1 Racconti comuni in ballate italiane, svedesi e britanniche: un

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1 Racconti comuni in ballate italiane, svedesi e britanniche: un
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Racconti comuni in ballate italiane, svedesi e britanniche: un confronto
I popoli europei hanno molto in comune a cominciare dalla tradizione popolare. In questa ricerca sulla
ballata messa a punto dagli studenti del Liceo scientifico Allende di Milano e dalla Fyrisskolan di
Uppsala con il coordinamento del Prof. Giordano Dall'Armellina, si evidenzia tale aspetto con
particolare attenzione alle ballate italiane, svedesi e britanniche.
Cominciamo il nostro percorso con una tipica ballata europea raccolta in quasi tutti i paesi del vecchio
continente. Per convenzione riassumiamo tutte le sue varianti sotto lo stesso titolo: La Morte Occultata,
che già ci rivela il tema narrativo dominante. L’origine è scandinava anche se sono le versioni bretoni
quelle che hanno influenzato di più le varianti nelle lingue romanze. Nelle versioni raccolte in
Danimarca, Svezia, Norvegia, Islanda e le Isole Far Øer, il nome dell'eroe è generalmente Oluf, Olof o
Olaf.
La storia si può riassumere più o meno così:
Oluf andò a cavallo prima dell’alba, ma gli sembrò chiaro come se fosse giorno1. Arrivò a una collina
dove c’erano degli elfi che danzavano. Una fanciulla uscì dalla danza, gli mise un braccio intorno al collo
e gli chiese se voleva ballare. Lui rispose che non era venuto nel bosco in cerca di avventure amorose e
che il giorno seguente sarebbe stato il giorno del suo matrimonio. Lei fece un’ulteriore proposta
dicendo che, se si fosse concesso a lei, gli avrebbe offerto regali magici, quali un cavallo che poteva
andare e tornare da Roma in un’ora e una spada tanto bella come mai si era vista su un campo di
battaglia; inoltre tanti oggetti in oro. «Tieniti il tuo oro», rispose Oluf, «io vado dalla mia promessa
sposa.» Lei allora lo colpì sulla guancia tanto forte che il sangue imbrattò il suo mantello, poi lo colpì in
mezzo alle spalle tanto da farlo cadere a terra. Infine disse: «Alzati Oluf e torna a casa, non vivrai più di
un giorno.»
Tornò a casa sfatto; sua madre era al cancello: «Perché torni a casa così triste?» «Prendi il cavallo e
chiama un prete. Corri a chiamare i miei sette fratelli e la mia giovane sposa.» Quando la sposa arrivò
con il suo seguito udì le campane suonare e chiese: «Perché suonano?» «È usanza qui accogliere così le
spose.» Ma appena entrò in casa vide che tutte le donne stavano piangendo. «Perché piangono?» chiese,
ma nessuna rispose. Entrò poi nell’atrio e si sedette sulla panca riservata alla sposa e disse: «Vedo
cavalieri che vanno e vengono ma non vedo il mio Oluf.» La madre ribatté: «Oluf è andato nel bosco
con i falchi e i cani.»
La sera accesero le torce per condurre la sposa al letto nuziale, ma mentre vi si stavano recando, un
paggio di Oluf rivelò la verità: «Il mio signore giace sul baldacchino mortuario e tu dovrai sposare suo
fratello». «Mai arriverà giorno nel quale mi prometto a due fratelli!» Chiese di vedere Oluf e giunta
davanti al baldacchino, tolse la coperta che occludeva il corpo, lo baciò, dopodiché il suo cuore si ruppe
per la disperazione.
Le versioni danesi conosciute come Elverskud hanno influenzato la letteratura tedesca tanto che il poeta
Johann Gottfried von Herder la tradusse in tedesco come Erlkönigs Tochter (La figlia del re degli elfi) e
Goethe la utilizzò per scrivere una ballata romantica.
Quest'ultima ha dato ispirazione a Schubert per la famosa composizione musicale di che porta lo stesso
titolo2.
1
Come spesso accade nelle ballate all’inizio c’è un indizio che prelude a quello che succederà. Il fattore magico della
luce quando dovrebbe essere buio è un tipico trucco attuato dagli elfi.
2
Per il testo in tedesco si digiti Erlkönigs Tochter in internet. Si può anche ascoltare la composizione di Shubert in
YouTube.
Nella versione svedese che segue3 la storia non è completa. Oluf, invece di una fata, incontra una sirena,
ha una relazione amorosa con lei, ma non sappiamo cosa succede dopo.
Herr Olof
Herr Olof han sadlar sin gångare grå
Så rider han sig till havsfruns gård
Herr Olof han red guldsadeln flöt
Han sjunker i havsfruns sköt
Herr Olof ha sellato la sua cavalla grigia,
e ha cavalcato fino alla tana della sirena.
La sua sella d'oro volava sulle onde.
E Herr Olof sprofondò nell'abbraccio della sirena.
Välkommen välkommen herr Olof till mig
I femton år har jag väntat på dig
Var är du födder och var är du buren
Var haver du dina hovkläder skuren?
“O benvenuto, Herr Olof, benarrivato da me!
Sono giusto quindici anni che ti sto aspettando.
Dove sei nato e cresciuto,
E dove furono fatti i tuoi abiti di corte?”
På konungens gård är jag födder och buren
Där haver jag mina hovkläder skuren
Där har jag fader och där har jag mor
Där har jag syster och bror.
“Sono nato e cresciuto nel castello del re
Ed è là che furono fatti i miei abiti di corte.
Là vivono mio padre e mia madre,
E là vivono mia sorella e mio fratello.”
Men var har du åker och var har du äng?
Var står uppbäddad din bruaresäng?
Var haver du din fästemö
Med henne vill leva och dö?
“Ma dove sono i tuoi campi e le tue terre?
E dove mai sta il letto nuziale della tua sposa?
E dove mai sta la tua innamorata
Con la quale vivrai e morirai?”
Där har jag åker och där har jag äng
Där står uppbäddad min bruaresäng
Där haver jag min fästemö
Med henne mig lyster att leva och dö
“Là sono i miei campi e le mie terre,
e là è il luogo dove sta il letto nuziale.
Là è il luogo dove vive la mia innamorata,
Con la quale ho giurato di vivere e morire.
Men hör riddar Olof kom följ med mig in
Och drick ur min kanna det klaraste vin.
Var är du födder var är du buren
Var haver du dina hovklädder skuren
“Entra ora, Herr Olof, siediti qui accanto a me,
E bevi dal mio calice questo chiaro vino.
Ora, dove sei nato e cresciuto
e dove furono fatti i tuoi abiti di corte?”
Här är jag födder och här är jag buren
Här haver jag mina hovkläder skuren
Här har jag fader och där har jag mor
Här har jag syster och bror
“Qui sono nato e cresciuto
e qui sono stati fatti i miei abiti di corte.
Qui vivono mio padre e mia madre,
e qui sono mia sorella e mio fratello”
Men var har du åker och var har du äng?
Var står uppbäddad din bruaresäng
Var haver du din fästemö
Med henne vill leva och dö
“E dove sono i tuoi campi e le tue terre?
E dove mai sta il letto nuziale della tua sposa?
Dove mai vive la tua innamorata,
con la quale vivrai e morrirai?”
Här har jag åker och här har jag äng
Här står uppbäddad min bruaresäng
Här haver jag min fästemö
Med dig vill jag leva med dig vill jag dö
“Qui sono i miei campi e le mie terre,
qui è il luogo dove sta il mio letto nuziale.
Qui è il luogo dove vive la mia innamorata,
Con te io vivrò, con te io morirò”
3 Si può ascoltare questa versione attraverso il sito www.dallarmellinagiordano.it in “guarda i miei video/videos of other
singers/ Garmana/Herr Oluf.”
In questa versione è evidente che il vino bevuto da Olof è in realtà una pozione magica che lo stordisce
e lo trasporta in un'altra dimensione nella quale la sirena si impossessa della sua volontà. Olof non
tornerà più a casa e le sue ultime parole presagiscono la sua fine. Ricordiamoci la credenza popolare
secondo la quale le sirene sono invidiose della vita e fanno di tutto per attrarre gli uomini verso la
morte come già era successo a Ulisse4.
L'incontro con la sirena, che lo aspettava da quindici anni, è parte di un sogno erotico che si evidenzia
proprio il giorno prima delle nozze. Amore sensuale che però porta alla morte. Perché mai Olof
dovrebbe andare dalla sirena proprio alla vigilia delle sue nozze? E' forse la paura di perdere il
potenziale erotico rinchiuso in un matrimonio e non più disponibile per altre avventure?
Dante sottolinea bene questo aspetto nel XIX canto del Purgatorio 5 nel quale il sommo poeta in sogno
trasforma una donna balbuziente in una sensuale sirena. Ne intravede il pericolo e la falsità quando si
rende conto che la sua immaginazione maschile è “traviata” dalla sensualità femminile che si tramuta in
un suo desiderio erotico non più sostenuto e guidato dalla ragione. L'uomo dunque diventa puro istinto
e si allontana dalla ragione dinnanzi ad una prospettiva erotica. La sirena, donna che mostra i sensuali
seni ma non il sesso, attrae in disparte gli uomini per svelare quello che nasconde. Così facendo li porta
alla perdizione. Dante, con l'aiuto di una donna virtuosa e grazie a Virgilio che squarcia le vesti della
sirena, al posto dell'immaginario erotico vede il “marcio” nel ventre di questa e svegliandosi si ravvede.
Olof invece cade nella trappola, sprofonda nell'abbraccio con la sirena, ed è punito per non essersi
ravveduto.
Nelle molteplici versioni scandinave la donna traviatrice può anche essere una fata, figlia del re degli
elfi. Si rimane comunque nel campo dei sogni come in questa variante, tradotta in inglese ma svedese di
origine, ove la storia è più completa e simile a quella precedentemente riassunta.
The Elf King’s Daughter
La figlia del re degli elfi
Sir Olaf rides from house and hall
Till late, his wedding guests to call.
Sir Olaf cavalca di casa in casa
fino a tardi per invitare gli ospiti nuziali.
There, elves are dancing on the green,
Elf King's daughter amidst them is seen.
Là gli elfi stanno danzando sul prato.
Fra di loro c'è la figlia del re degli elfi.
“Welcome Sir Olaf, your hand I'll take,
Come dance and join us for my sake.”
“Benvenuto Sir Olaf, dammi la mano,
vieni a ballare e unisciti a noi per amor mio.”
“I shall not dance nor dance I may,
Tomorrow will be my wedding day!”
“Io non ballerò e neanche posso ballare.
Domani è il giorno del mio matrimonio!”
“Mark well, Sir Olaf, and dance with me,
Two golden spurs I'll give to thee!
Ascolta bene, Sir Olaf, e danza con me:
due speroni d'oro ti darò!
A silken sark snow white and fine,
My mother bleached it by moonshine.”
Un bel vestito di seta bianco come la neve,
che mia madre ha reso bianco col il chiarore della luna.”
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Nella mitologia greca tuttavia le sirene sono metà donne e metà uccelli con artigli come le arpie per catturare gli
uomini attratti alla loro isola (Scilla e Cariddi nell'Odissea) con il melodioso canto sensuale. Attraggono eroticamente per
dare poi la morte. La loro isola era di fatto circondata da ossa in putrefazione di uomini caduti nelle loro grinfie. Solo nel
medioevo vi è la trasformazione da donna uccello a donna pesce. Nella mitologia nordica era considerato di cattivo auspicio
l'avvistamento di una sirena. Il termine inglese mermaid si traduce letteralmente come “vergine del mare” e come tale ha un
richiamo erotico ancora più deciso.
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«Io son», cantava, «io son dolce serena, /che ' marinari in mezzo mar dismago; /tanto son di piacere a sentir piena! /Io volsi Ulisse
del suo cammin vago /al canto mio; e qual meco s'ausa, /rado sen parte; sì tutto l'appago!». ("Io sono, cantava, la sirena che allontana i
naviganti dalla loro rotta, come feci con Ulisse. Chi si abitua a stare con me, di rado poi si allontana, se io tutto lo appago")
“I shall not dance nor dance I may
Tomorrow will be my wedding day!”
“Non ballerò e nemmeno posso ballare:
domani è il giorno del mio matrimonio!”
“Mark well, Sir Olaf, and dance with me,
A mountain of gold I'll give to thee!”
Ascolta bene, sir Olaf, e danza con me:
Ti darò una montagna d'oro!
“To a mountain of gold I'll not say nay,
But I shall not dance nor dance I may.”
“Non dirò no ad una montagna d'oro,
ma non ballerò poiché non posso ballare.”
“If you refuse to dance with me
Illness and pest shall follow thee.”
“Se ti rifiuti di ballare con me
malattia e pestilenza ti perseguiteranno.”
Over his heart she struck amain,
Never he felt such bitter pain.
Lo colpì con violenza sul cuore.
Mai sentì un dolore così forte.
Pale-faced he sat on his horse so tame:
“Go back"”, she cried, “to your worthy dame.”
Pallido si sedette sul suo fiero cavallo:
“Ritorna”, gridò, “dalla tua preziosa dama.”
And when at last he reached his gate
Trembling his mother stood to wait.
E quando infine raggiunse il cancello
sua madre tremante lo aspettava.
“My son, my son, oh tell me true,
Why is your face of deathlike hue?”
“Figlio mio, figlio mio, dimmi la verità:
Perché il tuo viso ha un colore mortale?”
“Of deathlike hue it needs must be
For Elf King's daughter did I see.”
“Di un colore mortale dev'essere,
poiché ho incontrato la figlia del re degli elfi.”
“My son so dear, and loved so well,
What to your bride I needs must tell?”
“Mio caro e amato figlio,
Cosa diremo alla sposa?”
“Tell her that to the woods I'm bound
To exercise my horse and hound.”
“Dille che sono andato al bosco
per allenare il cavallo e il cane da caccia.”
At early dawn, at break of day,
Came bride and guests in their wedding array.
All'alba, all'insorgere del giorno,
arrivarono la sposa e gli ospiti in abiti nuziali.
They feasted and drank of wine and beer.
“Where is Sir Olaf, my bridegroom dear?”
Festeggiarono bevendo vino e birra.
“Dov'è Sir Olaf, il mio caro sposo?”
“Sir Olaf to the woods is bound
To exercise his horse and hound!”
“Sir Olaf è andato al bosco
per allenare il cavallo e il cane da caccia!”
The bride she lifted the cloth so red
There lay Sir Olaf, and he was dead.
La sposa sollevò il panno rosso.
Là giaceva Sir Olaf ed era morto.
E' impossibile determinare quali versioni siano più antiche, ovvero se sia una sirena o la figlia del re
degli elfi la causa della morte di Olaf. Qui Olaf rifiuta la relazione amorosa (rifiuta il ballo, metafora
dell'unione sessuale), ma il suo rifiuto lo porta alla vendetta della fata. Sembra che Olaf capiti per caso
al ballo degli elfi, ma se vogliamo trasformare il sogno in realtà è probabile che sia andato a congedarsi
dall'amante dove l'amore erotico gioca le sue ultime carte per impedire le nozze. L'erotismo è permeato
di magia dove la ragione perde il contatto con la realtà razionale e promette regali magnifici. Olaf qui
reagisce un po' come Dante e rifiuta i regali, ma il diniego porta alla vendetta dell'amante abbandonata.
Storie che si ripetono da secoli, travestite da magiche allegorie nella fantasia popolare.
In altre versioni svedesi6 si trovano queste strofe che rimarcano in maniera più evidente l'idea della
morte occultata, ovvero il tema più ricorrente nelle varianti del sud Europa.
The bride unto her maid spoke so:
“What does it mean that the bells thus go?”
La sposa parlò così alla damigella:
“Perché le campane suonano così?
“It's the custom of this our isle, they reply,
“E' usanza di quest'isola, risposero,
That each young swain ringeth home his bride.Che ogni giovane innamorato suoni alla casa della sposa.
The truth to you to tell I fear,
Sir Olaf is dead, and he's laid in his bier.”
Temo di dirti la verità,
Sir Olaf è morto e giace sul baldacchino.”
And on the morrow, e'er light was the day
Around Sir Olaf's house three ghosts did stray.
E il mattino seguente, non era ancora giorno,
intorno alla casa di Sir Olaf vagavano tre spiriti.
It was Sir Olaf and his young bride
And also his mother, of sorrow she died.
Erano Sir Olaf e la sua giovane sposa
e anche sua madre che morì di dolore.
In Gran Bretagna le versioni raccolte sono state titolate dal Professor Child7 come Clerk Colvill. Le
varianti britanniche sono un po' confuse e senza la conoscenza dei testi scandinavi sarebbe difficile
arrivare ad una comprensione intellegibile.
Clerk Colvill
(Child 42)
Personaggi:
Luoghi:
Clerk Colvill, la sua promessa sposa, una sirena, la madre e il fratello di Clerk Colvill.
Un prato, i pozzi di Slane, la casa di Clerk Colvill.
Clerk Colvill and his lusty dame
Were walking in the garden green,
The belt around her stately waist
Cost Clerk Colvill pounds fifteen.
Clerk Colvill e la sua vigorosa dama
passeggiavano nel prato del giardino,
la cintura intorno alla sua regale vita
era costata a Clerk Colvill quindici sterline.
"O promise me now, Clerk Colvill,
Or it will cost you muckle strife,
Ride never by the wells of Slane,
If you would live and brook your life."
“Promettimi ora, Clerk Colvill,
o ti causerà gran discordia,
di non passare dai pozzi di Slane,
se vuoi vivere e sopportare la tua vita.”
"Now speak no more, my lusty dame,
Now speak no more of that to me;
Did I ever see a fair woman
But I would sin with my body?'
“Non parlare più, mia vigorosa dama,
Non me ne parlare più;
Ho mai visto una bella donna
con la quale peccherei con il mio corpo?
He's taken leave of his gay lady,
Not minding what his lady said,
And he rode by the wells of Slane,
Where washing was a bonny maid.
Ha preso congedo dalla sua signora
non facendo caso a ciò che aveva detto,
e cavalcò presso i pozzi di Slane,
dove una bella fanciulla stava lavando.
"Wash on, my bonny maid,
That wash so clean your sark of silk;"
“Continua a lavare mia bella fanciulla,
che pulisci così bene la tua camicia di seta;”
6
7
Per versioni islandesi si veda Olafur Liljuròs e per una norvegese Olav Liljekrans in YouTube.
Le ballate anglo-scozzesi sono classificate con la numerazione che Francis Child ha dato loro nella monumentale
opera da lui scritta in cinque volumi English and Scottish Popular Ballads.
"It's all for you, gentle knight,
My skin is whiter than the milk."
“E' tutta per te, gentile cavaliere,
La mia pelle è più bianca del latte.”
He's taken her by the milk-white hand,
And likewise by the grass-green sleeve,
And laid her down upon the green,
Nor of his lady speered he leave.
L'ha presa per la sua mano bianca come il latte,
e parimenti per la manica verde erba,
e l'ha stesa sull'erba,
E alla sua signora non chiese il permesso.
Then loud, cried Clerk Colvill,
"O my head it pains me sair;"
"Then take", the maiden said,
"And from my sark you'll cut a gare"
Poi forte gridò Clerk Colvill,
“Oh la mia testa mi fa così male;”
“Allora prendi, disse la fanciulla,
e dalla mia camicia taglia un lembo.”
Then she gave him a little bane-knife,
And from her sark he cut a share;
She tied it round his whey-white face,
But ay his head it ached mair.
Poi gli diede un coltellino avvelenato,
e lui dalla camicia tagliò un pezzo;
Lo avvolse attorno alla sua pallida faccia,
Ma ahimè la sua testa doleva di più.
Then louder cried Clerk Colvill,
"O sairer, aches my head"
"And sairer, ever will,
till you be dead!"
Più forte gridò Clerk Colvill,
“O la mia testa mi fa ancora più male”
“E male ti farà sempre di più,
fino a quando morirai!”
Out then he drew his shining blade
Thinking to stick her where she stood,
But she was vanished to a fish
And swam far off, a fair mermaid.
Allora sguainò la sua spada lucente
pensando di trafiggerla dove lei stava,
ma si era trasformata in pesce
e nuotò via, lontano, una bella sirena.
"O mother, mother, braid my hair
My lusty lady, make my bed.
O brother, take my sword and spear
For I have seen the false mermaid."
“Oh madre, madre, intreccia i miei capelli,
Mia vigorosa dama, fammi il letto,
Oh fratello, prendi la mia spada e la mia lancia
poiché ho visto la falsa sirena.”
Clerk Colvill compra una cintura preziosa per la futura sposa come pegno per il matrimonio a venire. Possiamo
supporre che anche la dote della sposa fosse alquanto interessante e le nozze organizzate di conseguenza. Lei,
che è definita come “lusty” cioè vigorosa, ma anche bramosa e in ultima analisi possessiva, è consapevole che
Clerk ha un'amante e gli chiede di prometterle che non andrà a trovarla presso i pozzi di Slane. L'uomo si risente
per tale richiesta e reagisce in maniera rude, come colui che sa che la donna ha smascherato le sue intenzioni. E
infatti ubbidisce all'istinto e non alla ragione e corre verso il pozzo di Slane. Il pozzo, essendo una fenditura nella
madre terra dove l'acqua sgorga, rappresenta l'energia erotica della vita dalla quale Clerk Colvill è attratto 8. Di
fatto non sa resistere a tale richiamo, visto qui come qualcosa di magico che dà assuefazione, e corre verso i
pozzi di Slane per incontrare l'amante. Al suo arrivo la donna sta lavando una camicia per lui e come tentazione
erotica gli mostra la sua pelle bianca come il latte9. E' la visione alla quale Clerk Colvill non sa opporre diniego e,
come succede nelle ballate europee, per non dire esplicitamente che fanno l'amore, si racconta che la prende per
la mano bianca come il latte e la stende sull'erba.
Venuta a conoscenza che lui sta per sposare un'altra donna, l'amante gli causa la morte con un coltello imbevuto
di veleno. Lui tenta di reagire, ma è troppo debole e la donna/sirena svanisce, come nel sogno di Dante,
mostrando la vanità dell'amore perverso rappresentato dall'inafferrabile pesce che fugge via.
Al suo ritorno a casa il morente chiede che gli si faccia il letto, come succede in decine di altre ballate europee.
Chiede inoltre al fratello di prendere la sua spada e la sua lancia. Queste dovranno essere sepolte con lui come
voleva la tradizione. E' un'usanza questa che risale a molti secoli prima di Cristo e riguarda le sepolture di
cavalieri e persone di rango in antiche civiltà europee.
Nelle varianti britanniche la morte non è occultata e ciò costituisce una differenza con le altre ballate
8 Si veda a tal proposito la ballata Tam Lin nel capitolo XIV.
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In tutta Europa il canone di bellezza femminile era determinato dalla sfumatura del bianco della pelle. Più era
bianca e più era segno di bellezza e nobiltà. L'incarnato del volgo, costituito per la maggior parte di contadini, a causa del
lavoro nei campi era più scuro e come tale considerato “volgare.”
continentali.
La storia nella ballata ci vuol far credere che la morte sia dovuta ad un essere soprannaturale che lo ha stregato.
Così la sirena o la figlia del re degli elfi diventa la donna fatale alla quale gli uomini non sanno resistere.
Il professor Child nel suo The English and Scottish Popular Ballads (pag. 349) riporta anche il riassunto di una
versione bretone che è probabilmente la variante di mezzo, ovvero l'anello di congiunzione fra le ballate
scandinave e quelle del sud Europa.
Il conte Nann e sua moglie si sposarono che avevano rispettivamente tredici e dodici anni. L’anno seguente nacque un figlio
e il conte chiese alla moglie che cosa desiderasse in dono. Lei disse di volere della selvaggina e allora Nann prese la sua
lancia e si diresse al bosco. All’ingresso del bosco incontrò una fata che gli disse che lo aspettava da tanto tempo e
aggiunse: «Ora che mi hai incontrato mi devi sposare». «Sposarti?! Io sono già sposato.» A queste parole la fata disse:
«E allora scegli se vivere sette anni da infermo o se morire entro tre giorni».
«Preferisco morire entro tre giorni», rispose risoluto. Tornato a casa Nann chiamò sua madre, le raccontò tutto e le chiese
di fargli il letto e di non dire nulla della sua morte alla sposa.
La moglie cominciò a chiedere come mai Nann non fosse ancora di ritorno. Le dissero che era andato a caccia nel bosco
per prenderle qualcosa. Chiese perché i servitori stessero piangendo e le risposero che i migliori cavalli erano affogati mentre
li lavavano. Disse che non c’era da preoccuparsi: Nann ne avrebbe portati degli altri. Allora domandò perché i preti
stessero cantando e le campane suonassero. Le risposero che un uomo al quale avevano dato alloggio era morto quella
stessa notte. Chiese quale vestito avrebbe dovuto mettersi per andare in chiesa il giorno dopo, quello rosso o quello blu? Le
consigliarono quello nero.
Quando andò in chiesa notò una tomba con terra fresca e a questo punto le dissero la verità. Disperata, lasciò detto di prendersi cura
di suo figlio e finì con questa frase rivolta alla madre di Nann: «Vostro figlio è morto, vostra figlia è morta».
Il conte Nann rifiuta di diventare l'amante della figlia del re degli elfi e tuttavia il suo destino non sarà
diverso da quello di Oluf.
Nelle versioni che seguiranno, tutte in lingue romanze, l'accento sulla morte occultata sarà ancora più
evidente. Cominciamo a introdurre una variante del sud Europa analizzando una versione in langue
d’oc.
Comte Arnau (Il Conte Arnau)
Personaggi: Il conte Arnau, la madre di Arnau, la sposa di Arnau.
Luoghi:
Piemonte, la casa di Arnau, la chiesa del paese.
Lo comte Arnau, lo chivalier,
dins lo Piemont va batalhièr.
«Comte Arnau, ara te’n vas;
digas-nos quora tornaràs.»
Il Conte Arnau, il cavaliere
va a battagliare in Piemonte.
«Conte Arnau, ora te ne vai,
dicci quando tornerai.»
«Entà Sant Joan ieu tornarai
e mort o viu aicì serai.
Ma femna deu entà Sant Joan
me far lo pair d’un bel enfant.»
«Tornerò entro San Giovanni
e morto o vivo sarò qui.
Mia moglie verso San Giovanni deve
farmi padre di un bel bambino.»
Mas la Sant Joan ven d’arribar.
lo Comte Arnau ven a mancar.
Sa mair, del mai naut de l’ostal,
lo vei venir sus son caval.
Ma San Giovanni arriva,
il Conte Arnau manca.
Sua madre dall’alto della casa,
lo vede venire sul suo cavallo.
«Mair, fasètz far viste lo lèit
que longtemps non i dormirai.
Fasètz-lo naut, fasètz-lo bas,
que ma femna n’entende pas.»
«Madre, fatemi fare subito il letto
che non dormirò a lungo.
Fatelo alto, fatelo basso,
basta che mia moglie non senta.»
«Comte Arnau, a qué vos pensatz,
qu’un bel enfant vos quitariàtz?»
«Ni per un enfant ni per dus,
mair, non ressuscitarai plus.»
«Conte Arnau a cosa pensate,
che lascerete un bel bambino?»
«Né per un figlio, né per due,
madre, non risusciterò più.»
«Mair que es aquel bruch dins l’ostal?«Madre cos’è quel rumore dentro la casa?
Sembla las orasons d’Arnau.»
Sembrano le preghiere di Arnau.»
«La femna que ven d’enfantar
«La donna che ha appena partorito
orasons non deu escotar.»
non deve ascoltare le preghiere.»
«Mair, per la fèsta de deman
quina rauba me botaràn?»
«La femna que ven d’enfantar
la rauba negra deu portar!»
«Madre, per la festa di domani,
quale vestito mi metteranno?»
«La donna che ha appena partorito
deve mettere il vestito nero!»
«Mair, porque tant de pregadors?
Qué dison dins las orasons?»
«Dison: la que ven d’enfantar
a la misseta deu anar.»
«Madre, perché così tanti che pregano?
Cosa dicono nelle orazioni?»
«Dicono: quella che ha partorito
deve andare a messa.»
A la misseta ela se’n va,
vei lo Comt Arnau enterrat:
«Vaqui la clau de mon cinton,
Tòrnarai plus a la maison.
Lei se ne va alla messa,
vede il Conte Arnau sepolto:
«Eccovi la mia chiave personale,
non tornerò più a casa.
Terra santa, tel cal obrir,
Voli parlar a mon marit.
Terra santa, tel cal barrar,
Amb Arnau voli demorar.»
Terra santa, devi aprirti,
voglio parlare a mio marito.
Terra santa, devi chiuderti,
con Arnau voglio restare.»
(Testo e musica tratti dall’album di Rosina e Martina de Peira Cançons de femnas, Edicions Revolum,
Tolosa)
Ci si rende subito conto che la morte non avviene più per mano di una sirena o di una fata, ma è la
guerra la responsabile della tragedia. Il racconto si fa più realistico e universale e accentua la tragicità
con l'occultamento della verità sulla morte dell'eroe.
Arnau, nome comune anche per le varianti catalane, parte per la guerra e torna ferito all’inizio
dell’estate, precisamente a San Giovanni10. In tutte le varianti di questa ballata la madre vede arrivare da
lontano (o attende) il figlio che in genere le chiederà, dopo una breve conversazione, che gli si faccia il
letto dove aspetterà la morte.
Un'altra novità è la presenza di una moglie che ha appena partorito la quale, all'oscuro della morte del
marito, chiede lumi alla suocera su quale vestito dovrà mettersi per la festa o per andare in chiesa. La
risposta in tutte le versioni sarà: “Mettiti quello nero!” Qui subentra la teatralità nel racconto nel quale noi
auditori, ma in realtà spettatori grazie al nostro terzo occhio che visualizza la storia, sappiamo la verità
ed assistiamo a queste conversazioni con animo partecipe e compassionevole. La frase Mettili quello nero!
è più rivolta a noi che alla moglie e va letta come richiesta di complicità da parte della suocera. E' come
se ci dicesse: “Io e voi sappiamo perché ho risposto così.” Diventa così, in nuce, una tragedia di tipo
greco, come Edipo Re, nella quale noi sappiamo la verità, ma non i protagonisti i quali verranno a
conoscerla nel momento topico e drammatico della rappresentazione. In entrambi i casi la verità
occultata nello spettatore genera la pietas, intesa come attenzione compassionevole verso ciò che è
fragile e mortale. E' in questo modo che la tragedia della moglie di Arnau, accentuata dalla nascita di un
10
Quando c’è il solstizio d’estate e per festeggiare l’arrivo della bella stagione si accendono i fuochi di San Giovanni.
figlio, diventa la proiezione di un nostro vissuto, reale o ipotetico, nel quale tutti ci riconosciamo. Siamo
noi, ciascuno per conto proprio ma insieme agli altri auditori, che formiamo il coro greco, silente e
dolente, dei sentimenti di pietas.
La versione francese che segue esalta ancora di più la drammaticità aumentando le domande della
puerpera e i tentativi pietosi della suocera per occultare la verità.
Le Roi Renaud11 (Il Re Renaud)
Personaggi:
Luoghi:
Il re Renaud, la madre di Renaud, la sposa di Renaud, tre pastori.
Le mura merlate, la casa di Renaud, la strada per la chiesa, la chiesa del paese.
Le roi Renaud de guerre revint,
Portant ses tripes dans ses mains.
Sa mère était sur le créneau,
Qui vit venir son fils Renaud.
Il re Renaud tornò dalla guerra
tenendo le budella nelle mani.
Sua madre era sulle mura merlate,
che vide venire suo figlio Renaud.
«Renaud, Renaud, réjouis-toi!
Ta femme est accouchée d’un roi!»
«Ni de la femme, ni du fils,
Je ne saurais me réjouir.
«Renaud, Renaud, rallegrati!
Tua moglie ha partorito un re!»
«Né della moglie, né del figlio,
io saprei gioire.
Allez, ma mère, allez devant,
Faites-moi faire un beau lit blanc;
Guère de temps n’y resterai:
A la minuit trépasserai.
Andate, madre, andate avanti,
fatemi fare un bel letto bianco;
non resterò a lungo:
a mezzanotte spirerò.
Mais faites-le faire ici-bas,
Que l’accouchée n’entende pas!»
Et quand ce vint sur la minuit,
Le roi Renaud rendit l’esprit.
Ma fatelo fare qui in basso,
che la partoriente non senta!»
E quando venne mezzanotte,
il re Renaud rese l’anima.
Il ne fut pas le matin jour,
Que les valets pleuraient très tôt
Il ne fut temps de déjeuner,
Que les servants ont pleuré.
Non era ancora mattino,
che i valletti piangevano presto.
Non era ancora tempo di colazione,
che i servitori hanno pianto.
«Dites-moi, mère, m’amie
Que pleurent nos valets ici?»
«Ma fille, en baignant nos chevaux,
ont laissé noyer le plus beau.»
«Ditemi, madre cara
per cosa piangono i nostri valletti?»
«Figlia mia, lavando i nostri cavalli,
hanno lasciato affogare il più bello.»
«Et pourquoi, mère, m’amie
Pour un cheval pleurer ainsi?
Quand le roi Renaud reviendra,
Plus beaux chevaux amènera.»
«E perché, madre cara
per un cavallo piangere così?
Quando il re Renaud tornerà,
porterà con sé cavalli più belli.»
«Ah! Dites-moi, mère, m’amie,
Qu’est-ce que j’entends cogner ici?»
«Ma fille, ce sont les charpentiers,
Qui raccommodent le plancher.»
11
«Ah! Ditemi, madre cara,
cos’è che sento battere qui?»
«Figlia mia, sono i falegnami
che aggiustano il pavimento.»
Le parti in corsivo non sono cantate nel cd. Questo vale per tutte le versioni con testo in corsivo.
«Ah! Dites-moi, mère, m’amie,
Qu’est ce que j’entends sonner ici?»
«Ma fille, c’est la procession,
Qui sort pour les rogations.»
«Ah! Ditemi, madre cara,
cos’è che sento suonare qui?»
«Figlia mia, è la processione
che esce per le rogazioni.»
«Ah! Dites-moi, mère, m’amie,
Que chantent les prêtres ici?»
«Ma fille, c’est la procession,
Qui fait le tour de la maison.»
«Ah! Ditemi, madre cara,
che cosa cantano i preti qui?»
«Figlia mia, è la processione
che fa il giro della casa.»
Or, quand se fut pour relever,
A la messe elle voulut aller.
Et quand ce fut passé huit jours,
Elle voulut faire ses atours.
E quando riuscì ad alzarsi,
volle andare alla messa.
E quando passarono otto giorni
volle uscire in ghingheri.
«Ah! Dites-moi, mère m’amie,
«Ah! Ditemi, madre cara,
Quel habit prendrai-je aujourd’hui?» che abito mi prendo oggi?»
«Prenez le vert, prenez le gris,
«Prendete il verde, prendete il grigio,
Prenez le noir pur mieux choisir.»
prendete il nero come miglior scelta.»
«Ah! Dites-moi, mère m’amie,
Ce que ce noir là signifie?»
«Femme qui relève d’enfant,
Le noir lui est bien plus séant.»
«Ah! Ditemi madre cara,
che significa questo nero?»
«A una donna che si rimette dopo un parto,
il nero è il più adatto.»
Mais, quand elle fut parmi les champs, Ma quando fu tra i campi
Trois pastoureaux allaient disant:
tre pastori andavano dicendo:
«Voilà la femme de ce seigneur
«Ecco la moglie di quel signore
Que l’on enterra l’autre jour!»
che seppellirono l’altro giorno!»
«Ah! Dites-moi, mère m’amie,
Que disent ces pastoureaux-ci?»
«Ils disent d’avancer le pas,
Ou que la messe n’aura pas.»
«Ah! Ditemi, madre cara,
cosa dicono quei pastori?»
«Dicono di affrettarsi,
altrimenti si perde messa.»
Quand elle fut dans l’église entrée,
Le cierge on a lui présenté;
Aperçut, en s’agenouillant,
La terre fraîche sous son banc.
Quando entrò in chiesa
le diedero il cero.
Si accorse, inginocchiandosi,
della terra fresca sotto la sua panca.
«Ah! Dites-moi, mère m’amie,
Pourquoi la terre est fraîche ici?»
«Ma fille, ne puis plus le celer:
Renaud est mort et enterré.»
«Ah, ditemi, madre cara,
perché la terra è fresca qui?»
«Figlia mia, non posso più nasconderlo:
Renaud è morto e seppellito.»
«Renaud, Renaud, mon réconfort,
Te voilà donc au rang des morts!
Divin Renaud, mon réconfort,
Te voilà donc au rang des morts!
«Renaud, Renaud, mio conforto,
eccoti dunque tra i morti!
Divino Renaud, mio conforto,
eccoti dunque tra i morti!
Puisque le roi Renaud est mort,
Voici les clefs de mon trésor,
Poiché il re Renaud è morto,
ecco le chiavi del mio tesoro.
Prenez mes bagues et mes joyaux,
Nourrissez bien le fils Renaud!
Prendete i miei anelli e i miei gioielli,
nutrite bene il figlio (di) Renaud!
Terre ouvre-toi! Terre, fends-toi!
Que j’aille avec Renaud mon roi!»
Terre s’ouvrit, terre fendit,
Et fut la belle engloutie.
Terra apriti! Terra spalancati!
Che io vada con Renaud, il mio re!»
La terra si aprì, la terra si spalancò,
e la bella fu inghiottita.
(Testo e musica provenienti dalla Normandia e tratti da Les Chansons de France, Editions Slaktine, 1907,
ristampato nel 1980)
Nel testo francese, più lungo e descrittivo, dalle mura merlate, che ci ricordano il medioevo, la madre
guarda l’arrivo tragico del figlio morente che tiene in mano le proprie budella. Dopo la solita richiesta
di fargli il letto Renaud ci informa che morirà a mezzanotte. Il cantore di questa versione aggiunge poi
altri fattori di drammaticità e teatralità al racconto in un contesto storico dove tali situazioni dovevano
essere comuni e quindi più consone a suscitare sentimenti di pietas. Si noti poi l'incalzare delle domande
di una moglie che forse comincia ad avere dei dubbi e la forza di una madre che, per quanto affranta dal
dolore, riesce a trovare scuse plausibili per non rivelare la verità. La ballata è in un continuo crescendo
di patos fino all'epilogo dove si compie la tragedia finale. Il dolore è tanto forte e straziante da far aprire
la terra per accogliere anche la moglie di Renaud. E' ovvio che un episodio siffatto non è mai accaduto,
ma la fantasia popolare ha accelerato sinteticamente la morte della donna e ha voluto “vedere” subito
insieme i coniugi abbracciati nella tomba.
Dalla Francia la ballata passa al Piemonte. Il finale di questa versione, come spesso succede nei canti
narrativi, differisce dai due appena esaminati.
Re Gilardin
(Nigra 21)12
Personaggi:
Luoghi:
Re Gilardin, la madre, la sposa, un chierichetto.
In guerra, la casa, la chiesa.
Re Gilardin, lü ’l va a la guera,
lü ’l va la guera a tirar di spada, lü ’l va la guera a tirar di spada.
O quand ’l’è stai mità la strada, Re Gilardin ’l’è restai ferito.
Re Gilardin ritorna indietro, dalla sua mamma vò ’ndà a morire.
O tun tun tun, pica a la porta: «O mamma mia che mi son morto.»
«O pica pian caro ’l mio figlio che la to dona ’l g’à ’n picul fante.»
«O madona, la mia madona, cosa vol dire ch’i sonan tanto?»
«O nuretta, la mia nuretta, i g’fan ’legria al tuo fante.»
«O madona, la mia madona, cosa vol dire ch’i cantan tanto?»
«O nuretta, la mia nuretta, i g’fan ’legria ai soldati.»
«O madona, la mia madona, disem che moda ho da vestirmi.»
«Vestiti di rosso, vestiti di nero, ma le brunette stanno più bene.»
12
Le ballate italiane vengono di solito indicate con il numero che Costantino Nigra aveva loro attribuito nella sua
raccolta Canti Popolari del Piemonte.
O quand l’è stai ’nt l’üs de la chiesa d’un cirighello13 si l’à incontrato:
«Bundì bongiur an vui vedovella.»
«O no no no che non son vedovella, ’gö ’l fante in cüna14 e ’l marito in guera.»
«O si si si che voi sei vedovella, vostro marì l’è tre dì che ’l fa tera.»
«O tera o tera apriti ’n quatro, volio vedere il mio cuor reale.»
«La tua boca la sa di rose ’nvece la mia la sa di tera.»
(Da una registrazione originale di Maurizio Martinotti in alta Val Borbera)
Si noti in questa versione piemontese la rapidità degli avvenimenti. Re Gilardin va alla guerra e nel giro
di tre strofe è già ferito e morente presso la madre. Re Gilardin è ferito quand ’l’è stai mità la strada.
Apparentemente sembra non aver significato che il fatto avvenga nel mezzo del suo cammino ed è anzi
curioso che si usino quelle parole. In realtà esse sono utilizzate come codice o formula in diverse ballate
italiane e anche in altri contesti europei. Nella versione spagnola diventa en el medio del camino. Questa
formula stava a indicare che qualche cosa o un avvenimento avrebbe cambiato per sempre la vita
dell’eroe15.
Nel resto della ballata piemontese si scorgono le similitudini con gli altri testi. Cambia però il finale; qui
non si butta nella fossa che la terra magicamente apre. A salvarla è il marito che, seppure defunto, le
parla per dirle che le sue parole d’amore, simboleggiate dalle rose, non lo riporteranno in vita e quindi
non vale la pena di sacrificarsi. Questa versione, trasmessa da una donna, ha forse subito l'intervento
psicologico e biologico di colei che la cantava. Va bene l'amore, ma non esageriamo....
In altre versioni piemontesi si incontrano infatti quasi le stesse parole della versione francese, per
esempio come in quella con cui l’eroe è chiamato Prinsi Rinald:
«Cosa völ di’ la mamin grand la téra fresca sut’al mè banch?»
«Nuréta mia pòs pa pi scüsé, Rinald l’è mort e suterè.»
«Pijé la ciav del mè castel che vöi andeme a sutrè cun chiel.16»
In Re Gilardin il defunto parla con la moglie. Non è estraneo al mondo della ballata europea la
possibilità di parlare con i morti.
A dimostrazione del filo sottile che legava il mondo del canto epico-lirico al teatro, Re Gilardin è una di
quelle ballate che vennero trasformate dal mondo contadino in rappresentazione teatrale inscenate
durante le veglie, solitamente nelle stalle, in particolari momenti dell'anno.
È interessante un racconto, incluso dal Nigra nella sua raccolta Canti popolari del Piemonte17, a commento
delle versioni piemontesi della ballata che si collega con le versioni bretoni.
«Ecco il racconto, come a me fu fatto nella mia casa paterna in Villa-Castelnuovo dalle vecchie contadine del luogo.»
Il dono della fata
C’era un cacciatore che cacciava spesso per la montagna. Una volta vide sotto una balza una donna molto bella e
13
14
15
Quando è stata all’uscio della chiesa ha incontrato un chierichetto.
Ho il bambino nella culla.
Ne era consapevole anche Dante che non a caso apre la Commedia con i versi Nel mezzo di cammin per indicare che
un evento straordinario avrebbe cambiato la sua vita per sempre. Lo scopo era quello di suscitare curiosità nel lettore.
16
“Cosa vuol dire suocera mia la terra fresca sotto la mia panca?” “Nuoretta mia non posso più trovare scuse,
Rinaldo è morto e seppellito.” “Prendete le chiavi del mio castello che voglio andare a seppellirmi con lui.”
17
Vol. I, pag. 169, edizioni Einaudi, 1974.
riccamente vestita. La donna, che era una fata, accennò al cacciatore di avvicinarsi e lo richiese a nozze. Il cacciatore le
disse che era ammogliato e che non avrebbe lasciato la sua giovane sposa.
A queste parole la fata gli diede una scatola chiusa, dicendogli che dentro v’era un bel dono per la sua sposa.
Gli raccomandò di consegnare la scatola a questa, senza aprirla. Il cacciatore partì con la scatola. Strada facendo, la
curiosità lo spinse a vedere cosa c’era dentro.
L’aperse e ci trovò una stupenda cintura, tinta di mille colori, tessuta in oro e argento. Per meglio vederne l’effetto, annodò
la cintura a un tronco d’albero. Subitamente la cintura s’infiammò e l’albero fu fulminato. Il cacciatore, toccato dalla
folgore, si trascinò fino a casa, si pose a letto e morì.
Nella versione spagnola che segue la sirena/fata si trasforma direttamente nella morte, altra figura
femminile archetipica.
La muerte ocultada
(La morte occultata)
Personaggi:
Luoghi:
Don Bosco, la madre di Don Bosco, la sposa di Don Bosco.
Il bosco, la casa, la chiesa.
Don Bosco se fue de caza,
A cazar como solía.
Los perros llevan cansados,
La caza no aparecía.
Don Bosco andò a caccia,
a caccia come era solito fare.
I cani tornano stanchi,
senza cacciagione.
Se volvió donde su madre,
Con más pena que alegría
Y en el medio del camino
mal de muerte le venía.
Ritornò verso la madre,
con più pena che allegria
e a metà del suo cammino
lo colse un malore mortale.
«Lo que le digo mi madre,
Respóndame, madre mía,
no se lo diga a mi esposa,
Hasta pasar año y día.»
«Quello che vi dico madre mia,
mi risponda, madre mia,
non ditelo alla mia sposa,
finché non saran passati un anno e un giorno.»
«Usted, le dijo mi suegra,
Respóndame, suegra mía,
¿A dónde está mi Don Bosco
Que él a verme no venía?»
«A voi dico mia suocera,
rispondetemi, suocera mia,
dov’è il mio Don Bosco
che non è venuto a trovarmi?»
«Tu Don Bosco no está aquí,
Fué a una santa romería,
Y me dijo que no vuelve,
Hasta pasar año y día.»
«Il tuo Don Bosco non è qui,
è andato a un pio pellegrinaggio,
e mi disse che non torna,
finché non saran passati un anno e un giorno.»
«Pues hoy se cumple el año,
Mañana se cumple el día,
¿De los vestidos que tengo
Cual yo mejor me pondría?»
«E dunque oggi si compie l’anno,
domani si compie il giorno,
di tutti i vestiti che ho,
qual è il migliore che mi metterei?»
«Ponte tu vestido negro
Que muy bien que te estaría.»
«Mettiti il tuo vestito nero
che ti starebbe molto bene.»
«Hay mala ya la mi suegra,
Consejo que me daría.
Estar mi Don Bosco vivo
Y yo de luto vestida.»
«Che cattiva la mia suocera,
col consiglio che mi darebbe.
Col mio Don Bosco vivo
e io vestita di lutto.»
«Pues ponte el que tu quisieras
Que a mi igual que me daría.»
Vestida iba de seda,
Calzada de plata fina.
«E allora mettiti quello che vuoi
che per me è indifferente.»
Se ne andava vestita di seta,
con calzari di argento fine.
Cuando iban a la iglesia
La gente mucho la mira:
«La viuda de Don Bosco:
¡Oh qué linda de viudina!»
Quando vanno in chiesa
la gente la fissa:
«La vedova di Don Bosco:
oh che bella vedovella!»
«A usted le digo, mi suegra,
Respóndame, suegra mía,
Mucho me mira la gente
Y mirarme no solía.»
«A voi dico, suocera mia,
rispondetemi, suocera mia,
la gente mi guarda fissa
e di solito non lo faceva.»
«Es que como eres tan guapa,
Seguro les gustarías.»
Cuando entraron a la iglesia,
Una mala seña había.
«Siccome sei tanto bella,
di sicuro piaceresti a loro.»
Quando entrarono in chiesa
ci fu un cattivo presentimento.
«A usted le digo, mi suegra,
Respóndame, suegra mía:
¿De quién son aquellas velas
Que arden en nuestra capilla?»
«A voi dico mia suocera,
mi risponda, suocera mia,
di chi sono quelle candele
che bruciano nella nostra cappella?»
«Las velas son de Don Bosco
Que en la caza se moría.»
«Pues quién le dio a él la muerte
Que me quite a mi la vida.»
Y al otro día temprano,
Entierran la viudina.
«Le candele sono di Don Bosco,
che è morto andando a caccia.»
«E allora chi gli diede la morte
che si prenda la mia vita.»
E il mattino seguente all’alba
seppelliscono la vedovella.
In un’altra versione l’incontro con la morte è persino più evidente ed è accompagnato dai simboli della
morte stessa.
A cazar iba don Pedro
Por esos montes arriba;
Caminara siete leguas
Sin encontrar cosa viva
Si no fuera cuervos negros
Que los perros no querían.
Va a caccia Don Pedro
per quei monti lassù;
camminò sette leghe
senza incontrare cosa viva
se non corvi neri
che i cani non volevano (cacciare).
Apéose a descansar
Al pie de una seca encina;
Caía la nieve a copos
Y el agua menuda y fría.
Smontò da cavallo per riposare
ai piedi di una secca quercia;
cadeva la neve a fiocchi
e l’acqua sottile e fredda.
Allegósele la Muerte
A tenerle compañía.
Si accostò la morte18
a tenergli compagnia.
I simboli della morte sono il numero sette, che incontreremo anche in altre ballate europee con lo
stesso significato, i corvi neri e l’assenza di vita nel paesaggio.
Nella stessa versione troviamo nel prosieguo del canto la frase tipica del morente: «Hagame, madre, la
cama», «Fammi, madre, il letto» e il sopraggiungere della morte a mezzanotte come nelle versioni in
langue d’oc e in francese.
18
Nell’immaginario collettivo, la morte è una donna vestita di nero con la falce. È interessante notare come in altre
versioni, sopratutto in quelle degli ebrei sefarditi raccolte in Marocco, la morte sia personificata dall’orco contro il quale
l’eroe lotta e perde. D’altra parte Orcum in latino è il dio dell’Averno, quindi della morte.
2
Il ritorno dalla madre e la morte a causa di un avvelenamento
Il testamento dell’avvelenato
(Nigra 26)
La seconda ballata che prendiamo in esame per il nostro progetto ha origine in Italia e gradualmente,
attraverso la Germania, arriva in Svezia. La storia ivi narrata ha corrispettivi in quasi tutte le lingue
europee.
Presente in Italia in tutte le regioni in svariati dialetti e lingue, la ballata ha varcato i nostri confini per
radicarsi un po’ dappertutto. Come sempre, non sappiamo quando la ballata fu composta, ma è citata in
un’opera teatrale senese L’Incatenatura del Bianchino, un componimento da cantastorie datato 1629:
Ormai, signori, dette tante e tante,
la mia voce è straccata:
io vo’ finir con questa d’un amante
tradito dall’amata.
Oh che l’è sì garbata
a cantarla in ischiera:
Dov’andastù, jersera,
figliuol mio ricco, savio e gentil?
Dov’andatù jersera?19
Sappiamo quindi che è almeno antecedente al 1629, anche se è impossibile determinare di quanti secoli.
Personaggi:
Luogo:
Il figlio che ritorna a casa morente, la madre.
La casa.
«Dove si sta jersira figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Dove si sta jersira?»
«Son sta dalla mia dama: signora mama, mio core sta mal!
Son sta dalla mia dama, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«Cossa v’halla de cena figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa v’halla de cena?»
«On inguilletta arrosto: signora mama, mio core sta mal!
On inguilletta arrosto, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«L’avi mangiada tüta figliuol mio caro, fiorito e gentil?
L’avi mangiada tüta?»
«Non n’ho mangia che mezza: signora mama, mio core sta mal!
Non n’ho mangia che mezza, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«Cossa avi fa dell’altra mezza figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa avi fa dell’altra mezza?»
«L’ho dada alla cagnola: signora mama, mio core sta mal!
L’ho dada alla cagnola, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«Cossa avi fa della cagnola, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
19
D’Ancona, La poesia popolare italiana, Giusti, Livorno 1906, pag. 122.
Cossa avi fa della cagnola?»
«L’he morta dre la strada: signora mama, mio core sta mal!
L’he morta dre la strada, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«La v’ha giüst da ’l veleno, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
La v’ha giüst da ’l veleno.»
«Mande a ciamà ’l dottore: signora mama, mio core sta mal!
Mande a ciamà ’l dottore, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«Perché vorî ciamà ’l dôttôre, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Perché vorî ciamà ’l dôttôre?»
«Per farmi visitare: signôra mama, mio core sta mal!
Per farmi visitare, ohimè! Ch’io moro, ohimè!»
«Mandè a ciamà ’l cürato: signôra mama, mio core sta mal!
Mandè a ciamà ’l cürato, ohimè! Ch’io moro, ohimè!»
«Perché vorì ciamà ’l cürato, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Perché vorì ciamà ’l cürato?»
«Per farmi confessare: signôra mama, mio core sta mal!
Per farmi confessare, ohimè! ch’io moro, ohimè!»
«Mandè a ciamà ’l notaro: signôra mama, mio core sta mal!
Mandè a ciamà ’l notaro, ohimè! Ch’io moro, ohimè!»
«Perché vorî ciamà ’l notaro, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Perché vorî ciamà ’l notaro?»
«Per fare testamento: signôra mama, mio core sta mal!
Per fare testamento, ohimè! Ch’io moro, ohimè!»
«Cossa lassè alla vostra mama, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa lassè alla vostra mama?»
«Ghe lasso ’l mio palasso: signora mama, mio core sta mal!
Ghe lasso ’l mio palasso, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«Cossa lassè ali vostri fratelli, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa lassè ali vostri fratelli?»
«La carrozza coi cavalli: signora mama, mio core sta mal!
La carrozza coi cavalli, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«Cossa lassè alle vostre sorelle, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa lassè alle vostre sorelle?»
«La dote per maritarle: signora mama, mio core sta mal!
La dote per maritarle, ohimè! Ch’io moro ohimè!»
«Cossa lassè alli vostri servi, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa lassè alli vostri servi?»
«La strada d’andà a messa: signôra mama, mio core sta mal!
La strada d’andà a messa, ohimè! Ch’io moro, ohimè!»
«Cossa lassè per la vostra tomba, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa lassè per la vostra tomba?»
«Centocinquanta messe: signôra mama, mio core sta mal!
Centocinquanta messe, ohimè! Ch’io moro, ohimè!»
«Cossa lassè alla vostra dama, figliuol mio caro, fiorito e gentil?
Cossa lassè alla vostra dama?»
«La forca da impiccarla: signora mama, mio core sta mal!
La forca da impiccarla: ohimè! Ch’io moro ohimè.»
(La ballata, con spartito musicale, è presente nella raccolta del Bolza Fonti Lombarde I, Canti di Como,
Varese, Somma Lombardo etc., pagg. 668-71. Il Bolza eseguì la sua ricerca nel 1867 a Loveno in provincia
di Como)
Si noti che la ballata è costituita da sola conversazione senza un’introduzione da parte del narratore.
Entriamo quindi subito nel vivo dell’azione con domande incalzanti da parte della madre, che già deve
aver intuito cosa è successo. Pone infatti la domanda «Dove si sta jersira?» in maniera drammatica. Nelle
versioni raccolte in Italia sembrerebbe misteriosa la ragione per la quale il figlio, che in alcune regioni si
chiama Enrico, in altre Peppino in altre ancora, come in Canton Ticino, Guerino, viene avvelenato.
Nell’opera teatrale senese si dice che è stato tradito dall’amata, ma non si ha una spiegazione del perché
del tradimento. È altamente probabile che i cantori che l’hanno tramandata abbiano perso il legame con
la traccia proveniente da racconti più antichi e non si pongano domande. Il figlio è stato avvelenato
dalla sua dama e questo è tutto.
Tentiamo allora un’analisi basandoci anche sulla ballata precedente, ipotizzando che entrambe abbiano
le loro radici in una matrice comune più antica e che, evolvendosi, abbiano perduto il contatto con la
storia originale e si siano sviluppate ciascuna per conto proprio con infinite varianti. Dobbiamo allora
chiederci cosa rimane in comune a tutte le storie che hanno prodotto centinaia di versioni.
Ogni versione è più o meno vicina alla matrice ed è chiaro che più si allontana da essa, più è difficile
darne un’interpretazione perché si perde il legame con il significato originario. Le lezioni relative alla
morte occultata sono sicuramente più antiche e propenderei per una derivazione da queste per lo
sviluppo delle versioni italiane ed europee in genere, relative al testamento dell’avvelenato. Per questa
versione comasca si potrebbe ritenere che l’eroe sia andato a caccia con la sua cagnola. Deve dimostrare
di essere un vero uomo, ovvero di essere passato nel mondo degli adulti, e di poter procacciare cibo
attraverso la caccia come era consuetudine nelle società arcaiche 20. Tuttavia, come Don Bosco nella
Muerte ocultada, l’eroe fallisce e incontra la sua dama che gli offre un’anguilla arrosto avvelenata. La dama
è in realtà la morte, ma il suo senso di frustrazione per la prova fallita gli fa vedere nella dama/morte il
volto della donna amata la quale, in una specie di transfert, lo umilia e lo punisce nella virilità
offrendogli il suo stesso sesso rappresentato da un’anguilla avvelenata. Se non si passa nel mondo degli
adulti il pene perde del tutto la sua forza ed è quindi rifiutato dalla donna che lo vuole invece garante
come generatore della vita e della famiglia. In mancanza di queste garanzie, in una società dove generare
tanti figli era la prova di massima virilità, la morte prende il sopravvento. Nella morte è coinvolta anche
la cagnola; ritenuta colpevole in egual misura dal padrone per non averlo aiutato nella caccia, mangerà
l’altra mezza anguilla. Alle fine, nel testamento, all’ultima domanda provocatrice della mamma,
l'avvelenato lancerà una maledizione augurando la forca alla dama, che essendo la morte, non può
morire. Tuttavia è anche una maledizione verso la donna amata per la quale si è sottoposto alla prova,
fallita, di virilità. Nell’evoluzione della ballata si sono persi i contatti con le radici più profonde e rimane
una storia di presunti tradimenti dove in ogni caso è una donna, derivazione della strega-morte, a
compiere l’omicidio.
Per quanto riguarda la struttura si noti l’incalzare delle ripetizioni che da un lato rendono più
drammatico l’incedere della narrazione, dall’altro aiutano a memorizzare il testo. Una delle ragioni di
tanto successo di questa ballata in tutta Europa è proprio la facilità a memorizzare la storia. Un altro
20
Nelle società primitive i giovani dovevano passare diversi giorni nel bosco e sopravvivere per dimostrare di poter
passare nel mondo degli adulti. Spesso venivano sottoposti a prove durissime e simbolicamente alla fine venivano mangiati
interi da un orco, cioè dalla morte, per poter rinascere con il nuovo status di adulto uscendo vivi dalla sua pancia dopo
averlo vinto. Tracce di tutto questo sono evidenti nelle fiabe ove emergono come archetipi.
elemento arcaico in questa versione è l’espressione Ohimè ch’io muoio ohimè, lamentazione che ricorda i
cori della tragedia greca.
L’avvelenato
Penso sia utile presentare, come comparazione al testo comasco, questa versione anconetana.
Il testo è molto simile (qui abbiamo riprodotto solo alcune parti della ballata) a quello lombardo, ma
naturalmente è adattato alla lingua parlata ad Ancona.
Personaggi:
Luogo:
Madre e figlio.
La casa.
«Dove sei stato ier’ sera, mio caro fijo dal sangue gentil?
Dove sei stato ier’ sera, gentile mio cavalier?»
«So’ stato dalla dama, mia cara mamma il mio cor’ mi sta mal’.
So’ stato dalla dama, ahimè io moio ahimè.»
«Cosa t’ha dato da cena, mio caro fijo dal sangue gentil?
Cosa t’ha dato da cena, gentile mio cavalier?»
«Un’anguilletta arosto, mia cara mamma il mio cor mi sta mal’.
Un’anguilletta arosto, ahimè io moio, ahimè.»
«E ddove la prendesti, ecc.»
«Nella frattà dell’orto, ecc.»
«E ddove la cocesti, ecc.»
«Nella gratà d’argento, ecc.»
«Qual parte fu la tua, ecc.
«La testa e la coda, ecc.»
«Qual pane ci mangiasti, ecc.»
«Il pane bianco e nero, ecc.»
«Qual vino ci bevesti, ecc.»
«Il sangue dell’anguilla, ecc.»
«Cosa lasci alla serva, ecc.»
«La brocca e la spara, ecc.»
«Cosa lasci al cocchiere, ecc.»
«La frusta e ’l cavallo, ecc.»
«Cosa lasci a tuo padre, ecc.»
«Le chiavi del tesoro, ecc.»
«Cosa lasci a tua madre, ecc.»
«Le lacrime e ’l dolore, ecc.»
«Cosa lasci allà dama, ecc.»
«La forca pe’ ’mpiccalla, ecc.»
siepe
strofinaccio da cucina
(Versione presente nell’album Marinaio che vai per acqua e interpretata dal gruppo di riproposizione di
musica popolare marchigiana La Macina. Raccolta da Gastone Pietrucci e Giorgio Cellinese nel 1984 ad
Ancona. Per gentile concessione di Gastone Pietrucci)
Compare in questa versione anconetana la figura del padre nel testamento, tratto comune, anche se non
frequente, ad altre varianti europee più recenti. Nelle lezioni più antiche il padre è assente così come lo
è in tutte le versioni della Morte occultata.
Il ritorno dell’eroe morente dalla mamma va visto come il ritorno alla madre terra che accoglierà il figlio
di nuovo nel proprio grembo. Una figura paterna avrebbe disturbato, nell’inconscio collettivo, la visione
archetipica dell’abbraccio consolatorio della Grande Madre.
Infine nella lezione anconetana non c’è la cagnola, segno che ogni versione “va per conto suo”
nell’evoluzione del testo e della trasmissione orale.
Lord Randal
(Child 12)
Francis Child nel suo monumentale libro in cinque volumi, English and Scottish Popular Ballads, propone
diverse varianti della versione britannica propendendo a scegliere come titolo Lord Randal. Il nome
infatti cambia a seconda della versione, come in quelle italiane. Questa lezione scozzese compare nel
primo volume con il n° 1221.
Personaggi:
Luoghi:
Lord Randal, la madre di Lord Randal, una fata.
Il bosco sacro, la casa.
«Oh where ha you been,
Lord Randal, my son?
And where ha you been,
my handsome young man?»
«Dove sei stato,
Lord Randal, figlio mio?
Dove sei stato
mio bel giovanotto?»
«I ha been at the greenwood,
mother, mak my bed soon.
For I’m wearied wi’ hunting,
and fain wad lie doon.»
«Sono stato nel bosco sacro,
madre mia fammi il letto presto22,
che sono stanco di cacciare
e volentieri mi stenderei.»
«An’ wha met you there,
Lord Randal, my son?
An’ wha met you there,
my handsome young man?»
«E chi ti ha incontrato,
Lord Randal, figlio mio?
E chi ti ha incontrato,
mio bel giovanotto?»
«Oh I met wi’ my true-love,
mother, mak my bed soon,
For I’m wearied wi’ hunting,
and fain wad lie doon.»
«Ho incontrato la mia innamorata,
madre fammi il letto presto,
che sono stanco di cacciare
e volentieri mi stenderei.»
«And what did she give you,
Lord Randal, my son?
And what did she give you,
my handsome young man?»
«Che cosa ti ha dato,
Lord Randal, figlio mio?
Che cosa ti ha dato,
mio bel giovanotto?»
«Eels fried in a pan,
mother, mak my bed soon,
For I’m wearied wi’ hunting,
and fain wad lie doon.»
«Anguille fritte in padella,
madre fammi il letto presto,
che sono stanco di cacciare
e volentieri mi stenderei.»
«And wha gat your leavings,
Lord Randal, my son?
And wha gat your leavings,
my handsome young man?»
«Chi si è preso i tuoi avanzi,
Lord Randal, figlio mio?
Chi si è preso i tuoi avanzi,
mio bel giovanotto?»
21
D’ora in poi le ballate britanniche verranno indicate con il numero che ha dato loro Francis
Child.
22
Questa frase compare in quasi tutte le lingue europee e significa che l’eroe morirà alla fine della storia. Abbiamo
già incontrato questa frase in Les dos filhets del rei, Comte Arnau, Le roi Renaud.
«My hawks and my hounds,
mother, mak my bed soon,
For I’m wearied wi’ hunting,
and fain wad lie doon.»
«I miei falchi e i miei cani,
madre fammi il letto presto,
che sono stanco di cacciare
e volentieri mi stenderei.»
«An’ what becam of them,
Lord Randal, my son?
An’ what becam of them,
my handsome young man?»
«Che ne è stato di loro,
Lord Randal, figlio mio?
Che ne è stato di loro,
mio bel giovanotto?»
«They stretched their legs out and died23 «Hanno tirato le cuoia e sono morti,
mother, mak my bed soon,
madre fammi il letto presto,
For I’m wearied wi’ hunting,
che sono stanco di cacciare
and fain wad lie doon.»
e volentieri mi stenderei.»
«Oh, I fear you are poisoned,
Lord Randal, my son!
Oh, I fear you are poisoned,
my handsome young man!»
«Temo tu sia avvelenato,
Lord Randal figlio mio!
Temo tu sia avvelenato,
mio bel giovanotto!»
«Oh yes I am poisoned,
mother, mak my bed soon,
For I’m sick at the heart,
and fain wad lie doon.»
«Oh sì, sono avvelenato,
madre fammi il letto presto,
che ho male al cuore
e volentieri mi stenderei.»
«What d’ye leave to your mother,
Lord Randal, my son?
What d’ye leave to your mother,
my handsome young man?»
«Cosa lasci a tua madre,
Lord Randal, figlio mio?
Cosa lasci a tua madre,
mio bel giovanotto?»
«For and twenty milk kye,
mother, mak my bed soon,
For I’m sick at the heart,
and fain wad lie doon.»
«Ventiquattro mucche da latte,
madre fammi il letto presto,
che ho male al cuore
e volentieri mi stenderei.»
«What d’ye leave to your sister,
Lord Randal, my son?
What d’ye leave to your sister,
my handsome young man?»
«Cosa lasci a tua sorella?
Lord Randal, figlio mio?
Cosa lasci a tua sorella,
mio bel giovanotto?»
«My gold and my silver,
mother, mak my bed soon,
For I’m sick at the heart,
and fain wad lie doon.»
«Il mio oro e il mio argento,
madre fammi il letto presto,
che ho male al cuore
e volentieri mi stenderei.»
«What d’ye leave to your brother,
Lord Randal, my son?
What d’ye leave to your brother,
my handsome young man?»
«Cosa lasci a tuo fratello?
Lord Randal, figlio mio?
Cosa lasci a tuo fratello,
mio bel giovanotto?»
«My houses and my lands,
«Le mie case e le mie terre,
23
Nella versione registrata They died on the way (sono morti lungo la strada).
mother, mak my bed soon,
For I’m sick at the heart,
and fain wad lie doon.»
madre fammi il letto presto,
che ho male al cuore
e volentieri mi stenderei.»
«What d’ye leave to your true-love,
Lord Randal, my son?
What d’ye leave to your true-love,
my handsome young man?»
«Cosa lasci alla tua dama?
Lord Randal, figlio mio?
Cosa lasci alla tua dama,
mio bel giovanotto?»
«I leave her hell and fire,
mother, mak my bed soon,
For I’m sick at the heart,
and fain wad lie doon.»
«Le lascio inferno e fiamme,
madre fammi il letto presto,
che ho male al cuore
e volentieri mi stenderei.»
In questa versione scozzese, quindi nordica, al posto della morte, si può ragionevolmente dedurre che
vi sia una fata nelle vesti della dama (true love). È molto probabile che sia la lezione italiana, sia quella
bretone o scandinava della morte occultata, si siano in qualche modo intrecciate fondendo insieme la
tematica dell’eroe morente che torna dalla caccia con quella del testamento. La contaminazione di una
ballata con un’altra era molto comune e per questa specifica versione di Lord Randal si potrebbe
propendere per codesta ipotesi. In effetti tutta la seconda strofa con la frase Mamma fammi il letto presto
sembra derivare da varianti della Morte occultata.
Prima di procedere a un’analisi più dettagliata, è necessario fare una premessa. La ballata, come sempre,
è adattata alla cultura locale; in questa versione di Lord Randal si possono ravvisare chiari elementi di
folclore celtico. Nella prima strofa compare la parola greenwood che è stata tradotta come “bosco sacro”.
Il greenwood era la parte più nascosta e fitta del bosco dove i celti credevano vi fosse l’ingresso del
mondo dei morti e della terra delle fate e degli elfi (Fairyland). Tale ingresso, che poteva essere
identificato in un tronco d’albero cavo, in una buca nel terreno, in un pozzo, era difeso e protetto dalle
fate e dagli elfi. Nella notte di Halloween gli spiriti dei morti uscivano da questi antri naturali con le fate
e gli elfi per far visita ai vivi. La gente temeva queste creature soprannaturali e se poteva evitava di
inoltrarsi nel greenwood24. In ogni caso, se vi si fossero avventurati, sapevano che non avrebbero potuto
parlare ad alta voce, danneggiare il bosco, né tanto meno cacciare. Secondo le credenze locali erano dei
tabù che, se infranti, avrebbero potuto causare la morte.
Ciò premesso, analizziamo il comportamento di Lord Randal: il nostro eroe, per dimostrare di essere
degno di passare nel mondo degli adulti e di diventare un “vero uomo”, sfida il tabù e va a cacciare
proprio nel greenwood. Tuttavia non riesce a prendere niente e, o perché affamato o più probabilmente
perché sotto incantesimo, accetterà le anguille fritte che lui crede gli siano date dalla sua innamorata. Da
un punto di vista razionale sarebbe stata una storia assurda. Che ci fa l’innamorata di Lord Randal nel
greenwood con una padella e delle anguille? È presumibile che la donna che l’eroe incontra sia la morte
nei panni di una fata. Tradotto in termini psicanalitici la fata, prendendo le sembianze della sua
innamorata, diventa una proiezione dell’inconscio dell’eroe. Lei lo punisce, nello stesso modo che
abbiamo visto per Il testamento dell’avvelenato, non solo per non aver superato la prova, ma anche per aver
infranto il tabù. Nello stesso tempo anche la sua dama lo punisce poiché ha dimostrato di non essere in
grado di prendersi cura di lei. Anzi, è lei che lo nutre e lo umilia offrendogli il simbolo della sua
mancata virilità. Prima di lui moriranno i falchi e i cani, gli stessi animali che accompagnavano Oluf in
alcune versioni scandinave della morte occultata, ugualmente colpevoli per non essere stati in grado di
aiutarlo.
Riassumendo: le varianti del Testamento dell'avvelenato e della Morte occultata hanno questi punti in comune:
24
Ricordo che anche Robin Hood si nascondeva nel greenwood e che i soldati dello sceriffo di Nottingham non
osavano entrarci per paura delle fate e degli spiriti dei morti. I racconti riguardanti Robin Hood, tutti derivanti da ballate,
non a caso si chiamano The greenwood stories.
- Vi è sempre un allontanamento (caccia o guerra).
- Gli eroi tornano a casa feriti e morenti dalla madre con la quale hanno l'ultima conversazione.
- C'è sempre una donna (moglie o fata/strega).
Per quanto riguarda Lord Randal e Olaf si riscontra inoltre che entrambi sono andati a caccia con cani
e falchi e incontrano una fata che li ucciderà.
Bob Dylan prese ispirazione probabilmente da una versione scozzese o americana di Lord Randal per
scrivere una delle sue più belle canzoni: A Hard Rain’s gonna fall (Una dura pioggia cadrà). Ancora una
volta una ballata antica è la base di una canzone moderna.
Henry my son
(Enrico figlio mio)
Vi sono anche versioni irlandesi dove il nome del personaggio è Henry (Enrico), nome ricorrente anche
in molte versioni italiane.
Personaggi:
Luogo:
Henry, la madre di Henry.
La casa.
«Where have you been all day,
Henry my son?
Where have you been all day,
my beloved one?»
«Dove sei stato tutto il giorno,
Enrico figlio mio?
Dove sei stato tutto il giorno,
mio amato?»
«Away in the meadow,
away in the meadow.
Make my bed I’ve a pain in my head
and I want to lie down.»
«Via nei prati,
via nei prati.
Fammi il letto, ho mal di testa
e voglio stendermi.»
«And what did you have to eat?»
«Poison beads.»
«E che cosa avesti da mangiare?»
«Palline avvelenate.»
«And what colour were them beads?»
«Green an’ yellow.»
«And what will you leave your mother?»
«A wollen blanket.»
«E di che colore erano quelle palline?»
«Verdi e gialle.»
«Che cosa lascerai a tua madre?»
«Una coperta di lana.»
«And what will you leave your children?»
«The keys of heaven.»
«Che cosa lascerai ai tuoi figli?»
«Le chiavi del paradiso.»
«And what will you leave your sweetheart?»
«A rope to hang her.»
«Che cosa lascerai al tuo amore?»
«Una corda per impiccarla.»
(Versione tratta dal libretto 100 Irish Songs con spartito musicale, Soodlum, vol. 2)
Questa versione sembra riflettere la povertà dell’Irlanda all’epoca in cui la ballata era cantata. Lo si
deduce dai lasciti da parte di Enrico. È probabile che le anguille non fossero molto conosciute in
Irlanda e in questa lezione compaiono delle strane palline colorate di verde e di giallo dalle quali tuttavia
la madre deduce che il figlio è stato avvelenato. Il finale è straordinariamente simile a quello di molte
versioni italiane.
Großmutter Schlangenköchin
(La nonna cuoci-serpenti)
Nella sua continua evoluzione la ballata ha variato i personaggi e in parte la storia pur mantenendo lo
schema originale. Per questa ragione presentiamo qui una delle varianti tedesche 25 che potrebbe essere
la base per la versione svedese che segue.
Personaggi:
Luogo:
Maria, la mamma di Maria, la nonna di Maria.
La casa della madre.
«Maria, wo bist du zur Stube gewesen?
Maria, mein einziges Kind!»
«Ich bin bei meiner Großmutter gewesen.
Ach weh! Frau Mutter wie weh!»
«Maria, dove sei stata a mangiare?
Maria, mia unica figlia!»
«Sono stata dalla nonna.
Ohimè! Signora madre, ohimè!»
«Was hat sie dir dann zu essen gegeben?
Maria, mein einziges Kind!»
«Sie hat mir gebackne Fischlein gegeben.
Ach weh! Frau Mutter, wie weh!»
«Che cosa ti ha dato da mangiare?
Maria, mia unica figlia!»
«Mi ha dato un pesciolino cotto al forno.
Ohimè! Signora madre, ohimè!»
«Wo hat sie dir dann das Fischlein gefangen?
Maria, mein einziges Kind!»
«Sie hat es in ihrem Krautgärtlein gefangen.
Ach weh! Frau Mutter wie weh!»
«Dove ha preso per te il pesciolino?
Maria, mia unica figlia!»
«Lo ha preso nel suo orticello.
Ohimè! Signora madre, ohimè!»
«Womit hat sie dann das Fischlein gefangen?
Maria mein einziges Kind!»
«Sie hat es mit Stecken und Ruten gefangen.
Ach, weh, Frau Mutter wie weh!»
«Con che cosa ha preso il pesciolino?
Maria, mia unica figlia!»
«Lo ha preso con bastoni e canne.
Ohimè! Signora madre, ohimè!»
«Wo ist dann das Übrige vom Fischlein hinkommen? «Chi si è preso gli avanzi del pesciolino?
Maria mein einziges Kind!»
Maria, mia unica figlia!»
«Sie hat’s ihrem schwarzbraunen Hündlein gegeben. «Li ha dati al cagnolino pezzato,
Ach weh, Frau Mutter wie weh!»
Ohimè! Signora madre, ohimè!»
«Wo ist dann das schwarzbraune Hündlein
hinkommen? Maria mein einziges Kind!»
«Es ist in tausend Stücke zersprungen.
Ach weh, Frau Mutter wie weh!»
«Che ne è stato del cagnolino pezzato?
Maria, mia unica figlia!»
«È esploso in mille pezzi.
Ohimè! Signora madre, ohimè!»
«Maria, wo soll ich dein Bettlein hinmachen?
Maria mein einziges Kind!»
«Du sollst mir’s auf Kirchhof machen.
Ach weh, Frau Mutter wie weh!»
«Maria, dove devo fare il tuo lettino?
Maria, mia unica figlia!»
«Me lo devi fare nel cimitero.
Ohimè! Signora madre, ohimè!»
(Versione tratta da: aus Des Knaben Wunderhorn, I. Band
aus mündlicher Überlieferung in Maria's Godwi.
Bremen 1802, II. B. S. 113. abgedruckt)
La versione suddetta è stata raccolta nel periodo romantico dallo scrittore tedesco Clemens Brentano.
E' curioso il fatto che la famiglia del padre di Clemens venga da Tremezzo, sul lago di Como, a pochi
chilometri da Loveno dove è stata trascritta una delle versioni comasche dell'Avvelenato.
25 In YouTube si può ascoltare la versione del 1974 del gruppo Elster Silberflug.
È singolare che in questa versione tedesca, ma succede anche in quelle scandinave, sia la nonna ad
avvelenare la nipotina. Tuttavia, se analizziamo la ballata da un punto di vista psicanalitico e ci basiamo
anche su fatti reali, possiamo constatare che l’orco è spesso in famiglia.
A tal proposito nel 1887 Cesare Lombroso, in una sua casistica riguardante gli omicidi nell’ambito
familiare, riferiva di una nonnina settantenne che dopo aver ucciso la nipotina disse: «Mezz’ora prima di
ucciderla io non ci pensavo affatto». Come dire che l’orco è dentro in ciascuno di noi ed è pronto a uccidere
quando scatta un impulso irrefrenabile represso da lungo tempo e che, a freddo, non ti sai spiegare. La
ballata non pretende di spiegare l’omicidio, ce lo presenta come fatto. Sta a noi scavare per risalire a
verità che spesso sono troppo agghiaccianti per essere accettate a cuor leggero.
Vediamo ora una delle versioni svedesi.
Den Lillas Testamente
l.
”Hvar har du va't så länge,
Lilla dotter kind?”
Jag har va't hos Amma Styfmoder min,
Aj, Aj, ondt hafver jag, aj!
2.
”Hvad fick du,der att åta,
Lilla dotter kind?”
”Stekter ål och peppar" Styfmoder min,
Aj,aj,ondt hafver jag aj!”
3
”Hvad gjorde du af,'benen?”
”Kasta dem för hundarne”
4
”Hvart kommo de hundarne?”
”Remna i femton stycken.”
5
”Hvad ger du då din fader?
”Godt korn i lador.”
6
”Hvad ger du då din moder?"
”Himmelen den gode!”
7
”Hvad ger du då din broder?
Vida skepp i floder.”
8
”Hvad ger du då din syster?"
Gullskrin och kistor.”
9
”Hvad ger du din styfmoder?”
”Helvetes bojor.”
10
”Hvad'ger du då din ammna?"
”Helvetes sammal.”
“Dove sei stata così a lungo?
piccola figlia mia?
Sono stata dalla mia matrigna,
Ahi, ahi, che male, ahi!
“Cosa ti ha dato da mangiare?
piccola figlia mia?
“Un'anguilla arrosto col pepe, matrigna mia,
Ahi, ahi, che male, ahi!”
“Che ne hai fatto delle ossa?”
le ho gettate al cagnolino.”
”Che ne è stato del cagnolino?”
E' saltato in quindici pezzi.”
”Cosa lasci a tuo padre?”
”Una buona quantità d'orzo.”
”Cosa lasci a tua madre?”
La felicità del cielo!”
”Cosa lasci a tuo fratello?”
”Una grande nave in mare.”
”Cosa lasci a tua sorella?”
”Uno scrigno tutto d'oro.”
”Cosa lasci alla tua matrigna?”
”Tutto il peso dell'inferno.”
Cosa lasci alla tua nutrice?
”Le fiamme dell'inferno.”
Il mistero di questa versione è perché anche la nutrice debba andare all'inferno!
Dopo aver analizzato le diverse varianti possiamo rilevare che:
– C’è quasi sempre una conversazione fra una madre e un figlio/a.
– Si chiede in genere dove il figlio/a sia stato/a.
– C’è sempre un avvelenamento. L’avvelenatrice è sempre una donna (la propria dama, la nonna, la
matrigna...).
– Si avvelena in genere con anguille, serpenti o pesci.
– C’è quasi sempre il testamento e la maledizione finale per l’avvelenatrice.
3
Edward
(Child 13)
Un’altra ballata che riproduce lo schema tipico del Testamento dell’avvelenato è Edward, di origine
scandinava. La storia ci narra di una conversazione/confessione/testamento di un figlio con sua madre.
Edward confessa, dopo aver tergiversato, di aver ucciso il fratello (o il padre nella versione britannica
qui riprodotta). Lo aspetta la morte che avverrà, secondo l’usanza scandinava che si applicava agli
omicidi, con l’abbandono del colpevole su una barca al largo, senza timone né remi. Prima però il
colpevole fa testamento e manda l’immancabile maledizione finale che, in questo caso, è rivolta alla
madre che lo ha consigliato di uccidere il fratello (o il padre).
“Why does your sword so drip with blood, Edward, Edward?”
Why does your sword so deep with blood, and why so sad are ye, O?”
“Oh I have killed my hawk so good, mother, mother.
Oh, I have killed my hawk so good, and I had no more but he, O.”
“Your hawk’s blood was never so red, etc. my dear son, I’ll tell thee, O.”
“Oh, I have killed my red - roan steed, etc. that was so fair and free, O.”
“Your steed was old and your stables filled, now say what may it be, O.”
“It was my father that I killed, alas, and woe is me, O.”
“What penance will you do for that? My dear son now tell me, O.”
“I’ll set my feet in yonder boat, and I’ll fare over the sea, O.”
“What will you do with your towers and hall, that are so fair to see, O?”
“I’ll let them stand till down they fall, for here nevermore may I be, O”
“What will ye leave to your babes and your wife, when ye go over the sea, O?”
“The world’s room; let them beg through life, for them nevermore will I see, O.”
“And what will ye leave to your mother dear? My dear son now tell me, O.”
“Oh the curse of hell from me shall ye bear, such counsel ye gave to me, O.”
(Versione dalla raccolta di ballate Percy’s Reliques e musicata da Giordano Dall’Armellina)
Edoardo
“Perché la tua spada gocciola sangue, Edoardo? E perché sei così triste?”
“Oh, ho ucciso il mio buon falco, madre e avevo solo lui.”
“Il sangue del tuo falco non è mai stato così rosso, caro figlio mio, ti dirò!”
“Oh, ho ucciso il mio cavallo pezzato che era così bello e libero.”
“Il tuo cavallo era vecchio e le tue stalle piene, ora dimmi cosa potrebbe essere.”
“è mio padre che ho ucciso, ahimè, e maledetto me.”
“Che penitenza farai per questo? Caro figlio mio, dimmelo ora.”
“Metterò piede in quella barca laggiù e viaggerò per mare.”
“Che farai con le tue torri e palazzi che sono così belli da vedere?”
“Li lascerò in piedi fino a quando cadranno, perché io qui non ci sarò più.”
“Cosa lascerai a tua moglie e ai tuoi figli quando andrai per mare?”
“L’intero mondo, che facciano i mendicanti tutta la vita in quanto non li vedrò più.”
“E cosa lascerai alla tua cara madre, figlio mio, orsù dimmi.”
“Ti porterai con te la maledizione dell’inferno per avermi dato quel consiglio.”
Si possono ipotizzare due interpretazioni riguardo alla dipartita di Edoardo in barca. La prima ci
suggerisce l'idea che Edoardo ha deciso di morire. La sua scelta di andare per mare potrebbe
simbolicamente rappresentare il suo ultimo viaggio verso l'altro mondo. Era credenza comune, non
solo in Europa, che l'anima dovesse attraversare un fiume o un mare per arrivare al mondo dei morti.
Già gli Egizi, nel libro dei morti, rappresentavano l'ultimo viaggio su una grande nave. Ma prove di
questa credenza sono evidenti nell'undicesimo capitolo dell'Odissea quando Ulisse arriva ai confini
dell'oceano per entrare nell'Ade dove incontrerà sua madre e gli eroi deceduti nella guerra di Troia.
Questo episodio darà ispirazione a Virgilio per scrivere il sesto libro dell'Eneide nel quale Enea scende
agli inferi dopo aver attraversato il fiume Acheronte. E' qui che incontriamo il mostruoso traghettatore
delle anime Caronte di cui si servirà anche da Dante, nel terzo canto dell'Inferno 26, per
l'attraversamento del fiume che porta lo stesso nome utilizzato nell'Eneide e che in greco significa
“Fiume del dolore27”: «Figliuol mio», disse ’l maestro cortese, «quelli che muoion ne l’ira di Dio tutti convegnon qui
d’ogne paese: e pronti sono a trapassar lo rio (v.121-124). L'ipotesi che Edoardo si stia preparando al viaggio
verso l'oltretomba è rinforzata dalla presenza del testamento alla fine della ballata.
La seconda ipotesi, che non esclude la prima, riguarda l'usanza dei Vichinghi di condannare gli assassini
abbandonando il colpevole su una barca al largo senza remi e timone. E' in pratica una condanna a
morte secondo la quale la barca dovrebbe dirigersi verso l'inferno.
Si veda qui una delle tante versioni svedesi, sicuramente più antiche di quelle britanniche, dove avviene
il fratricidio28. In questa versione29 non si accenna ad una condanna o dipartita per mare.
Sven da Rosengård
Var haver du varit så länge?
Sven i RosendegårdJag haver varit i stallet, Kära moder vår.
I vänten mig så
sent eller aldrig.
“Dove sei stato così a lungo,
tu Sven da Rosengård?”
“Sono stato nella stalla,
cara nostra madre.
Non aspettarmi sino a tardi,
O giammai”.
Vad haver du gjort i stallet?
Jo, jag har skådat blacken.
Che cosa hai fatto nella stalla?
Ho badato al cavallo.
26 Proprio l'incontro con Caronte ispirerà Dante nello scrivere tre versi che rimarranno memorabili: E ’l duca lui: «Caron, non
ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare». Caronte chiede come mai dei vivi siano arrivati al
fiume e Virgilio gli spiega che le decisioni furono prese dall'alto e di non indagare oltre.
27 L'Acheronte è citato anche da Platone in Fedone, uno dei più celebri dialoghi del filosofo greco. In esso si afferma che
l'Acheronte è il secondo fiume più lungo del mondo dopo Oceano.
28
Si ha conoscenza di una sola versione, quella probabilmente manipolata dal reverendo Percy che la raccolse e che
abbiamo trascritto qui, in cui la vittima è il padre. In tutte le altre Edward uccide il fratello o al limite il cognato.
29 In YouTube molte versioni di Sven i Rosengård in svedese, norvegese e danese.
Hur är din fot så blodig?
Blacken haver trampat mig.
Perché i tuoi piedi sono così insanguinati?
Il cavallo mi ha calpestato.
Varför är ditt svärd så blodigt? Perché la tua spada è così insanguinata
Jag har slagit min broder ihjäl. Ho ucciso mio fratello.
Vad skall du nu ha för det? Che succederà ora?
Jo, jag skall rymma av landet. Lascerò di corsa queste terre.
När kommer du tillbaka?
När korpen han vitnar.
Quando tornerai?
Quando i corvi diverranno bianchi.
När vitnar korpen?
När svanen han svartnar.
Quando i corvi diverranno bianchi?
Quando i cigni diverranno neri.
När svartnar svanen?
När fjädem han sjunker.
Quando i cigni diverranno neri?
Quando le piume affonderanno.
Å, när sjunker fjädern?
När gråsten flyter.
Quando le piume affonderanno?
Quando le pietre galleggeranno.
A, när flyter gråsten? Sven i Rosendegård
Stenen flyter aldrig,
Kära moder vår.
I vänten mig,
men jag kommer aldrig.
E quando le pietre galleggeranno
Sven da Rosendegård?
Le pietre non galleggiano mai
Cara madre
Aspettami,
Ma non tornerò mai più.
(Traduzione italiana a cura di Omar Guldbrandsen)
4
Come un'antica saga vichinga diventa una chanson de geste, un poema in rima, una ballata e
infine una novella del Decamerone
Iniziamo il nostro percorso con una versione svedese di una ballata, derivante da un'antica saga, della
quale riproduciamo il testo e il riassunto relativo.
Si tenga presente che il genere ballata nei paesi scandinavi si evidenzia non prima della fine del 1200 a
Bergen, in Norvegia quando i poemi cavallereschi provenienti dalla Francia sono tradotti in forma di
saga. Queste nuove saghe saranno poi la base per la creazione di ballate come per esempio “Roland og
Magnus kongjen” (Rolando e re Carlo Magno). Nello stesso periodo erano popolari anche le
fornaldersagas (le saghe dei vecchi tempi) che furono la base tematica per molte ballate successive che a
loro volta furono “esportate” verso altri paesi europei come è il caso per Hertig Henrik che diverrà nelle
isole britanniche Hind Horn.
Qui prendiamo ad esempio una versione svedese che oltre a Hertig Henrik può avere diversi titoli fra cui
Herr Lagman och Herr Thor, Lageman och hans Brud, etc.
1
Hertig Henrik han talte till sin fru:
”Mig lyster resa bort uti årena sju.”
2. ”Om jag skulle bli borta uti atta, nio är,
Sä tag dig dä den vän som din häg ligger pä.”
3. Hertig Henrik han högg en guldring i tu,
Den ena hälfen behöll han sjelf, den andra fick hans fru.
4. Hertig Henrik han kom till en hednisker fru,
Och der tjente han uti årena sju.
5. Och der tjente han som han kunde bäst,
Ja, han drog halfva plogen, likt en annan häst.
6. Hertig Henrik han fick ett förgyllande svärd,
Men mer än femti sådana var det värdt.
7. Hertig Henrik han kom till en hednisker herr,
Ja, der vardt han fången och det var mycket värr.
8. Hertig Henrik fick höra ett förskräckeligt skri,
Det var ett ungt lejon och en elefant höll strid.'
9. Det lejon ropa ett förskräckeligt rop:
”Du hjelp mig, Hertig Henrik, du äst en man så klok!
10. Hertig Henrik drog ut sitt förgyllande svärd"
Och så högg han den elefant ihjäl.
11. "Haf tack, hertig Henrik, för du har frälst mitt lif,
”Din väg vill jag stäcka ett tusende mil."
12. Hertig Henrik han somna i lejonets famn,
Han vakna inte förr än han kom i sitt eget land.
13. 'Hertig Henrik han vakna och vardt så glad,
När han flck höra Brunswigs vallherde gå vall.
14. God dag, god dag, kär valleherde min,
Och finns det någon mat åt en fattig pelegrim?
15. ”Och ingen mat hafver jag åt eder här;
Men gå till Brunswigs herrgård, der bröllopet står!”
16. ”Hvad är det för bröllop pä Brunswigs gård?”
”Jo, det är hertig Henriks förriga gemål.”
17, Hertig ,Henrik han gänger sig till Brunswigs gård?
Der ute för honom hans äldsta dotter står.”
18.
"God dag, God dag, kår dotteren min,
Och finns det någon mat åt en fattig pelegrim?”
19. Och det må ni väl intet säga för mig,
Att några pelegrimer föra lejon med sig."
20. De gåfvo honom dricka ur förgyllande skål,
Och deruti så drack han unga brudens skål.
21. Och bruden hon drack ur samma skål,
Der fick hon se på botten hvar den halfva ringen låg.
22. Bruden hon trefvade i kjortelsäcken sin,
Der fick hon igen den andra halfva ring.
23. De kasta de två ringarne på terningbordet fram,
Det var de båda halfvorna tillsammans rann.
24. ”Och gå du, brudgumme, hvart du kan;
"Men jag tar hertig Henrik, min förrige käre man!”
I
Hertig Henrik comunica alla moglie la sua intenzione di andarsene via per sette anni verso est. Se non tornerà entro quel
termine lei potrà sposare un altro uomo di suo gradimento. Prima di partire Hertig taglia un anello in due, ne dà una
metà alla moglie e tiene l'altra per sé. Si può presumere che andrà a combattere gli Arabi visto che viene fatto prigioniero
da un non identificato signore pagano e dalla sua consorte per sette anni. Un'amante lo libera e gli fornisce una spada con
la quale aiuta un leone che sta combattendo contro un elefante. Il leone, grato per l'aiuto, mentre Henrik sta dormendo, lo
riporta al suo paese. Al risveglio un pastore lo informa che sua moglie sta per sposare un altro uomo. Si precipita verso
casa fingendo di essere un povero pellegrino e chiede ristoro. Lei risponde dicendo che non aveva mai visto un povero
pellegrino accompagnato da un leone e tuttavia gli dà qualcosa da bere. A questo punto lui lascia cadere il mezzo anello
nella ciotola e la ritorna alla moglie. Lei beve dalla stessa ciotola e trova la metà dell'anello sul fondo, prende l'altra metà
dalla tasca e ricostruisce l'anello. Vista l'evidenza tutti li riconoscono come veri marito e moglie.
Boccaccio venne a sapere del racconto (forse arrivato nel sud Italia grazie ai Normanni) e lo rielaborò a
suo modo. Lo ambientò in parte a Pavia e in parte ad Alessandria d'Egitto. E' la nona novella del
decimo giorno del Decamerone.
In essa il Saladino30, per poter scoprire i preparativi dei cristiani che si apprestavano alla crociata, decide
di travestirsi da mercante ed andare in Europa a verificare, per quanto possibile, il numero dei partenti.
Nei pressi di Pavia, all'imbrunire, si imbatte in Messer Torello che, vista l'ora tarda, si offre di ospitarlo a
casa sua. L'ospitalità si rivela quanto mai generosa e il Saladino ne rimane estasiato. Mentre il Saladino
ritorna in patria, Messer Torello decide di unirsi alle crociate e chiede alla moglie di aspettarlo un anno,
un mese e un giorno prima di risposarsi. Nel giorno della partenza la moglie gli dà un anello dicendogli:
“Se egli avviene che io muoia prima che io ti rivegga, ricordivi di me quando il vedrete.” Dopo essere arrivato ad
Acri, roccaforte cristiana in Medio Oriente, Messer Torello viene fatto prigioniero dal Saladino e
trasferito ad Alessandria d'Egitto. Quivi il sultano lo riconosce e liberatolo gli affida la cura dei suoi
falconi e lo tratta con tutte le cortesie per ricambiare l'ospitalità ricevuta a Pavia. Torello si trova così
bene presso il Saladino che quasi si dimentica della Lombardia, di casa sua e di sua moglie. Tuttavia,
grazie a dei mercanti genovesi, invia una lettera alla moglie dicendogli della sua situazione. A causa di
una tempesta la nave affonda e con essa la lettera di Messer Torello. Nel frattempo si sparge la notizia
in Italia che un altro uomo di nome Torello, aveva perso la vita in Egitto. Credendo che fosse il vero
Torello, la famiglia sollecita la presunta vedova a prendere di nuovo marito il giorno dopo della
scadenza prefissata. Una settimana prima della scadenza Messer Torello viene a sapere del naufragio
della nave e la sola idea che la moglie possa prendere di nuovo marito lo fa diventare quasi pazzo.
Saladino si offre di aiutarlo e chiama il suo negromante il quale, grazie ai suoi poteri magici, lo trasporta
in una sola notte a Pavia. Arriva la notte prima del matrimonio e il giorno seguente Torello si presenta
alla cerimonia vestito da saraceno. Dice alla moglie, che non lo riconosce anche a causa di una lunga
barba che gli copre il viso, che è un'usanza di cortesia nel suo paese che la sposa offra una coppa di
30
Saladino, alias Saleh ad-din (1138-1193) era il sultano di Egitto e Siria. Divenne leggendario, anche fra i Cristiani,
per la sua generosità, audacia e saggezza.
vino agli stranieri presenti alle nozze. Lei dovrà poi finire il vino non bevuto dall'ospite. La futura sposa
acconsente e Messer Torello avendosi l'anello di lei messo in bocca, sì fece che bevendo il lasciò cadere nella coppa, senza
avvedersene alcuno, e poco vino lasciatovi, quella ricoperchiò e mandò alla donna. Quando l'inconsapevole moglie
scopre di nuovo la coppa e vede l'anello, riconosce suo marito e gli si getta fra le braccia. Segue una
grande festa durante la quale sono presentati i regali di Saladino.
E' evidente che molti episodi sono comuni con la ballata svedese Hertig Henrik:
1. Torello e Henrik partono con un anello, o metà anello, ben conosciuto dalle loro consorti.
2. Entrambi vanno a est per combattere in una crociata.
3. Sono fatti prigionieri.
4. Sono salvati da qualcuno che è loro grato.
5. Sono riportati in patria in un batter d'occhio grazie alla magia.
6. Arrivano giusto poco prima delle nuove nozze.
7. Utilizzano un travestimento per non farsi riconoscere.
8. Bevono vino e poi fanno cadere l'anello nella coppa.
9. Salvano il loro matrimonio prima che sia troppo tardi.
Le novelle di Boccaccio erano ben conosciute in Europa ed alcune di esse svolsero lo stesso ruolo che
giocò La chanson de Roland quando fu messa in versi da Turoldo. I racconti già circolavano oralmente in
diverse lingue in Europa, ma Boccaccio rinforzò le antiche radici che avevano prodotto molte varianti,
fissando con lo scritto un nuovo racconto che poteva essere morfologicamente accolto dagli ascoltatori
avvezzi allo schema.
Non c'è dunque da meravigliarsi se si formarono altre ballate in Europa con le stesse radici e la stessa
morfologia. Pur evolvendosi attraverso i secoli hanno mantenuto i caratteri morfologici ripetitivi che ci
riconducono ad una fonte primeva che mantiene l’originale impianto costruttivo.
Le varianti raccolte nelle isole britanniche e in America si distaccano parecchio dalla nostra versione
svedese e tuttavia si possono riconoscere ancora molti elementi.
Hind Horn
(Child 17)
Hind Horn è probabilmente la ballata britannica più antica. È stata preservata nelle versioni più
complete in Scozia e Irlanda ma, grazie agli emigranti irlandesi, è approdata anche nel New Brunswick
(Canada). La versione qui riprodotta è stata raccolta all’inizio del XX secolo proprio in Canada.
Personaggi:
Luoghi:
Il principe Hind Horn, una principessa, un mendicante.
Irlanda, terre lontane, il palazzo reale.
«Young man fair, young man free
Where were you born and in what country?»
«In Ireland I was bred and born,
Back to Ireland I will return.»
«Bel giovine, giovane libero,
dove sei nato e in quale paese?»
«Nacqui e fui cresciuto in Irlanda,
in Irlanda io tornerò.»
When they were parting she gave to him
Quando stavano per separarsi lei gli diede
Her heart’s true love and a guinea gold ring
il vero amore del suo cuore e un prezioso anello d’oro.
«When you look at the ring and it’s bright and true, «Quando guardi l’anello e lo vedi brillante e sincero,
You know your lover is true to you.
tu sai che la tua amante ti è fedele.
If the ring be bright and clear,
Se l’anello è brillante e chiaro,
You know I’m constant to my dear,
But if the ring be pale and wan,
Your lover’s gone with another man.»
tu sai che io sono fedele al mio caro,
ma se l’anello è pallido e opaco,
la tua amante se n’è andata con un altro.»
He took ship and away went he,
Till he came to that strange country
When he looked at the ring, it was pale and wan,
He knows she’s gone with another man.
Salpò e andò via,
finché arrivò in quel paese straniero.
Quando guardò l’anello, esso era pallido e opaco.
Sa che lei è andata con un altro uomo.
So he took ship and back sailed he
Till he came to his own country;
He was a-riding over the plain,
The first he met was the begging man.
Così salpò e ritornò,
fino a quando arrivò al suo paese.
Stava cavalcando lungo la pianura,
il primo che incontrò fu il mendicante.
«What news, what news, what news?» cried he,
Sad and sorry I’ve to tell to thee;
Sad and sorry I’ve to tell to thee,
Today is your true lover’s wedding day.»
«Che notizie, che notizie, che notizie?» gridò lui,
«Tristi e spiacevoli ti devo dire;
tristi e spiacevoli ti devo dire:
oggi è il matrimonio della tua amata.»
«You’ll lend me your begging rig,
You’ll put on my riding stage;»
«No, the begging rig’s too poor for thee,
The riding stage too good for me.»
me.»
«Mi presterai il tuo vestito da mendicante
indosserai il mio vestito da cavaliere.»
«No, il vestito da mendicante è troppo povero per te,
il vestito da cavaliere troppo bello per
«Be it right, be it wrong,
The begging rig it will go on.
Now tell me as fast as you can,
What is the work of the begging man?»
«Giusto o sbagliato,
il vestito da mendicante sarà indossato.
Ora dimmi il più presto possibile,
come lavora un mendicante?»
«You may walk as fast as you will
Till you come to yonders hill,
But when you come to yonders gate,
Lean on your staff with a trembling step.
«Puoi camminare veloce come ti pare
finché arrivi a quelle colline laggiù,
ma quando arrivi a quel cancello laggiù,
appoggiati al bastone con un passo tremante.
Beg from Pitt, beg from Paul
Beg from the highest to the lowest of all,
But from them all you need take none
Till you come to the bride’s own hand.»
Chiedi la carità nel nome di Pietro e Paolo.
Chiedi la carità dai più alti ai più bassi di lignaggio,
ma da loro non prendere nulla
finché arrivi alla mano della sposa.»
He stepped on with a fine good will,
Till he came to yonders hill;
When he came to yonders gate,
Leaned on his staff with a trembling step.
Proseguì di buona lena
finché arrivò alla collina indicata.
Quando arrivò al cancello
si appoggiò al bastone con passo tremante.
The bride came trembling down the stair,
Gold rings on her fingers, gold bobs in her hair;
A glass of wine all in her hand,
All for to give to the begging man.
Out of the glass he drank up the wine,
Into the glass goes a guinea gold ring;
«Did you get it by see? Did you get it by land?
La sposa scese le scale tremante.
Anelli d’oro alle sue dita, oggettini d’oro nei capelli,
solo un bicchiere di vino in mano
e lo teneva per darlo al mendicante.
Dal bicchiere lui bevve il vino.
Dentro il bicchiere cade un anello di gran valore.
«Lo hai trovato navigando o viaggiando
per terre?
Or did you get it from a drowned man’s hand?»
O lo hai preso dalla mano di un uomo affogato?»
«Neither did I get it by see or land
Neither did I get it from a drowned man’s hand
I got it from my love in a courting way,
I give it to my love on her wedding day.»
«Non lo presi né per mare né per terra
e nemmeno dalla mano di un uomo affogato.
L’ho avuto dal mio amore in un momento d’amore,
lo do al mio amore nel giorno del suo matrimonio.»
Gold rings from her fingers she did let fall,
Gold bobs from her hair she threw against the wall,
«I’ll follow you forever more
Though I’m begging from door to door.»
Dalle sue dita fece cadere gli anelli d’oro,
gli oggetti d’oro dai capelli li gettò contro il muro.
«Ti seguirò per sempre
anche se dovessi mendicare di porta in porta.»
He that was the blackest among them all,
Now shines the fairest in the hall.
He that was single at the break of day,
Stole the bride from the groom away.
Lui che era il più nero fra tutti31
ora splende come il più bello fra tutti nella sala.
Lui che era celibe all’alba,
rubò la sposa allo sposo.
(Testo presente nell’album Blood and Roses vol. 3 di Ewan Mc Call e Peggie Seeger)
Il fatto che questa versione sia stata raccolta in Canada presso emigranti irlandesi ha sicuramente
influenzato il formarsi della prima strofa che non sembra essere attinente con la storia ma, piuttosto,
con la nostalgia dell’emigrante che vorrebbe tornare in patria. Tutta la storia in realtà è incentrata
sull’idea del viaggio per mare e del ritorno dall’amata che, per trasposizione, può essere l’Irlanda stessa.
In questo caso la ballata ha ragioni sentimentali forti che sono una grande spinta per la preservazione
del canto, proprio perché il loro significato travalica la storia narrata.
Che vi sia una “necessità” di rendere la ballata locale e quindi appartenente ad una cultura circoscritta è
testimoniato dal fatto che alcune versioni raccolte in Scozia riportano più o meno questa strofa iniziale:
«In Scotland there was a baby born and its name was young Hind Horn» (“In Scozia ci fu un neonato e il suo
nome era Hind Horn”). La ballata fu cantata prima in Scozia e poi dagli irlandesi. Gli emigranti
dell'Irlanda stabilitisi in Canada hanno volutamente cambiato la prima parte mantenendo solo qualche
elemento dell’originale ricreando, come era consuetudine dei cantori, una nuova storia.
La ballata sopra esposta deriva da un poema in rima, in inglese arcaico, della fine del XIII secolo, il
quale, a sua volta, era il risultato di un adattamento alla lingua e alla cultura che si stava formando in
Inghilterra, di un altro poema in lingua francese, assai più lungo, che potrebbe essere stato scritto un
secolo prima. Il racconto esisteva anche in forma cantata poiché anche una chanson de geste dell'epoca
narrava la stessa storia. Tuttavia la trama originale ci viene da una saga vichinga già presente in
Danimarca nell'ottavo secolo. Con l'evoluzione delle lingue e dei modi di narrare, anche nei paesi
scandinavi si cominciarono a cantare, in epoche successive, ballate che avevano le loro radici in quella
saga come abbiamo visto con Hertig Henrik.
Per capire la diffusione europea del racconto è necessario ricostruirne l'evoluzione attraverso la storia.
Nel IX secolo i Vichinghi invasero la parte nord orientale della Gran Bretagna e misero piede anche in
Irlanda fondando il primo nucleo di quella che diventerà Dublino. Come tutte le invasioni, quella dei
Vichinghi non fu indolore ma, progressivamente, quelli che rimasero si amalgamarono con le
popolazioni locali che erano di stirpe germanica (Angli e Sassoni) e celtica. Il risultato, oltre a un
proficuo scambio di conoscenze, fu la diffusione di racconti provenienti dall’area di cultura vichinga.
Fra questi vi era quello che in inglese tre secoli dopo diventerà King Horn. Il racconto era tuttavia
unicamente in versione orale e solo con l'invasione dei Normanni nel 1066 divenne un poema in rima.
Ma “Northmanorum” (uomini del nord) era l'appellativo dato dai Franchi, poi Francesi, ai Vichinghi, in
gran parte Danesi, che a ondate, fin dalla fine del IX secolo, presero possesso di una terra al nord della
31 Era il più nero poiché si era “sporcato” per sembrare un mendicante.
odierna Francia che divenne la Normandia (Normanland – terra degli uomini del nord). Nel corso dei
due secoli prima dell'invasione della Gran Bretagna le generazioni successive ai primi coloni, si
amalgamarono con le popolazioni locali di lingua francese e ne adottarono la lingua e la cultura. Non
avevano tuttavia dimenticato le loro tradizioni, ma i racconti venivano ora espressi in lingua francese,
sia scritta che orale. E' così che l'antica saga vichinga, che diverrà in inglese King Horn, fu tradotta e
adattata ad una forma metrica che prima la trasformerà in una chanson de geste e poi in un poema in rima.
Con l'arrivo dei Normanni sul suolo britannico si introdusse il modo di poetare francese. La loro
cultura era tuttavia un misto fra quella francese e quella vichinga. Fra i racconti in francese vi era
naturalmente quello che diventerà in inglese King Horn e che gli Anglo-Sassoni già conoscevano per
tradizione orale ma che mai avevano scritto. Questi ultimi impararono dai Normanni la nuova forma di
raccontare, che venne chiamata romance32 (romanzo cavalleresco in rima) e King Horn alla fine del XIII
secolo divenne il primo poema in versi in una lingua che, evolvendosi, diventerà quello che oggi è
l’inglese. Il nostro romance constava di 825 coppie di versi a rima baciata e veniva letto ad alta voce nelle
corti dei nobili. Tuttavia era solo un sesto di quello composto in Francia. Ne consegue che moltissimi
dettagli furono scartati lasciando comunque il nucleo principale del racconto che conteneva, anche se in
maniera meno evidente, diversi elementi di cultura vichinga. Il racconto fu adattato ad una realtà più
vicina a quella del popolo invaso amalgamando i modi di sentire delle due culture.
Quando, sempre grazie alla cultura francese, si affermò il genere ballata, (termine che Chaucer per
primo trasformerà nell’inglese ballad) i cantori scelsero le parti del poema che più ricordavano o che
reputavano più interessanti. Il risultato fu una profusione di versioni che, pur avendo origine dalla stessa
fonte, differivano l’una dall’altra per la scelta degli episodi.
Vediamo ora un riassunto del romanzo cavalleresco in versi britannico e compariamolo sia con la
versione della ballata irlandese raccolta in Canada, che con quella svedese. Nei nomi dei personaggi e in
episodi particolari si riconoscono ancora le tracce vichinghe. Tuttavia siamo nel periodo delle crociate e
il racconto risente dell'influenza delle chansons de geste da cui la “necessità” di combattere i Saraceni. Gli
arabi sono aggiunti nel racconto con qualche incongruenza, come vedremo, ma la funzione di tale
aggiunta era quella di propagandare l'arruolamento di uomini da mandare a combattere contro gli
“infedeli”. Anche la versione svedese ci fa intuire che Henrik è partito verso est per partecipare ad una
crociata. Si imbatte poi in un leone e un elefante che non sono certo tipici animali che si incontrano in
Svezia.
King Horn
Horn era figlio di Murry, re di Suddenne33. Era un giovane di straordinaria bellezza e aveva dodici
amici34, fra i quali Athulf35 e Fikenhild erano i suoi favoriti. Un giorno, mentre stava cavalcando, re
Murry si imbatté in quindici navi di Saraceni 36 che erano appena approdate. I Saraceni lo uccisero e, per
evitare una possibile vendetta in futuro, misero Horn e i suoi dodici compagni su una barca senza remi
32
Curiosa l’evoluzione di questa parola medievale, che all’inizio denotava un racconto scritto in una lingua di origine
latina, cioè proveniente da Roma e che in inglese moderno significa “storia d’amore” per il fatto che nei romanzi
cavallereschi medievali non mancava mai l’intreccio fra gesta eroiche e storie d’amore. Fra i romanzi cavallereschi più famosi
vanno annoverati quelli di Lancillotto e Ginevra e Tristano e Isotta.
33 Non esiste storicamente nessun luogo con tale nome, ma l'iniziale Sud di Suddenne fa propendere per un sito nel sud
Europa conquistato dagli Arabi.
34
Fin dall’inizio si utilizza un numero simbolico, proprio della tradizione babilonese ed ebraica, che in questo caso
evoca nell’ascoltatore altre storie quali quelle di Gesù e i suoi dodici apostoli (anche Horn sarà tradito da uno dei suoi amici)
e, soprattutto, i dodici cavalieri della tavola rotonda e i dodici paladini di Carlo Magno eroi delle chansons de geste.
35 Il nome ricorda Beowulf, l'eroe del primo manoscritto in lingua anglo-sassone probabilmente dell'ottavo secolo.
36
Così venivano chiamati in Europa gli arabi in genere e i pirati in particolare. In realtà i veri Saraceni erano una tribù
nomade che avevano come territorio parte dell’attuale Giordania e che nemmeno i Romani riuscirono a sconfiggere. Da qui
la loro nomea di combattenti temibili. Per estensione anche gli altri popoli limitrofi vennero chiamati Saraceni. Le scorrerie
saracene non raggiunsero mai le isole britanniche, quindi ci si riferisce ad un regno di fantasia situato forse nel sud della
Francia dove in effetti i Saraceni, fra il nono e il decimo secolo ebbero dei feudi, come per esempio l'odierna Saint-Tropez,
che durarono anche più di ottant'anni.
e senza timone e li lasciarono andare alla deriva37. Tuttavia le correnti portarono la barca sulle coste del
regno di Westerness38 a ovest di Suddenne. Il re Ailmar diede loro il benvenuto e li affidò ad Athelbrus,
il suo consigliere, perché provvedesse alla loro educazione. Rymenhild, la figlia del re, s’innamorò di
Horn e dopo aver convinto, non senza difficoltà, Athelbrus a condurlo nel suo appartamento privato, si
offrì a lui come moglie. Horn le rispose che sarebbe stato un matrimonio sconveniente essendo egli
solo un servo39 e lei figlia di Ailmar. Questa risposta ferì grandemente Rymenhild e Horn fu così
commosso dal suo dolore che le promise di fare qualsiasi cosa a patto che lei chiedesse a suo padre di
ordinarlo cavaliere. Il padre acconsentì e Horn investì a sua volta i suoi dodici amici che divennero
anch’essi cavalieri. Rymenhild mandò a chiamare Horn per indurlo a sposarla. Horn tuttavia rispose che
prima doveva dimostrare di essere un vero cavaliere. Se fosse tornato vivo da un’impresa guerresca,
allora l’avrebbe sposata. Ricevuta questa risposta Rymenhild gli diede un anello di pietre preziose che
aveva il potere di renderlo invincibile purché l’avesse guardato pensando a lei40.
Il giovane cavaliere ebbe la sorte di imbattersi immediatamente in una nave piena di Saraceni e, con
l’aiuto dell’anello, fu in grado di ucciderne un centinaio41 dei migliori. Il giorno seguente andò a far
visita a Rymenhild. La trovò affranta a causa di un brutto sogno nel quale lei aveva buttato una rete in
mare e un grosso pesce l’aveva rotta. Horn tentò di confortarla, ma non riuscì a nascondere la sua
apprensione temendo anch’egli guai in arrivo. Il pesce si rivelò essere Fikenhild, l’amico del cuore di
Horn, il quale parlò al re Ailmar dell’intimità che si era venuta a creare tra i giovani e aggiunse che Horn
aveva l’intenzione di ucciderlo e di sposare la principessa. Ailmar si adombrò molto e fu nello stesso
tempo addolorato. Trovò Horn nell’appartamento privato della figlia e gli ordinò di lasciare il suo reame
immediatamente. A nulla valse la replica di Horn, il quale dovette sellare il cavallo e prendere le sue
armi. Prima di partire tornò da Rymenhild e le disse che sarebbe andato per terre straniere per sette
anni42.
Se nel frattempo non fosse tornato o non avesse inviato sue notizie, lei avrebbe potuto scegliersi un
altro marito.
Salpò verso ovest fino a giungere in Irlanda. Appena arrivato incontrò due principi che lo invitarono a
prendere servizio presso il loro padre. Il re Thorston43 lo accolse benevolmente ed ebbe
immediatamente l’occasione di servirsi di lui. A Natale venne alla corte un gigante con un messaggio da
parte dei Saraceni appena giunti. Questi proponevano che uno di loro combattesse contro tre cristiani.
Se i cristiani avessero ucciso il loro campione saraceno, avrebbero lasciato quella terra ma, nel caso che
il loro campione avesse ucciso i tre cristiani, si sarebbero impossessati del regno. Horn rifiutò con
scherno di combattere a quelle condizioni: propose che lui solo avrebbe combattuto contro tre
Saraceni. Così fece e nel corso del combattimento venne a sapere che quelli erano i Saraceni che
avevano ucciso suo padre. Horn guardò il suo anello, pensò a Rymenhild e si buttò sui suoi nemici.
Questa volta tutto l’esercito prese parte alla battaglia44 che fu vittoriosa, ma il re Thorston perse molti
37
Come abbiamo già visto per la ballata Edward quella di lasciare i condannati a morte su una barca senza remi nè
timone al largo, era in realtà un’usanza vichinga. Per i Saraceni sarebbe stato più sbrigativo e meno rischioso ucciderli subito,
ma il racconto poi non avrebbe avuto un seguito.
38 Il fatto che l'altro regno si chiami Westerness (luogo posto a occidente) rinforza la tesi che Suddenne fosse a sud.
39
Horn, avendo perso il suo regno, non era più principe, ma un semplice servo.
40
L’atto di dare un anello magico appartiene sia alla favolistica europea che a quella asiatica. Era una credenza
comune nell’Europa medievale che le pietre preziose avessero dei poteri magici.
41
L’esagerazione è tipica dei racconti con contenuti magici legati alla favolistica. Qui l'eroe viene esaltato come
sterminatore di Saraceni, quindi come fulgido esempio da imitare in una eventuale crociata.
42
Il riferimento al numero sette non è casuale: è un altro numero magico o simbolico proprio della cultura popolare
giudaico-europea. È spesso legato alla morte o al cambiamento. Inoltre c’è da sottolineare che nel Medioevo se un uomo
decideva di prestare servizio presso un esercito doveva in genere firmare per sette anni. Se un marito partiva per la guerra e
non tornava entro i sette anni, la moglie poteva risposarsi. Ecco perché Horn poi dirà a Rymenhild che potrà sposarsi se lui
non dovesse tornare dopo sette anni. La stessa cosa disse Hertik Henrik nella versione svedese.
43 E' improbabile che un re irlandese si chiami Thorston che significa figlio di Thor, divinità germano-scandinava
corrispondente al Giove romano.
44
Il racconto si rifà a ciò che effettivamente accadeva in Spagna prima di una battaglia fra cristiani e mori. Tre
cavalieri arabi sfidavano tre cavalieri cristiani all'ultimo sangue. Il risultato del confronto era percepito come di buono o
cattivo auspicio per la battaglia che si sarebbe svolta successivamente fra i due eserciti. Ecco perché subito dopo le sfide fra
Horn e i tre Saraceni si scatena la battaglia. È evidente che, sebbene il racconto sia ambientato in Irlanda, dove mai
uomini fra i quali i suoi stessi figli. Non avendo più eredi offrì a Horn la mano di sua figlia Reynild e la
successione al trono. Horn rispose che non aveva ancora meritato una tale ricompensa e che avrebbe
servito il re per altro tempo. Sperava che poi, se avesse richiesto in sposa la figlia, il re non avrebbe
rifiutato la proposta.
Sette anni stette Horn con il re Thorston e da Rymenhild non andò mai né tanto meno scrisse. Fu un
periodo molto triste per Rymenhild e, come se non bastasse, il re Modi di Reynis la chiese in sposa e
suo padre acconsentì. Il matrimonio si sarebbe celebrato da lì a pochi giorni. Rymenhild mandò
messaggeri in ogni dove in cerca dell'amato fino a quando un giorno, andando a caccia, Horn incontrò
uno di loro e venne a sapere come stavano le cose. Le mandò un messaggio dicendole di non
preoccuparsi: lui sarebbe arrivato prima del matrimonio. Sfortunatamente il messaggero affogò sulla via
del ritorno e Rymenhild, mentre cercava a fatica con gli occhi un raggio di speranza fuori della porta,
vide il suo corpo trascinato via dalle onde. Nel frattempo Horn fece ampia confessione a re Thorston e
gli chiese un aiuto che fu generosamente accordato. Poté così salpare in direzione di Westerness con un
piccolo esercito.
Arrivò di mattina il giorno del matrimonio, lasciò i suoi uomini nel bosco e si diresse solo, verso la
corte di re Ailmar. Incontrò un pellegrino a cui chiese notizie. Il pellegrino veniva dal matrimonio di
Rymenhild e riferì che la fanciulla piangeva e non voleva sposarsi poiché diceva di avere un marito che
era lontano in altre terre.
Horn cambiò le sue vesti con quelle del pellegrino, si sporcò il viso e le mani e contorse le labbra. Così
si presentò ai cancelli del re. L’uomo di guardia non ne voleva sapere di farlo entrare. Allora Horn aprì
il portone a calci, buttò il guardiano giù dal ponte, si diresse verso il salone e lì si sedette nel settore
riservato ai mendicanti. Rymenhild, benché triste e disperata, partecipò al banchetto e dopo aver
mangiato si alzò per dare da bere, con un corno, a tutti i cavalieri e nobili. Così era l’usanza 45. Horn la
chiamò, lei ripose il corno e gli riempì una ciotola, ma Horn non volle bere da quella 46. Poi disse
misteriosamente: «Tu pensi che io sia un mendicante, ma in realtà sono un pescatore venuto dal lontano
oriente47 per pescare alla tua festa. La mia rete è qui a portata di mano e ha sette anni. Sono venuto a
vedere se ha preso qualche pesce». Rymenhild lo guardò e le si gelò il cuore. Che cosa volesse intendere
con il verbo pescare non lo riusciva a comprendere. Riempì il suo corno e bevve alla sua salute, lo porse
al pellegrino e disse: «Bevi quello che ti spetta e dimmi se per caso hai visto Horn». Horn bevve e gettò
l’anello dentro il corno. Quando la principessa andò nella sua stanza privata, trovò nel fondo del corno
l’anello che aveva dato a Horn. Temeva che fosse morto e per saperne di più mandò a chiamare il
pellegrino. Questi le confermò che Horn era morto durante il suo viaggio verso Westerness e prima di
morire lo aveva pregato di andare dalla principessa Rymenhild con l’anello. Rymenhild non poté
sopportare quello che aveva udito. Si gettò sul letto e prese il pugnale che aveva nascosto per uccidere il
re Modi e se stessa se Horn non fosse tornato, e se lo puntò verso il cuore. A quel punto Horn la fermò
gridando: «Io sono Horn!». Grande fu la sua gioia, ma non era tempo di indulgere troppo. Horn andò a
radunare i suoi uomini, rientrò con loro nel castello e uccise tutti quelli che erano al banchetto 48 eccetto
il re Ailmar e i suoi vecchi amici tra i quali il suo fedele amico Athulf. Horn risparmiò anche Fikenhild
in cambio di un giuramento di fedeltà da parte sua e dei suoi amici.
Poi si fece riconoscere da Ailmar, negò le accuse che gli erano state mosse e disse che non avrebbe
sposato Rymenhild nemmeno in quella circostanza, almeno fino a quando non avesse riconquistato il
suo precedente regno di Sudenne.
Si mise subito a organizzarne la riconquista ma, mentre era impegnato a cacciare i Saraceni dalla sua
arrivarono i Saraceni, si parli in realtà di gesta eroiche di paladini del cristianesimo in lotta contro gli Arabi in Spagna. In ciò
l’influenza delle chansons de geste è ancora molto forte e si trasportano in Irlanda avvenimenti accaduti altrove.
45
L'usanza era in realtà vichinga ed è ben rappresentata nel celebre arazzo di Bayeux nel quale si vedono nobili
Vichinghi alzare i corni usati come bicchieri.
46
Solo i nobili potevano bere dal corno. Horn è un nobile e rifiuta di bere dalla ciotola che è riservata alla gente
comune.
47
Il racconto ci dice che è stato in Irlanda, quindi a Occidente, ma questa contraddizione rivela la verità. Horn in
realtà è stato in oriente alle Crociate dove, con più logica, avrebbe sconfitto i Saraceni.
48 Non si capisce la ragione di questo massacro. Forse voleva far capire a re Ailmar che lui era più forte e che la figlia
doveva concederla a lui.
terra e a ricostruire chiese49, lo spergiuro Fikenhild corruppe giovani e vecchi per farli stare dalla sua
parte. Prima costruì una fortezza, poi sposò Rymenhild e là organizzò una festa di nozze.
Horn, avvisato da un sogno, fece rotta di nuovo verso Westerness e vide il nuovo castello di Fikenhild.
Il cugino Athulf stava sulla spiaggia per informarlo di cosa era successo e di come Fikenhild avesse
sposato Rymenhild proprio quel giorno. Fikenhild aveva ingannato Horn due volte. Horn si travestì e
fece travestire i suoi cavalieri da suonatori d’arpa e violinisti50 e grazie alla loro musica ebbero accesso al
castello. Appena entrato guardò il suo anello e pensò a Rymenhild. Fikenhild e i suoi uomini furono
presto uccisi. Fece sposare Athulf con la figlia di re Thurston e fece diventare Rymenhild regina di
Sudenne.
È evidente come la ballata abbia tagliato la maggior parte dei personaggi e degli avvenimenti.
I Saraceni scompaiono nell’evoluzione di questo canto narrativo popolare nel momento in cui non
costituiscono più un pericolo. Vi sono parecchi elementi tuttavia che ci potrebbero far pensare a una
storia ben più antica.
Come non pensare a Ulisse e al suo ritorno a Itaca? I punti in comune con l’Odissea sono numerosi:
– Sia Hind Horn che Ulisse vanno per mare e stanno lontani per parecchi anni. Entrambi affrontano
una guerra che sarà vittoriosa.
– Sia Rymenhild che Penelope sono costrette a scegliere un altro marito.
– Sia Hind Horn che Ulisse si vestono da mendicante per entrare nel palazzo e non si fanno
riconoscere dalle loro amate.
– Arrivano proprio nel giorno della scelta del marito (Odissea) o del matrimonio (King Horn).
– Alla fine della storia fanno strage chi dei Proci, chi dei nemici e riconquistano il potere.
Storie antiche che rivivono, si trasformano e si adattano alle nuove esigenze? Probabilmente sì perché
l’Odissea appartiene all’immaginario collettivo dei popoli europei e l’inconscio lavora e fabbrica nuove
avventure tenendo ferme le basi e i pilastri che sostengono l’impianto costruttivo, così come avviene
per le varianti delle ballate. L’Odissea è stato il primo poema cantato incentrato su un solo protagonista e
le sue avventure e come tale ha fatto scuola e la sua eco non si è spenta nemmeno oggi nei nuovi
romanzi.
Recenti ricerche storiche fanno avanzare ipotesi che la storia narrata nell'Odissea possa aver avuto
origine tra i popoli che abitavano l'odierna Scandinavia. Questi popoli migrarono verso il sud
dell'Europa e presumibilmente contribuirono al formarsi della cultura greca. Ciò spiegherebbe la finora
misteriosa origine dei Micenei. Se questa ipotesi fosse comprovata non sarebbe più così sorprendente
constatare che King Horn e l'Odissea abbiano dei punti in comune.
Il racconto contenuto in King Horn, con tutte le varianti in forma di ballata, romanzo cavalleresco in
rima o racconto breve, è presente in molte culture e lingue europee. El Conde Dirlos è una ben nota
versione spagnola, ma la più conosciuta è quella tedesca, di solito titolata Der edle Moringer, divenuta
popolare nel 19° secolo grazie ai fratelli Grimm che ne raccolsero diverse varianti. Come al solito ne
trassero una sola in forma di fiaba che tuttavia conteneva i principali episodi di tutte le altre.
Anche in Italia si formarono ballate che contenevano gli stessi episodi riscontrati in diverse varianti
europee. Una di queste ballate viene dal sud della Francia ma esistono varianti in Piemontese.
’L Moru Sarasin
(Nigra 40)
49
Chiaro qui il riferimento alle crociate per cacciare gli Arabi dalla Spagna e da Gerusalemme. I Saraceni erano i
nemici della cristianità e potevano assolvere quel ruolo in qualsiasi tipo di racconto, soprattutto se inducevano gli uomini ad
arruolarsi per combatterli.
50 Per i Normanni, ovvero per i Vichinghi, la musica dell'arpa o altri strumenti a corda era essenziale per ogni festa. Persino
nelle spedizioni guerresche non potevano mancare i musici che invogliavano al canto, percepito come unificatore di
intenti.
Personaggi: Il bel galante (marito), Fiurensa (la sposa), la madre di lui, tre lavandaie, le serve di
Fiurensa, il Moro Saracino.
Luoghi:
Terre lontane, la casa della madre, il castello del Moro Saracino.
Bel galante si marida
luntan fora ’d pais.
L’a piait na spusa giuvni
ch’a ’s seva gnanc vestì.
Bel galante51 si sposa
lontano dal suo paese.
Ha preso una sposa giovane
che non sapeva neanche vestirsi.
Bel galant l’e andà a la guera Il bel galante è andato in guerra,
per set an na turna pi
per sette anni non torna più
e la povera Fiurensa
e la povera Fiorenza
l’é restà sensa marì.
è rimasta senza marito.
«Oh mama d’la mia mama
v’ racumand la mia muje,
si turn nen da si set ani,
vui turnela a maridé.»
«Oh mamma, madre mia,
vi raccomando mia moglie.
Se non torno fra sette anni,
rifatela sposare.»
E a la fin de li set ani
bel galant s’a l’e rivà.
«Oi mama d’la mia oi mama,
Fiurensa ’ndua l’è ’nda?»
E alla fine dei sette anni
il bel galante è arrivato.
«Oh mamma, madre mia,
dove è andata Fiorenza?»
Sua mama a la finestra:
«Fiurensa a j’e pà pì,
a l’é staita rubeia
dal Moru Sarasin.»
Sua mamma alla finestra:
«Fiorenza non è più qui,
è stata rapita
dal Moro Saracino.»
«Campeme giü la spèja
culà dal pumelin d’or,
vöi andé trové Fiurensa
a duveisa anca muri!»
«Buttatemi giù la spada
quella dall’impugnatura d’oro,
vado a cercare Fiorenza,
dovessi anche morire!»
Quand l’è stait a mita la strada Quando è stato a metà del cammino52
poc luntan da so castel,
poco lontano dal suo castello,
l’a vedü tre lavandere
ha visto tre lavandaie
ch’a j lavavu so fardel.
che lavavano il loro fardello.
«E mi ’u dig tre lavandere,
’d chi a l’è cul bel castel?»
«Cul castel cuma ’s dumanda,
l’è del Moru Sarasin.»
«E io vi dico tre lavandaie,
di chi è quel bel castello?»
«Quel castello, come si domanda,
è del Moro Saracino.»
Oh tun tun pica a la porta:
«Fiurensa mni a durbì!
Oh vni a durbì Fiurensa,
Oh tun tun batte alla porta:
«Fiorenza venite ad aprire!
Oh venite ad aprire Fiorenza
51
Bel galante è una di quelle definizioni tipiche che incontriamo spesso nelle ballate e sta a indicare la nobiltà del
personaggio.
52
Dal testo si deduce che l’eroe non è di fatto a metà del cammino poiché è già vicino al castello del Moro. La frase è
un codice che indica che ci sarà una svolta nella storia.
ch’a j’e ’d gent del vost pais.» che c’è gente del vostro paese.»
«Oh cume ch’a pudrà d’esei
d ’la gent del me pais
ch’a j’é gnanc la rundanina
ch’a l’à ’l vol cusì gentil?»
«Oh come può essere
qui della gente del mio paese
che non c’è neanche la rondinella
che ha il volo così gentile?»
«Fé ’d limosna ’n pò ’d limosna «Fate l’elemosina, un po’ d’elemosina
a stu pover pelegrin.»
a questo povero pellegrino.»
E ’n fasendj la limosna,
E facendogli l’elemosina
a l’a vist so anel al dil.
ha visto il suo anello al dito.
«Oh munté, munté vui bela!
oh munté ’n sel caval gris.»
«Steme alegre mie creade,
mi ’m na turnu al me pais.»
«Oh montate, montate, voi bella!
Oh montate sul cavallo grigio.»
«Statemi allegre serve mie,
io me ne torno al mio paese.»
Quan sun stait mità la strada
scuntru ’l Moru Sarasin.
Oi sa l’àn basà la testa,
ognidùn fa ’l so camin.
Quando sono stati a metà della strada
incontrano il Moro Saracino.
Oi se hanno abbassato la testa,
ognuno fa il suo cammino.
(Dalla raccolta di Leone Sinigaglia, Vecchie canzoni popolari del Piemonte, Torino 1868. La melodia è invece
tratta da una versione occitana)
In sole tredici strofe abbiamo un racconto completo che rivela tuttavia aspetti non del tutto conosciuti
o messi in rilievo dai libri di storia.
Fiorenza è così giovane che non è in grado di vestirsi da sola. Il matrimonio avviene quando Fiorenza è
ancora bambina e il fatto doveva essere comune in Europa come testimoniano i testi di altre ballate.
Nella ballata spagnola El conde Dirlos si parla di una mochacha de poca edad e nei nomi delle eroine si evince
la loro età: Blancaniña, Albaniña, Claraniña dove niña significa bambina.
Si deduce pertanto che il matrimonio era stato combinato, come spesso avveniva nei tempi andati in
Europa e come succede tuttora in alcune parti dell’Oriente e dell’Africa.
Si noti l’immediatezza e la rapidità della storia. I sette anni di allontanamento, così come era avvenuto
per l’anno di assenza di Don Bosco nella Muerte ocultada, passano in un attimo. La madre, come sempre
nelle ballate, vede arrivare il figlio da lontano, comunica l’accaduto e l’eroe riparte cambiando solo la
spada senza neanche riposarsi. Nel momento topico della narrazione incontra tre lavandaie. Le tre
donne hanno la funzione dei tre aiutanti magici delle fiabe quando danno all’eroe le informazioni giuste
per vincere nella sua impresa. Il cavaliere ritrova la sposa usando stesso espediente di King Horn e
come lui si fa riconoscere grazie all’anello. Anche qui viene sconfitto un Saraceno.
Possiamo così riassumere i punti in comune con King Horn:
– Il bel galante, come King Horn, è lontano dal suo paese.
– Partono per la guerra dove staranno via sette anni.
– Entrambi dicono che dopo sette anni, se non dovessero tornare, le donne si potranno (ri)sposare.
– Vi è il rapimento (Fikenhild rapisce Rymenhild e il Moro Saracino Fiorenza. Entrambi le portano nel
loro castello).
– Vi è l’incontro con degli informatori (mendicante/lavandaie).
– Vi è il travestimento da mendicante/pellegrino per entrare nel castello.
– Il riconoscimento avviene attraverso l’anello.
– L’eroe riconquista la sua donna.
5
Sigismondo e Adelin
Un'altra ballata che si canta sia in Italia che in Svezia e che come storia è stata immortalata da Boccaccio
nel Decamerone, ha come titolo Sigismondo in Italia e Hertig Frojdenborg Och Froken Adelin in Svezia.
Immaginiamo Boccaccio nella sua Certaldo o in una piazza di un mercato di qualche paese o città
d'Italia nella prima metà del XIV secolo: un menestrello fa la sua comparsa e canta una ballata
riguardante l'amara sorte di due amanti. Gli astanti si commuovono ascoltando l'epilogo, pur
conoscendo per la maggior parte la storia cantata. Boccaccio ne rimane affascinato e decide di includere
il racconto nel Decamerone apportando tutte le variazioni che la sua fervida fantasia gli consente. In
particolar modo, come vedremo, il monologo di Ghismonda è un autentico grido di libertà, tanto
attuale, che sembra scritto oggi.
Rinforzata dal Decamerone la storia viaggia insieme alla ballata e giunge in Gran Bretagna dove, mentre
il canto narrativo viene adattato alla lingua locale, la novella viene utilizzata come base per un’opera
teatrale di Painter, racchiusa nella sua raccolta Palace of Pleasure, che verrà rappresentata a Londra nel
1556.
Personaggi: Frasia (la figlia del re), Sigismondo (un servitore), dieci servitori, il re (sacra corona), i
consiglieri del re.
Luoghi:
Alla corte del re, la prigione, la stanza di Frasia.
C’era una fija de bellezze ornata;
da dieci servitori era servita.
De lo più bello s’era ’nnamorata;
del cuor de Sigismunti era ’nvaghita.
«Sacra corona, quistu è gran vergogna,
la fija tua, parlà con Sigismunti.»
«Statevi zitti e ’n lo fate assapere:
su la galera annatelo a metténe.
Statevi zitti e ’n lo fate assapere:
su la galera annatelo a metténe,
dopo tre jorni annatelo a trovane;
se nun è mortu fatelo morine.»
«Che séte vinuti a fa’, fratelli mia?
Séte venuti pe’ damme la vita,
opuramente pe’ damme la morte?»
«Sémo vinuti pe’ datte la morte.
Sacra corona ce l’ha comannatu.»
Sopra ’na bianca pietra fu scannatu,
ir cor dar biancu péttu jé cavarru,
e avanti a Frasia bella lo portarru.
«O Frasia bella, accetta ’sta pietanza,
ir cor de Sigismunti, tua speranza.»
E Frasia bella su un bianco léttu se mettea,
tre tazze de veleno se bevea.
Dopo che er padre l’andette a trovane:
«Vattene via, patre mia crudele!
Ci avevo un amante e l’ha’ fatto murine.
Ci avevo un amante e l’ha’ fatto murine.»
«Sta’ zitta, fija mia; non t’inquietane:
’n antro piú bellu lu famo vinine.»
«Quello che vinirà nun è lo mio.
È mortu lo mio amor, morirò anch’io.
O patre caro, la tua fija more.
Fallo scrivere in quell’arco d’amore!
Fallo scrivere su quell’arco eterno.
Chi more per amor non va all’Inferno!»
(Testo senza musica presente nel libro Ballate Popolari Italiane di Tito Saffioti, Ed. Book Time)
Si noti come la ballata sia rapida e scarna nel raccontare l’evento: c’è una bella ragazza, figlia di un re
(sacra corona) che si innamora del più bello dei servitori. I consiglieri del re se ne avvedono e devono
informare il re, il quale ordina immediatamente la soppressione del servitore. Come in quasi tutte le
ballate gli avvenimenti sono presentati in maniera rapida e concisa, ma è anche vero che i personaggi
sono quasi sempre primitivi nei loro impulsi e non lasciano spazio al pensiero e alla riflessione. E
tuttavia il linguaggio rivela più di quanto si possa sospettare. Informandoci che Frasia si innamora di
Sigismondo il cantore ci dice del cuor di Sigismunti era 'nvaghita. La parola cuore diventa un codice rivelatore
e allo stesso tempo l'involontario protagonista della ballata. Il menestrello conosce la storia e non può
fare a meno di essere coinvolto emozionalmente, quindi con il cuore, nel cantare la ballata e lo cita,
forse inconsciamente, nella prima strofa.
Dopo un'introduzione nella quale si dipinge con delicatezza l'amore di Frasia per Sigismondo e cioè il
sogno di una bella relazione amorosa, siamo calati brutalmente nella realtà della seconda strofa. Frasia è
la figlia del re ed è uno scandalo che abbia una relazione segreta con un umile servitore. La fanciulla
non è libera di amoreggiare poiché deve mantenere la sua purezza fino al giorno nel quale suo padre
avrà scelto un buon marito per lei. Nella società feudale, nella quale la ballata è ambientata, se un
servitore avesse osato anche solo toccare la figlia del re, avrebbe commesso il reato di lesa maestà,
avrebbe cioè offeso il re. Tale “crimine” era punito con la morte, strappando il cuore dal petto del
colpevole53.
L'onore del re è in pericolo e nessuno deve dunque sapere. Come conseguenza Sigismondo viene
messo in prigione per tre giorni. I re si consideravano i rappresentanti di Dio in terra e il tre, simbolo
della Trinità, era il loro numero magico di riferimento. Se Sigismondo muore durante i tre giorni in
prigione, una mano divina sarà intervenuta per sostenere la sua decisione. Ma Sigismondo dopo tre
giorni è ancora vivo e il re sfida comunque il fato: il condannato deve morire in ogni caso (dopo tre jorni
annatelo a trovane; se nun è mortu fatelo morine).
Incontriamo Sigismondo per la prima volta in prigione. Possiamo immaginare il povero amante nella
totale oscurità delle terribili segrete scavate sottoterra del medioevo. All'improvviso vede delle torce
avvicinarsi e riconosce gli altri nove servitori, suoi amici. Dapprima si rincuora (sete venuti pe' damme la
53
Nella nona novella del quarto giorno del Decameron c'è un'altro racconto nel quale il cuore di un amante viene
strappato dal petto ed è offerto come pietanza alla donna che ha tradito suo marito. Il cuore è messo in una coppa d'argento
e mangiato dalla moglie inconsapevole. Quando viene a sapere dal marito che cosa in realtà ha mangiato, si butta dalla
finestra e muore. Il due amanti sono poi seppelliti nella stessa tomba. Boccaccio cita una fonte provenzale all'inizio come
base della sua novella: “Dovete adunque sapere che, secondo che raccontano i provenzali, in Provenza...” La fonte scritta era quasi
certamente la biografia di Guilhelm de Cabestaing (un trovatore al servizio di Raimon of Rossiglione) il tradimento del cui
signore portò al tragico epilogo descritto da Boccaccio.
vita) ma possiamo intuire che poi veda i coltelli o le asce che lo dovranno squartare e la sua domanda si
fa drammatica (opuramente pe' damme la morte?). Dalla risposta si deduce che gli altri servitori, mandati
apposta per far loro capire che nessuno sgarro sarà tollerato, non vorrebbero uccidere Sigismondo.
Non possono però disubbidire al re (sacra corona ce l’ha comannatu). Il cuore viene conseguentemente
strappato dal suo bianco petto, dopo averlo scannato su una bianca pietra. Si noti la ripetizione del
colore bianco e il suo simbolismo di purezza e innocenza54, a sottolineare come il cantore veda
l’innocenza del servitore e sia testimone dell’ineluttabilità dei fatti. Attraverso la sua ballata ci rende
altresì partecipi e consapevoli dell'ingiustizia perpetrata. Anche nella versione scozzese si rimarcherà la
stessa cosa.
Subito dopo l’omicidio, il cuore viene portato alla povera Frasia, si può presumere, dagli stessi
consiglieri che avevano informato il re. Il linguaggio è brutale: “Accetta ’sta pietanza”, per sottolineare che
non verrà mai tollerata una scelta libera da parte della ragazza. Vedremo poi che anche nella versione
svedese il cuore è offerto a Adelin come pietanza.
Anche lei agisce impulsivamente, si butta su un bianco letto e beve tre tazze di veleno. Una tazza di
veleno sarebbe stata sufficiente per suicidarsi, ma ancora una volta il numero tre gioca un ruolo
allegorico. Nel nostro caso potrebbe alludere a una richiesta a Dio, da parte della sfortunata ragazza, di
comprensione e pietà per il gesto compiuto. Lei è innocente (bianco lettu) e come tale dovrebbe andare in
Paradiso ma, a quei tempi, si credeva che i suicidi dovessero andare all'Inferno, come ci testimonia
Dante nel XIII canto della Divina Commedia. Frasia cerca di sovvertire questa credenza comune
dicendo: Chi more per amor non va all’Inferno! E implicitamente chiede a Dio il perdono per quello che sta
attuando. Nella frase finale subentra anche il convincimento del cantore-poeta che una persona suicida,
per aver sofferto terribilmente, non meriti di andare all’inferno bensì in paradiso55.
Si va verso l’epilogo con la conversazione fra padre e figlia. Il padre, incurante del dolore della figlia e
indifferente di fronte all’efferato delitto da lui ordinato, propone a Frasia un marito scelto da lui, più
bello di Sigismondo. Ma la figlia si è già avvelenata e, sicura del suo amore, è pronta a morire. E' un atto
estremo di protesta e di libertà.
Esistono varie versioni, anche se rare, della ballata in Italia. Come confronto si veda questa variante
veneta dove i nomi cambiano in Germonda e Ricardo.
Ricardo e Germonda
Una volta che gèra un gentilomo,
‘na figlia al mondo lu el gavea,
te po pensarte el ben, che ‘l ghe volea:
tri servitori lu el ghe mantegnea.
Un gèra belo, e un altro più sguardo,
e un de sti tri gèra nome Ricardo.
Fin che chi altri du zugava a bala,
Ricardo e la Germonda se basava,
fin che chi altri du sugava al sole,
Ricardo e Germonda a brazza-colo.
“Sacra Corona, ma che vilanada
Di un servitor che bràcia la so cara!
Sacra Corona, ma che vilania,
di un servitor che bràcia la sua fia!
54 Nelle varie Annunciazioni dei pittori medievali e rinascimentali l'arcangelo Gabriele tiene in mano un giglio bianco,
simbolo di innocenza e purezza della futura madre di Gesù. Si ricordi la splendida Annunciazione di Leonardo.
55 Si veda come Fabrizio de André abbia trattato l'argomento tabù del suicidio nella Ballata del Miché: “Domani alle tre nella
fossa comune cadrà senza il prete e la messa perché di un suicida non hanno pietà”.
“Oh, tàsi, tàsi, no me lo contare;
in curto tempo lo farem copare.
Oh, tàsi,tàsi, no lo stare a dire:
in curto tempo lo farem morire.”
Su un careghin d’argento i lo sentava,
e ‘l cuor fora del peto i ghe cavava:
T’ un piatelin d’argento i lo meteva,
dinanzi a la Germonda i lo serveva.
“Tolì, Germonda, guardè ben qua drento
El cuor del vostro inamorà contento.”
“Caro sior padre, galo el cuor de prea,
cavare el cuore a la speranza mia?
Caro sior padre, galo el cuore de sasso,
cavare el cuore a lo mi’ inamorato?”
“Tasi, Germonda, e no ti afanare,
che dei amanti a t’in farò trovare.”
“A m’in farì trovar? No l’è più quelo!
La morte mi vòi dar co ‘sto cortelo.”
Se domattina me trovessi morta,
al campo del giudizio che i me porta:
Fème cavare di una busa fonda,
che drento staga, Ricardo e Germonda.
Me farò fare di una letra d’oro,
che per un servitor contenta moro,
M’in farò fare un’altra de argento,
che un servitor per mi more contento.
Nella versione veneta vi è la richiesta di Germonda di essere seppellita con Ricardo, come succede
anche nel Decamerone e come succede anche nella versione svedese.
Vediamo ora come Boccaccio ha trasformato la ballata in una novella che è tuttora fra le più lette e
studiate del Decamerone.
Tancredi, principe di Salerno, aveva una sola figlia di nome Ghismonda. La amava in maniera possessiva
e sebbene Ghismonda fosse in età da matrimonio, non voleva prendere in considerazione per lei le
proposte dei giovani nobili. Un giorno, tuttavia, dovette cedere al duca di Capua e la fece sposare a suo
figlio. Sfortunatamente il matrimonio durò solo pochi mesi a causa della prematura morte del figlio del
duca. Ghismonda dovette ritornare dal padre sperando che le avrebbe trovato un altro marito. Il
vecchio padre, invece, era ben felice di avere la figlia tutta per sé. Ma Ghismonda era molto giovane e
bella e non voleva rinunciare ai piaceri del sesso. Pensò bene di trovarsi un amante valoroso e segreto.
Preferiva fra tutti il paggio del principe, un uomo di umili origini ma distinto e di nobile portamento. Si
innamorò di lui e il paggio ricambiò, tanto che cominciarono a bruciare di desiderio l'uno per l'altra.
Per mezzo di un passaggio segreto i due amanti cominciarono ad incontrarsi, senza essere visti, nella
stanza di Ghismonda quasi ogni giorno. Come scrisse Boccaccio: “Ma la fortuna, invidiosa di così lungo e di
così gran diletto, con doloroso avvenimento la letizia dei due amanti rivolse in tristo pianto.
Era usanza di Tancredi soffermarsi di tanto in tanto nella stanza della figlia per parlare con lei. Accadde
che un giorno, mentre Ghismonda era in giardino, nessuno lo vide entrare nella stanza. Attendendola si
sedette su un divano che era presso la finestra nascosto da una tenda e si addormentò. Mentre dormiva
i due amanti entrarono e, con le loro effusioni amorose, svegliarono Tancredi il quale li vide ma ritenne
di non intervenire. Passato un lungo tempo, Guiscardo ritenne fosse l'ora di andare e anche Ghismonda
uscì dalla camera. Tancredi, per non farsi vedere, si calò dalla finestra e tornò corrucciato alla sue
stanze. Ad un suo comando, la stessa notte, due uomini presero Guiscardo e lo portarono al cospetto di
Tancredi il quale gli disse: “Guiscardo, la mia benignità verso te non avea meritato l'oltraggio e la vergogna la quale
nelle mie cose fatta m'hai, sì come io oggi vidi con gli occhi miei.
Al quale Guiscardo niuna altra cosa disse se non questo: “Amor può troppo più che né voi né io possiamo.”
Tancredi diede poi ordine che Guiscardo fosse tenuto sotto sorveglianza in una stanza del palazzo. Il
giorno seguente Tancredi incontrò Ghismonda e le disse, mentre piangeva, che li aveva visti nella sua
stanza, che Guiscardo era stato arrestato e che sarebbe morto il giorno seguente. Non poteva
sopportare che la figlia avesse fatto l'amore senza essere sposata e per di più con un giovane di vilissima
condizione. Ghismonda fu colta da un dolore incommensurabile ma si contenne e trattenne le lacrime e il
suo spirito fiero trionfò sulla sua debolezza femminea. Dato ormai per scontato che per il suo
Guiscardo non c'era più speranza, rivolse a se stessa pensieri di morte. Ma prima disse queste parole a
suo padre:
- Tancredi, né a negare né a pregare son disposta, per ciò che né l'un mi varrebbe né l'altro voglio che mi vaglia; e oltre a
ciò in niuno atto intendo di rendermi benivola la tua mansuetudine e 'l tuo amore; ma, il ver confessando, prima con vere
ragioni difender la fama mia e poi con fatti fortissimamente seguire la grandezza dello animo mio. Egli è il vero che io ho
amato e amo Guiscardo, e quanto io viverò, che sarà poco, l'amerò; e se appresso la morte s'ama, non mi rimarrò
d'amarlo; ma a questo non mi indusse tanto la mia feminile fragilità, quanto la tua poca sollecitudine del maritarmi e la
virtù di lui.
Esser ti dovea, Tancredi, manifesto, essendo tu di carne, aver generata figliuola di carne e non di pietra o di ferro; e
ricordarti dovevi e dei, quantunque tu ora sia vecchio, chenti e quali e con che forza vengano le leggi della giovanezza; e,
come che tu uomo in parte ne'tuoi migliori anni nell'armi esercitato ti sii, non dovevi di meno conoscere quello che gli ozi e
le dilicatezze possano ne'vecchi non che ne'giovani.
Sono adunque, sì come da te generata, di carne, e sì poco vivuta, che ancor son giovane; e per l'una cosa e per l'altra piena
di concupiscibile disidero, al quale maravigliosissime forze hanno date l'aver già, per essere stata maritata, conosciuto qual
piacer sia a così fatto disidero dar compimento. Alle quali forze non potendo io resistere, a seguir quello a che elle mi
tiravano, sì come giovane e femina, mi disposi e innamora'mi. E certo in questo opposi ogni mia virtù di non volere né a te
né a me di quello a che natural peccato mi tirava, in quanto per me si potesse operare, vergogna fare. Alla qual cosa e
pietoso Amore e benigna Fortuna assai occulta via m'avean trovata e mostrata, per la quale, senza sentirlo alcuno, io
a'miei disideri perveniva; e questo, chi che ti se l'abbi mostrato o come che tu il sappi, io nol nego.
Guiscardo non per accidente tolsi, come molte fanno, ma con diliberato consiglio elessi innanzi ad ogn'altro, e con avveduto
pensiero a me lo'ntrodussi, e con savia perseveranza di me e di lui lungamente goduta sono del mio disio. Di che egli pare,
oltre allo amorosamente aver peccato, che tu, più la volgare oppinione che la verità seguitando, con più amaritudine mi
riprenda, dicendo (quasi turbato esser non ti dovessi, se io nobile uomo avessi a questo eletto) che io con uom di bassa
condizione mi son posta. In che non ti accorgi che non il mio peccato ma quello della Fortuna riprendi, la quale assai
sovente li non degni ad alto leva, a basso lasciando i dignissimi.
Ma lasciamo or questo, e riguarda alquanto a'principii delle cose: tu vedrai noi d'una massa di carne tutti la carne avere,
e da uno medesimo creatore tutte l'anime con iguali forze, con iguali potenzie, con iguali virtù create. La virtù
primieramente noi, che tutti nascemmo e nasciamo iguali, ne distinse; e quegli che di lei maggior parte avevano e
adoperavano nobili furon detti, e il rimanente rimase non nobile. E benché contraria usanza poi abbia questa legge
nascosa, ella non è ancor tolta via né guasta dalla natura né da'buon costumi; e per ciò colui che virtuosamente adopera
apertamente si mostra gentile, e chi altramenti il chiama, non colui che è chiamato ma colui che chiama, commette difetto.
Raguarda tra tutti i tuoi nobili uomini ed esamina la lor virtù, i lor costumi e le loro maniere, e d'altra parte quelle di
Guiscardo raguarda: se tu vorrai senza animosità giudicare, tu dirai lui nobilissimo e questi tuoi nobili tutti esser villani.
Delle virtù e del valore di Guiscardo io non credetti al giudicio d'alcuna altra persona che a quello delle tue parole e
de'miei occhi. Chi il commendò mai tanto, quanto tu 'l commendavi in tutte quelle cose laudevoli che valoroso uomo dee
essere commendato? E certo non a torto; ché se i miei occhi non m'ingannarono, niuna laude da te data gli fu, che io lui
operarla, e più mirabilmente che le tue parole non potevano esprimere, non vedessi; e se pure in ciò alcuno inganno ricevuto
avessi, da te sarei stata ingannata.
Dirai dunque che io con uomo di bassa condizione mi sia posta? Tu non dirai il vero; ma per avventura, se tu dicessi con
povero, con tua vergogna si potrebbe concedere, che così hai saputo un valente uomo tuo servidore mettere in buono stato;
ma la povertà non toglie gentilezza ad alcuno, ma sì avere. Molti re, molti gran principi furon già poveri; e molti di quegli
che la terra zappano e guardan le pecore già ricchissimi furono e sonne.
L'ultimo dubbio che tu movevi, cioè che di me far ti dovessi, caccial del tutto via. Se tu nella tua estrema vecchiezza a far
quello che giovane non usasti, cioè ad incrudelir, se'disposto, usa in me la tua crudeltà, la quale ad alcun priego porgerti
disposta non sono, sì come in prima cagion di questo peccato, se peccato è; per ciò che io t'accerto che quello che di
Guiscardo fatto avrai o farai, se di me non fai il simigliante, le mie mani medesime il faranno. Or via, va con le femine a
spander le tue lagrime, e incrudelendo con un medesimo colpo altrui e me, se così ti par che meritato abbiamo, uccidi.
Tancredi non credette alle parole della figlia che diceva di volersi suicidare e continuò a pianificare la sua
vendetta su Guiscardo. Diede disposizione che fosse strangolato, che gli si cavasse il cuore e che gli
fosse portato. Il giorno seguente il cuore di Guiscardo stava in una splendida coppa d'oro e Tancredi lo
inviò a sua figlia pregando il famigliare preposto alla consegna di riferire queste parole: “Il tuo padre ti
manda questo, per consolarti di quella cosa che tu più ami, come tu hai lui consolato di ciò che egli più amava”.
Nel frattempo Ghismonda si era fatta mandare erbe e radici velenose per averle pronte alla bisogna.
Quando scoperchiò la coppa e vide il cuore disse: “Non si conveniva sepoltura men degna che d'oro a così fatto
cuore chente questo è; discretamente in ciò ha il mio padre adoperato. E così detto, appressatoselo alla bocca, il baciò, e poi
disse: “In ogni cosa sempre e infino a questo estremo della vita mia ho verso me trovato tenerissimo del mio padre l'amore,
ma ora più che giammai; e per ciò l'ultime grazie, le quali render gli debbo giammai, di così gran presente da mia parte gli
renderai”.
Dopodiché versò il distillato di veleno nella coppa e, dopo aver versato molte lacrime, ne bevve il
contenuto. Si mise sul letto ed aspettò la morte. Tancredi, avvisato dalle damigelle dell'accaduto irruppe
nella camera. La figlia morente gli chiese un ultimo desiderio: di essere seppellita con Guiscardo. Così
Boccaccio conlude la novella: Così doloroso fine ebbe l'amor di Guiscardo e di Ghismonda, come udito avete; li quali
Tancredi dopo molto pianto, e tardi pentuto della sua crudeltà, con general dolore di tutti i salernetani, onorevolmente
amenduni in un medesimo sepolcro gli fe'sepellire.
In quest’ultima parte della novella Boccaccio riprende il classico tema popolare europeo, presente in
numerose ballate, degli innamorati seppelliti nella stessa tomba. Di solito dalla tomba nascono piante e
fiori che si intrecciano per simboleggiare l’amore eterno. Nella ballata occitana Joana due amanti
muoiono e dalla loro tomba nascono due alberi che si abbracciano56. Numerosissime sono poi le ballate
britanniche che riprendono il tema, fra le quali Lord Lovel57 (Child 75) ma anche le numero
64,73,74,76,84,85,87 della raccolta del Child.
Non sappiamo se una storia simile circolasse in Gran Bretagna, in forma di ballata, prima che la novella
del Boccaccio divenisse popolare. Simili racconti erano cantati in tutta Europa ma non v'è dubbio che la
novella del Boccaccio abbia influenzato Lady Diamond.
Lady Diamond
(Child 269)
Personaggi:
Luoghi:
Il re, il cuciniere, Lady Diamond, trentatré servitori del re.
La corte, la stanza privata di lady Diamond, la stanza dove dormiva il cuciniere.
56 «La bèla es morta a miejanueit e lo galant a punta d’alba. N’enterran la bèla jos l’aspic e lo galant al pé de l’arbre; quand ne sièron al cap
de l’an, l’aspic e l’arbre s’embracèron» (Le bella è morta a mezzanotte e il galante allo spuntar dell’alba. Seppelliscono la bella
sotto il biancospino e il galante ai piedi dell’albero; quando fu l’inizio dell’anno, il biancospino e l’albero si
abbracciarono).
57 “They grew for seven long years, till they could not grow any higher, They grew to a a true-lover’s knot till the red rose covered the briar.”
(Crebbero per sette lunghi anni fino a quando non poterono crescere di più. Crebbero fino a trasformarsi in un nodo di
amanti fino a che la rosa rossa coprì l’erica.»
There was a king and a noble king,
A king of muckle fame.
And he had an only daughter dear,
Lady Diamond was her name.
C’era un re ed era un nobile re,
un re di grande fama
e aveva una sola figlia a lui cara,
Lady Diamond era il suo nome.
He had a servant, a kitchen boy,
A lad of muckle scorn,
And she loved him long
[and she loved him aye,
Till the grass overgrew the corn.
Aveva un servo, un cuciniere,
un ragazzo oggetto di gran disprezzo.
E lei lo amava da lungo tempo
e lo amava davvero,
finché l’erba sostituì il grano.
When twenty weeks were gone and past
Then she began to greet
For her petticoat grew short before
And her stays they would not meet.
Quando venti settimane passarono,
allora cominciò a piangere
poiché il suo corsetto divenne piccolo davanti a lei
e i suoi vestiti non si chiudevano più.
Then it fell out on a winter’s night,
The king could get no rest;
And he has gone by his daughter’s bower,
Just like a wandering ghost.
Poi accadde in una notte d’inverno
che il re non potesse riposare
ed è andato nell’appartamento privato di sua figlia
come un fantasma deambulante.
He’s led her by the lily white hand
To the bed-chamber within:
«What ails ye lass,that you look so wan
And your apron winna pin?»
L’ha presa per la mano bianca come un giglio
per condurla nella camera da letto.
«Cosa ti affligge ragazza, che sembri così pallida
e il tuo grembiale non si allaccia?»
«Oh father dear, upbraid me not,
Don’t take from me my joy;
For I have forsaken your high-born lords,
To marry your kitchen boy.»
«Oh caro padre non mi rimproverate,
non portatemi via la mia gioia;
poiché ho snobbato i vostri lords di alto lignaggio
per sposare il vostro cuciniere.»
«Go call to me my merry men all,
By thirty and by three;
Go fetch to me yon kitchen boy,
We’ll kill him secretly.»
«Andate a chiamare tutti i miei uomini fedeli
a trenta e a tre per volta.
Andate a prendermi quel cuciniere,
lo uccideremo in segreto.»
There wasn’t any sound to be heard,
Not another word was said,
Till they have got him fast and sure,
Between two feather beds.
Non si udivano dei rumori,
nessun’altra parola fu detta
finché lo presero rapidamente e
in modo sicuro tra due letti di piume.
They’ve cut the heart out of his white breast, Gli hanno tagliato il cuore dal suo petto bianco
Put it in a golden bowl;
e lo hanno messo in una ciotola d’oro
And they’ve given it to his lady dear,
e l’hanno data alla sua cara lady
That she might her love behold.
così che potesse vedere il suo amore.
«Oh come to me, my honey, my heart,
Oh come to me, my joy;
Oh come to me, my honey, my heart,
My ain dear kitchen boy.»
«Oh vieni da me amore mio e cuore mio,
vieni da me gioia mia,
vieni da me, amore mio, cuore mio,
il mio unico, caro ragazzo di cucina.»
She’s taken the heart of her ain true love,
Lei prese il cuore del suo proprio amore,
And she grat both long and sore,
Till the blood was washed
by her ain saut tears
And at last she breathed no more.
e pianse a lungo e con gran dolore,
fino a quando il sangue fu lavato via
dalle sue lacrime salate
e alla fine non respirò più.
«Oh where were ye,
[my good men all,
That took both meat and fee,
That you didn’t hold my cruel hand
And keep his blood from me?
«Oh dove eravate,
miei buoni uomini tutti
che prendeste sia carne che paga?
Voi che non avete fermato la mia mano crudele
per tenere il suo sangue lontano da me?
For gone is my heart’s delight,
And gone from me my joy,
For my bonnie Diamond she is dead
For the love of a kitchen boy.»
Morta è la delizia del mio cuore
e morta è la gioia dentro di me
poiché la mia bella Diamond è morta
a causa dell’amore per un cuciniere.»
(Testo e musica tratti dall’album Blood and Roses, vol. 2 di Ewan Mc Call e Peggy Seeger)
Questa versione è adattata alla cultura scozzese, come è ovvio che sia e come avviene per canti e
racconti provenienti da altre aree europee. Mantiene alcuni degli episodi presenti sia in Sigismondo che
nel Decamerone.
Nelle prime due strofe vi è un toccante riassunto dell'intera ballata. L'inizio è simile a una fiaba: “C’era
un re ed era un nobile re”, ma l'aggettivo e il sostantivo per definire il re (un re di grande fama) e quello per il
cuciniere (ragazzo oggetto di gran disprezzo) creano un contrasto che con l'uso del passato presagiscono una
tragedia. L'immagine dell'erba che cresce e si sostituisce al raccolto è poetico ma è allo stesso tempo un
codice teso a rivelare agli ascoltatori che è avvenuto un fatto tragico alla fine della bella stagione (il
grano è stato tagliato e rimane solo l'erba). Tuttavia nelle ballate l'erba cresce sulle tombe degli amanti
dall'amaro destino. Quindi, allegoricamente, il grano (l'amore) è stato tagliato per impedirgli di crescere
oltre e rimane solo l'erba (la morte). Inoltre il menestrello, informandoci che il ragazzo è di infima
condizione ci prepara all'ineluttabilità dei fatti. Aggiunge poi che, a differenza di ciò che è narrato nel
Decamerone e nelle versioni italiane, la giovane è incinta, un fatto che fa infuriare ancora di più il re. E'
probabile che i due amanti si incontrassero segretamente nella stanza privata della ragazza, come nella
novella del Boccaccio.
Nella quarta strofa il cantore ci fa capire che siamo in inverno, che secondo il calendario celtico
comincia nella notte di Halloween. Il frutto dell'amore dei due giovani è stato concepito all'inizio
dell'estate celtica, ovvero nel mese di maggio, il mese dell'amore. Ora siamo però in inverno, il re è
posseduto dagli spiriti maligni dei morti propri della notte di Halloween e si aggira come un fantasma.
E' accecato dall'odio e non può vedere la bellezza dei frutti estivi. Conduce la figlia nella di lei stanza
“prendendola per la mano bianca come un giglio”. E' questa una frase che troviamo in diverse lingue
europee (in francese “Il l’a prit par sa main blanche”). Le mani delle principesse e delle nobili donne sono
sempre bianche come un giglio ma, spesso, tale definizione è un codice per avvertirci che qualcosa di
negativo sta per succedere. Nel nostro caso la frase ci porta a diverse interpretazioni. La ragazza è
innocente (colore bianco) ma nello stesso tempo il padre, prendendola per la mano e conducendola
nella stanza del “misfatto”, le fa rivivere la sua colpa e la rende consapevole che solo lui può dare quella
mano a un uomo di sua scelta.
Ora il re, per difendere il suo onore, deve passare all'azione che non può essere rimandata. Il codice
d'onore ha regole fisse che non possono essere disattese e quindi manda i suoi uomini con rapidità a
uccidere il cuciniere. Tutto questo permea la storia di un destino tragico e ineludibile. Manda trentatré 58
uomini per suggellare la sua forza e il suo potere divino. Non ha bisogno di così tanti uomini per
58 Questo numero è simbolo di forza e unità. Dante divide la Divina Commedia in tre parti di trentatré canti ciascuna per
dare senso di unità e forza al suo poema. Inoltre arrivando a 99 canti rimarca la presenza divina. Il 9 è il numero del
divino e il doppio nove rinforza il concetto. Questo vale anche per i musulmani. Non è un caso che Allah abbia 99 nomi.
Per contrasto l'inversione del 9, cioè il 666 è divenuto il simbolo del diavolo.
uccidere un cuciniere disarmato e dormiente, ma ha bisogno di complici fedeli con i quali condividere la
decisione. E' bene che tutti si rendano conto che infrangere una legge reale porta alla morte.
Il cantore poi “dipinge” la scena dell'omicidio che potremmo immaginare come un quadro del
Caravaggio: nell'oscurità, con le torce che illuminano i visi, vediamo quegli uomini che comunicano con
gli occhi ma non possono esprimere dubbi. I soldati e i servi devono ubbidire senza fare domande.
Ecco quindi che il povero ragazzo viene ucciso e gli viene strappato il cuore dal bianco petto come nella
versione italiana.
Sia i menestrelli europei che cantarono la ballata, sia Boccaccio che la trasformò in novella, lavorarono
su una radice comune; da essa ciascuno fece sbocciare un nuovo fiore. La radice potrebbe essere
semplice: la figlia di un re si innamora di un servo. Suo padre disapprova e fa uccidere il servo
facendogli strappare il cuore che viene poi dato alla ragazza. Presa da sconforto la figlia del re si suicida,
il padre si pente ma è troppo tardi.
La fantasia di ciascun autore, coadiuvata da un proprio retroterra culturale e dalla propria abilità poetica,
faceva in modo di arricchire la storia con ulteriori episodi o con la descrizione dei personaggi e
dell'ambiente più accurata. In ogni caso una storia come questa deve essere stata piuttosto comune nella
cruda realtà dell'Europa feudale.
La ballata è arrivata anche in Svezia dove è conosciuta come Hertig Frojdenborg Och Froken Adelin. La
storia narrata sembra una via di mezzo fra le versioni italiane e britanniche e quella spagnola che segue.
In una delle varianti svedesi Adelin sta nel giardino e raccoglie fiori per il conte Frojdenborg il quale,
vedendo il suo gesto, dichiara il suo amore. Il fatto viene riferito al re che decide di rinchiudere il conte
nella torre. Adelin, tuttavia continua a cogliere fiori per il conte e sembra che il loro amore non abbia
confini. Il re dà allora ordini ai suoi uomini perché uccidano il conte e gli strappino il cuore. La sera
stessa il cuore viene servito come pietanza alla ignara figlia del re. Adelin apprezza il piatto ma sente
uno strano dolore alla sola vista del contenuto.
Quando viene a sapere di cosa era fatto decide di ubriacarsi con il mjöd, una specie di birra. Ne beve
così tanta da morirne. Il re a questo punto si pente di ciò che ha fatto alla sua unica figlia e dichiara che
se avesse saputo che l'amore fra il conte e Adelin era così profondo avrebbe agito diversamente. Decide
infine di farli seppellire in un'unica tomba con i capelli dei due amanti intrecciati come atto di unione
perenne. Sulla tomba fa piantare un cedro che con gli anni cresce fino ad arrivare all'ingresso della
chiesa e i cui rami sono intrecciati a simboleggiare un abbraccio perpetuo.
Un esempio di ballata che contiene in nuce lo schema di questo racconto ci viene dalla Spagna. E'
molto probabile che il canto sia più antico della novella del Boccaccio. E' stato ritrovato un testo scritto
risalente al XV secolo che è di poco posteriore alla novella del Boccaccio ma è presumibile che la storia
narrata sia più antica. Invece di un re, la mandante dell'omicidio è una malvagia regina e anche qui il
protagonista maschile è un conte.
Madrugaba el conde Olinos
(Si alzava presto il conte Olinos)
Personaggi:
Luoghi:
Il conte Olinos, la regina, la figlia della regina, le guardie della regina.
La riva del mare, il palazzo reale, la chiesa.
Madrugaba el conde Olinos,
mañanita de San Juan,
a dar agua a su caballo,
Si alzava presto il conte Olinos
la mattina di San Giovanni59
per dar acqua al suo cavallo
59 Il giorno di San Giovanni, 24 giugno, è il giorno dei falò nel quale i popoli europei celebrano l'inizio dell'estate con
gioiose feste e divertimenti. Nel passato nessuno voleva mancare a questi festeggiamenti nei propri paesi d'origine. Come
il 24 dicembre è dedicato alla rinascita del sole (Sol Invictus), il 24 giugno sottolinea il trionfo del sole al suo Zenith. Come
abbiamo visto anche il Comte Arnau voleva tornare al suo luogo natio per quella data. In diverse ballate, tuttavia, il
gioioso giorno di San Giovanni fa da contrasto con le tragedie che vivranno i personaggi.
a las orillas del mar.
sulla riva del mare.
Mientras el caballo bebe,
canta un hermoso cantar.
Las aves que iban volando,
se paraban a escuchar.
Mentre il cavallo beve
canta un sublime canto.
Gli uccelli che passavano volando
si fermavano ad ascoltarlo.
«Bebe, mi caballo, bebe,
Dios te me libre de mal,
de los vientos de la tierra
y de las furias del mar.»
«Bevi mio cavallo, bevi,
Dio ti liberi dal male,
dal vento della terra
e dalle furie del mare.»
La reina lo estaba oyendo
desde su palacio real:
«Mira, hija, como canta
la sirena de la mar.»
La regina lo stava ascoltando
dal suo palazzo reale:
«Ascolta figlia come canta
la sirena del mare.»
«No es la sirenita, madre,
que esa tiene otro cantar.
Es la voz del conde Olinos,
que me canta a mi un cantar.»
«Non è la sirenetta madre,
ella ha un altro modo di cantare.
È la voce del conte Olinos
che canta per me un canto.»
«Si es la voz del conde Olinos,
yo le mandaré matar,
que para casar contigo,
le falta la sangre real.»
«Se è la voce del conte Olinos
io lo manderò a uccidere,
che per sposarsi con te
gli manca il sangue reale.»
«No le mande matar, madre,
no le mande usted matar,
que si mata al conde Olinos,
a mí la muerte me da.»
«Non mandatelo a uccidere madre,
non mandatelo a uccidere,
che se si uccide il conte Olinos
si dà a me la morte.»
Guardias mandaba la reina
al conde Olinos buscar,
que le maten a lanzadas
y echen su cuerpo a la mar.
La regina manda le guardie
a cercare il conte Olinos
e lo uccidono a colpi di lancia
e buttano il suo corpo in mare.
La infantina con gran pena,
no dejaba de llorar;
el murió a la medianoche,
y ella a los gallos cantar.
La figlia con gran dolore
non riusciva a smettere di piangere.
Lui morì a mezzanotte
e lei al canto del gallo.
A ella como hija de reyes,
la entierran en el altar,
y a él como hijo de condes,
cuatro pasos más atrás.
Lei come figlia di re
la seppelliscono nell’altare.
Lui come figlio di conti,
quattro passi più indietro.
De ella nació un rosal blanco,
de el nació un espino alvar;
crece el uno, crece el otro,
los dos se van a juntar.
Da lei nacque una pianta di rose bianche,
da lui un biancospino.
Cresce l’uno, cresce l’altro,
i due si vanno a congiungere.
La reina llena de envidia
La regina piena d’invidia
ambos los mandó cortar,
el galán que los cortaba,
no dejaba de llorar.
li manda a tagliare.
Il ragazzo che li tagliava
non smetteva di piangere.
De ella naciera una garza,
de él un fuerte gavilán,
juntos vuelan por el cielo,
juntos se van a posar.
Da lei nacque un'airone,
da lui un forte sparviero,
uniti volano per il cielo,
uniti si vanno a posare.
(Versione raccolta a Mojados - Valladolid)
Dalla storia si intuisce che il conte Olinos aveva già fatto la corte alla figlia della regina la quale,
vedendo la figlia innamorata, teme di non poterla dare in sposa a un principe di sangue reale di sua
scelta. Qui i due innamorati non vengono seppelliti nella stessa tomba ma a quattro passi di distanza
l'uno dall'altra. Tuttavia la forza dell'amore fa nascere dalle rispettive tombe due piante che si
incontrano e si intrecciano in un abbraccio passionale. In questa versione la regina crudele e invidiosa fa
tagliare le piante, ma il poeta e cantore della ballata trasforma allora gli amanti in uccelli che volando
non potranno più essere raggiunti dagli strali della regina. Il tema, comune alle letterature orientali ed
europee, è quello dell’amore che è più forte della morte e pur di sopravvivere subisce trasformazioni e
metamorfosi.
Per quanto riguarda il testo invece si potrebbe propendere per un’influenza trovadorica. Infatti il
linguaggio appare colto e talvolta poeticamente raffinato.
Un altro elemento fantastico nella versione spagnola è la credenza che fosse la sirena a cantare. Qui si
potrebbe vedere la sirena come simbolo di morte che annuncia la fine tragica della ballata. Si credeva
infatti che ascoltare il canto delle sirene fosse foriero di cattiva sorte per i mortali, in quanto si riteneva
che queste creature marine fossero anime insoddisfatte nel loro stato di morte e pertanto invidiose della
vita. Anche in Clerk Colvill abbiamo visto come la sirena abbia attratto l'uomo per poi ucciderlo. Ulisse
si rese conto delle intenzioni delle sirene quando vide i resti umani intorno all'isola dove esse
risiedevano.
L'amore contrastato dalle famiglie era uno dei temi favoriti nei racconti medievali e rinascimentali.
Quando la tragica storia di Giulietta e Romeo fu recitata per la prima volta a Londra, ebbe subito un
successo straordinario. Questo perché il racconto conteneva già in sé un retroterra emozionale
consolidato da pilastri che si reggevano su un substrato fatto di centinaia di ballate e storie popolari che
potevano far presa facilmente su un pubblico aperto a riceverlo.
6
De Tva Systrarna
(Le due sorelle)
La ballata scandinava De Tva Systrarna è la base per una variante scozzese della stessa. Si tenga
presente che, come sempre succede quando una storia passa da un paese a un altro, si perdono parti del
racconto e si aggiungono avvenimenti e personaggi più consoni alla realtà delle genti che cantano la
ballata.
Där bodde en bonde vid sjöastrand
Blåser kallt kallt väder över sjön
Och tvenne döttrar hade han.
Blåser kallt kallt väder över sjön.
Den ena var vit som den klara sol
Blåser kallt kallt väder över sjön
Den andra var svart som den svartaste kol.
Blåser kallt kallt väder över sjön.
”Vi tvättar oss bägge i vattnet nu
Så blir jag väl som viter som du.”
”Å tvättar du dig både nätter och dar
Så aldrig du blir som viter som jag.”
Den bruden har tagit min lille fästeman
Om söndan så satt hon i brudstol röd
Blåser kallt kallt väder över sjön
Om måndan hon brändes i aska och dö
Blåser kallt kallt väder över sjön.
Le due sorelle
Viveva un contadino presso la spiaggia,
Soffia freddo, freddo vento sul mare
E due figlie aveva lui.
Soffia freddo, freddo vento sul mare.
Och som de nu stodo på sjöastrand
Så stötte den fulaste sin syster av sand.
Una era bianca come il sole chiaro,
Soffia freddo, freddo vento sul mare
L'altra era nera come il carbone più nero.
Soffia freddo, freddo vento sul mare.
”Kära min syster du hjälp mig i land
Och dig vill jag giva min lille fästeman.”
“Ci laviamo entrambe nell'acqua ora
così diverrò io bianca proprio come te.”
”Din fästeman honom får jag ändå
Men aldrig ska du mer på gröna jorden gå.”
“Lavati pure giorni e notti
mai diverrai così bianca come me.”
Där bodde en spelman vid en strand
Han såg i vattnet var liket det sam.
Spelemannen henne till stranden bar
Och gjorde av henne en harpa så rar
E quando stavano in piedi presso la spiaggia
allora la più cattiva spinse la sorella nell'acqua.
Spelemannen tog hennes guldgula hår
Harporsträngar därav han slog
Spelemannen tog hennes fingrar små
Gjorde harpan tapplor på
Spelemannen tog hennes snövita bröst
Harpan hon klinga med ljuvelig röst
Så bar harpan i bröllopsgård
Där bruden hon dansar med gulleband i hår
Trenne slag uppå gullharpan rann
“Cara sorella mia aiutami a tornare a riva
e io ti darò il mio fidanzatino.”
“Il tuo fidanzatino lo posso prendere comunque
ma mai più camminerai sulla terra verde.”
Viveva un suonatore presso una spiaggia.
Vide che nell'acqua c'era il cadavere.
Il suonatore lo portò fino alla spiaggia
e fece di questo un'arpa unica.
Il suonatore prese i suoi capelli d'oro,
fece piccole corde per l'arpa.
Il suonatore prese le sue dita minute
E ci fece le chiavi per l'arpa.
Il suonatore prese i suoi seni candidi come neve,
l'arpa suonava con timbro meraviglioso.
Allora portò l'arpa nel giardino del matrimonio.
Là danza la sposa con i capelli cinti d'oro.
Tre colpi corsero sull'arpa dorata:
“La sposa ha preso il mio fidanzatino.”
Di domenica era seduta nel rosso seggio di sposa
Soffia freddo, freddo vento sul mare.
Di lunedì era bruciata in ceneri e morì.
Sono molte le varianti scandinave della ballata ed è pertanto impossibile risalire alla storia originale. Già
per comprendere appieno questa versione è necessario indagare su altre varianti in modo da avere una
storia più completa. Esiste tuttavia una fiaba in inglese, tratta dalle ballate scandinave, che contiene
molti degli episodi ricorrenti. Possiamo basarci su questa sia per una comprensione più completa che
come ponte fra la variante scandinava, su riprodotta, e quella scozzese che seguirà.
C'erano una volta due figlie di re che dimoravano in una casetta vicino alla diga di Binnorie. Sir William venne a
corteggiare la maggiore delle due che si innamorò di lui. Le chiese la mano porgendole guanto ed anello 60. Ma dopo un
certo tempo cominciò a guardare la sorella minore dalle guance color ciliegia e dai capelli biondi e il suo amore si trasferì su
di lei, tanto che non gli importava più nulla dell'altra. Così la maggiore cominciò ad odiare la minore per averle portato
via l'amore di William e giorno dopo giorno il suo odio crebbe tanto da tramare e pianificare il modo di liberarsi di lei.
Così una bella mattina disse a sua sorella: “Andiamo a vedere le barche di nostro padre attraccare al mulino di
Binnorie.” E mano nella mano si recarono sul posto. Quando arrivarono alla riva del fiume la minore si arrampicò su
una pietra per osservare lo spiaggiamento delle barche. Sua sorella, che era dietro, l'afferrò per i fianchi e la spinse
nell'acqua della corrente del mulino di Binnorie.
“Oh sorella, sorella, dammi la mano!” Urlava mentre la corrente la spingeva via. “E avrai metà di tutto ciò che
posseggo.” “No sorella, non ti darò la mano poiché sono comunque erede di tutte le tue terre. Che io sia maledetta se tocco
la sua mano che si è frapposta fra me e l'amore del mio cuore.” “Oh sorella raggiungimi con un guanto!” gridò la
principessa mentre la corrente la trascinava ancora più lontano, “E tu avrai di nuovo il tuo William.” “Continua ad
affondare”, gridò la principessa crudele, “Nessuna mano o guanto tu toccherai. Il dolce William sarà mio quando sarai
affogata nella corrente del mulino di Binnorie.” Detto questo si voltò e tornò a casa nel castello del re.
La principessa passò attraverso la corrente del mulino, talvolta nuotando, talvolta affondando, finché arrivò vicino al
mulino. La figlia del mugnaio stava cucinando e quel giorno e aveva bisogno di acqua per cucinare. Non appena cominciò
a tirar su l'acqua dalla corrente, vide qualcosa che galleggiava verso la diga del mulino e chiamò il padre: “Padre chiudi la
diga! C'è qualcosa di bianco, una bella ragazza o un cigno bianco latte che viene giù lungo la corrente.” Allora il mugnaio
si precipitò a chiudere la diga e fermò le pesanti e crudeli pale del mulino. Poi presero la principessa e la stesero sulla riva.
Era così bella e dolce stesa sulla riva! Nei suoi capelli c'erano perle e pietre preziose; non si riusciva a vedere la sua vita
tanto era coperta da una cintura d'oro e le frange d'oro del suo vestito bianco scendevano fino ai suoi piedi color del giglio.
Ma era affogata, affogata!
E mentre giaceva là nella sua bellezza, un famoso suonatore d'arpa passò dalla diga del mulino di Binnorie e vide il suo
dolce, pallido viso. E sebbene continuasse a viaggiare in lungo e in largo, non dimenticò mai quel viso e dopo molti giorni
tornò al mulino sulla diga di Binnorie e finì poi per arrivare al castello del re, padre della fanciulla.
Quella sera erano tutti riuniti nella sala del castello per ascoltare il grande arpista. C'erano il re e la regina, la loro figlia,
Sir William e tutta la corte. Al principio l'arpista cantò utilizzando la sua vecchia arpa dando gioia o tristezza a suo
piacimento. Ma mentre cantava mise l'altra arpa, che aveva fatto quel giorno stesso, su una pietra della sala.
Improvvisamente l'arpa cominciò a cantare da sola con voce bassa e chiara. L'arpista smise e tutti zittirono. E questo è
ciò che l'arpa cantò:
“Laggiù siede mio padre, il re,
Binnorie, oh Binnorie;
E laggiù siete mia madre, la regina;
Presso le belle dighe sul mulino di Binnorie.
E laggiù in piedi c'è mio fratello Hugh,
Binnorie, oh Binnorie;
E accanto a lui il mio William, bugiardo e sincero;
Presso le belle dighe sul mulino di Binnorie.
60 Troveremo questa frase anche nella versione scozzese. Dare anello e guanto era una promessa di matrimonio. Il secondo
guanto veniva dato nel giorno delle nozze.
Tutti si meravigliarono dell'accaduto e l'arpista disse loro che aveva visto la principessa affogata stesa sulla riva vicino alle
belle dighe sul mulino di Binnorie e che successivamente aveva costruito un'arpa utilizzando i suoi capelli e le sue ossa
pettorali. Proprio allora l'arpa cominciò a suonare di nuovo e questo è ciò che cantò a voce alta e chiara:
“E là siede mia sorella che mi ha affogato
presso le belle dighe sul mulino di Binnorie.”
E l'arpa si schiantò e si ruppe e non cantò più.
Per quanto riguarda le centinaia di versioni esistenti sia in Scandinavia che nelle isole britanniche c'è da
rilevare che ognuna ha più o meno un finale diverso. E' come se ogni cantore si fosse divertito a
inventare qualcosa di differente per distinguersi dagli altri. In alcune varianti norvegesi l'arpa si rompe in
mille pezzi e la principessa bionda ritorna in vita mentre la sorella dai capelli neri è o bruciata viva o
seppellita viva come punizione per il crimine commesso. In un'altra, sempre norvegese, le ossa della
ragazza sono utilizzate per fare un flauto che è portato alla famiglia per farlo suonare da tutti. Quando
la sorella crudele lo suona il sangue sgorga da esso denunciando così la sua colpa. Ne consegue una
punizione: la sorella è condannata ad essere legata a quattro cavalli che partono in quattro distinte
direzioni e che la faranno a pezzi. In una versione svedese il mugnaio salva la ragazza e la riporta alla
famiglia. Alla fine la principessa bionda perdonerà la sorella per il tentato omicidio.
La ballata è conosciuta anche negli Stati Uniti 61 dove di solito la ragazza crudele chiede al mugnaio di
affogare la sorella in cambio di oro. Entrambi pagheranno per il crimine commesso: il mugnaio sarà
impiccato sulla forca e la sorella crudele sarà bruciata sul rogo accanto a lui. La ballata diventa
decisamente americana; non vi è menzione di re o regine, il cavaliere è un semplice ragazzotto e come
promessa di matrimonio, invece dell'anello, dà alla ragazza un cappello di castoro! In un'altra versione in
cui le ossa della ragazza sono trasformate in un violino il coro è “Oh the wind and the rain, oh the dreadful
wind and the rain (Oh il vento e la pioggia, oh il terribile vento e la pioggia) che Bob Dylan trasformerà,
con la stessa cadenza, in “Turn, turn to the rain and the wind (Voltati verso la pioggia e il vento) e
nell'ultima strofa in “the cruel rain and the wind” (il crudele vento e la pioggia) per la sua canzone Percy's
Song, canzone che ha tutte le caratteristiche di una ballata tradizionale. I Fairport Convention infatti la
ripresero e ne fecero una delle più belle interpretazioni. Anche Joan Baez e Arlo Guthrie si cimentarono
con loro pregevoli arrangiamenti. Sono tutte presenti in YouTube.
Cruel Sister (Child 10)
(Sorella crudele)
In questa versione scozzese sono due i menestrelli che utilizzano le ossa della principessa per farne
un'arpa. Il mugnaio e la figlia non compaiono nel racconto e solo alla fine si intuisce che le due sorelle
sono figlie di re (vanno nella sala del padre dove sono tutti riuniti come nelle versioni in cui è esplicito
che sono figlie di re). All'inizio infatti si dice che una non identificata signora aveva partorito due figlie,
apparentemente due gemelle, assai diverse fra loro per il colore dei capelli.
Personaggi:
Luoghi:
Una signora (la madre), due sorelle, un cavaliere, due menestrelli, il padre.
Le spiagge del Nord, le scogliere, il luogo del matrimonio.
There lived a lady
[in the north sea shore,
Lay the bent to the bonnie broom.
Two daughters were
[the babes she bore.
Fa la ralla la la la ra la la la.
Viveva una donna
presso la spiaggia del Nord.
Poni il giunco con la bella ginestra.
Partorì
due figlie.
Fa la ralla la la la ra la la la.
61 In YouTube si trova anche una versione americana: Cruel sister (Child 10)
As one grew bright
[as in the sun,
So coal black grew the elder one.
Mentre una cresceva spendente
come il sole,
l’altra cresceva nera come il carbone.
A knight came riding to
Un cavaliere arrivò
[the lady’s door,
alla porta della donna.
He’d travelled far to be their wooer. Era venuto da lontano per corteggiarle.
He courted one with
Ne corteggiò una
[gloves and rings,
regalandole guanti e anelli,
But loved the other above all things. ma amava l’altra sopra ogni cosa.
«Oh sister will you go with me,
To watch the ships sail
[on the sea?»
«Oh sorella vuoi venire con me
a guardare le navi che fanno vela
in mare?»
She took her sister by the hand,
And led her down
[to the north sea strand.
Prese la sorella per mano
e la condusse fino
alla spiaggia del Nord.
And as they stood on
[the windy shore,
The dark girl threw her sister o’er.
E mentre stavano
sulla spiaggia ventosa,
la ragazza scura gettò la sorella in mare.
Sometimes she sank,
[sometimes she swam,
Crying: «Sister reach to me
[your hand.
Talvolta affondava,
talvolta nuotava
gridando «Sorella dammi
la mano.
Oh sister, sister let me live,
And all that’s mine I’ll surely give.»
Oh sorella, sorella lasciami vivere
e tutto ciò che è mio lo darò a te.»
«It’s your own truelove
[that I’ll have and more,
But thou shalt never come ashore.»
«È il tuo innamorato
che avrò e anche più,
ma tu non tornerai mai a riva.»
And there she floated like a swan,
The salt sea bore her body on.
E là galleggiò come un cigno,
il mare salato trasportò il suo corpo.
Two minstrels walked
[along the strand,
and saw the maiden float to land.
Due menestrelli passeggiavano
lungo la spiaggia
e videro la fanciulla fluttuare verso terra.
They made a harp of
[her breast bone,
Whose sound would melt
[a heart of stone.
Fecero un’arpa con le
sue ossa pettorali,
il cui suono avrebbe sciolto
un cuore di pietra.
They took three locks
[of her yellow hair,
And with them strung
[a harp so rare.
Presero tre riccioli
dai suoi capelli gialli,
e con loro fecero le corde
di un’arpa senza eguali.
They went into her father’s hall,
To play the harp before them all.
Andarono a casa di suo padre,
per suonare l’arpa davanti a tutti loro.
But as they laid it on a stone,
The harp began to play alone.
Ma appena la posero su una pietra,
l’arpa cominciò a suonare da sola.
The first string sang
[a doleful sound:
The bride her
[younger sister drowned.
La prima corda cantò
un canto doloroso:
la sposa affogò
la sorella più giovane.
The second string
[as that they tried,
In terror sits
[the black-haired bride.
La seconda corda,
non appena la toccarono,
terrorizzò la sposa
dai capelli neri.
The third string sang
[beneath their bow,
And surely now her tears
[will flow.
La terza corda cantò
sotto il loro arco
e di sicuro ora le sue lacrime
scorreranno.
(Versione tratta dall’album del gruppo musicale britannico Pentangle titolato Cruel Sister)
Vediamo ora di analizzare più approfonditamente questo testo scozzese che ci propone come
ambientazione le spiagge del Nord. Il Nord, nel codice delle ballate britanniche, è percepito come
negativo mentre il Sud è generalmente positivo. Il codice negativo preparava gli uditori a qualcosa di
nefasto. Vi è subito dopo un altro codice contenuto nel coro: Poni il giunco con la bella ginestra, piante che
ci dicono che sarà una storia di corteggiamento come nella Pesca dell’anello o Elfin-Knight.
In quasi tutte le versioni sappiamo che la bionda è paragonata alla luce del sole mentre la mora è nera
come il carbone, minerale sotterraneo ritenuto vicino al diavolo. Si ricordi che la ballata ha origini
scandinave, dove la maggior parte delle genti era bionda o rossa e che quelli che avevano i capelli neri
erano i diversi, talvolta i nemici di altre tribù lontane. Non a caso nella loro mitologia, che è diventata
comune anche nel resto d'Europa, la fata buona è bionda mentre la strega ha sempre i capelli neri.
Questa cultura era talmente radicata nel passato che i primi evangelizzatori cristiani non poterono
presentare Gesù, e successivamente Maria, con il vero colore dei loro capelli. Infatti, essendo entrambi
ebrei della Palestina, dovevano avere capelli scuri. Per questa ragione, ancora oggi nell’iconografia
corrente, permane la rappresentazione di Gesù e Maria con capelli chiari. Se così non fosse stato
probabilmente i popoli del Nord avrebbero avuto più difficoltà ad accettare il nuovo dio. È dunque
grazie a questo linguaggio codificato che il cantore della ballata ci fa intuire subito chi è la sorella buona
e chi quella crudele.
L’uccisione avverrà alla spiaggia del Nord e il corpo della ragazza galleggerà nell’acqua come un cigno
che è simbolicamente bianco come la purezza e l'innocenza.
La trasformazione del corpo della ragazza in arpa può apparire come qualcosa di macabro ma chi legge
le fiabe è abituato a tali operazioni. Non a caso poi i due menestrelli mettono tre corde alla struttura
dell’arpa. In questo modo il cantore avverte il pubblico che ci si aspetta qualcosa di magico. Infatti
l’arpa inizierà a suonare e cantare da sola dopo essere stata posta su una pietra.
Infine riaffiora una credenza tipicamente vichinga, secondo la quale l’anima risiede nelle ossa. Non c’è
da stupirsi quindi se l’arpa, fatta con le ossa della sorella bionda, possa cantare.
Lo strumento che parla o canta appartiene al mondo magico della favolistica e per quanto non esistano
versioni di questa ballata nel Sud Europa, circolano invece fiabe che hanno molto in comune con
questa storia. In Italia ne esiste una che si chiama L’uccello grifone62. Come in una versione norvegese
62 La versione mi è stata data da Loredana Petronio. Mi disse di averla ascoltata dalla madre padovana che a sua volta
l’aveva appresa dalla nonna.
delle due sorelle, lo strumento che rivelerà l'omicidio è un flauto.
Un re, in seguito a una malattia, perde la vista. L’unico rimedio per riconquistarla, secondo i medici, sta nel grasso
dell’uccello grifone. Il re allora manda i suoi due figli a cercare il volatile promettendo a colui che lo troverà la successione
al trono. Il più giovane dopo qualche giorno avvista e cattura l’animale. Ciò provoca l’invidia del maggiore che uccide il
fratello e lo nasconde sotto un tumulo di terra piantandovi sopra una canna. Torna a corte dove viene accolto con gioia dal
padre e afferma di non sapere nulla del fratello. Un pastore scopre il tumulo, raccoglie la canna, e ne fa un flauto.
Appena tenta di suonarlo questo suona e canta da solo dicendo: «Oh pastorello che in bocca mi tieni, son stato ucciso sul
monte di Siena e sto per dirti per quale ragione: perché ho ucciso l’uccello grifone.» Il pastorello decide di tenere lo strano
strumento e dopo qualche giorno si reca al palazzo del re dove si tenevano i festeggiamenti per la riacquistata vista del
sovrano. Appena lo suona ripete sempre lo stesso ritornello. A questo punto tutti lo vogliono provare e a ciascuno dice
all’inizio il loro nome. Anche il fratello maggiore è invitato a provarlo e dopo qualche tentennamento si decide ad
appoggiarvi le labbra, ma appena lo sfiora il flauto esclama: «Caro fratello che in bocca mi tieni, mi hai ucciso sul monte
di Siena e sto per dirti per quale ragione: perché ho ucciso l’uccello grifone». Scoperto l’assassinio il fratello maggiore viene
punito con la morte ed è scaraventato in un burrone dentro una botte irta di chiodi.