REGATT 04-2009 cop.qxd
Transcript
REGATT 04-2009 cop.qxd
REGATT 16-2009 pag526a584.qxd 17/09/2009 11.48 Pagina 535 FABC IX Assemblea dalle piantagioni), gli abitanti delle rive dei fiumi e i seringueiros (raccoglitori di caucciù) vivono rispettando la foresta e i grandi corsi d’acqua; hanno constatato la deforestazione provocata dall’allevamento o dalle monocolture di soia, canna da zucchero ed eucalipto, l’attività predatoria delle industrie del legname, l’avvelenamento delle acque da parte delle compagnie minerarie e le devastazioni prodotte dalla costruzione di grandi dighe, come quella di Santo Antonio sul Rio Madera; hanno conosciuto iniziative che prefigurano un «altro mondo possibile, necessario e urgente»: le attività dei raccoglitori di materiale riciclabile, i progetti di economia solidale, le esperienze di agricoltura biologica. Comunità ecologiche di base In questo modo hanno confermato il profondo legame tra fede cristiana e impegno sociale proprio delle CEB, approfondito in questa occasione alla luce di una nuova coscienza ambientalista, tanto da far dire a Leonardo Boff, teologo della liberazione, che le CEB «devono diventare, e in parte già sono, “comunità ecologiche di base”, dando l’esempio nella difesa delle foresta, nella cura dell’acqua, nel rifiuto degli organismi geneticamente modificati». Pur evidenziando che «Aparecida ha rilanciato le CEB, specie in Brasile», non mancano le sfide, ha aggiunto p. José Oscar Beozzo, teologo e membro della Commissione per lo studio della storia della Chiesa in America Latina (CEHILA): «Prima di tutto quella della gioventù, perché in molti luoghi i membri delle CEB sono invecchiati, anche se a Porto Velho ho visto una grande quantità di giovani. Poi c’è la presenza e l’azione nelle periferie delle grandi città: l’esperienza delle CEB ha avuto un volto rurale e oggi viviamo in un paese dove l’85% della popolazione è urbana. Anche fare propri i problemi ecologici deve essere una meta per le CEB oggi». Ne aggiunge un’altra il teologo Benedito Ferraro, rifacendosi al titolo dell’assemblea: «Dobbiamo superare la visione secondo cui i popoli dell’Amazzonia non hanno possibilità, per cui si importano missionari. Credo che oggi la missione consista nel valorizzare le comunità e la dinamica ministeriale di tutta la Chiesa, attraverso un mutamento dell’organizzazione ecclesiale, in particolare affrontando la questione della partecipazione della donna». Temi rinviati al prossimo incontro interecclesiale, previsto a Creato, nello stato del Cearà, tra quattro anni. Mauro Castagnaro Il cuore asiatico dell’eucaristia V ivere l’eucaristia in Asia»: il tema scelto dalla IX Assemblea plenaria della Federazione delle conferenze episcopali d’Asia (FABC), che si è tenuta a Manila (Filippine) dall’11 al 13 agosto, ha tentato d’integrare in una visione specificamente asiatica le due assemblee sinodali più recenti della Chiesa cattolica, cioè il Sinodo sull’eucaristia e quello sulla parola di Dio, tenendo presente al contempo il proprio specifico impegno al «triplice dialogo»: con i poveri, con le culture e con le religioni. L’approccio è stato prettamente pastorale, coerentemente con la scelta effettuata già a partire dalla VII Assemblea del 2000 (cf. Regno-att. 4,2000,121), nella quale non furono quasi toccati alcuni dei temi più caldi della teologia asiatica, quali il ruolo salvifico di Gesù Cristo nel contesto delle grandi religioni, la Chiesa e il pluralismo delle vie di salvezza, come intendere la missione evangelizzatrice per la conversione di chi ancora non è battezzato. Argomenti la cui trattazione in chiave asiatica aveva provocato momenti di tensione con Roma, portando sotto inchiesta le posizioni più avanzate. Piccole comunità cristiane. I 117 partecipanti, tra i quali 77 vescovi (assente la Cina), hanno riconosciuto che in Asia vi sono alcuni elementi «vitali» e altri «di morte»: tra i primi il rinnovamento portato alla Chiesa asiatica dal fenomeno delle piccole comunità cristiane – citate nel messaggio finale come il «contesto ideale» dove può avere luogo l’intenso ascolto della Parola insieme all’ascolto della cultura del luogo –, un’accresciuta attenzione per la Bibbia e l’interesse per il dialogo interreligioso. È stata messa in evidenza la «fame» di eucaristia che i cristiani patiscono in Indonesia, Myanmar, Mongolia, Cambogia, Laos e Timor Orientale, e la difficoltà a soddisfarla a causa della mancanza di preti. Tra i «segnali di morte» sono stati richiamati il crescente problema del materialismo, le separazioni familiari causate dall’emigra- zione per guerre o disoccupazione, la depressione e i suicidi causati dalla solitudine, la violazione dei diritti di donne e bambini, le violenze provocate dal fondamentalismo religioso. In questo contesto è stato richiamato il valore dell’eucaristia come mezzo di riconciliazione e d’impegno a fianco dei più poveri. L’appello che l’Assemblea ha rivolto alle Chiese cattoliche dell’Asia nel messaggio finale è a immergersi nel proprio contesto e «costruire comunità autentiche che riconcilino, perdonino, servano i poveri e gli emarginati (...). Ogni cristiano e ogni comunità devono divenire ciò che celebrano: unità nella diversità». «Non possiamo celebrare l’eucaristia e al tempo stesso mantenere, praticare o tollerare discriminazioni basate su religione o razza, cultura o lingua, casta o classe». «Il cuore asiatico è nutrito dalla contemplazione della bellezza nella natura. Le nostre celebrazioni eucaristiche devono toccare il cuore degli asiatici, che amano i colori, i fiori, i simboli, la musica e la contemplazione. I simboli asiatici, le melodie asiatiche e anche altri valori asiatici devono far sì che le nostre celebrazioni creino una risonanza nel profondo del cuore dell’Asia». Le preoccupazioni di Roma. L’inviato pontificio card. Francis Arinze era stato incaricato dal papa, con una lettera del 24 giugno, di fare ai vescovi asiatici alcune raccomandazioni: incoraggiare i cattolici a partecipare alla messa domenicale, accedere alla confessione, trarre il proprio nutrimento spirituale dalle Scritture, e infine sostenere i propri sacerdoti, specialmente durante questo «anno sacerdotale» che è in corso. Accanto a queste istanze il rappresentante pontificio ha posto l’accento, nei suoi interventi, sulla necessità di distinguere tra evangelizzazione e proselitismo, difendendo l’attività caritativa ed educativa che le Chiese compiono in Asia senza secondi fini; e pur riconoscendo il valore delle culture asiatiche per migliorare le celebrazioni liturgiche, ha messo in guardia contro «innovazioni totalmente sbagliate e idiosincrasie di alcuni preti entusiasti». L’uso della danza, in particolare, richiede un esame critico, poiché rischia di diventare semplicemente spettacolo. Il vescovo filippino di Imus mons. Luis Antonio Tagle, presidente dell’Ufficio per i problemi teologici, dovrà ora stendere il documento finale dell’Assemblea, il cui schema è stato approvato dalla plenaria e che a giorni sarà presentato al segretario generale della FABC mons. Orlando Quevedo, vescovo di Cotabato (Filippine). D. S. IL REGNO - AT T UA L I T À 16/2009 535