Jean-Marie Lovey, Prévôt Maison St-Bernard Rue de
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Jean-Marie Lovey, Prévôt Maison St-Bernard Rue de
“L‟umanità in cammino nel Creato” Sala dei Vescovi Pistoia, 25-27 giugno 2010 1. Introduzione Inizio col dirvi chi sono. Vengo dal Vallese in Svizzera. È la regione che va dal ghiacciaio del Rodano fino al Lago di Ginevra. Sono nato nell‟Alto Vallese, a Visp – al bivio per andare al Cervino – dove si parla il tedesco. Ecco perché mi chiamo „Klaus Sarbach‟. Nel famoso „maggio sessantotto‟ sono entrato dai Canonici Regolari del Gran San Bernardo. In 35 anni di sacerdozio ho lavorato nelle parrocchie di Martigny – da dove parte la strada verso il Grande – poi nell‟Ospizio sul passo del Sempione e per undici anni nella Casa Ospitaliera „ChâteauVerdun‟ di Saint-Oyen e nelle tre parrocchie valdostane al sud del passo. Dieci mesi fa sono ritornato dalla parte svizzera dove servo nelle quattro prime parrocchie al nord del valico. – Sono qui tra di voi per sostituire il nostro superiore, il Prevosto Mons. Jean-Marie Lovey. Il tema del nostro convegno è: CHIAMATI AD ESSERE “VIANDANTI” Sul sito di Greenaccord sta scritto che “la domenica sarà dedicata alla presentazione di iniziative ed esperienze pratiche che, all‟interno del mondo ecclesiale, hanno utilizzato il cammino come esperienza educativa, di crescita e di fede.” L‟esperienza dell‟esercizio dell‟ospitalità gratuita in montagna e universale dei “Padri dei cani senza botte” è la più lunga del mondo. Posso parlarvi solo di alcuni aspetti. Siamo „professionisti dell‟accoglienza‟ nei tre ospizi: Gran San Bernardo, Sempione e Château-Verdun. Da quando la „Via Francigena‟ è stata „riaperta‟, i pellegrini bussano anche alle porte delle nostre canoniche di Martigny, di Orsières – dove vivo adesso – e di Saint-Oyen. (Al di fuori delle strutture alberghiere, per l‟accoglienza materiale dei pellegrini mancano dappertutto dormitori o stanze. Per parlare di questo argomento ci vuole un altro momento.) Il tempo essendo limitato, vi presento in modo riassunto la nostra vocazione nel servizio dell‟ospitalità e la „spiritualità dell‟accoglienza in montagna‟. Preferisco poi rispondere alle vostre domande o trasmettervi informazioni sul tema. 2. L'Ospizio del Gran San Bernardo ieri e oggi Dalla più lontana antichità, il colle (2473 m), chiamato prima „Montagna del dio Penn‟ e poi dai romani „Mons Iovis‟, la Montagna di Giove, fu sempre un passaggio molto frequentato attraverso le Alpi. I Romani già vi avevano eretto un tempio, dove viaggiatori e soldati offrivano sacrifici per attirarsi il favore degli dei. Nel undicesimo secolo, Bernardo di Mentone (Annecy, Savoia), canonico regolare di sant‟Agostiono, fu arcidiacono della cattedrale di Aosta. Verso 1050 costruisce l‟Ospizio per venire in aiuto a quelli che devono valicare il passaggio pericoloso che causa tante vittime. Morì a Novara, nel monastero di san Lorenzo, il 15 giugno 1081. Canonizzato nel 1123 dal vescovo di Novara Riccardo, il suo culto fu confermato dalla Santa Sede nel 1681. Il 20 agosto 1923 Pio XI lo proclamò patrono degli abitanti delle Alpi e degli alpinisti. Le sue reliquie riposano nella cattedrale di Novara e nella chiesa dell'Ospizio del Gran San Bernardo. San Bernardo chiama i religiosi degli ospizi sui valichi del Grande e del Piccolo San Bernardo a servire tutti i passanti secondo il motto: “Qui Cristo è adorato e nutrito”. Così mettono in pratica la parola di Gesù: “Ho avuto fame e sete…, ero straniero…, tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l‟avete fatto a me.” (Mt 25, 35. 40). - 2Sul „Grande‟ i padri sono sempre rimasti. L‟ospizio del „Piccolo‟ è stato loro preso nel 1752. Dopo il suo famoso passaggio del Gran San Bernardo nel 1800, Napoleone ha dato l‟ordine di costruire un Ospizio sul passo del Sempione (a 2000 m - tra Briga e Domodossola). Al giorno di oggi la „Congregazione dei Canonici Regolari di san Nicola e san Bernardo del Monte Giove‟ conta solo una quarantina di membri. Da „agostiniani‟ viviamo in tre piccole comunità di sacerdoti che lavorano in Unità pastorali. Da „bernardini‟ cinque e cinque lavorano durante tutto l‟anno su al Grande e al Sempione. Tre ultimi „nonni‟ stanno ancora nella Casa Ospitaliera valdostana, aspettando di trovare altri figli di Dio – e forse un sacerdote – per continuare a gestire l‟opera „Château-Verdun‟ e a servire le monache benedettine nel piccolo monastero eretto nei vecchi fienili. 3. La marcia in montagna porta l‟uomo alla “Verità” Le circostanze di vita e di ministero sono molto cambiate. I nuovi mezzi di comunicazione diventano lo scontro con la dura realtà della montagna. Ciononostante l'uomo non riesce più a comunicare con l'uomo, e l'uomo soffoca chiuso in se stesso. Soffoca nella facilità. Allora per una nuova necessità l'uomo ritorna alla montagna, ha molto da imparare da essa per la sua vita! Fedeli alle intuizioni del loro fondatore, i figli di San Bernardo da Mentone hanno deciso di accompagnare questi nuovi pellegrini in cerca di un senso della vita, in cerca di un Assoluto per cui valga la pena di rischiare la propria vita. E l'Ospizio ritrova tutto il suo significato di rifugio del pellegrino. La marcia in montagna – il valico del „Grande‟ è il passaggio più alto della „Via Francigena‟ – diventa il simbolo e il sostegno di tutto un cammino interiore. La montagna permette, a chi la frequenta, di ritrovarsi faccia a faccia con se stessi, facendo esperienza di una vita sobria, spoglia, esigente. Nell‟Ospizio non si può rimanere chiusi nel proprio piccolo mondo! Sulla strada degli uomini vuole essere una sorgente, un oasi spalancata a tutti gli assettati d'Acqua Viva. Vuole dire che la vocazione „ospitaliera‟ è cambiata. C‟è sempre bisogno di aprire la porta – quella del „Grande‟ non si può chiudere ! –, di mettere il pane e il the sulla tavola e di offrire un letto in una stanza riscaldata. I passanti possono pagare il servizio. Ma in montagna l‟uomo moderno può fare l‟esperienza della sua „grandezza‟ , della sua „piccolezza‟ e dei suoi limiti. Le „maschere‟ del mondo del consumo cadono. La montagna è sempre stato un luogo privilegiato per „avvicinarsi‟ a Dio. Dio non è più vicino all‟uomo su una cima. Ma il cuore dell‟uomo si apre e così sente la presenza del Creatore e del Padre vicino a lui. Il viandante, il pellegrino o il montanaro ammira la grandezza del Signore del cielo e della terra. Si rende conto che „si va su‟ solo con le sue gambe, nei giorni di sole, di freddo, di pioggia o di neve. Vede che i soldi, i titoli, gli onori della città non contano nulla e che il più ricco ha bisogno di consultare la cartina, di chiedere consiglio, di farsi aiutare, di portare lui stesso il suo zaino, di mettersi „in cordata‟ dove si segue una guida e si prende il ritmo del membro più debole, di accettare i compagni di cammino che non ha scelto lui, di rinunciare a tanti beni di lusso e di seguire sentieri che non ha preparato lui. -3Il questo spirito cerchiamo di vivere e di trasmettere la „Spiritualità della montagna‟ nell‟accoglienza ordinaria, nei „pellegrinaggi alpini‟, „ritiri in montagna‟ per i giovani, giorni di ritiri per gruppi o parrocchie, settimane di marcia in montagna e nei dialoghi tra noi e gli ospiti. 4. Valori dell‟ospitalità cristiana 4.1 „Qui Cristo è adorato e nutrito‟ Vi trasmetto in breve delle riflessioni fatte negli ultimi cinquant‟anni da confratelli che hanno vissuto negli ospizi, da amici che vi hanno lavorato e condiviso la vita quotidiana dei padri e di persone che hanno collaborato con noi nell‟organizzazione pellegrinaggi, ritiri, giornate, incontri e tante altre iniziative, anche in collaborazione con gruppi o parrocchie. La prima parte del nostro „motto‟ dice: „Qui Cristo è adorato‟ (in opposizione a Giove che aveva il suo tempio a 500 m dell‟Ospizio). C'è per ciascun religioso della piccola comunità questa vocazione esigente ed esaltante: vivere sulla montagna, come colui che intercede, con le mani levate verso il cielo, piene della gioia, delle sofferenze, delle prove, dei successi, delle sconfitte e dei propri fratelli del mondo, sull'esempio di Mosé che, sulla montagna, intercedeva per i suoi fratelli mentre combattevano nella pianura. La seconda parte dice: „Qui Cristo è nutrito‟. Prima si offre da mangiare e da bere e un letto per risposarsi. Poi, ogni ospite avendo un cuore d‟uomo, il frate nutre il cuore dell‟ospite con la „qualità sorridente‟ del fratello „universale‟ che apre la porta dell‟amicizia fiduciosa, sapendo che in ogni persona Gesù vuole incontrarci. Nelle difficoltà – anzitutto durante l‟inverno – i religiosi sono pronti ad uscire nella bufera e nel freddo per aiutare chi è nel bisogno o ferito. 4.1 Accoglienza e ospitalità Nell‟ospitalità si fa l‟esperienza del „chi da riceve‟. Lo si vede à Mambre: Dio ringrazia il suo ospite Abramo promettendo un figlio a Sara. In italiano e in francese si usa la stessa parola: ospite! L‟ospite apre la casa e da al viandante vitto e alloggio. È il primo passo da fare. Come lo fa l‟albergatore. Ma il secondo passo tocca tutti e due: aprire la porta del cuore e dello spirito. È un atteggiamento interiore che accoglie non solo un corpo, ma una persona. La chiave che apre il cuore è la benevolenza gratuita. Il viandante sente che la sua presenza non „disturba‟ il padrone di casa. Ben al contrario: è contento di poter fare la conoscenza di un nuovo figlio di Dio che colui gli manda per fargli scoprire delle „cose nuove‟. Per colui che accoglie la visita diventa una sorgente di vita. Siccome accogliendo il fratello si accoglie il Figlio di Dio, nell‟ospitalità la vita umana e la vita divina s‟intrecciano. Si può affermare che l‟ospitalità è il ‘sacramento del fratello’. Il mondo ha un grande bisogno dell‟ospitalità del cuore. Ciò significa che, accogliendo ciascuno così come è e facendogli capire che può sentirsi da noi come a casa sua, Dio è „visibile‟ in mezzo a noi. Questo è un occasione di imitare il „farsi prossimo‟ del Buon Samaritano. In questo spirito l‟ospitalità ci impedisce di racchiuderci nel nostro „nido‟. Ci spinge ad andare verso il fratello. L‟ospite accolto diventa allora un „messaggero‟ di Dio, anche se non mi parla di Dio. Lo afferma san Paolo nella Lettera agli Ebrei (13,1-2): “L’amore fraterno resti saldo. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola senza saperlo hanno accolto degli angeli” -4Nel dialogo con il pellegrino non solo mi arricchisco di informazioni su altre persone, paesi o modi di fare. Certe esperienze del „forestiero‟ possono aiutarmi nella mia vita, in famiglia o in chiesa. Più le nostre conoscenze si „allargano‟, meglio possiamo capire le ragioni delle nostre differenze. Non le vediamo più come ragioni di divisioni, ma di un arricchimento nella complementarità. È il primo passo che si fa per togliere i pregiudizi e per abbattere le barriere che separano ancora paesi, mentalità, famiglie, popoli e chiese. 4.2 Il viaggio interiore Nove su dieci pellegrini che accogliamo sulla Via Francigena hanno fatto prima il Cammino di Compostela. Non si capisce bene chi è pellegrino e chi è sportivo o „turista ambientalista‟. Più di uno mi ha detto che molti se mettono in cammino per vivere un‟avventura umana, ma quasi tutti arrivano al santuario come pellegrini. Sapete in che consiste la differenza tra un „turista‟ e un „pellegrino‟ ? Il turista va per visitare paesi, il pellegrino cerca a lasciarsi visitare da Qualcuno. Gesù non è venuto da noi come turista, ma come pellegrino. Ad ogni incontro apre la porta dell‟altro con il suo sguardo benevolo e offre una parola che costruisce qualche cosa. Spesso aggiunge gesti che liberano delle forze di vita nascoste nel fondo del cuore. Pensiamo alle apparizioni di Gesù ai discepoli impauriti dopo Pasqua. Lungo il cammino il pellegrino cristiano può aprirsi per vivere un „viaggio interiore‟. Rivisita la sua vita personale – un gran numero di pellegrini sono giovani pensionati – per ringraziare tutto il bello vissuto e il bene ricevuto, per perdonare e sapersi perdonare e per chiedersi come vivere in un modo più „proficuo‟ nel futuro. Il pellegrino affida al Signore le gioie e le pene della sua vita e chiede la sua forza per proseguire il cammino della vita. E quanti pellegrini, parlando con gli ospiti che li hanno accolti, pregando in una chiesa, fermandosi in una comunità hanno ricevuto parole costruttive e consigli, trovato comprensione e incoraggiamento che sono diventato come frecce della „sentieristica del Buon Dio‟. Una mia sorella, carmelitana in una città di tappa del Cammino di Compostela, accogliendo una studentessa tedesca, „battezzata agnostica‟, è stata lo „strumento dello Spirito Santo‟ che ha dato inizio al cammino di fede che, anni dopo, l‟ha fatto entrare monaca „cristiana‟ nel Carmelo! 4.2 Ospitalità – incontro che diventa sorgente di gioia Colui che non esce dal suo paese perché si sente tanto bene a casa sua si racchiude e diventa egoista e pessimista. Non può conoscere veramente le gioie, le sofferenze e le speranze degli uomini. Ma colui che ha il cuore aperto nello spirito del pellegrino – anche senza andare a piedi a Compostela – e colui che accoglie i fratelli che vivono nel suo paese, diventa attento ai bisogni degli altri, riconosce dove c‟è bisogno di aiuto ed è pronto di „farsi prossimo‟ degli altri. Un atteggiamento che incontriamo in quasi tutti coloro che vanno in montagna o sul cammino dei pellegrinaggi è la gioia, la fiducia, la solidarietà e l‟amicizia fraterna. Ecco un dono che riceviamo noi quando apriamo la porta della nostra casa al viandante e quando siamo noi che bussiamo alla porta dell‟‟albergo del Samaritano‟. -5L‟ospitalità spinge i pellegrini ad proseguire il cammino insieme, mano nella mano, sul sentiero dell‟amicizia. La gioia della semplicità vissuta insieme sul cammino, spesso sudando e soffrendo, nutre la vera amicizia e la condivisione delle gioie, delle pene e dei sogni permette di accogliere il forestiero come un fratello. Qualche volta è più facile accogliere il forestiero per una notte accogliere i membri della nostra casa ! Vivendo la virtù dell‟accoglienza dello straniero, impariamo ad accoglierci tra di noi, riconoscendo le ricchezze dei fratelli e accogliendo le differenze come una ricchezza complementare. Se accogliamo i fratelli con benevolenza – volendo il loro bene – sperimentiamo nella loro gratitudine che siamo stati „preziosi a loro occhi‟. Anche se non abbiamo più mai un contatto con le persone accolte, se noi riconosciamo in loro dei doni, lodiamo Dio per tutto ciò che sono e fanno del bene. Se incontriamo persone che portano una croce, che non trovano senso alla loro vita o che „piangono dentro‟, la nostra preghiera d‟intercessione può aiutarli a riconoscere la volontà di Dio e a seguire la luce con la quale Gesù indica a loro il suo cammino verso la vera felicità. Se viviamo l‟ospitalità nello spirito del Vangelo, possiamo già rallegrarci al nostro arrivo in paradiso. Quanti ci diranno: “Grazie! perché tu mi hai aperto la porta della tua casa e del tuo cuore !” ! P. Klaus Sarbach, CRB ******************* Preghiera di San Bernardo O Signore, che ci hai dato San Bernardo come patrono degli alpigiani e degli alpinisti; per sua intercessione proteggici in tutti le nostre ascensioni, affinché dopo aver goduto delle bellezze della natura, torniamo al nostro lavoro più forti nel servire Dio e i nostri fratelli. E mentre ci sforziamo quaggiù di camminare sulle sue tracce, concedici di raggiungere la Cima che è Cristo. Lui che vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen. Proteggi il tuo popolo, Signore, per l'intercessione di san Bernardo, patrono dei montanari e degli alpinisti: egli sia nostra guida a riconoscere in ogni ospite un fratello e a camminare verso la santa montagna, che è Cristo tuo Figlio. Amen 7° FORUM DELL’INFORMAZIONE CATTOLICA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO “L’umanità in cammino nel Creato” Sala dei Vescovi Pistoia, 25-27 giugno 2010 [email protected] - Tel. 0039 055 2776634Cell. 335/53.44.888 PROGRAMMA Venerdì 25 giugno Sala dei Vescovi Prima sessione: L’homo viator, Pistoia e Santiago di Compostela Presiede: Franco Pasquali, coordinatore di Retinopera -15.00 Saluti: Gian Paolo Marchetti, Presidente di Greenaccord - Autorità presenti -15.50 Prima Relazione: “ Pellegrini come i nostri padri”: la dimensione biblica del pellegrinaggio” Relatore: Mons. Mansueto Bianchi, Vescovo di Pistoia -16.30 Dibattito con il Relatore -16.50 Seconda Relazione: “San Jacopo ed il legame tra Pistoia e Santiago di Compostela” Relatore: Franco Cardini, storico -17.30 Dibattito con il Relatore -17.50 Terza Relazione: “Il cammino, la natura ed il silenzio” Relatore: Susanna Tamaro, scrittrice -18.30 Dibattito -19.00 Chiusura dei lavori -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Sabato 26 giugno Sala dei Vescovi SESSIONE MATTUTINA Sessione mattutina: In cammino nel creato Presiede: Witti Mitterer, giornalista -09.30 Quarta Relazione: “L'umanità in cammino verso il futuro: la sfida ecologica” Relatore: Flaminia Giovanelli, Sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace -10.15 Dibattito con il Relatore -11.35 “Il cammino della fame e della speranza fra intolleranza e accoglienza” Mons. Giancarlo Perego, Direttore Generale Fondazione «Migrantes» -11.20 Dibattito con il Relatore -11.40 Sesta Relazione: “Riscoprire il piacere del camminare in una città che corre” Relatore: Lucien Kroll, architetto -12.25 Dibattito con il Relatore -13.00 Pausa pranzo SESSIONE POMERIDIANA Presiede: -15.00 Tavola Rotonda: Nel cammino si ritrova sé stessi Partecipano: - Oscar Farinetti, ideatore di Eataly - Hans Kammerlander, alpinista - Roberto Weber, podista, Direttore dell'Istituto SWG - Don Franco Torresani -17.30 Coffee break -17.45 Settima relazione: I Sentieri di Pier Giorgio Frassati Relatore: Gigi Borgiani, Segretario Nazionale Azione Cattolica -18.30 Il Documento della CEI per la Giornata della Salvaguardia del Creato Relatore: Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale Conferenza Episcopale Italiana -19.00 San Giovanni Fuorcivitas: Santa Messa presieduta da Mons. Mariano Crociata, Segretario Generale Conferenza Episcopale Italiana -21.00 Teatro Bolognini: cerimonia conferimento Premio “Sentinella del Creato” -----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------Domenica 27 giugno Sala dei Vescovi SESSIONE MATTUTINA Sessione conclusiva: Esperienze di cammino nel creato Presiede: -09.00 Il “Cammino di Maria” da Monaco a Venezia Relatore: Claudia Tolpeit, Pres. Associazione “Agape” onlus -09.20 “Camminare nel buio” Relatore: Wolfgang Fasser -10.00 “Il significato del cammino nell'esperienza scout” Relatore: Maria Teresa Spagnoletti, Capo Guida Agesci -10.30 Coffee break -10.45 L'accoglienza ai viandanti sulla via di Sigerico in Val d'Aosta Relatore: P. Klaus Sarbach, Canonico Gran San Bernardo 11.15 “Greenaccord Network: l’esperienza dei Cenacoli ecologici” Conduce: Giancarlo Bonelli, meteorologo TG3 Rai Partecipano: Lorenzo Orioli (Cenacolo Toscano), Giuseppe Rogolino (Cenacolo Laziale), Emilio Misuriello (Cenacolo Lombardo), Luisella Meozzi (Cenacolo Emiliano), Elena Scarici (Cenacolo Campano), Antonio Capano (Cenacolo Calabrese), Cenacolo Umbro -12.30 Sintesi del Forum e prospettive Relatore: Andrea Masullo, Presidente Comitato Scientifico Greenaccord -13.30 Conclusione convegno, Lunch, partenze Greenaccord è un’associazione culturale, di ispirazione cristiana e senza fini di lucro, nata per stimolare l’impegno di tutti gli uomini di buona volontà di qualsiasi credo o confessione religiosa, sul tema della salvaguardia della natura. Greenaccord si rivolge al mondo dell’informazione nazionale ed internazionale allo scopo di sollecitare una riflessione laica approfondita e un dibattito continuativo sul ruolo e la responsabilità del giornalista nei confronti delle tematiche ecologiche. Pistoia, 25-27 Giugno 2010 CHIAMATI AD ESSERE “VIANDANTI” Nell‟Anno compostelano si celebra il “cammino” dell‟uomo nella Natura, con il Settimo Forum dell‟Informazione per la Salvaguardia del Creato Tre giorni per riflettere sul rapporto tra l‟Uomo e il Creato. Tre giorni per ritrovare un legame che troppo spesso diamo colpevolmente per scontato, dimenticandoci che le ricchezze naturali delle quali siamo circondati sono un presupposto indispensabile per il futuro dell‟umanità. Dal 25 al 27 giugno Pistoia ospiterà nuovamente l‟appuntamento con il Forum dell‟Informazione Cattolica per la Salvaguardia del Creato. L‟evento, giunto alla settima edizione, è organizzato dall‟associazione d‟ispirazione cristiana Greenaccord, con il supporto della Diocesi, delle massime istituzioni e di aziende e realtà del territorio. Ed è proprio attorno al tema del percorso dell’Uomo nel Creato che si svilupperà il programma di quest‟anno. Una scelta non casuale perché nel 2010 cade l’Anno compostelano, un evento che accade ogni 7 anni (quando la festività di san Giacomo apostolo, cade di domenica). “Il nostro obiettivo – spiega Gian Paolo Marchetti, presidente di Greenaccord – è di riflettere sulla figura dell’homo viator, viandante sulle strade del mondo, che attraversa il Creato, vi lascia la sua orma ma deve prodigarsi per restituirlo alle generazioni future salvaguardato e migliorato”. Durante i tre giorni del Forum, il Palazzo dei Vescovi di Pistoia ospiterà la disamina delle diverse sfaccettature del concetto di “cammino nel Creato”: il venerdì pomeriggio, il vescovo di Pistoia, Mansueto Bianchi, approfondirà la dimensione biblica del pellegrinaggio mentre lo storico Franco Cardini si concentrerà sulla figura di San Jacopo e sul legame tra Santiago de Compostela e Pistoia. La scrittrice Susanna Tamaro invece proporrà una riflessione sul rapporto tra cammino, natura e silenzio. Il giorno successivo, la discussione si concentrerà invece gli aspetti concreti del cammino dell‟Uomo nella Natura: si parlerà delle sfide ecologiche poste dal futuro (Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace), del cammino della fame tra intolleranza e accoglienza (Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes), della riscoperta del gusto di camminare in contesti urbani sempre più frenetici (architetto Lucien Kroll) e dell‟importanza del cammino per ritrovare sé stessi. A quest‟ultimo tema sarà dedicata una tavola rotonda, nel pomeriggio, alla quale prenderanno parte protagonisti dell‟alpinismo, del podismo e di progetti che hanno promosso il cammino nella natura alla riscoperta della propria dimensione interiore. La domenica sarà invece dedicata alla presentazione di iniziative ed esperienze pratiche che, all‟interno del mondo ecclesiale, hanno utilizzato il cammino come esperienza educativa, di crescita e di fede. Durante il Forum sarà inoltre assegnato, come già lo scorso anno, il Premio giornalistico “Sentinella del Creato”, realizzato in collaborazione con l‟UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana) e la FISC (la Federazione Italiana Settimanali Cattolici). Il riconoscimento sarà assegnato a tre giornalisti che si sono particolarmente distinti nel corso dell‟anno nella divulgazione e nell‟approfondimento di tematiche ambientali. Greenaccord e le associazioni di categoria assegneranno i premi in una cerimonia d‟eccezione al Teatro Bolognini che coinvolgerà la città, sabato 26 giugno alle ore 21, con la partecipazione di ospiti del mondo dello spettacolo e della televisione. PREGHIERA DEL PELLEGRINO DELLA MONTAGNA Signore Gesù che dalla casa del Padre sei venuto a piantare la tua tenda in mezzo a noi; tu che sei nato nell'incertezza di un viaggio ed hai percorso tutte le strade, quella dell'esilio, quella dei pellegrinaggi, quella della predicazione: strappami all'egoismo ed alla comodità, fa di me un pellegrino. Signore Gesù che hai preso così spesso il sentiero della montagna, per trovare il silenzio e ritrovare il Padre; per insegnare ai tuoi apostoli e proclamare le beatitudini; per offrire il tuo sacrificio, inviare i tuoi apostoli e far ritorno al Padre: attirami verso l'alto, fa di me un pellegrino della montagna. Come San Bernardo, devo ascoltare la tua parola, devo lasciarmi scuotere dal tuo amore. A me, continuamente tentato di viver tranquillo, domandi di rischiare la vita, come Abramo, con un atto di fede; a me, continuamente tentato di sistemarmi definitivamente, chiedi di camminare nella speranza, verso di te, cima più alta, nella gloria del Padre. Signore, mi creasti per amore, per amare: fa ch'io cammini, ch'io salga, dalle vette, verso di te, con tutta la mia vita, con tutti i miei fratelli, con tutto il creato nell'audacia e nell'adorazione. Amen. Canonico Gratien VOLLUZ Priore del Ospizio del Sempione "FIDELITER" - "FORTITER" DANS LA FIDELITE - AVEC FORCE - "FELICITER" - DANS LA JOIE) -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- MILANO HOTEL L'Hotel si trova in Viale Pacinotti 10/12 a Pistoia, vicino alla stazione ferroviaria. Casello autostradale A11 Firenze-Mare uscita di Pistoia. A 25 km. dall'aeroporto di Firenze e città. A 30 Km. da Lucca e a Km. 40 dall'aeroporto di Pisa e città . 09.06.2010 Greenaccord International Secretariat Teresa Bello - Associazione Culturale Greenaccord Via del Carmine, 3 - 00187 Roma tel. +39 06.62290951/90287903 fax. +39 06.90287901 mailto: [email protected] website: www.greenaccord.org Gentile P. Klaus Sarbach, siamo a chiederLe gentilmente una copia dell'Abstract della relazione che intende presentare al Forum di Pistoia. Con l'occasione, La informiamo che Le abbiamo prenotato una stanza per le notti del 25 e 26 giugno p.v. all'Hotel Milano di Pistoia, in viale Pacinotti,10 - Pistoia (come da cartina allegata). Sul link seguente troverà le informazioni utili dell'albergo dove alloggerà: http://www.milanohotelpt.it/ L'Hotel è situato a 5 minuti a piedi dalla Stazione dei treni e a 10 minuti dal Palazzo dei Vescovi ove si svolgeranno i lavori del Forum. Per qualsiasi necessità e/o informazione prego contattarci. Cordiali saluti, Miriam Lanzani ******************************************** Casello autostradale A11 Firenze-Mare uscita di Pistoia ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------Jean-Marie Lovey, Prévôt Maison St-Bernard Rue de l'Hôtel-de-Ville 18 C.P. 679 CH - 1920 MARTIGNY +41 27 721 89 21 [email protected] Voici, cher Klaus, le document que je te fais suivre de Marco Lapi. Regarde ce qui est possible de faire. je te laisse le soin de donner réponse à l'expéditeur. Merci de tout, merci de veiller sur les paroisses de Martigny durant cette semaine et de porter dans la prière Angèle, la soeur de Paul Bruchez dont j'apprends ce matin le décès. Bonne semaine en communion de vie. Jen-Marie Lovey Message attaché Sujet: Fw: programma forum Pistoia De: "Marco Lapi" <[email protected]> À: <[email protected]> Carissimo padre Jean Marie, come d'accordo, con un po' di ritardo, le inoltro il programma del convegno di Greenaccord a Pistoia, di cui le parlavo nei giorni scorsi per telefono. Il suo confratello di Château-Verdun mi ha spiegato che mi aveva scambiato per un altro Marco; infatti mi ero un po' stupito che mi ricordasse, avendomi visto solo una volta d'inverno al Gran San Bernardo! Una visita che io e mia moglie ricordiamo sempre volentieri, così come le siamo sempre grati per l'accoglienza che ci manifestò facendoci da guida per tutto l'Ospizio. In attesa di rivederci, magari a Martigny, la pregherei di fare il possibile per garantire la presenza di padre Klaus o, se proprio non può, di un altro canonico. Mi rendo conto che l'impegno non è da poco, visto tra l'altro che il vostro intervento - come può vedere nel programma provvisorio allegato – sarebbe previsto di domenica, ma la vostra testimonianza riveste davvero un importanza particolare non solo per la vostra storia, ma anche per tutto quanto fate ancor oggi. Naturalmente tutte le spese sono a carico del convegno, di cui se lo volete potreste essere ospiti a partire dal suo inizio. Nel messaggio originale, qua sotto, può trovare anche gli indirizzi dei siti di Greenaccord, in modo da poter conoscere meglio l'associazione. Quanto a Toscana Oggi, il settimanale delle diocesi toscane presso cui lavoro come redattore, le fornisco l'indirizzo del sito www.toscanaoggi.it e resto a sua disposizione per una pagina dedicata alla vostra congregazione che conto di poter pubblicare magari in occasione della riapertura della strada statale per l'Ospizio. Ringraziandola di nuovo, la saluto cordialmente Marco Lapi P. Klaus SARBACH, Canonico Regolare del Gran San Bernardo La Cure - CH-1937 Orsières (Svizzera) – Tel. 00041/27/783.11.44 – Cell. 0041/79/904.54.69 E-mail: [email protected] Il nostro Prevosto Jean-Marie Lovey mi ha mandato il suo messaggio e il programma del convegno di Pistoia. Sono d’accordo di venire e di fare la relazione chiesta da voi. Se posso liberarmi, parteciperò volentieri a tutto il convegno.Viaggio in macchina. Non conosco Pistoia, ne la casa del convegno. Se potete mandarmi le informazioni per l’iscrizione. Grazie ! Con un saluto fraterno Padre Klaus [email protected] Tel. 0039 055 2776634Cell. 335/53.44.888 www.viafrancigena.com/ LA VIA FRANCIGENA Per i pellegrini che si recavano dall'Inghilterra e dal nord della Francia a Roma, la Via Francigena attraversava la "Champagne" e la "Franche-Comté". Penetrava in Isvizzera per il passo di Jougne e proseguiva per Orbe, Romainmotier, Lausanne, Vevey, Montreux, Villeneuve, Saint-Maurice, Martigny. Poi passava attraverso l'Entremont, a Orsières, Liddes, Bourg-Saint-Pierre ed infine al Colle del Mont-Joux (Gran San Bernardo), dove i pellegrini erano accolti nel venerabile Ospizio. L'afflusso dei pellegrini era particolarmente intenso durante i giubilei romani. Nel 1350, il conte di Savoia consegna "al Prevosto della Casa dei poveri dell'Ospizio del Mont-Joux 60 <octanes> di segala, come dono ed elemosina per i pellegrini diretti a Roma". Le Costituzioni del 1438 del venerabile Ospizio dei Santi Nicola e Bernardo del Mont-Joux ricordano ai religiosi i loro doveri verso i pellegrini e i viandanti:"L'infermiere avrà una cura sollecita per gli ammalati... L'elemosiniere sarà incaricato di ricevere tutti quelli che arrivano all'Ospizio, di dar loro da mangiare e da dormire. Se il tempo è brutto, li tratterrà all'Ospizio finché le condizioni meteorologiche siano migliorate e, quando riprenderanno il cammino, li farà accompagnare finché siano fuori dai pericoli. Se nota qualcuno mal calzato, o poco vestito, chiamerà il <vestiario> cioè il religioso incaricato di distribuire dei vestiti alle persone bisognose... Il <clavendier> (l'economo) procurerà gratuitamente e abbondantemente le provviste in viveri, bevande e legna per gli ospiti di passaggio." L'Ospizio del Mont-Joux funziona come casa d'appoggio dove si può riprendere fiato e dove i più poveri ricevono ciò che non sono in grado di comperare. Le prescrizioni valide per l'Ospizio vigevano anche nelle altre case della Congregazione. Così, tutti i pellegrini che seguivano la via Francigena potevano usufruire dell'<Hôpital>, il cui primo fine non consisteva nel curare gli ammalati, bensì nell'alloggiare gratuitamente i poveri e i deboli. L'Ospizio del Mont-Joux e le sue succursali (La Sarraz, Lausanne, Moudon, Vevey, Yverdon, Roche nelle diocesi di Lausanne e di Sion) non erano d'altronde le uniche ad accogliere i pellegrini. In questo grande movimento di carità che caratterizzò il Medio Evo, numerose confraternite (della Madonna, delle Spirito Santo...), Ordini religiosi (Benedittini, Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme...) ed anche diocesi costruirono <ospedali> dislocati lungo la strada per accogliere i viandanti appartenenti alle classi povere e disagiate e alle quali le porte degli alberghi restavano chiuse. www.comune.saintrhemyenbosses.ao.it La Via Francigena, che costituiva il legame più diretto tra le regioni del Nord Europa e Roma, percorreva la Valle del Gran San Bernardo. Strada della Fede per gli innumerevoli pellegrini diretti a Roma ed in Terrasanta, essa rappresentava anche la via degli affari, collegando i centri finanziari della Pianura Padana e della Toscana con le città mercantili di Champagne e di Fiandra. L'intenso afflusso di pellegrini portò alla costruzione di ospizi lungo tutto l'itinerario, su iniziativa di ordini religiosi, monastici, cavallereschi e di singoli benefattori. Seguendo la traccia delle fondazioni di carattere ospitaliero, integrandola con i resti architettonici romani e medievali, è possibile stabilire il tracciato della Via Francigena, notando le diverse modifiche fatte nel corso dei secoli. Il percorso si snoda lungo il tracciato di vecchi canali d'irrigazione (i rus) e sentieri caratterizzati dalla presenza, nelle vicinanze, di costruzioni religiose: Chiese parrocchiali, Cappelle, Oratori, tutti collegati a mete religiose tradizionali della cultura locale. Le fondazioni ospitaliere hanno costituito la traccia principale della Via Francigena, tra queste il più celebre è senz'altro l'Ospizio del Gran San Bernardo. Verso l'anno Mille, secondo la tradizione, San Bernardo, arcidiacono di Aosta, dopo aver sconfitto i briganti che infestavano il territorio, fondò l'Ospizio in cima al Passo e lo dedicò a San Nicola, protettore dei viandanti e dei mercanti. Da allora i canonici dell'Ospizio assicurano "pane, letto e fuoco" ai pellegrini, ai viaggiatori che ne hanno necessità. Scendendo dal Colle, i pellegrini incontravano l'Ospedale di Fonteintes, con la sua cappella consacrata alla Madonna della Neve, fondato nel 1250 dal Vescovo di Aosta, Pierre d'Etroubles, e da suo fratello Nicolas - Richard dei Signori di Bosses. Alla fine del '700 venne utilizzato come alpeggio, per poi riprendere le sue funzioni di ospitalità nel 1844, quando vi fu aperta una locanda. Si arriva poi al borgo di Saint-Rhémy, dove si incontra un altro ospizio, con la cappella dedicata a San Maurizio, di cui, però, oggi, non si ha più traccia. L’epoca romana Roma iniziò ad interessarsi ai valichi alpini della Valle d‟Aosta a partire dal momento in cui si rese necessario individuare e controllare vie alternative di accesso alle regioni transalpine, in grado di assicurare un rapido e sicuro passaggio di truppe destinate a combattere nelle grandi campagne espansionistiche romane. Già Cesare tentò, senza successo, di sottomettere le tribù di Salassi che sopravvivevano nella zona del Gran San Bernardo grazie al brigantaggio, assalendo i viandanti o estorcendo denaro come pedaggio. Il luogotenente inviato dall‟Imperatore nel 57 a.C. nel Vallese per aprire la strada attraverso le Alpi fu attaccato e sconfitto nel suo accampamento di Octodurum (Martigny). Fu solo dopo la fondazione nel 43 a.C. di Lione, città che acquisì rapidamente una grande importanza divenendo il centro della Gallia, che si impose la necessità di trovare una seconda via di accesso alla nuova provincia, in alternativa al Monginevro. Trascorse quasi un secolo prima che l’Imperatore Claudio, il cui regno fu contrassegnato dalla ripresa delle ostilità sul Reno e dalla conquista della Bretagna, decidesse di trasformare il sentiero del colle in un‟autentica arteria di comunicazione per il passaggio di truppe e merci, in modo da facilitare il collegamento tra Roma e il teatro delle operazioni belliche. I lavori furono conclusi nel 47 d.C. e furono particolarmente imponenti; al valico i Romani eressero un tempio dedicato a Giove Pennino, protettore dei viandanti, al quale venivano offerte in voto tavolette bronzee e monete. Saint-Rhémy, denominata in epoca romana Eudracinum, divenne un‟importante mansio, un posto di sosta che aveva il compito di mantenere in efficienza e di controllare l‟arteria di traffico ai piedi della quale sorgeva; a differenza delle semplici stazioni di sosta, le mansiones coincidevano abitualmente con un vero e proprio centro abitato dove, oltre al cambio dei cavalli per il proseguimento del viaggio, sorgevano anche locande per un breve ristoro subito prima o immediatamente dopo il tratto più impegnativo del percorso, un mercato e dei laboratori per far fronte ad ogni necessità. Contestualmente allo sviluppo della mansio di Eudracinum, il periodo di prosperità garantito dalla cosiddetta pax romana consentì anche il sorgere di un altro fiorente insediamento nell‟area: la villa del romano Baucius,(Bosses) sita lungo i pendii soleggiati che si estendevano poco discosto dalla via principale e costituita dall‟abitazione del dominus, dagli alloggi dei coloni e dalle stalle degli animali. Con lo smembramento dell‟Impero Romano, dal VI al X secolo il territorio passò sotto varie dominazioni: dapprima gli Unni, poi i Burgundi, i Longobardi, i Carolingi e infine i Saraceni. Sembra che si debba proprio al passaggio del re burgundo Gontrano, figlio del re dei Franchi Clodoveo, battezzato nel 496 d.C. da San Remigio arcivescovo di Reims, se oggi il borgo di Saint-Rhémy porta il nome di questo santo. Il Medioevo Verso l‟anno Mille il piccolo centro di Saint-Rhémy vide il passaggio di un altro grande personaggio che incise profondamente nella storia di questi luoghi: San Bernardo di Mentone. La leggenda narra che il santo sarebbe salito in processione sino al passo per scacciare i Saraceni, fondandovi poi un ospizio quale ricovero per i viandanti. In realtà è probabile che l‟allora arcidiacono di Aosta fosse stato incaricato dalla regina di Borgogna di ristrutturare il precedente monastero di San Pietro sul Monte Giove per destinarlo a casa di ricovero, o xenodochio, per i viandanti sempre più numerosi. Pare che la costruzione, dedicata a San Nicola, fosse già ultimata verso il 1050; solo in un secondo momento, intorno al XIII secolo, dopo che Bernardo assurse alla gloria degli altari, l‟ospizio e la chiesa assunsero il suo nome, così come i monti e i relativi valichi del Grande e Piccolo San Bernardo. www.comune.etroubles.ao.it A cura di Enea Fiorentini - Aosta, febbraio 2008 Guide Francigene Regionali NOTIZIE SULLA “VIA FRANCIGENA” E SULLA STRADA ROMANA DELLE GALLIE IN VALLE D‟AOSTA Notizie su ospizi, ospedali, ricoveri nel tratto valdostano: L'intenso afflusso di pellegrini, la difficile conformazione geografica del territorio, la sua asprezza e altezza in quota, comportarono la costruzione di numerosi ospizi lungo l‟itinerario valdostano, su iniziativa di congregazioni religiose, di ordini monastico - cavallereschi e di singoli benefattori. L'attuale tracciato escursionistico, che varie organizzazioni private e istituzionali hanno riscoperto e proposto, non va inteso come ricostruzione puntuale del percorso originale, a causa delle numerose modificazioni subìte dai tracciati stradali in epoca moderna e contemporanea. Ma il segno inconfutabile del transito della "Strada delle Gallie" e poi della "Via Francigena" è dato, oltre che dai monumenti romani e medioevali osservabili lungo il percorso, dalle sedi e dalle costruzioni realizzate dalle fondazioni ospedaliere medievali che della "Via" furono la fondamentale ossatura. L'ospizio del Gran San Bernardo è il più antico e celebre. D'estate, moltitudini di persone salgono a questo colle per visitare il canile con i famosi cani e il Museo dell'Ospizio, e altrettante lo raggiungono per una sosta lungo il loro cammino francigeno. Un ospizio esisteva già nel VIII secolo a Bourg-Saint-Pierre, sul versante vallese (Svizzera), ma fu probabilmente distrutto dai Saraceni nel X secolo. Pochi decenni dopo, alla fine delle incursioni saracene, San Bernardo, arcidiacono di Aosta, dopo aver sconfitto i briganti che infestavano tutta la zona, fondò un nuovo ospizio proprio in cima al passo e lo intitolò a San Nicola, patrono dei viandanti e dei mercanti; ma nel secolo successivo, l‟ospizio gli fu dedicato così come l‟intera zona. Da allora i canonici del Mont-Joux (cioè posti a nuova guardia dell'antico colle "Mons Jovis" dei romani) assicurarono "letto, pane e fuoco" a milioni di pellegrini e viaggiatori, per secoli. La tradizione è viva ancora oggi e l'antica ospitalità dell'ospizio è assicurata per coloro che vi giungono a piedi o in mountain bike (segno dei nuovi tempi). Dopo il colle e poco sotto nella vallata in territorio italiano, il primo ricovero che i pellegrini della Via Francigena incontravano scendendo verso Aosta era l'ospedale di "Fonteintes" (de Fontibus Tinctis, come è indicato in diversi atti in latino), fondato verso il 1250 dal vescovo di Aosta Pierre d'Etroubles e da suo fratello Nicolas Richard di Vachéry d‟Etroubles, signori di Bosses. Fu ridotto ad alpeggio nel settecento e poi riacquistò funzioni d‟ospitalità a metà ottocento cambiando nome in “Cantine”, quando vi fu aperta una locanda. Ancora oggi una gentile signora dà ospitalità e vitto, su prenotazione. I pellegrini incontravano un altro ospizio a Saint-Rhémy (asilo di Sigerico), prima di raggiungere Saint-Oyen e la sua famosa "casa forte" di "Château Verdun", luogo di sosta attivo ancora oggi. Dall' XI secolo, questa “casa”, con i terreni adiacenti, è sempre stata al servizio dell'Ospizio del Gran San Bernardo, sia come sosta dei viandanti e ricovero dei muli sia come cascina per il rifornimento agro-alimentare dell'Ospizio stesso. Ristrutturato completamente, "Château Verdun" è oggi diventata una "Casa d‟Accoglienza" aperta a tutti, sempre gestita dai canonici del Gran San Bernardo. Anche il paese di Etroubles aveva il suo ospizio. Esso fu fondato dal nobile Jacques de La Tour, parroco del luogo, e rimase in funzione fino al XVIII secolo. Sul luogo dove sorgeva, fu in seguito costruita la casa dell'Abbé Veysendaz, nella quale Napoleone, valicato il colle del Gran San Bernardo, trascorse la notte del 20 maggio 1800. Proseguendo la discesa verso Aosta s‟incontra l'ospizio di "La Clusaz", oggi divenuto una locanda con ristorante. I pellegrini trovavano ancora ospitalità nell'ospizio e ospedale di "Saint-Jean-de- Rumeyran" (o di “Ru Meyran”), ormai alle porte di Aosta. E' da questo ospizio che i "marronniers" (le primitive guide alpine di qualche secolo fa) di Etroubles e di Saint-Rhémy prendevano in consegna i pellegrini, i loro bagagli e le loro cavalcature per la salita al colle. Questi prodi montanari, che facevano questo pericoloso mestiere per guadagnare qualche soldo, furono anche inquadrati nelle truppe alpine proprio per la loro abilità e conoscenza delle montagne e dei vari passaggi. Per molto tempo, essi ebbero il privilegio esclusivo di scortare i viaggiatori attraverso il Colle del Gran San Bernardo nei due versanti. Tre ospizi erano aperti anche ad Aosta, a disposizione dei pellegrini in transito, tra cui anche Sigerico, ma di questi ora non esiste traccia. Ad Aosta nel XII secolo, i Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme costruirono l'ospizio di Saint-Jean-de-la-Pierre insieme col già menzionato ospedale del Ru Meyran. Essi costruirono una cappella e un altro ospizio, sempre intitolato a Saint-Jean-de-la-Pierre, lungo la strada romana (scavata nella roccia, da cui sembra che derivi il nome dell'ospizio) tra Bard e Donnas. I ruderi della cappella e dell'ospizio sono ancora oggi visibili sul bordo di ciò che resta dell'antica strada romana. Altri ospizi esistevano lungo il tracciato della Via Francigena nella valle centrale della Dora Baltea, nei luoghi principali di sosta, a Quart-Villefranche, Nus, Châtillon, Verrès, Plout di Montjovet (asilo di Sigerico), Arnad, Hône, Bard, Donnas e Pont Saint-Martin. Il percorso principale attuale, dal Colle del G. S. Bernardo ad Aosta: Esso riguarda il primo tratto della Via Francigena in territorio italiano. Il cammino fino ad Aosta è facilitato dai cartelli posti in seguito al progetto escursionistico transfrontaliero TAM (Tour Aosta-Martigny), con un‟efficace segnaletica contrassegnata dal simbolo TAM. Grazie a questa segnaletica, molti escursionisti partono da Aosta (m 583 slm), oppure da Martigny (in Vallese Svizzera, m 461 slm) per percorrere, in 4 giorni di cammino, questo bellissimo itinerario che unisce paesi simili per cultura e lingua nei due versanti delle Alpi, sostando al Colle del Gran San Bernardo (m 2473 slm) a metà escursione, presso l'Ospizio, posto ai bordi del piccolo lago dove si specchiano le cime importanti di confine alcune delle quali sfiorano i 4000 m d'altezza (ma il Mont Grand Combin - 4314 m - non è molto distante da qui). Raggiunto il lato italiano del valico, si raggiunge la statua di San Bernardo, posta su un alto basamento, presso il "Plan de Jupiter" dove sono in corso gli scavi archeologici per riportare alla luce i resti dei templi dedicati a Giove e ad Apollo e le due grandi "mansiones", gli antichi grandi ricoveri d'epoca romana, costruiti proprio su un ripiano del colle. Proprio in questa zona, durante precedenti scavi, furono trovati preziosi reperti (busti in bronzo dorato, suppellettili e molte monete originali dei primi secoli d.C.). Dalla statua di San Bernardo si imbocca la “Strada romana delle Gallie”, di cui si vede ancora una parte del lastricato completamente scavato nella roccia. Si inizia la discesa seguendo i segnali gialli del TAM e, inizialmente, anche quelli del TDC (Tour des Combins - il giro tra Italia e Svizzera attorno al gruppo montuoso del Gran Combin) e si arriva alla località di "Fonteintes", attraversando due volte la statale n. 27. A "Fonteintes" esisteva un piccolo ospizio fondato nel 1258 da Nicolas Richard de Vachery d'Etroubles che funzionò fino alla fine del settecento. Caduto in rovina, nell'ottocento fu recuperato e divenne un'osteria denominata "La Cantine". Con lo stesso nome, oggi è presente una costruzione che offre accoglienza per vitto e alloggio. Una signora accoglie gli ospiti su prenotazione. Si scende per prati e pascoli, sulla sinistra orografica della valle, a mezzacosta, si transita proprio sopra l'imbocco della galleria autostradale e del tunnel del Gran San Bernardo e si prosegue passando vicino alla lapide che ricorda i lattonieri sorpresi e uccisi da una valanga mentre risalivano i sentieri verso il valico. Si continua a scendere senza difficoltà per sentiero, seguendo alcuni tornanti e svolte e raggiungendo infine il borgo di Saint-Rhémy, famoso per la produzione del famoso prosciutto: "Jambon de Bosses". Si supera il torrente su un ponte alla fine del paese e si prosegue sul percorso dell'Alta Via n.1 della Valle d'Aosta, fino a raggiungere la località Saint-Léonard, capoluogo del comune di Saint- Rhémy-en-Bosses. Si scende ancora per piccoli sentieri e si raggiunge la frazione di Cerisey con piccole case costruite in pietra e legno. Qui si prosegue, prima su una carrareccia e poi si segue il "Ru Neuf" (uno dei tanti piccoli canali artificiali della Valle d'Aosta creati per l'irrigazione dei campi con scarsità d‟acqua e di sorgenti), fino a raggiungere il paese di Saint-Oyen e la "Casa d'Accoglienza" di "Château Verdun", dove si fa sosta come gli antichi pellegrini. Poco più avanti s‟incontra il paese di Etroubles, che merita una visita sia per le vestigia antiche dei pellegrini sia per le moderne sculture (di famosi scultori locali e stranieri) poste in ogni angolo di strada del paese. Si attraversa il torrente Artanavaz e si prosegue sulla destra orografica della valle. Si transita nei pressi del piccolo cimitero dietro il quale c'e' il sentiero che scende verso Aosta. Prati a mezzacosta e boschi accompagnano il cammino fino a raggiungere la località di Echevennoz (possibilità di sosta e pernottamento presso un “dortoir” realizzato presso la cappella della zona e di cena in una trattoria locale). Il sentiero transita dietro l'antica cappella della frazione e poi imbocca un tratto pianeggiante, all'interno di una pineta, seguendo l'antico "Ru Neuf" lungo il suo percorso fino ad incontrare prima la località di "la Clusaz" e poi tutte le frazioni fino al capoluogo stesso di Gignod, raccolto attorno alla chiesa. Trascurando la statale n. 27, si attraversano piccole frazioni collocate sui pendii soleggiati della valle e si raggiunge la località di Variney, dove si ritrova la statale e l'asfalto. Si percorre un breve tratto di quest'ultima fino alla chiesetta di Ossan nei pressi del borgo di Signayes. Ormai si è arrivati nel territorio di Aosta. Ancora poche centinaia di metri e poi si sale alla frazione di Grand Signayes, verso la zona dei grandi vigneti della collina di Aosta. Da qui si scende rapidamente ad Aosta lungo tre differenti direttrici. La prima segue un ripido sentiero tra i vigneti; la seconda percorre, in discesa, la Via delle Betulle ed entrambe confluiscono in Via Edelweiss che termina alla rotonda dell'Ospedale Regionale, ad un passo dal centro storico di Aosta e dai luoghi di sosta. Una terza direttrice, adeguatamente segnalata, conduce i pellegrini direttamente alla Collegiata di Sant‟Orso, nella zona est di Aosta. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ L’accoglienza oggi – Mons. Jean-Marie LOVEY CRB, Prevosto Per il libro di Mariella CARPINELLO: “Bernardo di Aosta – Alle origini di una millenaria tradizione di accoglienza” Ed San Paolo - ISBN – 978-88-215-6745-2 Strano accostamento quello dei due termini “accoglienza” e “oggi”! L’accoglienza mi sembra piuttosto un valore tradizionale – per non dire sacro – che si è manifestato in tantissime correnti di pensiero religioso sin dalla notte dei tempi. È dunque la storia degli uomini, dei popoli, delle religioni che bisognerebbe interrogare per capire un po‟ meglio come si è forgiata una saggezza, una spiritualità dell‟accoglienza. L’oggi non ha durata. Posto tra ieri e domani, fa riferimento al solo momento presente. Da una parte, dunque, una lunga storia che non si finisce mai di ripercorrere e che si va perdendo a monte, e dall‟altra l‟istantaneità di ciò che sto vivendo; da una parte «il lungo fiume non sempre tranquillo» e, dall‟altra, l‟«hic et nunc». La tensione prodotta dall‟accostamento di questi due termini potrebbe offrire una buona chiave di comprensione del loro contenuto. L‟accoglienza non è una scoperta dei nostri giorni: la sua pratica risale alla notte dei tempi! Secondo i racconti della creazione, quando Dio contempla, giorno dopo giorno, il risultato della sua opera creatrice, ne accoglie il frutto con benevolenza. Meglio ancora, con stupore: «Dio vide che era cosa BUONA». E Dio non cesserà di ripeterlo ad ogni nuova “giornata”. «Dio vide che era cosa BUONA». Da questo primo racconto della creazione possiamo ricavare un bel messaggio, atto ad illustrare la pratica dell‟accoglienza oggi. Prima della messa a fuoco di una qualsiasi strategia, prima di ogni considerazione riguardo le cose “da fare”, il modo divino di accogliere ci invita anzitutto ad aprire gli occhi, a lasciarci abitare da un “a priori” positivo, a posare su tutte le creature lo sguardo compiacente di un Dio che contempla ciò che gli sta dinanzi. Alla sera di ogni giorno di creazione Dio contempla cose buone, ma al termine dell‟opera, quando si trova di fronte l‟uomo, allora «vide che 1 era cosa MOLTO buona» . Dato che sono persone coloro che si affidano al nostro ministero d‟accoglienza, certamente dovremo, almeno ogni tanto, convertire le nostre reazioni immediate, per renderci disponibili all‟incontro. Dovremo preparare un terreno di stupore nei nostri cuori e osare pensare in tutta sincerità: «È cosa buona il tuo essere qui»! Dato che la tua presenza è un bene, lo è in sé; e questo già basta. Superflue sarebbero altre giustificazioni. Ma inoltre è un bene per te, ospite “accolto” per un momento. E ancora è un bene 2 per me, ospite “accogliente” . Una presenza riconosciuta come un bene che va moltiplicandosi una volta, due volte, tre volte! Una trinità? «Bonum diffusivum sui», si diceva nei trattati di filosofia: il bene, per sua natura, tende ad espandersi. Eccoci proiettati nelle alte sfere della pura teologia. Chi compie un‟opera di accoglienza riproduce, talvolta a sua insaputa, il modo di comportarsi di Dio. Anche se il gesto si colloca al di fuori di ogni riferimento esplicito al divino, esprime qualcosa di importante di Dio stesso. «Tutto infatti è per voi, perché la 3 grazia, accresciuta a opera di molti, faccia abbondare l’inno di ringraziamento, per la gloria di Dio» . Dopo l‟invito ad un atteggiamento di stupore, condizione indispensabile per un‟accoglienza meglio qualificata, la tradizione giudeo-cristiana porrà l‟accento su altre componenti non meno importanti. Il gesto per eccellenza 4 dell‟ospitalità biblica dovrà essere compiuto anzitutto verso lo straniero. Il famoso episodio di Abramo che riceve alle Querce di Mamre tre uomini per i quali fa di tutto affinché possano rifocillarsi prima di proseguire la loro strada, ha trovato nella tradizione orientale la magnifica denominazione di “philoxénia di Abramo”. Abramo si fa dunque amico dello straniero, secondo l‟etimologia del termine philoxénia. Nel contesto culturale che è il nostro, conosciamo fin troppo bene che cos‟è la xénofobia: quella paura coscientemente alimentata nei confronti dello straniero che verrebbe a infrangere le nostre sicurezze! L‟esempio di Abramo ci proietta in un atteggiamento diametralmente opposto: offrire allo straniero (allo xénos) non la fobia di un cane braccato, ma l‟amicizia (la philia) alimentata dal desiderio di un incontro a lungo sperato. L‟ospite che muove i suoi passi all‟incontro deve aspettarsi la venuta dello straniero, affinché l‟ospite che arriva possa legittimamente aspettarsi di essere accolto. 1 Gen 1,31. «Que serais-je sans toi qui vins à ma rencontre. Que serais-je sans toi qu’un cœur au bois dormant, que cette heure arrêtée au cadran de la montre. Que serais-je sans toi que ce balbutiement. Che sarei senza di te che mi venisti incontro. Che sarei senza di te se non cuore assopito in un bosco, ora ferma sul quadrante dell’orologio. Che sarei senza di te se non confuso balbettio» (Aragon – nostra libera traduzione). 3 2Cor 4,15. 4 cf. Gen 18,1-8. 2 E questo semplicemente a titolo della comune umanità, indipendentemente da ogni considerazione di razza, età, sesso, livello culturale, appartenenza religiosa o ceto sociale. L‟autore della lettera agli Ebrei, dopo aver incoraggiato i suoi destinatari all‟amore (philia) fraterno, raccomanda di non dimenticare l‟ospitalità (philoxénia) 5 perché «alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli» . Oggi, all‟Ospizio del Gran San Bernardo, alcuni membri di una comunità canonicale assicurano una presenza di accoglienza tramandata dal loro fondatore, Bernardo di Aosta. Oggi, all‟Ospizio del Gran San Bernardo, è sempre lo stesso carisma che ancora trova la sua espressione, radicato com‟è nei mille anni di esistenza del rifugio e, ancor più lontano, nella lunga tradizione biblica. Oggi, all‟Ospizio del Gran San Bernardo, ci si potrebbe credere in quella «Galilea delle genti», crocevia di un inarrestabile andirivieni di una folla straordinariamente eterogenea. Appassionati di serene scarpinate o di impegnative ascensioni in montagna, sciatori, turisti alla ricerca del sole mediterraneo o di un po‟ di frescura alpina, giovani e meno giovani desiderosi di immergersi per qualche giorno nel silenzio, per meglio “emergere” da un mondo opprimente, pellegrini dell‟infinito sulla “via francigena” in direzione di Roma, persone sole alla ricerca di un po‟ di compagnia… A tutti costoro, incrociati nei corridoi dell‟Ospizio o sui sentieri di lunghe gite, il carisma bernardino dell‟accoglienza offre, ancor oggi, tutta la sua originalità. L‟incontro con parte della gente che approda quassù, sia d‟estate che d‟inverno, avviene per puro caso, 6 fortuitamante. Ma il caso non è forse il nome che Dio si dà quando vuol farsi discreto? A me sembra quindi importante riconoscere e rispettare la logica intrinseca del carisma dell‟accoglienza; solo così capiremo come esso possa benissimo conciliarsi con gli imprevisti della vita. Accade per questi incontri quel che avviene per i sentieri di montagna: è proprio ai crocevia che si gioca l‟essenziale. A prescindere dalle similitudini di attività, d‟interessi, di mete conseguite, è agli incroci degli itinerari che si allacciano le autentiche relazioni. Là dove i viandanti prendono il tempo di fermarsi per orientare la loro marcia, là vengono formulate le vere domande. I crocevia sono luoghi non solo di incontro, ma ancor più di riflessione, di revisione di vita, di recupero delle forze. Insomma luoghi di vita! E l‟Ospizio è proprio un crocevia per gli uomini del nostro tempo. I camminatori sanno che, al bivio delle lunghe gite, ci si ferma anche solo per avere il tempo di alzare la testa verso orizzonti insospettati. Ci si ferma per permettere al cuore di riprendere il suo ritmo; per meravigliarsi delle nuove prospettive che si aprono davanti; per realizzare che la vita sarà condizionata dalle scelte che stanno maturando. Sì, il crocevia ha talvolta il tremendo privilegio di suscitare delle domande; addirittura fino all‟angoscia di sbagliare. Se tale è il caso, cosa ne sarà del futuro? Cosa ne sarà del domani, o anche di tutta la vita? Chi non ha mai provato questa spaventosa vertigine? Sì, l‟Ospizio è un crocevia per gli uomini alla ricerca della verità, con le loro domande profonde, le inquietanti questioni del nostro tempo. Accogliere l‟altro al bivio della sua vita, nella sua ricerca di senso, aiutarlo – dato che ne formula la richiesta – ad orientarsi sulla sua strada, implica l‟eventualità di un margine di errore. Qui, come sui sentieri di montagna, la guida può, per conto suo, rischiare di smarrirsi, ma non può permettersi di fare altrettanto con coloro che accompagna. Essi già portano il gravoso peso della fatica quotidiana e certamente hanno vivo desiderio di sentirsi presto al riparo e di godere il meritato riposo! Tuttavia, ancor oggi, l‟Ospizio rimane un semplice crocevia sulle strade del Grande Viaggio della vita. Deve arrogarsi il “diritto di sbagliare”? Nei tempi biblici, Dio si è premunito contro questo margine di errore, mandando, ad ogni spostamento, un angelo davanti a sé, come pure davanti agli uomini per guidare i loro passi. È così che, nel corso dell‟ultimo millennio, molti di questi angeli hanno varcato anche il Colle del Gran San Bernardo, vigilando sui passanti con premurosa sollecitudine. Alcuni vi hanno addirittura eletto il proprio domicilio. Si possono vedere raffigurati sulle volte della chiesa. Si racconta anche che l‟angelo della montagna dica parole strane, talmente formidabili che, a un suo sussurro, tutte le cose diventano limpide come l‟acqua dei torrenti. A questa sorgente chiunque può rinfrescarsi, come all‟acqua dei ghiacciai. Lasciamoci trasportare in un volo leggero attraverso il cielo dell‟immaginario fin sulla volta della chiesa dell‟Ospizio! Là, tenendo lo sguardo fisso sulla chiave di volta, tentiamo di enumerare questi esseri straordinari. Sono una moltitudine a volteggiare con le ali spiegate al vento: quello dello Spirito. Compiono evoluzioni fuori dal tempo e forse persino fuori dallo spazio. L‟artista li ha dipinti per confermarli nella missione ricevuta fin dalle origini. 5 6 Eb 13,2. cf. Abbé Pierre. Occupano lo spazio del cielo e si occupano degli affari di lassù. Per loro e tra di loro, poiché sono in cielo, essi danzano, cantano, celebrano la vita che trabocca da tutte le parti. Per il Dio che intendono onorare, suonano ciascuno uno strumento, essendo tutti musicisti. È il giovane Mozart che li ispira? In ogni caso, tutti hanno una straordinaria agilità. È proprio così che ci appaiono, dal momento che hanno raggiunto la Cima per la quale sono stati creati. Se di tanto in tanto se ne allontanano, è per meglio svelare, a quelli che ancora sono in viaggio, la strada per giungervi; per indicare, ai crocevia dell‟esistenza, la direzione che deve prendere colui la cui vita è diventata un punto interrogativo…; per ricordarci soprattutto che essi continuano la loro missione appianando la strada ad ogni incontro. Se i confratelli dell‟Ospizio e i passanti hanno imparato a frequentarli nel corso dei secoli, è perché anche noi oggi possiamo considerarli membri della famiglia e portatori del carisma dell‟accoglienza. All‟origine, Dio li creò accompagnatori. Essi sono i santi patroni di coloro che anche oggi praticano lo stesso 7 mestiere nella media montagna. «Il mio angelo camminerà davanti a te» , aveva promesso Dio a Mosè affidandogli la missione di guida del suo popolo. Sempre fedele all‟intuizione delle origini, Dio manderà Raffaele, 8 il più fedele dei suoi ambasciatori, presso Tobia . Un tale accompagnatore non poteva far altro che portare a buon fine la missione affidatagli: condurre Tobia fino alla dimora di Sara destinata a diventare sua sposa, e procurargli la medicina per guarire il vecchio padre cieco. In seguito, questi accompagnatori sono diventati messaggeri, portatori di notizie. Di buone notizie. Le ali sono state date loro in aggiunta per renderli ancor più spediti. Le buone notizie non ammettono indugi: troppi uomini cadrebbero nello scoraggiamento. Le ali dicono inoltre che essi sono liberi dalla legge di gravità. E questo non è ancora il nostro caso! Affinché comprendiamo la loro funzione, Isaia profeta ci ha parlato di una sua visione, la più famosa di tutte: «Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato… Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: “Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della 9 sua gloria”» . Se i serafini che sono dei super-angeli hanno le ali, perché mai i semplici angeli non dovrebbero averne? Dalla loro posizione elevata, gli angeli della volta sembrano dirci: «A noi altri, abitanti dei cieli, le ali sono indispensabili per volare. Ma a voi, esseri umani, esse sono utili soprattutto per pregare. Non le ali che non possedete – dacché non appartengono alla natura umana – ma quelle che l‟uomo ha inventato per quelle altre meraviglie volanti, gli aerei». Infatti, da lassù, «il passeggero un tantino curioso, distaccato dalle sue riviste… ha l‟impressione di assistere ad ogni momento alla nascita miracolosa della terra, e cerca istintivamente qualcuno 10 con cui congratularsi”» . Per ultimo, quando un angelo – che è fatto per volare – scende dal cielo, gli capita talvolta di farlo per portare un messaggio di grande importanza! Ne discende per meglio ritornarvi: missione compiuta o missione in via di esecuzione. Ci sono molti angeli in cielo… ma non sono tutti e sempre visibili. Ciò che solitamente noi siamo in grado di percepire è il nostro universo materiale. Ma questo universo non è che un riflesso frammentario, parziale di un mondo molto più sottile, più vasto e di una densità spirituale molto più elevata. Anche lì, gli angeli fanno ancora la parte di intermediari. A forza di salire e di scendere, alla fine fanno sì che gli uomini giungano a comprendere il loro proprio mistero, quello del loro vero centro di gravità. Talora insegnano che il peso dell‟uomo è ciò che lo attira verso l‟Alto; talaltra rivelano che ognuno di noi è come un albero capovolto, le cui radici affondano nelle profondità dei cieli. Ecco perché l‟uomo è anche capace di produrre frutti belli e buoni! Hanno forse rubato questa intuizione a sant‟Agostino, che in modo comprensibile a tutti aveva detto: «Amor meus, pondus meum»? Oggi bisognerebbe tradurre: «Ciò che mi dona densità, gravità – e che mi spinge nell’alto dei cieli – è la carica del mio amore». Un‟ala per l‟amore di Dio e un‟altra per l‟amore del prossimo. 7 cf. Es 32,34. cf. Libro di Tobia. 9 Is 6,1-3. 10 André Frossard, L’Évangile selon Ravenne, p. 81 – nostra libera traduzione. 8 «Qui il Cristo è adorato e ristorato». Il motto dell’Ospizio procede dallo stesso slancio! Con queste due ali spiegate, ogni uomo può ormai staccarsi dalla pesantezza terrestre. Simile ad aerei che si affidano all‟aria e da essa sono sorretti, egli va incontro al mondo per il quale è stato creato. I piloti del soccorso alpino sanno per istinto tutto questo; essi illustrano in modo splendido la messa in atto del carisma bernardino. Infatti, mettersi in volo con condizioni atmosferiche non sempre favorevoli, ma semplicemente perché si sa che, da qualche parte, un fratello in umanità si trova in difficoltà e persino in grave pericolo, andare a portargli soccorso chiede di fondare la propria decisione non tanto sulla logica della ragione quanto sulla mancanza di riferimenti sicuri, su un vuoto apparente. Quando tutto sembra dire l‟opposto, il pilota sa che, se ci sono vite umane in attesa di un‟ala soccorritrice, bisogna andarci! Opporre un rifiuto sarebbe indegno della vocazione di un pilota. Percepisco un‟irriducibile affinità tra questi eroi e i nostri antenati del Gran San Bernardo i quali, giorno dopo giorno, si incamminavano, sovente a rischio della propria vita, sui due versanti della montagna, incontro ad eventuali passanti in difficoltà. E appena venivano a sapere con certezza che qualcuno si era messo in cammino, nulla li avrebbe trattenuti, né la nebbia, né la tempesta né l‟ignoto. Il loro gesto sarebbe stato una mano o un‟ala tesa al fratello sconosciuto. Siccome i mezzi di comunicazione erano molto ridotti, non sempre si sapeva se qualcuno si era realmente avventurato sui sentieri della montagna. Ma essi si incamminavano ugualmente, pur ignorando se avessero mai incontrato un viandante. Sovente infatti, non ne incontravano alcuno, ma almeno avevano la consolante certezza che nessuno si trovasse in pericolo mortale per la negligenza o l‟indifferenza delle sentinelle. Certo, solo l‟amore di Dio può motivare un simile atto di cieca fiducia in grado di attivare lo spiegamento totale della seconda ala. E questo gesto, tante volte, è stato ricompensato per l‟effettivo incontro di qualcuno – pellegrino, soldato, operaio, fuggiasco – che a stento riusciva forse a capacitarsi di essere stato salvato, grazie a quegli uomini che proprio della loro vita avevano fatto dono totale a Dio per gli altri. Questo risalire il corso della storia evocando la simbolica del carisma dell‟accoglienza, seguendo la rotta tracciata da ispirati precursori, vuol essere un semplice atto di memoria. Coltivare questo terreno dovrebbe permettere di esprimere gli accenti cordiali sempre attuali di una bellezza così antica. Infatti che altro abbiamo da fare che già non sia stato fatto? L‟accoglienza trascende le coordinate del tempo. Siamo noi che siamo circoscritti in un tempo e in un luogo. Le generazioni in vedetta che si susseguono sulla montagna estraggono 11 da questo tesoro cose nuove e cose antiche . Il saperci meravigliare della presenza degli altri ci colloca accanto a Dio nel giardino della creazione. Spiegare le ali della preghiera e del servizio – «Qui il Cristo è adorato e ristorato» – potrebbe ben portarci molto in alto, lassù dove si affaccendano gli angeli di Dio. Accogliere ogni passante, povero o ricco, del posto o di altrove, credente o non credente, giovane o vecchio, ammalato o in salute, ci riserverà gradite sorprese. Gli angeli sono così anonimi come i passanti di un giorno qualsiasi; hanno l‟arte di dissimularsi; non c‟è niente che riveli la loro vera identità, né che sono passati da quelle parti se non quella traccia di profumo sottile che si manifesterà in pienezza al termine del nostro pellegrinaggio: «Quando, Signore, ci è capitato di vederti… e di accoglierti?». Allora la divina risposta, scritta in passato nel coro della chiesa dell‟Ospizio, risuonerà nuovamente anche ai nostri orecchi: «Ogni volta che avete fatto queste 12 cose al più piccolo dei miei fratelli, l’avete fatto a ME» . Oggi, così come in passato, ci è possibile rivitalizzare il carisma dell‟accoglienza alla sorgente zampillante della Parola di Dio. La sua permanente freschezza sarà in grado di scuotere i letarghi, di superare le usure del tempo e di far riprendere con coraggio il cammino mai abbandonato del carisma originale. «Ci sarà da stupirsi che la Parola di Dio metta l‟uomo in cammino, se Dio stesso si presenta come un pellegrino, 13 un viandante alla mercé della nostra accoglienza?» . ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ------------------- 11 cf. Mt 13,52. cf. Mt 25,37-40. 13 R. Thétaz, in: Écritures ABC 3 (1989), p. 102. L’autore, canonico del Gran San Bernardo, perse la vita nei pressi dell’Ospizio l’8 marzo 1991; fu sepolto da una valanga, insieme a un gruppo di ragazzi che partecipavano a un ritiro spirituale. 12