rifiuti che possono venire riutilizzati per produrre nuovi oggetti uguali allo scarto (vetro,
carta, plastica ) oppure utilizzati per produrre nuovi materiali (legno, tessuti).
Possono essere riciclate materie prime, semilavorati o materie di scarto derivanti da processi di lavorazione, da comunità
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Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
di ogni genere, come per esempio scarti alimentari provenienti da città, organizzazioni, villaggi turistici o da altri enti che
producono materie di scarto che andrebbero altrimenti sprecate o gettate come rifiuti, spesso grazie ad un
precedente processo di raccolta differenziata.
Il riciclaggio evita pertanto lo spreco di materiali utili, riduce il consumo di materie prime e di energia e riduce l'emissione
di gas serra, costituendo nello stesso tempo una fonte concreta di business per coloro che investono nel settore.
Le materie più comuni che possono essere riciclate producendo materie prime, secondarie e non, sono:
• legno
• vetro
• carta e cartone
• tessuti
• pneumatici (gomma)
• alluminio
• acciaio
• plastica
• oli esausti
Ad esempio la plastica, essendo molto usata per gli imballaggi, è uno dei principali componenti dei rifiuti solidi; inoltre,
non è biodegradabile, infatti il suolo impiega più di millecento anni per smaltirla. Alcune tipologie di plastica, quando
bruciate, sono tossiche ed è quindi fondamentale riciclarla quanto più possibile. Molti tipi di plastica possono essere
facilmente riciclati. Lo stesso discorso vale per il vetro e per i metalli come il ferro, l’alluminio, l’acciaio.
Infine, con il recupero di altre tipologie di rifiuti di natura organica è possibile produrre compost, fertilizzanti, e soprattutto
energia.
Smaltimento dei rifiuti
I rifiuti non riciclabili vengono smaltiti in condizioni di massima sicurezza. Lo smaltimento costituisce la fase finale del
ciclo di gestione dei rifiuti e deve essere effettuato secondo regole normativamente definite:
• I rifiuti da smaltire devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume. I rifiuti urbani non pericolosi non
possono essere smaltiti in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o
internazionali.
• La realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione
garantisce un elevato livello di recupero energetico.
• Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati devono essere attuati con il ricorso ad una rete
integrata ed adeguata di impianti al fine di:
 realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti
territoriali ottimali;
 permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini
ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico
o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
 utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute
pubblica.
• Tecnologie e metodi di smaltimento
Lo smaltimento dei rifiuti, come abbiamo detto, costituisce la fase definitiva del ciclo di vita del rifiuto. Poiché nessun
metodo di smaltimento garantisce al 100% l’innocuità in termini di impatto ambientale, è importante osservare l’indirizzo
di ridurre il più possibile la produzione di rifiuti e soprattutto eseguire un recupero che si approssimi, in tempi brevi,
possibilmente al 100%.
I sistemi di smaltimento più frequentemente utilizzati sono il “confinamento in discarica controllata” e “l’invio ad
incenerimento”.
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161
Scienze e Tecnologie Applicate
La discarica dei rifiuti
In Europa e in Italia il più diffuso sistema di smaltimento, anche per la sua
relativa economicità, è quello del confinamento in discariche controllate,
nelle quali viene trasportato l'88% dei rifiuti solidi urbani e l'82% di quelli
industriali, mentre il restante viene in gran parte bruciato negli inceneritori.
Solo una minima parte viene inviata negli impianti di compostaggio e
riciclaggio.
La discarica di rifiuti è un luogo dove vengono depositati/stoccati in modo
non selezionato e permanente i rifiuti solidi urbani e quei rifiuti che non è
stato possibile o che non si è voluto riciclare o bruciare ed utilizzare come
combustibile negli inceneritori (detti anche termovalorizzatori) con recupero Figura 6.19 - Una moderna discarica
energetico.
Il metodo prevede lo stoccaggio definitivo dei rifiuti per strati sovrapposti, allo scopo di facilitare la decomposizione della
materia organica che avviene prevalentemente ad opera di batteri anaerobici presenti nei rifiuti. Per ovviare al pericolo di
inquinamento dell’ambiente circostante (acque, suolo, aria e paesaggio) derivato dal percolato e dai biogas prodotti dal
metabolismo microbico, e per evitare di arrecare danno agli abitanti del territorio (odori molesti, rumori, dispersioni di
polveri, sviluppo di insetti), le discariche devono essere costruite in siti geologicamente idonei, lontani dai centri abitati e
dalle falde acquifere, con criteri ben definiti in base anche alla tipologia dei rifiuti che devono ricevere. Le diverse tipologie
di discariche previste dalla legge sono quelle individuate dal D.Lgs. 13/01/2003 n.36 (attuazione della direttiva
1999/31 CE) e si distinguono in:
• discarica per rifiuti inerti
• discarica per rifiuti non pericolosi
• discarica per rifiuti pericolosi
È intuitivo che, salvo modifiche successive, ciascuna discarica deve accogliere solo quel determinato tipo di rifiuti.
Nelle moderne discariche, i rifiuti trasportati da mezzi idonei vengono sparsi sul terreno (impermeabilizzato con idonei
materiali) e successivamente compressi da bulldozer; l’operazione viene ripetuta più volte, fino al raggiungimento di uno
strato di rifiuti di circa 3 metri; quindi si ricopre il tutto con un sottile strato di argilla anch’esso compattato. A questo
punto si ripete con la sovrapposizione di un altro strato di rifiuti e argilla. Queste operazioni continuano fino al
raggiungimento dell’altezza prevista dalla progettazione di quella discarica.
Essa, anche se progettata e costruita correttamente, deve essere tenuta sotto sorveglianza per almeno 30 anni dopo la
sua chiusura. In questo lasso di tempo il terreno superficiale viene utilizzato per altri scopi (in genere usato per la crescita
di piante, erba o alberi).
In generale, in funzione della caratteristiche geomorfologiche ed idrogeologiche del sito prescelto, vengono realizzati
sostanzialmente tre tipi di discariche:
• discariche in avvallamento (o in trincea): sono realizzate per riempimento
di vecchie cave dismesse o di "fosse" scavate appositamente nel terreno;
• discariche in rilevato: poggiano a livello del piano campagna e si
sviluppano in altezza;
• discariche in pendio: sono realizzate a ridosso di pendii, per riempimento
di squarci aperti lungo i versanti dovuti a cave, aree calanchive o impluvi.
Per evitare dispersioni nel sottosuolo e nell’aria dei prodotti della
biodegradazione che avviene in discarica (biogas e percolato), il biogas,
costituito principalmente da anidride carbonica e metano, viene raccolto
Figura 6.20 - Una discarica attiva
mediante un’apposita rete di captazione e al percolato viene impedita
l’infiltrazione nel suolo grazie all’uso di sistemi naturali o artificiali di impermeabilizzazione. Per tale motivo le discariche
devono essere periodicamente monitorate.
L’incenerimento
È un sistema di smaltimento che prevede la combustione dei rifiuti in appositi forni inceneritori, all’interno dei quali i rifiuti
vengono bruciati su griglie mobili allo scopo di ridurne il volume ed ottenere un residuo inerte (ceneri). Il calore sviluppato
dal processo di combustione viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, successivamente utilizzato per la
produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento).
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progress
Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di
inceneritori con recupero energetico, o, più comunemente,
termovalorizzatori. Il forno è solitamente dotato di una o più griglie mobili
onde consentire il continuo movimento dei rifiuti durante la combustione.
Una corrente d'aria forzata viene inserita nel forno per apportare la
necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione,
mantenendo la temperatura fino a 1000 °C e più.
Il rendimento di tali impianti è in ogni caso di molto inferiore rispetto a quello
di una centrale elettrica, in quanto i rifiuti non sono un buon combustibile
Figura 6.21 - L’inceneritore di Thun, nel cantone di
per via del loro basso potere calorifico e le temperature raggiunte in camera
Berna in Svizzera
di combustione sono inferiori rispetto a quelle delle centrali tradizionali.
Figura 6.22 - Interno del forno di un inceneritore a
griglie
Figura 6.23 - Rifiuti trattati in attesa di essere avviati
alla combustione
Talvolta per aumentare l'efficienza della combustione insieme ai rifiuti viene bruciato anche del gas metano. Secondo la
normativa, gli inceneritori devono essere costruiti in modo tale da poter recuperare energia dal calore sprigionato dalla
combustione.
L’IMPATTO DEI TERMOVALIRAZZATORI SULLA SALUTE: UNA QUESTIONE ANCORA APERTA
Non va trascurato l’impatto che queste apparecchiature possono avere sulla salute umana: studi epidemiologici,
condotti in paesi sviluppati e su campioni molto estesi di popolazione esposta, avrebbero evidenziato una probabile
correlazione tra patologie tumorali (sarcoma) e l'esposizione a diossine derivanti da inceneritori e da attività industriali.
Altra fonte d'inquinamento sarebbero anche, secondo alcuni studi, i metalli pesanti, con aumenti statisticamente
significativi di alcune patologie tumorali nelle donne residenti in zona da almeno cinque anni, ma non negli uomini.
RIFLETTIAMO SULLE PAROLE: IL TERMINE “TERMOVALORIZZATORE”
Il termine termovalorizzatore usato per gli inceneritori, seppur di uso comune, è talvolta criticato in quanto sarebbe
fuorviante. Infatti, secondo le più moderne teorie sulla corretta gestione dei rifiuti, gli unici modi per "valorizzare" un
rifiuto sono prima di tutto il riuso e poi il riciclo, mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce
semplice smaltimento ed è comunque da preferirsi alla semplice discarica di rifiuti indifferenziati. Si fa notare che il
termine non viene inoltre mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di
"inceneritori".
Dal residuo della combustione viene recuperato il ferro e le scorie vengono prevalentemente smaltite in idonea
discarica. Durante il processo di incenerimento vengono prodotti gas che, prima di essere rilasciati in atmosfera,
devono subire un abbattimento degli inquinanti al fine di soddisfare i limiti di emissione previsti dalla legge.
Il compostaggio
Il “compostaggio” è un altro tipo di smaltimento/ recupero specifico per i rifiuti organici. Esso prevede la loro separazione
dai rifiuti solidi, a monte, con una raccolta differenziata. Il materiale organico raccolto viene sminuzzato e disposto in
mucchi sul terreno oppure introdotto in particolari impianti aerati che consentano lo sviluppo di microrganismi
prevalentemente aerobi che, attraverso la decomposizione, producono humus e sostanza minerale. Questo tipo di
smaltimento, che può essere attuato da ciascuno anche nel proprio giardino munendosi di una compostiera, si realizza
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Scienze e Tecnologie Applicate
nell’arco di un mese o poco più. Il prodotto ottenuto e che viene chiamato “compost”, mescolato con alcuni additivi può
essere utilizzato come fertilizzante. Su base industriale il compostaggio viene utilizzato per la trasformazione in compost
di scarti organici, come ad esempio la cosiddetta frazione umida dei rifiuti solidi urbani. Chiamato anche “terricciato” o
“composta”, è quindi il risultato della decomposizione e dell'umificazione di un misto di materie organiche (come ad
esempio residui di potatura, scarti di cucina, letame, liquame o rifiuti del giardinaggio come foglie ed erba falciata) da
parte di macro e microrganismi in condizioni particolari: presenza di ossigeno ed equilibrio tra gli elementi chimici della
materia coinvolta nella trasformazione.
Tecnicamente il compostaggio è un processo biologico aerobico e controllato dall'uomo, che porta alla produzione di
una miscela di sostanze umificate (il compost) a partire da residui vegetali sia verdi che legnosi o anche animali, mediante
l'azione di batteri e funghi.
Il compost delle industrie produttrici, viene venduto per essere utilizzato come fertilizzante anche su prati o nei campi
prima dell'aratura e sfruttato in agricoltura come fertilizzante naturale evitando il ricorso a concimi chimici a pieno campo.
Con il suo impiego si aumenta l'apporto di sostanza organica migliorando la struttura del suolo e la biodisponibilità di
elementi nutritivi (composti del fosforo e dell'azoto). Come attivatore biologico aumenta inoltre la biodiversità della
microflora nel suolo.
Separazione, recupero e riduzione volumetrica dei rifiuti: tra norma e tecnologia
Lo smaltimento dei rifiuti costituisce la fase finale del ciclo di vita di un rifiuto (gestione) e deve essere effettuato in
condizioni di sicurezza e solo dopo verifica, da parte della competente autorità competente, della impossibilità tecnica
ed economica di effettuare una o più delle operazioni di recupero previste dall’art. 181 (dal TUA – d.lgs. 152/2006 e
s.m.i.).
I rifiuti avviati allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, prevenendo la
loro formazione e incentivando al contrario le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recupero nonché, ove possibile,
favorendo lo smaltimento di quei rifiuti non recuperabili derivanti dalle operazioni stesse di riciclaggio o di recupero
(dal TUA – d.lgs. 152/2006 e s.m.i.).
Lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi vengono prodotti, è in ogni
caso vietato fatti salvi eventuali espressi accordi tra Regioni o tra Stati (dal TUA – d.lgs. 152/2006 e s.m.i.).
La norma accoglie anche il principio comunitario di “autosufficienza e prossimità”.
Lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati devono essere attuati attraverso una rete integrata ed
adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecnologie disponibili (BAT-Best Available Technologies) e del
rapporto (costo/beneficio) che consenta di:
• realizzare l'autosufficienza della singola Regione in merito allo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e di quelli
generati dal loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
• permettere lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi
di produzione;
• utilizzare le migliori metodologie e tecnologie atte garantire il più alto grado di protezione dell'ambiente e della
salute (dal TUA – d.lgs. 152/2006 e s.m.i.).
Di seguito si riportano le più comuni tecnologie utilizzate per la separazione dei rifiuti nonché per il loro recupero o per la
riduzione volumetrica.
• Separazione
Per la Separazione dei rifiuti le sottoelencate tecnologie possono essere utilizzate per separare sia i materiali provenienti
dalla raccolta differenziata del multimateriale, sia i rifiuti indifferenziati. In generale i rifiuti vengono immessi su un nastro
trasportatore e su questo separati attraverso cernita manuale o attraverso tecnologie di seguito riportate.
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Tecnologie
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Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
 Separazione gravimetrica (Density Separation): in questa operazione, effettuata prima che i rifiuti vengano avviati al
trattamento vero e proprio, i diversi materiali costituenti vengono separati in base al loro peso specifico dopo essere
stati immessi in acqua. La separazione si effettua per mezzo di impianti, detti separatori o classificatori, che possono
essere di diversi tipi e precisamente:
• Classificatori ad aria (o separatori aeraulici)
• Classificatori a letto fluido
• Classificatori e separatori balistici
Questa tecnica prevede solitamente che i rifiuti siano stati preliminarmente sottoposti a trattamenti di triturazione e
vagliatura che producono quindi un materiale finemente triturato e già distinto in due frazioni di cui una più pesante
(in genere costituita da metallo, legno, inerti e vetro) ed una più leggera (carta, plastica e materiale organico).
 Separazione tramite ordinamento ottico (Optical Sorting): in alcuni punti del nastro trasportatore che trasporta i rifiuti
indifferenziati vengono collocati specifici sistemi ottici che, senza l’intervento di un operatore, permettono la
separazione delle diverse tipologie di rifiuto.
 Separazione magnetica (Magnetic Separation System): questa operazione è volta a separare le diverse componenti
dei rifiuti in base alle intrinseche proprietà magnetiche degli elementi che li compongono. La frazione di materiale ferroso
presente in un insieme di diversi materiali (rifiuti tal quali o pretrattati, residui di incenerimento, prodotti provenienti da
raccolta differenziata…) viene separata per mezzo di magneti permanenti o elettromagneti. I magneti vengono sistemati
lateralmente o superiormente al nastro trasportatore in modo da consentire la sottrazione dei materiali ferrosi al loro
passaggio e l’invio ad un altro nastro o settore. La tecnica è ampiamente impiegata e permette efficienze di separazione
superiori al 95%.
Oltre alla separazione dei metalli ferrosi dai rifiuti, è possibile recuperare, attraverso separazione, metalli non ferrosi, quali
alluminio, rame, acciaio inox, ottone, ed altri. Il separatore per metalli non ferrosi è chiamato deferrizzatore o anche
separatore a correnti indotte o ECS (Eddy Current System). In questo sistema i componenti metallici, esposti a un
campo magnetico ad alte frequenze, sono percorsi da correnti di Foucault che creano un campo magnetico che si
oppone alla causa che l’ha generato. Risulta quindi una forza di repulsione che tende ad allontanare i metalli dalla sorgente
del campo magnetico. Un esempio di separatore per metalli non ferrosi è quello del tipo “a rullo induttore”: questo è
configurato come un separatore a tamburo, ma all’interno del rullo e alle estremità è situato un rotore magnetico, avente
campo magnetico a polarità alternata (nord-sud) attorno alla propria circonferenza, posto in rotazione ad elevata velocità.
Le componenti metalliche non ferrose presenti nel rifiuto, una volta allontanante dal materiale rimanente, cadono
seguendo una traiettoria differente, e recuperate tramite appositi deviatori.
 Separazione elettrostatica (Elettrostatic Separation): si tratta di una tecnica basata su un insieme di operazioni di
pretrattamento volte a separare le diverse componenti dei rifiuti indifferenziati in base alle proprietà elettrostatiche tipiche
degli elementi che li compongono. Viene utilizzata principalmente per separare diversi tipi di plastica in funzione della
loro carica elettrostatica (polarità).
Allo scopo vengono impiegati campi elettrici ad elevata differenza di potenziale, che consentono la separazione dei
componenti del rifiuto aventi differente conducibilità elettrica. Tale sistema può essere impiegato anche in impianti di
trattamento dei materiali raccolti in modo differenziato, dove è possibile separare sia la frazione conduttrice (metalli) da
quella non conduttrice, sia frazioni con differente umidità o diversa capacità di elettrizzarsi.
 Air separation: permette di separare i materiali di scarto più leggeri (es. plastica o carta ) attraverso soffi di aria in
controcorrente e un sistema di aspirazione dei materiali che si sollevano.
 Sink float: questo processo consente di separare dai rifiuti materiali contenenti elementi riutilizzabili (principalmente
carta, plastica).
Il sistema è composto da un serbatoio di alimentazione, da una apparecchiatura di schiacciamento e da un serbatoio
separatore. Ove la separazione venga effettuata tramite assorbimento con solvente preferito, è possibile separare anche
due o più polimeri aventi lo stesso peso specifico.
Questi si mettono a contatto con un solvente (alcool, chetone o altro) e il polimeriche assorbirà il solvente diventerà più
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Scienze e Tecnologie Applicate
leggero. Questo sistema presenta tuttavia l’inconveniente dell’infiammabilità dei solventi e del loro recupero.
 Vagliatura: detta anche separazione dimensionale dei rifiuti, consiste nella separazione dei materiali di scarto in
base alla dimensione dei frammenti.
Attraverso specifici dispositivi, detti vagli, possono essere separati materiali di diversa pezzatura, attraverso il passaggio
in uno o più corpi dotati di fori della dimensione voluta.
Tra i tipi di vagli più comuni vi sono quelli a tamburo, i vibrovagli e i vagli a dischi.
L’operazione di vagliatura, consente di separare, ad esempio:
• i materiali ingombranti da quelli più piccoli
• i materiali leggeri combustibili (la cosiddetta “frazione secca”) da quelli pesanti non combustibili (frazione umida)
• il vetro e la sabbia dai materiali combustibili
• la carta e la plastica dal vetro e dai metalli
• Riduzione volumetrica dei rifiuti
Tra le più comuni tecniche di riduzione volumetrica vanno annoverate:
 il Crushing (schiacciamento): si tratta di un sistema di schiacciamento/ frantumazione di materiali di grandi dimensioni
quali ad esempio elettrodomestici e rifiuti da costruzione. Un esempio è l’operazione di ”Can Crush” consiste nel
frantumare parzialmente le lattine o i fusti metallici utilizzando aria calda e ghiaccio;
 il Grinding: (macinatura);
 il Dismanting: (smantellamento): usato principalmente per i RAE (rifiuti elettrici ed elettronici); lo Shredding (triturazione)
 il Regrinding (riaffilatura): sistema che fa uso di trituratori industriali con lame in acciaio aventi diversa geometria (ad
uno o più becchi) e scelte in funzione del materiale da triturare. Con questo sistema possono essere trattati rifiuti come
carta e cartone, plastica, ingombranti, speciali, ospedalieri, industriali pericolosi, pneumatici, RSU.
ESERCIZI
1. Quale decreto legislativo (Dlgs) riporta le “norme in materia ambientale”?
2. In riferimento alla domanda precedente, cosa indica la sigla RSU?
3. Da quale frazione della raccolta differenziate si ottiene il compost? A chi o a cosa è dovuto il processo di
produzione?
4. Quale può essere il vantaggio della raccolta differenziata?
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Tecnologie
delle
Applicate
risorse
Capitolo 6 - Tutela ambientale
Scienze e gestione
NESSI E COLLEGAMENTI
L’acqua è una risorsa da tutelare. Comportamenti corretti, tesi ad evitarne lo spreco e a proteggerla dall’inquinamento,
sono doverosi soprattutto in un mondo dove l’industrializzazione pone problematiche collegate all’equilibrio degli
ecosistemi. In questa prospettiva, un corretto trattamento dei reflui, normativamente definito, assume particolare
importanza e prevede l’uso di tecnologie e biotecnologie (cfr. cap. I) oggi considerate strumenti indispensabili alla tutela
ambientale.
Nella stessa ottica, gli scarti vengono trattati come risorse quando è possibile recuperarli e riciclarli. Fonti di energia (cfr.
cap. VII), cibo per alcune specie animali, la loro gestione (recupero, riciclaggio e smaltimento), sfrutta tecnologie in
continua evoluzione (cfr. cap.I) e pone in primo piano la necessità di operare in condizioni di sicurezza (cfr. cap. VIII) per
i lavoratori e al riparo da rischio ambientale.
VI
Capitolo
I Capitolo
Scienza e tecnologia
La tecnologia e le
biotecnologie forniscono
gli strumenti per la
corretta gestione delle
risorse
VII Capitolo
L’energia
I reflui e gli scarti
diventano fonte di energia
se correttamente gestiti
VIII Capitolo
Sicurezza
Il trattamento dei reflui e le operazioni
di recupero, riciclo e smaltimento dei
rifiuti deve essere effettuato
garantendo le condizioni di sicurezza
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Scienze e Tecnologie Applicate
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Capitolo 7 - L’energia: un bene universale
CAPITOLO SETTIMO
L’ENERGIA: UN BENE UNIVERSALE
Tutto ha inizio dal Sole e dalla Terra…
QUADRO INIZIALE
In questo capitolo ci si propone di porre gli alunni di fronte al tema dell’energia in una prospettiva critica: energia problema
e risorsa al tempo stesso. L’evoluzione del concetto di energia nel tempo ha accompagnato l’evoluzione del pensiero
scientifico e i cambiamenti storico-sociali. Si mette dunque in evidenza la difficoltà, o forse l’impossibilità, di definire
univocamente “l’energia”. Vengono trattate le diverse forme di energia ponendo l’accento sulle fonti rinnovabili, senza
trascurare le tecnologie necessarie per il loro impiego.
Uno sguardo attento alla sostenibilità ambientale, impone di riflettere sulla necessità di assumere comportamenti utili a
ridurre il consumo energetico, ottimizzandone l’efficienza, per limitare la dipendenza dall’approvvigionamento dei
combustibili fossili e diminuire le emissioni inquinanti. Sostenere politiche energetiche propugnate dall’Unione Europea,
finalizzate ad ottimizzare l’efficienza energetica riducendo gli effetti inquinanti, appare oggi un valore per ciascun cittadino
del mondo, nella consapevolezza che la tutela del pianeta è un dovere anche nei confronti delle future generazioni.
7.1 L’energia: una definizione non basta!
Solitamente leggiamo sui libri o sentiamo dire che, “…
L'energia viene definita come la capacità di compiere un
lavoro…” questa affermazione è senz’altro giusta per la
termodinamica ma potrebbe essere riduttiva in quanto
non sempre l’energia si trasforma in lavoro meccanico.
Tuttavia nel Sistema di misura Internazionale (S.I.) sia il
lavoro meccanico che l’energia vengono espresse in Joule
(J). Se ci chiediamo cosa è l’energia contenuta in un corpo
allora possiamo renderci conto che la risposta non potrà
mai venire da una semplice definizione:
“La Scienza definisce l’energia come attitudine a compiere
un lavoro” (Testo di Chimica per le medie superiori) “In
generale si intende per energia l’attitudine di un corpo (un
uomo, una macchina, ecc.) a compiere lavoro, per ciò la
misura dell’energia di un corpo costituisce anche una misura del lavoro che tale corpo è in grado di compiere ” (Testo
di Fisica per il liceo scientifico)
“L’energia di un corpo è la misura del lavoro che il corpo può compiere in virtù del particolare stato in cui si trova” (Testo
universitario per Ingegneria e Fisica)
“Abbiamo interpretato l‘energia cinetica di un corpo come la sua capacità a compiere lavoro per effetto del movimento”
(Testo universitario americano)
“Un corpo possiede energia quando è in grado di compiere lavoro [...]. Un corpo in movimento è in grado di compiere
169
Scienze e Tecnologie Applicate
lavoro per effetto della veocità posseduta. Quando la velocità si annulla, il corpo perde la capacità di compiere lavoro”
(Testo di Fisica per il l iceo scientifico)
…. ma, tutte le definizioni riportate riescono a spiegare sempre, in modo completo ed esauriente, il concetto di energia?
Per meglio esprimere il concetto legato alla difficoltà di “ingabbiare l’energia” in una semplice definizione consideriamo
un paradosso.
Un uomo con un pesante bagaglio in mano fino a quando resta fermo non compie lavoro! In effetti per la Fisica, anch e
se l’uomo suda nel tenere in mano la valigia, finché resta immobile non compie alcun lavoro…Il Lavoro in Fisica è legato
direttamente al lo spostamento, per questa ragione l’uomo con la valigia in mano, anche se pesantissima, non sta
compiendo lavoro (certamente sarà difficile convincere lo sfortunato “uomo immobile” con la pesante valigia in mano!!
Proviamoci).
Un getto di vapore ad alta pressione diretto verso una turbina collegata ad un generatore produce corrente elettrica
quindi energia utilissima all’uomo. In questo caso l’energia legata alla pressione del vapore si trasforma in energia elettrica
grazie ad un generatore. Lo stesso getto di vapore ad alta pressione, con lo stesso contenuto di energia, senza il
generatore sarebbe un semplice e curioso “pennacchio bianco” disperso nell’atmosfera!
Danis Papin
(Blois 1647 – Londra 1712)
Matematico, fisico e inventore
francese. Ha effettuato parecchi lavori
fondamentali sulla macchina a vapore.
Costruisce la sua prima macchina, un
battello a vapore, nel 1707 partendo
dall'esperienza della pentola a
pressione. Ma questa superba
invenzione
comportò
molte
Figura 7.1- Una Macchina controversie da parte dei battellieri che
a Vapore del XVIII secolo
minacciarono di distruggere il battello.
L’energia nell’antichità: tra scienza e filosofia, l’evoluzione del concetto di energia verso una definizione impossibile
Il termine ἐνέργεια (energia) fu introdotto da Aristotele (filosofo greco del IV secolo a.C.) per esprimere l’essere in
azione di un corpo verso il suo fine in contrapposizione al termine δύναμις che indica la capacità potenziale di agire.
Nei secoli successivi, fino al XVIII secolo, il concetto Aristotelico di energia si è perso. A metà del
XVIII secolo il filosofo scozzese David Hume affermava che le parole “potenza", “forza" e "energia“
fossero sinonimi dal significato oscuro e incerto.
Nel 1842 la Encyclopaedia Britannica dedicava alla parola solo poche righe:
"ENERGY, a term of Greek origin, signifying the power, virtue, or efficacy of a thing. It is also
used figuratively, to denote emphasis of speech." Il concetto di energia, fondamentale nella
fisica classica, non è ancora compiutamente definito.
Ma facciamo un passo indietro…
Figura 7.2- Aristotele
(384 a.C.-322 a.C.)
Dettaglio della “Scuola di
Atene” di Raffaello Sanzio
(1509).
170
1600 - La rivoluzione scientifica:
con Galileo , padre della scienza moderna, si passa dall’ “ipse dixit”
aristotelico al metodo scientifico.
… E il mondo è costretto a guardare il cielo con occhi diversi…
… La fisica comincia ad occuparsi del come e non del perché (dal
finalismo aristotelico al meccanicismo cartesiano).
Figura 7.3
Galileo Galilei 1564 - 1642
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- L’energia:
e Tecnologie
un bene universale
Applicate
Capitolo 7 Scienze
Nella dinamica newtoniana originaria il concetto di energia sembra non essere rilevante.
…E nel secolo della rivoluzione industriale, con lo sviluppo delle macchine a vapore, illustri fisici
contribuiscono all’idea che il lavoro compiuto da un sistema fosse in qualche modo associata
all’energia immagazzinata o scambiata nei processi.
Bastano un paio di decenni per formulare le leggi della termodinamica.
Figura 7.4 - Isaac
Newton 1642 – 1727
Joule pose le basi del primo principio della termodinamica.
Noto è l’effetto Joule che mette in relazione l’energia elettrica e il calore.
Da lui prende il nome l’unità di misura del calore che, nel S.I., è il Joule.
Figura 7.5 - James Prescott Joule 1818 - 1889
PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA:
ΔU = Q – L
La variazione di energia interna è uguale alla differenza tra Calore (Q) e Lavoro(L). Incontriamo quindi il calore!
IL CALORE
Il calore è definito com e l’energia trasferita da un sistem a all’altro a causa della differenza di temperatura.
E ancora...
ENERGIA CHIMICA
È un’energia che varia a causa della formazione o rottura di legami chimici di qualsiasi tipo durante una reazione
chimica.
L’importante, quando si parla di energia, non è fornire una definizione che troppo spesso risulta essere oltremodo riduttiva,
ma comprendere la capacità che ha l’energia di trasformarsi!
ESERCIZIO
Come si è evoluto nel tempo il concetto di “energia”?
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171
Scienze e Tecnologie Applicate
7.2 Le diverse forme di energia e la conservazione dell’energia
L’energia esiste in tante forme diverse che durante i processi fisici si trasformano l’una nell’ altra ma si conserva, cioè la
quantità totale di essa in un sistema isolato non varia nel tempo.
Ma…alla fine di tutto il discorso, cos’è l’energia?
C’è un fatto, o se volete, una legge, che governa tutti i fenomeni naturali
finora osservati. Non è nota alcuna eccezione a questa legge. La legge
si chiama conservazione dell’energia. Essa stabilisce che esiste una
certa quantità, che chiamiamo energia, che non cambia nei molteplici
cambiamenti a cui la natura è soggetta. Si tratta di un’idea astratta,
espressa tramite una legge matematica; dice che c’è una quantità
numerica che non cambia quando succede qualsiasi cosa.
Non si tratta di una descrizione di un meccanismo, o di qualcosa di
concreto; è semplicemente la constatazione di questo fatto strano:
possiamo calcolare un certo numero all’inizio, e poi ricalcolarlo dopo
aver osservato la natura agire con tutti i suoi trucchetti, e quel numero
rimarrà lo stesso.” (Dalle lezioni di fisica di Richard Feynman, 1961)
Figura 7.5- Richard Feynman, Manhattan 1918 – Los Angeles 1988, si definiva “fisico
premio Nobel, insegnante, cantastorie, suonatore di bongo”.
Quindi: non solo energia meccanica!
Tutto nasce d al Sole…o dal centro della Terra! Le reazioni di fusione nucleare
che nel Sole comportano la trasformazione di due nuclei di Idrogeno in un
atomo di gas Elio, producono una immensa quantità di energia che si
manifesta in modo evidente:
Calore e Luce!
Energia termica (Calore) ed Energia radiante (Luce) provengono dal Sole e
rappresentano, insieme al calore proveniente dagli strati profondi del nostro
pianeta, la Terra, dove un elemento radioattivo, l’Uranio 238, decade
spontaneamente (reazione nucleare) trasformandosi in altri elementi e
rilasciando una enorme quantità di energia, le fonti primarie di energia.
Le continue trasformazioni spontanee o prodotte dall’uomo portano a forme
diverse di energia.
Immaginiamo uno dei tanti percorsi di trasformazione energetica che avviene
Figura 7.5- La fusione dell'idrogeno: un dopo una serie di trasformazioni naturali o stimolate dall’Uomo.
nucleo di deuterio si unisce con un nucleo di I raggi solari (energia radiante naturale) colpiscono un pannello fotovoltaico
trizio per produrre elio ed energia
sistemato sul tetto di una abitazione, il quale trasforma l’energia radiante in
corrente elettrica (energia elettrica). L’energia elettrica viene utilizzata dagli abitanti della casa per illuminare (energia
luminosa) per riscaldarsi (energia termica) e per ricaricare le batterie (accumulatori di energia chimica) di telefoni cellulari
e computer. Quando all’interno dell’abitazione si accendono i riscaldamenti, parte dell’energia viene dispersa attraverso
le finestre o anche attraverso le pareti e il tetto dell’abitazione stessa. L’energia dispersa costituisce un vero e proprio
spreco. Per questa ragione è molto importante che l’edificio sia predisposto in modo tale da consentire un risparmio
energetico.
Le “diverse energie”
Esistono numerose forme in cui si presenta l'energia, ed è sempre possibile trasformare l'energia da una forma all'altra,
ma tutte le trasformazioni energetiche sono regolate da due principi fondamentali.
• L’energia non si crea né si distrugge (1° principio della termodinamica).
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e Tecnologie
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Applicate
Capitolo 7 Scienze
L'energia può restare chiusa in una fonte, ma quando si libera viene utilizzata e trasformata. Ad esempio, nel mulino
l'energia di movimento dell'acqua spinge le pale e si trasforma in energia meccanica.
• Ogni trasformazione dell'energia comporta una dissipazione di una parte di essa sotto forma di calore a bassa
temperatura, non più utilizzabile (2° principio della termodinamica).
Ogni trasformazione provoca una perdita di energia.
Ad esempio, quando viaggiamo in automobile, solo il 16 % dell'energia chimica contenuta nella benzina si trasforma in
energia di movimento; il restante 84% si disperde in altre forme di energia e in calore non più utilizzabile.
Attenzione! energia dissipata non vuol dire energia distrutta. Quando, per esempio, in un automobile in corsa una
parte di energia cinetica, a causa dell'attrito, si dissipa sotto forma di calore abbiamo una perdita di energia. Essa non
è andata distrutta: il calore prodotto è una forma di energia, non più utilizzabile, ma è sempre una forma di energia!
Tutte le trasformazioni possono essere classificate in due gruppi:
• le trasformazioni esoergoniche, che sviluppano energia
• le trasformazioni endoergoniche, che richiedono energia.
Per compiere un lavoro è indispensabile possedere un sistema in grado di sfruttare l'energia di una trasformazione
esoergonica; questo vuol dire che per compiere un lavoro è sempre necessaria una fonte di energia.
• Il calore (energia termica)
Quando due corpi si trovano a temperature differenti, un flusso di calore si sposterà spontaneamente dal corpo più caldo
al corpo più freddo (principio zero della termodinamica). Questa energia è denominata energia termica, o calore. Essa
può essere prodotta in grande quantità semplicemente attraverso le combustioni, oppure per mezzo di reazioni nucleari,
o anche attraverso il passaggio di corrente elettrica attraverso un filo ad alta resistenza, come avviene nelle stufe
elettriche e in tutti gli elettrodomestici che sviluppano calore (lavatrice, forno elettrico, etc.). Questo particolare fenomeno
fisico prende il nome di “effetto Joule” e, nel caso descritto, è come se gli elettroni che attraversano il filo rallentassero
improvvisamente trasformando il lavoro elettrico in attrito e quindi in calore.
Due sono le fonti naturali del flusso di calore: il Sole e gli strati profondi della Terra.
• Energia meccanica
Secondo la Fisica classica, esistono due forme principali di energia meccanica: l'energia potenziale e l'energia cinetica
(o di movimento). L'energia potenziale dipende dall'altezza che un corpo ha dal suolo: se il corpo si muove verso il suolo,
progressivamente l'energia potenziale si trasforma in energia cinetica. Un vaso di porcellana al centro di un tavolo risulta
essere soltanto un oggetto di arredamento, nessuno di noi si preoccupa di valutare il contenuto di energia posseduto
dal prezioso oggetto. Se improvvisamente il vaso venisse urtato esso cadrebbe a terra andando in frantumi richiamando,
con un inconfondibile fragore, la nostra attenzione! Soltanto ora riusciremo a considerare il fatto che il vaso di porcellana
aveva in se racchiusa una certa quantità di energia (potenziale) che si è trasformata in onde sonore e quindi in rumore
(energia cinetica) …Una imponente diga di sbarramento di un fiume rappresenta un classico esempio di energia
potenziale. Nel momento stesso in cui le paratie vengono aperte, l’acqua fuoriesce ad elevatissima pressione attraverso
delle condotte forzate. L’enorme energia immagazzinata può essere trasformata in energia elettrica mediante una turbina
nelle centrali idroelettriche. L'energia cinetica posseduta dal vento (massa d'aria in movimento da un'area di alta pressione
verso un'area di bassa pressione) può essere utilizzata direttamente nella navigazione a vela, ma anche per mettere in
moto le pale di un mulino ed essere convertita in lavoro meccanico o in energia elettrica nelle centrali eoliche. L'energia
cinetica posseduta dal vapore acqueo ad alta pressione (prodotto scaldando acqua grazie a una combustione) può
essere anch'essa utilizzata per azionare una turbina nelle centrali termoelettriche o sfruttata per azionare le macchine a
vapore.
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Scienze e Tecnologie Applicate
• Energia chimica
Gli atomi sono uniti fra loro mediante legami chimici: le reazioni chimiche sono delle trasformazioni che comportano la
rottura di alcuni legami e la formazione di nuovi; in questo modo si ha un cambiamento nella composizione della materia.
Se una reazione è esotermica la sua energia può essere sfruttata per produrre calore, il quale, a sua volta, può essere
usato come tale (nei camini, nelle stufe a cherosene, ecc.), o essere utilizzato per produrre vapore acqueo sotto pressione
(nelle macchine a vapore, nelle centrali termoelettriche, ecc.) o essere trasformato in energia meccanica (per esempio,
nelle automobili).
LE REAZIONI DI COMBUSTIONE
Un combustibile (carbone, petrolio, gas naturale) reagisce con un comburente (ossigeno) e si ottengono prodotti di
scarto (anidride carbonica, vapore acqueo e altre impuri tà) ed energi atermica.
CO2 + 2H2O + ENERGIA
CH4 + 2O2
Alcune reazioni chimiche possono essere sfruttate per produrre direttamente energia elettrica. Questo avviene nelle
batterie elettriche e negli accumulatori.
• Energia elettrica
L'energia elettrica in natura si presenta sotto forma di scariche elettriche dei fulmini e come tale non è sfruttabile per le
attività umane, ma viene prodotta in seguito a processi secondari e, poiché il trasporto e la distribuzione sono
particolarmente semplici, è la forma di energia più utilizzata.
La corrente elettrica può essere continua o alternata, ma in ogni caso consiste in un flusso di elettroni che viaggiano
attraverso un conduttore, da un potenziale elettrico maggiore verso un potenziale elettrico minore. La pila genera corrente
continua, la dinamo corrente alternata.
L'elettricità erogata nelle nostre case è alternata.
7.3 L’energia rinnovabile
Per energie rinnovabili si intendono le forme di energie generate da fonti particolari (risorse naturali che, per loro
caratteristiche, si rigenerano alla stessa velocità con cui vengono consumate).
Molte di esse hanno la caratteristica di essere anche energie pulite, ovvero di non immettere in atmosfera sostanze
nocive e/o climalteranti quali ad esempio la CO2; sono quindi alla base della cosiddetta economia verde.
LE ENERGIE RINNOVABILI SONO
Una distinzione che spesso viene fatta è quella tra fonti rinnovabili “classiche” (idroelettrico e geotermico) e fonti rinnovabili
“nuove” (anche dette “NFER”), tra cui vengono incluse l’energia solare, eolica e da biomassa.
L’energia solare (solare fotovoltaico, solare termico e termodinamico)
La radiazione solare proveniente dal sole e contenente energia elettromagnetica è una fondamentale fonte di energia
rinnovabile e rende possibile la vita sulla Terra.
L’energia solare è un’energia pulita ed inesauribile, che non inquina e non contamina, distribuita, anche se non in modo
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uniforme, su tutta la terra.
La potenza di irraggiamento dei raggi solari è mediamente di circa 1 Kilowatt per
ogni mq di superficie.
L’energia solare è, però, una fonte intermittente e variabile di energia essendo
condizionata dall’alternarsi del giorno e della notte e dal variare delle stagioni,
dalla latitudine e dal mutare delle condizioni climatiche. I fenomeni di diffusione,
assorbimento e rifrazione modificano la radiazione solare che si divide in
radiazione diretta e diffusa (riflessa nel caso di superfici inclinate).
• La radiazione diretta captata dalla superficie è calcolabile tenendo conto dell’angolo formato dalla normale alla
superficie con la direzione dei raggi del Sole;
• L’irraggiamento riflesso dipende, invece, esclusivamente dalla tipologia delle superfici circostanti il ricevitore e dalla
loro capacità di riflettere i raggi del Sole.
ENERGIA SOLARE FOTOVOLTAICA
L’effetto fotovoltaico è un fenomeno attraverso cui la radiazione solare viene convertita direttamente in energia elettrica
grazie a materiali semiconduttori quali il silicio. Il principio di funzionamento
di una cella fotovoltaica è il seguente: ogni atomo di silicio possiede quattro
elettroni di valenza nell’orbitale più esterno con i quali si lega ad altri quattro
atomi di silicio.
Se agli elettroni di valenza viene fornita energia sotto forma di calore o di luce,
questi sono in grado di passare dalla banda di valenza a quella di conduzione;
l’assenza dell’elettrone all’interno del reticolo cristallino viene chiamata lacuna.
Nei semiconduttori la radiazione solare provoca un flusso disordinato di
elettroni e formazione di lacune.
Figura 7.7 - Configurazione elettronica
Nei semiconduttori la radiazione solare provoca un flusso disordinato di del silicio
elettroni e formazione di lacune. In realtà il moto di queste ultime è
“apparente”: la lacuna non si muove, ma viene occupata da un elettrone di valenza di un atomo adiacente, il quale a
sua volta lascia una lacuna nello spazio precedentemente occupato, come se la lacuna si fosse spostata.
Ai fini della produzione dell’energia elettrica, i fenomeni di ricombinazione tra elettroni e lacune devono essere limitati,
e bisogna dare un orientamento preferenziale al moto degli elettroni: questo risultato si ottiene attraverso un campo
elettrico permanente assicurato dalla sovrapposizione di due strati di silicio “drogati” con opportuni elementi chimici.
Il drogaggio solitamente viene realizzato inserendo su uno strato di silicio atomi del quinto gruppo (fosforo) e su un
secondo strato atomi del terzo gruppo (boro). Dal punto di vista elettrico, una cella fotovoltaica è assimilabile all’insieme
costituito da un generatore ideale di corrente continua e da un diodo, ovvero da un componente che permette alla
corrente di scorrere in una sola direzione mentre blocca il flusso in quella opposta.
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Scienze e Tecnologie Applicate
L’effetto fotovoltaico rappresenta il generatore di corrente.
Si definisce rendimento di una cella fotovoltaica il rapporto tra la potenza elettrica generata dalla cella e la potenza
luminosa incidente sulla cella in condizioni standard moltiplicata per l’area complessiva della cella presa a riferimento.
Le celle fotovoltaiche sono molto fragili ed elettricamente non isolate e prive di supporto che possa assicurare una
resistenza meccanica contro le sollecitazioni; per tal motivo è necessario un collegamento in serie fra più celle e
l’utilizzo di supporti per una idonea protezione, quindi vengono assemblate in un elemento unico: il modulo
fotovoltaico.
La superficie di un modulo fotovoltaico può variare da 0,5 a 1,3 mq e
prevedere da 36 a 72 celle collegate elettricamente in serie. Per soddisfare il
fabbisogno energetico di una utenza è necessario che più moduli siano
collegati in serie tra loro.
L’unione di più moduli su un’unica struttura di supporto viene definita pannello
fotovoltaico, mentre la serie di molteplici pannelli è chiamata stringa. All’interno
di un campo fotovoltaico, più stringhe devono essere collegate in parallelo.
L’elemento finale del sistema è l’inverter, componente che trasforma la
corrente continua in uscita dal campo in corrente alternata per l’alimentazione Figura 7.9 - Un modulo fotovoltaico in silicio
monocristallino
delle utenze o della rete elettrica nel caso di collegamento diretto.
ENERGIA SOLARE TERMICA
Il solare termico viene utilizzato principalmente nella produzione di acqua calda per uso sanitario, negli impianti per il
riscaldamento delle piscine, nel riscaldamento degli ambienti ed anche per il raffrescamento degli stessi nel periodo
estivo.
Un collettore (pannello) solare converte in calore la radiazione
elettromagnetica che penetra al suo interno mediante una piastra captante
che trasferisce il calore assorbito ad un sistema di tubi contenente un fluido
termovettore, costituito da una miscela di acqua e glicole (etilenico o
propilenico) in modo da evitare possibili congelamenti nei mesi più freddi.
Schema di un pannello solare:
1) valvola;
2) serbatoio di accumulo;
3) condotto di inserimento;
4) pannello di assorbimento;
5) condotto di inserimento dell'acqua fredda
Esistono diverse tipologie di collettori: collettori piani vetrati, collettori sottovuoto, collettori non vetrati.
Per quanto riguarda, invece, gli impianti solari termici, una prima classificazione può essere effettuata in base a come
il fluido circola all’interno del collettore solare e quindi avremo: i sistemi aperti (l’acqua circola all’interno del collettore
e raggiunta la temperatura richiesta, viene inviata all’utenza) i sistemi chiusi (costituito da due circuiti separati: quello
solare in cui scorre il fluido termovettore, ed il circuito per l’acqua calda da inviare all’utenza.
Una più importante classificazione si ha, invece, dal modo in cui il fluido circola all’interno del collettore solare.
Parleremo, quindi, di impianti a circolazione naturale (elevata semplicità di installazione e costi contenuti, per piccole
applicazioni al servizio di pochi utenti) e di impianti a circolazione forzata (impianti a circuito chiuso in cui il
posizionamento dei collettori è svincolato da quello dei serbatoi ed il fluido termovettore circola nel circuito solare
grazie all’impiego di una pompa)
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L’energia eolica
La macchina che trasforma l’energia del vento in energia elettrica è il generatore eolico.
Con tale macchina si trasforma l’energia cinetica del vento in energia cinetica delle pale.
I primi generatori eolici sono stati i mulini a vento dei Paesi Bassi. Il modo per
attuare la trasformazione energetica è definito da:
• lo sfruttamento della portanza dei profili palari
• lo sfruttamento della resistenza tra pale e flusso d’aria.
La portanza e la resistenza sono, quindi, le componenti della forza aerodinamica,
per cui si ha la seguente classificazione di aerogeneratori a seconda di quale sia
la forza generata dal vento e sfruttata come forza motrice: aerogeneratori a
portanza (aerogeneratori ad asse orizzontale e aerogeneratori ad asse verticale
con turbina Darrieus) e aerogeneratori a resistenza (turbina Savonius).
La maggior parte degli aerogeneratori sfrutta il principio aerodinamico della
portanza.
La forza del vento è sempre stata sfruttata come forza motrice e trasformata
quindi in energia cinetica. Si pensi alle barche a vela.
Figura 7.10 - Un antico mulino a vento
Figura 6.11-Le barche a vela sfruttano l’energia eolica per muoversi
CON UNO SGUARDO AL PASSATO…
Figura 7.12 - Raffigurazione medioevale di un mulino a vento
Figura 7.13 - La turbina eolica di Blyth
L’accademico scozzese, James Blith, nel 1887, nel giardino della sua casa, costruì una turbina eolica che,
producendo energia elettrica, permetteva di ricaricare gli accumulatori con i quali alimentava le luci della casa.
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Scienze e Tecnologie Applicate
… ARRIVIAMO AL PRESENTE
Figura 7.14 - Tre tipologie di turbine eoliche:due ad asse verticale (Savomius e Giromill) ed una ad asse orizzontale
AEROGENERATORI AD ASSE ORIZZONTALE
Figura 7.15 - Schema dei componenti di una turbina ad asse orizzontale
Per tali aerogeneratori la principale differenza consiste nel numero di pale da cui può essere formata la macchina,
anche se in commercio sia presente, specialmente per quelle di elevata potenza, la tripala. Solo per piccoli impianti
vengono utilizzate macchine mono, bi o multipala.
Struttura di un aerogeneratore: la torre su cui è montato il sistema di conversione della potenza eolica poggia su
fondazioni il cui dimensionamento deve garantire la stabilità e la resistenza necessarie. L’energia meccanica posseduta
dalle pale viene trasferita, tramite il mozzo cui sono ancorate, all’albero lento di trasmissione. Tale elemento trasferisce
la potenza raccolta verso il sistema di trasmissione, composto, negli aerogeneratori di grande potenza, da rotismi
epicicloidali a più stadi, che aumentano il regime di rotazione del sistema.
L’albero in uscita dal moltiplicatore di giri (albero veloce) è collegato al sistema di generazione della potenza elettrica
per l’immissione della stessa verso la rete.
L’energia idroelettrica
Anche l’acqua ha origine dalla radiazione solare e può essere considerata una fonte rinnovabile e pulita, infatti grazie al
sole ha luogo il ciclo dell’acqua, determinato dall’evaporazione dell’acqua terrestre, dalla formazione di nubi e dalle
conseguenti precipitazioni piovose.
L’energia idroelettrica è ottenuta dalla trasformazione dell’energia di una portata d’acqua con una turbina collegata
ad un generatore. In particolare tale energia elettrica si ottiene dalla trasformazione dell’energia potenziale contenuta
in una certa portata d’acqua, ad una certa quota, in energia cinetica e dalla conversione di questa ultima, grazie
all’utilizzo di una turbina collegata ad un generatore, in energia elettrica.
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Figura 7.16 - Esempio di una centrale idroelettrica dotata di impianto di pompaggio
Quindi per la produzione di tale energia si rende necessario l’utilizzo di un corso d’acqua naturale o artificiale avente una
certa portata ed un salto geodetico. Si valuta il potenziale idroelettrico valutando la portata e le sue relative variazioni
durante il corso dell’anno. Tale valutazione si effettua tramite l’analisi di dati storici relativi al bacino in
esame, a corsi d’acqua adiacenti o attraverso caratteristiche simili, dati questi ottenibili
presso il servizio ideologico del Genio Civile.
L’impianto idroelettrico avrà caratteristiche differenti a seconda della risorsa che si ha a disposizione (grandi quantità
d’acqua e piccoli salti o viceversa).
In genere si parla di impianti ad acqua fluente (si sfruttano corsi d’acqua già presenti con utilizzo di opere di derivazione)
e di impianti a bacino (l’acqua viene opportunamente convogliata ed accumulata all’interno di grandi bacini artificiali).
La caratteristica di tutti gli impianti è la presenza di una turbina nella quale viene convogliata l’acqua e di un generatore
elettrico. I componenti fondamentali della turbina sono:
• il distributore (ha una funzione sia di regolazione della portata sia di guida per l’acqua in ingresso alla girante e trasforma
in energia cinetica l’energia di pressione del fluido);
• la girante (sotto l’azione del flusso in uscita dal distributore, produce energia meccanica che muove l’alternatore per
la produzione dell’energia elettrica).
Le turbine idrauliche possono essere classificate in:
• turbine ad azione (la trasformazione in energia cinetica dell’energia di pressione avviene totalmente nel distributore, a
causa di un ugello che provoca un restringimento di sezione rispetto alla condotta forzata; l’acqua in uscita dal distributore
viene a trovarsi alla pressione atmosferica) La turbina Pelton è un esempio di turbina ad azione.
• turbine a reazione (l’energia in uscita dal distributore è sia cinetica sia di pressione, perché la trasformazione da
potenziale a cinetica che si ha nel distributore non è completa; tali turbine lavorano completamente immerse in acqua e
nella parte terminale vi è installato un diffusore che recupera parzialmente l’energia cinetica in uscita). Le turbine Francis
e Kaplan sono le turbine a reazione più note.
GIRANTE FRANCIS
Procedendo dall’esterno è possibile notare:
• la chiocciola
• il distributore
• la girante.
Il flusso di liquido è rappresentato in azzurro.
Per effettuare una classificazione degli impianti idraulici che tenga conto del salto disponibile, della portata effluente e
della potenza erogabile, si considera il numero di giri specifico della turbina installata che diventa elemento caratteristico
di tutto l’impianto.
Gli impianti idraulici possono quindi classificarsi in:
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Scienze e Tecnologie Applicate
• impianti ad acqua fluente: sono ad elevato numero di giri specifico della turbina;
• impianti a bacino o ad accumulazione a basso numero di giri specifico della turbina.
IMPIANTI AD ACQUA FLUENTE
Questi impianti vengono utilizzati per lo sfruttamento di grandi portate con salti modesti
(15-20m) e coprono un servizio di base e non di punta.
Generalmente, in questi casi, si ha un totale sbarramento del corso d’acqua con relativa deviazione laterale dove è
posta la centrale; vi sono, però, casi in cui la centrale costituisce il vero e proprio sbarramento del corso d’acqua con
le turbine “intubate” all’interno. Con questi impianti non si hanno possibilità di accumulo, ma si sfruttano i volumi
d’acqua solo quando le portate sono superiori ai valori minimi stabiliti per il convogliamento verso la turbina. Le
turbine che di solito vengono utilizzate sono quelle ad elica: turbine Kaplan con numero di giri specifico compreso tra
400 e 1000 al minuto.
IMPIANTI A BACINO
Questi impianti vengono utilizzati quando si è in presenza di salti elevati ed a breve distanza, infatti si sbarra il sito con
una diga realizzando così un invaso da cui i volumi d’acqua vengono prelevati e portati in centrale con condotte in
pressione. Tali impianti sono idonei, per loro caratteristiche, per un servizio di punta e le turbine utilizzate sono le
Pelton.
IMPIANTI CON VALORI INTERMEDI DEL NUMERO DI GIRI SPECIFICO DELLA TURBINA
Si classificano in tale tipologia tutti gli impianti con caratteristiche intermedie, su cui generalmente è inastallata una
turbina Kaplan o Francis.
a)
c)
b)
Figura 7.17 - Centrali idroelettriche:a)centrale di Villa Castelli in provincia di Brindisi; b)la storica centrale
idroelettrica Esterle a Porto d'Adda(Mb), situata sulla riva destra del fiume Adda; c) Diga ad arco utilizzata
per produrre corrente elettrica.
Energie da biomasse
Si definiscono biomasse tutte quelle materie prime naturali rinnovabili che si ottengono dagli scarti delle attività agricole,
zootecniche e forestali. La biomassa è quindi costituita da materiali organici che vengono considerati scarti. Tali prodotti,
se sottoposti a particolari processi di fermentazione possono produrre biogas, biocarburanti (biodiesel, bioetanolo),
combustibili solidi (cippato) che sono a basso impatto ambientale e possono sostituire i combustibili fossili
maggiormente inquinanti. Attualmente lo sfruttamento delle biomasse
avviene soprattutto in Brasile e Argentina per l’enorme disponibilità di
superfici agricole destinate alla coltivazione di mais e girasole.
Il biogas è una miscela costituita da un insieme di gas (prevalentemente
metano 50%-80% e anidride carbonica.
Poi vi sono tracce di altri gas). Si forma in seguito alla decomposizione di
materiale organico (reflui zootecnici, trinciato di mais, farine di scarto) che
avviene attraverso una fermentazione batterica in anaerobiosi (assenza di
ossigeno).
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Figura 7.18 - Cippatrice
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Un esempio di impianto destinato alla produzione di biogas è riportato in figura 6.19.
Figura 7.19 - Impianto per la produzione di biogas
La struttura dell’impianto è molto semplice: i reflui da trattare vengono convogliati in una vasca interrata (digestore), dove
avviene la reazione di fermentazione ad opera di alcuni microorganismi anaerobici. Il gas prodotto si raccoglie in un
gasometro (serbatoio di gas), costituito da una membrana di protezione a tenuta. L’impianto è inoltre provvisto di sistemi
di sicurezza, valvole di sfiato, misuratori di livello e mescolatore ad elica.
• L’uso del biogas
• Vantaggi: l’anidride carbonica prodotta dalla combustione del biogas va a bilanciare quella fissata dalle piante o assunta
dagli animali; praticamente non viene alterato l’equilibrio naturale dell’anidride carbonica.
Si abbatte l’emissione di gas serra (metano) prodotto dai processi biologici spontanei, come la decomposizione di
carcasse e vegetali.
• Svantaggi: i cattivi odori emessi dai processi di fermentazione dei liquami presenti nei digestori rappresentano un
problema da non sottovalutare quando ci sono abitazioni in prossimità degli impianti di trattamento dei reflui zootecnici.
Deve essere effettuata la desolforazione del biogas, per evitare che, durante la combustione, lo zolfo presente nel biogas
formi anidride solforosa (responsabile delle piogge acide).
Energia geotermica e suo sfruttamento
L’energia geotermica è considerata alternativa rispetto alle
fonti fossili (petrolio, carbone e metano) e rinnovabile anche
in tempi brevi. Lo sfruttamento geotermico avviene grazie al
calore naturale terrestre il quale deriva da reazioni nucleari
spontanee (decadimento radioattivo dell’Uranio 238) negli
strati profondi del nostro Pianeta.
L’enorme calore prodotto in profondità risale lentamente
verso la superficie, attraversando strati rocciosi e falde
acquifere. La produzione mondiale di energia geotermica
attualmente, secondo recenti studi del MIT (Massachusetts
Institute of Technology - Università degli Stati Uniti), è molto
bassa, circa l’1%. Il massimo sfruttamento delle fonti
Figura 7.18 - Centrale geotermoelettrica in Islanda dove ben il 30%
geotermiche avviene negli Stati Uniti, circa il 29% rispetto dell’intera produzione energetica nazionale è geotermica.
alla produzione geotermica mondiale. In Italia lo sfruttamento
di questa fonte rinnovabile è intorno all’8% dell’energia geotermica totale mondiale. Sempre in Italia, la quota di energia
geotermica è di circa l’1,5 % della produzione energetica totale. Un’ aliquota troppo bassa viste le condizioni geologiche
del nostro Paese favorevoli allo sfruttamento geotermico!
• Come funziona una centrale geotermica?
Se immaginiamo di fare un viaggio fantastico verso il centro della Terra, dopo essere scesi con un ascensore immaginario
500 metri al di sotto della superficie, percepiremmo un caldo insopportabile. A quella profondità la temperatura delle
rocce è di circa 40°-50°C; se la zona è vulcanica la temperatura potrebbe raggiungere i 90°- 100°C! Il fenomeno del
riscaldamento delle rocce man mano che aumenta la profondità dipende dal fatto che un flusso di calore si propaga dai
181
Scienze e Tecnologie Applicate
punti della crosta terrestre dove avvengono le reazioni nucleari, cui abbiamo accennato prima, in seguito a decadimento
naturale dell’Uranio238, un isotopo radioattivo che nel tempo si trasforma in altri elementi liberando una grande quantità
di calore. L’Uranio238 (Numero Atomico, Z=92) è un elemento chimico presente abbondantemente in alcune rocce,
come i graniti. Dunque, dal decadimento radioattivo di questo isotopo si sprigiona una grande quantità di energia che
attraversa gli strati profondi della crosta terrestre risalendo verso la superficie.
Il progressivo aumento della temperatura man mano che si
procede verso i punti più profondi del nostro Pianeta ha un
nome: gradiente geotermico; il suo valore medio è di 33
°C/Km di profondità.
Il suo valore dipende dal tipo di rocce presenti in profondità
e dalla storia geologica della zona: ad esempio in regioni
vulcaniche come l’Islanda, il Giappone e, in Italia, la Toscana
e la Campania, il valore del gradiente geotermico assume
valori molto più grandi, fino a raggiungere i 10–12 gradi
centigradi ogni 100 metri di profondità.
Insomma, a seconda del tipo di roccia che il flusso di calore
attraversa, si ha un riscaldamento della porzione di crosta e
quindi una sorta di “mega centrale termica” sotterranea.
Figura 7.19 - Variazione del calore terrestre con la profondità in
Le centrali alimentate ad energia geotermica sfruttano il
funzione del tipo di rocce
calore delle rocce calde presenti nella crosta terrestre in
funzione del gradiente geotermico proprio della zona, a seconda del modello geologico. Ad esempio, nelle zone di natura
vulcanica esso è molto più elevato, tanto da avere temperature di 250-350°C a una profondità di circa 2500-3000 m.
Grazie alla presenza delle numerose fratture presenti negli ammassi rocciosi della crosta terrestre, dovute a faglie, fratture
di qualsiasi natura o semplicemente alla stratificazione dei sedimenti, le acque e i vapori riscaldatisi salgono verso la
superficie terrestre e vengono intercettati dai pozzi geotermici (pozzi di produzione).
Il vapore ad alta pressione erogato dai pozzi viene convogliato in
tubazioni, chiamate vapordotti ed inviato alla turbina, dove
l’energia viene trasformata in energia meccanica di rotazione.
L'asse della turbina è collegato al rotore dell’alternatore che,
ruotando, trasforma l'energia meccanica in energia elettrica
alternata che viene trasmessa al trasformatore. Questo innalza il
valore della tensione fino a 132000 Volt e la immette nella rete di
distribuzione. Il vapore in uscita dalla turbina viene riportato alla
stato liquido in un condensatore alimentato da acqua fredda
proveniente dalle torri di raffreddamento, mentre i gas
Figura 7.20 - Un pozzo geotermico da cui arriva acqua calda incondensabili
contenuti nel vapore vengono dispersi
e vapore ad alta pressione. In seguito il getto viene nell'atmosfera. Una torre di raffreddamento consente di
convogliato ad una turbina, collegata ad un alternatore,
raffreddare l'acqua prodotta dalla condensazione del vapore e di
tramite un “vapordotto” per la generazione di energia elettrica.
fornire acqua fredda al condensatore.
L'acqua condensata in uscita dalle centrali viene iniettata nelle rocce profonde da cui il vapore è stato estratto in questo
modo si ristabilisce l’equilibrio idraulico presente nel sottosuolo, per evitare il prosciugamento delle falde acquifere. La
reiniezione permette inoltre di fornire acqua per la produzione di nuovo vapore utile alla centrale. Quando i pozzi erogano
una fase liquida con temperatura inferiore a 180°C, il calore del
fluido viene utilizzato per far evaporare, in un apposito scambiatore
di calore, un altro liquido a basso punto di ebollizione (generalmente
isobutano o isopentano, idrocarburi derivati dal petrolio) che, a sua
volta trasformato in vapore, verrà convogliato nella turbina
innescando il procedimento sopra descritto.
• Torri di raffreddamento per impianti geotermici
Una torre di raffreddamento è una costruzione di cemento, larga
alla base, che può raggiungere i 100 metri d'altezza. La forma è a
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Figura 7.21 - Torri di raffreddamento
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- L’energia:
e Tecnologie
un bene universale
Applicate
Capitolo 7 Scienze
doppio tronco di cono sovrapposto. Al suo interno l'acqua sgocciola dall'alto in basso, incontrandosi con una corrente
d'aria calda e vapore in risalita che entra dalla base ed esce alla fine del percorso dal camino.
Durante questo processo una parte dell'acqua evapora, sottraendo calore alla parte rimanente che viene raccolta nella
vasca di acqua fredda, mentre dall'alto escono i vapori incondensabili. In questa maniera si riesce a recuperare acqua
fredda per alimentare i condensatori della centrale. La stessa tipologia di scambiatore di calore viene impiegata nelle
centrali termonucleari.
GEYSER E SOFFIONI BORACIFERI
Quando in profondità circola acqua, il forte calore determina la
sua vaporizzazione rapida. Il vapore prodotto risale attraverso
le fessure presenti nella roccia e si manifesta in superficie con
evidenti “sbuffi” a volte anche colorati per la presenza di solfuri.
L’Islanda che è un enorme vulcano; il paesaggio è ricco di
geyser che la popolazione ha imparato a sfruttare per produrre
energia pulita e per riscaldare le proprie case mediante la
circolazione di acqua calda convogliata nelle tubazioni.
I SERBATOI GEOTERMICI
Sono costituiti da rocce nelle quali l’acqua piovana si infiltra, Figura 7.22 - I Soffioni Boraciferi, manifestazione evidente
della grande energia presente nel sottosuolo
raggiunge considerevoli profondità e a contatto con le rocce
calde vulcaniche si riscalda, circolando nelle fratture o nei pori degli ammassi rocciosi permeabili. In particolare, in
Italia il più importante acquifero che ospita la circolazione di acque geotermiche è costituito da rocce carbonatiche
fratturate e porose principalmente mesozoiche (190-65 milioni di anni fa), presenti a varie profondità dalla superficie
terrestre, fino a raggiungere i 3 chilometri.
Collegate ai serbatoi geotermici italiani, sono le sorgenti termali, in equilibrio idrogeologico con i contigui acquiferi
freddi che costituiscono le aree di infiltrazione delle acque meteoriche. Diversamente, i serbatoi geotermici a più alta
temperatura di Toscana, Lazio e Campania, per la loro natura (altrimenti non potrebbero esistere) sono nettamente
separati dagli acquiferi freddi soprastanti, per mezzo di un efficace setto di rocce impermeabili che permette l’accumulo
di energia termica nei fluidi presenti. Le rocce termali italiane più importanti emergono dalle carbonatiche che, talvolta
prossime alla superficie, possono contenere sistemi con circolazione convettiva dell’acqua termale. Tali situazioni si
verificano ai margini della Pianura Padana ed in altre zone ai bordi dell’Appennino centro-meridionale e dell’arco
Calabro-Peloritano. Sorgenti calde e fumarole sono presenti nelle rocce di apparati vulcanici recenti o attivi, come nei
Campi Flegrei (Napoli), nelle Isole Eolie, In Sicilia e a Pantelleria. Inoltre giacimenti di acque calde (30°-50°C) sono
diffuse in acquiferi poco profondi, prevalentemente sabbiosi, ed in alcuni corpi magmatici recenti: Pianura Padana,
area Adriatica, Sicilia e Sardegna.
LA VOCAZIONE GEOTERMICA DEL TERRITORIO ITALIANO
La prima classificazione geotermica del territorio italiano è stata effettuata con sistematicità nel 1988, in seguito alla
Legge 896/86, al fine di incoraggiare lo sviluppo dell’energia geotermica in Italia. Lo studio del territorio ha permesso
di individuare e descrivere dettagliatamente le caratteristiche geotermiche delle aree più promettenti, sia quelle con
fluidi geotermici più caldi e pregiati per la produzione di energia elettrica, sia quelle con acque termali, talvolta anche
molto calde, da utilizzare per usi di riscaldamento e trattamenti termali. Come già detto, le aree più
favorevoli sono state individuate in Toscana (dove si trovano le aree migliori dal punto di vista della produzione
dell’energia elettrica, soprattutto Larderello, Travale- Radicondoli e Monte Amiata), nel Lazio, nei Campi Flegrei (Napoli)
ed in alcune zone della Pianura Padana. Altre aree degne di interesse sono state segnalate in Sicilia ed in Sardegna.
Escludendo l’uso relativo ai “trattamenti termali”, non esiste attualmente in Italia un’abitudine consolidata allo
sfruttamento delle acque calde intese come risorsa energetica probabilmente a causa del clima mite, che condiziona
fortemente il periodo annuale di riscaldamento di edifici, serre, ed altre strutture. In pratica in
Italia la potenza termica, non elettrica, derivata dagli usi diretti del calore geotermico è ancora relativamente modesta e si
attesta intorno ai 700 MW. La maggiore realizzazione geotermica nel settore relativo all’alimentazione delle serre si trova
in Toscana, Monte Amiata. Qui il vapore della centrale geotermoelettrica di Piancastagnaio, invece di essere rilasciato
liberamente in atmosfera, viene fatto condensare. L’acqua calda così prodotta a 90°C, viene usata in uno scambiatore di
calore per il riscaldamento di 230000 m2 di serre. Il risparmio di combustibili fossili è di 12500 tonnellate equivalenti di
petrolio/anno. Altre serre geotermiche, anche se su superfici minori, esistono nel Lazio, in Toscana ed in Veneto.
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Scienze e Tecnologie Applicate
7.4 La tecnologia delle pompe geotermiche
La Terra assorbe circa il 47% dell'energia che riceve dal Sole e la mantiene sotto forma di energia pulita e rinnovabile.
Le pompe di calore ad energia geotermica sfruttano il fatto che la temperatura del terreno già pochi metri sotto la
superficie si mantiene più o meno costante durante l'arco dell'anno: questo fatto permette di estrarre calore dal terreno
d'inverno per riscaldare con efficienza gli ambienti e di cedere calore al medesimo in estate utilizzandolo come
condizionatore. Uno schema di funzionamento di una pompa geotermica è riportato di seguito.
Attraverso la compressione (4) il fluido si riscalda e viene
spinto all’interno del condensatore (1) dove il fluido
condensa ad alta pressione rilasciando il calore
precedentemente assorbito. Il liquido raffreddato passa
attraverso una valvola di laminazione (2) che facendo
abbassare la pressione del liquido lo vaporizza
parzialmente. Successivamente il fluido costituito da una
fase liquido + vapore entra nell’evaporatore (3)
ricominciando il ciclo.
Figura 7.23 - Schema di una pompa di calore
Le componenti di un impianto ad energia geotermica sono sostanzialmente tre: una o più pompe di calore normalmente
collocate all'interno dell'edificio, un insieme di tubi opportunamente interrati per scambiare calore con il terreno ed un
sistema di scambio di calore con l'ambiente interno (bocchette d'aria o pannelli radianti). Nella pompa di calore i tubi
provenienti dal terreno vengono a stretto contatto con le spire di un evaporatore all'interno delle quali scorre un liquido
refrigerante che, a contatto con i tubi più caldi, evapora e viene inviato ad un compressore: qui il gas viene altamente
compresso e quindi surriscaldato ed è pronto per essere inviato allo scambiatore con l'ambiente interno per cedere
calore. Una volta che si è raffreddato il refrigerante ritorna allo stato liquido ed il ciclo ricomincia. L’acqua successivamente
raffreddata viene di nuovo reimmessa nel terreno in modo da non alterare l’equilibrio idrico naturale dello stesso. Il
meccanismo di funzionamento si basa sul fatto che il terreno e l’acqua del sottosuolo si mantengono a temperature
abbastanza costanti per tutto il periodo dell’anno. L'utente di un impianto di questo tipo non necessita quindi di due
sistemi distinti, uno per riscaldare ed uno per condizionare, ma ottiene lo stesso risultato con un unico sistema ed in
maniera più efficace ed efficiente.
In estate il ciclo è invertito ed il sistema cede al terreno il calore estratto dall'ambiente interno rinfrescandolo. Lo scambio
di calore con il terreno avviene attraverso un insieme di tubi in polietilene che possono essere interrati orizzontalmente a
pochi metri di profondità oppure verticalmente se lo spazio attorno all'edificio è limitato. La lunghezza dei tubi, la
profondità a cui arrivare ed il numero di cicli da utilizzare vengono calcolati in base alla latitudine del luogo, al tipo di
sottosuolo e alle caratteristiche termiche dell'edificio.
Gli impianti geotermici hanno una prospettiva di lunga vita con bassa manutenzione.
I principali vantaggi per l’utenza sono:
• costi ridotti per riscaldamento, condizionamento/raffrescamento e acqua calda;
• incremento del valore della proprietà immobile;
• basso costo del ciclo di vita;
• un unico fornitore per il riscaldamento/condizionamento e l’elettricità domestica o aziendale;
• riduzione dei picchi di domanda di potenza impiegata;
• installabile praticamente in ogni luogo del mondo;
• ambiente più pulito e più sicuro.
IL CALORE DELLA TERRA: UN’ENERGIA INESAURIBILE E SOSTENIBILE
http://www.youtube.com/watch?v=1Celt_pGMYg&feature=youtu.be
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Capitolo 7 - L’energia: un bene universale
ESERCIZI
1. La struttura riportata nell’immagine si riferisce a:
a) un impianto per ottenere energia geotermica;
b) una serie di torri di riscaldamento che servono a riscaldare il vapore
proveniente dal sottosuolo di Larderello.
c) un gruppo di soffioni boraciferi di Larderello che emana vapori ad elevata
temperatura;
d) una serie di torri di raffreddamento.
2. Il grafico riportato in figura:
a) descrive come il calore terrestre si propaga attraverso le differenti rocce;
b) descrive il flusso di calore naturale terrestre;
c) rappresenta il gradiente geotermico;
d) serve per stabilire la temperatura ad una data profondità al di sotto della
superficie terrestre.
3. Per riscaldare una abitazione media (superficie 90 – 120 m2) sfruttando le pompe di calore, la sonda deve
scendere fino ad una profondità di circa:
a) 10 - 20 m;
b) 30 - 120 m;
c) 150 - 250 m;
d) 800 - 1000 m;
4. In Italia l’Energia geotermica è poco sfruttata, ma solo a Larderello si produce una grande quantità di Energia
elettrica di origine geotermica. La qu antità rispetto alla produzione tota le dell’intero pianeta è circa:
a) 0,1 %;
b) 1,5%;
c) 10%;
d) 18%;
5.Quali zone della terra hanno maggiore potenzialità rispetto ad un possibile e ottimale sfruttamento dell’energia
geotermica?
a) Tutte le regioni terrestri, ma quelle con rocce
vulcaniche hanno maggiore possibilità di successo;
b) Soltanto le zone in cui sono presenti vulcani;
c) Le aree in prossimità di corsi d’acqua;
d) Le aree interessate da potenti emissioni di vapore dal
sottosuolo come la Islanda con i geyser.
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Scienze e Tecnologie Applicate
6.In Italia la potenza termica, non quella elettrica, installata per gli usi diretti del calore geotermico è ancora
relativamente modesta . È di circa:
a) 700 MW
b) 1600 MW
c) 350 MW
d) Oltre 10000 MW
7. Descrivi sinteticamente come funziona una centrale termogeoelettrica
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8. Come funziona un impianto termico che sfrutta le pompe di calore?
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9. Descrivi come l’Italia abbia grandi possibilità di sfruttare la risorsa geotermica
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10. Quali sono i punti di forza delle pompe di calore?
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11. L’energia pre ve de una continua trasformazione da una forma all’altra. Con un esempio preso dalla vita
quotidiana descrivi come ciò avviene.
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- L’energia:
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un bene universale
Applicate
Capitolo 7 Scienze
12. Descrivi l’immagine che segue m ettendo in evidenza le varie forme di energia
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13. Il disegno di seguito riportato si riferisce ad un dispositivo per ottenere energia tramite una trasformazione
descrivilo brevemente
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14. Pannello solare e pannello fotovoltaico sono la stessa cosa ? Motiva la tua risposta.
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15. Quale caratteristica hanno i semiconduttori come il silicio contenuto nei pannelli fotovoltaici?
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16. Parla brevemente delle forme di “energia rinnovabile” che conosci.
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Scienze e Tecnologie Applicate
7.5 Risparmio ed efficienza energetica
L’utilizzo di combustili fossili (petrolio, gas naturale, carbone), che oggi ancora ammonta a circa il 90% della produzione
del fabbisogno energetico mondiale, provoca inquinamento atmosferico e cambiamenti climatici. Il risparmio energetico
e la riduzione degli sprechi è un dovere civico necessario a preservare il pianeta per le future generazioni. Il corretto
impiego delle risorse energetiche da parte di ciascun consumatore contribuisce a diminuire l’emissione di sostanze
inquinanti, permette di ridurre la dipendenza dall’approvvigionamento di combustibili fossili e i costi sopportati
dalle famiglie.
La Commissione Europea si è occupata del problema nel 2006 con il “Piano d'azione sull'efficienza energetica”, affinché
gli stati membri adottassero politiche energetiche utili a ridurre il consumo energetico del 20% entro il 2020. L’obiettivo
è “lo sviluppo sostenibile”: riduzione dei costi delle bollette di energia elettrica e gas, riduzione dell’effetto serra e
dell’emissione di sostanze inquinanti, sviluppo delle fonti rinnovabili. Il testo che predispone i piani di azione annuali per
migliorare l'efficienza energetica, incentivando l'utilizzo di nuove tecnologie energetiche e fornendo informazioni ai cittadini
attraverso pubblicità ed etichettatura dei prodotti, è il “Libro verde sull'efficienza energetica”.
Il risparmio energetico comincia da ciascuno di noi, attraverso l’acquisizione di abitudini corrette in casa così come sul
lavoro o negli spostamenti.
Il risparmio energetico in casa
Il 18% del consumo energetico totale è dovuto all’energia utilizzata nelle abitazioni.
Attenzione negli acquisti degli elettrodomestici e abitudini virtuose nell’usarli, determinerebbero un significativo risparmio
energetico e benefici per l’ambiente, con notevole vantaggio anche per il bilancio familiare.
L’ottimizzazione di impianti e macchine comporta rendimenti migliori con conseguente risparmio di combustibili e quindi
di energia. Ne consegue anche un effetto benefico nell’ambiente. Ecco perché tutte le nuove normative in materia di
energia sono tese al risparmio energetico e alla salvaguardia ambientale.
A partire dal primo gennaio 2013 è entrata in vigore la nuova normativa europea ERP – Energy Related Product – che
introduce una piccola rivoluzione nella definizione delle classi energetiche degli elettrodomestici. L’obiettivo è quello di
facilitare il consumatore nell’individuazione, prima dell’acquisto e con maggiore facilità, del reale consumo
dell’elettrodomestico. Il fine è di favorire l’acquisto di elettrodomestici a basso consumo per poter fattivamente contribuire
al sostentamento dell’ambiente e alla lotta al cambiamento climatico. Tale innovazione riguarderà gli elettrodomestici
presenti nelle nostre case e i condizionatori con potenza refrigerante minore o uguale a 12 kW (modelli di piccola taglia
per la climatizzazione di singoli ambienti). L’etichetta di certificazione
energetica è uniforme per tutti gli elettrodomestici della stessa categoria per
facilitare la comparazione tra i prodotti.
I venditori di elettrodomestici sono tenuti ad esporre le etichette energetiche
specifiche che riportano le classi energetiche.
Se fino ad oggi le classi energetiche presenti sull’etichetta andavano, in
ordine decrescente, dalla A alla G (quindi dalla più efficiente alla meno
efficiente), con l’adeguamento alla normativa europea saranno introdotte
Figura 7.24 - Particolare dell’etichetta che riporta nuove classi energetiche (A+, A++, A+++) ed eliminate quelle più basse,
la classe energetica dell’elettrodomestico
ovvero E, F, G.
Gli elementi comuni a tutte le etichette saranno:
• etichetta uniforme in tutti i 27 Stati membri dell’Unione Europea;
• frecce colorate per differenziare i prodotti;
• classi energetiche aggiuntive: A+, A++, A+++ ;
• nome del produttore o del marchio e identificazione del modello;
• pittogrammi che evidenziano caratteristiche e prestazioni del prodotto;
• consumo energetico annuale in kWh.
Nelle nuove etichette si è data maggiore evidenza all’uso dei pittogrammi, semplici rappresentazioni grafiche della
funzione del prodotto; la scelta è dovuta alla necessità di comunicare in maniera semplice e rapida le principali
caratteristiche del prodotto al consumatore. Tali pittogrammi saranno gli stessi per tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea.
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- L’energia:
e Tecnologie
un bene universale
Applicate
Capitolo 7 Scienze
LA CLASSE ENERGETICA PER GLI EDIFICI
La certificazione energetica degli edifici è una
procedura di valutazione prevista dalle direttive
europee 2002/91/CE e 2006/32/CE. In Italia, con
l’espressione “certificazione energetica degli edifici”
si intende la disciplina complessivamente stabilita
in tema di rendimento energetico nell’edilizia,
contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192
(attuativo della direttiva 2002/91/CE) e successive
modifiche ed integrazioni.
L'A.P.E. (Attestato Prestazione Energetica, prima
delle modifiche del decreto 63/2013 chiamato
A.C.E., attestato certificazione energetica) è un documento che descrive le caratteristiche energetiche di un edificio,
di un’abitazione o di un appartamento. E' uno strumento di controllo che sintetizza con una scala da A a G le
prestazioni energetiche degli edifici. Al momento della vendita o della locazione di un immobile, oltre ad essere
obbligatorio, è utile per fornire informazioni sul consumo energetico e valorizzare gli edifici ad alto risparmio energetico.
L' Attestato di Prestazione Energetica (APE) non va confuso con l' Attestato di Qualificazione Energetica (AQE).
QUALCHE INDICAZIONE UTILE PER RAZIONALIZZARE I CONSUMI
L’impianto di riscaldamento
Chi si appresta a realizzare un nuovo impianto di riscaldamento in casa deve scegliere la caldaia in base all'effettivo
fabbisogno. Le caldaie a condensazione sono più efficienti rispetto a quelle tradizionali, perché recuperano il calore
latente attraverso la condensazione dei vapori prodotti durante la combustione.
 Consigli
• Scegliere caldaie a condensazione: costano di più ma determinano un
risparmio che ne ammortizza i costi e servono sia per il riscaldamento
degli ambienti che per produrre acqua calda.
• Non coprire i caloriferi con panni, indumenti e tendaggi che
impedirebbero lo scambio di calore con l’ambiente.
• Evitare dispersioni di calore chiudendo le imposte quando cala la
temperatura esterna, montando infissi a tenuta e con doppi vetri o con
vetri basso emissivi che isolino efficientemente l’ambiente, isolare
Figura 7.25 - Un comune calorifero
efficacemente le pareti esposte a Nord.
• Razionalizzare l’impiego degli impianti di riscaldamento in base al reale fabbisogno degli occupanti della casa anche
montando valvole termostatiche sui caloriferi.
• Curare la manutenzione della caldaia affinché funzioni sempre con il massimo rendimento.
Il benessere di coloro che vivono in casa dipende anche dalla omogeneità della temperatura in ogni punto
dell’abitazione: è per questo che i caloriferi vengono installati sempre a ridosso delle pareti esterne, più esposte, in
modo da evitare quelle differenze di temperatura che si avrebbero in un ambiente, se ponessimo il calorifero negli
spazi naturalmente più caldi.
Il condizionatore
La scelta del condizionatore è dettata dalla necessità di dimensionarli in funzione dell’ambiente da climatizzare. E’
bene acquistare un condizionatore la cui potenza sia adeguata ai metri cubi del locale da climatizzare, alla superficie
occupata dalle finestre della stanza, all’esposizione al sole delle pareti della stanza e delle finestre, all’isolamento della
casa, alla presenza di dispositivi che emettono calore, al numero di persone che mediamente occupano il locale (vi
sono tabelle delle potenze, generalmente espresse in BTU/h-British Thermal Unit orari- in funzione dei metri
cubi dei locali da condizionare).
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Scienze e Tecnologie Applicate
 Consigli
• Non aprire le finestre quando è in funzione il condizionatore e, in estate, arieggiare la notte, quando la temperatura
è più bassa.
• Acquistare condizionatori con l’inverter e non con il sistema di regolazione off/on. In questi ultimi infatti il compressore
lavora con la massima potenza fino al raggiungimento della temperatura impostata (set point), mentre l’inverter regola
la potenza del compressore in base alla temperatura da raggiungere, determinando un risparmio energetico.
Preferire quelli con pompa di calore che svolgono la duplice funzione di raffreddare gli ambienti in estate e riscaldarli
nei periodi freddi, anche in appoggio al sistema di riscaldamento.
Il frigorifero
Anche per il frigorifero vale il discorso delle classi energetiche.
 Consigli
• Acquistare un frigorifero di classe energetica alta.
• Non posizionarlo in prossimità di fonti di calore.
• Non aprire gli sportelli del frigorifero troppe volte per inserire i cibi.
• Non inserire cibi caldi.
• Non appoggiare il frigorifero alla parete per permettere il ricircolo d’aria necessaria
al raffreddamento del compressore.
• Tenere pulita la serpentina posta sul retro.
• Regolare la temperatura del frigorifero tra i 3 e i 5 gradi centigradi.
Figura 7.26 - Componenti di
un frigorifero
Il forno
Tanti sono i fattori che condizionano la scelta del forno: l’estetica in relazione all’arredamento della cucina, gli spazi a
disposizione, le esigenze familiari e la sicurezza che dipende dalla tipologia di forno. Spesso viene sottovalutata la
questione dei consumi che variano in funzione del tipo di forno: i forni tradizionali a gas consumano meno, ma non
sono sicuri come quelli elettrici e bisogna stare attenti alle norme sullo scarico dei fumi; nei forni a ventilazione poiché
il calore circola uniformemente si possono cuocere contemporaneamente cibi diversi a differenti altezze e non c’è
bisogno di preriscaldamento; i consumi però sono elevati.
 Consigli
• Cercare di non aprire troppo spesso il forno durante la cottura dei cibi.
• Non preriscaldare se non ce n’è bisogno.
• Tenere il forno pulito per non limitarne l’efficienza.
• Spegnere il forno qualche minuto prima della definitiva cottura dei cibi che potrà essere completata sfruttando il
calore residuo del forno.
La lavatrice
Anche per la lavatrice, in caso di acquisto è bene preferire modelli la cui etichetta garantisca una classe energetica
alta.
 Consigli
• Utilizzare l’elettrodomestico a pieno carico.
• Scegliere modelli che regolano la quantità di acqua in funzione del carico.
• Non impostare temperature eccessivamente alte.
• Pulire con regolarità il filtro per non ridurre il rendimento dell’elettrodomestico.
• Far funzionare la lavatrice nelle ore serali o notturne.
La lavastoviglie
Una lavastoviglie con classe energetica alta è sicuramente da preferire.
 Consigli
• Scegliere modelli che possono essere alimentati ad acqua calda per evitare che l’energia elettrica debba essere
convertita in energia termica necessaria per riscaldare l’acqua della lavastoviglie.
• Far lavorare l’elettrodomestico a pieno carico.
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- L’energia:
e Tecnologie
un bene universale
Applicate
Capitolo 7 Scienze
• Utilizzare programmi specificatamente individuati in relazione alle stoviglie da lavare e alle particolari necessità (grado
e tipo di sporco).
• Utilizzare detersivi che siano in grado di sgrassare le stoviglie anche a temperature non eccessivamente alte.
• Evitare che i filtri si ostruiscano eliminando previamente i residui più grandi dalle stoviglie.
Lo scaldabagno
Anche il tipo di scaldabagno che si ha in casa incide sul bilancio familiare. E’ utile considerare diversi elementi quali i
consumi, l’efficienza, la qualità delle prestazioni.
Gli scaldabagni a gas sono più convenienti di quelli elettrici ma devono essere installati nel rispetto delle norme di
sicurezza.
 Consigli
• Scegliere un modello di scaldabagno con dimensioni adeguate alle reali esigenze di chi dovrà usarlo (secondo alcune
stime una coppia consuma in media 60 litri di acqua al giorno).
• Posizionare l’elettrodomestico non troppo distante dalla maggior parte degli impianti che dovrà servire (vasca,
lavandino, lavastoviglie…), visto che nel percorso attraverso i tubi si disperde calore. Per questo a volte è utile
aggiungere un piccolo boiler in cucina oltre a quello del bagno.
• Non posizionare lo scaldabagno vicino alle finestre o su pareti umide o particolarmente esposte.
• Accendere lo scaldabagno con razionalità in base alle esigenze. Sull’argomento ancora si dibatte, ma l’orientamento
prevalente afferma che, se la famiglia è poco numerosa e l’acqua calda viene usata solo in particolari momenti della
giornata, conviene tenerlo acceso in maniera discontinua e solo quando serve (in questo caso si può installare un
timer); se la famiglia è molto numerosa e si ha un uso continuo dell’acqua calda è bene lasciare acceso costantemente
visto che riscaldare l’acqua dalla temperatura ambiente troppe volte è dispendioso. Anche in questo caso si può
spegnere il boiler di notte.
• Non impostare il termostato su temperature eccessivamente e inutilmente elevate, che impongono di miscelare
l’acqua in uscita dal rubinetto con acqua fredda.
• Dotarsi di un impianto solare termico che sfrutti l’energia solare per riscaldare l’acqua ad integrazione degli impianti
esistenti. Tale scelta permette anche di ridurre l’impiego di combustibili fossili.
L’IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE: ILLUMINARE LA CASA CON LAMPADE A TECNOLOGIA LED
Un modo per migliorare l’efficienza energetica di una abitazione è quello di utilizzare lampade a tecnologia LED.
Basta infatti il passaggio di corrente anche a bassa intensità per consentire al LED di emettere luce priva di radiazioni
infrarosse ed ultraviolette accendendosi istantaneamente.
La tecnologia LED (Light Emitting Diodes) genera energia luminosa
mediante l’eccitazione di semiconduttori, anziché utilizzare filamenti di
metallo come il tungsteno per le lampade ad incandescenza, che
sfruttano l’effetto Joule o un gas nelle lampade a fluorescenza come il
neon.
Le lampade a tecnologia LED, oltre a permettere un notevole risparmio
energetico (circa un decimo rispetto alle lampade ad incandescenza),
durano molto di più delle altre e quindi comportano una considerevole
riduzione dell’impatto ambientale in termini di rifiuti speciali.
Confrontando l’illuminazione con tecnologia LED con fonti di
illuminazione tradizionale il risparmio ottenuto è significativo.
Figura 7.27 - Esempio di lampade a tecnologia
LED
Il Led funziona grazie al principio della elettroluminescenza che permette a particolari materiali di emettere luce (energia
radiante) quando sono attraversati da corrente elettrica (energia elettrica) in presenza di un campo elettrico (una serie
di forze generate nello spazio dalla presenza di cariche elettriche).
In riferimento ai consumi è possibile registrare:
• il 93% in meno rispetto alle lampade ad incandescenza
• il 90% in meno rispetto alle lampade alogene
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Scienze e Tecnologie Applicate
• il 70% in meno rispetto alle lampade a ioduri metallici
• il 66% in meno rispetto alle lampade a fluorescenza ( esempio neon)
Per un periodo di utilizzo di circa 8 ore giornaliere, la stima della vita media delle lampade è la seguente:
• lampada a filamento 500 giorni
• lampada a scarica 3 anni e mezzo
• lampada a incandescenza 5 anni e mezzo
• lampade a LED 17 anni!
ESERCIZI
1. Devi acquistare un nuovo frigorifero per la tua abitazione, tra i seguenti prodotti offerti dal rivenditore:
a) Frigorifero m odello “Siberia” classe energetica B prezzo 350 euro
b) Frigorifero m od ello “Alaska” classe energetica C prezzo 250 euro
c) Frigorifero m ode llo “Alaska” classe energetica A prezzo 400 euro
d) Frigorifero m od ello “Scandinavia” classe energetica A+++ prezzo 500 euro
Quali considerazioni farai nel m om ento di scegliere l’elettrodom estico ?
(forma e dimensioni analoghe)
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2. L’efficienza energetica di un qualsiasi prodotto è una caratteristica fondamentale, sia in termini economici
che di rispetto di norme dell’Unione Europ ea. Esprim i in m odo sintet ico l’im portanza che riveste oggi
l’efficienza energetica di un elettrodomestico
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3. Le caratteristiche di un elettrodomestico vengono descritte in modo completo nell’etichetta apposta sul
prodotto. Quali caratteristiche fondamentali deve contenere l’etichetta in accordo con la normativa U.E.?
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Book in
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- L’energia:
e Tecnologie
un bene universale
Applicate
Capitolo 7 Scienze
4. Disegna l’etichetta di un elettrodomestico (lavatrice, frigorifero, condizionatore ecc.) che hai in casa e descrivi
le caratteristiche del prodotto in base ad essa.
5. Quali obiettivi si propone l’U.E . con l’introduzione dell’ERP?
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6. I pittogrammi rappresentati nelle etichette degli elettrodomestici hanno lo scopo di:
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7. Spiega in che modo l’efficienza energetica contribuisce alla salvaguardia ambientale.
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Scienze e Tecnologie Applicate
8. L’icona rappresentata di seguito è riferita alle caratteristiche energetiche degli edifici. Spiega brevemente
cosa si intende con il termine “caratteristiche energetiche di un edificio”
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9.Quali parti dell’edificio sono punti deboli per la dispersione termica? Spiega brevemente:
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10. Proponi alcune soluzioni economiche per limitare la dispersione termica nella tua abitazione.
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11. Dopo aver fatto una breve ricerca elenca alcuni materiali impiegati nelle costruzioni che abbiano capacità
di “trattenere il calore” (isolanti termici).
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12. Dopo aver effettuato una ricerca sulla tecnologia LED (Light emitting diode) descrivi come le illuminazioni
basate su questa tecnologia possano favorire il risparmio energetico in casa.
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Book in
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- L’energia:
e Tecnologie
un bene universale
Applicate
Capitolo 7 Scienze
13. Una comune lampada ad incandescenza sfrutta l’effetto Joule che permette di trasformare la corrente
elettrica in luce: spiega brevemente il fenomeno.
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14. Descrivi brevemente la tecnologia LED con particolare riguardo al principio della elettroluminescenza.
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NESSI E COLLEGAMENTI
Il tema dell’energia investe tutti gli ambiti delle attività umane. La progettazione di ogni processo industriale non può
trascurare considerazioni relative ai costi energetici che incidono sul costo finale dei prodotti e, di conseguenza, anche
sulla soddisfazione dei potenziali clienti (cfr. cap. IV). Nuove tecnologie vengono impiegate affinché si riducano gli sprechi
e si aumenti l’efficienza energetica in ogni settore della vita umana.
Il sapere scientifico si arricchisce di nuove conoscenze che permettono di salvaguardare la risorsa energetica valorizzando
l’apporto derivante dalle fonti rinnovabili di energia (cfr. cap.I). La necessità di tutelare l’ambiente, riducendo le emissioni
inquinanti derivanti dalla combustione dei combustibili fossili, e la considerazione dell’energia come risorsa da non
sprecare, è testimoniata dalla promulgazione di norme di rango sovranazionale, recepite anche dal nostro Paese, che
riguardano la questione dell’efficienza energetica, ma anche il corretto smaltimento dei rifiuti e soprattutto il loro riciclo,
grazie al quale è possibile produrre energia (cfr. cap.VI).
VII
Capitolo
I Capitolo
Scienza e Tecnologia
Nuove conoscenze e
tecnologie sono
impiegate affinché si
riducano gli sprechi e si
aumenti l’efficienza
energetica
VI Capitolo
Risorse e am biente
IV Capitolo
Progettazione e Qualità
Il costo energetico e
l’impatto ambientale dei
processi industriali non è
trascurabile nella
progettazione aziendale
Il corretto smaltimento dei
rifiuti e soprattutto il loro
riciclo, permette di produrre
energia riducendo i problemi
dell’inquinamento
195
Scienze e Tecnologie Applicate
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Book in
progress
8 - La ecultura
Tecnologie
della Applicate
sicurezza
Capitolo
Scienze
CAPITOLO OTTAVO
LA CULTURA DELLA SICUREZZA
La sicurezza è un valore, una cultura, uno stile di vita. Evitare incidenti come quello mostrato dall’ im m agine si può!
QUADRO INIZIALE
In questo capitolo ci si propone di sensibilizzare gli alunni sul tema della sicurezza in ogni ambito della vita, ponendo
l’accento sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. L’analisi di un disastro industriale è affrontata unitamente al tema della
prevenzione in contesti meno ampi, per porre l’accento sulla necessità di acquisire una mentalità che consideri la sicurezza
una questione prioritaria e costantemente al centro dell’attenzione in ogni ambito.
Riferimenti concreti sono uno strumento di conoscenza e servono per comprendere l’importanza del tema, diritto-dovere
di ogni cittadino.
La tutela dell’integrità fisica è vista infatti come un diritto ma anche come un dovere, in considerazione della natura
sociale dell’individuo, che opera nel contesto sociale come un cittadino attivo, contribuendo allo sviluppo dell’intera
società anche attraverso la tutela della propria salute e di quella altrui. Quasi un capitolo di servizio che mette in risalto
l’importanza dell’informazione e della formazione, in quanto veicoli della “cultura della sicurezza”.
ANALISI DI UN DISASTRO INDUSTRIALE
La scienza è rapido scambio di informazioni, conoscenza che circola ed espande le esperienze degli uomini. Di tutti
gli uomini. La scienza non deve essere imbrigliata, imbavagliata, nascosta, deve essere accessibile a tutti rapidamente.
Qui parleremo di un gravissimo incidente avvenuto nel 1980 ad un importante complesso industriale energetico, la
centrale elettronucleare di Chernobyl.
Parliamo di questo argomento perché dobbiamo capire che la tecnologia e la scienza presentano sempre una
molteplicità di facce e fra esse ce ne sono amichevoli, utili, indispensabili, ma anche terribili, micidiali e mortali.
E' una questione di utilizzo delle conoscenze, è una questione di coscienza, è una questione di attenzione. Quello di
cui parleremo non è stato il primo grave incidente industriale e non sarà l'ultimo, non è stato il più grave e non lo sarà.
Al suo interno c'è un campionario significativo ed interessante di errori tipici, di reazioni istintive, di conseguenze, di
considerazioni che servono bene da modello e da monito, affinché la scienza e la tecnologia siano dei supporti
fondamentali alla vita dell'uomo e non strumenti della sua scomparsa.
Questo viaggio non vuole essere un attacco alla tecnologia nucleare nella quale sono insite cose buone e cose
pericolose, e non vuole spostare il consenso verso tipi diversi di strategie, vuole invece essere una analisi dei motivi
che portano l'uomo a compiere gravi errori pieni di tragiche conseguenze per altri uomini, in base ad abitudini e modi
di fare che interessano qualsiasi settore dell'attività umana.
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Scienze e Tecnologie Applicate
Come la conobbe il mondo
L'energia nucleare fu improvvisamente conosciuta dal mondo il 6 agosto del 1945, proiettata ovunque nella mente di
ogni uomo dall'esplosione della bomba di Hiroshima.
Fu un primo incontro traumatico e terribile che l'energia nucleare
non è mai riuscita a scrollarsi di dosso completamente.
Nell'immaginario collettivo, in un angolo della nostra mente, c'è
sempre, quando parliamo di nucleare, il ricordo di un’immagine o
di una frase che ci ricorda quel 6 agosto.
Questo è un pessimo inizio.
Ma il viaggio nell'energia nucleare non nacque il 6 agosto del 1945,
nacque molti anni prima. Quel che ci interessa ora inizia quando
uno studente russo in fisica nucleare scopre che tutte le
pubblicazioni che riguardano l'energia nucleare scompaiono dalle riviste di settore americane di quel periodo. Per i
russi è l'inizio della consapevolezza che qualcuno si interessa in modo attivo di questa nascente branca della fisica.
E' il primo passo verso una delle grandi mete dell'apparato politico militare russo. Il possesso della Bomba. Dopo un
inizio incerto riserve sempre più grandi verranno impiegate verso questa meta e due nomi ricorreranno spesso, quelli
dei due fisici Dollezhal e Kurchatov.
La guerra fredda e il KGB, la polizia segreta russa, organizzata e comandata dal padre padrone
Beria, divenuta nel corso degli anni uno Stato nello Stato, era così potente e temibile che
decretava vita e morte di chiunque nella Russia dei soviet.
Il KGB era responsabile della segretezza delle operazioni militari e di tutto ciò che
riguardava l'industria strategica, astronautica, militare e nucleare. Trasgredire voleva dire
Siberia. Siberia voleva dire sparire per sempre.
25 dicembre 1946
Kurchatov e i suoi tecnici ottengono la prima reazione a catena nei laboratori nucleari
della “città senza nome” (oggi Obninsck). Ma per la bomba occorre il Plutonio, materiale
ancora non disponibile, ma che potrà formarsi nel reattore di Mayak appena in
costruzione.
Beria e l’imperativo ideologico
A velocità sorprendente, usando una metodologia mista, il terrore e lo zelo, con i fondi
del Ministero delle macchine utensili, il fisico Dollezhal progettò il reattore di cui il fisico
Kurchatov aveva bisogno per produrre la Bomba. Nel massimo segreto il 10 giugno del
1948 entrò in funzione il reattore di Mayak.
Nel 1949 Kurchatov, con ingenti risorse, chiede a Stalin di costruire una centrale
elettronucleare di prova nella “città innominata” (Obninsck) a sud di Mosca. Il reattore era
un modello regolato a grafite, simile al reattore di Mayak ma più grande e potente.
198
Book in
progress
Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
1949: prima esplosione nucleare
Nel 1953 muore Stalin.
Tutti i suoi più stretti collaboratori tra cui il potentissimo Beria,
ideatore e padre padrone del KGB, vengono assassinati nello stesso
anno.
La centrale elettronucleare di prova nella “città senza nome” a sud
di Mosca entra in funzione il 27 giugno 1954, è la prima al mondo.
Solo due anni dopo si conobbe questo importante fatto nella società
russa e nel mondo, e la “città innominata” ebbe finalmente il nome
di Obninsk.
La città senza nome OBNINSK nacque per volere di
Stalin e prese il nome solo in tempi recenti quando i
vincoli di segretezza crollarono per le vicende
politiche degli anni ‘80.
Nacque per recuperare il ritardo nelle tecnologie
nucleari accumulato nel corso della seconda guerra
mondiale. Vivere a Obninsk garantiva una vita di
dorata clausura assoluta a chi vi lavorava. Chi
entrava non usciva, il vincolo del segreto assoluto era
indissolubile, si viveva una vita di dorata prigionia con
le comodità occidentali, belle case, auto ecc., ma si
era prigionieri dell'apparato del KGB per la vita.
Molti erano i nemici delle centrali elettronucleari russe agli albori della loro storia, prima di tutti l'immenso costo stimato.
Con l'investimento con cui si realizzò la centrale di Obninsck che produceva 5 megawatt, neppure sufficienti al suo
fabbisogno interno, si sarebbero potute costruire le centrali idroelettriche sul fiume Angara, che avrebbero prodotto
4500 megawatt.
Ma il “Ministero per la costruzione delle macchine utensili” e il KGB volevano fortemente le centrali nucleari. Si sapeva
ormai con certezza che gli americani stavano studiando un reattore ad acqua pressurizzata ed esisteva un imperativo
ideologico di supremazia. L'energia elettronucleare assunse un ruolo strategico nella pianificazione russa.
Nel frattempo a Mayak le scorie della centrale e di altre lavorazioni radioattive vengono accumulate. Il sito diventa
inavvicinabile per la sua radioattività.
La sfortuna vuole che sia altamente esplosivo. In una surreale sequenza di eventi imprevedibili, il deposito esplode
generando una gravissima contaminazione di uomini, cose e di un'area estesa tutto attorno.
Rapidissimo ed inflessibile il KGB impone il silenzio, l'informazione non circola e come sempre nessuno può imparare
alcunché dagli errori degli altri.
L'onnipresente KGB
Alla fine degli anni sessanta, spinta dall'inarrestabile richiesta di energia, la governance russa sposta la gestione di
alcune centrali nucleari dal Ministero per la costruzione di macchine utensili, alias apparato militare industriale del KGB,
al Ministero dell'energia e dell'elettrificazione, un Ministero puramente civile senza specifici agganci al settore militare;
resta comunque l'obbligo della segretezza, come restano il controllo esterno del KGB, ma la struttura è più agile e
meno militarizzata. Ma è anche pericolosamente meno prioritaria e gode di minori protezioni negli alti vertici e di minore
considerazione.
Chernobyl
In questo periodo viene identificato il sito di Cernobyl e gettate le basi della costruzione della centrale, vicino al paesino
di Pripyat. La centrale e la cittadina associata hanno un nuovo direttore, un uomo energico, intelligente e ambizioso,
Viktor Bryukhanov, che dipendeva dal Ministero dell'elettrificazione: dunque Chernobyl nasceva sotto l'egida di un
apparato civile e non militare.
199
Scienze e Tecnologie Applicate
La disorganizzazione, i materiali introvabili, la burocrazia
In poco tempo, finiti i clamori e la pompa iniziale, Bryukhanov si rese conto di essersi accollato delle responsabilità
enormi.
Una burocrazia impenetrabile e paralizzante impastava ogni tentativo di razionalizzazione, e la necessità del timbro sul
foglio finiva con l'essere più determinante del contenuto stesso del foglio e della richiesta che esso portava.
Bryukhanov: l'immane compito di vincere disorganizzazione, demotivazione, miseria
e freddo.
L’onnipresente KGB ed il ministero per la costruzione di macchine utensili.
Mayak: l'esplosione delle scorie fossili dal 1949 al 1967: 3 incidenti in uno dei luoghi
più contaminati del pianeta.
1957: un micidiale composto esplosivo, instabile e
insondabile, racchiuso in un ambiente non
accessibile.
Il gigantismo ed i reattori nucleari russi RBMK.
Il gigantismo
Per la creazione del reattore di Chernobyl si ricorse all'espediente progressivo di aumentare la dimensione per
aumentare la potenza erogata. Estrema la complessità, crescente la criticità. I nuovi reattori RNBK 1000 erano l'ultimo
esempio di questa politica del gigantismo.
Il partito, la politica e l’apparato industriale militare.
Bryukhanov scoprì che molti materiali tecnologici, necessari per la costruzione
di Chernobyl, erano indisponibili perché l'industria russa ne produceva in
piccole quantità e il “Ministero per la costruzione di macchine utensili”, più
potente e temibile di ogni altra organizzazione, se li accaparrava per costruire
i reattori. Così gli RNBK 1000 di Kursk e Ignalina erano ben costruiti e
attrezzati, ma non altrettanto Chernobyl.
Il 1975 era la data scelta per l’accensione dei reattori, non posticipabile…
Improvvisazione e mancanza di mezzi aumentano estremamente il rischio nell’industria nucleare.
Era sottinteso che chiunque in Russia dovesse avere mansioni importanti fosse anche un comunista fervente, per tale
motivo Bryukhanov dovette iscriversi al partito comunista e sottostare a tutti i suoi dettami.
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Book in
progress
Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
Fra delusione e demotivazione
Tutto questo, un anno dopo, portò Bryukhanov a rimpiangere amaramente di avere accettato il lavoro e si dimise. I
suoi più fidi collaboratori erano in estrema difficoltà ed il cantiere arrancava. Kizima, il capocantiere, uomo duro e
risoluto, era incapace di trasformare una manodopera demotivata e ignorante in un corpo di lavoro efficiente.
I corsi serali di istruzione erano deserti e le strade a sera erano piene di operai ubriachi e svogliati. Ma le dimissioni
non furono accettate.
26 settembre 1977: inaugurazione (forzata)
Il 26 settembre 1977, con due anni di ritardo, entrò in funzione il reattore
1 della centrale di Chernobyl e, due anni dopo l'entrata in funzione del
primo reattore, entrò in funzione anche il secondo: il 21 dicembre del
1978 Bryukhanov e Kizima furono elogiati pubblicamente. Ma solo loro
sapevano i compromessi che avevano dovuto accettare per il prestigio
della causa. Un brivido opprimente li svegliava talvolta di notte dopo un
sonno agitato. La segretezza e gli incidenti, l'implacabile KGB… Ma
nessuno alla centrale sapeva alcune cose importantissime avvenute nel
frattempo. Infatti tutti sapevano che i reattori RNBK erano sicuri e a
prova di errore, che le centrali erano sicure oltre ogni limite imponibile e
che mai si erano verificati incidenti. Ma le cose non stavano così.
Nessuno sapeva che un anno prima a Leningrado e a Beloyarsk si era
verificato il meltdown di alcune barre di uranio.
L'impenetrabile segretezza impediva di imparare dagli errori fatti e impediva di stare all’erta. Errore umano, certo, ma
si era sfiorata la catastrofe e solo una manovra disperata dell'ultimo momento aveva impedito la fusione del core.
Il computer SKALA, che sorvegliava tutte le attività della centrale e che
aggiornava i controlli ogni 5 minuti, era il cuore tecnologico della
centrale, ma le macchine dell'epoca avevano molti limiti ed erano assai
sensibili all'ambiente circostante.
Per tale motivo SKALA era posto distante dalla plancia operativa della
sala comando, stampava i risultati a 5 metri dall'operatore addetto e
questo lasciava un margine di vari secondi fra il rilevamento di un
inconveniente e la possibilità di azione.
Il reattore instabile
Il reattore a bassi regimi si comportava in modo imprevedibile, spegnendosi o restando acceso in modo
apparentemente casuale. Un reattore che si spegneva spontaneamente comportava un danno economico.
Ma anche un reattore instabile doveva essere spento…
Uno spegnimento improvviso del reattore ormai instabile, sempre possibile in teoria, avrebbe avuto catastrofiche
ricadute economiche sulla rete elettrica in termini di mancata erogazione e di sovraccarico delle altre centrali. Tutto
questo avrebbe comportato licenziamenti e dure sanzioni a tutto il personale della centrale e, di conseguenza, nessuno
avrebbe mai osato effettuare uno spegnimento spontaneo, sia per necessità che per paura, a meno che non ci fosse
una specifica autorizzazione di un superiore elevato. Nessuno deliberatamente avrebbe preso una tale risoluzione, era
un atto che contrastava con lo spirito di sopravvivenza e andava contro la speranza di vivere una vita agiata.
Le norme di sicurezza regolarmente infrante
Pertanto, per impedire uno spegnimento accidentale ai bassi regimi e mantenere attivo il reattore, si toglievano più
barre di controllo in boro di quanto imposto dal regolamento. Si imparò così a disattendere i regolamenti.
Si riteneva che questo fosse uno specifico problema del reattore di Chernobyl, mentre in realtà era un problema diffuso
su tutti gli RBNK 1000.
La segretezza e l'incomunicabilità stavano mietendo un'altra vittima.
201
Scienze e Tecnologie Applicate
L'incidente del 1981
Una fuga radioattiva.
Nel dicembre del 1981 entra in funzione il terzo reattore e finalmente si
procede allo spegnimento e alla manutenzione del primo reattore attivo
da 5 anni. Quando si avvia il processo di riaccensione, al termine della
manutenzione, inavvertitamente vengono chiuse le valvole di adduzione
dell'acqua al nocciolo, alcune barre di uranio si surriscaldano, l'iridio di
contenimento si fonde e le barre fondono. Una parte localizzata e limitata
del nocciolo esplode e piccole quantità di radioattività si diffondono nella
centrale e nell'immediato esterno.
Nessuna vittima, l'impianto di refrigerazione d'emergenza entra in azione
immediatamente ed il rischio si estingue.
La segretezza sotto l'azione del KGB.
La sostituzione dei capi.
Incidente a Balakowski
In quel periodo un grave incidente avvenne nella centrale nucleare di Balakowski: per un errore, il cedimento di una
valvola, il vapore radioattivo del core aveva inondato la zona attorno alla vasca del reattore. Il vapore a 300 gradi aveva
ucciso orribilmente 15 addetti alla centrale.
Ancora una volta era stato l'errore umano, ma il fatto che sia stato l'uomo a sbagliare non rende i morti meno morti e
l'errore meno errore.
Tante le anomalie riscontrate dai progettisti del “Ministero per la costruzione di macchine utensili”, erano state notate
nella centrale di Ignalina e confermate a Chernobyl. Poche le s oluzioni attuate: l’importante era fare di Chernobyl la
più grande centrale nucleare del mondo!
Il collasso della Russia dei soviet
Alla fine dell'era Brezneviana si assiste alla stagnazione dell’economia e la corruzione era diffusa ad ogni livello.
Intanto l'apparato militare assorbiva una quantità esorbitante del prodotto interno lordo dell'Unione Sovietica.
Dopo la morte di Breznev, muoiono in rapida successione i due leader seguenti di stampo brezneviano Andropov e
Cernenko.
Febbraio 1986: Gorbaciov inizia ufficialmente la perestrojka.
Un articolo sul giornale di Pripyat evidenziava i dubbi sulle qualità costruttive e sulle procedure di collaudo della centrale.
Ciò che si sarebbe potuto fare per rendere più sicuri gli impianti non fu fatto: altri interessi prevalsero ancora una volta.
La diversificazione della produzione: l'assurdo caso dei fienili
In quei giorni fatali di aprile del 1986 il direttore della centrale di Chernobyl era
impegnato nella comunità agricola della città per risolvere i problemi connessi
con la costruzione di un grande fienile collettivo. Una norma imponeva ad ogni
industria di diversificare la propria produzione e aggiungere nuovi oggetti alla lista
dei propri manufatti. Ma cosa poteva produrre in più una centrale nucleare, se
non energia?
Il fienile collettivo: i macchinari e la tecnologia di Chernobyl fu impegnata nella
realizzazione di un grande fienile collettivo.
Alla centrale restava personale secondario e meno esperto.
Il test del 25 aprile 1986
Tra errori progettuali, incompetenza, manutenzione rinviata, il test viene fatto tra
dubbi e paura.
202
Book in
progress
Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
La sicurezza “FORMALE”
Le procedure dell'operazione furono approntate e approvate in modo formale, come sempre, e come sempre si
applicarono i rinvii alle procedure di sicurezza senza riscriverle espressamente.
 Il 24 aprile i tecnici prendono servizio.
 Alle 8 prende servizio l’incaricato della prova.
 Alle 10 Daytlov dà l'ordine di iniziare la riduzione di potenza del sistema.
 Alle 13 il reattore è a metà potenza e si inizia a disinserire una turbina.
 Alle 14 l'esperimento di shutdown può iniziare.
Viene disconnesso il sistema di emergenza: il suo inserimento avrebbe impedito l’esperimento.
La violazione delle procedure e l'eliminazione delle sicurezze.
Il fattore umano.
La pausa.
L’arrivo di pezzi grossi della politica in alcune fabbriche di Kiev ne impediscono la
disconnessione dalla rete elettrica: il test viene congelato.
Alle 23 arriva il via libera da Kiev: l’esperimento riparte. Intanto alle 4,00 del mattino
entrano in servizio nuovi tecnici, impreparati…il test a quell’ora doveva già essere
terminato…leggono le procedure….
Senza il sistema di emergenza la paura assale il secondo capotecnico, ma la necessità di procedere e le rassicurazioni
dei superiori più esperti prevalgono.
Per capire quello che sarebbe accaduto quando il reattore fosse diventato instabile, a basso regime, bisognava operare
in condizioni di rischio.
Ma gli errori si susseguono: il fattore umano
Improvvisamente ci si rese conto che la potenza del reattore era scesa a 30MW.
Il reattore era caduto nel pozzo di iodio, ed era rischioso levarcelo.
Decisioni in emergenza, particolarmente rischiose, sembrano far risalire la
potenza del reattore…
Si procede in fretta per completare il test….
All’1,23 la fine del mondo
Un sordo rumore vibrante si diffonde in tutto l'immenso edificio
L’incubo si materializza
203
Scienze e Tecnologie Applicate
Abbiamo aperto il capitolo con l’analisi di un disastro industriale, paradigmatico, nella sua gravità, dei pericoli che nascono
dal compromesso, dalla contaminazione di interessi che investono politica, economia, volontà di supremazia e strategia
militare, ma anche scienza e tecnologia asservita al potere. Non solo grandi storie che fanno “la Storia”, ma anche singole
storie di ciascuno, uomini e donne che vivono i drammi dei disastri dovuti alla mancata sicurezza nei posti di lavoro. La
prospettiva è unica, la cultura della sicurezza prevede un’unica interpretazione a tutti i livelli e a prescindere dalla
dimensione in cui ciascuno vive le proprie esperienze di vita quotidiana e lavorativa.
8.1 La sicurezza: tra norma e cultura
Qualsiasi attività lavorativa comporta un rischio per la salute del lavoratore. In Italia sono stati denunciati nel 2007 (dati
INAIL) 883.145 infortuni sul lavoro di cui, nello stesso anno, 1.193 mortali. Questi dati sono superiori a quelli che si hanno
negli altri paesi Europei.
La sicurezza dei lavoratori non era considerata, fino a qualche centinaio di
anni fa, un diritto dei lavoratori, che non avevano alcuna protezione contro
le sostanze o gli ambienti tossici, mentre contro gli incidenti avevano come
tutela solo la propria attenzione. Prendiamo ad esempio il lavoro in miniera,
gli operai operavano in ambiente polveroso, senza alcuna maschera di
protezione e col pericolo derivato dalla presenza di gas asfissianti quali
l'ossido di carbonio o di gas esplosivi quale il famigerato grisou (miscela
incolore e inodore di metano e anidride carbonica, ossigeno e azoto).
Gli incidenti mortali erano frequenti per asfissia o esplosione del grisou, ma
i lavoratori morivano anche ad una età di 40-50 anni a causa della polvere
di silicio inalata che provocava una malattia detta silicosi.
Con la rivoluzione industriale del secolo XIX si ebbe una grande concentrazione di operai presso le nuove industrie e si
ebbero i primi i movimenti di protesta dei lavoratori che combattevano contro lo sfruttamento e la drammaticità delle
condizioni di lavoro e per il miglioramento della salubrità nei luoghi di lavoro. Cominciarono così ad essere emanate le
primi leggi a tutela della salute dei lavoratori.
• Evoluzione del quadro legislativo in Italia
In Italia il diritto alla salute viene riconosciuto dalla costituzione che è la legge fondamentale dello Stato, in particolare
l'art. 32 stabilisce che: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse
della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti."
In attuazione di tale principio sono state emanate una serie di leggi, a partire dagli anni ‘50. In questa prima fase però,
la tutela della salute dei lavoratori era sostanzialmente affidata al datore di lavoro, unico responsabile della sicurezza dei
suoi dipendenti.
Il quadro è cambiato con l'adozione della normativa comunitaria, che a partire dagli anni ‘90, ha coinvolto nella
responsabilità per la sicurezza sui luoghi di lavoro, oltre che l'impresa, anche il committente dell'opera e gli stessi
dipendenti che diventano non più soggetti passivi, esecutori delle direttive, ma soggetti attivi, consapevoli e informati sui
rischi e sulle misure di prevenzione da adottare, sulle quali possono intervenire attraverso il Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza. Il decreto ha anche introdotto nuove figure professionali con il compito specifico di
progettare la sicurezza e di controllare che le misure di prevenzione e riduzione dei rischi per la salute siano rispettate.
Tutte le leggi relative alla sicurezza sono state raggruppate in un unico testo: il D. Lgs. 81/2008 detto, appunto, Testo
Unico sulla sicurezza. Tale testo si applica sia alla persona da tutti i punti di vista: sicurezza, salute e dignità sul luogo di
lavoro, che al lavoro, in tutte le sue forme e varietà, sia nel settore pubblico che privato.
8.2 La sicurezza nei luoghi di lavoro
Le norme sulla sicurezza si applicano a tutti i tipi di lavoro, a tutte le aziende sia pubbliche che private, a tutti i tipi di
rischio, a tutti i lavoratori, siano essi autonomi o subordinati.
La legge prevede una serie di figure che hanno il compito di rispettare le norme al fine di ridurre i rischi per la salute
connessi a qualsiasi attività lavorativa.
Le norme di sicurezza debbono tuttavia essere conosciute ed osservate da tutti per la protezione propria e degli altri.
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Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
• Qualche definizione utile
I LUOGHI DI LAVORO
Sono quei luoghi destinati ad ospitare posti di lavoro ubicati all’interno dell’azienda o dell’Unità Produttiva nonché
ogni altro luogo di pe rtinenza all’azienda accessibile ai lavoratori.
PERICOLO
Proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni.
RISCHIO
Probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un
determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.
TUTTI I PERICOLI COMPORTANO RISCHI? NO…!!!
PERICOLO: elettricità (folgorazione)… Monossido di carbonio (asfissia)… Elementi meccanici in movimento (taglio,
cesoiamento)…
RISCHIO: in assenza di contatto con la fonte di pericolo la probabilità di danno è ZERO!
RISCHI CHE POSSIAMO INDIVIDUARE NEI LUOGHI DI LAVORO
RISCHI PER LA SICUREZZA DEI LAVORATORI
Sono rischi di natura infortunistica che possono causare l’infortunio quando ci esponiamo anche una sola volta ad
un determinato fattore di rischio.
Derivano da:
• carenze strutturali;
• carenze di sicurezza negli impianti elettrici e tecnici ;
• incendio e/o esplosione;
• vie di fuga/uscite di emergenza.
Ognuno di questi fattori di rischio può causare un infortunio grave o anche la morte al verificarsi anche di una sola volta.
RISCHI PER LA SALUTE DEI LAVORATORI
Sono rischi di natura igienico ambientale, che causano infortunio o malattia quando l’esposizione ad un determinato
fattore di rischio si ripete nel tempo.
I rischi per la salute dei lavoratori derivano da:
• esposizione a rumore e vibrazioni, radiazioni;
• illuminazione e microclima;
• movimentazione dei carichi e posture scorrette;
• esposizione a sostanze tossiche e nocive;
• esposizione a microrganismi nocivi.
Questi fattori di rischio causano malattie professionali solo dopo una esposizione prolungata al rischio: per esempio,
lavorare in un ambiente rumoroso per molto tempo senza protezioni.
I RISCHI SONO TUTTI COMPLETAMENTE ELIMIBABILI?
NO…
Pertanto, applicate tutte le misure di prevenzione, per i rischi NON completamente eliminabili, bisognerà intervenire
prima con idonei Dispositivi di Protezione Collettiva (D.P.C.) e successivamente con idonei Dispositivi di Protezione
Individuale (D.P.I.).
205
Scienze e Tecnologie Applicate
• Possibili fonti di pericolo
• Pericolo attivo
Macchine, apparecchi di sollevamento, apparecchi a pressione, apparecchi di trasporto e movimentazione interna,
attrezzature manuali, impianti elettrici, sorgenti di incendio e di esplosione.
• Pericolo passivo
Locali di lavoro, locali di interconnessione, depositi.
• Pericolo per la salute
Agenti chimici, rumore, vibrazione, radiazioni non ionizzanti, radiazioni ionizzanti, agenti biologici, movimentazione
manuale dei carichi, esposizione ad agenti cancerogeni.
• Fonti di mancato benessere
Video terminali, ergonomia del posto di lavoro, illuminazione, microclima.
I DISPOSITIVI DI SICUREZZA COLLETTIVI
I DISPOSITIVI DI SICUREZZA INDIVIDUALI
DISPOSIZIONE DI UNA POSTAZIONE VIDEOTERMINALE (VDT)
Figura 8.1 - Il disegno rappresenta una disposizione corretta di una postazione VDT
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Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
• Le figure responsabili della sicurezza: ruoli e funzioni
E’ importante sottolineare che ogni operatore o altro lavoratore deve prendersi cura della propria salute e della salute
degli altri (altro personale o, nel caso della sicurezza a scuola, gli alunni) su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o
omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
E’ importante conoscere i diversi ruoli, che corrispondono a distinte responsabilità, per sapere quali procedure è corretto
attivare nel caso di pericolo. Di seguito si riportano sinteticamente i ruoli e le funzioni delle figure che hanno responsabilità
in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro, rinviando al T.U. sulla sicurezza per maggiori approfondimenti.
IL DATORE DI LAVORO
Il datore di lavoro è il titolare del rapporto di lavoro con il dipendente.
Il datore di lavoro, relativamente alla sicurezza dei lavoratori, ha il dovere di garantire la salute e la sicurezza dei
lavoratori. Lo fa attraverso una serie di azioni, alcune delle quali sono riportate di seguito:
• verifica che vengano osservate le misure generali di tutela della salute e che vengano rispettate le norme sull’igiene
e sulla la sicurezza dell’ambiente di lavoro e le misure di prevenzione incendi;
• istituisce il Servizio di Prevenzione e Protezione aziendale, designa il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione ambientale e i suoi componenti;
• designa i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e di primo intervento nel caso
d'incendio, gli addetti all'evacuazione dai luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, nomina gli addetti
al salvataggio di primo soccorso e alla gestione dell’emergenza (denominati preposti). Tali lavoratori devono aver
seguito un apposito corso di formazione.
IL PREPOSTO
L’art. 2 del T.U. sulla sicurezza definisce il preposto dicendo che è la “persona che, in ragione delle competenze
professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla
attività lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei
lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa”.
Quindi, come abbiamo visto in precedenza, il preposto è la persona cui il datore di lavoro ha affidato dei compiti
specifici inerenti la sicurezza. Tali persone devono essere scelte in base alla loro capacità e preparazione e devono
avere anche seguito un apposito corso di formazione.
Per fare qualche esempio, nel caso di intervento di primo soccorso, come la medicazione di una ferita, tale operazione
deve essere compiuta dal "preposto" che ha avuto una formazione in materia appunto di primo soccorso.
Nel caso di incendio, i preposti all'evacuazione cureranno che l'evacuazione sia ordinata e senza incidenti, mentre
solo i preposti con compiti antincendio potranno usare gli estintori e gli altri mezzi presenti, utili allo spegnimento
dell'incendio.
IL LAVORATORE
Anche in questo caso è la norma che definisce la figura del lavoratore all’art.2. Di seguito se ne riporta un estratto.
“Il lavoratore è persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito
dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere
un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è
equiparato…..lo studente che segue momenti di alternanza tra studio e lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed
universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di
lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente
ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come
definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile...“
I lavoratori contribuiscono alla tutela della propria e dell’altrui salute e hanno una serie di doveri e di diritti. Tra i primi,
i lavoratori devono:
• osservare le disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro, dirigenti e preposti in merito alla protezione collettiva
e individuale;
207
Scienze e Tecnologie Applicate
• utilizzare correttamente macchinari, attrezzature, sostanze, preparati pericolosi, mezzi di trasporto e dispositivi di
sicurezza;
• utilizzare in modo appropriato i D.P.I.;
• segnalare immediatamente al datore di lavoro, dirigente o preposto le deficienze delle apparecchiature, dei DPI e
condizioni di pericolo e adoperarsi per eliminare o ridurre situazioni di pericolo grave e incombente dandone notizia al
RLS;
• non compiere di propria iniziativa operazioni non di loro competenza che possano compromettere la sicurezza propria
e di altri lavoratori;
• partecipare ai programmi di formazione e addestramento;
• sottoporsi ai controlli sanitari se previsti dal D.Lgs. 81/08 o disposti dal Medico Competente (MC).
Tra i diritti quello di essere formati ed informati in merito ai rischi generali e specifici presenti sul luogo di lavoro, alle
norme di tutela, alle misure di prevenzione e protezione; di eleggere il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e
di lasciare il posto di lavoro in caso di pericolo grave e immediato o di prendere le misure più idonee per evitarne le
conseguenze.
ESERCIZI
1. La sicurezza sui luoghi di lavoro:
a) Non è tutelata
b) È tutelata solo in alcuni settori
c) È tutelata solo nelle scuole
d) In Italia esiste un testo unico sulla sicurezza e la salute dei lavoratori
2. La costituzione della Repubblica Italiana tutela la salute nei luoghi di lavoro?
a) No, non se ne occupa
b) Si, ne stabilisce i principi generali
c) Si, fissa tutte le norme da seguire
d) Si, ma solo dei dipendenti dello stato
3. Il datore di lavoro:
a) Non si occupa di sicurezza
b) Si trova sempre sul luogo di lavoro per controllare i lavoratori
c) Dà indicazioni generali
d) Deve garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori
4. Il preposto:
a) È un lavoratore con compiti particolari inerenti la sicurezza
b) È un addetto esterno
c) È un vigile del fuoco
d) È il Preside
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Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
LA SICUREZZA NELLA SCUOLA
Il datore di lavoro è il Dirigente Scolastico.
I preposti vengono scelti dal Dirigente Scolastico tra i docenti ed il personale ATA.
I lavoratori sono i docenti, i collaboratori scolastici, il personale di segreteria e qualsiasi altra figura che per motivi di
lavoro sia presente, anche temporaneamente e a qualsiasi titolo, nella scuola. Al lavoratore vengono assimilati gli studenti:
• quando fanno attività in laboratori dove si eseguono prove o lavorazioni che comportano rischi per la salute, ad
esempio i laboratori di chimica o i laboratori di informatica, limitatamente ai periodi in cui effettivamente fanno attività
in questi laboratori;
• quando fanno attività di formazione in alternanza scuola-lavoro;
• quando fanno esercitazioni pratiche.
Come comportarsi a scuola in caso di terremoti
L'Italia è una regione ad alto rischio sismico, ossia i terremoti sono frequenti e qualche
volta provocano danni anche gravi. Per conoscere il grado di pericolosità sismica si può
consultare la carta di pericolosità sismica. Il terremoto è un movimento brusco del
terreno, dura da pochi secondi a qualche minuto, perciò a volte non si ha il tempo di
lasciare il fabbricato in cui ci si trova.
Se si è all'interno di un fabbricato:
• seguire le indicazioni del docente presente in quel momento in aula;
• cercare riparo accanto ad un muro maestro, nel vano di una porta inserita in un muro portante o sotto le travi in
cemento armato;
• trovare riparo sotto un tavolo, oppure sotto un banco;
• allontanarsi da vetri e da oggetti che cadendo potrebbero provocare ferite (specchi, finestre, armadi a muro);
• non precipitarsi verso le scale, sui terrazzi e non utilizzare gli ascensori;
• uscire con prudenza solo quando la scossa è terminata.
Se si è all'aperto:
• cercare un grande spazio lontano da spiagge, sponde fluviali e laghi;
• allontanarsi da edifici, da costruzioni in genere e da pali o tralicci elettrici: potrebbero infatti
crollare cornicioni, grondaie, lampioni, linee elettriche, particolari elementi di edifici storici e
altro.
Come comportarsi a scuola in caso di incendio
L'incendio è un evento meno traumatico dei terremoti, perché esso anche nei casi più gravi in cui non si riesce subito
209
Scienze e Tecnologie Applicate
a spegnerlo, permette di lasciare l'edificio e quindi sottrarsi al pericolo.
Nel caso venga individuato un principio di incendio, devono essere i preposti allo
scopo, ossia quelle persone che hanno avuto apposito addestramento per l'uso
degli stessi, ad intervenire cercando di domarlo usando gli estintori. Questa iniziativa
non deve essere mai presa dagli studenti. Essi segnaleranno ai docenti o al
personale scolastico il verificarsi di un principio di incendio.
Se l'incendio non può essere domato subito con gli estintori o altri mezzi presenti
nella scuola, il preposto o il responsabile della scuola provvederà a:
• telefonare ai vigili del fuoco;
• azionare o fare azionare il dispositivo di allarme per l'evacuazione dell'edificio scolastico.
Procedura per l'evacuazione
Questa operazione deve essere effettuata senza panico e partendo dalle classi più' vicine all'incendio.
• L'insegnante presente in aula prende il registro di classe e si avvia verso la porta di uscita della classe.
• Lo studente apri fila inizia ad uscire dalla classe tenendo per mano il secondo studente e così via fino all'uscita dello
studente chiudi fila. Quest’ultimo provvederà a chiudere la porta dell'aula segnalando con questa operazione che
tutti gli studenti sono usciti.
• Qualora al momento del segnale di evacuazione gli studenti non siano nella loro aula (ad esempio nei corridoi; ai
servizi ecc.) questi raggiungeranno con calma il loro punto di raccolta;
• Ogni classe dovrà dirigersi verso il punto di raccolta esterno prestabilito dal piano di evacuazione.
• Raggiunto il punto di raccolta, l'insegnante di ogni classe farà l'appello e compilerà l’apposito modulo che
consegnerà al responsabile del punto di raccolta.
• Il responsabile del punto di raccolta, ricevuti dagli insegnanti tutti i moduli, compilerà a sua volta un apposito modulo
che consegnerà al Dirigente Scolastico o al suo sostituto.
• In caso di studenti non presenti alla verifica finale, il capo dell'istituto o il suo sostituto informerà le squadre di
soccorso per iniziare la loro ricerca.
I diversamente abili, durante l’emergenza non vanno mai lasciati soli. Le persone incaricate, il docente di sostegno o,
in sua assenza, il personale di piano incaricato, si cureranno di accompagnarli verso i punti di raccolta.
8.3 L’emergenza
Un’emergenza è una situazione determinata da
INCENDIO
NUBE
TOSSICA
ALLARME
ALTRO...
CROLLO
TERREMOTO
• Come gestire un’emergenza
E’ necessario formare degli “addetti” alla gestione delle emergenze. Il personale designato dovrà attuare le procedure di
evacuazione, lotta antincendio e il primo soccorso.
• Il primo soccorso
Il datore di lavoro organizza il primo soccorso e i necessari rapporti con i servizi esterni in base alla natura delle attività
e delle dimensioni dell’azienda o della UP, sentito il medico competente (se vi è l’obbligo). Per individuare le caratteristiche
210
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Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
minime delle attrezzature di primo soccorso e i requisiti del personale addetto, è necessario identificare la categoria di
appartenenza della propria azienda (D.M. 388/2003)
L’INCENDIO
“Reazione fisico-chimica con rapida ossidazione di materiali e conseguente sviluppo di calore, fiamma, fumo e gas
caldi”.
Effetti dell'incendio:
• emanazione di energia sotto forma di luce e calore;
• trasformazione delle sostanze combustibili in altri elementi (prodotti di combustione).
La prevenzione degli incendi
Il datore di Lavoro designa uno o più lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta
antincendio. I lavoratori designati devono frequentare un corso di formazione specifico. Verrà formata la squadra
antincendio (D.M. 10 marzo 1998).
LA COMBUSTIONE
La combustione è una reazione chimica di una sostanza combustibile con un comburente
che comporta sviluppo di calore, fiamma, gas, fumo e luce. Avviene per ossidazione degli
atomi di carbonio (C) e di idrogeno (H) presenti nelle sostanze combustibili. Ad esempio, nella
combustione dei combustibili più comuni (legno, carbone, carta, idrocarburi, ecc.), costituiti
in gran parte da carbonio e idrogeno, l’ossigeno dell’aria reagisce con l’idrogeno (formando
acqua sotto forma di vapore) e con il carbonio (formando anidride carbonica, monossido di
carbonio, fumi etc.).
Figura 8.2
Combustione della legna
(combustibile) ad opera
dell’ossigeno
dell’aria
(comburente)
Può avvenire con o senza sviluppo di fiamme superficiali.
La combustione senza fiamma superficiale si verifica generalmente quando la sostanza
combustibile non è più in grado di sviluppare particelle volatili. Solitamente il comburente è
l’ossigeno contenuto nell’aria, ma sono possibili incendi di sostanze che contengono nella
loro molecola una quantità di ossigeno sufficiente a determinare una combustione, quali ad
esempio gli esplosivi e la celluloide.
Condizioni necessarie per la combustione
• presenza del combustibile
• presenza del comburente
• presenza di una sorgente di calore
Un combustibile brucia quando viene a trovarsi ad una temperatura tale che, avvicinando l'innesco, inizia la
combustione.
Combustibile: qualsiasi sostanza in grado di bruciare.
I materiali combustibili possono essere allo stato solido, liquido o gassoso.
Comburente: sostanza che consente e favorisce la combustione; il più importante è l'ossigeno dell'aria ed è quello
maggiormente reperibile in natura.
calore
COMBU
STIONE
combu
stibile
combu
rente
211
Scienze e Tecnologie Applicate
ESERCIZI
1. Quale di questi tre elementi è un comburente?
a) L’aria
b) La benzina
c) L’ossigeno
2. Quale di queste combinazioni permette la continuazione di un incendio?
a) Comburente, combustibile e ossigeno
b) Comburente, combustibile e innesco
c) Comburente, combustibile e liquido infiammabile
3. Un cumulo di materiali combustibili abbandonati può infiammarsi per autocombustione?
a) No, mai
b) Si, se la temperatura si alza sufficientemente
c) Si, se i microrganismi della decomposizione liberano i gas combustibili
4. Quando si interrompe la combustione?
a) Quando manca almeno uno dei tre elementi del triangolo del fuoco
b) Quando termina il combustibile
c) Quando si alza troppo la temperatura
5. Com e si comporta l’anidride carbonica con un fuoco di legna e carta?
a) Spegne velocemente le fiamme
b) E’ inefficace
c) Non evita la riaccensione delle braci
(Se su questo book non trovi l’informazione utile a dare la risposta, fai delle
ricerche autonome e rispondi alla domanda)
8.4 La segnaletica
All'interno degli ambienti di lavoro sono collocati, in modo ben visibile, i seguenti cartelli:
SE G N A LI DI PE R C OR SO
(d i c o lo re ve rd e )
Indica la direzione da seguire
Segnale collocato sopra l'uscita d'emergenza
Indica la direzione in cui si trova l'uscita
d'emergenza
SE G N A LI IDE N T IFIC A T IVI
(d i c o lo re ro s s o )
Indica la presenza di un estintore
Indica la presenza di un idrante
212
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Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
ESERCIZI
1. Cosa indica un cartello segnaletico con una freccia rossa?
a) L’estintore più vicino
b) La direzione dell’uscita più vicina
c) La più vicina attrezzatura antincendio
2. Dopo aver evacuato i locali, dove andate?
a) Seguo le indicazioni della segnaletica e vado al punto di raccolta esterno
b) Seguo le indicazioni della squadra di evacuazione
c) Seguo l'istinto e corro a casa
3. Quale è l'azione di controllo preventivo più importante che tutti noi dobbiamo fare?
a) Nessuna, perché di competenza della squadra allestita.
b) La visibilità della segnaletica.
c) L'accesso delle vie di fuga libero da intralci.
8.5 Le procedure in caso di pericolo
Qualora ci si trovasse in situazioni di pericolo, sarebbe molto importante conoscere le corrette procedure, vale a dire i
comportamenti che si devono tenere per ridurre al massimo le conseguenze negative. Di seguito un esempio.
• In caso di incendio
• In caso di incendio con presenza di fiamme e fumo in un locale, i presenti devono allontanarsi celermente secondo
le procedure pianificate, avendo cura di chiudere alla fine dell’evacuazione la porta del locale e di avvisare gli addetti alla
gestione della emergenza.
• In caso di incendio in ambienti distinti e relativamente lontani da quello in cui ci si trova, attendere che i preposti
diramino la direttive di evacuazione ordinata e composta. Ciascuno è obbligato ad osservare le procedure stabilite dal
Piano di emergenza.
• Nelle vie di esodo (corridoi, atri, ecc.) in presenza di fumo in quantità tale da rendere difficoltosa la respirazione,
camminare chini, proteggere naso e bocca con un fazzoletto bagnato (se possibile) ed orientarsi tramite il contatto con
le pareti per raggiungere luoghi sicuri dinamici (scale esterne, a prova di fumo). E’ preferibile tenersi per mano e non
lasciarsi prendere dal panico che rendono più difficoltoso l’esodo.
• Nel caso in cui dal luogo in cui ci si trova non fosse possibile evacuare all’esterno per impedimenti dovuti a fiamme,
fumosità e forte calore, è indispensabile recarsi, se possibile, nell’apposito luogo sicuro statico (se esistente) o in
alternativa nei bagni (presenza di acqua e poco materiale combustibile) oppure restare nell’ambiente in cui ci si trova
avendo cura di chiudere completamente la porta di accesso. Le fessure a filo pavimento potranno agevolmente essere
occluse con indumenti disponibili all’interno. Ove possibile è bene mantenere umido il lato interno della porta applicando
un indumento (grembiule, impermeabile, tendaggio) precedentemente bagnato (sia pure con urina). Le finestre, se
l’ambiente non è interessato dal fumo, dovranno essere mantenute chiuse. Gli arredi (armadi, mobili, tavoli, sedie ecc.)
dovranno essere allontanati dalla porta ed accostati in prossimità di una finestra solo se ne esistono più di una e sono
distanziate tra loro, oppure in luogo distante dalla finestra e contrapposto all’area di attesa dei presenti. Le persone che
indossano tessuti acrilici e sintetici (nylon, poliestere ecc.) dovranno spogliarsi di questi.
Chiaramente è necessario segnalare ai soccorritori radunati all’esterno la presenza forzata nell’ambiente.
• È vietato percorrere le vie di esodo in direzione opposta ai normali flussi di evacuazione (scendono tutti o
salgono tutti).
• Durante l’evacu azione tutte le porte di scale protette, a prova di fumo, dopo l’utilizzo devono rimanere nella
posizione di chiuso . E’ vietato a chiunque non abbia avuto una preparazione specifica di tentare di estinguere un
incendio con le dotazioni mobili esistenti, specialmente quando le fiamme hanno forte intensità espansiva. Bisogna
avvisare gli addetti, segnalare pacatamente l’evento ai presenti e lasciare ai preposti il compito di chiamare i soccorsi
pubblici.
213
Scienze e Tecnologie Applicate
• In caso di folgorazione
Dopo la tragica fatalità di un militare morto folgorato accidentalmente, abbiamo cominciato a riflettere sulle conseguenze
che un imprudenza o una distrazione a contatto con la corrente elettrica, possono essere per noi letali.
Come prevenire queste imprudenze o distrazioni?
• Il salvavita, chiamato anche interruttore differenziale, è una delle soluzioni, poiché toglie il passaggio di corrente elettrica
nel caso si verifichi un’anomalia.
Nel caso però…
che non si riesca ad evitare la folgorazione, bisogna subito intervenire, senza perdere tempo…
• Togliere subito la corrente: per poter agire in condizioni di sicurezza bisogna controllare che sia staccato l’interruttore
generale. Nel caso in cui non si riesca a staccare la corrente, non bisogna toccare la persona folgorata con le mani,
perché potremmo restare anche noi folgorati, ma cercare di spostare la persona con un materiale di legno, che è isolante.
A questo punto si può chiamare il 118.
• Far sdraiare l’infortunato sulla schiena : in attesa che arrivino i soccorsi, bisogna far sdraiare la vittima sulla schiena
e controllare che sia cosciente.
• In caso di ustione raffreddare la pelle: se il contatto con la pelle ha provocato ustioni sul corpo, bisogna far togliere
i vestiti all’infortunato. Successivamente raffreddare la parte ustionata con acqua e poi coprire la persona con un lenzuolo.
• Effettuare il massaggio cardiaco: nel caso la persona sia incosciente e non respiri da solo, procedere anche con il
messaggio cardiaco.
Come prevenire gli incidenti da folgorazione?
Basta veramente poco per prevenire la folgorazione, bastano un po’ di buon senso e di prudenza.
 Evitare di usare spine doppie, adattatori o ciabatte per non superare il limite della corrente.
 Non effettuare riparazioni sugli elettrodomestici, ma rivolgersi a un tecnico specializzato.
 Prestare attenzione agli elettrodomestici, non vanno mai impugnati con le mani bagnate.
 Non lasciare mai giocare i bambini in prossimità delle prese di corrente.
8.6 Cultura della prevenzione: orientamento per la sicurezza stradale
Nonostante i progressi realizzati in materia di sicurezza stradale nell’Unione Europea (UE) durante il terzo programma di
azione europeo per la sicurezza stradale (2004- 2012), la Commissione sottolinea la necessità di ulteriori sforzi per
migliorare la sicurezza stradale. Questo terzo programma di azione per la sicurezza stradale fissava un obiettivo
ambizioso, ossia il dimezzamento del numero di vittime della strada entro il 2012 e conteneva numerose proposte di
azioni concrete nel campo della sicurezza dei veicoli, delle infrastrutture e degli utenti. Il programma di azione europeo
ha incoraggiato i paesi dell’UE ad essere più attivi nel migliorare la sicurezza stradale e ha fortemente contribuito a ridurre
in maniera significativa il numero delle vittime sulle strade dell'UE.
Gli orientamenti europei 2011-2020 sulla politica di sicurezza stradale intendono definire un quadro generale e obiettivi
ambiziosi al fine di orientare le strategie nazionali e locali, nel rispetto del principio di sussidiarietà. Nell’ambito di questo
quadro generale si sottolinea la necessità di:
1. creare un quadro di cooperazione basato sullo scambio delle migliori pratiche in tutta l’UE;
2. adottare una strategia per i feriti e gli interventi di primo soccorso, per ridurre il numero di feriti sulle strade;
3. migliorare la sicurezza degli utenti vulnerabili della strada.
• Principi e obiettivi
Principi fondamentali:
• favorire l’adozione dei più severi standard di sicurezza stradale in tutta Europa, incoraggiando i cittadini dell’UE a
farsi carico della sicurezza propria e altrui sulle strade dell’UE e mirando le azioni al miglioramento della sicurezza degli
utenti più vulnerabili;
• un approccio integrato alla sicurezza stradale, attraverso la cooperazione con altre politiche comunitarie, come quella
dell’energia, dell’ambiente, dell’istruzione, dell’innovazione e della tecnologia e della giustizia;
214
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Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
• sussidiarietà, proporzionalità e responsabilità condivise, attraverso il concetto di responsabilità condivisa, impegno
e azioni concrete a tutti i livelli, dai paesi dell’UE e dalle autorità europee agli enti regionali e locali.
• Obiettivi strategici
• miglioramento dell’educazione stradale e della preparazione degli utenti della strada: occorre migliorare la qualità
del sistema di rilascio delle patenti e di formazione, in particolare per i principianti;
• rafforzamento dell’applicazione della normativa stradale attraverso campagne per l’applicazione della normativa,
obiettivi nazionali in materia di applicazione della normativa e tecnologia sui veicoli a supporto dell'applicazione delle
norme, fra cui la possibilità di installare sui veicoli commerciali leggeri dei limitatori di velocità e dei dispositivi di tipo
alcolock;
• miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali rendendo più sicure le strade attraverso controlli e interventi
in particolare sui tratti con maggiore incidenza degli incidenti stradali;
• miglioramento della sicurezza dei veicoli attraverso un puntuale controllo tecnico e controlli tecnici su strada;
• promozione dell’uso delle moderne tecnologie per migliorare la sicurezza stradale attraverso l’adozione del sistema
paneuropeo di chiamata di emergenza montato sui veicoli «eCall»;
• miglioramento dei servizi di emergenza e assistenza post-incidente rendendo più efficienti gli interventi di primo
soccorso e dell’assistenza postincidente per ridurre l’impatto degli incidenti stradali;
• protezione degli utenti vulnerabili della strada migliorando la sicurezza dei motociclisti, occupandosi del
comportamento nonché della sicurezza dei veicoli e delle infrastrutture. Inoltre creare infrastrutture adeguate per migliorare
la sicurezza dei ciclisti e di altri utenti vulnerabili della strada.
• Mancato uso dei sistemi di protezione
Mancato utilizzo delle cinture di sicurezza
È statisticamente necessario dare rilievo ad un dato statistico preoccupante: mentre nel nord d’Italia otto persone su
dieci usano le cinture di sicurezza ed il casco protettivo, la situazione è invertita nel sud.
Il sistema di monitoraggio si basa sulla volontaria partecipazione di operatori sanitari e di enti e prevede l’osservanza
dell’uso dei dispositivi di sicurezza passiva tra cui casco e cinture di sicurezza con rilevazione effettuata sulle strade.
Poiché si parla di prevenzione, è utile aggiungere un’ultima nota sull’uso del cellulare: gli studi hanno dimostrato che
l’uso del cellulare durante la guida costituisce il rischio emergente più grave per la circolazione stradale. Si deve precisare
che anche i pedoni non sono esenti da responsabilità, specie quando attraversano la strada, pur se sulle strisce pedonali,
mentre utilizzano il telefono cellulare. Medesimo discorso dovrebbe essere fatto per il “fumo” alla guida considerando
che non si comprende il motivo per cui il legislatore debba imporre di non “tenere le mani occupate dal telefonino” e non
dalla sigaretta!
Pertanto bisogna auspicare:
• miglioramento della sicurezza stradale per una riduzione degli incidenti, con maggior rispetto delle norme del Codice
soprattutto per quanto riguarda l’uso del casco e delle cinture di sicurezza;
• utilizzo del telefono in macchina con il viva voce;
• controllo della velocità;
• contenimento dell’uso delle sostanze alcoliche e non uso delle sostanze stupefacenti da parte dei conducenti,
visto che sono causa rilevante di gravi sinistri quasi sempre mortali.
E’ dimostrato che l’uso delle cinture di sicurezza e del casco per i motociclisti dimezzano la mortalità e le
conseguenze dei sinistri stradali diventano minori.
IL PERICOLO IN CASA
L’altra faccia del benessere
Quante volte le cronache ci raccontano di incidenti domestici, avvenuti durante una normale giornata di vita quotidiana?
Anche in casa siamo circondati da macchine tecnologicamente avanzate, che semplificano la nostra vita permettendoci
di fare cose che prima sembravano impossibili, di farle meglio e risparmiando tempo prezioso.
Tanti oggetti di uso quotidiano sono intrinsecamente pericolosi. Siamo talmente abituati, in questa parte del mondo
in cui il progresso scientifico e tecnologico si tocca con mano, ad avere le comodità che derivano dallo sviluppo
tecnologico, che non ci soffermiamo a pensare che tanti dispositivi che ci circondano sono potenzialmente fonti di
pericolo.
215
Scienze e Tecnologie Applicate
In generale possiamo dire che ogni manufatto che trasforma energia (per esempio energia
elettrica in calore) se non funziona correttamente può determinare situazioni impreviste e
rischiose. E non solo…
Impossibile raggiungere il “rischio zero”, ma alcune semplici accortezze potrebbero essere dei
veri e propri salvavita!
Ecco alcune fonti di pericolo dalle quali non possiamo sfuggire.
L’arredamento delle case
Tendaggi, mobili in legno, libri ed altro sono un concentrato di materiali combustibili.
Se si sviluppa un incendio facilmente si diffonde e allora… si producono gas tossici, le capacità operative degli individui
si annebbiano, l’affanno aumenta e la fuga diventa difficile. I fumi caldi compromettono la respirazione a causa della
temperatura elevata. La quantità di calore sviluppata nell'incendio è elevata e compromette la stabilità delle travi e
delle strutture portanti che quindi potrebbero crollare.
È importante perciò disporre gli arredamenti anche in funzione delle fonti di innesco, evitando che sostanze facilmente
combustibili (tipo nylon) vengano a contatto con fiamme libere. I mozziconi di sigaretta non spenti causano, come
l'esperienza ha dimostrato, una elevata possibilità di incendi (alto rischio). Analogo pericolo deriva dall’eventualità di
addormentarsi con la sigaretta accesa.
Gli impianti a gas
I punti di maggiore vulnerabilità in riferimento ad uno dei dispositivi più comuni in casa,
il fornello della cucina, è rappresentato dal tubo che collega il punto di erogazione del
gas al fornello. Spesso si trova dietro al forno ed è soggetto a frequenti sbalzi di
temperatura: si riscalda quando il forno è acceso e si raffredda quando è spento.
Questo potrebbe determinare la rottura del tubo. E’ bene quindi utilizzare sempre i
tubi consigliati dalle società del gas che resistono alle variazioni di temperatura e all’um
idità che potrebbe provocare formazione di muffe e screpolature con conseguenti
rotture.
E’ opportuno inoltre controllare le fascette a tenuta che servono per collegare il tubo che porta il gas ai fornelli
all’erogatore. Sono di materiale deformabile per non tagliare il tubo durante l’istallazione. Se si allentassero o se si
togliessero è bene sostituirle con altre fascette a tenuta e non con spaghi o altri sistemi improvvisati. Chiudere sempre
le manopole dei fornelli a gas è importante, ma non è sufficiente se si trascurano le altre parti dell’impianto che, come
detto, sono deteriorabili.
Attenzione poi allo scaldabagno a gas: non sempre lo spegnimento della fiamma significa assenza di gas! Anzi spesso
è dovuto a carenza di ossigeno, necessario perché ci sia combustione, mentre il gas viene immesso nell’ambiente. Il
ricambio d’aria in cucina e nel bagno è indispensabile.
Gli impianti elettrici
Come abbiamo già detto, tutti gli elettrodomestici, essendo macchine che trasformano
l’energia, sono potenzialmente pericolosi se non funzionano correttamente. Infatti, i
sistemi di regolazione e controllo di cui sono dotati potrebbero non funzionare bene.
Per esempio i modelli più semplici di ferro da stiro, hanno un "filo" di elevata resistenza
elettrica. La corrente quindi si traduce in calore che in parte viene disperso
nell'ambiente circostante, in parte viene assorbito dai tessuti stirati, in parte serve ad
alzare la temperatura del ferro. Bisogna allora stare attenti a non dimenticarlo acceso per un lungo periodo di tempo
senza usarlo: in questo caso la quantità di calore che non viene dispersa alza eccessivamente la temperatura e rovina
gli isolament i elettrici. Di conseguenza, toccando il ferro da stiro si potrebbe rimanere folgorati.
Infatti, pure se il ferro è dotato di un termostato che lo fa spegnere quando raggiunge temperature al di sopra di un
determinato valore, è bene non fidarsi: il cattivo funzionamento dei dispositivi potrebbe tradirci. I rischi aumentano se
utilizziamo tali elettrodomestici avendo il nostro corpo (o parte di esso) bagnato.
Nelle nostre case, un altro pericolo derivante dagli impianti elettrici è dato dalla possibilità di innesco di un incendio:
si può avere quando si verifica un “cortocircuito”.
Avere impianti a norma è per questo molto importante.
216
Book in
progress
8 - La ecultura
Tecnologie
della Applicate
sicurezza
Capitolo
Scienze
Le canne fumarie
I gas e i fumi dovuti alla combustione devono essere efficacemente smaltiti
nell’atmosfera. Per questo è importante che l’altezza del camino e la sezione della
canna fum aria siano adeguati. E’ bene quindi periodicamente pulire la canna fumaria
dei camini per evitare che i residui della combustione, depositandosi, ne riducano la
sezione.
Le dispense, depositi di sostanze nocive e combustibili
A volte le dispense delle nostre case sono dei depositi di sostanze tossiche o nocive e/o
infiammabili. Oli combustibili e alcool che servono anche per le pulizie di casa, altri agenti chimici
di uso comune che inalati, ingeriti o per semplice contatto cutaneo provocano danni alla salute
vengono conservati e utilizzati a volte senza seguire le prescritte regole di prudenza. Spesso
poi tali sostanze sono liquide, volatili e producono vapori infiammabili soprattutto quando
aumenta la temperatura.
Conservare tali prodotti lontano da fonti di calore o dai luoghi in cui ci potrebbero essere fonti di innesco (fiamme
libere, scintille), limita moltissimo le possibilità di incendio. Attenzione poi se abbiamo bambini in casa! In questo caso
è estremamente importante porre le sostanze nocive in posti irraggiungibili.
Per finire, fatica, rumore, stress e soprattutto il panico sono le principali fonti di pericolo che spesso si sovrappongono,
in situazioni critiche, ad altre fonti di pericolo.
Il nostro cervello si annebbia e non prendiamo le migliori decisioni, il nostro respiro diventa affannoso e la
comunicazione, spesso necessaria in emergenza, diventa difficile e inefficace. Gli errori si susseguono proprio quando
dovremmo essere tanto lucidi da adottare le più corrette procedure. Il panico ci fa perdere il controllo delle nostre
emozioni e della nostra capacità di pensare.
Che fare? Prevenire: formazione e informazione sui fattori di rischio e sulle fonti di pericolo, utilizzo corretto e prudente
degli strumenti di uso comune, costante manutenzione delle macchine e degli impianti, non annullano il rischio, ma
sicuramente lo riducono.
ESERCIZI
1. Come si possono prevenire o limitare i danni di un incidente?
a) Eliminando i rischi
b) Conoscendo i rischi e le possibili conseguenze del proprio lavoro
c) Agendo con razionalità nel momento critico
2.Come si opera dopo aver individuato i pericoli di incendio?
a) Si attuano le misure di sicurezza necessarie a fronteggiare il rischio residuo
b) Si eliminano o riducono i pericoli
c) Si individuano le persone esposte al pericolo
3.Quando un materiale infiammabile non costituisce un elemento di rischio?
a) E' sempre un rischio
b) Quando è conservato in un luogo sicuro
c) Quando è conservato in un luogo sicuro e in quantità limitate
4.Per eseguire le compressioni toraciche (massaggio cardiaco) fate scorrere l'indice e il medio lungo il margine
inferiore della cassa toracica ed individuate il punto di incontro dell'ultima costola con lo sterno e procedete
ritmicamente a comprimere con una frequenza di:
a) 40 - 50/ minuto
b) 80 - 100/minuto
c) 60 - 70/minuto
(Se su questo book non trovi l’informazione utile a dare la risposta, fai delle ricerche autonome e rispondi alla domanda)
217
Scienze e Tecnologie Applicate
5. Siamo in un locale in cui il focolaio è diventato incontrollabile, come ci comportiamo?
a) Abbandoniamo il locale di corsa
b) Uscendo chiudiamo bene la porta
c) Controlliamo che nessuno sia rimasto nel locale
6. Quale è la misura fondamentale che consente di fronteggiare al meglio un incendio?
a) La presenza di estintori
b) Il piano di emergenza
c) Le squadre di intervento
7. Come ci si può proteggere dal fumo?
a) Con un fazzoletto bagnato
b) Camminando rasoterra
c) Respirando lentamente
8. In caso di prodotti chimici si possono utilizzare gli idranti
a) Solo se utilizzano polveri speciali per prodotti chimici
b) Solo con prodotti che non reagiscono tra loro
c) Solo con prodotti che non reagiscono con l’acqua
(per rispondere probabilmente hai bisogno di approfondire le tue conoscenze. Fallo autonomamente facendo ricerche
mirate anche in rete)
9. Vi siete appena accorti di un principio di incendio, cosa fate?
a) Abbandono il locale
b) Avverto il responsabile dell'emergenza o la segreteria
c) Aziono il pulsante della campanella con tre suoni prolungati
10.Qual è la prima operazione da fare in caso di scoperta di un focolaio?
a) Chiamare i soccorsi
b) Intervenire con gli estintori
c) Evacuare i locali
11. Se dobbiamo abbandonare un locale non ancora attaccato dalle fiamme:
a) Lasciamo aperta la porta
b) Spegniamo le apparecchiature elettriche
c) Chiudiamo bene la porta
12. Quali sono le m aggiori controindicazioni all’uso dell’acqua in caso di incendio?
a) L’immediata evaporazione dell’acqua a contatto con il forte calore
b) La folgorazione dell’operatore in caso di uso su impianti in tensione
c) L’innesco di ulteriori cortocircuiti
(Se su questo book non trovi l’informazione utile a dare la risposta, fai delle ricerche autonome e rispondi alla domanda)
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Book in
progress
Capitolo 8 - La cultura della sicurezza
NESSI E COLLEGAMENTI
Gli strumenti tecnologicamente avanzati (cfr. cap.I) oggi a disposizione di tutti, non solo negli ambienti di lavoro, se da
una parte migliorano la qualità della vita, d’altra parte costituiscono potenziali fonti di pericolo. Per questo la conoscenza
dei pericoli e delle situazioni che espongono al rischio, la conoscenza delle procedure da attivare nelle situazioni di
emergenza e dei comportamenti utili a prevenire situazioni rischiose è fondamentale. Un’efficace divulgazione sui temi
della sicurezza (cfr. cap III) veicolata anche dalla conoscenza dell’apposita segnaletica, assume rilievo per la tutela
dell’integrità fisica di ciascuno. Nei luoghi di lavoro la questione della sicurezza è parte integrante del sistema organizzativo
aziendale (cfr. cap.IV).
VIII
Capitolo
I Capitolo
Scienza e Tecnologia
Gli strumenti
tecnologicamente
avanzati sono potenziali
fonti di pericolo
III Capitolo
Com unicazione
La divulgazione in tema di
prevenzione e sicurezza
sono strumenti di tutela
della salute di ciascuno
IV Capitolo
Progettazione e
organizzazione aziendale
Il tema della sicurezza è anche
una questione di organizzazione
aziendale
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Scienze e Tecnologie Applicate
INDICE DEGLI AUTORI
Francesco Bibbiani (ITCG E. Fermi - Pontedera)
Capitolo I, Capitolo IV
Rita Cani (IIS P. Scalcerle - Padova)
Capitolo I, Capitolo II, Capitolo III
Davide Casarosa (ITS T. Buzzi - Prato)
Introduzione, Capitolo I, Capitolo VII
Alessandra D’Orazio (docente appartenente ad Istituzione scolastica non più nella rete Book in progress)
Capitolo I, Capitolo III
Paraskevi Exarchacu D’Orazio (docente appartenente ad Istituzione scolastica non più nella reteBook in progress)
Capitolo IV
Anna Rita Leone (IIS S. Pertini – Alatri)
Introduzione, Capitolo I, Capitolo II, Capitolo VI, Capitolo VII
Marina Nardoni (IIS S. Pertini – Alatri)
Capitolo V
Giovanni Picarazzi (IIS S. Pertini – Alatri)
Capitolo I, Capitolo IV, Capitolo VI
Aldo Pierro (docente appartenente ad Istituzione scolastica non più nella rete Book in progress)
Capitolo VII
Giacomo Sacco (IIS Petrucci Ferraris Maresca – Catanzaro)
Capitolo IV, Capitolo VII
Giuseppe Scardino (ISIS Pitagora – Policoro)
Capitolo I, Capitolo II, Capitolo III
Luigi Trapasso (IIS Petrucci Ferraris Maresca – Catanzaro)
Capitolo III, Capitolo VI
Maria Luisa Zangirolami (IIS Pietro Scarcerle - Padova)
Capitolo I, Capitolo II, Capitolo III
La redazione del Book è stata coordinata da Anna Rita Leone (IIS “ S. Pertini” – Alatri)
La versione digitale del Book è stata realizzata da Marco Zuccarini (IIS “ S. Pertini” – Alatri)
SI RINGRAZIANO:
A. Ceccani – S. Fanella – L. Vinciguerra che hanno realizzato alcuni disegni;
E. Riachi che ha scritto un racconto e realizzato alcuni disegni;
C. Valeri che ha realizzato una fotografia.
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Book in
progress
Scienze e Tecnologie Applicate
Introduzione .................................................................... 3
CAPITOLO PRIMO
LA SCIENZA E LA TECNOLOGIA.............................. 5
1.1 Scienza, tecnica e tecnologia............................... 5
1.2 Scienza e tecnologia al servizio dell’uomo ........... 8
1.3 Il progresso scientifico nella medicina ................ 10
1.4 Le biotecnologie ................................................ 20
1.5 Le nanotecnologie ............................................. 24
1.6 Automazione e robotica .................................... 24
1.7 Strumenti di misura ad alta tecnologia .............. 29
NESSI E COLLEGAMENTI ................................ 34
CAPITOLO SECONDO
LE TECNOLOGIE PER LA CONSERVAZIONE DEGLI
ALIMENTI ................................................................. 35
2.1 Tecnologie di conservazione alimentare ............ 35
2.2 Metodi di conservazione degli alimenti .............. 37
NESSI E COLLEGAMENTI ................................ 57
CAPITOLO TERZO
COMUNICARE LA SCIENZA ................................... 59
3.1 Comunicare la scienza ...................................... 59
3.2 Le figure professionali ........................................ 64
3.3 Gli strumenti della comunicazione scientifica: i media .... 65
3.4 L’etica nella comunicazione della scienza .......... 66
3.5 Arte, scienza e tecnologia ................................. 67
3.6 Il linguaggio multimediale .................................. 72
3.7 Le banche dati .................................................. 72
NESSI E COLLEGAMENTI ................................ 84
CAPITOLO QUARTO
PROGETTARE IN TOTAL QUALITY ........................ 85
4.1 Progetto, progettazione, prodotto ..................... 85
4.2 Le fasi della progettazione ................................. 87
4.3 Progettare in total quality ................................... 91
4.4 Qualità ed origine delle norme UNI EN ISO 9000 ...... 92
4.5 Le fasi della progettazione o ciclo di vita di un
progetto osservato in ottica della
UNI EN ISO 9001:2008 ................................... 94
4.6 Il Sistema Qualità secondo le UNI EN ISO 9000
e l’organizzazione aziendale ................................ 96
4.7 I principi per la gestione in qualità ...................... 97
4.8 Progettare il Sistema Qualità ............................. 98
4.9 La certificazione di un Sistema Qualità .............. 99
NESSI E COLLEGAMENTI ............................ 102
e innovazione ................................................. 121
5.6 Il silicio: una risorsa per l’elettronica ................. 127
5.7 I materiali tecnologicamente avanzati .............. 129
5.8 I regali della natura .......................................... 135
NESSI E COLLEGAMENTI .......................... 138
CAPITOLO SESTO
GESTIONE AMBIENTALE E GESTIONE DELLE
RISORSE ................................................................ 139
6.1 Le risorse naturali ............................................ 139
6.2 La risorsa acqua: un bene da tutelare ............. 140
6.3 I rifiuti e l’ecosistema ....................................... 149
6.4 La gestione dei rifiuti: recupero, smaltimento
e tutela ambientale .......................................... 156
NESSI E COLLEGAMENTI .............................. 167
CAPITOLO SETTIMO
L’ENERGIA: UN BENE UNIVERSALE.................... 169
7.1 L’energia: una definizione non basta! .............. 169
7.2 Le diverse forme di energia e la conservazione
dell’energia ....................................................... 172
7.3 L’energia rinnovabile ........................................ 174
7.4 La tecnologia delle pompe geotermiche ......... 184
7.5 Risparmio ed efficienza energetica .................. 188
NESSI E COLLEGAMENTI .............................. 195
CAPITOLO OTTAVO
LA CULTURA DELLA SICUREZZA........................ 197
8.1 La sicurezza: tra norma e cultura .................... 204
8.2 La sicurezza nei luoghi di lavoro ...................... 204
8.3 L’emergenza ................................................... 210
8.4 La segnaletica ................................................. 212
8.5 Le procedure in caso di pericolo ..................... 213
8.6 Cultura della prevenzione: orientamento
per la sicurezza stradale .................................. 214
NESSI E COLLEGAMENTI .............................. 219
CAPITOLO QUINTO
MATERIALI: TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE 103
5.1 Materiali: tra tradizione e innovazione .............. 103
5.2 I materiali da costruzione ................................. 104
5.3 Il legno strutturale, ovvero: l’utilizzo del legno come
sistema costruttivo dall’antichità ad oggi ......... 111
5.4 La carta: una produzione antica ma non vecchia..117
5.5 I materiali nell’industria meccanica: l’industria
automobilistica, un esempio tra tradizione
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Scienze e Tecnologie Applicate
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