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17/09/2009
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FABC
IX Assemblea
dalle piantagioni), gli abitanti delle rive dei
fiumi e i seringueiros (raccoglitori di caucciù) vivono rispettando la foresta e i grandi
corsi d’acqua; hanno constatato la deforestazione provocata dall’allevamento o dalle
monocolture di soia, canna da zucchero ed
eucalipto, l’attività predatoria delle industrie del legname, l’avvelenamento delle acque da parte delle compagnie minerarie e
le devastazioni prodotte dalla costruzione
di grandi dighe, come quella di Santo Antonio sul Rio Madera; hanno conosciuto iniziative che prefigurano un «altro mondo
possibile, necessario e urgente»: le attività
dei raccoglitori di materiale riciclabile, i progetti di economia solidale, le esperienze di
agricoltura biologica.
Comunità ecologiche di base
In questo modo hanno confermato il
profondo legame tra fede cristiana e impegno sociale proprio delle CEB, approfondito in questa occasione alla luce di una nuova coscienza ambientalista, tanto da far dire a Leonardo Boff, teologo della liberazione, che le CEB «devono diventare, e in parte già sono, “comunità ecologiche di base”,
dando l’esempio nella difesa delle foresta,
nella cura dell’acqua, nel rifiuto degli organismi geneticamente modificati».
Pur evidenziando che «Aparecida ha rilanciato le CEB, specie in Brasile», non mancano le sfide, ha aggiunto p. José Oscar
Beozzo, teologo e membro della Commissione per lo studio della storia della Chiesa
in America Latina (CEHILA): «Prima di tutto
quella della gioventù, perché in molti luoghi i membri delle CEB sono invecchiati,
anche se a Porto Velho ho visto una grande quantità di giovani. Poi c’è la presenza e
l’azione nelle periferie delle grandi città:
l’esperienza delle CEB ha avuto un volto rurale e oggi viviamo in un paese dove l’85%
della popolazione è urbana.
Anche fare propri i problemi ecologici
deve essere una meta per le CEB oggi». Ne
aggiunge un’altra il teologo Benedito Ferraro, rifacendosi al titolo dell’assemblea:
«Dobbiamo superare la visione secondo
cui i popoli dell’Amazzonia non hanno possibilità, per cui si importano missionari.
Credo che oggi la missione consista nel valorizzare le comunità e la dinamica ministeriale di tutta la Chiesa, attraverso un mutamento dell’organizzazione ecclesiale, in
particolare affrontando la questione della
partecipazione della donna». Temi rinviati
al prossimo incontro interecclesiale, previsto a Creato, nello stato del Cearà, tra
quattro anni.
Mauro Castagnaro
Il cuore asiatico
dell’eucaristia
V
ivere l’eucaristia in Asia»: il tema
scelto dalla IX Assemblea plenaria
della Federazione delle conferenze
episcopali d’Asia (FABC), che si è tenuta a
Manila (Filippine) dall’11 al 13 agosto, ha tentato d’integrare in una visione specificamente asiatica le due assemblee sinodali più recenti della Chiesa cattolica, cioè il Sinodo
sull’eucaristia e quello sulla parola di Dio, tenendo presente al contempo il proprio specifico impegno al «triplice dialogo»: con i
poveri, con le culture e con le religioni.
L’approccio è stato prettamente pastorale, coerentemente con la scelta effettuata
già a partire dalla VII Assemblea del 2000 (cf.
Regno-att. 4,2000,121), nella quale non furono quasi toccati alcuni dei temi più caldi
della teologia asiatica, quali il ruolo salvifico
di Gesù Cristo nel contesto delle grandi religioni, la Chiesa e il pluralismo delle vie di
salvezza, come intendere la missione evangelizzatrice per la conversione di chi ancora
non è battezzato. Argomenti la cui trattazione in chiave asiatica aveva provocato momenti di tensione con Roma, portando sotto inchiesta le posizioni più avanzate.
Piccole comunità cristiane. I 117
partecipanti, tra i quali 77 vescovi (assente la
Cina), hanno riconosciuto che in Asia vi sono alcuni elementi «vitali» e altri «di morte»:
tra i primi il rinnovamento portato alla Chiesa asiatica dal fenomeno delle piccole comunità cristiane – citate nel messaggio finale come il «contesto ideale» dove può avere
luogo l’intenso ascolto della Parola insieme
all’ascolto della cultura del luogo –, un’accresciuta attenzione per la Bibbia e l’interesse per il dialogo interreligioso. È stata messa
in evidenza la «fame» di eucaristia che i cristiani patiscono in Indonesia, Myanmar,
Mongolia, Cambogia, Laos e Timor Orientale, e la difficoltà a soddisfarla a causa della
mancanza di preti.
Tra i «segnali di morte» sono stati richiamati il crescente problema del materialismo,
le separazioni familiari causate dall’emigra-
zione per guerre o disoccupazione, la depressione e i suicidi causati dalla solitudine,
la violazione dei diritti di donne e bambini,
le violenze provocate dal fondamentalismo
religioso. In questo contesto è stato richiamato il valore dell’eucaristia come mezzo di
riconciliazione e d’impegno a fianco dei più
poveri.
L’appello che l’Assemblea ha rivolto alle
Chiese cattoliche dell’Asia nel messaggio finale è a immergersi nel proprio contesto e
«costruire comunità autentiche che riconcilino, perdonino, servano i poveri e gli emarginati (...). Ogni cristiano e ogni comunità devono divenire ciò che celebrano: unità nella
diversità». «Non possiamo celebrare l’eucaristia e al tempo stesso mantenere, praticare
o tollerare discriminazioni basate su religione o razza, cultura o lingua, casta o classe».
«Il cuore asiatico è nutrito dalla contemplazione della bellezza nella natura. Le nostre
celebrazioni eucaristiche devono toccare il
cuore degli asiatici, che amano i colori, i fiori, i simboli, la musica e la contemplazione. I
simboli asiatici, le melodie asiatiche e anche
altri valori asiatici devono far sì che le nostre
celebrazioni creino una risonanza nel
profondo del cuore dell’Asia».
Le preoccupazioni di Roma. L’inviato pontificio card. Francis Arinze era stato incaricato dal papa, con una lettera del 24
giugno, di fare ai vescovi asiatici alcune raccomandazioni: incoraggiare i cattolici a partecipare alla messa domenicale, accedere alla confessione, trarre il proprio nutrimento
spirituale dalle Scritture, e infine sostenere i
propri sacerdoti, specialmente durante questo «anno sacerdotale» che è in corso.
Accanto a queste istanze il rappresentante pontificio ha posto l’accento, nei suoi
interventi, sulla necessità di distinguere tra
evangelizzazione e proselitismo, difendendo l’attività caritativa ed educativa che le
Chiese compiono in Asia senza secondi fini;
e pur riconoscendo il valore delle culture
asiatiche per migliorare le celebrazioni liturgiche, ha messo in guardia contro «innovazioni totalmente sbagliate e idiosincrasie di
alcuni preti entusiasti». L’uso della danza, in
particolare, richiede un esame critico, poiché rischia di diventare semplicemente
spettacolo.
Il vescovo filippino di Imus mons. Luis
Antonio Tagle, presidente dell’Ufficio per i
problemi teologici, dovrà ora stendere il documento finale dell’Assemblea, il cui schema
è stato approvato dalla plenaria e che a
giorni sarà presentato al segretario generale della FABC mons. Orlando Quevedo, vescovo di Cotabato (Filippine).
D. S.
IL REGNO -
AT T UA L I T À
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