L`ORIENTATORE AL LAVORO - Scuola Romana di Psicologia del

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L`ORIENTATORE AL LAVORO - Scuola Romana di Psicologia del
Scuola Romana di Psicologia del Lavoro e dell’Organizzazione
Master in “Esperto di sviluppo delle risorse umane
- Hr Specialist -”
L’ORIENTATORE AL LAVORO
Studente
Relatore
Stefano Franzese
Prof.ssa Silvia Ramirez
Anno accademico 2014 – 2015
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INDICE
L’orientatore al lavoro
Introduzione
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L’Orientamento professionale
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L’Orientatore: il profilo professionale
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Le attività svolte dall’orientatore in un centro di orientamento al lavoro
Le conoscenze dell’orientatore
Le capacità dell’orientatore
Gli atteggiamenti dell’orientatore
L’Orientatore: tra consulenza orientativa e supporto all’utente
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Il colloquio orientativo
Orientatore e sostegno nella ricerca attiva del lavoro
L’Orientatore nelle scuole superiori
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Le attività di orientamento nelle scuole: alcune idee
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Corso di specializzazione per “Diventare orientatori professionali”
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Conclusioni
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INTRODUZIONE
La presente tesina nasce dall’esigenza, tutta personale, di approfondire l’argomento
Orientamento professionale: dopo aver svolto un anno di tirocinio curriculare (tra il 2013 e il
2014) presso un Centro di Orientamento al Lavoro, ho avvertito la necessità di focalizzarmi
maggiormente su questa tematica - dal punto di vista teorico - per rafforzare la professionalità
acquisita durante la mia esperienza pratica.
In una società in cui si parla sempre più spesso di disoccupazione giovanile, dispersione
scolastica, licenziamenti e fallimenti di aziende è sempre più difficile trovare un lavoro,
figuriamoci se è pensabile o auspicabile - da parte dell’opinione pubblica - rintracciare il
“lavoro fatto su misura per sé”: eppure, dedicare del tempo alla conoscenza di se stessi (dei
propri punti di forza e delle proprie aree di miglioramento, delle proprie capacità, conoscenze
e dei propri interessi) è il fulcro da cui si dovrebbe partire (se si è inoccupati) o ripartire (se si
è disoccupati) per uscire dalla ormai notissima crisi. L’assunto sempre più classico
“Accontentiamoci di qualsiasi lavoro, c’è crisi, basta guadagnare!” è forse l’atteggiamento più
erroneo da avere in una situazione come questa: in una società in cui si fa fatica a trovare
un’occupazione, perché non si può - dunque - dedicare del tempo a individuare quella più
“giusta”, a fronte delle proprie competenze e dei propri sogni? Fare un lavoro che piace, che
soddisfa, che crea gratificazione è l’ingrediente alla base della produttività e della redditività
di un lavoratore : trovare un lavoro non è semplice, perderlo è invece sempre più facile. Ecco,
dunque, che entra in ballo l’orientamento scolastico - professionale.
Orientarsi significa rintracciare, quando si è confusi (o quando non lo si conosce affatto), il
percorso più adeguato: come il viaggiatore con la sua bussola cerca di capire in quale
direzione muoversi, l’utente dell’orientamento professionale ha come unica esigenza quella di
trovare il percorso scolastico o professionale più idoneo e in linea con le proprie
caratteristiche personali. Gli utenti dell’orientamento al lavoro sono differenti: giovani che,
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conclusa la scuola, non sanno quale percorso di studi universitario intraprendere; giovani che
non se la sentono di proseguire gli studi e non hanno minimamente idea di quale attività
lavorativa sia la più adeguata per loro (proprio perché, spesso, addirittura non conoscono le
differenti professioni, i diversi ruoli con le diverse mansioni ad essi collegati, i vantaggi e i
costi di intraprendere un percorso formativo - lavorativo piuttosto che un altro); adulti che si
ritrovano, con famiglia a carico, a doversi reinventare - dopo aver perso il proprio lavoro - e
non sanno come e da dove ripartire.
È l’orientatore l’esperto che cerca di dare un supporto a questi differenti casi sopra elencati:
tale professionista aiuta l’utente ad analizzarsi approfonditamente (prendere sempre più
consapevolezza delle proprie abilità, dei propri interessi, delle proprie paure, dei propri limiti,
dei propri punti di forza); questo insight guiderà la persona nel capire meglio quale percorso
intraprendere, poiché percepito quale quello più alla sua portata. L’orientatore al lavoro, il
vero protagonista di questa tesina, non è un veggente che riesce a capire - dal semplice uso di
strumenti quali colloquio ed eventuali test - quale è l’attività professionale ad hoc per lo
specifico utente: alla luce delle informazioni raccolte l’orientatore presenta al soggetto una
serie di alternative attentamente selezionate che ritiene per lui più idonee; sarà l’utente, infine,
a scegliere la “strada” che sente più sua. L’orientatore porta avanti un vero e proprio processo,
fatto di diversi incontri, durante i quali accompagna e supporta il soggetto nella sua ricerca: la
sua attività non si esaurisce nell’indicargli le differenti vie formative - professionali possibili;
una volta che la persona ha scelto la sua strada, quest’ultima è aiutata a individuare il piano di
azione più efficace per percorrerla e nella sua messa in atto.
Nella seguente tesina, cercherò di sintetizzare al meglio le competenze dell’ “orientatore
efficace” e le attività da esso svolte, mi focalizzerò sul colloquio di orientamento e sulla
centralità che l’utente preserva durante tutto il percorso; dal mio punto di vista, l’ orientatore
al lavoro ideale, è colui che non giudica mai le scelte dell’utente, lo sostiene, diviene per lui
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un vero e proprio punto di riferimento da contattare in caso di “smarrimento” assolvendo
quasi il ruolo di suo allenatore: durante il percorso aiuta l’utente a capire come ricercare al
meglio le informazioni, come utilizzare le conoscenze che ha di sé per effettuare scelte
professionali ponderate e sempre più efficaci, lo allena a scegliere tra varie alternative quella
più corretta, lo aiuta a riconoscere i propri limiti (individuando strategie per colmarli) ma
anche a non sottovalutare le proprie aree di forza. Gli incontri di orientamento, così concepiti,
diventano dunque “palestra” che rendono il soggetto in grado di affrontare -in futuro- le varie
transizioni che caratterizzeranno la propria vita; nulla può durare in eterno né il percorso di
orientamento, né un lavoro (anche se si è assunti a tempo indeterminato): ricapiterà di sicuro,
nel corso della vita, di doversi reinventare e dover nuovamente fare delle scelte professionali,
questa volta - però - da soli.
Nella seguente tesina, inoltre, dopo aver descritto minuziosamente i saperi - i saper fare e i
saper essere essenziali costituenti la professionalità dell’orientatore, ho focalizzato la mia
attenzione sull’ orientamento professionale all’interno degli istituti scolastici, e sul come le
iniziative ad esso annesse possano effettivamente aiutare i giovani studenti a prendere
decisioni vantaggiose e strategiche inerentemente la propria carriera futura. Ancora, il lavoro
si conclude con un breve report di un progetto formativo ideale - da me pensato - volto al
focalizzare le tematiche che, a mio avviso, dovrebbe perfettamente padroneggiare un
orientatore per svolgere al meglio le attività connesse al proprio ruolo. La presente tesina
nasce dalla mia necessità tutta personale di approfondire più dettagliatamente la tematica
dell’orientamento al lavoro (troppo poco trattata, a mio avviso, nei percorsi formativi
classici), cercando di individuare le eventuali opportunità che una tale disciplina potrebbe
offrire alla mia carriera (se decidessi di specializzarmi in questo ambito professionale).
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L’ORIENTAMENTO PROFESSIONALE
Intraprendere un percorso di orientamento significa iniziare, con consapevolezza, un processo
volto ad approfondire la conoscenza di se stessi (focalizzarsi sulle proprie caratteristiche
personali, soprattutto sulle proprie abilità e sui propri vincoli, sulle proprie potenzialità e sui
propri sogni - desideri); a questa fase fortemente introspettiva segue l’analisi dettagliata e
realistica del contesto formativo - occupazionale in cui ci si trova (prendere consapevolezza di
tutte le alternative che il mercato del lavoro mette a disposizione del soggetto, per formarsi e
realizzarsi come professionista). Le due fasi sopra descritte sono fortemente connesse: solo
una piena consapevolezza circa propri limiti, punti di forza e capacità in potenza può portare
l’utente dell’orientamento a individuare -tra i tanti possibili- l’obiettivo professionale che
sente più idoneo a sé, evitando - così - di cimentarsi in tentativi vani di intraprendere percorsi
professionali o corsi formativi che non soddisfano completamente o che conducono a pessime
performance (proprio perché, non idonei alle proprie capacità) (Parsons, 1909).
Ecco perché l’avviare un percorso di orientamento richiede un’ elevata motivazione e
disponibilità ad impegnarsi da parte dell’utente: spesso, nei centri di orientamento al lavoro,
possono richiedere un aiuto sia soggetti con una motivazione intrinseca (ossia, essi stessi,
sentono l’esigenza di trovare un lavoro adatto a sé o di uscire da una situazione di stallo
professionale in cui si trovano) sia soggetti con motivazione estrinseca (spesso i più giovani,
spronati dai genitori a reagire e a rintracciare la strada più idonea che sembra ormai persa).
Sostenere l’utente durante fasi delicate e critiche quali il passaggio dalla scuola ai contesti
lavorativi, consigliare corsi validi che consentano l’aggiornamento di soggetti in stato di
disoccupazione (aiutandoli a renderli maggiormente “spendibili” nel mercato del lavoro),
l’accompagnare gli utenti più fragili durante le fasi principali della ricerca lavorativa (es.
soggetti appartenenti alle categorie protette): questi sono tutti casi che spesso l’orientatore si
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trova a dover affrontare durante il suo lavoro e che possono essere classificati in alcune vere e
proprie macro funzioni specifiche dell’orientamento (Conferenza unificata, 2013).
1) Fornire informazioni orientative. Mettere a disposizione dell’utente, tramite bacheche
o spazi dedicati all’auto consultazione, tutte le informazioni utili per affrontare nel
migliore dei modi la sua scelta di un percorso formativo - professionale rispetto ad un
altro. Possedere indicazioni precise e dettagliate sulle diverse mansioni che richiede
l’esercizio di uno specifico ruolo lavorativo, avere chiare le competenze che permette
di acquisire un corso professionale (per specializzarsi in un particolare settore),
conoscere l’andamento del mercato del lavoro (quali le professioni più ricercate, quali
quelle che hanno meno sbocchi occupazionali): tutto questo, messo a disposizione
dell’utente, lo porta ad affrontare una progettazione più consapevole e cosciente del
proprio futuro, aiutandolo a scartare alcuni percorsi e a preferirne altri.
2) Fornire una consulenza orientativa. Accompagnare la persona, attraverso diversi
incontri, nell’individuazione di obiettivi formativi - professionali da realizzare che
siano adeguati alle proprie potenzialità, in linea con le proprie ambizioni, e redditizi
(alla luce di un’attenta analisi del mercato del lavoro in cui si trova in quel preciso
momento). Non si può, infatti, non ammettere che anche l’obiettivo scelto nel modo
più strategico possibile può non risultare necessariamente vincente: forte influenza
hanno sia le caratteristiche del contesto esterno al soggetto (es. specializzarsi in un
ambito adeguato per sé, ma che offre poche opportunità di impiego a causa delle
offerte di lavoro assenti), sia le caratteristiche dell’utente dell’orientamento (la sua età,
la maggiore o minore esperienza, il livello di istruzione sono tutti aspetti che
influenzano la sua impiegabilità nel mondo del lavoro). Sicuramente l’orientatore è
colui che tra le varie alternative possibili, ne filtra alcune e le presenta all’utente; la
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scelta dell’obiettivo è però appannaggio esclusivo dell’utente stesso. L’orientatore può
condividere, o meno, la scelta del soggetto di intraprendere un percorso professionale
piuttosto che un altro (e può cercare di farlo riflettere sull’eventuale errore che, dal suo
punto di vista sicuramente più esperto, sta commettendo). È essenziale, infatti,
ricordare che un obiettivo formativo - professionale che l’utente dell’orientamento non
sente totalmente suo, non ha alcun valore: questo lo porterebbe a non metterci
l’impegno e la motivazione sia nella progettazione del percorso d’azione, sia nella
messa in atto di questo (necessari per il suo conseguimento).
3) Educare all’auto-orientamento. L’obiettivo del percorso di orientamento non è
semplicemente quello di far in modo che il soggetto individui il lavoro più adeguato;
ulteriore funzione essenziale è quella di rendere il soggetto nuovamente protagonista
della propria vita, allenarlo a riprendere in mano il suo progetto esistenziale e a
riacquisire fiducia nelle proprie possibilità e nei suoi saper fare. In qualsiasi momento
della propria esistenza si ritroverà sicuramente, anche fuori dalla sede del colloquio di
orientamento, a dover prendere delle decisioni formative - professionali importanti per
la propria carriera. Il momento dell’orientamento diventa dunque una palestra che
offre l’opportunità di comprendere il quanto sia essenziale sviluppare una flessibilità
mentale (essere sempre disposti a modificare le proprie scelte, la direzione del proprio
percorso intrapreso, a reinventarsi a qualsiasi età) (D’Angiò, 2005). Rendere i soggetti
in grado di ricercarsi da soli le informazioni ed elaborarle in autonomia, di analizzare
costantemente le proprie esigenze (che nel corso della vita cambiano) definendo delle
priorità, di riconoscere le opportunità e non farsele sfuggire (pur facendo dei sacrifici);
soprattutto, allenare, la persona a proiettarsi -con la mente- nel proprio futuro,
cercando di anticipare quali i costi-benefici di determinate scelte, per prediligere
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sempre il percorso più idoneo da progettare e attuare. Queste sono le vere sfide che un
buon percorso di orientamento deve porsi.
4) Sostegno nella ricerca attiva del lavoro. Ultima funzione, non per importanza, è
l’accompagnamento vero e proprio che l’orientatore offre all’utente, aiutandolo a
mettere in opera gli obiettivi individuati: valutare insieme al soggetto delle strategie
vincenti per raggiungere i traguardi prefissatisi, cercando sempre di renderlo
autonomo, in grado di scegliere una strada piuttosto che un’altra. Sostenere la persona
nella creazione del proprio curriculum vitae, insegnargli le tecniche di ricerca del
lavoro, consigliargli un corso di formazione piuttosto che un altro, attivare tirocini per
i più giovani, divenire dei punti di riferimento da contattare in qualsiasi momento (in
caso di eventuali dubbi): queste sono le azioni che nel concreto possono realmente
aiutare la persona ad affrontare il percorso scelto per raggiungere la meta formativa professionale ambita, mantenendo la propria autonomia d’azione, sentendosi tuttavia
sicuri di fare delle scelte ponderate e vincenti.
Dalle quattro funzioni sopra elencate, ben si evince l’importanza che l’orientamento ha
assunto nella società odierna; ecco perché si parla sempre più di un vero e proprio diritto
all’orientamento lungo tutto l’arco della vita: questo significa che tutti i cittadini, anche quelli
che si trovano in una condizione di maggior svantaggio, devono essere messi nella condizione
di poter accedere (a qualsiasi età) a servizi di orientamento di elevata qualità -gratuitamente-;
questo perché dal benessere lavorativo (derivante dallo svolgere una professione fatta su
misura per sé) dipende in buona parte una vita più serena e felice.
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L’ORIENTATORE : IL PROFILO PROFESSIONALE
Il professionista per eccellenza dell’orientamento è l’orientatore; il suo compito è l’aiutare la
persona a trovare dentro di sé le risposte che cerca: partendo dall’analizzare meticolosamente
il suo problema formativo - professionale così come si manifesta e rendendo l’utente capace
di fare le sue scelte e di prendere delle decisioni mirate (Mucchielli, 1983). Sebbene questa
figura professionale al giorno d’oggi sia sempre più diffusa e importante (soprattutto per
quella parte di popolazione che ancora non ha chiaro l’iter lavorativo che vuole intraprendere)
tale professionista, in Italia, a livello giuridico sembra rivestire un ruolo marginale. Purtroppo,
a differenza di altre professioni, per coloro che vogliono diventare orientatori non è previsto
un percorso formativo prestabilito e riconosciuto quale valido a livello nazionale (come per
esempio, per lo psicologo, la laurea in Psicologia clinica o del lavoro); non esiste tantomeno
un albo degli orientatori. Lauree in psicologia, giurisprudenza, economia, scienze della
formazione, seguite da un master specifico in orientamento, sono tutte strade valide per
diventare orientatori: ciò che fa la differenza, è quindi, il fare tanta pratica. Solo le esperienze
concrete nei centri per l’impiego, nei centri di orientamento al lavoro, nelle agenzie interinali
e nelle associazioni che si occupano di orientamento permettono al soggetto di acquisire
quelle competenze ritenute essenziali per presidiare al meglio il ruolo dell’orientatore al
lavoro. In questo breve capitolo cercherò di elencare le conoscenze (i saperi), le capacità (i
saper fare) e gli atteggiamenti (i saper essere) imprescindibili che -a mio avviso- dovrebbe
padroneggiare al meglio l’esperto dell’orientamento: solo il possesso di queste permette di
assolvere in maniera ottimale le mansioni richieste da tale ruolo.
Le attività svolte dall’orientatore in un centro di orientamento al lavoro
La giornata tipica dell’orientatore, solitamente, inizia con l’aggiornare la bacheca di autoconsultazione inserendovi sia le nuove opportunità lavorative che potrebbero interessare
all’utenza del centro (con i relativi riferimenti per candidarsi e inviare il proprio curriculum),
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sia le nuove opportunità formative (gratuite o a pagamento) che consentono di aggiornarsi o
di acquisire una data professionalità. L’agenda dell’orientatore non è mai vuota: in essa sono
meticolosamente organizzati i vari incontri con i differenti utenti, solitamente della durata di
50-60 minuti, che si alterneranno nella sua giornata lavorativa. Nel giro di poche ore,
l’orientatore si trova così a prestare il proprio servizio ad utenti diversi, con svariate esigenze,
che richiedono l’esercizio di differenti attività.
Prendendo in considerazione il caso di un utente che si rivolge per la prima volta ad una
struttura di orientamento, l’iter seguito sarà il medesimo. Si parte con un colloquio di
accoglienza in cui l’orientatore al lavoro cerca di capire le motivazioni che hanno spinto
l’utente a richiedere il suo aiuto; alcuni soggetti hanno già le idee abbastanza chiare
(conoscono perfettamente l’obiettivo formativo - professionale che vogliono raggiungere) e
necessitano di alcuni consigli per meglio muoversi nel mercato del lavoro. In tal caso,
l’orientatore, aiuterà l’utente nella stesura di un curriculum vitae che sia accattivante e che
descriva al meglio nel dettaglio tutte le principali mansioni svolte nelle sue esperienze
lavorative precedenti; istruirà il soggetto sulle principali tecniche vincenti per la ricerca del
lavoro (quali siti utilizzare, quali eventuali riviste acquistare, come scrivere una lettera di
autocandidatura). L’orientatore, inoltre, potrà ritenere utile il fissare degli incontri settimanali
con l’utente per sostenerlo -in un primo periodo- nell’esaminare insieme gli annunci lavorativi
presenti sui differenti portali e per consigliargli le strade migliori da intraprendere per
raggiungere gli obiettivi ambiti.
Altri utenti, invece, possono richiedere il sostegno dell’orientatore poiché sentono, o meglio
credono, di non avere interessi e di non conoscere l’ambito lavorativo più idoneo per loro: si
trovano in una fase di stallo, difficile da superare da soli, una sorta di assenza di progettualità
che li immobilizza e non permette loro di prendere decisioni valide. In tal caso il percorso che
intraprenderà l’orientatore sarà molto più complesso: tramite dei colloqui orientativi, spesso
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settimanali e della durata di un’ora, aiuterà la persona sia a prendere consapevolezza circa i
propri interessi e i propri saperi e saper fare, sia la supporterà nell’approfondimento di tutte le
possibili alternative formative - professionali, per poi giungere -non senza fatica- a scegliere
quella che sente più sua.
Da questo breve excursus, ben si evince come l’orientatore è -e deve necessariamente essereun professionista dai poliedrici interessi e dalle molteplici conoscenze e capacità, che sappia
con i suoi “saper essere” sostenere nel modo più opportuno la persona che richiede il suo
aiuto.
Le conoscenze dell’orientatore
Una delle molte conoscenze, oserei dire indispensabile, che deve possedere un orientatore è
quella relativa al mercato del lavoro: spesso egli rappresenta un ponte tra gli utenti e la realtà
lavorativa vera e propria; i sogni e le aspirazioni devono fare i conti con le opportunità di
impiego che una data scelta professionale può effettivamente dare al soggetto. L’orientatore,
dunque, deve avere una dettagliata conoscenza inerente ai titoli di studio maggiormente
spendibili (quale laurea o quale qualifica), a quali professioni sono più o meno richieste (es.
quelle emergenti, ancora poco conosciute, che permettono di trovare più facilmente un
impiego). Conoscere il mercato del lavoro significa anche conoscere le regole che ne
regolamentano il suo funzionamento: quanti e quali tipi di contratto esistono, le norme
inerenti l’assunzione di determinate fasce di lavoratori (es. sgravi fiscali alle aziende per
l’inserimento di categorie protette), le differenti procedure di assunzione (es. iscrizione al
centro per l’impiego, in quali particolari casi si conserva lo stato di disoccupazione), diritti e
doveri dei lavoratori e dei datori di lavoro. Nel mercato del lavoro un ruolo essenziale è
rivestito dal sistema formativo; è utile che l’orientatore conosca le differenze che intercorrono
tra il sistema scolastico italiano e quello degli altri paesi (es. l’High school in America
racchiude tutte le differenti tipologie di scuola superiore italiana: lo studente non deve
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effettuare la scelta tra liceo scientifico - classico - ragioneria; allo studente è semplicemente
richiesto di scegliere i corsi che desidera seguire).
L’orientatore al lavoro, inoltre, deve conoscere tutti i profili professionali possibili, o
quantomeno quelli più diffusi e richiesti : deve essere informato sul percorso di studi da
intraprendere per ricoprire un dato profilo, sulle mansioni previste, sugli scenari di carriera
possibili, sui vari ambiti lavorativi in cui ciascun profilo professionale può spendere la propria
esperienza, sulle competenze specifiche che il dato ruolo richiede. Queste nozioni sono
essenziali: l’utente, spesso, deve essere messo nella condizione di avere tutti i dati a sua
disposizione per comprendere se il percorso professionale che vuole intraprendere è idoneo a
sé, alle proprie ambizioni (anche in termini di retribuzione), alle proprie capacità e limiti.
Ulteriori conoscenze che deve possedere l’orientatore sono quelle di natura psicologica: è
fondamentale riuscire a individuare, alla luce del detto o dei comportamenti mostrati dagli
utenti in sede di colloquio, eventuali segni riconducibili ad un malessere psichico. Spesso, può
essere proprio questo disagio a bloccare la persona nella fase di stallo formativo professionale in cui si trova; l’orientatore in questo caso, con tatto, deve consigliare all’utente
di rivolgersi ad un professionista per intraprendere un percorso che lo aiuterà sicuramente
(assieme ai colloqui orientativi) a migliorare la propria condizione attuale.
Le capacità dell’orientatore
Se le conoscenze si acquisiscono prevalentemente nell’iter formativo (master, corsi specifici,
percorso universitario), le capacità si assimilano meglio e primariamente durante le esperienze
concrete: solo l’esercizio pratico, in un primo momento in affiancamento ad un tutor (magari
con l’attivazione di un tirocinio), può dotare il soggetto di quei “saper fare” fondamentali per
svolgere nel migliore dei modi il ruolo dell’orientatore. Una delle capacità basilari del bravo
orientatore è indubbiamente il saper condurre con professionalità il colloquio orientativo.
L’esperto dell’orientamento deve essere in grado di interpretare e comprendere, dal detto e dal
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non detto dell’utente, i suoi “fabbisogni orientativi”: cosa l’ha spinto a richiedere il proprio
aiuto? Quali sono le aspettative, realistiche o meno, che il soggetto nutre nei confronti di tal
percorso intrapreso? È importante far capire all’utente che l’orientamento è un percorso che
sostiene nella ricerca del lavoro, non che offre lavoro né tantomeno è il capro espiatorio da
considerarsi responsabile in caso di proposte professionali non ricevute. L’orientatore nel
corso del colloquio deve essere capace di porre le domande in modo chiaro, puntuale e non
fraintendibile: il linguaggio usato deve essere proporzionato all’utente con cui ci si trova a
relazionarsi; una delle capacità deve essere proprio quella di adeguare il proprio lessico
all’interlocutore, tenendo conto della sua età e del suo livello culturale (la comunicazione, in
qualsiasi contesto, risulta efficace solo se entrambe le parti riescono a comprendere i rispettivi
messaggi inviati). Le domande rivolte all’utente richiedono anche l’abilità di superare le sue
eventuali difese psicologiche: per esempio, il suo rifiuto di ammettere l’esistenza di una
problematica (es. fisica, familiare) dolorosa ma che esiste e lo blocca nello stallo in cui si
trova e dal quale non riesce ad uscire. Ogni colloquio ha una precisa durata (50-60 minuti):
ulteriore capacità dell’orientatore è il saper gestire adeguatamente il tempo, che è breve e
prezioso. In ogni incontro l’utente raggiungerà un piccolo traguardo di quel percorso che lo
condurrà verso la meta formativa - professionale ambita, senza però dimenticare quanto
emerso e conquistato nei colloqui precedenti: altra capacità dell’orientatore, a tal proposito,
deve essere quella di riformulare e riassumere i contenuti espressi dall’utente -magari in modo
caotico- nelle fasi precedenti, riorganizzandoli in una sintesi coerente e strutturata. Ancora, l’
orientatore efficace deve possedere un ottimo orientamento al risultato (spronare l’utente a far
confluire le proprie energie e i propri sforzi nella giusta direzione, seguendo il percorso più
adeguato al raggiungimento dell’obiettivo prefissatosi); strettamente legata a quest’ultima
capacità ce n’è un’altra, la sensibilità ai rischi (l’essere in grado di riconoscere e prevedere i
potenziali rischi che una data scelta - non adeguata al soggetto stesso - determinerebbe).
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Ancora, l’orientatore deve saper utilizzare i principali sistemi informatici e deve saper
elaborare un curriculum valido e accattivante (aiutando il soggetto a trasferire su carta la sua
professionalità, cercando di catturare l’attenzione dei recruiters); ultima capacità dell’esperto
dell’orientamento, non per importanza, è il sapersi creare e coltivare una fitta rete di contatti
(per aiutare al meglio l’utente, l’orientatore deve essere costantemente in contatto con
differenti professionisti: i responsabili delle agenzie interinali, gli operatori dei centri per
l’impiego che si occupano della preselezione, gli assistenti sociali).
Gli atteggiamenti dell’orientatore
L’orientatore, come ho già più volte specificato nei paragrafi precedenti è un professionista; la
professionalità non è data solo dalla competenza tecnica (saperi e saper fare che ho fin qui
elencato), ma anche dalla maturità psicologica: tutto questo conferisce al soggetto autonomia
nelle scelte professionali e rispettabilità (l’altro, che richiede il supporto, ripone la sua fiducia
nell’esperto). Il rapporto orientatore - utente per essere “produttivo” deve necessariamente
fondarsi sulla fiducia: l’utente deve avvertire che si è rivolto ad un professionista che è
realmente in grado di guidarlo, con i suoi consigli, nelle scelte migliori. Ovviamente la fiducia
si costruisce; l’utente si affiderà totalmente al professionista dell’orientamento solo se
percepirà in lui un reale interesse nei confronti della sua storia e delle sue esperienze
professionali precedenti, una disponibilità totale al sostegno, un’assenza di giudizi (l’utente
può ricevere dall’orientatore dei suggerimenti, ma ogni sua scelta -poiché riguardante la
propria vita- sarà rispettata). L’orientatore, inoltre, deve sapersi porre con un atteggiamento di
empatia: cercare di comprendere il mondo interno del soggetto, i suoi successi, i suoi incidenti
di percorso, le sue aspirazioni; questo con l’accortezza di non farsi assolutamente coinvolgere
dalle emozioni, specie se negative. A tal proposito, l’orientatore deve porsi nei vari incontri
con un’ elevata tolleranza nei confronti della frustrazione: l’utente può arrivare a riversare su
di lui la rabbia e l’angoscia derivante dal non riuscire a trovare un impiego.
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Scheda riassuntiva “Profilo di ruolo dell’Orientatore”.
FINALITA’
Sostenere con professionalità l’utente nell’individuazione del percorso di studi o lavorativo a
sé più idoneo, o durante le fasi di transizione - ricollocazione professionale.
ATTIVITA’
Condurre colloqui d’accoglienza volti a rilevare i fabbisogni orientativi degli utenti.
Condurre colloqui di orientamento.
Fornire informazioni orientative e aggiornare gli spazi di auto consultazione.
Sostenere l’utente nella creazione del proprio curriculum vitae.
Sostenere l’utente nella ricerca attiva del lavoro.
CONOSCENZE TECNICO PROFESSIONALI
Ottime conoscenze inerenti il funzionamento del mercato del lavoro con le sue leggi.
Ottime conoscenze inerenti i principali profili professionali.
Ottime conoscenze delle tecniche di conduzione dei colloqui di orientamento.
Distinte conoscenze inerenti la Psicologia del lavoro con particolare attenzione alla selezione
del personale.
Distinta conoscenza del computer, degli applicativi office e dell’internet.
COMPETENZE
CAPACITÀ
COMPETENZA COGNITIVA Problem solving complesso
COMPETENZA
GESTIONALE
COMPETENZA
RELAZIONALE
LIVELLO
5
Problem solving operativo
4
Iniziativa
4
Accuratezza e qualità
4
Flessibilità
4
Decisionalità
3
Tensione al risultato
5
Organizzazione
4
Senso delle opportunità e sensibilità ai
rischi
Comunicazione
4
Orientamento al cliente
Gestione risorse umane e leadership
5
Stabilità emotiva
4
5
3
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L’ORIENTATORE : TRA CONSULENZA ORIENTATIVA E SUPPORTO
ALL’UTENTE
Frank Parsons, pioniere del moderno orientamento professionale, riteneva che ogni soggetto
fosse dotato di specifiche qualità (motivazioni, conoscenze, capacità, interessi, tratti di
personalità) e che ogni ruolo professionale - per essere presidiato al meglio - richiedesse al
lavoratore delle particolari e specifiche caratteristiche personali. L’assunto appena enunciato
sottolinea - da un lato - come sia essenziale per un datore di lavoro ricercare il lavoratore
“idoneo” per svolgere determinate mansioni (che con le sue perfomance rappresenti
nell’effettivo un valore aggiunto per l’intera azienda); dall’altro, però, sottolinea come è
opportuno anche per il lavoratore stesso l’ambire a ricoprire il ruolo più adatto a sé e alle
proprie doti (innate o acquisite che siano). È in questo frangente che si inserisce il colloquio
orientativo, lo strumento cardine dell’orientamento professionale; tramite esso si crea una
relazione altamente professionale tra orientatore e utente che -nel corso dei vari incontripermette al soggetto di approfondire la conoscenza delle proprie caratteristiche (essenziale e
imprescindibile per effettuare qualsiasi scelta di vita). L’orientatore diviene un vero e proprio
facilitatore che, con le sue domande e con il suo supporto, sostiene la persona in tale fase
altamente delicata e cruciale della sua carriera: nessuna persona può definire per un’altra il
lavoro che dovrebbe intraprendere, ma è possibile aiutarla affinché sviluppi nei confronti del
problema che si trova ad affrontare un approccio diverso e più strategico, che possa condurlo
a scegliere la strada formativa - professionale più giusta per sé (Parsons, 1909). I vari
colloqui, di cui consta un percorso di orientamento, portano l’utente a focalizzarsi su aspetti
della propria carriera -anche passata- che lo aiutano a prendere maggiore coscienza del suo
percorso precedentemente intrapreso e delle sue peculiarità personali che gli hanno permesso
di raggiungere i suoi vari “traguardi”; nello stesso tempo -però- consente l’affiorare nel
soggetto della consapevolezza di carriera (ossia la capacità di progettare volta per volta il
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proprio percorso lavorativo, fissandosi degli obiettivi a medio e lungo termine). Il colloquio
orientativo, grazie alla professionalità dell’orientatore, diviene per l’utente non solo momento
di alta introspezione ma anche palestra in cui sviluppare fiducia nelle proprie capacità di
realizzare gli obiettivi formativi - professionali prefissatisi, rafforzando quella che Albert
Bandura definiva autoefficacia percepita. L’autoefficacia percepita è la convinzione di un
soggetto circa la propria capacità di conseguire specifiche prestazioni desiderate (nel caso
dell’orientamento, raggiungere l’obiettivo lavorativo che ci si è imposti): essa influenza la
scelta delle attività in cui la persona decide di cimentarsi, la tenacia e l’impegno che ci mette
nel percorso volto al raggiungere le proprie mete desiderate (superando anche eventuali
difficoltà e ostacoli). L’utente dell’orientamento, dunque, svilupperà un interesse per quelle
attività professionali nei confronti delle quali ritiene di possedere le competenze adeguate per
controllarle e per svolgerle al meglio: ecco perché il colloquio orientativo è essenziale.
L’orientatore può aiutare il soggetto a conoscersi ma anche ad incrementare la propria
autoefficacia percepita tramite la persuasione: è necessario che l’utente si convinca circa la
sua possibilità di riuscita mediante il riconoscimento dei propri punti di forza, dei propri limiti
(su cui è possibile lavorarci per stemperarli) ed un’attenta analisi del contesto esterno (il
mercato del lavoro) (Guichard, Huteau, 2003).
Il colloquio orientativo
Il colloquio orientativo è un processo altamente interattivo che avviene tra orientatore e utente
in un determinato tempo prestabilito (solitamente 50-60 minuti), in un luogo specifico, volto a
determinare un processo di conoscenza: permettere all’utente di conoscere meglio il mercato
delle professioni e sviluppare un elevato insight, che gli consenta di avere un quadro
dettagliato sul suo atteggiamento nei confronti del lavoro, sulle proprie caratteristiche di
personalità, su eventuali successi e fallimenti precedenti di carriera (e sui motivi alla base di
questi, arrivando addirittura a pensare strategie per cambiare). Spesso in un centro di
18
orientamento al lavoro richiedono il supporto, come ho già più volte ribadito nei capitoli
precedenti, utenti che vorrebbero rintracciare la professione più giusta per loro: nei colloqui di
orientamento, in tal caso, viene svolto un vero e proprio bilancio orientativo. Avviene, in
pratica, un’identificazione (che emerge dall’utente stesso) di tutte quelle sue predisposizioni e
di quelle doti acquisite che gli consentirà di rintracciare - progettare e mettere in atto un
percorso professionale o formativo “su misura”: identificare, cioè, quel ruolo che -alla luce
delle proprie caratteristiche personali- sarebbe svolto al meglio, con motivazione e
soddisfazione. Il percorso di orientamento, avvalendosi del colloquio, consta di differenti fasi.
-
a) Identificazione delle peculiarità rilevanti dell’utente.
-
b) Analisi delle figure professionali e delle possibilità formativo - lavorative idonee
(per le caratteristiche personali individuate).
-
c) Scelta, da parte dell’utente, degli obiettivi formativi/professionali (il lavoro che la
persona vorrebbe svolgere o il corso che vorrebbe frequentare) e progettazione di un
piano d’azione mirato.
-
d) Accompagnare l’utente durante l’attuazione del piano d’azione scelto.
a) La prima fase del percorso di consulenza orientativa è volta a fare emergere informazioni
sulla vita dell’utente (che saranno utili all’orientatore per supportarlo e per restituirgli un
consiglio adeguato), ma anche a migliorare la conoscenza che l’utente ha di se stesso
(arrivando così al pieno riconoscimento delle proprie peculiarità possedute). Durante questi
primi colloqui ci si focalizza sui percorsi formativi e professionali passati, sugli eventi di vita
e sull’analisi della situazione attuale; questo consente di inquadrare aspetti essenziali
dell’utente: il suo tipo di motivazione al lavoro (es. alcune persone tramite il lavoro vogliono
arricchirsi, altre rintracciano nella propria professione un momento socializzante in cui potersi
relazionare con i colleghi, altri ancora desiderano far carriera nel proprio contesto lavorativo e
ottenere maggior potere) (Soresi, Nota, 2007). Ancora, ci si concentra sugli eventuali interessi
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professionali dell’utente (es. trovare un lavoro che consenta di aiutare il prossimo), sulle
conoscenze tecniche (es. il conoscere gli aspetti essenziali della contabilità), sulle capacità
professionali (es. saper usare bene il computer o particolari sistemi operativi), sulle capacità
trasversali (es. il saper comunicare efficacemente, il gestire adeguatamente il proprio tempo).
È naturale che l’avere tutte queste informazioni a propria disposizione aiuta l’utente ad
effettuare una scelta, circa il proprio futuro professionale, maggiormente consapevole e
adeguata: per ottenerle, l’orientatore, deve spronare il soggetto ad analizzare meticolosamente
vari aspetti della propria vita presente e passata; solo in questo modo potrà poi pensare al suo
futuro. Con gli utenti più giovani è essenziale approfondire il proprio percorso di studi
precedente: cosa li ha spinti a scegliere quel determinato corso, l’eventuale coinvolgimento
nei confronti di determinate materie o tematiche, il rapporto con i docenti e i propri compagni
d’aula, il proprio modo di affrontare gli ostacoli o di portare avanti la realizzazione di un
progetto, gli esiti positivi e i fallimenti in determinati compiti (cercando di comprenderne
anche le cause). Da questa analisi minuziosa l’utente giovane giunge a riflettere su aspetti
quali: la sua capacità di lavorare in gruppo e di assolvere al ruolo di leader di questo, il
proprio orientamento al risultato, l’interesse per determinati rami formativi specifici (che
potrebbe comportare la scelta di una data professione). Con gli utenti adulti, invece, è bene
che l’orientatore concentri il colloquio su aspetti inerenti le proprie esperienze professionali
passate: le mansioni svolte con le relative specifiche capacità tecnico professionali, le
modalità di superare eventuali eventi critici presentatisi nella propria giornata lavorativa, il
rapporto con i colleghi e con i capi, i traguardi raggiunti con successo (aiuta a riflettere sulle
capacità, che ne hanno reso possibile il perseguimento, che potrebbero essere usate in contesti
lavorativi differenti) e gli insuccessi sperimentati (cercando di capire le cause di questi e
individuare quali competenze dovrebbero essere eventualmente rafforzate in futuro).
Essenziale è anche l’analisi della situazione attuale dell’utente: eventuali problematiche
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(personali o familiari) che possono frenare la propria carriera professionale, gli hobbies del
tempo libero (forniscono dettagli sugli interessi e le capacità che potrebbero trovare un
impiego all’interno di un lavoro) e i desideri circa il proprio futuro (cosa ci si aspetta, quali
caratteristiche dovrebbe avere il lavoro dei propri sogni) (Mancinelli, 2007). Uno degli
esercizi migliori che invitano l’utente a proiettarsi completamente nel futuro è il “Parlo di me
tra 5 anni”. Il soggetto deve immaginare che a partire da quel momento tutto nella sua vita
seguirà un corso ottimale, tanto da soddisfare ogni suo desiderio e aspirazione: deve, dunque,
immaginare la propria vita a distanza di 5 anni, cercando di descriverla minuziosamente.
Questa fase è essenziale perché, quanto più si riesce a mentalizzare in modo nitido
l’immagine del futuro che si desidera, tanto più risulta semplice rintracciare le strategie più
corrette per raggiungere la meta ambita.
b) Nella seconda fase del percorso di consulenza orientativa l’utente ormai ha più chiaro il
cosa cerca in una professione, poiché ha preso maggiormente coscienza delle proprie
preferenze, dei propri interessi, delle ambizioni, dei desideri: tutto ciò semplicemente
riflettendo sul quanto già vissuto in precedenza. Insieme all’orientatore, l’utente intraprenderà
un percorso volto ad analizzare i ruoli professionali che sono più affini e idonei alle proprie
caratteristiche personali, andando a concentrarsi -per ciascuno di essi- sul percorso di studi da
intraprendere per ricoprire il dato profilo, sulle mansioni previste, sugli scenari di carriera
possibili, sui vari ambiti lavorativi in cui ciascun profilo professionale può spendere la propria
esperienza, sulle competenze specifiche che il dato ruolo richiede. È in questa fase che il
colloquio diviene realmente orientativo: l’utente si confronta con un professionista che ha le
competenze tali da illustrare i pro e i contro di ogni alternativa presa in esame, sostenendolo
nella scelta più adeguata (D’Angiò, Recco, 2005).
c) Nella terza fase del percorso di consulenza orientativa l’utente sceglie l’obiettivo formativo
- professionale che vuole raggiungere (il lavoro che la persona vorrebbe svolgere o il corso
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che vorrebbe frequentare). Un buon obiettivo orientativo dovrebbe essere altamente specifico
(definito molto dettagliatamente e con precisione), misurabile (bisogna poter constatare se
l’obiettivo è stato conseguito o quanto manca al suo perseguimento), accessibile (l’obiettivo
deve essere commisurato ai propri punti di forza e ai propri limiti), realistico (l’obiettivo non
deve essere pura utopia, deve essere effettivamente conseguibile, anche se con fatica e
tenacia), temporizzabile (darsi delle scadenze, realistiche e adeguate, entro cui bisogna
raggiungere l’obiettivo) (Peter Drucker, 1954). In questa terza fase, la fase progettuale,
l’orientatore supporta l’utente nel valutare tutte le differenti strade percorribili per raggiungere
la meta desiderata, scegliendo il percorso considerato migliore (in quel preciso istante). Viene
elaborato un vero e proprio specifico piano d’azione: il percorso viene suddiviso in tappe
intermedie, sotto obiettivi, in modo tale da facilitarlo; vengono individuati eventuali ostacoli
che potrebbero mettere in difficoltà l’utente, pensando a possibili strategie risolutive; vengono
selezionati i mezzi necessari e definiti i tempi e le scadenze specifiche; vengono rintracciate le
competenze specifiche che dovranno essere potenziate, prevedendo anche eventuali corsi di
formazione da frequentare (Mancinelli, 2007).
d) Può, infine, risultare necessaria una fase di accompagnamento: incontri mensili con l’utente
per verificare l’andamento del percorso, confrontarsi su eventuali problematiche che si stanno
riscontrando, supportarlo in quelle fasi di demotivazione che possono fisiologicamente
presentarsi -specialmente in quelle situazioni tipiche del mercato odierno in cui il soggetto,
dopo essersi specializzato e aver conseguito dei titoli, non riesce comunque a trovare
un’occupazione (non nell’immediato)-.
Orientatore e sostegno nella ricerca attiva del lavoro
Qualora l’orientatore lo ritenga opportuno, l’utente può essere accompagnato - tramite
incontri settimanali - in un percorso di ricerca attiva del lavoro, che va dal sostegno nella
creazione del curriculum vitae alla “messa in scena” di vere e proprie simulate di colloqui
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lavorativi. L’orientatore è un professionista e, in quanto tale, è consapevole del fatto che il
curriculum vitae è il biglietto da visita che può -se compilato male- svantaggiare l’utente nella
sua ricerca lavorativa, portando i recruiters a scartarlo prima ancora di convocarlo a colloquio.
L’orientatore, dunque, può ritenere necessario aiutare l’utente nella stesura di un curriculum
che sia personalizzato, completo e sintetico (cercando di non superare le tre facciate); tal
professionista deve agevolare un trasferimento corretto delle passate esperienze professionali
(che vanno descritte nel modo più opportuno) su carta: per ciascuna posizione ricoperta nella
carriera è bene descrivere dettagliatamente le relative principali attività e responsabilità (nel
presidiare un dato ruolo, l’utente, può aver acquisito -nello svolgimento delle mansioni- delle
abilità che potrebbero attrarre l’attenzione del recruiter, proprio perché utili al ricoprire al
meglio la figura professionale che sta cercando). L’orientatore deve spronare l’utente ad
essere sincero, a non inserire sul curriculum false informazioni circa le proprie esperienze o
addirittura -più comune- circa la conoscenza di specifiche lingue straniere: solitamente,
durante i colloqui, vengono somministrate delle prove tecniche per testare la veridicità delle
informazioni trasmesse. È bene, inoltre, che sul curriculum si trascrivano minuziosamente le
competenze possedute, facendo tesoro del percorso di conoscenza approfondita su di sé
intrapreso nelle fasi precedenti dell’ iter orientativo: particolare attenzione deve essere rivolta
alle competenze sociali (es. predisposizione a relazionarsi con persone di cultura differente
dalla propria, predisposizione ad adeguare il proprio linguaggio all’interlocutore) e alle
competenze organizzative (es. la capacità di gestire adeguatamente il proprio tempo, la
capacità di lavorare in gruppo). L’orientatore, inoltre, può ritenere utile effettuare con l’utente
(soprattutto con i più giovani) delle simulate di colloqui di selezione. Viene effettuato,
nell’arco dei 50-60 minuti del colloquio orientativo, un vero e proprio gioco di ruolo:
l’orientatore interpreta il ruolo del selezionatore, l’utente quello del candidato che è stato
convocato a colloquio - dopo essersi proposto (inviando il proprio curriculum) per il ricoprire
una data posizione aziendale -.
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A conclusione della simulata i due protagonisti daranno un loro feedback sull’esperienza
vissuta: particolare spazio sarà conferito alle restituzioni dell’orientatore che evidenzierà gli
errori e le imprecisioni commesse dell’utente, in modo tale che il soggetto -riflettendo su
queste- nella situazione reale colloquiale di selezione cercherà di evitarle. Molteplici sono i
vantaggi per l’utente derivanti dal partecipare ad un tale gioco di ruolo: questa esercitazione
gli consente di ridurre la tensione e l’ansia che la situazione colloquiale può determinare (il
conoscere su sommi capi i quesiti che un recruiter potrebbe rivolgergli, e l’essersi già
preparato delle risposte da dare ad essi, tranquillizza l’utente mettendolo nelle condizioni di
perseguire certamente una migliore performance, aumentando così la probabilità di essere
selezionato). La simulata permette al soggetto di pensare ad un’autopresentazione che ponga
in completo risalto le proprie doti e che faccia passare in secondo piano i propri punti deboli:
la descrizione di se stessi deve sempre essere funzionale al mostrarsi quali idonei per ricoprire
un dato ruolo. L’orientatore, inoltre, può aiutare con la sua professionalità l’utente a
focalizzarsi sulle competenze da lui possedute che potrebbero risultare vincenti per presidiare
al meglio la mansione per la quale si sta concorrendo - e a pensare ad una modalità
accattivante di presentarle al recruiter - : cercare in definitiva di mostrarsi, agli occhi del
selezionatore, come l’eventuale scelta più corretta.
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L’ORIENTATORE NELLE SCUOLE SUPERIORI
Uno degli ambiti che, a mio avviso, necessita maggiormente di interventi di orientamento è la
scuola secondaria superiore. Nell’attuale percorso scolastico si pretende che gli adolescenti,
già a partire dall’età di 19 anni, prendano delle decisioni importanti per la propria vita futura:
scegliere se continuare gli studi con l’università o se iniziare a sperimentarsi nel mondo del
lavoro. I ragazzi, purtroppo, in questa fase delicata della propria crescita - spesso soli con se
stessi - non possiedono (almeno non tutti) quella concretezza tale da poter riuscire a ricercarsi
e riorganizzare informazioni strategiche sul mercato del lavoro; hanno difficoltà a riconoscere
a pieno le proprie competenze, i propri desideri, le proprie attitudini e le occasioni da cogliere
o i vincoli da superare. Ne consegue, in alcuni casi, un vivere focalizzandosi esclusivamente
sul quotidiano presente con la paura di proiettarsi mentalmente nel proprio prossimo futuro e
il timore di rintracciare un percorso da progettare e attuare (che talvolta appare irreversibile):
questo porta a scelte formative - professionali che possono risultare non ragionate e non
personalizzate, andando inevitabilmente incontro a dolorosi insuccessi. Gli adolescenti guidati da un’impulsività tipica della loro età- arrivano, talvolta, a immatricolarsi a corsi
universitari senza conoscerne nello specifico i piani formativi e le materie insegnate, senza
riflettere sulla coerenza di tale scelta con le proprie possibilità o le proprie aspirazioni di
carriera future: questo, solo per ottenere un titolo che risulta ambito a livello sociale o per non
deludere i sogni e le aspettative dei propri genitori. Tra scuola, università e mondo del lavoro
esiste ancora oggi un profondo iato che andrebbe a tutti i costi colmato: è l’orientamento lo
strumento che può effettivamente istituire un ponte tra tre realtà che sono inevitabilmente
connesse l’una con l’altra. La scuola è uno dei contesti in cui le iniziative di orientamento
sono ancora, nonostante se ne riconosca l’importanza, poco diffuse: gli orientatori potrebbero
fornire con la propria professionalità un notevole contributo, sostenendo gli studenti in una
scelta ponderata e personalizzata del proprio percorso formativo - lavorativo futuro.
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Le attività di orientamento nelle scuole : alcune idee
Uno dei servizi prioritari che la scuola superiore dovrebbe mettere a disposizione dei propri
studenti in uscita è uno sportello, gestito da professionisti dell’orientamento, volto a fornire
loro costanti informazioni e a chiarire eventuali dubbi: mettere i ragazzi al corrente delle
opportunità formative - professionali offerte dal territorio locale in cui vivono e dei precisi
percorsi da seguire per acquisire una data professionalità. Ancora, trasmettere indicazioni sui
differenti profili di ruolo (spesso i giovani hanno conoscenze non realistiche in merito al tipo
di mansioni, ai carichi di lavoro o alla varie opportunità di carriera connesse a specifici ruoli
lavorativi); fondamentale è anche l’erogare informazioni sulle molteplici effettive possibilità
di cui usufruire per il diritto allo studio (es. come ottenere le borse di studio universitarie) o
per intraprendere esperienze concrete fuori dall’Italia (es. far conoscere Eures, il portale che
aiuta i candidati a trasferirsi all'estero e a trovare un impiego in Europa).
La scuola secondaria superiore, inoltre, dovrebbe rappresentare un vero e proprio ponte che
mette in contatto gli studenti con le università e le imprese. Numerose dovrebbero essere le
conferenze -su tematiche di attualità- condotte dai maggiori dirigenti aziendali ed Hr
Specialists; frequenti e costanti dovrebbero essere le visite guidate alle singole università.
Queste, offrono l’opportunità ai giovani di conoscere i piani di studio e gli insegnamenti
specifici dei differenti percorsi di laurea, di compiere un vero e proprio tour alla scoperta del
complesso universitario (conoscerne le aule, gli spazi di ritrovo dedicati allo studio e alla
condivisione, i laboratori), di beneficiare dell’ opportunità di assistere a vere specifiche
lezioni o allo svolgimento degli esami. Ancora, la scuola potrebbe -dopo aver stipulato delle
convenzioni con determinate università- offrire ai propri studenti l’opportunità di partecipare
gratuitamente, nel periodo estivo, alle diverse Summer Schools organizzate dai vari atenei;
questo consente loro di entrare in diretto contatto con l’ambiente universitario, per due - tre
settimane, provando a confrontarsi con un metodo di insegnamento antitetico rispetto a quello
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erogato dalle scuole superiori, frequentando vere e proprie lezioni universitarie (sulle
principali discipline) e allenandosi a rafforzare il ragionamento logico e la comprensione
verbale (preparandosi, così, al superare eventuali test di ammissione futuri necessari per
immatricolarsi).
Le scuole, inoltre, dovrebbero prevedere l’attuazione annuale di veri e propri stage all’interno
di contesti lavorativi (pubblici o privati, convenzionati) che consentano agli studenti di
accrescere la propria preparazione professionale e di allenarsi adeguatamente ad un ingresso
produttivo nel mondo del lavoro: questi tirocini curriculari, strategicamente pensati e
strutturati, dovrebbero offrire l’occasione ai singoli di rafforzare le proprie competenze e
sperimentarsi nello svolgimento di specifici compiti connessi alla posizione ricoperta.
Gli interventi di orientamento all’interno della scuola superiore, a tal proposito, non devono
ridursi ad essere meramente informativi; essi devono offrire nell’effettivo opportunità
formative che consentano ai ragazzi -continuamente- sia di arricchire le proprie capacità di
auto-orientamento, sia di rafforzare la propria preparazione (per divenire maggiormente
spendibili all’interno del mercato del lavoro). La scuola deve spronare gli studenti ad
organizzare dei corsi pomeridiani, autogestiti con il supporto di esperti, sulle tematiche più
disparate (es. sulle tecniche moderne di ricerca del lavoro e sulla creazione di un curriculum
vitae vincente); gli insegnanti devono -durante le lezioni- preferire alle metodologie didattiche
classiche (es. lezione frontale), momenti di alta interazione (es. lavori di gruppo, ricerche
interdisciplinari) che offrano l’occasione ai singoli di rintracciare in sé eventuali peculiarità
spendibili nel contesto professionale (es. predisposizione alla leadership, al cooperare, alle
attività più pratiche). Lo studente, inoltre, deve essere messo nelle condizioni, anche
attraverso lo svolgimento di laboratori pomeridiani, di analizzare i propri interessi lavorativi
(l’essere affascinati da determinate attività porta ad un maggior coinvolgimento in queste), di
prendere coscienza dei propri valori di vita (che inevitabilmente lo porteranno alla scelta di un
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lavoro del tutto coerente con questi), di rafforzare la consapevolezza circa la propria personale
capacità di avere un potere su un futuro che non è totalmente in balia del caso e del destino
(riuscire ad acquisire abilità progettuali che permettano di sintetizzare, in un’unica scelta
coerente e ponderata, informazioni - preferenze e attitudini possedute) (Catalano, Trapani,
2004). Ancora, la scuola dovrebbe prevedere l’attuazione di attività pomeridiane gratuite che
consentano ai soggetti di arricchire le proprie competenze di base (es. saper usare il computer
adeguatamente, conoscere una o più lingue straniere) e di rafforzare le proprie competenze
trasversali (ossia quei saperi e saper fare, non specifici di una determinata professione, ma
utilizzabili nei contesti e nei compiti più disparati; es. decision making, problem solving,
gestione efficace del tempo libero).
Da quanto fin qui elencato, ben si evince come i giovani hanno un disperato bisogno di
orientamento: tuttavia, solo un vero professionista (adeguatamente preparato) può fornire loro
quel valido sostegno volto a far maturare la scelta più idonea e personale di un futuro
formativo - lavorativo vincente. Nel prossimo ed ultimo capitolo cercherò, dunque, di
individuare le tematiche salienti che -a mio avviso- andrebbero trattate all’interno di un corso
di specializzazione (da me pensato) finalizzato al formare i futuri esperti dell’orientamento.
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CORSO DI SPECIALIZZAZIONE PER
“DIVENTARE ORIENTATORI PROFESSIONALI”
Destinatari
Il corso è riservato ai laureati in Psicologia clinica o Psicologia del lavoro che desiderano
specializzarsi e diventare professionisti dell’Orientamento.
Obiettivo del corso di specializzazione
Alla fine del corso i partecipanti acquisiranno saperi e capacità essenziali e imprescindibili per
guidare e sostenere - con professionalità - l’utente nel percorso orientativo che lo porterà all’
individuazione e alla realizzazione del proprio personale progetto formativo - professionale.
Struttura e tempi del corso
Le ore di formazione previste sono 120, suddivise in tre laboratori. Due laboratori di 30 ore
ciascuno, un laboratorio di 60 ore. Ogni laboratorio consta di lezioni di 5 ore ciascuna.
A conclusione di ciascun singolo laboratorio è previsto un test di apprendimento. Il corso di
specializzazione terminerà con la realizzazione e la discussione, da parte di ciascun
partecipante, di una tesina.
Terminato il corso, ciascuno studente avrà l’opportunità di svolgere un tirocinio di 250 ore
presso una struttura che si occupa di orientamento al lavoro.
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Metodologie didattiche utilizzate
-
Lezioni frontali altamente interattive.
-
Role playing: simulate di colloqui di orientamento e di colloqui di selezione seguite da
momenti di discussione e restituzioni di feedback sul quanto emerso.
-
Brain storming: ogni membro del gruppo classe è chiamato ad esprimere il proprio
punto di vista sulla tematica oggetto della discussione. Nessun intervento può essere
censurato o non preso in considerazione; in tale fase altamente “produttiva” vi deve
essere la totale assenza di giudizi e commenti sul quanto emerso. Solo a conclusione
della seduta di brain storming ciascun partecipante potrà esporre il proprio pensiero su
quanto esternato dagli altri.
-
Metodo dei casi: viene presentata al gruppo classe una situazione a tematica
orientativa (es. il caso concreto di un utente di un centro di orientamento al lavoro); i
partecipanti, dopo aver analizzato meticolosamente la situazione oggetto d’analisi,
dovranno individuare -in gruppo- la soluzione più efficace da adottare.
-
Autocaso: oggetto della discussione d’aula è il racconto, ricco di una forte componente
emozionale, di un’esperienza reale della vita personale - professionale di uno dei
membri del gruppo classe.
-
Proiezioni di filmati inerenti reali sessioni di orientamento, seguite da riflessioni da
parte del gruppo sul quanto osservato.
-
Esercitazioni volte a rafforzare la capacità di ascolto attivo: allenare i soggetti ad
ascoltare l’altro, sospendendo il giudizio, comprendendo a pieno non solo “il detto”
ma anche il “non detto” e gli stati emotivi più profondi provati dall’interlocutore.
Materiale didattico a disposizione degli studenti
-
Slides e dispense di approfondimento.
-
Materiale audiovisivo di approfondimento pubblicato online.
30
Progetto di dettaglio dei singoli laboratori
LABORATORIO “ORIENTARSI NEL MERCATO DEL LAVORO” (30 ore)
Obiettivi:
-
Acquisire una visione completa sul Mercato del lavoro e riconoscerne strategicamente
vincoli e opportunità.
-
Sviluppare le conoscenze e le capacità necessarie per consigliare adeguatamente
all’utente le migliori opportunità formative e professionali offerte dal territorio di
appartenenza.
Contenuti trattati:
-
Il funzionamento del Mercato del lavoro con le sue regole (tipologie differenti di
contratto esistenti, diritti e doveri dei datori di lavoro e dei lavoratori, norme inerenti
l’assunzione di categorie speciali, …).
-
I principali profili professionali (mansioni previste, competenze richieste, opportunità
di carriera, …) .
-
I nuovi mestieri .
-
Sistema formativo italiano e straniero a confronto .
-
Nozioni essenziali di Psicologia del lavoro (cos’è un’azienda, cos’è un organigramma,
cosa sono la vision e la mission, …) .
-
Funzionamento dei Centri per l’impiego e servizi da essi offerti (es. preselezione) .
-
Occupati, inoccupati e disoccupati: tre figure a confronto, tra diritti e doveri .
-
Lavoro autonomo e imprenditorialità .
-
Le diverse opportunità di studio e lavoro all’estero (es. portale Eures, Erasmus, …) .
-
Percorsi universitari a confronto e relative opportunità di fare carriera .
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LABORATORIO “PROFESSIONE ORIENTATORE: TRA TEORIA E PRATICA” (60 ore)
Obiettivi:
-
Acquisire conoscenze basilari e approfondite in materia di Orientamento.
-
Sviluppare le competenze per condurre in autonomia un percorso di orientamento,
riconoscendo bisogni, capacità e potenzialità dell’utente.
-
Accrescere la capacità di sostegno all’utente in una ricerca attiva e vincente del lavoro.
Contenuti trattati:
-
Cos’è l’orientamento scolastico - professionale: alcune definizioni.
-
Le fasi del percorso di consulenza orientativa.
-
Colloquio orientativo: tecniche per condurlo efficacemente.
-
Le competenze: cosa sono e come identificarle.
-
Fabbisogni orientativi: come riconoscerli e restituirli all’utente.
-
Obiettivi professionali: come sostenere l’utente nella definizione di questi.
-
Sostenere l’utente nella creazione e realizzazione di un personale progetto orientativo.
-
Percorsi d’orientamento di gruppo: come gestirne le dinamiche relazionali.
-
Le nuove tecniche di ricerca del lavoro: portali lavorativi ed e-recruiting (es. il video
curriculum).
-
Nozioni di psicologia del lavoro: il colloquio di selezione; come creare un curriculum
valido.
32
LABORATORIO “GIOVANI E LAVORO” (30 ore)
Obiettivi:
-
Sviluppare la capacità di relazionarsi con gli adolescenti, sostenendoli durante una
scelta fondamentale per il proprio futuro.
-
Acquisire la capacità di riconoscerne eventuali problematiche personali - familiari.
-
Sviluppare le competenze utili a rendere l’adolescente il vero protagonista del
processo orientativo.
Contenuti trattati:
-
Le diverse forme di disagio giovanile : saperle riconoscere.
-
Immagine di sé, autoefficacia percepita e occupazione.
-
Nozioni di psicologia clinica (Decision making: aspetti psicologici implicati e il ruolo
delle aspettative familiari).
-
L’importanza dei laboratori pratici: saperli progettare adeguatamente in modo da
sostenere lo studente nell’approfondimento della conoscenza di sé e delle proprie
peculiarità.
-
La socializzazione al lavoro: l’importanza del volontariato e del lavoro extrascolastico.
-
Stage, tirocini e apprendistato: diverse opportunità a favore dei giovani.
33
CONCLUSIONI
La stesura di questa tesina conclusiva del Master in “Esperto di sviluppo delle risorse umane”
mi ha offerto l’opportunità di approfondire il tema dell’orientamento al lavoro focalizzandomi
sia sulle sue potenzialità (ampiamente trattate nei capitoli precedenti) e sia sulle molteplici
criticità alle quali questo settore professionale deve ancora oggi far fronte, soprattutto nell’
odierna realtà italiana.
Una delle maggiori pecche, che ho avuto modo di riscontrare, è l’assenza di un corso
formativo per orientatori riconosciuto quale valido a livello nazionale; ne consegue una
professionalità degli esperti dell’orientamento affatto omogenea e uniforme: gli orientatori,
provenienti spesso da percorsi formativi differenti, a mio avviso, si scindono così in
orientatori altamente professionali e orientatori che interpretano a loro modo le pratiche
dell’orientamento (fornendo all’utenza prestazioni non sempre utili ed efficaci).
Ancora, l’orientamento, sembra essere tuttora troppo poco conosciuto e diffuso nel panorama
italiano; molti corsi di laurea, in primis quelli in psicologia, trattano marginalmente della
figura dell’orientatore e della sua professionalità, focalizzando il proprio percorso di studi su
grandi classici quali la selezione e la formazione: ne consegue che gli studenti giungono alla
laurea con scarse informazioni inerenti tale ambito professionale, che potrebbe sicuramente
rappresentare una nuova opportunità di occupazione. Contemporaneamente, si ha una scarsa
conoscenza dell’utilità ma anche dell’esistenza stessa della consulenza orientativa: esistono,
infatti, uffici di orientamento gratuiti che vengono ancora troppo poco frequentati dai giovani
in cerca di risposte sul loro futuro. La crisi del mercato del lavoro, inoltre, non facilita le cose;
l’alto tasso di disoccupazione porta molti utenti dell’orientamento a considerare il percorso di
consulenza intrapreso quale vano ed inefficace: l’obiettivo formativo o professionale
individuato, seguito dagli sforzi e sacrifici per il suo conseguimento, spesso non conduce (a
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causa delle scarse offerte di lavoro) all’ immediata assunzione auspicata, rafforzando così la
profonda sfiducia che l’opinione pubblica ha nell’orientamento stesso.
Dal mio elaborato emerge, inoltre, che è ancora forse prevalentemente troppo diffusa l’idea di
un orientamento esclusivamente inteso quale sostegno nella ricerca del lavoro; i percorsi di
orientamento devono invece anche essere volti a rafforzare la professionalità degli utenti: un
orientamento continuo - prevedente interventi durante tutto l’arco di vita - che supporti i
soggetti nell’acquisizione di competenze tali da renderli maggiormente spendibili nel mercato
del lavoro, rendendoli autonomi nelle scelte e nelle fasi di transizione professionale. A
sostegno di quanto appena enunciato vi è il fatto che ad usufruire maggiormente dei servizi di
orientamento sono gli utenti più fragili, che sentono la necessità di essere accompagnati e
sostenuti (spesso indirizzati anche dai professionisti che li seguono): è dunque ancora troppo
diffusa l’idea di un orientamento inteso come “sostegno - accompagnamento nella ricerca di
un’occupazione” e non come un percorso, che tutti dovrebbero intraprendere, che aiuta a
leggere più meticolosamente dentro e fuori di sé, e che favorisce l’emergere di scelte
formative - lavorative strategiche (Grimaldi, 2014).
Una delle ricerche a mio parere più interessanti che indaga l’orientamento, negli istituti
scolastici e nei centri di orientamento al lavoro italiani, è quella condotta dall’ISFOL nel
2011. L’Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori (ISFOL) ha
portato avanti un progetto di ricerca, della durata di tre anni, i cui risultati sono stati presentati
all’interno del “Rapporto orientamento - Sfide e obiettivi per un nuovo mercato del lavoro”
(2011). Lo studio ha consentito sia di ottenere delle informazioni valide sullo stato
dell’orientamento all’interno della realtà italiana, ma anche di dar vita ad un Archivio
Nazionale (una banca dati -consultabile online- contenente informazioni su tutte le strutture
italiane, censite, che praticano orientamento). Durante il progetto di ricerca sono stati sia
somministrati dei questionari alle strutture censite, sia sono stati realizzati dei focusgroup
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coinvolgenti soggetti significativi provenienti dagli istituti scolastici e dai centri praticanti
orientamento professionale. I risultati di questo studio coincidono parecchio con l’idea in me
sviluppatasi, dopo aver avuto modo di approfondire la tematica “orientamento professionale”.
In primis, dalla ricerca, si evince che ad usufruire maggiormente dei servizi di orientamento
sono gli adulti disoccupati, rispetto agli studenti delle scuole. Inoltre, le strutture che si
occupano di orientamento -maggiormente frequentate dagli adulti- sono i Centri per l’impiego
e le Agenzie interinali; i giovani inoccupati o disoccupati, invece, prediligono i servizi di
orientamento offerti dagli sportelli universitari e dagli enti privati o cooperative. Per quanto
concerne invece il mondo della scuola, il progetto di ricerca condotto dall’ISFOL evidenzia
che i vari istituti stanno cercando di inculcare negli studenti l’importanza dell’orientamento,
offrendo l’opportunità di usufruire di attività orientative -durante il regolare svolgimento delle
lezioni- prediligendo, però, attività di gruppo a percorsi individuali. Sono gli studenti dei licei
-stando a quanto emerso dall’indagine ISFOL- a beneficiare maggiormente delle iniziative di
orientamento (93%), seguiti dagli studenti degli istituti professionali (82,2%) e degli istituti
tecnici (81%). Emerge, tuttavia, che -nonostante la cultura dell’orientamento si stia pian piano
radicando nel mondo della scuola, la ristrettezza delle risorse economiche e umane rende gli
interventi orientativi occasionali e dunque, non totalmente efficaci.
Alla luce dell’attuale situazione riscontrata -tutta italiana-, nell’ultimo capitolo della presente
tesina ho inserito una proposta formativa per Orientatori professionali: nel report sono incluse
quelle conoscenze - le capacità e gli atteggiamenti che deve sviluppare e consolidare un
orientatore efficace, arricchite da metodologie didattiche altamente pratiche e interattive (tali
da rendere l’intervento formativo realmente incisivo e valido). A mio parere, infatti, ciascun
orientatore, potrebbe reagire a questa vera svalutazione della propria professionalità, partendo
dal suo piccolo, intraprendendo percorsi individuali mirati a rafforzare la propria competenza:
perfezionarsi costantemente partecipando a validi corsi d’aggiornamento o attraverso la
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consultazione di riviste scientifiche, in modo tale da poter garantire agli utenti un servizio il
più possibile efficace ed al passo con le novità del mercato del lavoro.
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BIBLIOGRAFIA
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Evangelista L. (2005); Professione orientamento: una guida per inserirsi nel settore; Edizioni
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per orientare la scelta negli studi e nelle professioni; Edizioni Raffaello Cortina
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un servizio alla e nella scuola; Lo psicologo va a scuola. Esperienze e strumenti di intervento,
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Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori (ISFOL) (2011);
Rapporto orientamento. Sfide e obiettivi per un nuovo mercato del lavoro
SITOGRAFIA
Cos’è e quando è utile l’orientamento? :
http://www.asnor.it/portale/cose-e-quando-e-utile-lorientamento/
Il ruolo dell’orientatore:
http://www.jobtel.it/JobCompass/Multimedia_web/1_2_Ruolo.htm
Diventare orientatore:
http://www.crescita-personale.it/formazione/2096/diventare-orientatore/1195/a
Professione orientatore. Chi è, cosa fa, come diventarlo:
http://news.biancolavoro.it/professione-orientatore-chi-e-cosa-fa-e-come-diventarlo/
Quali requisiti sono necessari per svolgere attività di orientamento?:
http://www.orientamento.it/indice/requisiti-necessari-per-svolgere-attivita-di-orientamento/
Figure professionali; caratteristiche, funzioni, contesti:
http://www.mioriento.it/code/11161/Profili-professionali
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Cos’è il bilancio di competenze?:
http://www.orientamento.it/indice/cose-il-bilancio-di-competenze/
Bilancio di competenze e orientamento:
http://www.orientamento.it/indice/bilancio-di-competenze-e-orientamento/
L’orientamento in un’ottica costruttivista:
http://www.orientamento.it/indice/lorientamento-in-unottica-costruttivista/
Dall’analisi della domanda alla valutazione della consulenza di orientamento:
http://www.orientamentoirreer.it/sites/default/files/materiali/2007%20ISFOL%20valori.pdf
Dispersione, disorientamento, disagio; quali le azioni possibili:
http://www.orientamentoirreer.it/sites/default/files/PM%202005%2009%20FMperUSR2005.
pdf
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