Le ambulanze negano il trasporto a Padova

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Le ambulanze negano il trasporto a Padova
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09 aprile 2014
da IL MATTINO DI PADOVA
“Le ambulanze negano il trasporto a Padova”
Ottantenne colpita da possibile crisi cardiaca, il 118 nega ai familiari il ricovero a Padova.
L’episodio, accaduto l’altro ieri, ripropone il problema del trasporto del paziente all’ospedale
prescelto. Non se ne fa una ragione il genero dell’anziana, Gilles Facchinelli. «Abbiamo chiesto al
118 che mia suocera venisse trasportata a Padova per continuità assistenziale» spiega amareggiato
Facchinelli, «ma mi è stato risposto che l’ospedale di riferimento è quello di Camposampiero. Non
c’è stato nulla da fare, la centrale del 118 è stata irremovibile: mia suocera è stata portata al Pietro
Cosma con il rischio che possa venire trasferita poi a Cittadella». Facchinelli ha provato a
richiamare la convenzione sottoscritta fra l’Usl 15 e il Comune di Vigonza in ragione della quale i
pazienti di quel comune, su richiesta, vengono portati all’ospedale di Padova dalle ambulanze del
Suem 118. «Mi hanno risposto che vale solo per Vigonza» lamenta Facchinelli, «ma allora noi di
Vigodarzere siamo cittadini di serie B? Voglio proprio vederla quella convenzione, la tirino fuori.
Non è accettabile una simile disparità fra cittadini che versano gli stessi contributi all’Usl 15». Di
fatto la famosa convenzione è stata sottoscritta prima delle elezioni amministrative del 2012 e
riguarda solamente Vigonza. Cosa che, anche a suo tempo, aveva suscitato un certo clamore,
perché sembra frutto di un accordo politico. «Su Vigodarzere si sono fatti ragionamenti ma non
abbiamo firmato nulla, non escludo però la possibilità di estendere la convenzione alle zone nelle
immediate vicinanze di Padova» dichiara il direttore dell’Usl 15 Francesco Benazzi, «per quanto
riguarda il caso specifico è la centrale del Suem che fa la valutazione sul paziente tenendo conto
che viene privilegiata soprattutto la continuità assistenziale. Evidentemente in quel momento a
Padova non c’erano posti letto e al paziente va anche dato un adeguato comfort alberghiero. Va
detto, poi, che il reparto di Cardiologia di Camposampiero è considerato da tutti un’eccellenza».
Una spiegazione che non conforta Facchinelli, il quale anticipa una presa di posizione del
Movimento 5 Stelle sulla questione. Giusy Andreoli
“Educhiamo i clienti ai prodotti di stagione”
di Cristina Salvato. Che ci siano gli agricoltori furbi, questo lo sanno anche i produttori agricoli che
ieri mattina erano presenti al mercato a chilometro zero in piazza della Repubblica a Cadoneghe. I
quattro banchi di frutta e verdura esponevano soltanto prodotti coltivati da loro ed esclusivamente
di stagione: ma sono consapevoli che non mancano tra i colleghi i furbetti, come quelli che
andavano a comperare la frutta e la verdura al Mercato agroalimentare a Padova, pure bruttarella
per spacciarla come biologica. E di chilometri quella merce non ne aveva certo zero, visto che
arrivava anche dall’estero. Quattro piccoli produttori agricoli sono indagati per frode in commercio,
dopo le indagini svolte dalla Forestale sui mercati di Cadoneghe, Vigodarzere, Cittadella e piazza De
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Gasperi a Padova. «Sono molto contento che si sia fatta chiarezza» commenta Massimo Bauletti,
agricoltore di Pozzonovo, «perché sono uno di quelli che più di qualche volta ha avvertito, anche le
associazioni di categoria, che qualcosa non andava, perché non era possibile che ci fossero banchi
con prodotti che noi non avevamo perché, di fatto, non ancora di stagione. Le forze dell’ordine mi
hanno già controllato e invito chiunque a venire a trovarmi per verificare». Il figlio del signor Valter
Giacomello è uno di quelli che è andato: «La nostra famiglia si serve dal banco di Bauletti ogni
settimana» dice Giacomello, «sia a Cadoneghe il martedì, che al sabato a Vigodarzere dove
abitiamo e di lui ci fidiamo». I clienti, saputa dell’inchiesta, ieri mattina hanno discusso del fatto
con gli agricoltori. «La mela marcia c’è in ogni settore» commenta Cristiana Scarabello, di Maserà,
«ma questa situazione finirà col danneggiarci tutti per cattiva pubblicità. Capisco che i clienti
pretendano di avere le verdure e la frutta che vogliono, ma sta a noi educarli a consumare prodotti
di stagione. In questo momento gli orti sono in fase di transizione e oltre agli asparagi e alle erbe,
non c’è altro. La settimana prossima arriveranno i piselli piantati ad ottobre». Erano appunto alla
ricerca di “carletti” le signore Irma, Assunta e Vanna, al mercato agricolo come ogni settimana: «Se
si viene qui, si acquista ciò che c’è, di stagione e non di serra» dicono. Avevano erbe di campo a
chilometro decisamente zero Odetta Bettini e il figlio Luca di Codevigo, che erano andati a
raccogliere nei terreni attorno alla laguna le piantine di “minutina”. «Avevamo solo questi, con
carletti, asparagi e ravanelli oggi» dicono «e dalle prossime settimane avremo a disposizione le
verdure». «Il problema anche in questi mercati è la burocrazia» commenta Paolino Peron con
l’azienda a Loreggiola «e il rischio è di finire come con le quote latte, quando dicevano di produrre
pure, che non si sarebbero pagate le multe. E invece le multe sono arrivate». Ne fa una questione
di burocrazia anche un suo affezionato cliente, Orlando Contin, mentre Alberto Menon, che abita
da solo, trova che al mercato almeno può acquistare nella quantità necessaria, non in maxi
confezioni come al supermercato.
Quattro indagari per frode
Sono quattro i piccoli agricoltori finiti nel registro degli indagati con l’accusa di frode in commercio:
l’inchiesta è coordinata dal pubblico ministero Sergio Dini e affidata al Corpo Forestale dello Stato.
Sotto la lente sono finiti i mercatini di Padova (piazza De Gasperi), Vigodarzere, Cadoneghe e
Cittadella. I quattro, secondo l’accusa, vendevano ortaggi spacciati per loro prodotti quando invece
erano stati acquistati al Maap di Padova tra la merce di qualità più bassa, così l’aspetto rendeva
credibile la produzione locale. I prodotti sono risultati provenire da Toscana, Puglia e addirittura
dall’estero. I controlli nel settore proseguono.
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Sofia Stefan, un tocco di padovanità in Francia
di Annalisa Celeghin. Sofia Stefan ha 21 anni, un passato di sportiva versatile alle spalle (nuoto,
pattini in linea, sci, snowboard, atletica) e un presente di rugbista da quasi quattro anni. Nata sotto
il segno del Toro, cresciuta rugbisticamente con il Valsugana Rugby, è in Francia da settembre:
chiamata a giocare con lo Stade Rennais Rugby. Quattro intensi anni di rugby. Ma prima? «Prima di
partire per la Francia abitavo con i miei in una casa nella campagna di Vigodarzere, fra Tavo e
Saletto. Ho frequentato il liceo scientifico: per due anni il “Curiel” all’Arcella, poi ho terminato il
mio percorso allo “Newton” di Camposampiero (indirizzo sportivo). Nella mia vita ho praticato
diversi sport e ho sempre voglia di provarne di nuovi. Da piccola ho nuotato a livello agonistico per
il Gabbiano di Campodarsego, ho pattinato, sciato e fatto snowboard. Per un anno ho provato
un'arte marziale e per sei ho praticato atletica per l'Assindustria Sport Padova. Poi, poco meno di
quattro anni fa, l’incontro con la pallaovale». Con quale squadra? «In Italia ho sempre giocato per
lo stesso club, il Valsugana Rugby Padova. Poi sono stata convocata in Nazionale: un’esperienza
eccezionale perché mi permette di confrontarmi con il più alto livello di rugby femminile giocato
negli altri Paesi. La Nazionale è sempre l'occasione utile per imparare dal punto di vista rugbistico e
umano, sentirsi ed essere atlete di alto livello, rappresentando un Paese intero». L’occasione di
giocare in Francia com’è capitata? «È stata un po’ cercata e un po’ è arrivata. La vivo come una
ricerca di nuove esperienze, punti di vista e possibilità, per vedere e vivere un po’ cosa c'è fuori
Italia. In Bretagna mi trovo bene, lo stile di vita non è molto diverso da quello italiano, per me
sempre scandito dagli allenamenti. Il club, lo Stade Rennais Rugby, è stato molto accogliente, sono
tutti disponibili e professionali». Le tue giornate sono piene? «Quest'anno, oltre a giocare, alleno
una squadra di Under 9 e una di Under 15, seguo la formazione allenatori Under 13 e studio la
lingua. Ho viaggiato molto per essere presente ai raduni e alle partite con la Nazionale, ma ora che
ho qualche mese più tranquillo sono a caccia di un lavoro». Cos’è il rugby per te? «È la prima
disciplina di gruppo che pratico, quindi è stata tutta una scoperta e una novità. Ho imparato a
condividere i momenti di sport e non con la mia squadra, a rendere la mia prestazione sportiva
parte di una collettività. A pensare ed agire non più solo come un individuo». Che cosa ne pensi del
rugby rosa italiano? « Il movimento femminile è in crescita sotto vari aspetti, ma la strada è ancora
molto lunga. Di certo darò il mio contributo affinché questa crescita continui».