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ADOZIONE
CASS. CIV., SEZ. I, 12 GENNAIO 2010, N. 260
In materia di adozione del minore, non può ritenersi lesiva del diritto di difesa una
dichiarazione di assenso del genitore biologico ad una forma di adozione meno severa nei
suoi confronti, quale l’adozione mite ex art. 44, legge n. 184 del 1983, – nella specie
giustificata dalla constatata impossibilità di affidamento preadottivo - qualora espressa
nell’ambito della procedura per l’accertamento dello stato di abbandono. In tal senso,
invero, l’accertamento dello stato di abbandono, quale presupposto della dichiarazione di
adottabilità, determina la fine del vincolo con il genitore naturale, laddove, al contrario,
l’adozione mite consente la conservazione del rapporto.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Presidente
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere
Dott. BERNABAI Renato - rel. Consigliere
Dott. SCHIRO’ Stefano - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
I.D. (C.F. (OMISSIS)), in proprio e per conto della figlia minore I.V.C., elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEL PARLAMENTO 3, presso l’avvocato MAORI LUCA,
che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente contro
G.E., nella qualita’ di curatore speciale di I. V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
SILVIO PELLICO 16, presso l’avvocato FALCINELLI FRANCESCO, rappresentato e
difesi dall’avvocato GIOVAGNONI FABRIZIO, giusta procura a margine del
controricorso;
- controricorrente –
contro
A.A., C.E., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI
PERUGIA;
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- intimati – nonche’ da:
A.A. (c.f. (OMISSIS)), C.E. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
DELLA CONCILIAZIONE 44, presso l’avvocato CALDARA GIAN ROBERTO, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZINGARELLI LUIGI, giusta procura in
calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali contro
I.D., G.E., PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI
PERUGIA;
- intimati avverso la sentenza n. 5/2008 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il
27/11/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 18/11/2009 dal Consigliere
Dott. BERNABAI Renato;
udito, per la controricorrente G.E., l’Avvocato GIOVAGNONI FABRIZIO che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato ZINGARELLI che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CENICCOLA Raffaele,
che ha concluso per il rigetto del ricorso principale assorbito il ricorso incidentale
condizionato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Su ricorso del Pubblico ministero, i Tribunale per i minorenni dell’Umbria con decreto
emesso il 16 agosto 2004 disponeva l’apertura del procedimento per l’eventuale
dichiarazione di adottabilita’ della minore I.V.C., ai sensi della L. 4 maggio 1983, 184, art. 10
(Diritto del minore ad una famiglia), figlia di I.D., ricoverata presso l’ospedale di (OMISSIS)
per abuso di sostanze stupefacenti, e di I.D., deceduto. Per l’effetto, sospendeva la potestà
della madre e affidava la minore al servizio sociale del comune di Terni perché ne curasse il
più conveniente collocamento eterofamiliare.
Con successivo provvedimento assunto il 17 febbraio 2007 affidava la minore alla coppia
A.A. e C.E..
Il curatore speciale della minore chiedeva che venisse disposta la c.d. adozione mite, L. n.
184 del 1983, ex art. 44 in favore degli affidatari. Questi, all’udienza del 25 febbraio 2008,
dichiaravano di voler adottare la minore e in pari data la signora I. D., assistita da un
difensore d’ufficio, dichiarava di prestare il suo consapevole consenso.
Con ricorso depositato il 14 maggio 2008 i coniugi affidatari chiedevano formalmente
l’adozione, che veniva dichiarata, all’esito dell’istruttoria dal tribunale per i minorenni, con
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sentenza 27 giugno 2008, su parere conforme del Pubblico ministero, ritenuta la ricorrenza
dei requisiti di legge, dal momento che l’età degli adottanti superava di almeno diciotto anni
quella della piccola I. e che era impossibile disporre l’affidamento preadottivo, dato
l’inscindibile rapporto affettivo venutosi a creare fra lei e i coniugi A., e in considerazione
dell’assenso prestato dalla madre.
Il successivo gravame proposto da I.D. veniva respinto dalla corte d’appello di Perugia,
sezione per i minorenni, con sentenza 27 novembre 2008.
La corte territoriale motivava - che era inammissibile l’impugnazione proposta dalla madre
in proprio, per carenza di legittimazione attiva ex art. 313 cpv. c.c.;
- che era invece ammissibile il gravame proposto in nome della figlia, in forza della
rappresentanza legale che competeva al genitore, nonostante la sospensione della potestà
disposta con provvedimento 16 agosto 2004 ma non accompagnata dalla nomina di un
tutore provvisorio;
- che non costituiva vizio invalidante l’anteriorità del consenso prestato dalla madre, in
nome e per conto della minore, all’udienza del 25 febbraio 2008, rispetto alla proposizione
del ricorso di adozione da parte dei coniugi affidatari in data 14 maggio 2008, dai momento
che la procedura era, in effetti, già pendente: o per trasformazione di quella avviata in
precedenza per la dichiarazione dello stato di adottabilità a seguito della richiesta di
adozione mite L. n. 184 del 1983, ex art. 44 espressa dal curatore speciale della minore, o,
alternativamente, in ragione della domanda implicitamente connessa alle manifestazioni di
volontà informalmente espresse dagli adottanti ed al consenso prestato dalla madre, alla luce
della libertà di forme propria del procedimento;
- che era pure infondata l’eccezione di violazione del diritto di difesa, per mancata assistenza
di un avvocato, dal momento che alla signora I. era stato nominato d’ufficio un difensore da
parte del giudice delegato in occasione dell’udienza del 25 febbraio 2008. come attestato dal
verbale, che dava pure atto della consultazione intercorsa, con la presenza anche di un
assistente sociale prima della prestazione del consenso;
- che era quindi inaccoglibile la tesi dell’errore di diritto sugli effetti legali della propria
dichiarazione, significativa, in realtà, di un ripensamento tardivo, non utilmente
interpretabile come revoca del consenso, preclusa dal L. n. 184 del 1983, art. 47, cit.;
- che, nel merito, sussisteva lo stato di abbandono della piccola V. fin dall’età più tenera, a
causa del decesso del padre e dell’abuso persistente di sostanze stupefacenti da parte della
madre, non valutabile come causa di forza maggiore di carattere transitorio che consentisse
una ragionevole previsione di recupero ad una vita ordinata e di assistenza materiale e
morale della figlia;
- che l’impossibilità di un affidamento preadottivo non ricorreva, in astratto, solo in ipotesi
di mancanza di richiesta da parte di coppie, ed era ravvisabile nel caso di specie perché il
distacco della minore dai coniugi A., con cui si era ormai instaurato un inscindibile rapporto
affettivo, le avrebbe determinato un trauma nocivo, come messo in evidenza nella relazione
degli psichiatri acquisita dal tribunale.
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Avverso la sentenza la signora I.D. proponeva ricorso per Cassazione, notificato il 2
febbraio 2009 e articolato in due motivi.
Deduceva:
1) la violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 44, 56 e 57, (Diritto del minore ad una
famiglia) e degli artt. 313, 314 c.c. e degli art. 737 c.p.c. per lesione del principio del
contraddittorio e del diritto di difesa, perché la corte d’appello aveva ritenuto valido
l’assenso del genitore prestato nell’ambito di un procedimento per la dichiarazione di
adottabilità anteriore alla presentazione del ricorso per adozione in casi particolari da parte
dei signori A. - C., sul presupposto erroneo che si trattasse della trasformazione di una
procedura già pendente; 2) la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d) e art. 57 e la
carenza di motivazione sotto il profilo dell’omesso accertamento dell’impossibilita’ di
procedere ad affidamento preadottivo.
Resistevano con controricorso i sigg. A. e C., con ricorso incidentale condizionato, in due
motivi con cui deducevano la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44 e la carenza di
motivazione nella ritenuta legittimazione attiva della sig. I. in nome della figlia sebbene
l’appello fosse svolto nel solo interesse della prima.
Resisteva altresì, con controricorso, la minore I.V., rappresentata dalla curatrice speciale
avv. G.E..
All’udienza del 18 novembre 2009 il P.G. ed i difensori precisavano le rispettive conclusioni
come da verbale, in epigrafe riportate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Dev’essere preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e del ricorso
incidentale condizionato dei sigg.
A. e C., entrambi proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).
Ancora in via pregiudiziale di rito dev’essere esaminata l’eccezione di difetto di
legittimazione della signora I. a ricorrere in proprio.
L’eccezione e’ infondata.
Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza 3 Novembre 1999, n. 401, che ha
dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. 4 maggio 1983, n.
184, art. 56, comma 4, in relazione all’art. 313 c.c., non appare utile ai fini della
legittimazione del genitore all’impugnazione la distinzione tra l’esercizio dell’azione in
proprio e quella in nomine minoris, risedendo il fondamento della rappresentanza legale
nell’assoluta incapacità del minore di esercitare i propri diritti, cosicché la cura degli interessi
di questo e’ completamente affidata ai genitori (ovvero al tutore): tali soggetti non si
limitano ad esprimere e rappresentare la volontà del minore, ma esercitano la potestà
genitoriale in base ad una propria valutazione circa l’utilità e la convenienza per il minore
degli atti da compiere.
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Passando ora alla disamina del ricorso principale, si osserva che con il primo motivo la
signora I. deduce la violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 44, 56 e 57, (Diritto dei
minore ad una famiglia) e degli artt. 313, 314 c.c. e art. 737 c.p.c..
Il motivo e’ infondato.
La natura informale del procedimento camerale per l’adozione, in casi particolari, di un
minore e’ espressamente affermata dall’art. 313 c.c., richiamato L. n. 184 del 1983, art. 56,
comma 4. Discende da tale principio informatore l’assenza di alcun vincolo di rigida
priorita’ temporale tra gli atti della procedura, restando unica esigenza da tutelare il
preminente interesse del minore (art. 57 legge cit.). La prevalenza di tale interesse porta
quindi a negare la sussistenza di un incolmabile lato processuale, non giustificato da
incompatibilità di disciplina tra le due procedure camerali, rispettivamente, per la
dichiarazione dello stato di adottabilità e per l’adozione in casi particolari: tanto più che la
prima e’ espressamente subordinata, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 11, comma 1,
all’assenza di istanze di adozione c.d. mite, che ben possono sopravvenire, come nella
specie, senza soluzione di continuità.
Ne consegue che non vi sono preclusioni normative alla prestazione dell’assenso del
genitore - dovendosi a tal riguardo, correggere la qualificazione dell’atto come "consenso",
non più richiesto nel testo novellato della L. n. 184 del 1983, artt. 45 e 56 a seguito della
dichiarazione d’illegittimità, in parte qua, di tali norme (Corte cost. 18 febbraio 1988, n. 182)
e sostituito con l’audizione del legale rappresentante del minore - non appena si prefiguri la
possibilità di ricorrere all’adozione in casi particolari: come, nella specie, avvenuto per la
constatata impossibilità dell’affidamento preadottivo, motivata dalla Corte territoriale con il
forte legame affettivo che univa ormai la minore V. ai coniugi A. - C., la cui recisione
avrebbe provocato traumi profondi nella sua psiche.
Del resto la finalità della procedura per la dichiarazione di adottabilità inizialmente in corso
presuppone l’accertamento dello stato di abbandono e quindi la fine del vincolo con il
genitore naturale: effetto più grave di quello conseguente all’adozione cosiddetta mite L. n.
184 del 1983, ex art. 44 che invece consente la conservazione del rapporto. Non può
dunque considerarsi lesiva del diritto di difesa una dichiarazione di assenso del genitore
biologico ad una forma di adozione meno severa nei suoi confronti, espressa nell’ambito
della procedura per l’accertamento dello stato di abbandono.
Priva di pregio appare infine la doglianza, promiscuamente esposta, in forma generica e
incidentale, circa la violazione del diritto di difesa per effetto della nomina del difensore
d’ufficio solo all’udienza del 25 febbraio 2008 dinanzi al tribunale per i minorenni del
Umbria. In realtà, tale nomina appare tempestiva, dopo che la signora I. aveva omesso di
nominare un difensore di fiducia, benché previamente invitata in tal senso dal giudice
delegato del tribunale per i minorenni con il decreto di convocazione per la sua audizione.
Al riguardo, la stessa sentenza impugnata da atto che prima della dichiarazione di assenso vi
era stata un’adeguata consultazione con il difensore d’ufficio e con l’assistente sociale;
giungendo quindi alla conclusione, correttamente motivata, che non vi sia stata alcuna
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violazione del diritto di difesa o vizio-motivo dell’assenso prestato: da ritenere, piuttosto,
oggetto di un tardivo ripensamento.
Con il secondo motivo la ricorrente censura la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44,
lett. d) e art. 57 e la carenza di motivazione sotto il profilo dell’omesso accertamento
dell’impossibilita’ di procedere ad affidamento preadottivo.
Il motivo e’ inammissibile, risolvendosi in una difforme valutazione degli elementi di fatto
apprezzati dalla Corte d’appello di Perugia, avente natura di merito, che non può trovare
ingresso in questa sede.
La corte territoriale ha infatti motivato l’impossibilita’ dell’affidamento preadottivo in
considerazione dell’inscindibile rapporto affettivo venutosi a creare tra gli adottanti e
l’adottanda I.V.. Nel confermare, sul punto, la valutazione del tribunale, essa ha sottolineato
il pericolo di un trauma psichico che, alla luce delle esperienze vissute, avrebbe minato in
modo definitivo il sentimento di fiducia della minore nei confronti della realtà e degli adulti,
con esiti catastrofici sul piano della salute mentale.
Tale affermazione si basa, testualmente, sulla relazione degli psichiatri che avevano
esaminato l’adottanda e rilevato un notevole miglioramento delle condizioni cliniche e di
sviluppo psichico dopo l’affidamento alla coppia A. - C., segnato dal pieno recupero del
primitivo ritardo nello sviluppo psico - fisico globale.
Il ricorso e’ dunque infondato e va respinto; assorbito il ricorso incidentale condizionato dei
sigg. A. e C..
La particolarità della fattispecie giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale;
Compensale spese processuali tra tutte le parti.
Così deciso in Roma, il 18 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010
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