La vita Il modo con cui si è formata la vita sul nostro pianeta
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La vita Il modo con cui si è formata la vita sul nostro pianeta
La vita Il modo con cui si è formata la vita sul nostro pianeta rappresenta un problema ancora non completamente chiarito. la Generazione spontanea Per generazione spontanea si intende la credenza, molto diffusa dall'antichità fino al XVII secolo, per cui la vita potrebbe nascere in modo "spontaneo" dagli elementi naturali inanimati, in quanto comunque dotati di influssi vitali. Si riteneva infatti che Dio avesse creato direttamente solo gli esseri viventi "superiori", come l'uomo e i grandi animali, mentre quelli inferiori, come i vermi e gli insetti, potessero nascere spontaneamente dal fango o da carcasse in putrefazione. Il medico fiammingo Jean Baptiste Van Helmont, annunciò di avere condotto un esperimento mettendo alcuni semi di frumento in una camicia sporca; ventun giorni più tardi vi trovò all'interno dei topi, che egli affermò essersi generati spontaneamente. Secondo Van Helmont il sudore umano avrebbe rappresentato il principio attivo necessario per spingere la materia inerte a trasformarsi in materia vivente. E' evidente che quello di Van Helmont era un esperimento condotto male, tuttavia la strada giusta, quella della verifica sperimentale delle idee, era stata aperta. la Generazione spontanea non esiste Nel 1668 il medico e poeta toscano Francesco Redi (Arezzo 18 febbraio 1627 - Pisa 1697) illustrò una serie di esperimenti i quali avrebbero dovuto dimostrare che la generazione spontanea non esiste. "In quattro fiaschi di bocca larga misi una serpe, alcuni pesci di fiume, quattro anguillette d'Arno ed un taglio di vitella di latte; e poi, serrate benissimo le bocche con carta e spago, in altrettanti fiaschi posi altrettante delle suddette cose e lasciai le bocche aperte. Non passò molto tempo che i pesci e le carni di questi secondi vasi diventassero verminosi, e dopo tre settimane nei vasi si vedevano entrare e uscire le mosche a loro voglia. Ma nei vasi serrati non ho mai visto nascere un baco". Più o meno nello stesso tempo in cui Redi compiva i suoi esperimenti un naturalista olandese, di nome Anton Van Leeuwenhoek (1632–1723), osservò, per la prima volta, la presenza di microrganismi attraverso un rudimentale microscopio da lui stesso costruito. Risorse quindi l'idea della generazione spontanea, che gli esperimenti di Redi sembravano avere allontanato. la Generazione spontanea è possibile Nel 1745 il naturalista inglese John Needham condusse una serie di esperimenti che dettero nuovo vigore alla tesi dell’abiogenesi. Egli scaldò vari liquidi nutritivi come il brodo di pollo o gli infusi d'erbe coi quali riempì alcune provette che poi tappò con della garza. Ebbene, nonostante tutti gli accorgimenti adottati affinché non entrasse nulla nelle provette che contenevano le soluzioni nutritive rese sterili dal calore, dopo alcuni giorni si poteva notare che queste pullulavano di organismi viventi. I risultati dei suoi esperimenti lo convinsero che la generazione spontanea era effettivamente possibile. Abiogenesi no L'errore di Needham consisteva nell'essersi fidato di una sigillatura mediante tappi di sughero, i quali non erano sufficienti a impedire che germi vaganti nell'aria potessero essere penetrati nei recipienti. Gli stessi risultati non convinsero invece l'abate italiano Lazzaro Spallanzani (Scandiano, 10 gennaio 1729 – Pavia, 12 febbraio 1799) il quale, alcuni anni più tardi, rifece gli stessi esperimenti di Needham ma riscaldando il liquido nutritivo molto più a lungo e a temperature molto più alte, fino a farlo bollire per alcuni minuti. Ebbene il risultato fu che anche dopo molti giorni i liquidi contenuti nelle provette, questa volta ermeticamente tappate, rimanevano limpidi e non mostravano la presenza di microrganismi al loro interno. La controversia continuò ancora per molti anni e si concluse definitivamente verso la metà del IX° secolo quando il biologo francese Louis Pasteur (Dole, 27 dicembre 1822 – Marnes-la-Coquette, 28 settembre 1895) ideò un esperimento decisivo. Pasteur costruì personalmente dei contenitori di vetro con un lungo collo ricurvo (detti, per la loro forma, «palloni a collo di cigno»), all'interno dei quali veniva riposta la soluzione nutritiva che era fatta bollire per più di un'ora lasciando che il vapore uscisse liberamente dall'orifizio terminale del collo ricurvo. Spenta la fiamma, il liquido contenuto nel recipiente cominciava a raffreddarsi lentamente dopo aver richiamato dall'esterno, a causa della depressione conseguente al riscaldamento, aria contaminata da batteri e altri microrganismi. Questi, tuttavia, a contatto con il liquido ancora bollente che trovavano all’interno, venivano uccisi. Dopo alcuni mesi l'infuso si era conservato limpido a dimostrazione che non erano presenti germi di alcun genere, mentre sul tratto più esterno del collo si poteva notare la presenza di polveri e microrganismi evidentemente entrati dall'apertura terminale. L'esperimento di Pasteur rispondeva in modo chiaro e inequivocabile alle obiezioni avanzate dai sostenitori dell'abiogenesi. Biogenesi Ma allora se per generare un essere vivente ci vuole un altro essere vivente, chi ha generato il primo essere vivente? Se ogni individuo genera sempre individui simili a sé stesso, come si è formata l’enorme varietà di organismi che popola attualmente la Terra? E’ sempre esistita? Era presente fin dall'inizio? Per rispondere alla domanda relativa all'origine della vita gli scienziati hanno avanzato due diverse ipotesi. la vita sarebbe una componente fondamentale dell'Universo e sarebbe quindi sempre esistita così come sarebbe sempre esistito l’Universo. La «panspermia» (Svante Arrhenius - inizi di questo secolo) prevede che le forme viventi più semplici migrino, attraverso lo spazio, colonizzando continuamente nuovi pianeti. I biologi, tuttavia, sanno bene che un viaggio nel mezzo interstellare, soprattutto se molto lungo, non è affatto privo di rischi: vi sono radiazioni di ogni tipo (raggi ultravioletti, raggi X, raggi gamma), temperature vicine allo zero assoluto, o viceversa temperature molto elevate in prossimità delle stelle, in grado di distruggere qualsiasi forma di vita, anche se sistemata all'interno di spessi involucri protettivi. E comunque la panspermia non spiega l'origine vera e propria della vita: se gli esseri viventi derivano necessariamente da altri esseri viventi, allora la vita non sarebbe mai nata, ma sarebbe esistita da sempre. la vita sarebbe comparsa direttamente qui sulla Terra in modo spontaneo: una transizione spontanea dal semplice al complesso, cioè dal mondo inorganico delle piccole molecole a quello organico delle grandi molecole e poi ancora oltre fino alle strutture presenti negli esseri viventi (teoria chimico-biologica). Il biochimico sovietico Alexander Oparin (1894-1980) fu il primo ad ipotizzare la presenza di un'atmosfera primitiva che, entrando in soluzione negli oceani, avrebbe portato alla formazione di molecole complesse. Le macromolecole poi si unirono per originare aggregati più complessi, i coacervati (aggregato di proteine o sostanze simili circondate da liquido) che sarebbero rimasti isolati dalle acque in cui si erano formati, a causa della loro non miscibilità , un po' come una goccia di olio rimane isolata nell'acqua. Il biologo inglese J. B. S. Haldane (1892–1964) perfezionò l'ipotesi dei coacervati, postulando che le piogge avessero dilavato la pellicola, ricca di carbonio, formatasi sulle rocce primordiali, rendendo gli oceani simili a un brodo diluito caldo, dove si sarebbero formati proteinoidi in grado di agire da reagenti per ulteriori reazioni. Mentre Oparin poneva l'accento sulla formazione delle prime cellule, l'attenzione di Haldane era soprattutto rivolta alla sequenza delle prime reazioni chimiche. I loro studi aprirono la strada all'esperimento di Miller. Stanley L. Miller, nel 1953, realizzò un apparato sperimentale inteso a ricreare il “brodo primordiale” in cui avrebbe potuto formarsi la vita. Miller pose in un pallone un miscuglio di metano, idrogeno, ammoniaca e vapor acqueo; l'apporto energetico era assicurato da una scarica elettrica continua che simulava l'energia prodotta nell'atmosfera primitiva dai fulmini, dalle frequenti attività vulcaniche, dal bombardamento di meteoriti a cui era sottoposto il nostro pianeta nelle prime fasi della sua formazione. L'acqua, un oceano primitivo in miniatura, era mantenuta in ebollizione, in modo che continuamente si trasformasse in gas, che, venendo a contatto con le altre sostanze, poteva reagire con esse e poi ricondensare, grazie alla presenza di un apparato refrigerante. Dopo alcuni giorni la soluzione fu sottoposta ad analisi e i risultati furono esaltanti: nel liquido erano presenti aminoacidi. Miller aveva forse scoperto un modo per produrre molte importanti molecole biologiche a partire da acqua e gas che esistevano sulla Terra primordiale, ma non aveva certo stabilito come o dove queste semplici unità si fossero legate nelle complesse strutture molecolari – come DNA e proteine – indispensabili per la vita. Fu nel tentativo di dare risposta a questa domanda che alcuni scienziati ipotizzarono per la prima volta un ruolo delle rocce… Essi immaginarono che le molecole organiche che galleggiavano nell’acqua dell’oceano potessero raccogliersi in basse pozze di marea lungo le coste rocciose, nell’interno delle quali si sarebbero via via concentrate attraverso ripetuti cicli di evaporazione. Disponendo di abbastanza tempo e un numero sufficiente di cavità, il caso potrebbe aver prodotto una combinazione di molecole che avrebbero alla fine meritato di essere chiamate “viventi”. Fino ad ora, gli scienziati avevano dato per scontato che la vita avesse avuto origine sulla superficie del mare o delle sue vicinanze, come risultato di processi chimici alimentati dall’energia solare. Nel 1974 Wickramasinghe dimostrò che nello spazio sono presenti polimeri organici complessi, molecole strettamente collegate alla cellulosa, molto abbondante in biologia. Hoyle e Wickramasinghe si convinsero che i polimeri organici costituissero una parte importante della polvere interstellare. A fungere da vettori per le molecole della vita sarebbero, quindi, le comete e i meteoriti. Poiché le comete contengono acqua, le molecole di cui sono costituite (ammoniaca, metano e biossido di carbonio) verrebbero a trovarsi immerse nell’elemento indispensabili alla vita “risvegliandosi” però solo quando la cometa, avvicinandosi al Sole, vede innalzarsi la sua temperatura. E’ a questo punto, attraverso una giusta combinazione dei materiali organici che la vita potrebbe incominciare con la formazione di microrganismi. Questi successivamente potrebbero venir depositati su di un pianeta, quando la cometa gli passa vicino e lo avvolge per qualche tempo nella sua coda; a patto naturalmente che il pianeta sia, come la Terra, abbastanza vicino al proprio Sole e possieda condizioni ambientali favorevoli. Come è avvenuto il passaggio graduale di una specie animale o vegetale da una forma a un'altra più complessa? In che modo le specie viventi sono diventate quelle che conosciamo? Evoluzione Creazionismo Fino al XVIII secolo si riteneva che la terra avesse soltanto 6000 anni circa e che ogni essere vivente avesse l’aspetto che gli era stato conferito al momento della sua creazione e che tale aspetto non fosse assolutamente modificabile. Il creazionismo è la credenza che l'universo, la Terra, la vita e l'uomo siano interamente creazioni di una o più divinità (creazionismo religioso, tipicamente riferito a Dio). Prime teorie sull'evoluzione della natura Nel Settecento compaiono i primi germi di una concezione evoluzionistica del mondo vivente grazie alla brillante intuizione del naturalista francese Georges-Luis Buffon (Montbard, Côte-d’Or 1707 - Parigi 1788). Studiando i fossili, che presentavano progressive complessità via via che si arrivava agli strati più recenti e così diversi dalle forme di vita attuali, arrivò ad ammettere che fossero il frutto di una lentissima trasformazione nel corso dei millenni. Avanzò l’ipotesi che i viventi si fossero originati a partire da un esiguo numero di specie. La teoria di Buffon incontrò molte resistenze, anche perché a quel tempo si riteneva che l’età della Terra fosse di poche migliaia di anni (come si desumeva dalla lettura del Vecchio Testamento), un periodo insufficiente per lo svolgersi del processo di graduale formazione dell’enorme numero di specie presenti sulla Terra; secondo il naturalista francese, invece, l’età del pianeta poteva essere stimata intorno a 74.800 anni. L’innegabile presenza nelle rocce di fossili di specie non più esistenti sulla Terra fu spiegata con varie teorie. Il catastrofismo Tra queste, vi fu nel 1815 quella del catastrofismo proposta dal naturalista francese Georges Cuvier. Per non contraddire le idee creazioniste, lo scienziato affermò che in origine sulla Terra esistevano tutte le forme viventi e che, a causa di immani e periodici eventi catastrofici, alcune di queste in seguito scomparvero. Uno di questi cataclismi sarebbe stato il diluvio universale di cui si narra nella Bibbia. L’idea di una possibile modificazione degli organismi nel corso del tempo venne considerata con maggiore attenzione quando si iniziò a comprendere che l’età del pianeta doveva essere assai maggiore di 4-6000 anni. L’uniformismo James Hutton fu fra i primi a comprendere il ruolo fondamentale degli agenti esogeni nel modellamento della superficie terrestre e intuì il ruolo determinante del fattore tempo in geologia. Fu infatti il primo grande studioso a intuire l'antichità della Terra: molti milioni di anni, non i 6000 anni che le attribuivano sulla base di una grottesca interpretazione troppo letterale della Bibbia. In questo Hutton difendeva una visione razionale della scienza, priva di pregiudizi. Lyell, Charles, basandosi sul lavoro pionieristico di James Hutton, un geologo scozzese del XVIII secolo, formulò la teoria dell'uniformismo, secondo la quale i processi naturali che modificano la Terra oggi hanno operato in passato allo stesso ritmo graduale. Preparò l'opinione generale all'idea di una lenta evoluzione svoltasi in epoche incredibilmente estese nel tempo, con una graduale e regolare variazione delle forme degli esseri viventi. L'uniformismo si opponeva alla teoria del catastrofismo, diffusa tra gli scienziati del tempo e ritenuta coerente con il racconto biblico. Il lamarckismo Una teoria dell’evoluzione che teneva conto delle nuove scoperte sull’età della Terra fu quella avanzata dal naturalista francese Jean-Baptiste de Lamarck (Bazentin-le-Petit, Somme 1744 - Parigi 1829). Questi, nella sua opera Philosophie zoologique, pubblicata nel 1809, ne espose per la prima volta i principi fondamentali, che si possono riassumere in due concetti: “l’uso e il disuso delle parti” e “l’ereditarietà dei caratteri acquisiti”. Il naturalista riteneva che alcune parti del corpo di un organismo, se non venivano utilizzate frequentemente, finivano con l’atrofizzarsi (“disuso”), mentre quelle più spesso usate si sviluppavano in modo particolare (“uso”). Tali modificazioni costituivano “caratteri acquisiti” che potevano venire trasmessi ai figli (“ereditarietà”) e, in tal modo, determinare una modificazione delle caratteristiche della specie. In base a questa teoria, ad esempio, il collo delle giraffe, inizialmente corto, avrebbe potuto essersi sviluppato progressivamente in modo da raggiungere le foglie degli alberi più alti. Il darwinismo Darwin sostenne la tesi della selezione naturale: un meccanismo che favorisce i caratteri genetici che meglio si adattano all’ambiente, eliminando invece quelli svantaggiosi. In seguito, lo sviluppo degli studi sull’ereditarietà di Mendel permisero di affinare ulteriormente la teoria: la comparsa di alcune variazioni casuali vantaggiose, rispetto agli altri individui di una stessa specie, possono essere ereditate dalla propria discendenza, fino alla nascita di un nuovo gruppo di individui, diverso da quello di provenienza. È questo il processo detto di “speciazione”. L’evoluzionismo sostiene dunque che le specie animali e vegetali discenderebbero tutte da specie più antiche, da cui si sarebbero, per l’appunto, “evolute”. L’evoluzione non è predeterminata: le mutazioni sono casuali e anche il tempo e il modo in cui insorgono sono imprevedibili. Il processo di speciazione è quindi sempre in corso. Dal 1931 al 1936 compie il suo viaggio per una spedizione di ricognizione scientifica intorno al mondo. Nel 1838 completa la prima bozza della sua teoria dell'evoluzione per mezzo della selezione naturale, ma solo nel 1859 pubblica la sua teoria sull'evoluzione delle specie nel libro L'origine delle specie. Il motivo di tale incubazione fu probabilmente il desiderio di raccogliere il maggior numero possibile di prove a conferma della sua teoria, in modo da potersi difendere con più argomenti a disposizione verso le prevedibili e pesanti critiche che gli sarebbero state mosse; L'opera di Darwin fu molto apprezzata dalla comunità scientifica, almeno fino al 1925 Il “processo delle scimmie” Un processo che sollevò allo stesso tempo controversie di carattere legale, scientifico, religioso, filosofico e politico. Uno dei cosiddetti “processi del secolo”. Tutto ha inizio nel 1925, nello stato americano del Tennessee, per la ferma determinazione di un allenatore di football, John Scopes, che durante una supplenza in una classe di biologia insegna ai propri allievi che l’uomo deriva dalle scimmie. Ma nel Tennessee – primo fra tutti gli stati americani – una legge proibisce di insegnare «che l’uomo deriva da animali di ordine inferiore». È con questa norma che si scontra Scopes, l’uomo che diventerà il simbolo della battaglia tra darwinisti e creazionisti. I creazionisti non potevano accettare che l’uomo derivasse da animali inferiori e fosse soggetto alle stesse leggi naturali. Il processo fu una grande battaglia che si concluse con la condanna al pagamento di 100 dollari per aver infranto la legge anti-evoluzionismo. La controversia suscita una forte reazione del mondo scientifico. La mobilitazione ha effetto. Solo in Arkansas e Mississippi i giudizi sono favorevoli ai creazionisti. Ma sull’evoluzionismo resta un ”marchio”: per molti anni scomparirà, o quasi, dai libri di testo. Solo nel 1957 - dopo lo shock del lancio dello Sputnik da parte dell’Unione Sovietica e la conseguente sensazione da parte americana di essere in ritardo in campo scientifico rispetto ai rivali - in circa la metà dei distretti scolastici degli Stati Uniti viene distribuito un testo in cui viene enfatizzata la teoria di Darwin. Ma è solo nel 1968 che la Corte Suprema decreta che la legge dell’Arkansas è inconciliabile con il primo emendamento della Costituzione americana, quello che vieta agli stati (e quindi alle scuole statali) di promuovere una particolare religione. Evoluzionismo o creazionismo pari sono… Fine della controversia? Niente affatto. Bisogna aspettare il 1987 perché intervenga nuovamente la Corte Suprema decretando che il creazionismo è una convinzione religiosa che non rispetta parametri scientifici. Anche questa volta, tuttavia, la sentenza non pone fine alle polemiche, né alle azioni legali. Nel 1999, per esempio, ha fatto scalpore il caso del Kansas, dove si è votato per rimuovere dai test scolastici domande sull’evoluzionismo: niente interrogazioni significa niente insegnamento e comunque niente studio. In Alabama i testi scolastici vengono modificati, per affermare che quella di Darwin è solo una tesi in cui credono alcuni scienziati, non una teoria scientifica convalidata dal consenso generale. Il risultato è che nel 2000 negli Usa circa il 47% della popolazione crede che l’uomo non sia il risultato di un processo evolutivo, ma sia stato creato da Dio poche migliaia di anni fa. Kenneth Miller, un biologo cellulare alla Brown University, in Rhode Island, sottolinea che circa la metà degli americani percepisce l’evoluzionismo e il creazionismo come spiegazioni alternative e vorrebbe che i propri figli apprendessero entrambe «per poter scegliere». Probabilmente, prosegue Miller, i creazionisti attirano tante persone creando una falsa scelta tra creazionismo e ateismo. Eppure la scienza e la religione non dovrebbero competere sullo stesso terreno. Esse pongono differenti interrogativi e usano strumenti diversi. Nel 2003 viene citata da piú parti la frase che, in Georgia (USA), i libri di testo che parlano di evoluzionismo devono riportare: "Questo libro contiene materiali sull'evoluzione. L'evoluzione é una teoria, non un fatto, a proposito dell'origine della vita. Questo materiale deve essere considerato con una mente aperta, studiato con cura e considerato criticamente." A prescindere dal fatto che tutti i libri (Bibbia compresa) andrebbero "considerati con una mente aperta, studiati con cura e considerati criticamente", le teorie scientifiche sono (appunto) congetture che tentano di spiegare i fatti e vanno ritenute valide fintanto che non sono confutate dai fatti stessi. I creazionisti devono fornire spiegazioni valide che dimostrino la superioritá della loro teoria. Una prima, riduttiva, definizione di creazionismo, potrebbe essere quella di definire creazionista come colui che crede alla creazione cosí come viene descritta dalla Bibbia. In realtà pochi credenti, a eccezione di qualche testimone di Geova, accetterebbero una versione così radicale del creazionismo. Molti credenti non hanno nessuna difficoltà ad accettare il principio dell'evoluzione secondo cui le specie si evolvono tramite lente mutazioni del loro DNA. Non é questo il problema, il problema sta nel fatto che Darwin sosteneva che queste mutazioni erano casuali. Le specie deriverebbero quindi da errori nella duplicazioni del DNA (mutazioni) e non c'é un fine all'evoluzione: é un processo puramente casuale. Questa é la vera bomba lanciata da Darwin: egli critica ogni visione (in particolare quella cristiana) di uno scopo nell'evoluzione e nella comparsa dell'uomo. La soluzione di compromesso proposta é quindi quella di ammettere la verità dell'evoluzione, ma negandone la casualità, ossia affermando che essa sarebbe guidata da un preciso progetto divino. Ma quale é il progetto? Questi argomenti non sono scientifici, nel senso che una risposta a questa domanda non può essere trovata nei fatti. Inoltre non é possibile verificare sperimentalmente se le mutazioni avvengono per caso o secondo un progetto: quindi da questo punto di vista le due teorie sono equivalenti, bisognerebbe però spiegare il progetto dietro alle mutazioni che avvengono ogni giorno senza conseguenze o con conseguenze letali (é il caso della stragrande maggioranza delle mutazioni genetiche). Inconcepibile un Dio che progetti le malattie genetiche. Di suo, il creazionismo non spiega nulla! Quindi siamo di fronte a due teorie che spiegano le cose allo stesso modo ma una (il creazionismo) fa appello a enti metafisici non verificabili, basta questo per scartarla (applicando il Rasoio di Occam - un principio metodologico espresso nel XIV secolo dal filosofo e frate francescano inglese William of Ockham, impone di evitare cioè ipotesi aggiuntive, quando quelle iniziali sono sufficienti. Se una teoria funziona è inutile aggiungere una nuova ipotesi). Riassumendo L'evoluzionismo, al pari di tutte le teorie scientifiche, é da ritenersi la migliore spiegazione dei fatti che abbiamo finora: non é la Verità ed é passibile di revisioni ed emendamenti quando nuovi fatti diverranno evidenti. Il creazionismo, se vuole soppiantare l'evoluzionismo, deve fornire fatti che dimostrino la sua maggiore plausibilità o presentare una teoria più coerente e non puó semplicemente limitarsi a criticare l'evoluzionismo. Inoltre, qualunque riferimento a Dio o a miti della creazione deve spiegare perchè una particolare visione religiosa debba preferirsi ad un'altra. A onore di Darwin c'é da dire che quando professò al sua teoria era solo, di fronte al mondo accademico e religioso: credo che se la sua teoria é riuscita ad imporsi in questo modo, questo dipenda dalla sua bontà. 4 marzo 2009 Scoppia la pace tra Chiesa cattolica e Darwin. Annuncia monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Consiglio pontificio per la Cultura: «Darwin si può conciliare con la Genesi». C' è uno «spazio sufficientemente ampio» per credere nella base scientifica dell' evoluzione e al tempo stesso per la fede in un Dio creatore. Ciò che il Vaticano respinge è che l' evoluzionismo provi l' «inesistenza» di Dio, come sostiene il biologo Richard Dawkins. Il Vaticano non si oppone «a nessuna realtà scientifica». Già Pio XII e poi Giovanni Paolo II, non vedeva contraddizione tra la scientificità dell' evoluzionismo e la fede in un Dio animatore della «scintilla» all' origine del creato. Il problema di Darwin era quello del trasferimento alla discendenza delle piccole variazioni. MENDEL La trasmissione dei caratteri ereditari I geni, o determinanti ereditari, sono le unità di informazione ereditaria che vengono trasmesse da una generazione alla successiva. Essi sono frazioni di DNA presenti nei cromosomi. (genoma umano ⇒ 8 milioni di geni). Il gene può presentarsi in 2 o più forme alternative, chiamate alleli (allele ⇒ configurazione di un certo gene). Se un gene presenta almeno 2 diversi alleli si parla di polimorfismo. Il genotipo è l’insieme dei geni posseduti da un individuo per un carattere. Il fenotipo è la manifestazione esterna di un carattere. Il locus genico è la posizione specifica che un gene occupa nel cromosoma, quindi tutte le forme alleliche di un gene si trovano in posizioni corrispondenti su cromosomi geneticamente simili (i cromosomi omologhi). Le leggi di Mendel Mendel (1865) prese per il primo esperimento una pianta di pisello dal seme verde ed una dal seme giallo; incrociandole, si accorse che tutte le piantine figlie del primo incrocio avevano il seme giallo, mentre il verde sembrava scomparso. Questa osservazione fu alla base della prima legge di Mendel o del carattere dominante: poiché nelle piante figlie c'è sempre solo un colore dominante, allora ci deve essere un fattore dominante che determina il colore, ed uno recessivo, che rimane allo stato latente. Gli esperimenti di Mendel continuarono con la seconda generazione di piante figlie; egli fece incrociare le piante di prima generazione e vide che quelle di seconda generazione erano per ¾ gialle ed ¼ verde. Così fu enunciata la seconda legge di Mendel o della disgiunzione: in un rapporto di 3:1, il carattere recessivo della prima generazione torna ad essere presente nella seconda generazione, accanto al carattere dominante. Evoluzione uomo Fu Charles Darwin, nel 1871, ad affermare per primo, nel suo libro "The descent of Man" (L'origine dell'uomo), che anche noi siamo esseri viventi come tutti gli altri, e che quindi siamo soggetti alle stesse leggi che governano i fenomeni naturali. L'uomo, pertanto, deve aver avuto degli antenati i quali, a loro volta, dovevano possedere delle caratteristiche simili a quelle degli animali cui egli oggi assomiglia di più, cioè le scimmie. Di qui il falso convincimento che Darwin avesse detto che l'uomo discende dalle scimmie. In realtà l'uomo non può derivare da un animale che gli è contemporaneo. Darwin affermò semplicemente che uomo e scimmia dovevano aver avuto, in un tempo non molto lontano, antenati comuni. Tutti i ritrovamenti fossili riguardanti la specie umana sono stati rinvenuti praticamente nel secolo scorso e provengono in prevalenza dall'Africa, ma alcuni reperti importanti sono stati trovati anche in Asia e in Europa. Due milioni di anni fa vivevano contemporaneamente, in Africa, due tipi diversi di Ominidi: gli Australopiteci e quelli del genere Homo. Antenato comune???? Ominidi (oranghi, scimpanzé, gorilla, genere Homo) i cui discendenti presero due strade evolutive diverse Australopiteci ("scimmie australi" cioè scimmie del sud) encefalo piccolo e molari grossi non erano scimmie, ma uomini primitivi che si sono estinti senza lasciare discendenti Homo encefalo grande e molari piccoli sono i nostri più diretti antenati e si sono evoluti fino a pervenire alla nostra specie. Le scoperte più sensazionali di questi ultimi anni sono state fatte in Africa, si tratta di Australopiteci che vivevano nella savana e che avevano già acquisito un eccellente adattamento all'andatura eretta. Nel 1961, nella gola dell'Olduvai, uno dei figli di Louis Leakey, Jonathan, rinvenne due frammenti di cranio e una mandibola incompleta di un Ominide apparentemente più evoluto dell'Australopiteco. La sottigliezza delle ossa, i molari di piccole dimensioni e il volume della scatola cranica decisamente superiore a quello di analoghi reperti trovati in precedenza, lasciavano immaginare che dovesse trattarsi di un individuo di costituzione un po' meno robusta di qualsiasi australopiteco noto. Lucy fu scoperta da una spedizione franco-americana guidata dai paleoantropologi Yves Coppens e Donald C. Johanson, nel 1974. Insieme ad ossa di coccodrilli, di roditori e di elefanti vennero ritrovate, nella valle desertica degli Afar in Etiopia a Dikik, a una sessantina di kilometri da Addis Abeba, alcune ossa di Ominidi che poi furono riconosciute come appartenenti ad un unico individuo. Quell'individuo era una giovane femmina vissuta più di tre milioni di anni fa. Dalla struttura dello scheletro (completo al 40%), si poteva facilmente dedurre che essa era in grado di camminare in posizione eretta. Il nome di Lucy fu ispirato da una canzone dei Beatles molto in voga a quel tempo: "Lucy in the Sky with Diamonds" (usata, fra l’altro, anche come crittogramma della sostanza allucinogena LSD) che i ricercatori ascoltavano di frequente alla radio durante le operazioni di scavo. L'anno successivo al ritrovamento di Lucy (1975), la spedizione guidata da Donald Johanson fece un'altra scoperta sensazionale. Sul fianco eroso di una collina furono individuati i resti di un gruppo di individui che molto probabilmente morirono tutti insieme in seguito ad una catastrofe naturale, forse un'inondazione. Furono recuperati centinaia di denti e di frammenti ossei, appartenenti ad almeno tredici indivi-dui (di cui quattro bambini) che qualcuno pietosamente battezzò "Prima famiglia". Si trattava di esemplari con caratteristiche simili a quelle di Lucy. A tutti questi Ominidi venne alla fine assegnato il nome scientifico di Australopithecus afarensis (da Afar, il deserto etiopico in cui fu ritrovata Lucy). Le impronte di passi dei tre Ominidi furono rinvenute nel 1976, su uno strato di cenere vulcanica fossilizzata, da una spedizione scientifica guidata dalla celebre paleoantropologa Mary Leakey, moglie dell'ancor più famoso Louis Leakey capostipite di una famiglia di ricercatori che da oltre cinquant'anni opera in Africa orientale nella cosiddetta valle del Rift (Rift Valley). Nei pressi di Laetoli in Tanzania sorge un vulcano, oggi spento, ma che alcuni milioni di anni fa era attivo ed eruttava lava insieme ad una gran quantità di ceneri e di lapilli. Su questo materiale polverulento, bagnato dalla pioggia, lasciarono le loro impronte tre ominidi che camminavano su due gambe come noi e i cui piedi non erano, per forma, molto diversi dai nostri. Il terreno su cui si sono conservate le tracce dei tre individui risultò avere un'età di 3,7 milioni di anni. Nel settembre 2006 proprio nel luogo in cui trovarono Lucy, a Dikik fu trovata Selam (in amarico, significa Pace). All'età della sua morte aveva solo tre anni. L'Australopiteco dell'Afar aveva un corpo da uomo e una testa da scimmia, ma in realtà esso era diverso sia dall'uomo moderno sia dalle attuali scimmie antropomorfe. Studi sulla dentatura fanno ritenere che l'alimentazione degli Australopiteci dell'Afar fosse costituita da prodotti duri, come ad esempio noci e granaglie. Questo prova che l'Australopiteco non viveva più nella foresta, dove vivono tuttora scimpanzé e gorilla e dove si mangiano frutti e vegetali molli, ma nella savana dove si trovano alimenti più duri. Il motivo per il quale l'uomo primitivo si sarebbe allontanato dalla foresta per andare ad abitare nella savana oggi viene spiegato facendo ricorso ad una serie di eventi naturali conseguenza di un fenomeno geologico di più vaste proporzioni che ha coinvolto tutta la superficie terrestre e che prende il nome di "deriva dei continenti". Circa 35 milioni di anni fa, in Africa orientale si realizzò la formazione della frattura tettonica lunga oltre 5 mila chilometri che determinò profonde depressioni e solcature che caratterizzano oggi la fascia orientale dell'Africa e che prende il nome di Rift Valley. Questi mutamenti determinarono variazioni sull'ambiente della regione - attraverso una drastica diminuzione della copertura arborea a vantaggio di ambienti aperti tipo savana - le quali agirono come principale agente selettivo tra le specie esistenti. Mappa della Rift Valley. Si è creata dalla separazione delle placche tettoniche africana e araba, che iniziò 35 milioni di anni fa, e dalla separazione dell'Africa dell'est dal resto dell'Africa, processo iniziato da 15 milioni di anni. Il Kilimanjaro (o Kilimangiaro), con i suoi tre coni vulcani Kibo, Mawenzi e Shira, è uno stratovulcano inattivo, situato nella Tanzania nord-orientale. Con i suoi 5895 metri è la montagna più alta del continente africano e uno dei vulcani più alti del mondo. Da quelle parti vivevano anche i nostri più lontani antenati che nel frattempo la faglia del Rift aveva separato in due gruppi: quelli che rimasero ad ovest, dove persistette l'ambiente di foresta equatoriale, si sarebbero poi differenziati nelle attuali scimmie antropomorfe (scimpanzé, gorilla, orango), mentre quelli che si trovarono ad est, in ambiente di savana, dettero origine agli Australopiteci, cioè a quel gruppo di organismi che si sarebbe separato definitivamente dal mondo animale. Questa ipotesi è stata chiamata scherzosamente dal paleoantropologo francese Yves Coppens "East Side Story" (La storia del lato est). Secondo Coppens quindi non fu l'Ominide ad uscire dalla foresta per dirigersi verso la savana, ma fu piuttosto la foresta stessa a scomparire sotto i suoi piedi In particolare, i Primati che più si erano specializzati nella vita arboricola risentirono fortemente di questi cambiamenti, estinguendosi o adattandosi alle nuove condizioni ecologiche. Alcuni di questi adattamenti (la postura, la deambulazione, le scelte alimentari, le dimensioni dell'encefalo, la forma e le dimensioni dello scheletro) determinarono l'inizio dell’evoluzione dell'uomo con le prime forme di Ominidi circa 6 milioni di anni fa. La specie uomo quindi potrebbe essersi formata in Africa 50-100.000 anni fa e abbia poi migrato e progressivamente sostituito l'H. erectus in Asia e l'H. neanderthalensis in Europa Le mutazioni che si susseguirono sull'Australopithecus africanus indubbiamente furono svariate ma una fu decisiva su tutte le altre: l'ingrandimento del cervello. Questo aumentò, nell'Homo habilis, del 50% rispetto a quello del suo predecessore. Uno sviluppo così spropositato dell'encefalo, che mai si era realizzato in alcun altro animale e che mai si realizzerà in seguito, consentirà di risolvere con efficacia i problemi che la nuova situazione ambientale stava producendo. Questi, fondamentalmente, erano problemi legati alla ricerca del cibo. Come abbiamo visto, all'Homo habilis succede l'Homo erectus. Aveva un cervello con un volume superiore a 1000 cm³, cioè di poco inferiore al nostro. Il primo fossile di Homo erectus venne trovato a Giava. Circa 200.000 anni fa l'Homo erectus venne definitivamente soppiantato dall'Homo sapiens con il quale si conclude la nostra storia. Il famoso 'anello mancante' tra uomo e scimmia non è stato però tuttora ben individuato. La documentazione paleontologica sta alla base delle ricostruzioni del nostro passato, ma i fossili sono molto frammentari perchè sia i nostri antenati delle foreste che quelli della savana vivevano in ambienti poco favorevoli alla fossilizzazione. Le origini più remote dell'uomo si possono rintracciare già 20 milioni di anni fa, dove, sugli alberi, viveva il Purgatorius, che somigliava ad un piccolo ratto e si nutriva di vegetali. Era uno di quei piccoli mammiferi che probabilmente sta alla base della linea evolutiva che porterà ai primati e quindi all'uomo. 20 novembre 2004 Il più remoto antenato delle grandi scimmie e dell' uomo è stato scoperto in Spagna, vicino a Barcellona. Battezzato Pierolapithecus catalaunicus è «l' anello mancante» tra le specie vissute prima e quelle da cui sono poi nati in seguito i grandi primati oggi presenti come bonobo, scimpanzè e gorilla, ma anche l' uomo. Il 20 Maggio 2009 l’annuncio non è la scimmia ma Ida, l’anello mancante della evoluzione. Vissuto tra 37 e 47 milioni di anni fa, costituirebbe infatti l’anello mancante tra i primi piccoli mammiferi e la linea evolutiva dei primati, da cui sarebbe poi disceso l’Homo sapiens. Scoperto nella famosa località fossilifera di Messel, in Germania, è stato presentato il 20 maggio 2009 al Museo di Storia Naturale di New York come un passaggio fondamentale per comprendere gli sviluppi dell'evoluzione umana. E' il primo scheletro intero mai trovato di un particolare tipo di un animale che si chiamava Adapide, battezzato Darwinius masillae. 2 ottobre 2009 Ardi l'anello mancante tra uomo e scimpanzè. Gli scienziati hanno annunciato la scoperta del più antico scheletro fossile di un antenato dell'uomo. La scoperta rivela che i nostri antenati hanno subito una fase sconosciuta alla teoria dell'evoluzione, più di un milione di anni prima di Lucy, infatti i primi antenati dell'uomo camminavano sulla Terra 3,2 milioni anni fa. L' ominide è stata chiamata Ardipithecus Ramidus, aveva un piccolo cervello, pesava 50 kg ed era di sesso femminile, ed è soprannominata dagli studiosi "Ardi".