“ Ciòca e berlòca” - Museo Ciòca e Bérloca

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“ Ciòca e berlòca” - Museo Ciòca e Bérloca
Note:
1.
Visitare il sito del museo:
www.museociocaeberloca.it
Oltre quattromila pezzi
esposti, alcuni dei quali
“vecchi” di secoli. Grazie
alle continue donazioni e
alle cessioni in comodato
gratuito,
è
andato
ampliandosi sempre di più il
patrimonio
storico
custodito nel Museo della
civiltà contadina “Ciòca e
berlòca”
di
Cavenago
d’Adda, in Provincia di Lodi.
Il Museo è allestito su circa
400 metri quadrati di
superficie, in ampie sale
situate al primo piano del
palazzo
municipale
di
Cavenago d’Adda (ingresso
dal cortile del municipio).
Nel corso degli anni agli
oggetti raccolti in Cavenago
e nei centri vicini è stato
unito il ricco materiale
proveniente dal soppresso
Museo Etnografico di Montodine, materiale che era
alla ricerca di locali nei quali essere riallestito.
Il Museo della civiltà contadina
“Ciòca e berlòca”
e il Museo della Fotografia
sono visitabili da marzo a ottobre
la terza domenica di ogni mese,
dalle ore 15.00 alle ore 18.00.
E’ possibile prenotare la visita
anche nel corso dell’anno,
telefonando a Cavenago d’Adda:
in municipio ore ufficio tel. 0371.70031
in biblioteca 14.30 - 18.00 tel. 0371 70468
via e.mail : [email protected]
L’ingresso è gratuito.
Dopo un grande lavoro portato a termine da un gruppo
di una decina di volontari (che costituiscono il fulcro
dell’Associazione “Amici del Museo”), nell’ottobre 2004
è stata aperta la prima sala
del museo intitolata “Vie
d’acqua e vie di terra”; risale
alla primavera del 2005
l’inaugurazione ufficiale con
l’apertura definitiva delle
sale rimanenti.
Successivamente nel 2007 è
stato
inaugurato
un
ampliamento con un maggiore
spazio riservato al Museo
della fotografia.
Museo
della civiltà contadina
“ Ciòca e berlòca”
Museo Etnografico
di Montodine
Museo
della Fotografia
“Paola e Giuseppe Bescapè”
Palazzo Comunale
1° Piano
Piazza Matteotti, 1
Cavenago d’Adda (Lodi)
IL MUSEO DELLA CIVILTA’ CONTADINA
Il Museo “Ciòca e berlòca” ospita oltre quattromila
attrezzi. Tra i pezzi più
antichi spiccano due
lunghe e possenti piroghe
scavate in giganteschi
tronchi
di
rovere,
vecchie di mille anni
(affiorate
alla
confluenza del fiume
Serio nell’Adda durante
l’alluvione del 1976) e un
grande
battello
utilizzato sull’Adda fino
nella prima metà del
Novecento dai cavatori di ghiaia. E’ ricchissimo il
materiale collegato alla coltivazione dei campi (falci,
zappe, roncole, badili, trappole per animali, ecc.), alla
vita sul fiume Adda (remi, guadini, reti e canne per
la pesca), all’allevamento del bestiame (abbeveratoi,
catene, oggetti per la mungitura e per la pulizia
delle vacche), alla macellazione (ci sono innumerevoli
attrezzi usati in particolare per i suini), alla coltura
della vite, alla lavorazione del latte, all’allevamento
dei bachi da seta, all’artigianato agricolo (seghe,
martelli, mazze, attrezzi da cascina, ecc.).
Sono una decina i grandi crivelli con maglie di tutte
le dimensioni e una ventina gli aratri ospitati nel
Museo.
Un intero salone è stato dedicato alla casa, con
grandi letti a due piazze,
scaldini e catene per il
fuoco, pentole di rame e
stufe, stoviglie e culle,
tavoli e sedie. Ci sono sei
vecchie macchine da
cucire e altrettante per
la maglieria.
Importante è la sala dedicata alla religiosità
popolare: vi si trovano un magnifico pulpito risalente
all’Ottocento, alcune statue di santi, oggetti delle
antiche Confraternite, carteglorie, atrezzi per
fabbricare le ostie.
Nel corso degli anni questo angolo del Museo di
Cavenago è andato anche arricchendosi con quadretti
raffiguranti la Vergine Maria, la Sacra Famiglia, Gesù
Cristo e tantissimi santi: sono oltre un centinaio di
immagini, alcune delle quali nelle loro cornici originali,
che solitamente erano affisse nelle camere da letto o
nelle chiesette di cascina. E’ curiosa una Via Crucis: si
tratta di quadri in gesso, dipinti a mano, risalenti alla
prima metà dell’Ottocento; sono tredici delle
quattrodici stazioni e alcune figure, in rilievo,
appaiono sbrecciate. Non mancano i pezzi voluminosi
(un grande portone in legno di cascina vecchio di
duecento anni, un carro agricolo, un torchio per l’uva,
uno spazzaneve, due barrette) e pezzi particolari (i
tre antichi orologi dei
campanili di Cavenago,
Caviaga e Montodine,
tutti e tre tornati a
funzionare dopo un
competente restauro).
Ci sono anche collezioni
uniche: un’intera parete
è dedicata agli oggetti
utilizzati dai fabbri ferrai: si tratta della donazione
ricevuta a seguito della scomparsa del vecchio
maniscalco di Cavenago.
Lo stesso dicasi per la zona dedicata al ciabattino,
che raccoglie tutto il materiale che caratterizzava la
bottega del calzolaio locale.
E’ molto ricco anche il settore del falegname, con una
collezione di un centinaiao di pialle di ogni dimensione.
IL MUSEO DELLA FOTOGRAFIA
Adiacenti alla sale del Museo contadino si aprono
quelle del Museo della Fotografia.
La collezione raccolta dal fotografo lodigiano Silvano
Bescapè è composta da attrezzature fotografiche,
fotografie di fotografi lodigiani dell’800 e del ‘900,
fino agli anni Settanta, sale di posa, camere oscure,
arredo da studio, macchine fotografiche ed
accessori, proiettori cinematografici, cornici e foto,
album dell’800 e del ‘900, gigantografie.
Attraverso i pezzi raccolti, si
ripercorre la storia della
fotografia, un’arte passata,
nel breve volgere di un secolo,
da attività difficoltosa e
sperimentale a sofisticata
espressione del nostro mondo
ultra-tecnico.
Si riprendono quindi le tappe
che hanno portato la strada
della fotografia dai suoi
inventori (Niepce, Daguerre,Talbot, quest’ultimo
introdusse l’uso dei negativi) agli attuali prosecutori.
Dopo una breve storia della fotografia, si passa alla
visione degli oggetti veri e propri.
Ed ecco macchine fotografiche di varie fogge e
dimensioni; vi sono pezzi pregiati, grandi quanto una
scatola, semplicissime nell’estetica, essenziali negli
accorgimenti, che magari necessitavano di esposizioni
lunghissime prima di poter catturare l’immagine.
Allora le foto che risultavano
erano tutte rigorosamente in
bianco e nero, alcune di esse
venivano tuttavia colorate a
mano se l’artista che le
eseguiva univa la capacità e
l’inventiva del pittore. Buona
parte dell’archivio fotografico
di Silvano Bescapè riguarda
immagini carpite alla realtà
lodigiana con le sembianze
ottocentesche, nonché personaggi e scorci cittadini
tra i più vari e interessanti. All’interno del museo
della fotografia vi sono i nomi dei migliori artisti
della fotografia lodigiana dell’Ottocento e del primo
Novecento. Si va da Achille Malliani, il primo editore
di cartoline fotografiche, a Cremonesi, da Vescovi a
Sobacchi, fratello di Don Sobacchi sacerdote celebre
per i suoi studi nel campo della riproduzione
fotografica. E poi: Mamoli, Gemelli, Marchi (celebre
bozzettista e pittore di rango), Merli, Fornari, oltre
ai validi fotografi del Basso Lodigiano, Naborri, Bolis,
Sari, Sansoni.