I Litfiba dalle origini new wave allo sputtanamento attuale

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I Litfiba dalle origini new wave allo sputtanamento attuale
I Litfiba dalle origini new wave allo sputtanamento attuale
Scritto da Lucio Garofalo
Domenica 09 Ottobre 2011 10:00 -
Alla fine degli anni ‘70, in Gran Bretagna e negli Usa la bufera del punk settantasettesco era
ormai passata come una meteora. Dalla tempesta emersero soprattutto due gruppi, i Clash e gli
Stranglers, che operarono una svolta decisiva sotto il profilo musicale e poetico, significativa
anche sul piano dell’impegno politico. Il punk si evolveva in quella temperie artistica che
sprigionava le sonorità della musica dark e post-punk, dell'elettronica e della new wave. Gli
artisti di riferimento divennero i Bauhaus, i Gang of Four, i Joy Division, i Killing Joke, i Police, i
Ruts, i Simple Minds, i Tuxedomoon, ma anche personaggi eclettici come David Bowie e la
cantautrice statunitense Patti Smith.
In quegli anni Firenze stava per diventare una delle capitali europee del clima culturale ed
artistico legato alla New Wave. D’altro canto, quella non fu la prima volta in cui il capoluogo
toscano ebbe modo di rappresentare un crocevia dell’arte e della cultura, in Italia e in Europa.
Già in altri momenti storici Firenze era stata al centro di formidabili esperienze di risveglio e di
trasformazione artistica e culturale in Italia e nel mondo. Si pensi al periodo assolutamente
unico e irripetibile in cui Firenze fu la culla della civiltà umanistica e rinascimentale europea, tra
la seconda metà del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento. Si perdoni il paragone che
potrà apparire azzardato e irriverente.
Nei primi anni ’80 la scena musicale europea fu attraversata dalle avanguardie dark, post-punk
e new wave. In quegli anni Firenze pullulava di locali alternativi (new wave o post-punk) e
stavano emergendo band che segneranno il corso successivo del rock in Italia. Basta citare il
caso dei Diaframma e dei Litfiba, senza dimenticare i Neon, i Pankow ed altre band fiorentine
che hanno calcato la scena underground di quegli anni. I Diaframma e i Litfiba furono gli alfieri e
i precursori di una corrente musicale alternativa e innovativa che fu assorbita e sfruttata
dall’industria discografica e culturale. Le due band fiorentine anticiparono i fermenti di un
profondo rinnovamento musicale, influenzando anche la sfera del costume, tanto che a Firenze
e dintorni la new wave si impose come una tendenza culturale e sociale di massa, assumendo i
contorni di una moda commerciale che procurò un’immensa fortuna all’industria tessile di Prato.
Il nome dei Litfiba fu scelto prendendo spunto dall'indirizzo telex della sala prove usata all’inizio
della loro carriera: "Località ITalia FIrenze via dei BArdi". In arte Litfiba. La composizione del
gruppo è mutata più volte nel corso degli anni a causa dei frequenti avvicendamenti, ma la
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formazione originaria, quella del periodo d’oro compreso tra il 1980 e il 1989, riuniva cinque
elementi storici: Gianni Maroccolo al basso, Federico Renzulli alla chitarra, Francesco Calamai
alla batteria (a cui subentrò nel 1984 Ringo De Palma), Antonio Aiazzi alle tastiere e Piero Pelù
alla voce. In seguito a divergenze artistiche e personali sorte all’interno della band, in
particolare con il manager Alberto Pirelli, Gianni Maroccolo e Ringo De Palma si congedarono
definitivamente dai Litfiba per unirsi al gruppo punk emiliano CCCP Fedeli alla linea,
ribattezzato in seguito CSI.
A differenza dei Diaframma, che prediligevano le tonalità dark più cupe ed ossessive, i Litfiba
ne inventarono di proprie ed originali, aggiornando il sound della new wave in chiave
mediterranea e creando una versione latina dell’hard rock e dell’heavy metal.
Il primo brano dei Litfiba, intitolato "A Satana", era un pezzo solo strumentale in quanto la band
non aveva ancora trovato un cantante. Fu il tastierista Antonio Aiazzi ad ingaggiare come
vocalist un giovane liceale: Pietro Pelù. Nel luglio dell'82 i Litfiba vinsero la seconda edizione
dell'Italian Festival Rock di Bologna e, nello stesso anno, uscì l'Ep Guerra, contenente brani
assai significativi non tanto a livello musicale quanto poetico. Lo stile rievoca le sonorità
dark/post-punk tipiche dei primi anni ’80. Infatti, il pentametro musicale adottato dai Litfiba ai
loro esordi era quello tipico di David Bowie, Killing Joke, Stranglers, Tuxedomoon,
assecondando il gusto estetico del momento. Nel 1983 uscì per la casa discografica Fonit Cetra
il 45 giri "Luna/La preda" e nella compilation Body Section apparve il bellissimo pezzo
"Transea". Sempre nello stesso anno i Litfiba realizzarono la colonna sonora dello spettacolo
teatrale Eneide di Krypton.
Il 1984 fu l'anno della svolta per i Litfiba. Venne fondata la casa discografica IRA, ovvero
"Immortal Rock Alliance", che divenne ben presto l’etichetta indipendente italiana più
importante, per la quale uscì anche l’album Siberia dei Diaframma. Nello stesso anno si unì al
gruppo il batterista Luca De Benedictis, in arte Ringo De Palma, il migliore amico ed
ex-compagno di Liceo di Pier Pelù. Nel 1984 uscì l'Ep Yassassin, con"Electrica danza", una
canzone d'amore bohemienne in cui è palese l'influsso esercitato da David Bowie. Sempre
nell’84 uscì la prima antologia dei Litfiba, Catalogne Issue, con altri due classici del loro
repertorio: "Onda araba" e "Versante est", in cui il linguaggio della new wave è rivisitato in
chiave mediterranea. Sempre per l'IRA uscì nell’86 l'Ep Transea, ispirato da atmosfere e
suggestioni orientali che saranno una fissazione di Pelù: gli zingari dell'est.
In ogni caso il ciclo più originale e significativo della produzione artistica dei Litfiba è costituito
dalla cosiddetta "trilogia del potere", di cui Litfiba 3 (del 1988) rappresenta l'ultimo atto, il
seguito di Desaparecido (del 1985) e 17 Re (del 1986). Questi tre dischi, incisi per la solita IRA,
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sono accomunati dall'avversione per i regimi totalitari. Dal tour successivo all’uscita di 17 Re fu
estratto il live 12/5/87, il primo album dal vivo dei Litfiba. Nel 1989 uscì Pirata, il disco che sancì
la consacrazione definitiva al grande pubblico. I Litfiba iniziarono a riscuotere una popolarità
impensabile per un gruppo rock italiano, che da band di culto e di nicchia si trasformarono in un
fenomeno di massa. Intanto crescevano le rivalità artistiche e personali tra Maroccolo e
Renzulli, che causarono l’abbandono definitivo del gruppo da parte del bassista. Il quale nutriva
una passione per le tonalità cupe, rese dalla dominanza del basso e delle tastiere elettriche
sugli altri strumenti, mentre Ghigo seguiva una concezione più hard rock, all’insegna dei Led
Zeppelin per intenderci, privilegiando gli assoli e le sonorità della chitarra elettrica.
La fase compresa tra il 1990 e il 1999 è legata alla cosiddetta “tetralogia degli elementi”, che
annovera quattro dischi di indubbio successo commerciale: El diablo (inciso per la CGD nel
1990), Sogno ribelle (sempre per la CGD nel 1992), Terremoto (ancora per la CGD nel 1993) e
Spirito (inciso per la EMI nel 1994). L’assenza di Maroccolo si avverte. Lo spirito new wave dei
Litfiba era incarnato proprio da Gianni Maroccolo; la sua geniale vena creativa aveva ispirato la
produzione artistica più originale e valida della band. Senza di lui i Litfiba non potevano più
essere gli stessi. L’album di questo periodo che merita di essere segnalato è Terremoto, che
proiettò per la prima volta in cima alle classifiche un gruppo rock italiano. Cavalcando l’onda
della protesta emotiva suscitata dalle inchieste giudiziarie di Tangentopoli, in alcuni brani (ad
esempio "Dimmi il nome","Maudit" e "Soldi") Piero Pelù si lancia in polemiche un po’ facili e
qualunquistiche: i bersagli sono la Chiesa, la classe politica corrotta, la mafia.
In conclusione, i Litfiba hanno compiuto uno dei più clamorosi "tradimenti" nella storia del rock
italiano. Dopo aver rinnegato l’ispirazione ribelle, originale e lirica degli esordi, negli anni ’90
hanno abbracciato una formula pop/rock con venature “metallare” obsolete e commerciali,
avviandosi verso un declino artistico e giungendo infine alla crisi del sodalizio tra Piero Pelù e
Ghigo Renzulli. E all’inatteso e deludente rientro del 2010.
3/3