Bibbia e liturgia - Diocesi di Assisi

Transcript

Bibbia e liturgia - Diocesi di Assisi
BIBBIA E LITURGIA
di don Nazzareno Marconi
Il Concilio Vaticano II, sia nella Sacrosanctum Concilium (SC), che nella Dei Verbum (DV) ha
indicato l’importanza dalla reciproca sinergia tra Bibbia e Liturgia. Ha voluto operare il recupero
della presenza della Scrittura nell’azione liturgica e della conoscenza «soave e viva» di questa
Parola (SC 24). Più che un semplice aumento della «quantità» della Scrittura, la riforma del
Vaticano II ha mirato soprattutto ad una presenza di «qualità» della Parola di Dio nel cuore e nella
vita dei credenti (DV 8), ad una sua profonda accoglienza, intelligenza, conoscenza, esperienza. Ed
è evidente che il terreno della liturgia era cruciale per realizzare questo progetto.
La SC e la DV propongono due principi generali.
1- L’intima connessione esistente tra la Parola di Dio e la celebrazione: la duplice mensa.
2- La presenza di Dio e di Cristo nella Sacra Scrittura, quando è proclamata al suo popolo.
La Bibbia nella Liturgia secondo la SC
Dice la SC: «Massima è l'importanza della sacra Scrittura nella celebrazione liturgica. Da
essa infatti vengono tratte le letture da spiegare nell'omelia e i salmi da cantare, del suo afflato e
del suo spirito sono permeate le preci, le orazioni e gli inni liturgici, e da essa prendono significato
le azioni e i segni. Perciò, per favorire la riforma, il progresso e l'adattamento della sacra Liturgia, è
necessario che venga promossa quella soave e viva conoscenza della sacra Scrittura, che è attestata
dalla venerabile tradizione dei riti sia orientali sia occidentali» (SC 24).
Poco oltre: «Affinché risulti evidente che, nella Liturgia, rito e parola sono intimamente
connessi, nelle sacre celebrazioni, la lettura della sacra Scrittura sia più abbondante, più varia e più
adatta» (SC 35).
Trattando poi della riforma della Liturgia eucaristica, la stessa Costituzione richiama
l’esigenza di una maggiore ricchezza biblica nella Messa: «Affinché la mensa della parola di Dio
sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della
Bibbia, di modo che, in un determinato numero di anni, si leggano al popolo le parti più
importanti della sacra Scrittura» (SC 51). Anche per la riforma della Liturgia delle Ore si dice: «La
lettura della sacra Scrittura sia ordinata in modo che i tesori della parola divina siano accessibili
più facilmente e in maggior ampiezza» (SC 92a).
Data l’importanza di questa «fonte», di questa «mensa» (sono le immagini più ricorrenti
per indicare la sorgente biblica da cui la Liturgia attinge le sue principali risorse) anche i «testi
destinati al canto sacro siano conformi alla dottrina cattolica, anzi siano presi di preferenza dalla
sacra Scrittura e dalle fonti liturgiche» (SC 121).
La presenza di Cristo nella Parola secondo la SC.
Il motivo, il fondamento di tale importanza, sta nel fatto che Cristo stesso è «sempre
presente e operante, soprattutto nelle celebrazioni liturgiche» (SC 35): «È presente nella sua parola,
giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura» (SC 7), « nella Liturgia,
infatti, Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo Vangelo» (SC 33).
Dalla raccolta di queste varie citazioni della SC è possibile avere un quadro d’insieme del
desiderio della riforma conciliare, intesa come una triplice acquisizione:
A- offrire con maggiore abbondanza, più varietà, migliore scelta, la mensa della Parola;
B- B- favorire una soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura;
C- C- tradurre i testi nella lingua del popolo, senza emarginare la lingua latina (SC 36).
1
Bibbia e Liturgia nella DV
La Dei Verbum contiene numerosi riferimenti al tema: Bibbia e Liturgia. Parlando della
venerazione che la Chiesa ha sempre dato alle divine Scritture, DV dice che il motivo di tale
venerazione sta nel fatto che anche le Scritture sono il Corpo «sacramentale» di Cristo come lo è
l’Eucaristia; Parola e Pane sono lo stesso Corpo di Cristo che viene offerto in nutrimento ai fedeli.
Da qui l’espressione dei Padri sulla duplice mensa: la mensa della Parola e la mensa del Pane.
Con la stessa sollecitudine con cui si offre il Pane eucaristico, deve essere offerto anche
«l’alimento delle Scritture, che illumini la mente, corrobori le volontà, accenda i cuori degli uomini
all’amore di Dio» (Pio XII citato in DV 23).
L’importanza della mensa della Parola nell’azione liturgica è così rilevante che: non è
concepibile un’azione sacramentale senza che alla Liturgia del Sacramento sia premessa la Liturgia
della Parola. A proposito della celebrazione eucaristica si dice: «La Messa è costituita da due parti,
la “Liturgia della Parola” e la “Liturgia eucaristica”; esse sono così strettamente congiunte tra di
loro da formare un unico atto di culto. Nella Messa infatti, viene imbandita tanto la mensa della
Parola di Dio quanto la mensa del Corpo di Cristo, perché i fedeli ne ricevano istruzione e
nutrimento» (Prenotanda al Messale Romano 8).
Senza escludere la lettura privata e lo studio assiduo della Scrittura, la proclamazione
liturgica è il luogo privilegiato dove i fedeli possono attingere «le sovrabbondanti ricchezze della
Parola divina» (DV 25).
L’Omelia svolge a questo proposito un servizio particolare, a patto che coloro che offrono al
popolo di Dio questa «prima carità» siano loro per primi nutriti della «sublime scienza di Gesù
Cristo» (Fil 3,8), affinché non diventi «vano predicatore della Parola di Dio all’esterno colui che
non l’ascolta dentro di sé» (DV 25).
La Chiesa guarda alle Scritture come «nutrimento e regola» della fede. «Nella Parola di Dio
poi è insita tanta efficacia e potenza, da essere sostegno e vigore della Chiesa, e per i figli della
Chiesa saldezza della fede, cibo dell’anima, sorgente pura e perenne della vita spirituale» (DV 21).
Pertanto «È necessario che i fedeli abbiano largo accesso alla Sacra Scrittura» della quale devono
essere approntate con sollecitudine appropriate e corrette traduzioni dai testi originali nelle varie
lingue (DV 22).
L’ORIGINE DEL LEZIONARIO.
Per rispondere a queste esigenze l’azione più significativa del Concilio è stata
l’elaborazione del nuovo lezionario. Fare un po’ di storia e capirlo meglio è importante.
Origini storiche
Nell'antichità sono stati gli Ebrei a creare per la prima volta un programma di letture
bibliche assegnate per il culto nella sinagoga. Selezioni erano tratte dalla Torah in lettura quasi
continua commentata con brani adatti tratti dai profeti o dagli scritti. Un esempio evangelico in
Luca 4,16-21, quando Gesù si trova davanti un testo preassegnato di Isaia 61,1-2, solo che non lo
usa per commentare il brano tratto dalla Torah che non viene neppure ricordato, ma per
commentare il Vangelo, cioè ciò che Dio in Lui stava compiendo. Dà così origine alla nuova
struttura liturgica cristiana. I primi cristiani infatti adottarono l'usanza ebraica di leggere durante il
culto estratti dall'Antico Testamento il sabato. Presto a questo aggiungono letture dagli scritti degli
apostoli e soprattutto degli evangelisti.
2
I lezionari sia ebrei che cristiani si sviluppano poi durante i secoli, consolidandosi nel
quarto secolo.
Nella storia dell'Occidente, Gregorio Magno (504-604), la chiesa in Gallia, ed Alcuino di
York (c. 735-804), consigliere di Carlo Magno, si considerano all'origine dello sviluppo che, nella
Chiesa cattolica romana, vede definire come norma la struttura di una lettura dall'Antico
Testamento, una dalle lettere apostoliche ed una dai Vangeli, con quest'ultima che è considerata la
principale. A queste si aggiunge uno dei Salmi.
Normalmente un lezionario attraversa le Sacre Scritture secondo un modello logico, come
era la lectio continua della Torah nella Sinagoga.
La Riforma protestante ricevette l'eredità del Lezionario, ma anche su questo si esercitò il
suo forte spirito critico. I riformatori radicali lo respinsero. Zwingli gli preferì la lectio continua,
Calvino una sola lettura biblica. Lutero critica la scelta tradizionale dei testi delle epistole come
troppo moralistica.
La Confessione augustana considera il Lezionario "tradizioni umane" e quindi, come tale è
soggetto a critica, adattamento oppure rifiuto. Lutero ammonisce la chiesa sul pericolo di
tradizioni inflessibili per il culto che possono trasformarsi in "leggi dittatoriali che si oppongono
alla libertà della fede".
Queste posizioni mostrano per converso quanto il Lezionario può essere prezioso, esso è la
guida della chiesa che ci aiuta, usando la Bibbia per commentare la Bibbia, ad incontrare in
maniera giusta e corretta la Parola di Dio.
Fino al Concilio Vaticano II i cattolici usavano un lezionario che si ripeteva su base annuale.
Questo Lezionario annuale forniva le letture per il culto domenicale e per il culto dei santi
principali.
Dopo il Concilio Vaticano II, nel 1969, la Chiesa cattolica romana adottò un nuovo
Lezionario chiamato Ordo Lectionum Missae, che viene pure accolto, con alcune modifiche da molte
chiese protestanti nel "Lezionario comune riveduto".
Il Lezionario comune riveduto (Common Revised Lectionary, RCL) è una raccolta di testi per
il culto domenicale elaborata nel 1983 negli Stati Uniti da un comitato ecumenico (la Consultation
on Common Texts di cui fanno parte cattolici e protestanti) e adottata ufficialmente dalle principali
denominazioni protestanti nei paesi di lingua inglese. Questo lezionario segue fondamentalmente
l'impianto del nuovo lezionario cattolico, ma rispetto ad esso sviluppa ulteriormente
(particolarmente per quanto riguarda l'Antico Testamento) il principio della "lettura semicontinua" della Bibbia, articolata su un ciclo di tre anni.
Il ciclo di lettura è identificato dalle lettere A, B, e C.
•
Anno A: la maggior parte dei testi evangelici dal vangelo secondo Matteo a
cominciare dalla prima domenica di Avvento 2010.
•
Anno B: la maggior parte dei testi evangelici dal vangelo secondo Marco a
cominciare dalla prima domenica di Avvento 2011.
•
Anno C: la maggior parte dei testi evangelici dal vangelo secondo Luca a cominciare
dalla prima domenica di avvento 2012.
Il vangelo secondo Giovanni è sempre letto a Pasqua ed è usato per altre stagioni liturgiche
incluso l'Avvento, Natale e Quaresima, là dove è appropriato.
3
ordine:
Il ciclo di quotidiano di due anni
Vi è pure un ciclo di 2 anni per il culto quotidiano (anno 1 e anno 2) secondo il seguente
•
Una lettura dall'Antico Testamento o dalle Epistole;
•
Un Salmo responsoriale;
•
Una lettura dai Vangeli.
Queste letture sono generalmente più brevi di quelle della domenica e seguono una lectio
quasi continua della intera Bibbia.
I lezionari orientali
Le chiese orientali (cattolici orientali, cioè quelli uniti con Roma, gli Ortodossi orientali, la
Chiesa assira dell'Est e quelli che non sono in comunione con questi, ma che praticano usanze
liturgiche orientali) tendono a conservare nella loro liturgia l'uso del Lezionario annuale.
La critica al lezionario ed invece il suo valore.
L'uso di un lezionario nell'ambito dei culti domenicali viene criticato da diverse chiese
evangeliche e vari predicatori per diversi motivi, che sono comunque significativi per
comprenderne rischi e valore.
Per quanto si voglia sistematizzare la lettura pubblica della Bibbia, chi crede al carattere
ispirato di tutta la Bibbia e tende ad esasperare l’idea della “sola scriptura” senza nessuna
mediazione ecclesiale, teme che questo sistema possa in un certo qual senso "addomesticare" la
Bibbia in quanto Parola ispirata di Dio e limitare l'opera dello Spirito Santo che porterebbe il
predicatore “ispirato” a scegliere un particolare testo per una determinata situazione in un tempo
particolare. Questo di fatto porta a dare al singolo predicatore quell’autorità “ispirata”, ma con
poco controllo, che si vuol negare alla chiesa. Anche i sacerdoti devono stare attenti perché a volte
nell’omelia parlano di tutto secondo la propria “ispirazione”, distaccandosi dal lezionario
ecclesiale.
Fra le argomentazioni addotte contro, possono essere elencate le seguenti:
La pratica di leggere e di predicare da una selezione di porzioni dei libri della Bibbia
omette parti del racconto, parte dell'argomentazione, parti dei vangeli e parti della Parola, che Dio
ha voluto fossero inclusi nel testo. Il testo viene così umiliato come pure le intenzioni dell'autore. Si
contesta che si pretenda di "migliorare" un testo omettendo quel che si ritiene più opportuno
omettere. Per rispondere a questo la chiesa propone lettura lunga e lettura breve. (NB la lunga e la
forma normale, la breve è quella eccezionale e no viceversa!)
Si mettono in discussione e si "sospettano" le scelte e motivazioni di chi fa queste selezioni.
Di fatto questo è rifiutare il magistero della chiesa che proprio in queste cose si esercita.
In alcuni ambiti protestanti estremisti si contesta l’anno liturgico perché segnato da stagioni
liturgiche che non avrebbero un chiaro fondamento biblico.
Poi l'Avvento e la Quaresima suggeriscono che sia necessario "prepararsi" a ricevere la
grazia di Dio nell'incarnazione e nella risurrezione. Le confessioni di fede protestanti, però,
annunciano una grazia "preveniente" che prescinde e nega una qualsiasi nostra "preparazione", che
così ne risulta teologicamente non appropriata.
4
Di fatto l’uso di un lezionario comune è un grande passo ecumenico, la valutazione anche
fatta da molti protestanti del valore della grande tradizione ecclesiale, l’idea che l’anno liturgico
rafforza di un cammino che va fatto assieme e che questo cammino spirituale non riduce la fede
solo ad azione umana, ma riconosce che nell’agire umano c’è una collaborazione libera e preziosa
alla azione della grazia.
LA PROCLAMAZIONE DELLA PAROLA.
I documenti conciliari danno insegnamenti importanti circa il tipo di proclamazione e di
ascolto, affermando che nella “proclamazione” si attua la presenza “viva” della Parola, come
parola di Dio.
“Nell’ascolto della Parola di Dio si edifica e cresce la Chiesa, e i fatti mirabili che un tempo
e in molti modi Dio ha compiuti nella storia della salvezza, vengono in mistica verità ripresentati
nei segni della celebrazione liturgica; a sua volta, Dio si serve della stessa assemblea dei fedeli, che
celebrano la liturgia, perché la sua parola si diffonda e sia glorificata e venga esaltato tra i popoli il
suo nome” (Ordinamento del Lezionario 7).
La sacramentalità della Parola
La Parola di Dio è presente in pienezza nella proclamazione liturgica davanti alla Chiesa.
La Parola scritta esiste come documento, la Parola proclamata nella assemblea esiste come Parola
relazionale, Parola viva, poiché nel momento in cui esca dalla bocca di Dio, grazie al ministero del
lettore, giunge agli orecchi e al cuore del popolo radunato.
La lettura liturgica è attualizzazione quasi-sacramentale della Parola di Dio. Nella
proclamazione viene posta in essere una duplice presenza dinamica: Dio si cala con la sua Parola
nel nostro oggi e in pari tempo noi veniamo ripresentati all’eterno presente di Dio che parla. La
Parola eterna è relazionata a noi e ricade nell’oggi in cui essa effettivamente ci nutre. La Parola di
Dio è parola che precede ogni nostro intervento, poiché Dio ha sempre l’iniziativa. Dio tiene
l’iniziativa del dialogo, noi siamo interpellati da Dio, che si rivolge a noi con tutta la sua storia di
amore: la rivelazione di Dio a Israele nella storia, la narrazione delle sue meraviglie e del suo piano
di salvezza di tutta l’umanità, che si compie in Gesù di Nazaret, il Verbo incarnato.
Unita alla proclamazione si pone l’attualizzazione che trova nel ministero ecclesiale una
effettiva esplicitazione, anche mediante il possibile e normale completamento: l’omelia.
La lettura solennizzata della Parola di Dio e la sua venerazione
L’entrare della Parola eterna nel nostro oggi fa’ sì che si costituisca un ambiente di teofania.
Dio parla nuovamente al suo popolo e chi lo ascolta è chiamato a togliersi i sandali, come Mosè.
Dio parla mediante il ministero del lettore, apre la sua bocca e nella sua libertà fa coincidere la sua
Parola con quella dei testimoni, ma questo esige che non manchi la preghiera di epiclesi, perché è
lo Spirito che opera.
I Praenotanda dell’ordinamento del lezionario ci indicano tre prospettive attraverso le quali
comprendere il senso della venerazione alla Parola di Dio: lo spazio celebrativo, i ministri propri e
i riti che configurano la celebrazione.
Lo spazio celebrativo: l’ambone, come luogo elevato, stabile, decoroso, adatto a facilitare
l’ascolto, armonizzato con l’altare, suggerisca chiaramente che nella Messa viene preparata la
mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo (OLM 32).
5
I ministeri: lettore, salmista, diacono, che devono essere adeguatamente preparati da una
formazione spirituale e tecnica con una duplice istruzione biblica e liturgica (OLM 55).
I riti della celebrazione della Parola: la bellezza dell’Evangeliario (OLM 35-37),
l’accompagnamento processionale, il modo di proclamare, il bacio e il segno della croce, le
acclamazioni come professioni di fede (OLM 17).
Infine, determinante per la sua efficacia, è la preghiera dell’epiclesi, ove si manifesta
l’azione dello Spirito Santo.
L’ OLM (9) afferma: “Perché la Parola di Dio operi davvero nei cuori ciò che fa’ risuonare
negli orecchi, si richiede l’azione dello Spirito Santo; sotto la sua ispirazione e con il suo aiuto la
parola di Dio diventa fondamento dell’azione liturgica, e norma e sostegno di tutta la vita”.
Abbiamo così il contesto più alto per la proclamazione solennizzata, che, accompagnata da segni
esplicativi, pone al centro il segno della Parola o l’Evangeliario “prezioso” con il quale si visibilizza
quella Parola che solo lo Spirito può far intendere ed accogliere come Parola di Dio.
Nelle diverse tradizioni liturgiche: cattolica, ortodossa, riformata…la preghiera che invoca
la presenza dello Spirito Santo precede la proclamazione del Vangelo. È una azione epicletica.
Nella tradizione liturgica della chiesa cattolica latina, prima della proclamazione del
Vangelo, il diacono invocando la benedizione è benedetto dal sacerdote con queste parole: “Il
Signore sia nel tuo cuore e sulle tue labbra, perché tu possa annunciare degnamente il suo
Vangelo. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”.
La liturgia bizantina prega: “O Signore, amante degli uomini, fa che risplenda nei nostri
cuori la pura luce della tua divina conoscenza, ed apri gli occhi della nostra mente, perché
possiamo intendere i tuoi detti evangelici”.
Nella tradizione liturgica della Chiesa riformata, il pastore, prima di leggere e predicare,
chiede “a Dio la grazia del suo santo Spirito, perché la sua parola sia fedelmente esposta ad onore
del Suo Nome e a edificazione della Chiesa, e che sia ricevuta in umiltà e ubbidienza, come si
conviene”.
Ancora nella liturgia riformata si trova questa splendida preghiera, ispirata alla Imitazione
di Cristo:
“Signore, noi ti ringraziamo per averci riuniti alla tua presenza, per rivelarci il tuo amore e
sottometterci alla tua volontà. Fa’ tacere in noi qualsiasi altra voce che non sia la tua. E per non
trovare la nostra condanna nella tua Parola, sentita senza essere ricevuta, conosciuta senza essere
amata, ascoltata senza essere messa in pratica, apri mediante il tuo Santo Spirito le nostre menti e i
nostri cuori alla tua verità, nel nome di Gesù Cristo. Amen.”
Infine, nella liturgia latina, la benedizione di un nuovo ambone così recita:
O Dio, che chiami gli uomini
dalle tenebre alla tua ammirabile luce,
accogli il nostro inno di benedizione e di lode;
tu non ci lasci mai mancare
il nutrimento dolce e forte della tua parola
e convocandoci in quest’aula ecclesiale
6
continui a ricordare le meraviglie
da te annunciate e compiute.
Risuoni dunque, o Padre, ai nostri orecchi
la voce del tuo Figlio risorto,
perché corrispondendo all’azione interiore dello Spirito,
possiamo essere non solo ascoltatori,
ma operatori fervidi e coerenti della tua parola.
Da questo ambone i tuoi messaggeri
ci indichino il sentiero della vita,
perché camminando sulle orme di Cristo,
possiamo giungere alla gloria eterna.
7