La sepoltura preistorica c.d. Amanti di Valdaro

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La sepoltura preistorica c.d. Amanti di Valdaro
MUSEO
ARCHEOLOGICO
NAZIONALE
DI MANTOVA
M useo A rcheologico N azionale
Piazza Castello, Mantova
di
M antova
Coordinamento
Elena Maria Menotti
Curatela scientifica
Cristina Longhi
Progetto di allestimento
arch. Alessandro Colombo (Studio Cerri & Associati)
arch. Paolo Tacci
arch. Francesca Rapisarda
In collaborazione con
Il Comitato Amanti a Mantova
Impianti e stampa
Publi Paolini Mantova | aprile 2014
Da molti mesi la Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Lombardia, nel corso della sua azione di tutela, stava
operando a Valdaro nell’area di una grande villa rustica
romana, quando nel febbraio del 2007 fu scoperta una
sepoltura bisoma, di straordinaria importanza.
Quello che colpì subito gli astanti fu vedere i due individui
come stretti in un abbraccio.
Di questa immagine e di questa emozione s’impadronirono
i media che li chiamarono “Amanti di Valdaro”.
Così mentre le indagini degli antropologi e degli archeologi
procedevano, di pari passo essi diventavano il simbolo
dell’amore che vive sempre, oltre la morte.
E ancora oggi, mentre la ricerca prosegue e gli specialisti
continuano a esaminare tutti i dati in loro possesso per
giungere a una più precisa attribuzione culturale, il fattore
umano fa vivere questa coppia nelle emozioni che uguali ma
diverse animano chi li vede.
Non sappiamo perché siano stati sepolti insieme, uno
di fronte all’altra, ma quest’abbraccio, che la morte ha
originato, rappresenta ormai il sentimento forte e tenace che
supera la morte, quel “forte come la morte è l’amore” di cui
ci parla il “Cantico dei Cantici”.
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Lo scavo
Particolare corredo Tomba 2
Daniela Castagna
Ai margini dell’area dove millenni dopo sorgerà la villa rustica di età romana, sono state rinvenute alcune sepolture di
età preistorica, scavate in una fascia di suolo rossastro, formatosi alla fine dell’ultima glaciazione in una antica depressione naturale. Le fosse, scavate nel suolo e riempite con lo
stesso materiale, non erano ben identificabili e le inumazioni sono state riconosciute per l’affioramento degli scheletri.
L’attenzione degli archeologi è stata subito attirata da una
inumazione bisoma (cosa alquanto rara nel panorama delle
tombe preistoriche) resa ancora più particolare dalla posizione dei due individui, deposti specularmente uno all’altro,
rannicchiati su un fianco, con le teste vicine, le braccia e
le gambe quasi intrecciate. L’eccezionalità del ritrovamento, oltre a scatenare subito l’interesse dei media, comportò
l’immediata decisione di prelevare la sepoltura con un cassero ligneo, per completarne lo scavo e lo studio in laboratorio, scelta estesa anche alle altre inumazioni presenti nei
dintorni.
Nei pressi sono stati riconosciuti due piccoli nuclei di inumazioni: a ridosso della tomba bisoma sono infatti emersi
altri due individui di sesso maschile (20-29 e 30-39 anni),
privi di corredo, mentre ad una distanza di circa quindici
metri un secondo nucleo di tombe comprende tre individui
adulti (tra 20 e 39 anni) ed un individuo di età infantile (7-12
anni). Ad eccezione di quest’ultimo (orientato N-S con testa
a sud), tutte le altre inumazioni formano un insieme omogeneo: la disposizione è parallela, secondo l’asse E-W, con
distanze minime, la posizione dell’inumato è rannicchiata,
Particolare corredo Tomba 2
Particolare corredo Tomba 2
Particolare corredo Tomba 2
Tombe 6, 7, 8
Tombe 6, 7, 8
Tombe 6, 7, 8
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Il corredo
Iames Tirabassi
con arti inferiori fortemente contratti al bacino e piedi in
asse al busto, gli arti superiori ripiegati alle spalle o davanti
al volto; i decubiti sono su fianco destro, con inumato rivolto a sud (Tb. 3, 5, 6, 7, 11) o sinistro, con inumato rivolto
a nord (Tb 8).Tutte le sepolture sono prive di elementi di
corredo o di ornamento personale.
Dall’area delle tombe provengono una freccia ed uno strumento a punta, sempre realizzati su lama a base piana, che
per tipologia sembrano inquadrabili al periodo pienamente
neolitico e che potrebbero indiziare la presenza in antico di
altre inumazioni.
I dati di scavo lasciano aperti numerosi quesiti: le sepolture
possono infatti essere considerate come un nucleo coevo, per
la loro ravvicinata disposizione, ma le differenze di orientamento e la presenza-assenza di corredo porterebbero a non
escludere due distinti momenti cronologici, con la tomba
bisoma più antica e forse pienamente neolitica, in base ai
reperti rinvenuti, e le altre, prive di corredo e disposte quasi
costantemente con testa a ovest, più recenti (eneolitico?).
Una traccia importante dell’utilizzo anche abitativo della
zona è dato dalla presenza, ad una distanza di circa cento
metri in direzione nord, di una capanna rettangolare (larghezza 7 m, lunghezza conservata 10 m) definita da una
canaletta di fondazione continua e da un allineamento di
buche di palo disposte sull’asse longitudinale centrale; l’impianto costruttivo trova buoni confronti nel sito del Neolitico recente di Travo (PC).
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All’interno della tomba 2 di Valdaro sono stati ritrovati alcuni strumenti di selce, probabili componenti del corredo
funerario. Sull’arto inferiore sinistro dell’individuo maschile
è appoggiata una lunga lama di selce ottenuta con la tecnica
della pressione e modellata con ritocco monofacciale; sulla
faccia ventrale reca sbrecciature d’uso su entrambi i lati. Si
tratta di un manufatto di pregevole fattura, che potrebbe essere considerato una sorta di antecedente del pugnale in selce, in uso durante tutta l’età del Rame, il cui manico in legno
non si è conservato.
Altri due strumenti nello stesso materiale sono posti a ridosso dell’osso del bacino, parzialmente sovrapposti, potevano
dunque essere raccolti in un contenitore portato al fianco, e
sono: una punta ottenuta riutilizzando la lama di un falcetto, la cui faccia ventrale presenta rare sbrecciature lungo entrambi i lati, e una lama parzialmente bruciata, con ritocco
marginale su entrambi i lati e minime sbrecciature lungo i
bordi della faccia ventrale.
In prossimità delle vertebre cervicali dell’individuo femminile è posta una cuspide di freccia con peduncolo ed alette,
di fattura trascurata, realizzata su una piccola lama di selce
mediante un ritocco foliato quasi coprente su un lato e invadente sull’altro. La presenza di una freccia accanto a un
individuo di sesso femminile è piuttosto rara essendo le frecce solitamente parte del corredo maschile. Questi strumenti,
probabilmente utilizzati in vita dal defunto, per la tecnica di
lavorazione sono caratteristici del Neolitico Recente/Tardo,
una fase poco nota, soprattutto per quanto concerne le sepolture.
L’oggetto più prestigioso e non comune è sicuramente la lama
lunga, foggiata a guisa di pugnale: in Pianura Padana ne è
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stato ritrovato uno simile ad Asola in provincia di Brescia,
mentre oggetti simili sono più diffusi in corredi tombali Italia
centrale durante l’età del Rame (Facies Gaudo e di Laterza).
Altri elementi per la collocazione culturale e cronologica della tomba possono essere evinti dal rituale di deposizione; a
questo proposito si rileva il fatto che rispetto alle sepolture
circostanti i defunti della tomba 2 sono stati deposti con il
capo rivolto a nord, mentre gli altri, eccetto un infante con la
testa rivolta a sud, hanno il capo rivolto ad ovest, evidenziando una differenza di deposizione che potrebbe avere valore
cronologico oppure indicare una diversità nel rito determinata da ragioni sociali.
Se si da uno sguardo al territorio circostante, le sepolture neolitiche emiliane e mantovane hanno prevalentemente il defunto collocato sul fianco sinistro con il capo ad oriente. Nelle
tombe dell’età del Rame il rituale prevede per la maggior
parte un orientamento del capo a nord o a ovest.
Per quanto concerne la presenza di due defunti in un’unica
sepoltura, per il neolitico possiamo citare la Grotta Pollera
(Liguria), con una donna rannicchiata sul fianco sinistro e un
neonato deposto sul fianco destro, e quella di Tirlecchia (Matera), con un maschio e una femmina entrambi rannicchiati
sul fianco sinistro. Più numerose le sepolture bisome dell’età
del Rame, ad esempio ne troviamo due nella necropoli di Remedello in cui gli scheletri sono sovrapposti, una a Fontanella
Mantovana in cui i defunti sono ambedue sul fianco sinistro,
una a Spilamberto dove sono deposti due maschi distesi supini. Vi è poi quella della fine dell’età del Rame di S. Cristina
di Fiesse, una capanna sepolcrale accoglieva due rannicchiati
deposti sul fianco sinistro e con capo a est.
Per collocare cronologicamente la tomba è stata inoltre effettuata, dal Centro Universitario Datazioni Milano Bicocca,
una datazione su un campione di osso con il metodo del radiocarbonio, che ha fornito un intervallo tra il 3378 e 3094
BC con l’88,9 % di probabilità (4557±51 BP; calibrata ±
2σ : 3500-3095 BC) e cioè, per l’Italia settentrionale, la fase
iniziale dell’età del Rame.
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Analisi antropoligiche
Ammy Mattucci, Cristina Ravedoni
Considerata l’unicità di questo ritrovamento sono stati eseguiti
studi multisciplinari che hanno indagato in maniera approfondita ogni singolo aspetto riguardante i due soggetti. Inizialmente
è stata effettuata un’accurata esposizione delle ossa dal terreno
effettuando un microscavo in laboratorio in modo da poter studiare tutti gli aspetti legati alla deposizione e favorire le analisi
antropologiche. Successivamente per ogni singolo osso è stato
valutato lo stato di conservazione, il grado di frammentarietà e
la completezza, al fine di valutare oggettivamente il livello di conservazione degli scheletri.
Durante le analisi antropologiche sono stati indagati il grado di
sviluppo delle inserzioni muscolari per stabilire il tipo di costituzione dell’individuo; sono stati valutati fino a 46 parametri morfologici e metrici per dignosticare il sesso e fino a 15 paramentri quantitativi e qualificativi per diagnosticare l’età alla morte
dell’individuo; sono state ricercate tutte quelle anomalie morfologiche, definite caratteri discontinui, che si discostano dalla normalità, ma che non sono da considerarsi patologiche. Infine sono
state indagate prove di eventuali patologie al fine di ricostruire il
loro stato di salute.
Il microscavo in laboratorio ha permesso di capire che la deposizione dei due individui sia avvenuta contemporaneamente, deponendo prima l’individuo A (a sinistra) e successivamente l’individuo B, con un chiaro tentativo di ottimizzare gli spazi della fossa
lasciati liberi dall’individuo A. Per questo motivo l’individuo B è
in una posizione più sollevata e le sue ossa si trovano spesso ad
una quota più superficiale. La conservazione della maggior parte
delle connessioni anatomiche permette di affermare che ci sia
stato un riempimento graduale del volume del corpo, probabilmente dovuto alla presenza di un sudario che bendava i cadaveri
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al momento della sepoltura.
È da sottolineare inoltre che la posizione abbracciata dei due
scheletri è dovuta a modificazioni avvenute in seguito alla decomposizione dei tessuti molli. Infatti l’avambraccio destro
dell’individuo B al momento della sepoltura doveva essere più
flesso, come quello dell’avambraccio destro dell’individuo A, ma
quando radio e ulna non erano più sostenuti né dai legamenti né
dallo spazio occupato dai muscoli, sono scivolati nella posizione
che oggi fa apparire i due scheletri abbracciati.
Il discreto grado di conservazione dell’individuo A ha permesso
di stabilire che fosse una femmina con un’età compresa tra i 16
e i 20 anni, alta 1.49 m e di costituzione normale; mentre l’individuo B, che presenta un peggiore stato di conservazione, è un
maschio con un’età compresa tra i 18 e i 22 anni, alto 1.46 m,
anch’egli di costituzione normale e con un’anomalia alla rotula
definita vastus notch.
Osservando con una luce radente gli elementi dentari, sono state notate sottili linee, dette linee di ipoplasia, che attraversano
trasversalmente alcune corone, indicatori di carenze nutrizionali
sofferte durante la fase della crescita tra 1 e 3 anni per l’individuo
A e tra i 3 e i 4 anni per l’individuo B.
Sulla superficie occlusale dei denti di entrambi i soggetti sono state individuate evidenze di usura e in particolare per l’individuo A
la tipologia di usura può essere spiegata con una possibile origine
occupazionale della dentizione perché le evidenze sono posizionate proprio sulla rima di alcuni denti monoradicolari superiori e
le piccole scanalature hanno forma di “V”.
Sui denti dell’individuo B è stata registrata la presenza di tartaro
che, nonostante non sia una patologia dentale, è un buon indicatore di igiene orale. In particolare è stato notato che la deposizione del tartaro è essenzialmente un piccolo accumulo uniforme
sul lato linguale, soprattutto a livello della linea di incontro tra la
corona e la radice dei denti.
A livello delle ossa degli arti inferiori di entrambi i soggetti sono
state registrate aree circoscritte caratterizzate da uno strato di
osso con superficie irregolare da collegare a periostiti, un’infezione della membrana che riveste le ossa in risposta a infezioni.
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Le fasi d’intervento
Ambra Conservazione e Restauro
1) Documentazione fotografica dello stato di fatto: in particolare il terreno evidenziava profonde fessurazioni.
2) Previa applicazione sugli scheletri di un telo protettivo
(geotessuto) con sovrapposta sabbia di fiume (così da eliminare eventuali zone vuote), è stata eseguita una controforma in vetroresina con Jesmonite* AC 100 ‘Caldic’, un
composto bicomponente formato da un liquido a base
* La Jesmonite è un materiale da colata in due componenti (resine e polvere)
adatto per calchi e riproduzioni: è infatti una combinazione di resine acriliche a
base di acqua e di una struttura di cristallo minerale ad alta resistenza. Priva di
solventi, può essere combinata con rinforzi in fibre di vetro, pigmenti e cariche
decorative. La Jesmonite si presta a una vasta gamma di finiture pigmentate
e strutturate a perfetta imitazione di diversi materiali lapidei (marmo bianco,
cemento, pietra arenario, granito grigio argenteo). Ha un’elevata resistenza
meccanica e durabilità: è particolarmente indicata per essere utilizzata come
composito da colata e da stratificazione, è resistente all’esterno e all’acqua. Il
materiale può essere verniciato con protettivi.
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di resine acriliche e polvere a base di cariche reattive. In
tal modo è stato possibile immobilizzare e preservare gli
inumati.
3) A una profondità di circa 20 cm dalla superficie, sono stati eseguiti lungo tutto il perimetro fori passanti di piccolo
diametro (ø 20). In un primo momento è stata utilizzata
una carotatrice, ma tale strumento compattava troppo il
terreno, bloccandosi dopo soli pochi centimetri di profondità. In un secondo momento si è deciso di utilizzare un
trapano a basso numero di giri senza percussioni con punte lunghe un metro, grazie al quale è stato possibile terminare l’operazione. I fori passanti circa sono stati eseguiti a
una mutua distanza di 2 cm, per un totale di 55.
4) Grazie all’inserimento di cannule in PVC nei fori ottenuti, è stato possibile consolidare il terreno sottostante gli
scheletri, tramite iniezione di resina epossidica bicomponente a bassissima viscosità ‘Epojet LV’. Questo tipo di
resina, adatta per l’iniezione in microfessure, è in grado
di conferire monoliticità agli elementi fessurati e garantisce la loro polimerizzazione senza alcun ritiro ad indurimento avvenuto.
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5) Inserimento di barre in fibra di vetro ad aderenza migliorata a matrice vinilestere tipo FIDASLAN 100 GFRP da
20 mm e di lunghezza 100 cm. Queste barre rinforzate
sono costituite da trefoli di fibra di vetro (matassa) che,
tenuti assieme da una resina termoindurente, si comportano come fossero un elemento unico. L’aderenza migliorata è garantita dal rivestimento con sabbia silicea a
grana grossa.
6) Una volta eseguito un taglio lungo tutto il perimetro del
cassero (tramite una sega circolare), è stato eseguito l’inserimento di angolari precedentemente predisposti con
appositi ganci per il sollevamento.
7) Una volta approntata una struttura provvisionale di sollevamento, è stato possibile innalzare la parte superiore
del cassero (distaccandola da quella inferiore) per andare
a ricollocarlo sul nuovo supporto.
8) Infine, una volta tolto il supporto in jesmonite che proteggeva gli inumati, sono state colmate le zone lacunose del
terreno ed è stata effettuata una blanda pulizia superficiale dei depositi incoerenti tramite tamponcini imbevuti
in acqua distillata. È stato effettuato il fissaggio delle ossa
smosse (tramite una colla a base polivinilica) e sono stati
scollati gli elementi mal posizionati per poterli in seguito
ricollocare in maniera corretta.
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NAZIONALE DI MANTOVA