quasi un fiammingo - collegio ballerini
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quasi un fiammingo - collegio ballerini
ANTONELLO DA MESSINA (1430 ca- 1479) “Vergine annunciata”, 1475; olio su tavola. 46x34 cm. Palermo, Galleria Nazionale della Sicilia (a sinistra). “Vergine annunciata”, 1473-74; olio su tavola. 42,5x32,8 cm. Monaco, Bayerische Staatsgemäldesammlungen. “QUASI UN FIAMMINGO” (GIORGIO VASARI) Relazione a cura di: ANDREA BERETTA, NICCOLO’ FALLARA, ANDREA SALA 1 BIOGRAFIA La vicenda biografica d'Antonello da Messina è stata oggetto, nel corso dei secoli, di ricostruzioni contraddittorie e talora fantasiose, per lo più a causa della scarsità di materiale documentario. Nato attorno al 1430 a Messina da Giovanni de Antonio e da Garita (verosimilmente Margherita), ricevette con ogni probabilità una prima educazione in patria: del resto il padre, essendo un "mazonus" - ovvero un artigiano specializzato in lavori di scultura, intarsio, intaglio e muratura -, doveva avere una certa dimestichezza con le questioni artistiche e ciò può aver favorito l'accostamento d'Antonello alla pittura. L'ambiente messinese era però piuttosto stagnante e Napoli, capitale del regno, internazionale e vivacissima dal punto di vista artistico-culturale (vi si trovavano, fra l'altro, opere catalane e provenzali, nonché capolavori nordici) era certamente la meta naturale per un giovane artista: è proprio qui infatti che, intorno al 1450, prende avvio la carriera di Antonello, con un apprendistato presso la bottega del pittore Colantonio, quotato copista di opere fiamminghe che era solito ricevere anche importanti commissioni; come quella, risalente agli anni Quaranta, di un polittico per la chiesa francescana di San Lorenzo, nelle cui parti laterali è forse possibile rintracciare il primo intervento del giovane pittore. Ben presto, l'artista messinese comincia a concentrarsi su alcuni temi che diverranno caratteristici della sua produzione: le varie redazioni della "Crocifissione", le meditazioni sul busto di Cristo, l'insistenza sul tema della Madonna, l'avvio di un'attraente galleria di ritratti, tutti virili e, purtroppo, anonimi, dato che ci hanno privato di importanti informazioni sui committenti del pittore. Al 1460 circa viene fatta risalire l'esecuzione della cosiddetta "Madonna Salting", di evidente ascendenza fiamminga, e le due tavolette di Reggio Calabria raffiguranti "Abramo servito dagli angeli" e "San Girolamo penitente", esposte presso il Museo Nazionale della Magna Grecia. La formazione d'Antonello si completa negli anni Sessanta con un viaggio a Roma, grazie al quale entra in contatto non solo con la monumentalità dell'arte classica, ma anche con l'umanesimo prospettico di Piero della Francesca e Beato Angelico. Tra il 1465 ed il 1470 realizza il "Salvator Mundi", la sua prima opera firmata e datata, e il 2 "Ritratto d'uomo" del Museo Mandralisca di Cefalù, in cui viene adottata la posizione a tre quarti, tipicamente fiamminga, che consente una più minuta analisi fisica e psicologica. Dopo il 1470 si segnala un ritorno in Sicilia, caratterizzato da dipinti di grandissima suggestione quali il "Polittico di San Gregorio" e l'"Annunciata" di Palermo. Nel 1475 Antonello raggiunge Venezia, ove viene in contatto con la pittura di Giovanni Bellini (i cui influssi sono evidenti nella "Pala di San Cassiano", realizzata tra il 1475 e il 1476), e, nel volgere di due anni, vi lascia opere fondamentali, come il "San Gerolamo nello studio", oggi conservato presso la National Gallery di Londra, l'"Ecce Homo" del Collegio Alberoni di Piacenza, la "Crocifissione" d'Anversa e il "San Sebastiano" di Dresda: dipinti assolutamente decisivi per consentire anche nella città lagunare la diffusione della "sintesi prospettica di forma e colore" che caratterizza l'Umanesimo italiano. Tornato nella città natale, Antonello muore pochi anni più tardi, nel 1479, due mesi dopo aver fatto testamento. “San Gerolamo nello studio”, ca 1474; olio su tavola, 46x36,5 cm. Londra, National Gallery 3 OPERE “RITRATTO D’UOMO” Data: 1475-1476 Tecnica: olio su tavola Dimensioni: 25,5 × 35,5 cm Ubicazione: National Gallery, Londra Descrizione e informazioni varie L'opera ritrae un uomo sconosciuto, di rango sociale medio-alto a giudicare dall'abbigliamento. La giubba in pelle lascia intravedere la camicia bianca, mentre in testa l'uomo tiene una berretta rossa di panno. La posa è di tre quarti, lo sfondo scuro e la rappresentazione essenziale derivano dai modelli fiamminghi, in particolare Petrus Christus che forse Antonello conobbe direttamente in Italia. La luce è radente ed illumina l'effige come se si affacciasse da una nicchia, facendo emergere gradualmente i lineamenti e le sensazioni del personaggio. L'uso dei colori ad olio permette poi un'acuta definizione della luce, con morbidissimi passaggi tonali, che riescono a restituire la diversa consistenza dei materiali. A differenza delle opere fiamminghe però Antonello impostò anche una salda impostazione volumetrica della figura, con semplificazioni dello stile "epidermico" dei fiamminghi che permette di concentrarsi su altri aspetti, quali il dato fisiognomico individuale e la componente psicologica. Un'analisi ai raggi “X” ha rivelato che gli occhi erano originariamente girati diversamente. Forse nella prima versione esisteva un parapetto dipinto da cui il personaggio si affacciava, poi tagliato via in epoca imprecisata. Alcuni hanno anche ipotizzato che l'opera possa essere un autoritratto. 4 “LA PALA DI SAN CASSIANO” Data: 1475-1476 Tecnica: olio su tavola Dimensioni: Pannello centrale 115 X 65 cm. Pannello sinistro 55,9 X 35 cm. Pannello destro 56,8 X 35,6 cm. Ubicazione: Kunsthistoriches Museum, Vienna Descrizione e informazioni varie La Pala di San Cassiano, come appare evidente anche a prima vista, è stata pesantemente decurtata. Ciò nonostante essa è una vera e propria pietra miliare non solo nel corpus Antonelliano, ma anche nella pittura del Quattrocento, sia per l’uso (fino ad allora piuttosto inusuale) dei colori ad olio che per l’innovativa composizione. La Pala fu commissionata dal patrizio Piero Bon ed eseguita da Antonello nell’arco di otto mesi circa, dall’agosto del 1475 all’aprile del 1476. L’opera, che in origine misurava circa 2,20 metri di larghezza per 3,0 metri d’altezza, è stata suddivisa in cinque frammenti nel corso del XVII secolo. Purtroppo due di questi frammenti sono andati perduti, mentre sono rimasti i tre che compongono la parte centrale. L’opera rappresenta una Sacra Conversazione, con la Madonna ed il Bambino in trono tra i Santi Nicola di Bari, Lucia, Orsola e Domenico; ad essi si aggiungevano altri quattro Santi, tra cui San Giorgio e San Sebastiano. La Madonna siede sull’alto seggio e porge al Bambino una manciata di ciliegie su palmo della mano, allusione al Sangue che Cristo verserà per l’umanità. La Pala di San Cassiano si distingue da altre eseguite in precedenza (ad esempio quella di G. Bellini), per il maggior respiro compositivo inserito in una sobria ambientazione architettonica; le figure dei Santi, disposte a semicerchio attorno all’alto seggio della Vergine, appaiono così con grande naturalezza. La novità più importante del dipinto è data dagli effetti creati dalla luce: i toni caldi del lume dorato inondano le figure e valorizzano i virtuosismi prospettici (come il volto della Vergine ed il libro con le tre palle d’oro retto da San Nicola) e le eccezionali trasparenze (come il bicchiere retto da Santa Lucia). 5 6 “RITRATTO D’UOMO” (MICHELE VIANELLO?)” Data: 1475-1476 Tecnica: olio su tavola di pioppo Dimensioni: 30 X 24 cm. Ubicazione: Galleria Borghese, Roma Descrizione e informazioni varie L’espressione intelligente e lo sguardo vivace del personaggio raffigurato costituiscono l’aspetto più coinvolgente dell’opera, considerata uno dei capolavori della fase matura di Antonello. La veste rossa ed il copricapo, tipici capi d’abbigliamento dei patrizi veneziani, permettono di restringere la datazione al biennio trascorso dall’artista nella laguna, dove la sua attività di ritrattista era particolarmente apprezzata. La tavola non è firmata, ma è probabile che Antonello abbia apposto il cartiglio col proprio nome direttamente sulla cornice. Il dipinto, originariamente attribuito al Bellini, venne restituito al pittore su basi stilistiche solo nel 1869. Questo ritratto è stato per lungo tempo identificato con quello di Michele Vianello; anche se le fonti non possono confermare con certezza questa ipotesi, essa va comunque ritenuta probabile. Lo stile del dipinto sembra accostabile a quello di altre opere degli anni ’70 e questo è comunque uno dei ritratti più suggestivi eseguiti dall’artista messinese, essendo ricco di dettagli che propongono allo spettatore il personaggio nella sua quotidianità: il viso solcato dalle rughe e le increspature delle labbra. Le striature scure del corpetto sono il risultato di un’antica pulitura con solventi a base di cloro che hanno causato il viraggio del colore da rosso a nero. Il recente restauro ha invece restituito una completa leggibilità alla superficie dove ora è possibile scorgere con chiarezza la foggia della cuffia nera indossata dall’uomo. Riassumendo, si tratta di una colta personalità riassunta con acuto senso del particolare e mirabile dono della sintesi. 7 “CROCIFISSIONE” Data: 1475 Tecnica: olio su tavola di tiglio Dimensioni: 59,7 × 42,5 cm Ubicazione: Koninklijk Museum voor Shone Kunsten, Anversa Descrizione e informazioni varie Vale la pena osservare questo dipinto, curato nei minimi dettagli. La letteratura critica ci consegna uno studio puntualissimo nel definire e spiegare i significati simbolici di animali e piante. L'opera è firmata e datata sul cartiglio che si trova su un'asse spezzata piantata in basso a sinistra. La croce di Gesù campeggia al centro della composizione, secondo le forme canoniche delle Crocifissioni, mentre ai lati si trovano i due ladroni crocifissi su alberacci tortuosi, che gli fanno assumere posizioni contorte in contrasto con la silente compostezza del Cristo. In primo piano si trovano i dolenti, Maria e San Giovanni, colti in un momento di preghiera e di composto dolore. Attorno ad essi si trovano numerosi dettagli simbolici, come i teschi, il gufo, le serpi, tutti oscuri presagi di morte. Lo sfondo è composto da un paesaggio con un lago che si perde in lontananza, popolato da numerosi animali e tracce della presenza umana, come le rovine di un edificio antico, un castello, delle mura abbandonate. Si tratta di richiami al mondo classico che all'epoca erano frequenti nelle rappresentazioni dell'Italia settentrionale, infatti nel 1475 Antonello si trovava a Venezia. Grandissima è la cura per i dettagli, dagli animali ai vermi che sbucano dai teschi. L’opera presenta un doppio punto di osservazione dato da disuguaglianze prospettiche. Molto evidente è il contrasto in questa opere di figure statiche e l’incredibile movimento dato dalla torsione ai due ladroni. Questa opera è stata sicuramente eseguita in un periodo nel quale il maestro aveva ormai raggiunto la piena maturità stilistica ed è anche possibile che sia intervenuto il figlio Jacobello, come si può soprattutto intuire per l’impoverimento della materia pittorica del fondo. 8 “RITRATTO D’UOMO” o “RITRATTO DI IGNOTO MARINAIO” Data: 1475-1476 Tecnica: olio su tavola Dimensioni: 31 × 24,5 cm Ubicazione: Museo Mandralisca, Cefalù Descrizione e informazioni varie L'opera ritrae un uomo sconosciuto, vestito secondo alcuni da marinaio dell'epoca e indossante una berretta nera. Roberto Longhi smentì questa attribuzione tradizionale, indicando piuttosto il ritratto di un barone o di un uomo facoltoso, ma la fama del dipinto, alimentata anche da saggi e romanzi, era tale per cui ancora oggi viene indicato come "il sorriso dell'ignoto marinaio". La posa è di tre quarti, lo sfondo scuro e la rappresentazione essenziale derivano dai modelli fiamminghi, in particolare Petrus Christus che forse Antonello conobbe direttamente in Italia. La gamma di colori usata è limitata a poche sfumature di bianco e nero su cui esalta il volto dell'effigiato, dall'incarnato rossiccio. Il sorriso enigmatico e lo sguardo rivolto allo spettatore sono tra i migliori esempi dell'arguzia ritrattistica di Antonello, capace di dare ai suoi personaggi una forte carica psicologica. La luce è radente ed illumina l'effige come se si affacciasse da una nicchia, facendo emergere gradualmente i lineamenti. L'uso dei colori ad olio permette poi un'acuta definizione della luce, con morbidissimi passaggi tonali, che riescono a restituire la diversa consistenza dei materiali. A differenza delle opere fiamminghe però Antonello utilizzò anche una salda impostazione volumetrica della figura, con semplificazioni dello stile "epidermico" dei fiamminghi, che gli permise di concentrarsi su altri aspetti, quali il dato fisiognomico individuale e la componente psicologica. 9 FONTI: “ANTONELLO DA MESSINA” di Gioacchino Barbera; Elemond Editori Associati; www.wikipedia.org; www.galleriaborghese.beniculturali.it; www.mostraantonellodamessina.it; www.appuntidarte.splinder.com; Grande Enciclopedia Universale Rizzoli Larousse. 10 11